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E' l'America dorata degli anni Cinquanta, con
tutte le luci e le ombre che rappresenta
nell'immaginario collettivo, la vera protagonista
dell'ultimo romanzo di Antonio Monda, in uscita
in questi giorni in tutte le librerie. Giornalista e
scrittore, docente alla New York University e
corrispondente per numerose testate culturali,
Antonio Monda è considerato uno degli
intellettuali più introdotti negli Stati Uniti e, con
L'America non esiste, racconta il sogno americano
visto dalla prospettiva di due ragazzi immigrati
dalla piccola provincia italiana alla Grande Mela,
nell'immediato dopoguerra.
Siamo nel 1951. Quando i loro genitori muoiono in un incidente stradale, Nicola e Maria si
trasferiscono dal piccolo paese natale nelle vicinanze di Napoli a New York, presso un lontano parente.
Costui li accoglie e, inizialmente, trova loro un lavoro nella loro nuova città. Ma quando l'uomo
scompare, i due fratelli si ritrovano soli in un mondo del tutto nuovo, liberi di scoprire l'America e di
costruirsi vite nuove e differenti.Nicola – sveglio, impulsivo, ambiziose e passionale – vede l'America
come un Paese da conquistare, mentre Maria – spirituale, calma, silenziosa e generosa – incontra una
terra piena di meraviglie in cui vede tutto il bello dell'esistenza. La Seconda Guerra Mondiale si è
appena conclusa ed è un momento unico per gli Stati Uniti, e per New York in
particolare.L'espressionismo astratto sta rivoluzionando il mondo dell'arte. La letteratura, l'arte, la
musica e il cinema sono dominati da Arthur Miller, Tennessee Williams, JD Salinger, Ella Fitzgerald
ed Elia Kazan. La grande promessa bianca italoamericana Rocky Marciano sta conquistando il mondo
della boxe. E stanno emergendo nuove stelle cinematografiche, fra cui spiccano Marlon Brando,
Marilyn Monroe ed Elizabeth Taylor.
A tutto questo splendore, si affiancano le tristemente note vicende del Senatore McCarthy.
Nicola e Maria si ritrovano più volte a incrociare il proprio cammino con quello di queste e di altre
icone, a volte ignorando chi siano realmente queste persone. Attraversando le emozioni e le zone
d'ombra del proprio tempo, vivranno entrambi le loro storie d'amore, cambiati per sempre dalle proprie
esperienze. E proprio queste esperienze li costringeranno a riflettere sul passato e sul futuro, sulla
grazia e sulla corruzione, sui sogni e sulle illusioni, arrivando finalmente a comprendere cosa sia
davvero l'America.
L'America non esiste: Antonio Monda racconta il sogno a stelle e strisce
NARRATIVA
RAI LETTERATURA - NUMERO 3 MARZO 2012
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NARRATIVA
RAI LETTERATURA - NUMERO 3 MARZO 2012
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Jennifer Egan: il Premio Pulitzerparla una lingua dalle mille voci
Straordinaria, sorprendente, imprevedibile:
così è stata definita la scrittura di Jennifer
Egan, vincitrice del Premio Pulitzer per la
narrativa con Il tempo è un bastardo (A Visit
from the Goon Squad).
Un romanzo accolto come un capolavoro tanto
dalla critica quanto dai lettori, costruito come
un album musicale e strutturato in una serie di
capitoli autoconclusivi, in cui ricorrono gli
stessi personaggi in un arco temporale che
spazia dagli anni Sessanta fino a un ipotetico
futuro prossimo. Uno spaccato sulla storia e la
società americana e non a cavallo degli ultimi
due secoli, un' eccezionale sperimentazione di
struttura, stile e linguaggi in grado di
stravolgere completamente le forme della
narrativa contemporanea, fondendo insieme
elementi e registri che spaziano dalle tematiche
della Recherche di Proust ai linguaggi della
serialità televisiva e della comunicazione di
massa.
Nata a Chicago nel 1962, Jennifer Egan è riconosciuta come una delle voci più originali e più vivaci
della sua generazione: giornalista e scrittrice, è stata inserita dal “Time” nella classifica delle 100
persone più influenti del mondo attuale. Nel corso della sua carriera ha pubblicato quattro romanzi e
una raccolta di racconti ed è una delle firme più amate del “New York Times Magazine”. Le sue opere
sono state tradotte in numerose lingue e sono apparse in tutto il mondo.
Il tempo è un bastardo le è valso non soltanto il Premio Pulitzer per la narrativa, ma anche il National
Book Critics Circle Award. E' stato finalista al Los Angeles Times Book Award e al PEN/Faulkner
Award e, nel Regno Unito, è stato selezionato per il prestigioso Orange Prize. Con oltre 150.000 copie
vendute, è entrato a pieno titolo nelle top-ten dei libri più apprezzati dell'anno (conquistando i primi
posti delle classifiche del “New York Times Book Review”, del “Time Magazine” e del “Washington
Post”, per citarne soltanto alcune) ed è destinato a far parlare di sé ancora a lungo: i diritti di traduzione
del romanzo sono stati acquistati in 16 Paesi, e l'opera diventerà una serie televisiva prodotta dalla
HBO.
Al centro della trama de Il tempo è un bastardo, e del suo corollario di sottotrame e delle voci
eterogenee attraverso cui si snodano le diverse storie che le compongono, è il concetto stesso di tempo
e del suo inevitabile impatto sul vissuto personale e sulle emozioni collettive.A partire dalle vicende
che vedono protagonista Bennie Salazar - un discografico di successo con un passato da musicista
punk - e la sua assistente Sacha, donna forte e determinata dai trascorsi movimentati e inquieti, si
dipanano una serie di storie concatenate strettamente l'una all'altra, ma scritte e raccontate in modi e
forme completamente differenti, talvolta addirittura antitetici.
Rai Letteratura ha incontrato Jennifer Egan durante il suo soggiorno a Roma in occasione dell'uscita
dell'edizione italiana dell'opera, dedicandole un'intervista-ritratto in cui l'autrice statunitense racconta
di sé stessa, della nascita de Il tempo è un bastardo, del suo rapporto con i lettori e dei suoi progetti
per il futuro.
POESIA
RAI LETTERATURA - NUMERO 3 MARZO 2012
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Speciale Carmelo Bene: letteratura, cinema,arte si mobilitano per ricordarlo
Adieci anni dalla morte, avvenuta il 16 Marzo
del 2002, proseguono le iniziative del
mondo della cultura e dell'arte dedicate a
Carmelo Bene. Fra queste, spicca una fra le più
prestigiose: la terza edizione del Bif&st-Bari
International Film Festival 2012, presieduto da
Ettore Scola, che si svolgerà dal 24 al 31 marzo
e che quest'anno renderà omaggio alla figura e
all'opera del grande attore e drammaturgo
pugliese.
Il tributo, intitolato “Festival Carmelo Bene”, è
stato reso possibile grazie alla collaborazione delle
Teche RAI, dirette da Barbara Scaramucci, e della
Cineteca Nazionale presso il Centro Sperimentale
di Cinematografia, diretta da Enrico Magrelli,
nonché dal lavoro svolto dal direttore artistico
Felice Laudadio, coadiuvato da Orsetta Gregoretti
e Patrizia Prosperi, con la collaborazione di Luigi
De Luca, Raffaella Baracchi Bene e Salomé Bene.
Un comitato artistico di altissimo livello, per una
rassegna che proporrà la proiezione di circa 50 ore
di materiali di documentazione sull’attività teatrale,
cinematografica e televisiva di Bene, oltre a una
serie di incontri e eventi di approfondimento
dedicati all'arte e alla personalità del grande regista.
Carmelo Bene: ritratto di un artista della dissacrazione
Carmelo Bene nasce a Campi Salentina, in
provincia di Lecce, il 1° settembre del 1937.
Figlio di genitori umili ma benestanti - i genitori
sono proprietari di un'industria manifatturiera di
tabacco -, riceve fin dalla prima infanzia
un'educazione di impronta fortemente religiosa,
dovuta soprattutto alla fervente fede della madre.
Tuttavia se ne distaccherà progressivamente negli anni, fino a giungere a una sorta di profondo rifiuto
per tutta la morale e la dottrina cattolica. Dopo gli studi classici, che svolse in collegio presso i Gesuiti,
Carmelo Bene si traferì a Roma per frequentare l'Accademia d'Arte Drammatica. Fu il suo primo e
unico approccio con l'insegnamento accademico, che abbandonò dopo appena un anno di frequenza,
definendola come un'esperienza infruttuosa e inutile.Il suo debutto in scena risale al 1959 quando,
appena ventiduenne, interpretò il ruolo di protagonista nel Caligola di Albert Camus.Dopo il fortunato
esordio, che gli valse buoni consensi sia di critica che di pubblico, si allontanò quasi subito dalla
concezione classica del teatro e intraprese un proprio personalissimo percorso di ricerca artistica e di
sperimentazione, che lo portò a diventare a sua volta autore, oltre che interprete e regista di se stesso.
Una rottura intenzionale e volontaria con gli schemi e le sovrastrutture della scena teatrale tradizionale,
che gli valse critiche violentissime ma che segnò anche la sua cifra stilistica e la chiave del suo
successo. Divenne in breve tempo un autentico “caso”, al centro del dibattito culturale sia in Italia
che in Europa, soprattutto grazie ai suoi lavori di “variazione” sui grandi classici, definiti dai suoi
detrattori come dei veri e propri massacri. La sua personalità istrionica e la creatività poliedrica, unita
allo straordinario talento come interprete e a una presenza scenica non comune, ne fecero tuttavia un
protagonista indiscusso dell'espressione artistica dentro e fuori dal palco.Alternò l'attività teatrale e
autoriale con quella di interprete cinematografico, che iniziò con l'Edipo Re di Pier Paolo Pasolini.
Seguirono, negli anni successivi, i lungometraggi Nostra Signora dei Turchi (tratto dall'omonimo
romanzo pubblicato da Carmelo Bene appena un anno prima, la cui trasposizione cinematografica gli
valse nel 1966 il premio speciale della giuria della Mostra del Cinema di Venezia), Capricci, Don
Giovanni , Salome e infine Un Amleto in meno, che ne 1973 segnò la naturale conclusione della sua
esperienza sul grande schermo. Nonostante questa parentesi, Carmelo Bene non si distaccò mai dal
teatro, continuando le sue sperimentazioni come autore, attore, regista e interprete, fino a sconfinare
persino nella musica sinfonica. Il suo successo non conobbe declino, esprimendosi al massimo delle
proprie potenzialità con progetti, sperimentazioni e proposte sempre originali e innovative e restando
legato alla sua immagine di provocatore in grado di scuotere le certezze e le coscienze del pubblico
di tutto il mondo. La sua morte, avvenuta il 16 marzo 2002, è uno shock per la cultura e la società
italiana e una perdita violentissima per il teatro mondiale. Gli rendono omaggio tutti i maggiori
esponenti istituzionali dell'epoca, oltre agli intellettuali e ai numerosissimi ammiratori, che
continueranno a custodirne gelosamente la memoria attraverso le sue interpretazioni e le sue opere.
A loro è dedicato questo straordinario documento, che ne ricostruisce la figura e ne ripercorre la carriera
attraverso alcune delle sue interpretazioni e incursioni più significative, sia in teatro che in televisione.
Carmelo Bene: Quattro diversi modi di morire in versi
Una delle attitudini più caratteristiche e
significative di Carmelo Bene è la sua
straordinaria capacità di interpretare i testi di altri
autori e di rielaborarli in forme espressive e
artistiche sempre nuove, attraverso quelle che
nella sua stessa definizione chiama “variazioni”.
Di fatto, questo tipo di lavoro sul testo – che si
fonde in maniera magistrale con la massima manifestazione dell'improvvisazione attoriale in scena –
è una delle cifre stilistiche che rendono tutta la sua produzione a tempo stesso eccezionalmente
dissacratoria, innovativo e originale. Uno degli sbocchi più felici di questa sperimentazione trova
spazio nella poesia, che Carmelo Bene riesce a trasformare in autentica e vibrante improvvisazione
teatrale. Nel contributo che vi proponiamo, tratto dalla trasmissione Schegge, Bene porta in scena
una performance poetica con suggestioni in musica, intitolata Bene! Quattro diversi modi di morire
in versi. La scelta cade sui testi di due grandi protagonisti della letteratura e della poesia del Novecento:
Esènin, con i brani Confessione di un teppista (1920) e Arrivederci, amico mio, arrivederci (1925), e
Pasternak, con Le onde e Morte di un poeta, entrambi del 1931.
Quattro diversi brani che Bene porta sulla scena sviscerandoli in ogni singola sfumatura e
trasformandoli in un unico, ideale percorso organico di rara e toccante intensità.
Carmelo Bene interpreta Majakovskij
Il poeta e drammaturgo Vladimir Vladimirovič
Majakovskij, considerato uno dei maggiori
interpreti della cultura russa post-rivoluzionaria,
è stato uno dei protagonisti indiscussi del nuovo
corso culturale sovietico. Definito il “cantore
della rivoluzione d'Ottobre”, Majakovskij può
essere ritenuto sotto diversi aspetti una figura
idealmente molto affine alle concezioni artistiche e culturali di Carmelo Bene. Al di là dei singoli
percorsi esistenziali e sperimentali, differenti seppur entrambi intensi e travagliati, appaiono
accomunati da una prepotente necessità distacco dal passato e da convenzioni ormai considerate
superate e definite “vecchiume”, oltre che dalla ricerca di un codice lirico in grado di raccontare la
realtà attraverso uno sguardo nuovo, a tempo stesso realistico ed evocativo. Un approccio alla funzione
della poesia che appare particolarmente congeniale alla filosofia e al pensiero di Carmelo Bene, che
in questo raro contributo sceglie di dar voce proprio al poeta russo, reinterpretando uno dei suoi testi
in una chiave straordinariamente vivida e personale.
L'esperienza concertistica di Carmelo Bene: un clown biancocontro un'orchestra che lo aspetta per sfidarloL'interesse e l'impegno di Carmelo bene per la
sperimentazione e l'improvvisazione non trascurò
mai di esplorare nessuna delle declinazioni
possibili di mise en scène.
Il campionario delle operazioni e dei progetti con
i quali si confrontò è talmente vasto e vario da
non poter essere riassunto in poche righe. Così
come la pluralità di temi e di approcci che influenzarono tutta la sua produzione trovando sempre il
modo e la forma di rinnovarsi attraverso esperienze teatrali, laboratoriali e autoriali destinate a lasciare
un segno profondissimo nei suoi contemporanei e ad esercitare un'influenza prorompente anche su
molte altre opere e correnti. Uno degli aspetti più interessanti del lavoro di Carmelo Bene, che sembra
costituire una sorta di filo conduttore fra quasi tutte le sue performance, è il ruolo che riveste la musica
all'interno della sua produzione e il rapporto che lui stesso, come interprete, intrattiene con
essa.Impossibile non rendersi conto che si tratti di un legame profondo, che Bene ebbe sempre
interesse e cura a valorizzare e a utilizzare non come mero accompagnamento, ma come veicolo
espressivo integrante e complementare alla maggior parte dei suoi lavori.Nelle fasi artisticamente più
mature della sua carriera sperimentò persino alcune rilevanti incursioni "concertistiche", che trovarono
il proprio apice nel poema sinfonico Manfred.
La produzione, portata in scena per la prima volta nel 1980, era costituita da una performance teatrale
di Carmelo Bene su musiche di Robert Schumann. Accompagnata da coro e orchestra dell'Accademia
di Santa Cecilia, si tradusse fin dal debutto in un successo unanime di critica e di pubblico.
In questo raro documento, tratto da una speciale puntata monografica andata in onda all'interno del
contenitore-documentario Variety, vediamo Carmelo Bene prepararsi all'ingresso in scena e
confrontarsi con in teatro con un'orchestra che, come suggestivamente evocato dalle parole della voce
narrante, sembra davvero accingersi a sfidarlo. In queste immagini Carmelo Bene ci si presenta come
un clown bianco, dal viso fresco di biacca, pronto a fronteggiare i musicisti e il pubblico ancora una
volta senza timori né freni, pronto a ribaltare le concezioni statiche e le strutture convenzionali del
teatro e del palcoscenico per convertirla in quella che, nelle sue stesse parole, diviene una macchina
attoriale di cui intende farsi ancora una volta pienamente interprete, strumento e protagonista.
Il Festival, posto sotto lʼAlto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, è promosso dalla
Regione Puglia-Assessorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo e organizzato dallʼAFC.
Autore, attore e regista poliedrico e discusso, tanto osannato quanto criticato, Bene è stato soprattutto
un profondo innovatore dei linguaggi del teatro contemporaneo, oltre che uno straordinario interprete
e una delle voci più prorompenti e originali della scena culturale italiana.In occasione della ricorrenza
della sua scomparsa, avvenuta a soli 64 anni di età, Rai Letteratura propone un approfondimento che
ne ricostruisce la biografia personale e artistica attraverso una serie di contributi audiovisivi che ne
ripercorrono l'opera, proponendo - grazie alla preziosa collaborazione con gli archivi di Rai Teche -
documenti, materiali e interviste di straordinario valore e rarità.
www.arte.rai.itVisita il nuovo video portale di ARTE della RAI
Elio Pagliarani,protagonista dellaNeoavanguardia
L'8 marzo è scomparso a Roma il poeta Elio
Pagliarani.
Aveva 84 anni, si è spento in una clinica dove era
ricoverato già da tempo a causa di una lunga
malattia.
Nato a Viserba, una frazione di Rimini, il 25
maggio del 1927, Elio Pagliarani è stato uno dei
protagonisti della Neoavanguardia poetica
italiana.
Aveva fatto parte del "Gruppo '63", un collettivo di scrittori e di poeti cui parteciparono attivamente
alcune delle menti più brillanti della cultura italiana: fra questi, anche Aldo Palazzeschi, Edoardo
Sanguineti, Umberto Eco, Nanni Balestrini e Giorgio Manganelli. Quando Pagliarani aderì al gruppo
- la cui denominazione è dovuta proprio alla data di fondazione, avvenuta l'8 ottobre del 1963 -, aveva
da poco pubblicato il poemetto sperimentale intitolato La ragazza Carla: il lavoro, risalente al 1962,
è ancora oggi ritenuto la sua opera piu' conosciuta e significativa.
Dopo la Laurea in Scienze politiche conseguita a Padova, Pagliarani è sempre stato impegnato in
prima sul fronte del lavoro culturale: la sua carriera, lunga e ricchissima di collaborazioni e
riconoscimenti, lo ha portato a dedicarsi tanto all'attività di poeta quanto a quella di critico letterario
e teatrale. Ha collaborato ad alcune delle più importanti riviste culturali dell'ultimo secolo ("Officina",
"Quindici", "Il Verrì", "Nuovi argomenti", "Il Menabò") e, dopo essersi trasferito a Roma a partire
dagli anni '60, ha lavorato a lungo come critico teatrale per il Paese Sera. Ha fondato a sua volta due
prestigiose riviste letterarie: "Periodo Ipotetico", di cui fu anche direttore, e "Ritmica", fondata e
diretta insieme ad Alessandra Briganti.
Fra le sue opere più note, si segnalano le raccolte Cronache e altre poesie e Inventario privato, il
romanzo in versi La ballata di Rudi e i più recenti Esercizi platonici (1985), Epigrammi ferraresi
(1987) e La bella addormentata nel bosco (1988).
La scomparsa di Elio Pagliarani è una perdita profonda per la cultura italiana. Rai Letteratura sceglie
di ricordarlo riproponendo una delle rare interviste rilasciate dal poeta, tratta dalla puntata-ritratto a
lui dedicata da Scrittori per un anno. Un documento eccezionale, in cui è lo stesso Pagliarani a
raccontare se stesso e a condividere il proprio sguardo sul mestiere di scrivere e sul ruolo
dell'intellettuale in rapporto alla società.
POESIA
RAI LETTERATURA - NUMERO 3 MARZO 2012
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Minima et Moralia: il dibattito culturale corre sul web
Christian Raimo, scrittore, critico e consulente
editoriale, ci presenta oggi Minima et
Moralia, il blog culturale della casa editrice
Minimum Fax. Online dall'estate del 2009,
Minima & Moralia è divenuto in meno di tre anni
uno dei punti di riferimento del dibattito letterario
in Italia.
Minima et Moralia non è soltanto un blog, ma anche e soprattutto un progetto culturale, una webzine
collettiva alla quale partecipano come autori e contributors alcune fra le voci più brillanti della scena
contemporanea, molte delle quali hanno (o hanno avuto) come comune denominatore un esperienza
di collaborazione con Minimum Fax. Fra i suoi autori spiccano Nicola Lagioia, Alessandro Leogrande,
Giorgio Vasta, Giuliano Battiston, Francesco Pacifico, Fabio Guarnaccia, Francesco Longo, Carlo
Mazza Galanti, Tiziana Lo Porto, oltre a un numero sempre vario e crescente di collaboratori esterni.
Christian Raimo fa parte della redazione di Minima et Moralia fin dall'inizio del progetto, all'interno
del quale ha partecipato attivamente anche alla fase ideativa e creativa. Oggi ne ricostruisce per Rai
Letteratura le tappe e i principi ispiratori, insieme alle modalità che - proprio grazie al veicolo del
web - ne hanno decretato in breve tempo il successo fra addetti ai lavori e semplici appassionati. Nel
caso di Minima et Moralia sono identificabili problematiche ed esigenze dell'informazione culturale,
oltre che tentativi di possibili risposta a questi bisogni anche grazie agli strumenti messi a disposizione
dal web e dai social network.
Raimo condivide con noi la sua analisi, lucida e puntuale, sugli scenari attuali e le prospettive future
del dibattito culturale in Rete e delle sue modalità di attuazione.
RAI LETTERATURA - NUMERO 3 MARZO 2012
6BLOGGER
Il protagonista della videorecensione di questo
mese è Andrea Pazienza, nella rilettura che il
nostro lettore Riccardo Bianchi ha inviato alla
redazione di Rai Letteratura. La clip che vi
proponiamo è dedicata a Gli ultimi giorni di
Pompeo, l'opera letteraria più importante della
maturità artistica di Pazienza: quella in cui il
grande disegnatore porta in scena se stesso
attraverso il suo alter ego a fumetti e che
rappresenta, anche a causa di una serie di
coincidenze con la vita personale dell'autore e
soprattutto con il suo tragico destino, una sorta di
vero e proprio testamento letterario.Un lavoro
complesso e doloroso, attraverso cui lo stesso
Pazienza ha indagato nel proprio vissuto e nelle
proprie zone d'ombra, trasformando la sua
drammatica esperienza umana - segnata dalla
dipendenza e dalla droga - in un prodotto artistico
di altissimo livello, caratterizzato da un tratto
scarno, essenziale e vivido che lascia trasparire
tutta la disperata vitalità trasmessa nel lavoro dal
suo autore. Pompeo, insegnante in una scuola
serale di fumetto, è un eroinomane e corre a tutta
velocità, attraversando una vita che lo sta consumando e che sembra destinata a condurlo
inevitabilmente verso un tragico epilogo. La sua esistenza è segnata dall'alternanza fra momenti
adrenalici e altri di depressione e di apatia, in un continuo senso di estraniamento che viene deformato
attraverso lo sguardo dell'arte e della poesia. Gli ultimi giorni di Pompeo non è soltanto un fumetto,
ma un'autentica opera letteraria, al punto che secondo alcuni meriterebbe di essere studiata persino
nelle scuole. Attraverso le sue tavole, riviviamo in prima persona il mondo visto dallo sguardo di
Andrea Pazienza, scomparso a soli 32 anni nel 1988. Protagonista del fumetto italiano, tanto geniale
quanto tormentato, Andrea Pazienza ha lasciato un'impronta indelebile nell'immaginario collettivo
di almeno due generazioni di giovani, dando vita a personaggi e storie entrati a pieno titolo nei
riferimenti artistici e culturali del mondo giovanile.
RAI LETTERATURA - NUMERO 3 MARZO 2012
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Andrea Pazienza: Gli ultimi giorni di Pompeo