la speranza - n.10

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Mese di Marzo Anno 2002 2002 2002 2002 Numero 10 10 10 10 Parrocchia “S. Maria Assunta” S. Maria Assunta” S. Maria Assunta” S. Maria Assunta” Via Castello - 86085 Pietrabbondante (IS) CICLOSTILATO ICLOSTILATO ICLOSTILATO ICLOSTILATO IN IN IN IN PROPRIO PROPRIO PROPRIO PROPRIO Interno Chiesa Arcipretale “Santa Maria Assunta” Interno Chiesa Arcipretale “Santa Maria Assunta” Interno Chiesa Arcipretale “Santa Maria Assunta” Interno Chiesa Arcipretale “Santa Maria Assunta” - XVII Secolo XVII Secolo XVII Secolo XVII Secolo - Pietrabbondante (IS) Pietrabbondante (IS) Pietrabbondante (IS) Pietrabbondante (IS)

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La Speranza - Notiziario Parrocchiale di Pietrabbondante-N. 10 Marzo 2002

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Page 1: La Speranza - N.10

Mese di Marzo

Anno 2002200220022002

Numero 10101010

Parrocchia “S. Maria Assunta”S. Maria Assunta”S. Maria Assunta”S. Maria Assunta”

Via Castello - 86085 Pietrabbondante (IS)

CCCCICLOSTILATOICLOSTILATOICLOSTILATOICLOSTILATO ININININ

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Interno Chiesa Arcipretale “Santa Maria Assunta” Interno Chiesa Arcipretale “Santa Maria Assunta” Interno Chiesa Arcipretale “Santa Maria Assunta” Interno Chiesa Arcipretale “Santa Maria Assunta” ---- XVII Secolo XVII Secolo XVII Secolo XVII Secolo ---- Pietrabbondante (IS) Pietrabbondante (IS) Pietrabbondante (IS) Pietrabbondante (IS)

Page 2: La Speranza - N.10

RESURREZIONE DEL SIGNORE Per quanto spaventevoli possano essere

le condizioni del mondo, per quanto arduo e doloroso possa apparire il cammino a un fedele di Cristo, non c'è mai da disperare: Cristo risorge .

La vita che Cristo ora inizia, è gloriosa e divina, e il battezzato entra a far parte di questa realtà immortale. Come Cristo, anche il cristiano dovrà fare della propria esistenza temporale un'opera di santificazione e un'ostia per il sacrificio; in un modo o in un altro, dovrà percorrere la strada della sofferenza, della morte, dell'insuccesso, per riemergere nel miracolo della rinascita e del coronamento di salvezza.

Il profeta Giona è preso quale figura del Cristo risorto: ma vale anche per ciascuno di noi.

Giona scappa, allontanandosi da dove Dio lo voleva, non accetta la sua missione; va a finire in mare, ingoiato da un grosso mostro marino. Un fallimento. Come - per gli apostoli - apparvero la croce e il sepolcro dove era stato chiuso il Maestro, fedele alla sua missio-ne, e morto in modo così infamante.

“Tutto ciò che è avvenuto sulla croce di Cristo, nella sepoltura, nella risurrezione al terzo giorno, sta a raffigurare la vita cristiana, non solo con le parole, ma anche con le azioni. Infatti a proposito della croce è detto: Coloro che sono di Gesù Cristo hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e concupiscenze (Gal 5,24). Per la sepoltura: Siamo stati consepolti con Cristo attraverso il battesimo (Col 2,12). Per la risurrezione: Come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova (Rm 6,4)” (S. Agostino).

BUONA PASQUA!

LA SPERANZA

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Don Giovannino

Eventuali offerte per il notiziario parrocchiale “LA SPERANZA” possono essere fatte o direttamente al Parroco o tramite conto corrente postale n° 13019864 - intestato a Parrocchia S. Maria Assunta -

Ogni uomo che ripone la sua

fiducia in GesùGesùGesùGesù risorto sarà

anche lui salvato dalla morte.

Page 3: La Speranza - N.10

HA DATO LA VITA PER NOI “Gli evangelisti narrano gli eventi della Pasqua di

Gesù. È la più forte predicazione degli apostoli; è la fede che riunisce gli uomini nella Chiesa.

Questi racconti non sono storia lontana. È parola viva, e rivela anche a noi, oggi, ciò che Gesù compie una volta per sempre per la salvezza del mondo: la lotta contro l'egoismo e il peccato, la vita data per amore di Dio e dei fratelli. La celebrazione degli eventi pasquali è nella Chiesa il centro dell'anno liturgico, attraverso il quale tutta la comunità cresce nella conoscenza di Cristo e rinnova la partecipazione al suo mistero di salvezza. La lettura in famiglia del Vangelo della Pasqua di Gesù insegna a vivere le situazioni quotidiane non solo con facili gesti di devozione, ma da veri cristiani, morti al peccato e risorti con Cristo alla vita nuova: “Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli" (1 Giovanni 3,16)” (Io sono con voi, p. 74).

Sono concetti molto difficili da comprendere da adulti e bambini del nostro tempo. Gli adulti, oggi, nel mondo del lavoro sono perseguitati da una filosofia che li vuole sempre più impegnati, in competizione con i colleghi, secondo uno stile di comportamento che tenderanno a imporre anche ai propri bambini, che dovranno essere i primi a scuola e nello sport per diventarlo, poi, nella carriera. È la filosofia del vincente, che non ammette smagliature né cedimenti, la filosofia del “tutto subito ” che ossessiona i grandi e finirà per disorientare i più piccoli. In un quadro come questo, “dare la vita per...” suona per lo meno strano. Come qualcosa che non ha niente a che fare con la vita pratica di ogni giorno. È importante perciò avviare una riflessione sul tema , anche prendendo l'avvio da una storia come quella che segue.

IL DONO DI CHANG FA MEI

Tanti e tanti anni fa, nel sud della Cina, c'era un luogo vicino ad una grande montagna dove non c'era acqua e la gente doveva raccogliere l'acqua piovana e usarla con molta parsimonia. Quando non pioveva per lunghi periodi, gli abitanti della regione dovevano andare a piedi molto molto lontano e attingere acqua trasportandola negli otri. Perciò da quelle parti l'acqua era considerata più preziosa dell'oro. In un villaggio ai piedi di quel monte viveva una fanciulla dai lunghi capelli neri, così lunghi che le toccavano i calcagni.

Tutti la chiamavano Chang Fa Mei, cioè “La fanciulla dai capelli lunghi”. Viveva in una povera casa, lei sola con la madre malata costretta a stare sempre a letto, e allevava maiali per il sostentamento quotidiano. Ogni giorno si alzava all'alba per andare lontano a prendere l'acqua, poi si recava sul monte a raccogliere erbe e radici per loro e per i maiali. Finiva di lavorare a sera tarda e all'alba era di nuovo in piedi. Un giorno andò sul monte come al solito col cesto per raccogliere erbe selvatiche. Giunta a mezza costa, vide una grossa rapa proprio sotto una sporgenza di roccia che dava su uno strapiombo. Aveva foglie grandi e verdi.

“Questa servirà a fare un ricco piatto”, pensò. “La porterò a casa e la cucinerò subito”. L'afferrò con entrambe le mani e tentò di strapparla dalla terra. Ci riuscì con fatica e dal grosso buco cominciò immediatamente a sgorgare un filo d'acqua limpida e fresca. La ragazza rimase un attimo stupita e la grossa rapa le sfuggì di mano e andò a ripiantarsi dove era prima, tappando di nuovo il buco e fermando l'acqua.

Su una grossa pietra vide un uomo coperto di peli neri come un orso, con gli occhi maligni e gesti feroci, che con voce minacciosa le urlò: “Hai scoperto il segreto della mia sorgente: non svelarlo ad anima viva! Se lo dirai, e qualcuno verrà a prendere la mia acqua, tu morirai! Io sono il padrone della montagna, la mia vendetta sarà terribile!”.

Un altro colpo di vento la fece rotolare giù dalla montagna.

UNA RAGAZZA CON I CAPELLI BIANCHI

Chang Fa Mei, indolenzita e piena di paura, tornò a casa. Non disse nulla a sua madre e nemmeno agli altri abitanti del villaggio, ma da quel momento non ebbe più pace. Vedeva i campi e gli orti secchi e aridi e vedeva con quanta fatica uomini e donne, vecchi e bambini trasportavano l'acqua che andavano a prendere lontano. Se solo lei avesse avuto il coraggio di dire a qualcuno il segreto della sorgente, tutte quelle sofferenze sarebbero cessate immediatamente! Bastava strappare via quella rapa, tagliarla in mille pezzetti, allargare il foro e ci sarebbe stata acqua in abbondanza per tutti. Ma lei ricordava la minaccia del padrone della montagna e aveva troppa paura per parlare. Per il pensiero cominciò a non mangiare più, a starsene muta tutto il giorno e a non dormire di notte. Divenne pallida e smorta, con gli occhi spenti e piano piano i lunghi e neri capelli divenivano bianchi, sempre più bianchi. (continua a pag. 4)

LA SPERANZA

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LA SPERANZA

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Sua madre le afferrava le mani fredde e le chiedeva: “Figlia mia, cosa ti è successo?”. Ma Chang Fa Mei scuoteva la testa e non rispondeva.

Passarono i giorni e passarono i mesi. I suoi capelli erano ormai diventati tutti bianchi. Alle sue spalle gli abitanti del villaggio mormoravano: “Che strano che una ragazza così giovane abbia tutti i capelli bianchi!”. Lei non diceva nulla; dalla porta di casa guardava gli altri passare e bisbigliava: “Sul monte c'è una...”.Non osava finire la frase e si mordeva le labbra fino a farle sanguinare.

UN VECCHIO FERITO

Un giorno vide passare un uomo molto anziano; camminava a fatica portando sulle spalle un otre pieno d'acqua. A un tratto quel vecchio inciampò, cadde per terra e l'otre si aprì e versò tutta l'acqua.

L'uomo s'era ferito a una gamba e il sangue sgorgava copioso.

Lei corse ad aiutarlo, fermò il sangue della ferita con un pezzo della sua camicia e aiutò il vecchio a rialzarsi. Quello si lamentava per il dolore e per il dispiacere d'aver perduto l'acqua. Allora Chang Fa Mei ebbe un moto di ribellione: “Che vile sono!”, disse fra sé. “È a causa della mia paura che questi campi muoiono d'arsura e questi uomini hanno così tante tribolazioni. Adesso basta!”.

Non ne poteva proprio più e disse al vecchio “Nonno, c'è una sorgente sul monte. Se voi strappate via una rapa, la fate a pezzi e allargate il foro dov'era piantata ci sarà acqua in abbondanza per tutti. È vero! L'ho visto con i miei occhi!”.

A quel punto non ebbe più paura, corse per le case del villaggio gridando: “Correte! Correte! C'è una sorgente sul monte!”. Subito raccontò a tutti cosa le era accaduto quel giorno ormai lontano, senza però dire nulla delle minacce del padrone della montagna. Gli abitanti del villaggio la conoscevano bene e le credettero subito. Presero zappe e picconi e corsero tutti dietro a Chang Fa Mei su per il monte. Arrivati a mezza costa strapparono via dal terreno quella grossa rapa e la fecero in mille pezzi. Subito l'acqua cominciò a sgorgare fresca e limpida. Ma la sorgente era troppo piccola e così si misero tutti a togliere terra per allargarla. Quando fu grande come una tinozza, l'acqua scorreva abbondante come un ruscello; tutti ridevano contenti e si abbracciavano per la gioia.

“TI AVEVO AVVERTITA!”

Proprio in quel momento un violento colpo di vento ghermì Chang Fa Mei e la portò all'ingresso della caverna. Gli altri non fecero caso alla sparizione della fanciulla. Uno chiese distratto: “Dov'è Chang Fa Mei?”.Sarà andata a casa a dare la buona notizia a sua madre”, rispose un altro. Non ci pensarono più, e allegri e contenti tornarono al villaggio. Chang Fa Mei, invece, era alle prese con il padrone della montagna. “Ti avevo avvertita di non dire nulla ad anima viva!”, urlava il maligno mostro peloso.“ “Ma tu hai portato qui tutta quella gente, hanno fatto a pezzi la rapa e allargato il foro. Io ti ucciderò per quello che hai fatto!”. Chang Fa Mei rispose

calma e tranquilla: “Ora sono pronta anche a morire”. “Ma non ti lascerò morire semplicemente” disse il

mostro digrignando i denti. “Dovrai stare distesa davanti alla sorgente e l'acqua del ruscello ti passerà addosso. Questa sarà la tua punizione”. “Accetto”, rispose Chang Fa Mei, sempre con voce serena, “ma prima lascia che vada a casa e cerchi qualcuno che si prenda cura di mia madre”. “Va bene, puoi andare”, disse il mostro. “Ma se non tornerai io tapperò di nuovo il buco e farò morire tutti gli abitanti del villaggio. Quando tornerai, va' tu stessa sulla costa del monte e stenditi sotto il torrente. Non mi disturbare più”. Chang Fa Mei annuì. Un colpo di vento la fece rotolare giù, lontano dalla caverna. Quando la fanciulla vide il torrente scendere dal monte e bagnare con la sua acqua i campi, sorrise di gioia e si avviò verso casa. Quando arrivò non ebbe il coraggio di dire la verità alla madre. Disse solo: “Mamma, adesso l'acqua viene giù in abbondanza dal monte. Non dobbiamo più preoccuparci”. Poi aggiunse: “Alcune ragazze del villaggio vicino mi hanno invitata ad andare da loro per qualche giorno. Ho chiesto alla vicina di badare a te”. “Va' pure, va' pure e divertiti”, disse sua madre con un sorriso. “La vicina è una buona donna, vedrai che si prenderà cura di me”. Chang Fa Mei strinse le mani della madre, la baciò sulle guance mentre calde lacrime le scendevano copiose dagli occhi. Andò anche nel recinto degli animali, accarezzò i più piccolini, poi, senza rientrare in casa, gridò a sua madre: “Mamma, vado via!”. E senza aspettare risposta si avviò verso la sorgente sulla montagna.

UN VECCHIO VESTITO DI VERDE

A mezza strada c'era un albero altissimo, dal tronco enorme fitto di rami e di foglie. Chang Fa Mei si fermò un attimo, toccò il tronco e mormorò: “Amico albero, d'ora in poi non potrò più riposarmi alla tua ombra”. Da dietro il tronco rugoso sbucò un vecchio vestito di verde, con capelli e barba verdi. La guardò con occhi pieni di comprensione e disse: “So tutto quello che ti è capitato e anche la tua grande generosità. Ho trovato un sistema per salvarti la vita. Ho scolpito una statua di pietra che è l'esatta tua immagine. Guarda”. Chang Fa Mei andò dietro l'albero e vide una statua con le sue stesse sembianze, ma senza capelli. “Metterò la statua sotto l'acqua al tuo posto, però devo chiederti un sacrificio: taglia i tuoi lunghi capelli e dammeli, li metterò sulla testa della statua in modo che il padrone della montagna non abbia sospetti”. Così fecero. L'arzillo vecchietto si caricò sulle spalle la statua e la collocò proprio sotto la cascata d'acqua. In quel momento, un forte colpo di vento scosse i rami e le foglie dell'albero e una voce disse: “Chang Fa Mei, siamo riusciti ad ingannare il padrone della montagna! Puoi andare a casa adesso”. La ragazza si sentì invadere dalla gioia diede uno sguardo al torrente d'acqua che scendeva dal monte, ai campi e agli orti già irrigati e alla gente del villaggio felice e contenta e si avviò verso casa.

Continua da pagina 3

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““....avvenne quel giorno…“ di ritrovarmi sui gradini del teatro della rocciosa Delfi, di una piccola Delfi italica, senza offerte di templi e di bronzi, ma nel santuario di un popolo di guerrieri e di pastori che avevano acceso le prime faville dell’indipendenza e dell’unità dell’unità del mezzogiorno della penisola e s’erano soltanto piegati a quello che doveva essere, col destino di Roma, il loro più grande destino..”

(Amedeo Maiuri) Davanti al palcoscenico si trova la cosiddetta “Orchestra”, uno spazio riservato al canto a alla danza, formato da un semicerchio con un raggio di circa 5 metri. Infine si può raggiungere la “cavea” cioè l’insieme delle gradinate riservate al pubblico. Ha la forma di un semicerchio con un raggio di 27 m. ed è circondata da un muro di recinzione realizzato con blocchi megalitici poligonali, lavorati su una sola faccia ed aggregati in maniera precisa. Il muro frontalmente misura 54 metri ed è alto 2,60 metri. La cavea è costituita da due distinti settori: la “ima cavea” rappresenta di sicuro la parte straordinaria del complesso ed ha certamente caratteristiche stilistiche uniche nella storia dell’architettura antica. Si tratta di tre file di sedili completamente autonomi rispetto al resto del teatro, a diretto contatto con il piano del teatro, a diretto contatto con il piano dell’ “orchestra” e non serviti da scale intermedie e vi si può accedere esclusivamente da due scale semicircolari aggregate alla facciata del muro di sostegno perimetrale. Certamente ci si trova di fronte a sedili che dovevano essere riservati ad una serie di personaggi rappresentativi e che comunque ricoprivano cariche paritarie tra loro. Infatti non compare alcun sedile che potesse essere riservato ad un’autorità superiore come si può invece osservare in molti teatri ellenistici. Ciò fa ritenere che la caratteristica architettonica dovesse assumere significato politico nell’ambito sannitico e che quindi le riunioni nel nostro teatro dovessero avere un carattere celebrativo o rievocativo per tutte le popolazioni del ceppo italico che facevano riferimento a questo luogo. Ma c’è ancora un’altra

LA SPERANZA

I SANNITI

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Pietrabbondante totalmente diverso dagli altri: la conformazione anatomica dello schienale di questi sedili, che appare convessa in basso e concava in alto. Un corridoio lastricato divide “l’ima cavea” da una doppia fila di sedili sprovvisti di spalliera, a cui si accede mediante le due scalinate già citate. Cinque gradinate intermedie dividono le due file in sei zone. Da queste file si passa al piano di calpestio del prato che si può raggiungere anche dalla parte posteriore mediante una scalinata di cinque gradini ricavata dal muro poligonale di cinta. Il teatro, che poteva contenere 2.500 spettatori, secondo Amedeo Maiuri, è databile al III secolo A.C. Perfettamente in asse con il teatro, distante circa 9 m. dal suo muro perimetrale, sorge il tempio cosiddetto maggiore per le sue dimensioni imponenti. Si accede al pronao per mezzo di un’ampia gradinata larga 4,60 m. e formata da 14 gradini di cui solo 3 originali. anteriormente alla gradinata si notano due altari dalla forma stretta ed allungata. Il pronao ha la forma quasi quadrata ed aveva otto colonne del tipo corinzio con capitelli a quattro facce. Le celle erano tre: quella centrale più lunga (11m x 7), le due laterali più corte (4.80x7,50 m).

Il tempio può datarsi alla fine del III secolo, ma si ignora a quale divinità fosse dedicato. Ai lati del tempio sono allineati due porticati costituiti da 12 a m b i e n t i a d i b i t i sicuramente a negozi e p r e c e d u t i d a u n colonnato.

(continua) Mariclara Vitagliano

TEATRO a 1000 metri

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D’Onofrio Anna Santangelo Fiore Tesone Clementina Di Salvo Antonio Santangelo Beatrice D’Onofrio Luigi Nerone Ida Silvia Beatrice Vassolo Alfredo Vitullo Giandomenico Di Iorio Giovanni Nerone Domenico Iacovone Cherubino Piccoli Maria Adelina Zarlenga Giovanni Di Pasquo Assunta Zarlenga Orientino Di Iacovo Amato Gippone Carmina Vitullo Domenico Di Pasquo Vincenzo Di Schiavi Giovanni Di Iorio Enrico Tesone Eutimio Vitullo Maria Giuseppa Di Pasquo Giuseppe Tesone Giuseppe Nicola D’Aloise Alessandro Mastronardi Nicola Massaro Maria Addolorata Mancini Giovanna Guarella Ernesta Di Ciero Giovanni Santangelo Gennaro Flavio C. Vitullo Adele AnnaMaria Bartolomeo Cesina Di Salvo Domenico Di Marino Angela Santoro Alessandrina Di Tata Fedela Battaglia Gesilda Di Salvo Michele Vespa Francescantonio Di Benedetto Cherubino Nerone Italia Maria Santangelo Amalia Martini Margherita Gagliardicci Paolo Di Pasquo Giovanni

Nerone Chiara Zarlenga Vincenzo Di Iorio Federico Giuliani Veronica Santoro Silvia Di Tata Antony Cappussi Antonio Bax Francesca Sforza Katia Santangelo Federico

LA SPERANZA

n questo Spazio si elencano i nominativi dei nati negli anni 1890 e 1990

Iacapraro Alberina Di Pasquo Giuseppe Melaragno Antonio Nerone Fiore Di Pinto Settimio De Giovanni Felice Di Primo Giovina D’Onofrio Antonio Vitullo Antonio Tesone Romolo Celli Maria Celli Lucia De Felice Giovina Di Matteo Claudina Zarlenga Vincenzo Rosmile Angela Parisi Nicola Tesone Verino Bevilacqua Fedrico Guarella Angela D’onofrio Alessandrina Izzi Alessandrina Zarlenga Nicola Di Benedetto Antonio Brunetti Maria Ersilia Vitullo Sestino Primiano Liberantonio Di Iorio Aurelia Malvina Massaro Cherubina Di Iorio Ernestina Bax Adelina Zarlenga Achille Sforza Anna Cappussi Nicola Di Pinto Orlandina Di Carlo Domenico Sforza Antonio Torella Carmina D’Onofrio Beatrice Natale Carlo Di Pinto Sabatino Vitullo Michele Zarlenga Nicola Zarlenga Marianna Vassolo Luisa Brisotti Annina Flaminia E. Vitullo Maria Venere Di Salvo Claudina Lanza Michela

Anno 1890

Anno 1990

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Statistiche

Nell’anno 1890 si registrano:

♦ 102 nascite ♦ 67 decessi ♦ 60 matrimoni

Nell’anno 1990 si registrano:

♦ 10 nascite ♦ 21 decessi ♦ 8 matrimoni

(Vedi grafico pagina seguente)

Zarlenga Luca Gaetano Amicone Marianna Di Tata Carmina Antinucci Angela Di Salvo Alberto

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1890 1990

Nascite

Decessi

Matrimoni

E nel 1968 nascevano…... “I diavoletti”

(The new devils)

(IL TEMPO DEL MOLISE del 27 .09.1968) (Archivio di Lucio Di Iorio)

Il piccolo complesso

“I diavoletti” di Pietrabbondante

Ci rallegriamo vivamente di cuore con i componenti del piccolo complesso locale di mu-sica leggera “I diavoletti”, tutti giovani studenti universitari e di Scuole Medie Superiori, della nostra caratteristica e simpatica cittadina. Essi suonano e cantano con impegno e tecnica, veramente ammirevoli. Per allietare le loro vacanze, i bravi giovani si sono preparati, sin dai primi di agosto, per realizzare quanto era nel loro grande desiderio. Infatti, sotto la brava guida del giovane universitario, Franco Di Sal-vo, il piccolo complesso dei “Diavoletti”, è così formato: Di Salvo Franco (chitarra solista e canto); Gian-carlo Vitagliano (chitarra ritmica); Tesone Anto-nino (Chitarra basso); Vitagliano Salvatore (batteria); Nerone Tonino (chitarra ritmica e can-to); Vitullo Antonino (Canto); Di Paolo Nice (canto). Una lode di cuore giunga da queste co-lonne a tutti i componenti del piccolo complesso dei “Diavoletti”, i quali dopo il lungo ed

estenuante lavoro di un anno scolastico, hanno saputo trovare il modo come ri-creare lo spirito, durante le vacanze. Un augurio veramente sentito per tutti es-si, affinchè nella prossima estate, possano con-seguire un risultato brillante in seno al loro com-plesso ed esibirsi al pubblico, che ne rimarrà contento ed entusiasta della bellissima iniziati-va.

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Fra Angelico Rinaldo Zarlenga O.P. Nato a Pietrabbondante il 25 Aprile 1919 Deceduto il 28-02-1986 a River Forest, USA Sepolto nel cimitero di Pietrabbondante Frequentò il ginnasio nella città di Gubbio in Umbria e Arezzo in Toscana Entrò nell’Ordine Domenicano il 24 ottobre 1935 a Pistoia Nel ricevere l‘abito religioso assunse il nome di Fra Angelico in onore del più grande artista domenicano Fece la professione solenne come domenicano in Roma il 26 aprile 1940 Studiò Filosofia e Teologia a Roma Fu ordinato Sacerdote il 26 ottobre 1941 3 anni dopo ricevette il dottorato in Teologia Per 3 anni studiò all’Accademia Nazionale S. Luca di Roma, la più antica scuola d’arte del mondo Frequentò anche l’Istituto “Beato Angelico di arte sacra” dove ottenne il master in “arte sacra” Nel 1949 fu inviato negli Stati Uniti dove lavorò fino alla morte

* * * * * * * * * Per incoraggiare in America la creazione nel nostro tempo di arte religiosa di alta qualità spirituale, Padre Vincenzo, fratello dell’artista ha istituito la “Fra Angelico Art Foundation” in Chicago, organizzazione di livello nazionale ed internazionale. La Fondazione ha pubblicato uno splendido libro dell’Arte di Padre Angelico “Art and the word of God” in Inglese ed in Italiano. Il volume è stato presentato a Pietrabbondante nella chiesa di S. Maria Assunta in un incontro, presenziato dal Card. Ciappi O.P., sul tema “Arte Molisana Nel Mondo, oggi.”

Tratto dal libro “Art and the word of God”

“Nell’estate del 1949, al parapetto di una nave dall’Italia, stava un giovane di bell’aspetto che avrebbe cambiato l’idea dell’America sull’arte religiosa. Il Vaticano e l’Ordine Domenicano lo avevano mandato con una missione. La Chiesa Cattolica, nota per il suo appoggio degli artisti, adorna con zelo i propri edifici sacri con segni del suo Principe e dei suo discepoli. Il giovane era uno dei suoi, un sacerdote domenicano da un piccolo paese, Pietrabbondante, nell’Italia centrale. Le due sue formazioni, nel sacerdozio e nell’arte, avevano avuto radici negli splendidi saloni di Roma, dove Michelangelo e gli altri grandi artisti studiarono ed insegnarono. Era Padre Angelico Rinaldo Zarlenga, un artista che avrebbe portato una nuova visione d’arte e un nuovo modo di diffondere la parola di Dio. Egli sentiva profondamente che un nuovo orientamento era necessario, uno differente da stili tradizionali, uno che riflettesse le passioni dell’artista con linee forti e colori vibranti. Il suo mondo aveva abbastanza artisti che producevano quadri da cartoline; Egli voleva che tutti guardassero al suo lavoro e sentissero le pene della crocifissione, i dolori di coloro che piangono e la santità dei discepoli. Voleva che ognuno vedesse l’impetuosità del cielo e la bellezza tranquilla della natura.” Opere di Padre Angelico in Pietrabbondante

Nella chiesa S.Maria Assunta: • Tela ad olio raffigurante S.Vincenzo Ferreri

• Crocifisso in gesso, modello per la fusione in bronzo per una chiesa di New Orleans in USA

• Bronzo dorato, raffigurante la Risurrezione

• Porticina del Tabernacolo in bronzo (Il Buon Pastore)

• Mosaico (L’Agnello Pasquale)

Nella cappella del cimitero: • Crocifisso in bronzo

• Vetrata simbolica (Fede, Speranza, Carità),

• Mosaico (Cristo Risorto)

Nella cappella dell’Asilo: • Porticina del tabernacolo ( sette ruscelli - i

sette Sacramenti - che scaturiscono da un’unica sorgente -Gesù Cristo -).

LA SPERANZA

8

La stessa Fondazione ha re-

alizzato un sito internet il cui

indirizzo, per chi volesse

visitarlo, è

www.angellicart.com

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LA SPERANZA

IL PAPA AI 20 MILA GIOVANI DI ROMA

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“Giovani del terzo millennio, non usate male la vostra libertà”. Giunge al termine di un bel pomeriggio di festa e di canti, di testimonianze e di preghiere, il richiamo del Papa. E come sempre la sua voce risuona al di sopra di tutte le altre – quelle che si sono alternate dai palchi di piazza San Pietro ora in coro, ora come soliste – per indicare il senso di marcia. Non solo verso Toronto, prossima tappa di quel pellegrinaggio tra i cinque continenti che da quasi vent’anni in qua è la Giornata mondiale della Gioventù. Ma anche e soprattutto la direzione da tenere nella vita di tutti i giorni, per essere “luce del mondo e sale della terra”, come recita il tema della prossima Gmg ed anche il titolo dato a quest’incontro dal Servizio pastorale giovanile della diocesi di Roma che lo ha organizzato. All’appello del Papa rispondono ventimila giovani, che attraverso la voce di alcuni loro rappresentanti dicono fermamente “no al terrorismo, alla violenza, alle discriminazioni, alle armi”. Rifiutano “la cultura del “qui e ora”, del “tutto e subito”. E promettono di “aver voglia di combattere per l’affermazione di una civiltà dell’amore”. Il Papa ricorda che la libertà, “se non è esercitata bene ci può condurre lontano da Dio”. Anzi, “quando non è plasmata dal Vangelo può trasformarsi in schiavitù: la schiavitù del peccato e della morte eterna”. Di qui il suo appello a “non usare male” la libertà. E l’esortazione a “dedicare tempo alla preghiera” e a “lasciarsi aiutare da una guida spirituale”. Altrimenti, ammonisce, “la confusione del mondo può persino giungere a soffocare la voce di Dio”. “Non è forse vero che alcuni vostri coetanei – aggiunge Giovanni Paolo – II vivono come a momenti , scegliendo di volta in volta quello che può apparire più comodo?”. Perciò esorta : “Non sottomettete la vostra libertà personale ad alcun potere terreno”. Ma solo a Cristo “che vuole il vostro bene e la vostra autentica gioia”. Una gioia che i giovani presenti avevano avuto modo di manifestare già nel primo dei due momenti in cui si è diviso l’incontro. Prima dell’arrivo del Papa, infatti, sul palco si alternano diversi cantanti e l’attore Luca Zingaretti che legge un brano di Carlo

Carretto su San Francesco, mentre fa ingresso in piazza una riproduzione della croce di San Damiano che a luglio sarà donata dai giovani italiani a quelli canadesi. Quindi è la volta di alcune testimonianze. Due fidanzati prossimi al matrimonio, Mauro e Monica, raccontano come “galeotto” fu per il loro innamoramento la Storia di un’anima di Santa Teresa del Bambin Gesù. Daniele Mazza parla del suo ministero di missionario nel sud delle Filippine in preda alla violenza fondamentalista. Suor Miriam Di Grande della propria vocazione di giovane religiosa, Stefano Piccinni di come abbia lasciato calcio e fidanzata per entrare in seminario.

Da Toronto due voci “ferite” nelle Torri

“L’11 settembre una nube oscura è calata sul mondo. Sperava di spegnere la luce nel cuore di tutti noi e di riempirci di paura. Ma non ha a-vuto successo.” La tragedia delle Torri Gemelle rivive nel ricordo di due ragazzi canadesi, Erica e Bren-nan Basnicki, che nel crollo dei grattacieli ame-ricani hanno perso il padre Ken. Ma non c’è né odio né disperazione nelle loro parole. Raccon-tano con semplicità il dolore per la scomparsa del genitore, che si trovava a New York per un viaggio premio legato al suo lavoro di venditore di computer. Ricordano la sua gioia, quando la sera precedente l’attentato aveva telefonato a casa per condividere con i suoi familiari l’emozione della vista mozzafiato dall’alto delle Torri. Ma oggi i due ragazzi, al ricordo di altre immagini che tolsero il respiro a tutto il Mondo, preferiscono sovrapporre la dolcezza degli inse-gnamenti paterni. Dice Erica: “Ogni volta che ero agitata per qualcosa mio padre diceva sem-pre: < Non è la fine del mondo >. E ora, benchè io non possa più chiedergli consigli, so che mi direbbe di continuare ad andare avanti, di non aver paura e di continuare a risplendere. E’ quanto ho intenzione di fare.” Nella sera che ca-la a poco a poco anche molte luci di piazza S. Pietro cominciano a risplendere forte. Così Brennan ed Erica invitano a guardare lontano. “Dove una volta c’erano le Torri Gemelle, ricor-da la ragazza, ora ci sono due colonne di luce.”

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LA VENDEMMIA

Nelle serate, dopo il lavoro di coglitura e di torchiatura dell’uva, i contadini usavano trattenersi all’aperto, mentre nella grossa caldaia di rame si cuoceva il mosto per preparare il rinomato “vine cotte“. Si gustavano volentieri le profumatissime mele cotogne, cotte insieme al mosto, e quasi sempre si ballava sull’aia.

COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI

E’ una ricorrenza molto attesa dal popolo, che si reca nei cimiteri per deporre sulle tombe fiori e ceri. Ancora oggi, qualche ora prima di far giorno, suonano le campane a morto ed in chiesa si celebra una Messa in suffragio dei defunti: altre ne seguono nei cimiteri nel corso di tutta la giornata. Nei tempi passati si celebravano particolari riti, oggi quasi del tutto scomparsi. Poiché si credeva che nella nottata fra il primo e il due novembre tutti i morti tornassero alle proprie case, si accendevano lucerne ad olio o candele per comodità dei defunti. In alcuni paesi si pensava che i defunti andassero in processione per le vie del paese, le buone anime avanti e quelle cattive dietro; sui davanzali delle finestre si mettevano ceri accesi appunto per illuminare la processione dei morti. Inoltre all’Ufficio del Vespro, i devoti portavano in chiesa per le anime del purgatorio, denaro, grano, e lenticchie. Si faceva massima attenzione nel corso di tutto l’anno, a non far oscillare la catena del camino perché dicevano male i morti.

SAN MARTINO E’ il Santo dell’abbondanza o della grascia. Infatti dire ce sta Sante Martine significa che c’è abbondanza di tutto. Ancora oggi quando in campagna si vede spargere del seme, si vede far pane o sapone, ecc. è di buon augurio esclamare – sand Martine!

La festa è ancora ispirata alla spillatura del vino novello. Perchè per S. Martino ogni mosto è fatto vino. Una volta si ammazzavano i primi maiali.

L’UCCISIONE DEL MAIALE

Con l’arrivo dei primi geli, che coincidono quasi sempre con le festività natalizie, era di obbligo in quasi tutte le famiglie l’uccisione del maiale perchè il consumo di carne fresca era abbastanza ridotto, anche a causa dello scarso reddito. Di qui nasceva la necessità di farsi le provviste per l’intero anno; perciò, oltre ad allevare polli, galline, conigli ecc. era necessario approviggionarsi anche di grassi, salsicce, salami ecc. Inoltre l’allevamento del maiale comportava poca spesa, in quanto era alimentato soprattutto con avanzi di cucina. L’uccisione forniva occasioni di lieti conviti, perché si riuniva tutta la parentela per consumare un pranzo luculliano, che iniziava con il tradizionale soffritto con sottaceti. Indi si gustavano i maccheroni detti di zita conditi con ragù, carne di pollo alla cacciatora ed il tradizionale arrosto di fegato (naturalmente di maiale), fragrante di lauro. Tema quasi d’obbligo era di valutare il peso del maiale paragonandolo a quello dell’anno precedente. Averne allevato uno di peso superiore e con il lardo più spesso costituiva per la massaia legittimo orgoglio. L’occasione era motivo di allegre riunioni, nel corso delle quali si fissava anche un turno per l’uccisione dei maiali: infatti tutti dovevano predisporne in tempo la data perché l’invito a parenti ed amici era quasi un dovere di ospitalità e di cortesia. Qualche giorno dopo le massaie erano indaffarate per le sistemazioni del lardo, della sugna, della salsiccia, dei salami, dei prosciutti ecc. In tale occasione era d’obbligo mandare in dono ai parenti un assaggio del maiale, costituito da ventresca, filetto, polpa ecc. Quando, infine, la salsiccia era ben secca ed affumicata bisognava metterla sotto sugna; per l’occasione si riunivano ancora parenti ed amici per consumare una cena a base di salsiccia arrostita alla brace.

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Tratto da “Costumanze e tradizioni popolari” di Antonino Di Iorio

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Comitato di Redazione de “LA SPERANZA”

• Mons. Giovannino Santangelo • Claudino Casciano

• Lucio Di Iorio • Giovanni Bax • Massimo Notaro

GIORNOGIORNOGIORNOGIORNO

OREOREOREORE

APPUNTAMENTIAPPUNTAMENTIAPPUNTAMENTIAPPUNTAMENTI

Martedì 26 Marzo

18.30 Celebrazione comunitaria del Sacramento della PENITENZA ( saranno presenti alcuni sacerdoti della Forania)

Mercoledì 27 Marzo

10.30 Precetto Pasquale delle Scuole nella Chiesa Madre

Giovedì Santo 28 Marzo

9.30 20.00

Messa Crismale nella Cattedrale di Trivento Messa della Cena del Signore

Venerdì Santo 29 Marzo

10.00 – 12.00

15.00

Un sacerdote sarà a disposizione per le confessioni Passione, Adorazione della Croce, Comunione e a seguire VIA CRUCIS

Sabato Santo 30 Marzo

23.00 Veglia Pasquale

Lunedì in albis 1 Aprile

08.30 11.00

Messa nella Chiesa Madre Messa nella Cappella di S. Vincenzo

Domenica di Pasqua 31 Marzo

11.30 18.00

Messa nella Chiesa Madre Messa nella Cappella dell’Asilo

• I bimbi della scuola Materna Parrocchiale hanno festeggiato il carnevale, sfilando per il paese e rallegrando la serata con canti e scenette nel salone dell’asilo alla presenza di autorità, genitori ed amici. La festa si è conclusa con un rinfresco offerto dai genitori

• In occasione del Carnevale le scuole di Pietrabbondante hanno preparato un carro allegorico di ottima fattura, raffigurante una gallina con i pulcini. Hanno sfilato per il paese con le altre scuole del circolo di Carovilli

• Il 12 marzo Mariangela Santangelo si è laureata in Scienze della Formazione – Felicitazioni ed auguri

• Il 20 aprile prossimo Giovanni Muccillo e Adelia Di Tata coroneranno il loro sogno d’amore davanti all’altare. Felicità – Fiori – Figli

• Sono venuti a mancare tragicamente nell’ultimo periodo Remo Sforza di anni 27 e Germana Sulpizio di anni 22, lasciando un vuoto incolmabile nelle loro famiglie e nella comunità tutta. Ai familiari vivissime condoglianze

• Il 22 marzo le scuole di Pietrabbondante hanno celebrato la “Festa dell’Albero” mettendo a dimora, dopo la benedizione del Parroco, alcune piantine nell’area attrezzata a servizio del Tratturo “Celano – Foggia” da poco tempo realizzata