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Istituto Formativo “ANDROMEDA”
LA VERIFICA NEL “PERCORSO FORMATIVO”
Il Corso di Formazione per “Assistente di Base” realizzato dall’Istituto Formativo “Andromeda” nel 2004-2005
di Barbara Burroni e Pier Paolo Manneschi
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Introduzione alla ricerca
Questa ricerca è stata svolta per l’Istituto Formativo “Andromeda” nel giugno-settembre 2005 ed ha
come obiettivo quello di verificare, attraverso l’utilizzo di metodologie di tipo narrativo-
autobiografico, la valenza formativa del corso Assistente di Base per i servizi di tipo Socio-Sanitario
organizzato sempre dallo stesso Ist. Formativo attraverso l’utilizzo dei fondi provinciali sulla
formazione professionale e realizzato tra l’ottobre 2004 e il giugno 2005. La ricerca verte sui dati
relativi alla somministrazione di due questionari semistrutturati e anonimi, e un questionario di tipo
“narrativo” non strutturato e non anonimo sulle “esperienze professionali” del tirocinio. Dei due
questionari anonimi il primo è a carattere generale, ed il secondo relativo al proprio “vissuto” rispetto
alla formazione svolta. La somministrazione di tutti i questionari è avvenuta a fine corso, quando tutti i
segmenti didattici si erano conclusi.
La ricerca si muove con l’attenzione necessaria alla metodologia della didattica (intesa come
percorso), mentre sul piano dell’analisi si muove all’interno di un orizzonte teorico basato sulla
ricerca narrativo-autobiografica e sulla fenomenologia. Queste impostazioni, come suggerisce bene D.
Lipari, guardano all’interpretazione nei processi valutativi della formazione come ad un elemento
“qualificante” di ogni percorso di questo genere:
“Questa prospettiva trova una sua implicita collocazione nel campo degli studi delle ricerche sulla
formazione che, in sintonia con alcuni filoni della filosofia e delle scienze sociali contemporanee, si
dedicano con preminente interesse e con crescente attenzione all'analisi delle dimensioni qualitative”
(Demetrio, 1992; Gallagher, 1992) che caratterizzano le multiformi dinamiche degli eventi e dei
processi educativi.
L'atto valutativo, da questo punto di vista, non si pone davanti ad un'azione nei termini di un
intervento orientato a giudicarne gli esiti, ma nei termini di una specifica attività di riflessione sul
senso stesso dell'azione “Se - come scrive Berger (1977: 13) -ammettiamo che valutare è porre il
problema del significato di ciò che si fa, comprendiamo come la valutazione non possa in alcun
momento identificarsi con un bilancio, cioè con una somma algebrica di opinioni individuali, di
comportamenti, di malcontenti, di riuscite e di fallimenti”. Al contrario, valutare, da questo punto di
vista, consiste nel comprendere l'azione in tutte le sfumature possibili tra quelle che essa manifesta alla
percezione di chi la osserva. E poiché porsi il problema del significato è già in un certo senso un modo
di “produrre il significato”, l'atto valutativo, così concepito, “diventa il momento-chiave, [ ... ]
l'essenza stessa dell'azione” (ivi).
Così tematizzata, la valutazione assume le caratteristiche di un atto eminentemente interpretativo, un
atto cioè orientato alla comprensione di “qualcosa che si presenta a chi valuta in forma poco chiara, di
3
difficile lettura o comunque suscettibile di attribuzioni di significato che si collocano entro l'orizzonte
degli interessi conoscitivi del valutatore”.
Espressa molto sommariamente, l'idea di fondo che caratterizza questo particolare modo di intendere
la valutazione rinvia all'esperienza umana costituente ed universale della comprensione che (e da qui
in poi seguiremo la prospettiva elaborata da Gadamer, 1960) può essere tematizzata come un'apertura
al mondo, una scoperta di significato che avviene attraverso la mediazione del linguaggio, il quale, a
sua volta, in quanto essenziale medium comunicativo, costituisce, da un lato, l'elemento che rende
possibile l'atto interpretativo di un “lettore” che si rapporta ad un determinato evento linguistico (un
testo scritto oppure orale); dall'altro (ed al tempo stesso), tende a negare al lettore la possibilità di
accedere a tutti i significati celati dal testo. Dalla tensione implicita in questa dialettica tra lettore e
testo (descrivibile come un continuo rinvio dell'uno all'altro), traggono origine nuovi orizzonti di
significati. Il lettore che si accosta ad un testo, può farlo avendo fiducia o, viceversa, nutrendo dubbi
circa la sua possibilità di cogliere in esso qualche significato o “verità”; in ogni caso, lo fa portando
con sé l'intero bagaglio delle sue conoscenze (compresi i pregiudizi) che influenzano in modo più o
meno profondo il tipo di relazione stabilita con il testo. Quest'ultimo, a sua volta, influenza le
conoscenze previe e stratificate del lettore. L'apprendimento che deriva da questa dinamica relazionale
non ha luogo nel lettore, ma nello scambio tra lettore e testo ed avviene sempre dentro un tessuto
costituito da conoscenze e da esperienze preesistenti (che sono tanto le “pre-cognizioni” di cui dispone
il lettore, quanto quelle fondate dalla tradizione ed incorporate nel testo e che lo stesso lettore non
ignora).`
Questa prospettiva non intende costituire un “precetto per la pratica” (Gadamer, 1960, trad. it.: 313),
ma “descrive il modo di attuarsi dello stesso comprendere interpretativo come tale” e si fonda
sull'assunzione della “circolarità della comprensione” teorizzata da Heidegger come il “circolo
ermeneutica”. Come scrive Vattimo (1983: XVII-XVIII), “Nella sua forma più semplice, il circolo
ermeneutico significa che le parti di un testo si capiscono solo alla luce del tutto, ma il tutto è
compreso solo in base alle parti. Ogni comprensione, dice Heiddeger, articola una precomprensione di
cui l'interprete già sempre dispone. Ciò non significa però che l'interpretazione si riduca a un muoversi
del "soggetto" all'intemo dei propri pregiudizi e delle proprie fantasie arbitrarie. E questo per due
ragioni: la prima è che, di fatto, proprio muovendo dalla precomprensione che già sempre ha della
cosa da interpretare, l'interprete muove alla scoperta di quest'ultima, mettendo alla prova i propri
pregiudizi non tanto in un impossibile confronto di essi con la cosa "in sé", ma verificando se essi gli
consentano o no un dialogo coerente con la cosa stessa”. Il circolo “è caratterizzato dal fatto che la
comprensione del testo è permanentemente determinata dal movimento anticipatorio della
pre-comprensione.
4
Il circolo di parti e tutto non si risolve dissolvendosi nella comprensione aggiunta, ma piuttosto in tale
comprensione si realizza nel modo più pieno. Il circolo non ha dunque carattere formale, non è né
soggettivo, né oggettivo, ma caratterizza la comprensione come un'interazione del movimento della
trasmissione storica e del movimento dell'interprete” (Gadamer, 1960, trad. it.: 343).
I significati emergenti dall'interpretazione trascendono dunque l'autorità della tradizione in qualche
modo incorporata nel testo (poiché «il significato del testo va oltre il suo autore» come dice Gadamer),
cosi come trascendono le stesse precognizioni del lettore: non si tratta di un'esperienza semplicemente
riproduttiva, ma di un'attività che produce sempre qualcosa di nuovo.
Ed è proprio per il suo carattere di esperienza essenzialmente basata sulla comunicazione e
sull'orientamento alla ricerca di nuovi significati dati e costruiti di volta in volta in un “gioco” che
coinvolge soggetto ed oggetto, che l'interpretazione è irriducibile a dimensioni metodiche di tipo
oggettivistico. Come sottolinea Ferraris (1989, 270-71) con riferimento alla prospettiva di Gadamer,
“l'interpretazione, essendo eminentemente legata a forme di sapere a base storica («scienze dello
spirito»), non persegue «un ideale metodico di obiettivazione, ma piuttosto [la] ricerca di un
comprendere, legato al modello dell'integrazione, che non postuli una polarità radicale tra soggetto e
oggetto, e che del resto, si configuri più che come semplice "conoscenza'', come un'esperienza che
trasforma al tempo stesso il soggetto conoscente e l'oggetto conosciuto.”1
A partire da queste considerazioni è necessario sottolineare come i redattori della presente siano stati
coinvolti nelle dinamiche del corso in oggetto come consulenti per il Bilancio di Competenze ed
hanno avuto modo di verificare ed “agire” conoscenza tra i corsisti sia singolarmente che in gruppo.
Ciò si è espresso in momenti diversi del corso. Il Bilancio di Competenze è stato svolto durante il
segmento didattico d’aula e prima del tirocinio dei corsisti, mentre l’attività di redazione dei
questionari si è svolta in “plenaria”al termine del tirocinio e prima degli esami finali.
1 Lipari D. (1999), Progettazione e valutazione nei processi formativi, Edizioni Lavoro, Roma
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Premessa
I dati provenienti dai questionari di autovalutazione del processo formativo, sono corredati ed integrati
da quelli emersi attraverso un percorso di autoriflessione mirato alla valutazione dell’esperienza
pratica di tirocinio.
Tale lavoro di autoriflessione si poneva il duplice obiettivo di valutare l’aspetto pratico della
formazione e di integrare il percorso di Bilancio di Competenze, svolto dai singoli corsisti nei primi
mesi del corso, quindi nella fase di ingresso in formazione.
Il metodo autoriflessivo proposto porta lo stesso segno di autovalutazione, mirante ad acquisizioni di
consapevolezza delle proprie competenze, seguito nel lavoro di bilancio.
Il Bilancio è stato proposto ad inizio corso con l'intento di offrire un supporto di orientamento
nell'autoricognizione di risorse, carenze, aspettative e progettualità dei singoli. Gli stessi consulenti di
bilancio hanno elaborato semplici strumenti di stimolo narrativo, e li hanno proposti in aula alla fine
del corso per suscitare una riflessione sugli aspetti di cambiamento legati al confronto con i contesti
professionali di pratica.
Sono stati prodotti scritti individuali, brevi resoconti autobiografici, sui contenuti dell’esperienza di
tirocinio, che in un secondo momento sono stati condivisi nel gruppo, innescando un confronto ed un
processo di elaborazione dei significati legati alla pratica.
Si mirava a porre l’attenzione sulle acquisizioni derivate dal confronto con i contesti del fare, sulle
competenze e sui disagi emersi nel passaggio dalla teoria alla pratica, in modo da individuare i nodi
critici e i punti di forza della formazione svolta, rispetto alle richieste del ruolo agito di ADB. Le
riflessioni individuali e la condivisione hanno inoltre fornito l’occasione per verificare i dati emersi nei
bilanci, supportando con nuovi contenuti il completamento del percorso di elaborazione del portfolio
delle competenze e del progetto professionale.
La condivisione delle esperienze svolte ha anche consentito ai corsisti di riflettere sulle caratteristiche
professionali specifiche del ruolo di ADB, mettendo a confronto le aspettative e le conoscenze dei
singoli, e sostanziando con significati di origine pratica le competenze richieste dall’azione.
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Analisi testi narrativi
Si riportano di seguito i punti emersi attraverso la lettura dei testi individuali prodotti, sottolineando le
condivisioni, per offrire un supporto alla valutazione delle acquisizioni derivate dal percorso
formativo.
I tirocini si sono svolti in diversi contesti: Centri diurni di socializzazione per disabili, Centri diurni
per anziani e Residenze per anziani.
Quasi tutti i corsisti hanno frequentato più contesti, per un totale di due mesi, venendo a contatto con
differenti utenze e quindi differenti specificità di azione.
Sono stati prodotti 12 testi narrativi.
Punti emersi:
• Difficoltà di comprensione delle richieste degli utenti, legate: alle specificità di linguaggio di
disabili con deficit espressivi; alle manifestazioni dei sentimenti con modalità non codificate
di disabili con gravi deficit mentali. Conseguenti disagi da inadeguatezza, sentimenti di timore
e difficoltà di gestione dell' impatto emotivo. (5)
• Scoperta della reciprocità della relazione, consapevolezza delle soggettività degli utenti e di
uno spazio di comunicazione intersoggettivo, (2)
• Relazione con gli operatori esperti: sentimenti di disagio per mancato sostegno
nell'interpretazione dei contesto e delle singole situazioni (3); sostegno e accompagnamento
dell'operatore esperto. (2).
Per un grafico che mostra:
l'incontro col lavoro
41%
17%
25%
17%
disagio per sensodi inadeguatezza
scoperta dellareciprocità e dellaintersoggettività
ricercarassicurazioneattraversosostegnomancatooperatore esperto
rassicurazioneattraversosostegno ottenutooperatore esperto
7
Un “incontro con il lavoro” dove il 42% specifica chiaramente la necessità di un supporto nella
“pratica lavorativa” che in buona parte, sostanzialmente, sembra venire a mancare. La richiesta sembra
rivolta verso quelle forme di “tutoring” che sono specificate nella letteratura sull’avviamento al lavoro,
(almeno per quanto riguarda il settore del sociale). Questa funzione in alcuni casi è stata espletata,
malgrado non fosse stata esplicitamente richiesta dall’org.ne, da operatori esperti, in altri non lo è
stata. Tenuto conto che il sostegno in questo caso si può tradurre in una esplicitazione del “senso” e
del “significato” di alcune interpretazioni o comportamenti, avvenendo parzialmente, ha creato
squilibri nella possibilità di accedere a informazioni importanti da parte del gruppo dei corsisti. Per
evitare questo tipo di disparità in futuro si rimanda all’ultima parte di questa ricerca dove si esplicitano
alcuni aspetti per migliorare questo tipo di formazione.
Questi dati, a carattere narrativo, ci mostrano in definitiva il tipo di disagio vissuto da parte di alcuni
corsisti.
Esso si può riassumere disaggregando i dati e riaggregandoli in categorie più ampie:
• Gruppo A, senso di disagio e ricerca di sostegno (comprendente anche la categoria dove è
stato trovato sostegno esperto);
• Gruppo B, scoperta reciprocità e intersoggettività.
La presente divisione ci mostra così un altro grafico:
la percezione di sè nell'incontro con il lavoro
83%
17%
inadeguatezzae ricerca disostegno neltirocinio
consapevolezza e scoperta"reciprocità"con l'utenza
Crediamo fondamentale sottolineare quanto sia “naturale” la presenza di una tensione in questo tipo
di attività formativa. Proprio per sua stessa “natura” la formazione sul “sociale” va ad incidere sulla
messa in discussione di alcuni nodi fondamentali del carattere di ognuno. Per questo una certa tensione
verso “la prestazione” è comune rintracciarla. Ipotizziamo ciò come motivo del fatto che ben 10
corsisti su 12 hanno sottolineato la presenza di disagio.
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Analisi testi dei questionari semi-strutturati proposti in ambito corso ADB Andromeda
Aprile 2005
Questionario generale sulle aspettative professionali.
Domanda: Cosa desidero, cosa mi preoccupa, cosa vorrei sapere rispetto all’attività professionale di
ADB. risposte:
• Gruppo di lavoro veicolo di rassicurazione nei timori sui propri limiti nell’attività e come
contributo all’incontro di esperienze: 3
• Piacere nella consapevolezza del saper fare 1
• Timore della “routine” 2
• Desiderio di lavoro 6
• Relazione di aiuto vista come veicolo di “soddisfazione” 3
• Preoccupazione limiti personali sul lavoro 5
• Tirocinio come esperienza 1
• Bisogno di più informazione e formazione 2
Al questionario rispondono 16 persone che
offrono un ventaglio di 23 risposte
complessive. La risposta del gruppo ha
manifestato complessivamente chiarezza
rispetto ai bisogni concreti e generali di
ognuno poiché è stata indicata in modo
evidente nella metà circa delle persone il
bisogno urgente (correlato spesso da ansia) di
una attività lavorativa (6 risposte). Altresì
emerge una preoccupazione rispetto ai limiti
personali che possono venire alla luce
nell’attività di ADB (5 risposte). Il timore
della “routine” viene avvertito in 2 risposte. I
timori vengono compensati attraverso il
veicolo “gruppo di lavoro” come
rassicurazione e incontro di esperienze (anche
nel tirocinio) in 4 risposte. In 2 casi c’è più
bisogno di specializzazione e
formazione/informazione.
questionario generale 9%
26%
13%4%
22%
13%
9%4%
Bisogno di più informazione e formazione; 2
Desiderio di lavoro: 6
Gruppo di lavoro veicolo di rassicurazione neitimori sui propri limiti nell’attività e come contributoall’incontro di esperienze: 3Piacere nella consapevolezza del saper fare : 1
Preoccupazione limiti personali sul lavoro; 5
Relazione di aiuto vista come veicolo di“soddisfazione”;3
Timore della “routine”; 2
Tirocinio come esperienza; 1
9
Un caso solo indica il piacere nel lavoro di ADB come di “consapevolezza “ del saper fare mentre in 3
risposte viene descritta la “relazione di aiuto “ come veicolo della propria soddisfazione .
Ad un approccio “didascalico” appare evidente quanto sia presente una “tensione” motivata dal
bisogno lavorativo, come accennato. Ciò anche tenendo conto del tipo di “target” presente al Corso
ADB. Esso variava da un’età compresa tra i 26 anni e i 50 con un’età media intorno ai 35 anni. Questa
variabile da sola basterebbe a definire il gruppo già disposto verso un’ansia latente nei confronti della
ricerca di un lavoro.
L’ipotesi che facciamo in questa ricerca è che l’indicazione sul bando per il corso di formazione ADB
realizzato da Andromeda e contenente l’indicazione sul numero degli avviamenti al lavoro a fine corso
(erano in numero di 8), malgrado fosse suggerita come modalità dalla Provincia in sede di redazione
progettuale, non si sia rivelata adeguata poiché generatrice di ansia in un percorso ove le persone già
avevano di per sé molti e diversi fattori di stress. Oltre a ciò ipotizziamo che l’ambito formativo del
corso non abbia generato quel clima tale a ridurre quest’ansia e che essa sia aumentata durante il
percorso realizzando così una sostanziale riduzione di quello che è considerato unanimemente nella
letteratura specifica attuale in materia uno degli obiettivi principali della formazione ovvero la
costruzione di un percorso che abbia l’obiettivo di costituire per un gruppo “in-formazione” una
“comunità di apprendimento”.
Utilizzando un’altra “chiave interpretativa”, come suggeriamo nella premessa assieme a quanto
sostiene Lipari, se prendiamo come riferimento i “sentimenti guida” che la domanda propone il grafico
successivo prevede tre tipi di categorie:
• Gruppo A: timori;
• Gruppo B: bisogni;
• Gruppo C; desideri.
Rispettivamente emergono 10 risposte relative al gruppo A, 3 al gruppo B e 10 al gruppo C. Per un
grafico che indica quali sentimenti prevalgano nel gruppo in uscita dalla formazione. 44% delle
risposte contengono timori, altre 44% desideri, mentre il restante 12% i bisogni.
prevalenza sentimenti gruppo-uscita corso
10
3
10timori bisognidesideri
10
Naturalmente non possiamo non tener conto della scadenza ravvicinata dell’esame per i corsisti e del
fatto che il “percorso” proposto ad un “target” con bassa scolarizzazione come questo può aver messo
qualcuno in una condizione di “auto-riflessione” tale da generare “stress” e stanchezza in generale.
Malgrado questo è netta la prevalenza di timori e desideri sui bisogni. Ovvero se facciamo attenzione
alle risposte utilizzate osserviamo quale sia la percentuale reale dei soggetti che “manifestano” (pur
con modalità differenziate) un’ansia consistente. Nel grafico generale parrebbero 2 i gruppi
maggiormente coinvolti da questa: il gruppo che risponde alla domanda con il “Desiderio di lavoro” e
quello che risponde con la “Preoccupazione dei limiti sul lavoro”.
Dividendo diversamente le risposte e raggruppandole nuovamente, tuttavia, emergono invece 3
categorie di risposte:
• Un gruppo dove emerge chiaramente la PREOCCUPAZIONE (ansia);
• Un gruppo dove si cerca una RASSICURAZIONE ( per uscire dall’ansia) pur con soluzioni
differenziate;
• Un gruppo che trova la soluzione nell’uscita dall’ANSIA attraverso una risposta personale
relativa alle “proiezione delle proprie emozioni” sul lavoro.
GRUPPI
PREOCCUPAZIONE Limiti personali
5
Desiderio lavoro
6
Timore “routine”
2
= 13
RASSICURAZIONE1 Gruppo lavoro
3
Più formazione
2
Importanza
tirocinio1
= 6
RASSICURAZIONE2 Saper fare
1
“relazione”
veicolo 3
= 4
Da questa analisi pare emergere un’ansia generalizzata maggiormente diffusa rispetto a quella che si
esprime nel primo grafico. La
esponiamo nel grafico che
abbiamo chiamato “ANSIA”.
l'ansia
57%26%
17%
ansia(preoccupazionelimiti personali;desiderio di lavoro;timore per"routine")rassicurazioneall'ansia1(esperienza gruppilavoro; piùformazione;importanza delrassicurazioneall'ansia2 (laproiezione delleproprie emozioni)
11
Il grafico mostra come il 57% dei corsisti esprima chiaramente ansia ma anche come il restante 43%
prendendo consapevolezza dell’identico stato esprima un desiderio di “superamento” cercando
risposte differenziate.
Sostanzialmente si può affermare che l’ansia è correlata ad ogni corsista e che il percorso proposto
non ha sciolto alcuni dei dubbi e delle incertezze che in modo “naturale” ogni corsista aveva all’inizio
del corso e che emergevano in maniera evidente in sede di “Bilancio di Competenze”.
In questo senso deve essere tenuto conto del fatto che il “contatto” con l’attività lavorativa e le
persone a cui sono destinati i servizi ha favorito certamente una “revisione” sulle difficoltà del tipo di
lavoro e quindi ha innalzato il livello della “riflessione” sulla tipologia di lavoro in relazione alle
caratteristiche personali di ogni soggetto favorendo così l’aumentare del livello dello stress.
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QUESTIONARIO DI AUTOVALUTAZIONE CORSO
Domanda 1 : Racconta la storia del corso, come per descriverlo a qualcuno che sia interessato e non
ne sappia niente.
A questa domanda, tesa a sollecitare una definizione generale del corso ed un suo giudizio di sintesi
nell’ottica di un “vissuto” soggettivo, le risposte hanno individuato le seguenti “tracce”:
• ottica “morale” nella visione della professione 1
• adeguatezza didattica 5
• formazione come lavoro in gruppo e come apertura al “mondo” del sociale 4
• importanza del tirocinio 2
• corso visto come inizio di percorso formativo 2
• corso di scarso interesse 2
In 5 risposte su 16 è stata
individuata l’adeguatezza della
formazione nel corso e,
complessivamente, in altre 6
risposte si manifesta quanto
l’esperienza formativa abbia
offerto sul piano della
conoscenza del mondo del
“sociale” visto come percorso di
“comprensione”. 2 risposte
sottolineano, su questo,
l’importanza del tirocinio. In 2
casi si manifesta scarso o nullo
interesse.
Il vissuto: "Racconta la storia del corso:.."
6%
30%
25%
13%
13%
13%
ottica “morale” nella visione della professione 1
adeguatezza didattica 5
formazione come lavoro in gruppo e come apertura al“mondo” del sociale 4importanza del tirocinio 2
corso visto come inizio di percorso formativo 2
corso di scarso interesse 2
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In questo caso una parte del gruppo ha espresso un “giudizio” sulla qualità del corso: adeguatezza
didattica (5 risposte); importanza del tirocinio (2 risposte); corso di scarso interesse (2 risposte); ottica
“morale” nella visione della professione (1 risposta). L’altra parte del gruppo si segnala come
composto da persone che si “proiettano” nell’attività lavorativa coinvolgendosi maggiormente sul
“senso” dell’attività: corso visto come inizio di percorso formativo (2 risposte); formazione come
lavoro in gruppo e come apertura al mondo del sociale (4 risposte).
Solo 6 risposte su 16, quindi, indicano un reale coinvolgimento cognitivo/emotivo ed una
identificazione del soggetto nelle “prospettive” e nei “percorsi” dell’attività lavorativa di ADB.
Ciò si può evidenziare bene con grafico che segue:
il giudizio e il percorso
62%
38%
giudizi sullaqualità del corso
identificazione colpercorsoprofess.le
Benché chiara la tendenza a giudicare il corso e non ad identificarsi nello stesso, è evidente tuttavia
che un buon numero di corsisti (38%) risulta identificarsi nella proposta formativa. In generale si
evince un giudizio generale piuttosto formale sulla proposta del corso (62%). Probabilmente ciò è
dovuto alla stanchezza per la fatica del percorso (articolato e complesso) e per quel “senso”
permanente di disagio/ansia che i corsisti manifestano spesso nelle loro risposte 2 (cosa che, come
abbiamo già accennato in parte comprensibile). Questo tipo di lettura dei dati è l’unica possibile che
riesca a comprendere risposte all’item apparentemente scollegate dal contesto come quella che si
riferisce alla visione “morale” della professione.
2N.B. ved. Questionario di tipo “narrativo” sulle esperienze nel tirocinio.
14
Domanda 2 : I tuoi progetti o scopi sono cambiati durante il corso?
La domanda tende a verificare se se il corso ha favorito “cambiamenti” nella progettualità
professionale dei soggetti coinvolti nella formazione :
• idee più chiare sul tipo di lavoro 4
• formazione come percorso e incontro 4
• cambiamento nelle aspirazioni e nell’agire 2
• desiderio di interrompere, stanchezza, impegno (affaticamento) 3
• no, non risponde 3
Tenuto conto che l’aspirazione al lavoro è sempre centrale nelle risposte è da sottolineare qui come in
8 di queste si individuino la “conferma” della motivazione verso il “progetto” formativo proposto
sottolineando come ci sia stata riflessione durante il percorso. In 2 casi si manifesta una chiara
percezione di cambiamento delle aspirazioni. Malgrado la maggioranza delle risposte esprima
chiarezza nel senso di chiara percezione di una “presa di coscienza” definita del progetto prof.le , in 6
casi prevale stanchezza o ci si trincera in
una non-risposta.
Se tentiamo di raggruppare diversamente le
risposte all’item, possiamo costruire due
grosse categorie di riferimento:
Gruppo A: MAGGIOR
CHIAREZZA PROGETTO PROF.LE:
percezione chiara del cambiamento dei
propri scopi ; idea più chiara sulla
professione, formazione come percorso;
Gruppo B: MANCANZA CHIAREZZA
PROGETTO PROF.LE: disagio, non
risposta.
i cambiamenti nel progetto prof.le
24%
25%13%
19%
19%
idee più chiare sul tipo di lavoro 4
formazione come percorso e incontro 4
cambiamento nelle aspirazioni e nell'agire 2
desiderio di interrompere, stanchezza, eccessivoimpegno 3no, non risponde 3
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Provando a fare un grafico delle 2 categorie:
il progetto prof.le
62%
38%
maggiorchiarezzaprogettoprof.lemancanzachiarezzaprogettoprof.le
Malgrado una maggioranza consistente dei corsisti manifesti chiarezza sul tipo di percorso (anche
personale e diverso dalla proposta), il 38% di essi sottolineano un disagio chiaro che si esprime
attraverso la stanchezza e la non chiarezza.
In definitiva dall’analisi di queste risposte si ipotizza come possa concretamente definirsi l’efficacia
della formazione nello specifico corso. Mentre essa si può infatti concettualizzare come “veicolo di
cambiamento” quando permette “riflessione” e progettualità relativamente al sé professionale (ma non
solo, come chiaramente avviene nella formazione sul “sociale)3 sviluppando la capacità di esprimere
“soggettività”, in questo caso la formazione ha certamente raggiunto l’obiettivo di offrirsi come
veicolo di soggetti in “cambiamento” e “transizione” prof.le in più del 60% dei casi, ma non ha
raggiunto sostanzialmente l’obiettivo di creare una “comunità di apprendimento” tale da
“comprendere dinamiche e progetti professionali” della totalità dei soggetti in formazione .
3 cfr. Fabbri L. , Rossi B. , “Il sé professionale” , 2001.
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Domanda 3 : Sai individuare un momento di particolare cambiamento durante il corso?
La domanda chiede di individuare per ciascuno il momento più significativo, percepito sul piano
soggettivo, delle fasi formative, un momento di “apertura”.
• tirocinio 7
• lezioni psicologia (attività comunicazione e di gruppo) 3
• cambiamento come armonizzazione nel gruppo 3
• il bilancio di competenze 1
• non risponde 2
La maggioranza dei corsisti (7), alla domanda diretta, individuano nel tirocinio il momento più
significativo della formazione e lo inquadrano anche come “veicolo del cambiamento” . Anche le
lezioni di psicologia sono presenti con 3 risposte con lo stesso senso precisando che essa ha permesso
un “focus” mirato alla comunicazione in gruppo. L’armonizzazione del clima nel gruppo è stato
individuato come importante fattore di cambiamento da 3 persone che hanno sottolineato una visione
forte di gruppo come “armonizzatore” dei “cambiamenti” (in sostanza un sostegno). Anche una
segnalazione relativa all’attività di orientamento del bilancio di competenze. Sono 2 le non-risposte.
Malgrado la domanda fosse esplicitamente tesa a sollecitare una riflessione su un momento particolare
di “cambiamento” e di “apertura” avvertito dal soggetto durante la formazione, le risposte dei corsisti
tendono ad individuare nelle esperienze didattiche (oggettive) l’elemento atteso di “mutamento”, in
qualche modo a delegarne i contenuti.
formazione e cambiamento
43%
19%
19%
6%13%
tirocinio 7
lezioni psicologia (attività comunicazione e di gruppo) 3
cambiamento come armonizzazione nel gruppo 3
il bilancio di competenze 1
non risponde 2
17
In 11 risposte si individua in uno specifico didattico/pratico o consulenziale il “veicolo” di un
cambiamento, mentre 5 soggetti (comprendendo qui chi intende il cambiamento come armonizzazione
di gruppo e chi non risponde) non hanno rintracciato (nella didattica o nella formazione in generale)
nessun “aggancio” che abbia contribuito ad un reale “mutamento”.
Domanda 4 : Pensa a qualcosa del corso che ti sia stato particolarmente utile nel tirocinio.
La domanda chiede di individuare quale sia stata per ciascuno la parte di didattica che sia risultata più
significativa nell’”esperienza” del tirocinio.
• tecniche di assistenza 2
• psicologia 13
• tutta la didattica in generale 2
• sociologia 3
• non risponde o la risposta è “elusiva” 2
In queste risposte pare esserci la conferma che l’approccio alla psicologia è “vissuto” come
estremamente “proficuo” soprattutto nell’incontro con la “pratica” del tirocinio. Qui si ipotizza che la
psicologia venga percepita dai più come una delle poche attività didattiche capaci di “restituire” senso
ad “agiti” (dell’utenza e degli operatori) che altrimenti risulterebbero incomprensibili
utilità della formazione9%
59%
9%
14%
9%
tecniche di assistenza 2psicologia 13tutta la didattica in generale 2sociologia 3non risponde o la risposte è elusiva 2
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La stragrande maggioranza dei corsisti (13 su 16, praticamente tutti coloro che rispondono tranne 1)
individua come fondamentali le parti relative alla psicologia e comunicazione. 3 segnalazioni per la
sociologia e 2 per la didattica in generale. Due persone non rispondono.
Se è vero come si mostra in altre parti della ricerca che la psicologia è vista dai corsisti come “aiuto
alla pratica” dell’ADB e che argomenti più generali sono considerati con una differente “salienza” sul
piano della pratica prof.le, possiamo provare a raggruppare in due “categorie” le risposte dei corsisti:
• Gruppo A: UTILITA’ NELL’AGIRE “PRATICO”, cioè coloro che guardano alla pratica
prof.le nel senso di “agire quotidiano” e che vedono nella didattica la “proiezione” di questo
sottolineando così quali degli aspetti della didattica gli sono parsi più utili nella decodifica di
schemi e strutture, psicologiche e organizzative, incontrate nel tirocinio;
• Gruppo B: UTILITA’ DEL QUADRO D’INSIEME; coloro che individuano nella formazione
aspetti più generali o teorici ( come nella sociologia) ;
• Gruppo C: NON RISPOSTA.
Il grafico che ne risulta ci mostra l’importanza e l’attenzione che il gruppo mostra verso la “pratica
d’azione” e quale percezione ci sia del suo supporto sul piano della didattica.
utilità della formazione
68%
23%
9%
utilitànell'agire"pratico"utilità"quadrod'insieme"nonrisponde
In sostanza l’indicazione che ci viene da questo “quadro” mostra la tendenza a concepire il tipo di
formazione proposta con questo corso come rivolta sostanzialmente alla “pratica lavorativa” e solo nel
23% dei casi si coglie l’aspetto, peraltro già segnalato, della necessità di elaborare un insieme di dati
ed elementi che contribuiscano a cogliere un “senso” più ampio alla formazione ADB. Naturalmente il
tipo di “target” influisce su questa tendenza.
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Domanda 5 : In sintesi, cosa credi che sia servito il corso, cosa ti porti a casa ? 4
Individuazione specifico soggettivo di restituzione.
• Incontro col personale ed esperienze nel tirocinio 10
• Miglioramento aspetti tecnico-prof.li 3
• Buon lavoro col gruppo in-formazione 3
• Speranza 1
• Non risponde 1
Domanda di verifica alle precedenti. 10 rispondono segnalando l’importanza dell’incontro con il
personale nel tirocinio, 3 valutano un proprio miglioramento sul piano tecnico e tre sottolineano il
clima positivo del corso.
In sostanza qui viene proposto di sintetizzare quale tipo di “restituzione” sul piano personale e
delle competenze acquisite sia stata resa al gruppo. Dal grafico emerge chiaramente l’importanza
che riveste per il gruppo l’incontro, attraverso l’esperienza del “segmento formativo” del tirocinio,
con il personale esperto all’interno dei luoghi lavorativi. L’ipotesi che facciamo è che vi fossero
molte “aspettative” tra i corsisti, nei confronti del tirocinio, nella direzione di acquisire“strumenti”
sul piano tecnico-professionale (cosa segnalata chiaramente da alcuni di loro nel questionario).
la restitutizione: le competenze
55%
16%
17%
6%
6%
Incontro col personale ed esperienze nel tirocinio 10
Miglioramento aspetti tecnico-prof.li 3
Buon lavoro col gruppo in-formazione 3
Speranza 1
Non risponde 1
4 n.b. per questa domanda alcuni hanno dato più di una risposta che abbiamo ritenuto utile riportare.
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Si evidenzia ancora una volta la “tendenza” del gruppo a rivolgersi più verso una pratica d’azione
(intesa come “comprensione dell’attività quotidiana”) che ad un atteggiamento “riflessivo” tale da
“comprendere” le varie parti dell’attività formativa proposta, infatti disaggregando i dati le categorie
che emergono sono le seguenti:
• Gruppo A: Esperienze nel tirocinio e con il personale, miglioramento aspetti tecnico prof.li;
• Gruppo B: buon lavoro col gruppo dei corsisti;
• Gruppo C: speranza, non risposta.
Per un grafico che ci mostra quanto maggiore sia la tendenza alla “comprensione” dell’attività
attraverso la conoscenza riportata dell’esperienza e della “pratica” lavorativa del gruppo dei corsisti e
di quale ricerca venga fatta in direzione dell’acquisizione di “strumenti “ ritenuti adeguati all’attività
di ADB. Rispetto al primo grafico:
Cosa ha restituito il corso?
72%
17%
11%
esperienze neltirocinio, colpersonale emiglioramentoaspetti tecnico-prof.libuon lavoro conil gruppo
speranza, nonrisponde
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Domanda 6: Come pensi che si evolverà la tua carriera prof.le?
La domanda implica l’individuazione (la conferma) di un percorso prof.le da parte dei soggetti.
• Continuità nell’esperienza prof.le e formativa in campo sociale 10
• Nel miglioramento autostima 3
• Bisogno certezze 1
• Non risponde 2
Qui in 10 hanno risposto che l’esperienza formativa è riuscita a dare concretezza nell’orientarsi verso
l’attività nel sociale e manifestano il desiderio di dare continuità al loro percorso. I rimanenti 6 più che
valutare la concretezza del loro percorso sottolineano alcune loro potenzialità che si sono manifestate
durante il corso e anche la presa di coscienza rispetto un momento presente (bisogno certezze) ma non
chiariscono se la formazione proposta sia stata efficace nella “comprensione” di un personale impegno
nel percorso prof.le sul “sociale”. Chi non risponde, soprattutto, manifesta incertezza sul proprio
progetto prof.le
Il progetto professionale
62% 19%
6%
13%
Continuità nell’esperienza prof.le e formativa in campo sociale 10
Nel miglioramento autostima 3
Bisogno certezze 1
Non risponde 2
Riassumendo le macro-categorie che riaggreghiamo sono:
il percorso prof.le
62%38%
certezzapercorsoprof.leincertezzapercorso
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Anche da questo grafico si può riassumere la qualità del percorso formativo che è solo parzialmente
riuscito ad offrire modo di confrontarsi sui temi professionali dell’attività di ADB malgrado il positivo
incontro col lavoro (tirocinio) che ha favorito maggiormente la riflessione sulle modalità ed
aspettative di ognuno nei confronti del percorso prof.le proposto.
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Conclusioni sull’analisi dei dati
L’ipotesi che facciamo in questa ricerca, come detto, è che l’indicazione sul bando per il corso di
formazione ADB realizzato da Andromeda e contenente l’indicazione sul numero degli avviamenti al
lavoro a fine corso (erano in numero di 8), malgrado fosse suggerita come modalità dalla Provincia in
sede di redazione progettuale, non si sia rivelata adeguata poiché generatrice di ansia in un percorso
ove le persone già avevano di per sé molti e diversi fattori di stress. Oltre a ciò ipotizziamo che
l’ambito formativo del corso non abbia generato quel clima tale a ridurre quest’ansia e che essa sia
aumentata nel percorso mancando in quello che riguarda la costruzione di una formazione che avesse
avuto l’obiettivo di costituire per quel gruppo “in-cambiamento” una “comunità di apprendimento”.
Obiettivo tale, questo, da dover veicolare l’elemento “condivisione” come centrale a tutte le
“dinamiche” sviluppatesi all’interno del gruppo dei corsisti. . Inoltre ipotizziamo che la difficoltà
trovata nell’”incontro” con il lavoro sia dovuta da una parte da alcune “aspettative” nei confronti della
“pratica lavorativa (forse ritenuta più semplice rispetto all’impatto dei corsisti con le realtà dei Centri
ove si sono svolti i tirocini) dall’altra allo scarso collegamento che vi è stato tra l’attività d’aula e
quella di tirocinio dove non è stato garantito un “accompagnamento”/sostegno adeguato. Su di un
piano ideale questa sarebbe stata la soluzione migliore. Nella pratica, però, sarebbe stato sufficiente
cercare; nel gruppo “in-formazione” di “restituire” un “senso” alle perplessità e ai dubbi che via via
emergevano dai corsisti. In aula e fuori dalla stessa.
il 42% dei soggetti “in-formazione” specifica chiaramente la necessità di un supporto nella “pratica
lavorativa” (come appare chiaro dal riferimento al questionario di tipo “narrativo”) che trovano in
parte. La forte richiesta del gruppo è, in pratica, un tentativo di uscire da quel “disagio” che viene
esplicitato da un 41% dei corsisti. Vengono a mancare, cioè quelle forme di “tutoring” o “mentoring”
(come accennato) . La funzione di “accompagnamento/sostegno in alcuni casi è stata espletata
nell’ambito del tirocinio da operatori esperti (malgrado non fosse stata esplicitamente richiesta
dall’org.ne), in altri non lo è stata. Tenuto conto che il sostegno in questo caso si può tradurre in una
esplicitazione del “senso” e di “significato” di alcune interpretazioni o comportamenti emersi durante
l’attività di tirocinio all’interno delle unità lavorative, ciò, avvenendo parzialmente, ha creato squilibri
nella possibilità di accedere a informazioni importanti da parte del gruppo dei formandi. Per evitare
questo tipo di disparità in futuro si ritiene necessario sollecitare ad un intervento più incisivo da parte
di chi ricopre il ruolo di “Tutor” attraverso relazioni mensili che vertano sul tema del clima nel
“gruppo” dei corsisti, sulla qualità della didattica in generale e tenga conto delle “domande ricorrenti”
del gruppo. Oltre a ciò si segnala la necessità di una migliore “interazione” tra docenti che si occupano
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di materie “affini” a carattere “umanistico”. Riteniamo giusto sottolineare di nuovo (come fanno del
resto i corsisti) che un maggior sostegno nell’ambito del tirocinio sarebbe indispensabile. Questo si
potrebbe ottenere attraverso una sorta di “affiancamento” organizzato nelle unità lavorative da
personale scelto, esperto sul piano dell’attività prof.le. ( a partire dai “referenti” e coordinatori delle
U.O. preposte ai tirocini). Inoltre, per l’organizzazione, sarebbe importante avere delle verifiche
periodiche sullo “stato” della formazione dirette dal Presidente del Corso a cui partecipino Tutor e i
professionisti che per numero di ore siano maggiormente coinvolti nell’esercizio formativo.
A sostegno di queste ipotesi si riporta (nuovamente) il grafico relativo al “questionario narrativo” che
indica chiaramente come la maggioranza dei “corsisti si è “sentita” nel contatto con l’attività di
tirocinio.
la percezione di sè nell'incontro con il lavoro
83%
17%
inadeguatezzae ricerca disostegno neltirocinio
consapevolezza e scoperta"reciprocità"con l'utenza
Come già ampliamente detto crediamo fondamentale ribadire quanto sia in qualche modo “scontata”
la presenza di una tensione in questo tipo di attività formativa, proprio per sua stessa “natura” la
formazione sul “sociale” va ad incidere sulla messa in discussione di alcuni “nodi” fondamentali del
carattere di ognuno.
Anche “l’ansia” che emerge nel grafico relativo alla risposta 1 del questionario semi-strutturato indica
quale grado ci sia di preoccupazione nel gruppo. L’ipotesi che facciamo in questa sede è che l’ansia si
possa limitare “restituendo” “senso “ attraverso un “affiancamento” più “strutturato” durante le attività
di tirocinio nei corsi ADB successivi. Perciò sarebbe fondamentale, come accennato, avere qualcuno
che possa svolgere un ruolo di “mentore” accanto ai corsisti nel tirocinio.
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Solo 6 risposte su 16 (da domanda 1 questionario “autovalutativo” del corso) indicano un reale
coinvolgimento cognitivo/emotivo ed una identificazione del soggetto nelle “prospettive” e nei
“percorsi” dell’attività lavorativa di ADB (38%).
Ancora il 38% del totale dei corsisti sottolineano un disagio chiaro (da domanda 2 questionario
“autavalutativo”) che si esprime attraverso la stanchezza e la non chiarezza relativamente al proprio
“progetto prof.le” nelle risposte relative alla domanda se fossero cambiati i propri progetti o scopi
durante il corso.
In quello relativo all’”utilità della formazione” emerge il tipo di “target” visto, come detto, che il 62%
mostra l’attenzione posta dal gruppo verso la “pratica lavorativa” (domanda 4) e solo il 23 % riesce ad
individuare un’utilità relativa alla “visione d’insieme” della proposta formativa. In questo senso la
risposta delle Organizzazioni che hanno realizzato il tirocinio sembra qui essere stata quella di
rafforzare la formazione su quelli che sono gli aspetti “pratici” dell’attività ADB.
Si nota anche come l’approccio alla psicologia venga “vissuto” come estremamente “proficuo”
soprattutto nell’incontro con la “pratica” del tirocinio. Qui si ipotizza che la psicologia venga percepita
dai più come una delle attività didattiche capaci di “restituire” senso ad “agiti” (dell’utenza e degli
operatori) che altrimenti risulterebbero incomprensibili.
Nella domanda 5 a proposito della restituzione relativamente alle competenze acquisite durante il
“percorso” viene confermata quale importanza viene data alla “pratica formativa” del tirocinio (72%).
Curioso sottolineare come vi siano il 17% di risposte che sottolineino il “buon lavoro col gruppo in-
formazione”, visto che precedentemente alcuni avevano visto come “decisivo” nel loro percorso di
“cambiamento” (nell’ambito del corso) l’”armonizzazione nel gruppo”.
Nella domanda 6 in 10 hanno risposto che l’esperienza formativa è riuscita a dare concretezza
l'ansia
57%26%
17%
ansia(preoccupazionelimiti personali;desiderio di lavoro;timore per"routine")rassicurazioneall'ansia1(esperienza gruppilavoro; piùformazione;importanza delrassicurazioneall'ansia2 (laproiezione delleproprie emozioni)
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nell’orientarsi verso l’attività nel sociale e manifestano il desiderio di dare continuità al loro percorso.
I rimanenti 6 più che valutare la concretezza del loro percorso sottolineano alcune loro potenzialità che
si sono manifestate durante il corso e anche la presa di coscienza rispetto un momento presente
(bisogno certezze) ma non chiariscono se la formazione proposta sia stata efficace nella
“comprensione” di un personale impegno nel percorso prof.le sul “sociale”. Anche chi non risponde
manifesta incertezza sul progetto prof.le proposto dal corso ADB.
il percorso prof.le
62%38%
certezzapercorsoprof.leincertezzapercorso
Riproponiamo il grafico dove, a nostro modo di vedere si può riassumere la qualità del percorso
formativo. Dobbiamo valutare in modo “neutro” il fatto che il 38% dei corsisti non sia certo del
percorso formativo intrapreso. Questo significa che, indipendentemente dalle “motivazioni” iniziali
tutti quanti hanno potuto “riflettere” su aspetti di “sé” e dell’attività intrapresa.
Ipotizziamo così come possa concretamente definirsi l’efficacia della formazione nello specifico
corso.
Mentre essa si può infatti concettualizzare come “veicolo di cambiamento” quando permette
“riflessione” e progettualità relativamente al sé professionale (ma non solo, come chiaramente
avviene nella formazione sul “sociale”) sviluppando la capacità di esprimere “soggettività”, in questo
caso la formazione ha certamente raggiunto l’obiettivo di offrirsi come “veicolo” di soggetti in
“cambiamento” e “transizione” prof.le in più del 60% dei casi, ma non ha raggiunto, sostanzialmente,
l’obiettivo di creare una “comunità di apprendimento” tale da “comprendere dinamiche e progetti
prof.li” della totalità dei soggetti in formazione .
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Osservazioni sui dati emersi dai testi narrativi sul tirocinio
Il momento della condivisione degli scritti nel gruppo ha suscitato un ampio confronto verbale
sull’esperienza,sostanziando di significati ulteriori i contenuti che si sono rivelati maggiormente
diffusi.
Il primo punto sottolineato (Difficoltà di comprensione delle richieste degli utenti-disagio da
inadeguatezza) ha messo in evidenza il tratto più emotivo dell’esperienza relazionale con la diversità.
Quasi tutti i corsisti non avevano precedenti esperienze, e il vissuto riportato è segnato dal forte
impatto emotivo generato dall’incontro con persone dalle modalità comunicative insolite, espressione
di linguaggi soggettivi connessi alle diverse caratteristiche psichiche e cognitive.
Nei Centri Diurni per disabili si è avuta la possibilità di confrontarsi con utenti di diverso grado di
gravità, con modalità relazionali legate allo specifico di ogni singolo deficit di comunicazione.
I corsisti hanno riportato l’esperienza di disagio derivante dalla difficoltà di comprensione, soprattutto
relativamente alle richieste provenienti dai singoli utenti, non immediatamente decodificabili, e quindi
con effetto inibente della risposta e sentimenti conseguenti di inadeguatezza.
Di fronte a tale disagio, i tirocinanti hanno attivato diversi meccanismi di ricerca di strumenti per la
gestione delle relazioni. La ricerca si è orientata in diverse direzioni e con diverse modalità,
accomunate dal bisogno di un supporto rassicurante al proprio agire.
Si sono cercati punti di riferimento, in alcuni casi all’interno della propria soggettività, facendo leva
sulla consapevolezza della reciprocità della relazione e quindi attingendo a risorse individuali, quali la
capacità di ascolto e l'empatia. Risorse individuali comunque elaborate attraverso il percorso
formativo, e individuate dai singoli come strumenti utili per un agire relazionale adeguato.
Quasi tutti hanno cercato nell’organizzazione ospite elementi di guida, rivolgendo richieste di
sostegno agli operatori. Tutti hanno sottolineato l’importanza della relazione con gli operatori come
elemento significativo della loro esperienza, in modo positivo o negativo in base alle risposte ricevute
nei diversi contesti. La stessa osservazione delle modalità di azione degli operatori, è stata occasione
di riflessione sulle competenze richieste dal ruolo di ADB, con significative acquisizioni di
conoscenze legate direttamente alla pratica professionale.
Da sottolineare come nella riflessione sul percorso di tirocinio abbiano prevalso le considerazioni sul
momento di ingresso, piuttosto che sulle acquisizioni in uscita, emerse solo in un secondo momento
attraverso la condivisione. Nel momento di confronto con il gruppo si è elaborata una consapevolezza
condivisa sul valore formativo dell’esperienza. La messa in comune dei contenuti delle esperienze dei
singoli, ha sollecitato l’individuazione dei cambiamenti intervenuti nel procedere della pratica,
consentendo di integrare l'autovalutazione del percorso formativo, in entrambe le sue fasi, teorica e
pratica.
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Si è attivato inoltre un momento di riflessione sulle dinamiche relative al gruppo stesso. Da tale
elaborazione è emerso il processo di costruzione del gruppo, e ne è stata individuata e valorizzata la
funzione di sostegno all’integrazione dei singoli (attraverso il riconoscimento dell’esperienza di
socializzazione e comunicazione attivate dalla condivisione d’aula), senza comunque arrivare a
riconoscerne le potenzialità di sostegno al percorso formativo stesso.
In seguito al lavoro di autovalutazione svolto in questa fase finale, sono stati integrati i percorsi di
Bilancio di competenze del singoli corsisti, utilizzando i dati emersi da tutti i materiali prodotti.
Questo momento ha permesso una rielaborazione individuale del percorso formativo nel suo
complesso, offrendo l’occasione di confrontare le aspettative in ingresso con le acquisizioni in uscita,
e consentendo di integrare con maggiore consapevolezza il progetto professionale di ognuno.
Nel complesso si è potuta osservare una crescita formativa di base, capace di individuare i punti di
cambiamento e le mancanze sofferte.
I corsisti hanno dimostrato di aver acquisito conoscenze teoriche a cui fare riferimento nel confronto
con la pratica, e di avere elaborato consapevolmente la necessità di costruire saperi nella pratica.
Si è rivelata una diffusa consapevolezza delle competenze individuali emerse nel confronto con i
diversi contesti del percorso formativo svolto: nella formazione teorica, nell’esperienza della pratica,
nell’esperienza di socializzazione e confronto relazionale offerti dal gruppo in apprendimento.
I timori di inadeguatezza, molto diffusi in ingresso e sperimentati nei contesti di tirocinio, hanno
trovato vie di elaborazione e indicazioni di potenzialità, nella consapevolezza del valore della pratica,
come fonte primaria di strumenti per l’azione.
La necessità e il desiderio di proseguire la formazione professionale nell’ambito del sociale,
confermano, nella maggioranza dei corsisti, gli orientamenti che hanno motivato la scelta iniziale. Si
può quindi osservare che, nonostante le mancanze evidenziate nel corso di questa ricerca, si sono
raggiunti alcuni obiettivi di base, soprattutto sul piano della crescita relazionale e della consapevolezza
degli strumenti necessari a svolgere la professione di ADB.
Barbara Burroni -Pierpaolo Manneschi , settembre-ottobre 2005
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