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495 luglio | agosto settembre 2017 Associazione Nazionale per la tutela del Patrimonio Storico, Artistico e Naturale della Nazione LA SFIDA IL COMUNE DI MILANO AFFIDA AL NOSTRO BOSCOINCITTÀ IL RECUPERO DI UN’AREA DEGRADATA NELLA PERIFERIA CITTADINA. ANCHE QUESTO È ITALIA NOSTRA

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Page 1: LA SFIDA - Italia Nostra › wp-content › uploads › Bollettino_495.pdf · la Sezione di Venezia di Italia Nostra. Traendo spunto dal limpido esempio di una vita di studio e lavoro

495luglio | agostosettembre 2017

Associazione Nazionale per la tutela del Patrimonio Storico, Artistico e Naturale della Nazione

LA SFIDAIL COMUNE DI MILANO AFFIDA AL NOSTRO BOSCOINCITTÀ IL RECUPERO DI UN’AREA DEGRADATA NELLA PERIFERIA CITTADINA.ANCHE QUESTO È ITALIA NOSTRA

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Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma il 6 marzo 1957, n°5683 Sped. A.p., art. 2 c. 20/b 45% legge662/96 Filiale di RomaDIRETTORE Luca Carra

REALIZZAZIONE GRAFICA – STAMPA

SEDEViale Liegi, 33 – 00198 Roma – tel. 068537271 fax 0685350596P.I. 02121101006 – C.F. 80078410588e-mail: [email protected] redazione: [email protected] internet: www.italianostra.orgADESIONE A ITALIA NOSTRA 2018quota comprensiva delle spese di spedizione rivistaSOCIO ORDINARIO: quota annuale euro 35,00 – quota triennale euro 90,00SOCIO FAMILIARE: quota annuale euro 20,00 – quota triennale euro 50,00SOCIO GIOVANE (inferiore 18 anni): quota annuale euro 10,00 – quota triennale euro 25,00SOCIO ORDINARIO STUDENTE (fino a 26 anni): quota annuale euro 15,00 – quota triennale euro 40,00SOCIO SOSTENITORE: quota annuale euro 100,00 – quota triennale euro 270,00SOCIO VITALIZIO: euro 2.000,00 (una tantum) SOCIO BENEMERITO: quota annuale euro 1.000,00ENTE SOSTENITORE: quota annuale euro 250,00SOCIO ESTERO: quota annuale euro 60,00CLASSE SCOLASTICA: quota annuale euro 25,00

Versamenti su c.c.p soci n°48008007oppure bonifico bancario IBAN IT16D0200805283000400039817intestato a Italia Nostra – RomaPer informazioni su abbonamenti alla rivista per i non soci: Servizio abbonati – viale Liegi, 3300198 Roma – Tel. 0685372723

Finito di stampare: settembre 2017

ITALIA NOSTRA ONLUS ASSOCIAZIONE NAZIONALE PER LA TUTELADEL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO E NATURALE DELLA NAZIONE(riconosciuta con D.P.R. 22 VIII-1958, n. 1111)

PRESIDENTE Oreste Rutigliano

VICE PRESIDENTI Cesare Crova – Maria Rosaria Iacono Maria Paola Morittu

CONSIGLIO DIRETTIVO Ilaria Agostini – Federico AnghelèSonia Barison – Edoardo Bartolotta – Luca Carra – Luigi ColomboEdoardo Croci – Cesare Crova – Antonio Dalle Mura Luigi De Falco – Raffaella Di Leo – Giacinto Giglio Ercole Guerra – Maria Rosaria Iacono – Alberto Loche Giovanni Losavio – Maria Paola Morittu – Marco Parini Pietro Petraroia – Evaristo Petrocchi – Maria Teresa Roli Oreste Rutigliano – Elvezio Serena – Maria Gioia Sforza

GIUNTA Federico Anghelè – Sonia Barison – Cesare Crova Luigi De Falco – Raffaella Di Leo – Giacinto Giglio Maria Rosaria Iacono – Maria Paola Morittu – Oreste Rutigliano

COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI Virginia Ambruosi Nicola Scalzini – Francesco Cantillo

COLLEGIO DEI PROBIVIRI Pier Fausto Bagatti Valsecchi Teresa Liguori – Giancarlo Pelagatti

AMMINISTRAZIONE E RESPONSABILE UFFICIMauro Di Bartolomeo

SOCI E ABBONATI Emanuela Breggia

SEGRETERIA DI PRESIDENZA Andrea De AngelisRoberta Giannini

SEGRETERIA GENERALE Luciano Marco Blasi – Dafne ColaJessica Continenza

UFFICIO PROGETTI Irene Ortis

Il pensiero ufficiale dell’Associazione sui diversi argomentiè espresso nell’editoriale. Tutti gli altri articolirappresentano l’opinione dei rispettivi autori.

Normativa sulla Privacy: ai sensi del D.L. 196 del 30/06/03 i dati sono raccolti ai soli finiassociativi e gestiti con modalità cartacea ed elettronica da ItaliaNostra. In qualunque momento Lei potrà aggiornare i suoi dati ocancellarli scrivendo ai nostri uffici di Viale Liegi, 33 – 00198 Roma

Stampato su carta ecologica senza uso di sbiancanti chimici

ISBN 978-88-492-3387-2ISSN 0021-2822

EDITORIALE3 In marcia ORESTE RUTIGLIANO

OPINIONE4 Catastrofi e buone notizie LUCA CARRA

BUONE NOTIZIE5 Porto di Mare di Milano: il verde affidato alle cure di Italia Nostra

LUISA TOESCHI

LA LEGGE7 Torniamo a governare il suolo MICHELE MUNAFÒ

DOSSIER TERREMOTI: CHE FARE?10 I ritardi della politica

11 Le proposte di Italia Nostra per ripartire EBE GIACOMETTI

14 Da Ischia al Monte Rosa, prove di sostenibilità SERGIO VELLANTE

15 A colloquio con Paolo Cognetti MARIA ROSARIA IACONO E SERGIO VELLANTE

IL CASO16 Tor di Valle: l’ippodromo doveva sparire CESARE CROVA

18 Dimenticare Venezia LIDIA FERSUOCH

20 Sicilia: beni culturali al collasso LEANDRO JANNI

ANCORA INCENDI22 Vesuvio in fiamme. A chi giova? UGO LEONE

23 Lo scempio ambientale sul Vesuvio LUIGI DE FALCO

24 Senza il presidio dei forestali la Maremma brucia MICHELE SCOLA

L’INTERVISTA26 Giorgio Bassani racconta Italia Nostra MARIA ROSARIA IACONO

LA LISTA ROSSA28 Teatro-Tempio di Teano ALFREDO BALASCO – SEZIONE DI CASERTA

DALL’EUROPA30 Il Congresso annuale di Europa Nostra ROSSANA BETTINELLI

s omma r i o2

Il direttore del Centro di Forestazione Urbana di Italia Nostra Silvio Anderloni (a sinistra) e Gianluca Vargiu, capo squadra del gruppo di lavoro che sarà impegnato nell’area ex Porto di Mare, che il Comune di Milano ha affidato a Italia Nostra per il ripristino e la trasformazione in parco pubblico aperto a tutta la città. Vedi articolo a pagina 5. Foto di Carlo Masera.

IN COPERTINA

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| 3e d i t o r i a l e

Inizio questo editoriale con una notizia, che forsenon è ancora nota a tutti i soci e i lettori del Bol-lettino di Italia Nostra. Nella seduta del Consiglio

direttivo nazionale del 28 maggio 2017, a seguito del-le dimissioni del Presidente in carica Avv. Marco Pa-rini, sono stato a mia volta nominato Presidente del-l’Associazione, fino all’esito delle nuove elezioni chesi conoscerà a settembre 2018. Da allora frequento quotidianamente la sede nazio-nale, toccando con mano problemi, che si delinea-no in tutta la loro gravità, solo quando se ne assu-me diretta responsabilità. Il mio istinto vorrebbe in-seguire le “battaglie” che avevo in corso: dallo sta-dio di Tor di Valle a Roma, alla diffusione nel centrostorico di Roma dell’illuminazione pubblica a LED fi-no all’aborrito eolico che devasta il paesaggio delMezzogiorno. Ma sono continuamente richiamato all’emergenza dispese sempre nuove e impreviste, e assillato dallaquestione delle risorse economiche. Io sarò in cari-ca per un solo anno e potrei glissare sull’argomen-to lasciando ogni responsabilità a chi mi ha prece-duto e a chi mi seguirà. Sento invece che non si puòconsentire che passi un anno senza tentare di tro-vare fonti di finanziamento che ci mettano in sicu-rezza per il futuro. Bisogna assicurare in ogni modola vita dell’Associazione.

Abbiamo ricevuto con Italia Nostra da chi ci ha pre-ceduto non solo un’organizzazione, ma un nome no-bilissimo, ancora oggi sicuramente strumento inso-stituibile per trasmettere alle generazioni future il ca-techismo della tutela, dei beni culturali e del pae-saggio. E con esso i diritti dei cittadini al loro godi-mento. A evitare che nulla sia loro sottratto per di-struzione, o per privatizzazione. La vera predicazio-ne della tutela, fuori da ogni deviazione e da ognitentazione proveniente dalla confusione delle lingue,che domina nelle università, nelle professioni e nel-la politica, è nelle nostre mani e nella sopravvivenzadi Italia Nostra. Questa funzione, che esplichiamo localmente, e fati-cosamente, nelle nostre sezioni, perderebbe di si-gnificato senza poter fare riferimento a un’entità na-zionale riconosciuta. Se ci siamo dopo oltre sessanta anni lo si deve vo-lenti o nolenti alla struttura che opera qui nella ca-pitale, a Roma. Dove paghiamo uno stipendio a del-le persone, tutte valide e indispensabili per i compitidi collegamento tra 200 sezioni tra di loro e con il na-zionale. Che chiedono solo di essere guidate per far-ci crescere come soci e come peso politico. Bisognaprendere atto delle perdite costanti, annuali, che si

stanno trascinando da dieci anni e tentare ogni pos-sibile rimedio. Nel frattempo il mondo, che rapidamente cambia, èper lo più nemico delle nostre idee. Ma c’è di peggio.Non da ieri, ma da un ventennio, i governi che si so-no succeduti stanno erodendo il bastione che era sta-to creato da uomini politici illuminati, il Ministero deibeni culturali con le sue soprintendenze. Negli ultimitempi l’opera di demolizione, di depotenziamento, co-me sfrontatamente dichiarano, è stata spinta oltreogni misura. Ora siamo chiamati a gridare, a docu-mentare, a diffondere con il nostro stile e la nostramisura l’allarme rosso per il patrimonio culturale.

Ma per farlo dobbiamo mettere in campo uno sfor-zo che va ben al di là dell’attuale capacità di inse-rirci nella comunicazione e nella divulgazione dellenostre idee. In particolare dovremmo aggiornare la nostra comu-nicazione, il nostro modo di essere presenti e di far-ci ascoltare, pur conservando e anzi potenziando ilnostro storico bollettino, che ridotto a soli quattro nu-meri tornerà a sei numeri annuali. Ma al di là del bollettino c’è un campo sterminato dacoltivare, nelle scuole e sul web. Presidenza e Giunta sono al lavoro su queste cose.“Fai quel che devi, accada quel che può”. ❑

In marciaORESTE RUTIGLIANOPresidente nazionale di Italia Nostra

Italia Nostra con commozione partecipa al dolore della famiglia per la scom-parsa dell’architetto Renato Padoan, già Soprintendente ai Monumenti di Ve-nezia e Laguna, e ne ricorda l’azione sapientemente rivolta alla tutela di que-sto ambiente unico. Il suo lungo impegno nella Soprintendenza veneziana, ini-ziato in un periodo difficile qual era quello degli anni a metà del secolo scor-so, quando la città era minacciata da una pervasiva edificazione abusiva, damassicce demolizioni e ricostruzioni, ha contribuito alla tutela del patrimonioveneziano. Suoi sono molti restauri esemplari, come quello delle cupole dellachiesa di San Geremia (vi invitiamo a rileggere la bella intervista che ci ha ri-lasciato nel Bollettino n. 492).Negli ultimi anni della sua lunga vita, sempre attenta alla città che amava pro-fondamente, l’architetto Padoan ha deciso di donare la sua splendida abita-zione di Ca’ Bollani, sul Canal Grande di fronte alla Pescheria, alla nostra As-sociazione. L’appartamento, secondo le volontà dell'architetto, dovrà divenireun “Centro di studio e di attività volto principalmente alla difesa, alla conser-vazione e alla valorizzazione di Venezia e della sua Laguna” nonché sede del-la Sezione di Venezia di Italia Nostra.Traendo spunto dal limpido esempio di una vita di studio e lavoro dedicata aVenezia, Italia Nostra si impegna sin da oggi a dar vita e impulso a quel Cen-tro di ricerca, di studio e di tutela pensato dall’architetto Padoan per Venezia,per la Laguna e per i suoi abitanti.

In ricordo di Renato Padoan

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Al mio primo numero della rivista come diretto-re mi ero ripromesso di non parlare della se-zione a cui appartengo, quella di Milano Nord.

Non volevo che qualcuno potesse dire: “Eccolo, oraci farà una testa così su quanto sono bravi quelli delBoscoincittà”. Ci tenevo a non passare per campa-nilista. Ma tant’è, gli eventi di queste ultime settima-ne mi hanno fatto cambiare idea e convinto a sfida-re le critiche.Quali sono stati questi eventi? Innanzitutto, appena prima dell’estate, il Comune diMilano ha affidato al “Bosco” di Italia Nostra il recu-pero di un’area verde di 65 ettari nella cosiddettaarea di Porto di Mare, nota fino a quel momento piùche altro per lo smercio di droga e la presenza di unadiscarica. Si tratta di una grande sfida: riconsegna-re alla città un’area verde più grande del parco Sem-pione di Milano.In una stagione di catastrofi – terremoti, incendi, sic-cità, seguite da alluvioni come quella di Livorno – miè parso che aprire il giornale con una buona notiziafosse di incoraggiamento. Le rimanenti trenta pagi-ne del giornale peraltro tornano sulle molte cose chenon vanno, e sull’impegno della nostra associazioneper migliorarle.Il capitolo terremoti, prima di tutto, sembra non esau-rirsi mai: non abbiamo fatto in tempo a riunirci a Ro-ma per mettere ordine nelle tante cose fatte dalla no-stra associazione a un anno dal terremoto in centroItalia che una nuova scossa metteva in ginocchioIschia. Una parte cospicua del giornale è quindi de-dicata al terremoto infinito che non lascia in pace lapenisola, e le tante inadempienze che ogni volta tra-sformano scosse tutto sommato modeste in tragedienazionali, a partire dalla mancanza di una modernacultura della prevenzione e di governo del suolo.Non è una novità che ogni estate si sguinzaglino pertutta Italia le anime perse che appiccano gli incendi.Il 2017 non ha fatto eccezione: dalla Toscana al Ve-suvio, di cui parliamo in questo numero.Vorrei poi segnalare due libri: “Le otto montagne” diPaolo Cognetti, premio Strega 2017, e “Lo sfascio delBelpaese” di Vittorio Emiliani.Il primo dice molto sulla natura delle nostre monta-gne, un tempo dura, poverissima e inaccessibile eoggi più ricca ma contaminata dall’urbanizzazione edal turismo di massa. Abbiamo intervistato Cognetti,insieme a una riflessione di Sergio Vellante che legai destini di Ischia alle valli dello scrittore.Il secondo è la storia impietosa della resa dei nostrigoverni degli ultimi vent’anni nel garantire la tuteladel nostro patrimonio paesaggistico e culturale. Il Bel-paese è quel posto dove i visitatori di musei e aree

archeologiche passano dai 25 milioni di metà anninovanta agli attuali 45 milioni, mentre il personaledelle soprintendenze diminuisce e invecchia, e dovela nostra spesa per la cultura in rapporto al PIL è unrisibile 0,37% contro lo 0,75 della Francia e lo 0,45della media europea.Il libro di Emiliani è utile per orientarsi fra i moltiaccadimenti di cui abbiamo voluto render conto inquesto numero: le proteste dei veneziani per l’or-mai insopportabile invasione del turismo tutto in-cluso e delle sue grandi navi. Il patrimonio cultu-rale e archeologico della Sicilia che si presenta im-preparato di fronte all’inevitabile calata dei turistisull’isola. Lo stadio della Roma che si mangia l’exippodromo con la bella tribuna di Lafuente e unafetta di verde in margine a un’ansa del Tevere. Sul-la battaglia ingaggiata dalla sezione di Roma vi ter-remo aggiornati anche sul sito internet e sulla pa-gina Facebook di Italia Nostra, anche perché la pa-rola “fine” su questa vicenda non è ancora statascritta.Mentre andiamo in stampa altre notizie arrivano sultavolo di Dafne Cola (la nostra redattrice), che pote-te leggere sul sito e che affronteremo senz’altro nelprossimo numero. Una per tutte, le polemiche sul-l’impugnazione della nuova legge su urbanistica ededilizia della Regione Sardegna (la numero 11/2017)che di fatto riduce le tutele sui territori gravati da usicivici, fino ad ora un’importante “riserva di natura”per l’isola fatta oggetto di mire edificatorie sempre piùsfacciate.

Il lavoro, insomma, a Italia Nostra non manca mai.Per darci coraggio e capire da dove veniamo rileg-giamo le parole di Giorgio Bassani rimontate in una“intervista immaginaria” da Maria Rosaria Iacono: cisi rende conto che siamo destinati a essere nani sul-le spalle di giganti. Ma almeno saliamo su quelle spal-le e cerchiamo di fare la nostra parte. Con questo spi-rito prendo il testimone della direzione del giornaleda Maria Grazia Vernuccio, che ringrazio, guardan-do con orgoglio e una certa apprensione ai passatisessant’anni della rivista e a quello che ormai rap-presenta per la cultura italiana. ❑

o p i n i o n e4

Catastrofi e buone notizieLUCA CARRA

Direttore responsabiledel Bollettino di Italia Nostra

In una stagione di catastrofi – terremoti,incendi, siccità, seguite da alluvioni come quella di Livorno – mi è parso

che aprire il giornale con una buona notiziafosse di incoraggiamento

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La storia che ha portato la Giunta municipale diMilano ad affidare a Italia Nostra – Centro per laForestazione Urbana – il compito di “riportare in

vita” un vasto territorio di 65 ettari da decenni abban-donato parte da lontano. Stiamo parlando di Milano aSud Est, dell’area contigua alla Stazione ferroviaria diRogoredo denominata ex Porto di Mare. Oggetto mi-sterioso e ultimamente citato varie volte dalla cronacacittadina per episodi di spaccio e degrado. Bene, quest’area più ampia del Parco Sempione è lapiù “naturale” del territorio del comune milanese per-ché praticamente è isolata dal contesto cittadino dal1917 e non ha avuto interventi edificatori. Su quell’areasi era infatti progettato di realizzare, a partite dal 1919dopo la prima Guerra mondiale, un porto commercia-le e uno industriale collegati a un canale che arrivas-se fino a Cremona e al Po. Milano avrebbe incremen-tato trasporti ed economia utilizzando una propria viad’acqua con porto di traffico notevole. E in effetti molta manodopera venne impiegata, perla più parte soldati tornati dal fronte e disoccupati, perle opere di sbancamento; anche il canale fu scavatoper circa 20 km. Ma nel 1922 cambia la storia e il go-verno del nuovo Podestà cambia i programmi urba-nistici cittadini interrompendo la realizzazione del por-to e del canale; tutto viene abbandonato e mentre ibacini scavati si riempiono di acqua di falda creandolaghetti, denominati “sabiuni”, presto regno di pesca-tori e bagnanti – con tanto di cabine e bagnino – il re-sto dell’area delimitata e chiusa riappare brevemen-te nei piani urbanistici del Comune nel secondo do-poguerra fino a essere destinata in larga parte a di-scarica rifiuti fino alla fine degli anni settanta. Le nuove leggi e la protesta dei cittadini, cui attiva-

mente partecipa anche la Sezione di Milano di ItaliaNostra, determinano la chiusura della discarica cheviene coperta di terra fino ad assumere l’attuale con-formazione a piccole colline e pratoni. I progetti conti-nuano... si parla anche di realizzare qui una nuovacittadella della Giustizia per allontanare dal centro cit-tadino il Tribunale, mentre il Comune su parte dell’areaconfinante con la delimitazione del raccordo autostra-dale A1, realizza un parco di 11 ettari intitolandolo al-l’amato ex sindaco milanese Cassinis. Il parco è tutto-ra curato e attrezzato con tavoli e zone di giochi perbambini, utilizzato soprattutto dalle comunità stranie-re per pic-nic e incontri domenicali. Ma questa è solouna piccola area. Il resto è abbandonato. Passano più di quarant’anni, nei pratoni si insedianocampi rom che poi vengono spostati; si torna a parla-re di ex Porto di Mare quest’anno sull’onda di una se-rie di episodi a base di spaccio e droga messi in lucedalla cronaca dei quotidiani. Il Comune di Milano conla Giunta Sala e l’assessore Maran, conoscitori e... ap-prezzatori dell’impegno di Italia Nostra per il verde pub-blico con il suo Centro per la Forestazione Urbana cheha progettalo e gestito il Boscoincittà e il Parco delleCave (in tutto 250 ettari circa), interpellano i rappre-sentanti dell’associazione e avviano un ragionamento.

Alle fine di luglio 2017 la Giunta municipale deliberal’affidamento dei 65 ettari dell’area Porto di Mare a Ita-lia Nostra, per i prossimi cinque anni, con un aiuto fi-

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LUISA TOESCHI Presidente della SezioneMilano Nord di Italia Nostra

Porto di Mare di Milano: il verde affidato alle cure di Italia Nostra

Prima il progetto faraonico del “Porto di Mare”, poi l’abbandono edecenni di degrado. Finalmente dopo anni di interventi e proteste,parte il riscatto che il Comune di Milano affida al CFU di Italia Nostra

L’area del Parco Porto di Mare affidata a Italia Nostra. Foto di Carlo Masera

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nanziario annuo che coprirà la spesa del personaleCFU che lì sarà impegnato, con alcuni primari obietti-vi: la raccolta superficiale dei rifiuti, il monitoraggio del-l’utenza e l’allontanamento degli usi impropri, la rea-lizzazione di percorsi adatti anche ai mezzi di sorve-glianza che dovranno regolarmente entrare nell’area,e ancora – parte tanto delicata quando fondamentale– il contatto e il coinvolgimento delle associazioni di zo-na e anche dei rappresentanti del decentramento am-ministrativo per far loro conoscere l’area e insieme percoinvolgerli nei lavori manuali e di promozione del-l’area. Accanto a questo lavoro, Italia Nostra CFU si èimpegnata a sviluppare una conoscenza approfondi-ta dell’area con presenza costante di operatori, constudi specialistici e raccolta documentale.

L’annuncio dato a fine luglio ha suscitato un grandeinteresse in città e alla Sezione di Italia Nostra Mila-no Nord, presente in Boscoincittà, sono giunti tantis-simi messaggi di auguri e di offerta di aiuto, sia dasoci che da cittadini e associazioni, ma anche dascuole e altri parchi cittadini. Come se la città già immaginasse un capovolgimen-to della situazione dell’area delimitata dalla trinceadell’autostrada e dalla linea ferroviaria e dallo sbar-ramento di bassi edifici che ospitano carrozzerie e at-tività connesse: un capovolgimento che riportassequel territorio a far parte integrante di Milano, con lepersone dentro a godersi il verde, bellissimo e sel-vaggio, di questa riserva... milanese!Mentre l’assessore al Verde e all’Urbanistica del Co-mune di Milano, Pierfrancesco Maran precisa che “L’in-tervento Porto di Mare è un altro tassello del Piano Pe-riferie avviato con determinazione dall’Amministrazio-ne che, grazie all’intervento di Italia Nostra con l’ap-poggio delle Forze dell’Ordine ma soprattutto dei citta-

dini e volontari, porterà a risanare la situazione di de-grado (peraltro concentrata in una piccola zona rispettoalla vasta area dei 65 ettari) e riqualificherà l’area ver-de”, il Direttore di Boscoincittà – CFU Silvio Anderloniaggiunge che “Il nostro lavoro produrrà la realizzazio-

ne di sentieri, zone destinate ad attività di svago e spor-tive come piste da mountain-bike, zone di osservazio-ne della fauna soprattutto nella zona umida dei prato-ni, e ancora collegamenti ciclopedonali con le zone li-mitrofe che sono il parco agricolo attorno alla meravi-gliosa Abbazia cistercense di Chiaravalle e il parco delcanale della Vettabbia”. Tanto per cominciare.Anzi, per cominciare subito e bene e in linea con gliintenti di recupero sociale, domenica 24 settembre,nell’ambito dei tre giorni che il Comune ha dedicatoal verde (manifestazione denominata “Green City”) èstata organizzata con Legambiente una giornata dipulizia straordinaria al Porto di Mare con gruppi divolontari coordinati dai nostri operatori che hanno la-vorato con lena alla raccolta dei rifiuti, con opportu-ne attrezzature fornite da Amsa – Azienda MilaneseServizi Ambientali. Tanta gente, tanto entusiasmo, an-che gli assessori all’opera. Sacchi a non finire subi-to raccolti dall’azienda Amsa e poi un finale allegrocon pic-nic sull’erba... pulita. ❑

b u o n e n o t i z i e6

Il nostro lavoro produrrà la realizzazione di sentieri, zone destinate ad attività di svagoe sportive, zone di osservazione della faunasoprattutto nella zona umida dei pratoni, e ancora collegamenti ciclopedonali con lezone limitrofe. E siamo solo all’inizio!

L’area del Parco Porto di Mare affidata a Italia Nostra.

Foto di Carlo Masera

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| 7l a l e g g e

Il consumo di suolo in Italia continua a crescere, pursegnando un importante rallentamento negli ultimianni che viene confermato dai dati più recenti rela-

tivi ai primi mesi del 2016 a opera dell’ISPRA e delleAgenzie di protezione ambientali regionali. Nel periodocompreso tra novembre 2015 e maggio 2016 le nuovecoperture artificiali hanno riguardato altri 50 chilome-tri quadrati di territorio, ovvero, in media, poco menodi 30 ettari al giorno. Una velocità di trasformazione dipiù di 3 metri quadrati di suolo che, nell’ultimo perio-do, sono stati irreversibilmente persi ogni secondo. Do-po aver toccato anche gli 8 metri quadrati al secondodegli anni 2000, il rallentamento iniziato nel periodo2008-2013 (tra i 6 e i 7 metri quadrati al secondo) si èconsolidato, quindi, negli ultimi anni (4 metri quadratial secondo tra il 2013 e il 2015 e 3 metri quadrati al se-condo nei primi mesi del 2016). Pur con una velocità ri-dotta, tuttavia, il consumo di suolo continua a coprireirreversibilmente aree naturali e agricole con asfalto ecemento, edifici e fabbricati, strade e altre infrastruttu-re, insediamenti commerciali, produttivi e di servizio,anche attraverso l’espansione di aree urbane, spessoa bassa densità.I dati della nuova cartografia SNPA mostrano come,a livello nazionale, il consumo di suolo sia passatodal 2,7% stimato per gli anni ’50 al 7,6% del 2016, conun incremento di 4,9 punti percentuali e una cresci-ta percentuale del 184% (e con un ulteriore 0,22% di

incremento negli ultimi sei mesi analizzati). In termi-ni assoluti, il consumo di suolo ha intaccato ormai ol-tre 23.000 chilometri quadrati del nostro territorio (pa-ri alla dimensione di Campania, Molise e Liguria mes-se insieme). Inoltre, le previsioni dell’ISPRA al 2050,parlano, nel migliore dei casi, di una perdita di ulte-riori 1.635 km2 e di 3.270 km2 in caso si mantenessela bassa velocità di consumo dettata dalla crisi eco-nomica. Nel caso in cui la ripresa economica ripor-tasse la velocità al valore di 8 m2 al secondo regi-strato negli ultimi decenni si arriverebbe a coprire al-tri 8.300 km2.

Le aree più colpite risultano essere le pianure del Set-tentrione, dell’asse toscano tra Firenze e Pisa, delLazio, della Campania e del Salento, le principali areemetropolitane, delle fasce costiere, in particolare diquelle adriatica, ligure, campana e siciliana.Nel 2016, in 15 regioni viene superato il 5% di con-sumo di suolo, con il valore percentuale più elevatoin Lombardia e in Veneto (oltre il 12%) e in Campania(oltre il 10%). Seguono Emilia-Romagna, Friuli Vene-zia Giulia, Lazio, Puglia e Liguria, con valori compre-si tra l’8 e il 10%. La Valle d’Aosta è l’unica regionerimasta sotto la soglia del 3%.

La Lombardia detiene il primato anche in termini as-soluti, con quasi 310 mila ettari del suo territorio co-perto artificialmente (circa il 13% dei 2,3 milioni di et-tari del consumo di suolo nazionale è all’interno dellaRegione Lombardia), contro i 9.500 ettari della ValleD’Aosta. Gli incrementi percentuali maggiori, tra la fi-ne del 2015 e la metà del 2016, sono nelle regioni Si-cilia, Campania e Lazio. Umbria, Basilicata e Friuli Ve-nezia Giulia le regioni, invece, con gli incrementi per-centuali minori. In valori assoluti, i cambiamenti piùestesi sono avvenuti in Lombardia (648 ettari di nuovesuperfici artificiali), Sicilia (585 ettari), e Veneto (563).Tra i comuni maggiori, Roma è quello che è cresciutodi più (incremento di 54 ettari e dello 0,17%), seguitada Torino (23 ettari, 0,27%), Bologna (17 ettari, 0,37%),Catania (13 ettari, 0,25%), Bari (9 ettari, 0,18%), Napo-li (8 ettari, 0,11%) e Venezia (6 ettari, 0,09%).

Una legge da correggereA maggio 2016, dopo circa 4 anni di discussione dal-la prima proposta dell’allora Ministro dell’Agricoltura,Mario Catania, la Camera dei Deputati ha approvatoun testo di legge, al momento in cui scrivo in discus-sione presso le Commissioni Ambiente e Agricoltura

Torniamo a governare il suoloMICHELE MUNAFÒResponsabile dell’Area “Monitoraggio e analisi integrata uso suolo, trasformazioni territoriali e processi desertificazione” all’Istituto superiore per la protezione e la ricercaambientale (ISPRA)

Scenari di nuovoconsumo di suolo inItalia tra il 2016 e il 2050(in km2 per anno e inkm2 complessivi). Fonte: elaborazioneISPRA, da Consumo di suolo, dinamicheterritoriali e serviziecosistemici, ed. 2017,scaricabile dal sitowww.isprambiente.gov.it

Pur con una velocità ridotta il consumo di suolo continua a coprire irreversibilmente aree naturali e agricole con asfalto e cemento, edifici e fabbricati, strade e altre infrastrutture,insediamenti commerciali, produttivi e di servizio, anche attraverso l’espansione di aree urbane, spesso a bassa densità

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del Senato, finalizzato al contenimento del consumodel suolo e al riuso del suolo edificato (Atto Senato n.2383). Un testo controverso, la cui lunga genesi nonha permesso di risolvere alcuni nodi che, come emer-so anche durante le audizioni al Senato, sembranoavere la necessità di modifiche significative che ob-bligheranno il disegno di legge a tornare alla Came-ra. In particolare, le definizioni dell’articolo 2, contra-riamente a quelle utilizzate dall’Unione Europea, ap-paiono limitative, non considerando il consumo di suo-lo in tutte le sue forme e rappresentando allo stessotempo un potenziale ostacolo al suo reale conteni-mento. Le aree che, a causa delle definizioni di con-sumo di suolo, di superficie agricola, naturale e semi-naturale e di impermeabilizzazione, sarebbero esclu-se dal computo del consumo di suolo, sarebbero quel-le destinate a servizi di pubblica utilità di livello ge-nerale e locale, le infrastrutture e gli insediamenti prio-ritari, le aree funzionali all’ampliamento di attività pro-duttive esistenti, i lotti interclusi, le zone di completa-mento, gli interventi connessi in qualsiasi modo alleattività agricole. Il tutto considerando che la procedu-

ra di definizione dei limiti (art. 3) è estremamente com-plessa e che non sono stabilite le percentuali di ridu-zione da raggiungere nel corso degli anni.Questa ambigua definizione potrebbe, tra l’altro, cau-sare anche un rischio di shifting, con la possibilità diottenere un effetto negativo legato alla localizzazionenelle aree “non vincolate” del consumo di suolo previ-sto nelle aree “vincolate”. L’inserimento di questa lun-ga serie di esclusioni, potrebbe infine rappresentareun serio ostacolo al monitoraggio del consumo di suo-lo, rendendo indispensabile un doppio sistema di mi-surazione (con dati nazionali non coerenti con quellirichiesti dall’Europa) estremamente oneroso.Altre criticità sono rappresentate dalla gestione del-la lunga fase transitoria, prima della completa at-tuazione della norma, che potrebbero, secondo al-cuni punti di vista, accelerare nei prossimi anni le at-tività di trasformazione e di edificazione del territorioin vista del completamento della procedura di defini-zione e dell’entrata in vigore dei limiti di contenimentodel consumo di suolo.

Una nuova propostaDa poco è stata presentata dal Forum nazionale Sal-viamo il Paesaggio (di cui fanno parte anche espo-nenti di Italia Nostra) una nuova proposta di legge,che può a mio avviso rappresentare un contributoimportante alla discussione in atto, soprattutto per-ché è frutto di un lavoro collettivo di un ampio nu-mero di persone di diverse competenze e di punti di

vista non sempre convergenti. Rappresenta sicuramente il frutto di un lavoro ancorain corso, ma che cerca di affrontare alcuni limiti delDDL governativo e che può fornire spunti di riflessioneutili anche in vista del completamento della discussio-ne nelle Commissioni competenti del Senato e dell’ac-cordo con le Regioni che, grazie anche all’impegno deirelatori, sembra finalmente essere stato trovato in di-rezione di un testo normativo più efficace. ❑

Consumo di suolo a livello comunale (% 2016). Fonte:

elaborazioni ISPRA su cartografia SNPA, da Consumo di suolo,dinamiche territoriali e servizi ecosistemici,

edizione 2017,www.isprambiente.gov.it

L’azzeramento del consumo di suolo netto, obiettivo che l’UE ci chiede entro il 2050, significa evitare l’impermeabilizzazione di aree agricole e di aree aperte e, per la componente residua non evitabile, compensarla attraverso la rinaturalizzazione di un’area di estensione uguale o superiore, che possa essere in grado di tornarea fornire i servizi ecosistemici forniti da suoli naturali (dal Rapporto sul consumodi suolo in Italia, ed. 2017, ISPRA)

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La Basilica di San Benedetto di Norcia. Foto di Roberto Conte

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Terremoti: che fare?

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Apiù di un anno dal terremoto che ha distrutto in-teri paesi del Centro Italia, e a un mese da quel-lo di Ischia, sommati agli altri sismi degli ultimi 10

anni, il bilancio della gestione è totalmente fallimenta-re: le immagini di distruzione, macerie, sfollati sono pur-troppo la tragica realtà di promesse non mantenute,frutto dell’incapacità della politica di far fronte a un’emer-genza nazionale. La pericolosità sismica del nostro Pae-se, sommandosi a quella idrogeologica e ad un am-biente continuamente violato e mal governato dall’uo-mo, genera lutti dolorosissimi, danni e costi elevatissiminon più sostenibili. E nonostante la lunga catena di ter-remoti devastanti – dal 2009 ad oggi – pare che nullasia stato fatto in termini di prevenzione. Italia Nostra lo ha ribadito in occasione di ogni sisma:è prioritario e quanto mai urgente adottare un “Pia-no nazionale di tutela e prevenzione” contro i disa-stri naturali e una “Strategia di intervento post cata-strofe”, con ruoli istituzionali chiari, cifre certe e un’in-formazione trasparente. Chiediamo quindi che sia reso subito obbligatorio ilfascicolo di fabbricato a spese dei proprietari degliimmobili nelle aree ad alto rischio sismico, possibil-mente rendendo la spesa detraibile dall’imposta IMUo da altre imposte consimili. Il fascicolo deve esseresottoposto a plurimi controlli di uffici pubblici costitui-ti ad hoc da personale competente e qualificato.Si deve dire basta a qualunque forma di condono. Icondoni che si sono susseguiti per fare cassa e peraccondiscendenza elettorale si sono disinteressati

della sicurezza, creando una platea immensa edesplosiva di pericolosità sismica e questo, al di là delcaso Ischia, deve essere messo sotto una lente di in-grandimento e sotto l’osservazione di organi del tut-to indipendenti dai comuni.Così come fatto per il contrasto alla corruzione, an-che per la lotta all’abusivismo sarebbe opportuno isti-tuire una sezione speciale della Magistratura finaliz-zata ad assicurare che tutti i proprietari di immobiliregolari e condonati nelle aree a rischio sismico adem-piano alla realizzazione del fascicolo di fabbricato.Alla sezione speciale spetterebbe accertare la natu-ra abusiva degli edifici ed eventualmente segnalaresubito ai prefetti la necessità di abbattimento dell’im-mobile, procedere a un accertamento giudiziario an-che dei casi in cui le famiglie proprietarie dell’abita-zione abusiva non abbiano altro luogo dove andaread abitare, raccordandosi con le prefetture e i co-muni per il rapido reperimento di nuovi alloggi. An-drebbe infine eliminata la prescrizione per poter da-re ai magistrati il tempo necessario per operare se-condo coscienza.Vanno inoltre attuate politiche di defiscalizzazione perle comunità colpite dai terremoti per tutti gli anni ne-cessari, per il ritorno alla normalità e per impostareazioni che garantiscano la rinascita dei centri colpiti,istituendo zone a fiscalità agevolata, verificandone lasostenibilità e le possibilità di successo, creando le con-dizioni per una redistribuzione della ricchezza e fortistimoli all’insediamento di nuove attività. ❑

Norcia, estate 2017. Foto di Roberto Conte

I ritardi della politica

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EBE GIACOMETTIPresidente del CR Lazio di Italia NostraNel corso dell’estate, il sisma che ha colpito l’iso-

la d’Ischia, ha confermato che in Italia la ter-ra continua a tremare con conseguenze dram-

matiche per le popolazioni e i centri abitati coinvolti.Non ha sorpreso nessuno l’ammissione da parte delCommissario Straordinario dimissionario Vasco Erra-ni per cui, nonostante i numerosi miliardi stanziatidallo Stato, non tutto starebbe marciando alla velo-cità dovuta e sarebbe decisamente necessaria unamaggiore responsabilità per accelerare le procedu-re della ricostruzione da parte del Governo, dei Co-muni e delle Regioni. Nei quasi 12 mesi che sono trascorsi dall’evento si-smico che ha stravolto innumerevoli paesi del Lazio,dell’Abruzzo, dell’Umbria e delle Marche, Italia No-stra si è interrogata su come poter dare un contri-buto concreto per riavviare il processo di ricostitu-zione del contesto storico-architettonico dei centri col-

piti, attuando alcune operazioni preliminari di natu-ra conservativa e preventiva, conoscitiva e socio-eco-nomica. A tal fine, nell’anno passato, si è in primoluogo aperto un confronto a livello nazionale e inter-regionale per misurare, con le diverse sensibilità emodalità d’approccio, la tragedia che ha colpito l’areacentrale del nostro Appennino; l’Associazione ha quin-di creato un gruppo di lavoro e si è misurata a diversilivelli con le soprintendenze e le istituzioni universi-tarie (Venezia, Camerino, Macerata, Politecnica delleMarche, La Sapienza di Roma). Ecco una breve sin-tesi del lavoro svolto e di alcune valutazioni e pro-poste emerse.

A livello nazionale Italia Nostra si è concentrata sultema “Terremoto e beni culturali” per passare dal-l’emergenza a una pianificazione che ottemperi al-le maggiori criticità provocate dal pericolo sismico. I

Al Gruppo di Lavoropartecipano: IlariaAgostini, Luca Carra,Cesare Crova, SabinaFantauzzi, Marina Foschi,Ebe Giacometti, MariaRosaria Iacono, AdelmoLazzari, Vanna Mannucci,Paolo Muzi, PietroPetraroia, GaetanoRinaldi, Oreste Rutigliano,Maurizio Sebastiani,Maria Gioia Sforza, MariaRita Signorini.

Le proposte di Italia Nostra per ripartire

Casamicciola, 26 agosto2017, in un sopralluogoautorizzato a SergioVellante come docente diIngegneria Ambientalealla Vanvitelli, aGiuseppe Luogo,Vulcanologo prof.Emerito della Federico II,e a Giuseppe Mazzella,giornalista. Foto diSergio Vellante

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beni culturali insistenti in un’area sismica (in parti-colare edifici pubblici e privati di valore storico) de-vono rientrare in un sistema preventivo che li tutelidagli effetti dei disastri sismici, o di altra natura. Que-sto deve partire dalla conoscenza del patrimonio at-traverso censimenti (ne esistono diversi fatti a livel-lo statale e regionale), monitoraggi costanti e di ma-nutenzione ordinaria e straordinaria. È stato osser-vato inoltre che né a livello statale, né regionale, esi-ste un protocollo di emergenza post-catastrofe, siain ambito urbanistico che patrimoniale. Altro aspet-to importante è la formazione professionale del per-sonale a livello locale e soprattutto delle maestran-ze artigiane: a sisma avvenuto o a sciame sismico incorso è fondamentale la pratica del puntellamentotempestivo, della fasciatura, per prevenire crolli de-vastanti che attentano anche all’indennità della po-polazione. Tutto ciò diventa un “sistema di tutela at-tiva” di beni di valore storico artistico, culturale e ci-vile. Dopo il sisma il recupero del patrimonio archi-tettonico, ma anche degli arredi urbani come fonta-ne, edicole e monumenti, è infatti una priorità e spet-terà alla pratica del restauro definire fino a dove sipossa procedere con un ripristino filologico e quan-do invece la ricostruzione dovrà distaccarsene.

L’Associazione si chiede anche se, trascorso ormaioltre un anno, il MiBACT abbia portato avanti quelcensimento necessario per avere una mappa delleemergenze e messa in sicurezza dei siti, provveden-do alle puntellature dei monumenti superstiti per sal-vaguardarne la conservazione. È importante capireinfatti cosa rimane di San Francesco ad Amatrice,delle chiese di Arquata e Acquasanta Terme e di tut-to il patrimonio costituito dalle pievi romaniche e go-tiche che risalendo lungo la Salaria portavano adAscoli Piceno, un patrimonio culturale di chiese e ci-cli ad affresco diffuso, tipico della fascia appennini-ca, che rischia di scomparire.

Da segnalare poi la sottoscrizione di un accordo conLa Sapienza per realizzare tesi di specializzazione intema di prevenzione del rischio sismico. Da questoaccordo si vorrebbe anche promuovere borse di stu-dio dedicate allo studio delle strutture architettonichein rapporto alla vulnerabilità sismica.

Il CR Lazio e la Sezione di Roma hanno ottenuto unimportante contributo del Dipartimento di Restau-ro della Facoltà di Architettura della Sapienza: ilprof. Giovanni Carbonara e il suo team di docentihanno elaborato un documento “sulla ricostruzio-ne dei centri antichi danneggiati dal sisma del-l’estate-autunno 2016” con l’elenco delle prioritànecessarie in materia di protezione immediata del-le costruzioni monumentali e delle opere artistichesuperstiti, la loro messa in sicurezza, come svilup-pare per ogni centro abitato linee guida urbanisti-che e architettoniche che possano orientare (al-l’interno di una visione complessiva del problemasisma) i singoli interventi in senso conservativo econ tutte le necessarie garanzie di sicurezza futu-ra; il tutto collegato con la legislazione vigente inmateria, per poter offrire un quadro puntuale del-le azioni da proporre.

Sempre in tema di prevenzione, il CR Emilia Roma-gna sta portando avanti una collaborazione con l’Uni-versità di Venezia per studiare gli interventi di ultimagenerazione che non solo possono conferire nella ri-costruzione dei centri storici la sicurezza statica e si-smica prescritta, ma in più danno la possibilità di con-servare il valore culturale delle opere. Lo studio dimateriali innovativi e le tecniche avanzate ormai stan-no infatti dimostrando che alle volte restaurare è me-no costoso che ricostruire ex-novo.

Un grande impegno è stato portato avanti fin da subi-to dal CR Marche, a partire dal convegno di novembre2016 “Sisma, dall’emergenza alla prevenzione” (da cuiè scaturito un “decalogo” sul tema dell’emergenza edella prevenzione1), alla collaborazione con l’Universi-tà di Macerata e alla condivisione della proposta de-nominata “modello Ussita”, sviluppata dagli studiosi didiritto tributario coordinati dal prof. Giuseppe Rivetta(insieme al Comune marchigiano di Ussita), e presen-tata a gennaio 2017 in un convegno organizzato dal-l’Associazione. In quella sede è stata data sostanzatecnico scientifica all’ipotesi dell’istituzione di una zo-na a fiscalità agevolata, verificandone la sostenibilitàe le possibilità di successo, e si è discusso del comecreare le condizioni per una redistribuzione della ric-chezza e dare forti stimoli all’insediamento di nuove at-tività (con conseguente aumento dei posti di lavori nel-le zone terremotate) siano obiettivi perseguibili e conmaggiori potenzialità rispetto alle agevolazioni fiscaliattuate a seguito dei terremoti dell’Aquila e dell’Emilia.A marzo è stata proposta la riflessione su come af-

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Casamicciola, 26 agosto 2017. Foto di

Sergio Vellante

1 Il decalogo è statopubblicato nell’articolo “Il sisma, dall’emergenzaalla prevenzione” nelBollettino n. 492.

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d o s s i e r | 13frontare i processi di ricostruzione e quali tecniche tra-dizionali o innovative scegliere, mentre il 7 aprile 2017è stato prodotto, con l’Università di Camerino, il mani-festo “Adotta & Rigenera”: un documento di intenti perl’adozione di un’area pilota da rigenerare.

Sempre nelle Marche, la Sezione di Ascoli Piceno haattivato una raccolta fondi per la Chiesa di San Mi-chele in località Vitavello e ora vuole lanciare una cam-pagna di crowdfunding per finanziare opere danneg-giate (affreschi, dipinti, sculture lignee) in modo da re-stituire agli abitanti delle zone colpite quei beni arti-stici simbolo della cultura locale. È già pronto un pri-mo elenco di opere per le Marche, coinvolgendo i sin-daci e le soprintendenze competenti territorialmenteva quindi predisposto anche per le altre regioni.

Nell’ultima riunione del gruppo di lavoro, svoltasi a lu-glio nella sede nazionale di viale Liegi a Roma, è emer-sa la necessità di rinsaldare, attraverso protocolli d’in-tesa, i rapporti di collaborazione tra Italia Nostra e l’Ar-ma dei Carabinieri, la Protezione Civile, le Regioni e iComuni del cratere. È stata decisa l’organizzazione diseminari per mettere a fuoco una posizione condivisasui temi della ricostruzione “com’era, dov’era”, delle me-todologie ricostruttive e dei materiali innovativi, della fi-scalità agevolata finalizzata anche a contrastare il fe-nomeno della desertificazione-spopolamento di alcunezone colpite. Ripartendo dalle riflessioni già maturateanche a seguito dei terremoti precedenti (L’Aquila, Emi-lia Romagna) e riportate nel documento della Carta diMirandola2, si vuole arrivare alla redazione di un do-cumento propositivo da mettere a confronto con il pro-getto del Governo “Casa Italia” e finalizzato alla messain sicurezza delle abitazioni e dei monumenti sulla dor-sale appenninica e non solo. Dagli incontri deve emer-gere la proposta politica di Italia Nostra per ridare po-teri alla Protezione civile; inquadrare nuovamente ilruolo delle soprintendenze che hanno dimostrato es-sere fortemente indebolite a livello operativo a frontedel depauperamento delle risorse umane; definire un“Piano della Ricostruzione” che abbia particolare at-tenzione per il recupero del patrimonio architettonicodei centri storici colpiti, per la qualità paesaggistica eurbanistica (forme architettoniche, materiali, pianta ur-banistica, ecc.), per salvaguardare il sistema antropi-co e culturale appenninico; studiare un sistema di fi-scalità agevolata che favorisca il ripopolamento e l’im-prenditorialità delle zone colpite. Altri punti fondamen-tali: distinguere come priorità la fase emergenziale cheprevede l’assistenza immediata della popolazione ter-remotata (l’acquisizione delle casette, il puntellamentodegli edifici pericolanti, il recupero dei beni mobili, ecc.)con la prima messa in sicurezza degli edifici; la micro-zonazione sismica, la garanzia di integrità e sicurez-za, la fase della ricostruzione delle prime e seconde ca-se ricordando che anche queste ultime rappresentanoun legame importante per le famiglie con le terre d’ori-

gine, il recupero del patrimonio culturale valutato si-tuazione per situazione, proposte per gli strumenti nor-mativi (già esistenti o da studiare) che agevolino il re-cupero, la conservazione dei centri colpiti dai sismi, ilripopolamento dei medesimi.

In conclusione, Italia Nostra ritiene necessario che,nell’interminabile emergenza, sia implementato il pia-no di soccorso organizzato dal Governo e le ammini-strazioni locali. Esso deve essere mirato, qualificatoe coordinato. Si deve cercare di recuperare e raffor-zare quelle forze operative già efficacemente impie-gate in coordinamento con le Soprintendenze e so-stenute economicamente dallo Stato. Coinvolgere lePubbliche amministrazioni, le università, gli istitutispecialistici di ricerca, le associazioni può essere im-portante per qualificare qualsiasi intervento. Occor-rono tuttavia norme certe e scientificamente fondate:indagini sulla natura dei suoli (microzonazione si-smica) per circoscrivere le aree di ricostruzione la-sciandovi intatto il tessuto urbanistico e studi sullavulnerabilità. Per Italia Nostra è importante ricostrui-re, in sintonia con la tradizione dell’edilizia storica econ i paesaggi rurali e urbani storici, ma senza ri-nunciare alla sicurezza. Per raggiungere l’obiettivoè importante che il Governo, e in particolare il MiBACT,ma anche le Regioni, rivolgano investimenti finaliz-zati anche alla conservazione e manutenzione ordi-naria del patrimonio artistico. »❑

Se desiderate contribuire al tema scriveteci [email protected]

Casamicciola, 26 agosto2017. Foto di SergioVellante

2 Vedi sul sito di ItaliaNostra al link http://www.italianostra.org/?p=54221.

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Da Ischia al Monte Rosa, prove di sostenibilitàAvevo iniziato a scrivere del Festival “Richiamo

della Foresta”, a Casamicciola, di ritorno daEstoul, in Val d’Ayas (AO), mentre era forte il

“richiamo del mare” di Ischia. Sembrava un ossimo-ro, ma non lo consideravo tale, perché argomentavosu due originari incanti della natura sottoposti allasferza dell’insostenibilità anche quando il marketinginventa un turismo eco-compatibile. Sto finendo di scrivere, ora, ai primi di settembre do-po il tragico sisma del 21 agosto che ha distrutto laparte collinare di Casamicciola. Ovvero quegli inse-diamenti urbano-rurali del Maio, la Rita, Santa Bar-bara (epicentro) e del Fango su cui si stava ipotiz-zando, in base a ricerche in ingegneria per la ge-stione ambientale, una riconversione ecologica e so-cio-culturale. Cioè trasformare la collina, ora squar-ciata, alle falde del monte Epomeo, ricco di alberi edi biodiversità, in un luogo di “compensazione socio-ecologica”. Nel senso che l’altissima impronta ecolo-gica della Marina di Casamicciola andrebbe forte-mente ridotta e compensata dalla bio-capacità che i

boschi dell’Epomeo ancora detengono insieme a unanon estinta cultura identitaria dei luoghi. La bassa collina di Casamicciola, quindi, si prefigu-rerebbe come un territorio di passaggio dall’insoste-nibile al sostenibile e luogo di sedimentazione di unnuovo modo di concepire le attività economiche e so-cioculturali, imperniandole sull’uso pieno delle risor-se locali e promuovendo una locale bio-reintegrazio-ne energetica. Un luogo ideale dove ripristinare contecnologie compatibili: la peculiare polifunzionalitàdel bosco mediterraneo oramai prossimo all’abban-dono e preda di incendi devastanti; il termalismo dialta qualità naturale per le sue acque e i suoi fanghiche sono stati, nella quasi totalità, sostituiti da quel-li esogeni prodotti artificialmente dall’industria; infi-ne l’Osservatorio di Geofisica e Vulcanologia che, isti-tuito dopo il terremoto del 1883, generò una svoltanegli studi della sismologia italiana e internazionale.E che ora giace nel più completo abbandono, siascientifico che come edificio storico non riconducibi-le a “bene di consumo”. Tre componenti, questi ultimi, di un bellissimo pae-saggio dell’immediato dopoguerra, non dissimile da“quell’ultimo vallone selvaggio ai piedi del Monte Ro-sa, che esiste da sempre e tra poco non esisterà più”(come ha scritto recentemente Paolo Cognetti, l’au-tore del romanzo “Le otto montagne” che abbiamoincontrato al festival in Val d’Ayas e intervistato, ve-di qui a fianco). Un paesaggio che è stato aggredito dalle forze del-la speculazione edilizia e finanziaria a sostegno diquelle attività economiche fornitrici di un’offerta omo-logata, replicabile ovunque e avulsa dalle peculia-ri risorse di Casamicciola e Ischia. Attività che nelloro svolgersi hanno poi inquinato e distrutto gli as-setti idrogeologici e biologici arrecando danni, coneventi atmosferici di grossa portata, non inferiori aquelli del sisma, per i morti e forse per i costi di ri-parazione. Tutto ciò è in linea con la trasformazione del “clas-sico villeggiante” di Piazza Bagni e del Maio in un“cliente turista” che non può più godere di cure ter-mali fatte con fanghi e acque del sottosuolo o inol-trarsi nei boschi dell’Epomeo popolati da castagne-ti, quercete, leccete e arbusti della macchia medi-terranea e magari, per dirla alla Mario Rigoni Stern,“fare i cacciatori di selvaggina e non i consumistidella natura”; oppure scendere giù alla Marina pernuotare in un mare fantastico, prendere il sole suspiagge e scogli naturali e magari pescare e non

SERGIO VELLANTEOrdinario in Ingegneria

per la Gestionale AmbientaleUniversità degli Studi

della Campania “Luigi Vanvitelli”

Il monte Epomeo, riccodi alberi e biodiversità,

conserva tutte lepotenzialità per una

ricostruzione ecologica.Foto di Sergio Vellante

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L’occasione di incontrare Paolo Cognetti1 è stata “Il richiamo della foresta”, Festival di arte, libri e musica in montagna, tenutosi aEstoul, Brusson in Val d’Aosta dal 21 al 23 luglio. L’iniziativa, alla sua prima edizione, trova il suo riferimento culturale nell’espe-rienza personale e letteraria di Cognetti, nel suo modo di vivere e raccontare la montagna, diconfrontarsi con la sua asprezza, di trarne insegnamenti di vita e di rapporti amicali.

Può definire il suo rapporto con la montagna e i suoi abitanti? Sono consapevole che all’origine il mio è stato lo sguardo di chi, dalla città, è andato a vivere inmontagna, una montagna per questo idealizzata. Successivamente si è rivelata come una crea-tura “urbana”, piegata ai tempi della città. Gli stessi boschi in molti casi sono piuttosto dei “giar-dini” essendo stati piantati dall’uomo di recente. In realtà la montagna è il luogo del lavoro agri-colo, un’agricoltura “eroica” che utilizzava una cultura antica per resistere alle difficoltà ambien-tali. Ora al posto dei campi coltivati avanzano il bosco e i pascoli, segni evidenti di quell’urbaniz-zazione a cui si faceva riferimento, prima ancora degli impianti sciistici e del turismo di massa.In un suo recente articolo, pubblicato in un quotidiano nazionale, ha messo in guardia dal peri-colo che la costruzione di una nuova funivia rappresenta per la salvaguardia di quello che lei de-finisce “l’ultimo vallone selvaggio ai piedi del monte Rosa”. Veramente non ci sono alternative trauno sviluppo economico basato sui numeri e la salvaguardia della montagna? Cercare di far convivere le strade, le funivie, i pascoli, le attività agricole, i valloni selvaggi è co-me entrare in un campo minato. Abbiamo trasferito in montagna le contraddizioni dell’età moderna.L’unica via d’uscita potrebbe essere far capire il “valore” della montagna così com’è; comunicare airesidenti e ai cittadini l’unicità del patrimonio naturalistico superstite e le sue potenzialità economichesecondo i criteri della sostenibilità ambientale. Bisogna attivare una grande operazione culturale in cuiil rapporto tra l’uomo, i suoi bisogni e la natura non sia conflittuale.Possiamo dire che il festival “Il richiamo della foresta”, appena concluso, persegue quest’obiettivo? Sicuramente è un primo tassello che va nel senso di avviare un cambiamento culturale nella concezionedella montagna, soprattutto presso i residenti. Indurre alla riflessione che forse può esserci una economia“altra” senza spianare le montagne, costruire funivie, ecc.Il festival ha proposto le testimonianze di grandi scrittori che nella montagna hanno trovato il riferimento bio-grafico, estetico e narrativo delle loro opere, quali Mario Rigoni Stern, Mauro Corona. A chi pensa di esserepiù vicino? Sicuramente a Mario Rigoni Stern con il quale credo di poter condividere il ruolo quasi “iniziatico” del viaggio,nel suo caso il lungo viaggio di ritorno alla sua “montagna” dal fronte di guerra2, come presa di coscienza del-la complessità del rapporto dell’uomo moderno con la montagna e più in generale con la natura.

Intervista a cura di Maria Rosaria Iacono e Sergio Vellante

A colloquio con Paolo Cognetti

1 Paolo Cognetti (Milano1978) scrittore, vincitoredel premio Strega 2017con il libro Le ottomontagne, Torino,Einaudi, 2016. Sul temadella montagna hapubblicato anche Ilragazzo selvatico, Milano,Terre di mezzo, 2013.2 Cfr. Il Sergente nella neve,Torino, Einaudi, 1953.

essere consumisti della fauna marina. Viceversa og-gi il cliente, spesso dotato di digestivi e antidepres-sivi, compra e consuma – in ecomostri ritenuti so-stenibili perché progettati da architetti noti e a nor-ma per anti-sismicità e osservanza del PR – serviziper il benessere del corpo a base di fanghi artificialie un cibo proposto da declamati (ma da chi?) “gran-di chef” incapaci di utilizzare e valorizzare i residuiecologici prodotti dell’agricoltura locale. Si sono tra-sformate, così, le ricche risorse naturali di Casa-micciola (fanghi come tappi degli alvei, terrazzamentiospitanti orti mediterranei in muri di sostegno, per-dita di biodiversità, ecc.) in forze antagoniste al go-verno sostenibile del territorio e di stimolo all’anal-fabetizzazione ambientale rispetto al suo mare e aisuoi boschi. Casamicciola, quindi, va ecologicamente ricostrui-ta e la Val d’Ayas ai piedi del Monte Rosa va tute-

lata. Ma isolani e montanari, malgrado mille chilo-metri di distanza, possono avviare un percorso co-mune di contrasto alla speculazione, proprio men-tre finanziamenti per deturpare il Monte Rosa e ri-costruire Casamicciola sono in arrivo insieme allecavallette depredatrici? Penso di sì! Sarebbe necessario, però, da parte de-gli ischitani un innovativo ritorno all’orto mediterra-neo, al termalismo naturale e alle risorse dell’isola. Mentre ai “montanari”, così ben rappresentati daPaolo Cognetti nel romanzo “Il ragazzo selvatico”nelle figure di Remigio e Gabriele, e poi con altri no-mi in “Le otto montagne”, toccherà contrastare ilconsumo dissipativo dei clienti sciatori, a favore dichi scia per diletto su piste naturali.Chiedo scusa se la passione per la mia Isola feri-ta mi ha fatto andare “fuori tema”, ma non potevoastenermi. ❑

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L’Ippodromo di Tor di Valle rappresenta unodei migliori esempi di architettura contem-poranea per le soluzioni tecniche impiegate

e la felice commistione tra progettazione architetto-nica e ingegneristica per l’arditezza delle scelte ti-pologiche e costruttive adottate. In questo contesto,le gradinate ideate dall’architetto Julio Garcia La-fuente rappresentano un unicum, dove l’alternanzadi superfici concave e convesse della copertura per-mettono soluzioni fino ad allora mai realizzate (l’ip-podromo è stato inaugurato il 26 dicembre 1959, ndr.).La stessa progettazione ha tenuto, inoltre, nel dovu-to conto l’inserimento della struttura nel contesto ur-bano, mettendola in relazione con le architetture del-l’EUR, del Casale di Tor di Valle, della Torre Righettisul monte del Trullo. L’importanza culturale del pro-getto dell’Ippodromo ne ha permesso, agli albori delnuovo secolo, l’inserimento tra le “opere di fama” del-le Architetture del Novecento, il censimento voluto

dalla Direzione architettura e arte contemporanea delMiBACT, oltre che nella Carta della Qualità del Co-mune di Roma, allegata al P.R.G. La verifica dell’interesse culturale (il vincolo) è natadalle forti criticità che già nel 2014 erano emerse al-l’indomani della presentazione dello studio di fattibi-lità dello Stadio di calcio della Roma, confermate dalprogetto definitivo pervenuto a settembre del 2016 perl’esame in Conferenza dei Servizi. Supportata dai pa-reri della Direzione Generale archeologia, belle arti epaesaggio, che ha chiesto di dare seguito alle indi-cazioni dei Comitati di settore tecnico scientifici, con-sultati sulle previsioni di progetto (e che a loro volta sierano espressi negativamente), la Soprintendenzacompetente diretta dall’architetto Margherita Eichbergha avviato l’iter di dichiarazione dell’interesse cultu-rale dell’ippodromo e in particolare delle tribune con-cretizzatosi il 15 febbraio 2017 (protocollato al n. 3051)con la notifica del provvedimento alla proprietà.

Tor di Valle: l’ippodromodoveva sparireStoria di un vincolo nato sotto una cattiva stella

CESARE CROVAVice Presidente nazionale

di Italia Nostra

L’ansa di Tor di Valle, la piana alluvionale

di oltre 100 ettari, doveun tempo si andava

all’Ippodromo del trotto.Foto di Oreste Rutigliano

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Le tribune di Lafuentedell’Ippodromo di Tor di Valle. Foto diOreste Rutigliano

L’avvio di tutela era ai sensi dell’art. 10 comma 3 let-tera d) del D. Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali edel paesaggio), trattandosi di un’opera della qualeera stato riconosciuto l’“interesse particolarmente im-portante” per il “riferimento con la storia dell’arte,della scienza, della tecnica e della cultura in genere”;l’ippodromo è stato realizzato, tra l’altro, in conco-mitanza con un importante evento storico: le Olim-piadi romane del 1960. La Soprintendenza si è trovata a fronteggiare unacampagna mediatica fortemente denigratoria e inso-litamente personalizzata sul suo dirigente, la nuova“Alice nel paese delle meraviglie”, accusata addirit-tura di aver perpetrato “un atto mafioso”. Nonostantele forti perplessità manifestate dagli altri soggetti par-tecipanti alla Conferenza dei Servizi non lasciasserointravedere un esito positivo per il progetto dello Sta-dio della Roma, è stato infatti proprio l’avvio della tu-tela dell’ippodromo a catalizzare la protesta di tifosi ecittadini, che ha trovato ampio spazio nei canali di co-municazione. La ministra per la semplificazione epubblica amministrazione Madia si è sentita in doveredi assicurare il superamento del vincolo, lanciandosiin un’ardita interpretazione della nuova procedura dilegge per le Conferenze dei Servizi in modalità “si-multanea sincrona” (la c.d. “Legge Madia”...). Lostesso Comune di Roma ha colto l’occasione per unafrettolosa revisione del progetto che, nel tagliare dra-sticamente la dimensione verticale delle nuove volu-metrie previste a corredo dell’impianto, non si curavatuttavia di preservare l’ippodromo dalla demolizione. Per alcuni mesi, e fin quasi alla scadenza del proce-dimento, sul vincolo è calato il silenzio. Il Comune haproceduto indisturbato all’esame della nuova propo-sta pervenuta dalla società Eurnova, mentre i mediaciclicamente discutevano della pubblica utilità del-l’operazione e dei tempi occorrenti per l’autorizza-zione e la costruzione del nuovo stadio.

Ad aprile la Soprintendenza archeologia belle arti epaesaggio del Comune di Roma è stata soppressa eaccorpata, secondo quanto previsto in un DM di gen-naio 2017 (DM n. 15 del 12/01/2017, ndr.), all’isti-tuenda Soprintendenza speciale archeologia bellearti e paesaggio di Roma. E il nuovo soprintendente,succeduto all’architetto Eichberg “promossa” nel frat-tempo nel ruolo di Ispettore centrale del MiBACT,provvedeva a una radicale revisione della proceduradi vincolo, affermando, in sede di commissione re-gionale per la tutela, che il procedimento di ricono-scimento dell’interesse culturale non era mai esistito(viceversa le norme di salvaguardia scattano dal mo-mento della notifica al proprietario) e che non potevaessere applicato per i precedenti pareri favorevoli delMinistero espressi nel 2014, pareri che invece affer-mavano le numerose criticità del progetto, allora esa-minato in fase preliminare. Nell’assordante silenzio dei giorni precedenti e suc-cessivi alla notizia, si sono levate alte le voci del dis-senso: il Do.Co.Mo.Mo (Associazione italiana per ladocumentazione e la conservazione degli edifici edei complessi urbani moderni) ha lanciato un ap-pello al MiBACT, mentre Italia Nostra ha dato il pro-prio contributo chiedendo allo stesso Dicasteroun’indagine sull’operato del soprintendente e la ve-rifica della documentazione, anche per capire comesi possa mercanteggiare un’architettura di così altovalore culturale con l’abbattimento delle tribune e laricostruzione di una loro porzione “sulla base delprogetto Lafuente”, come descritto ai media dallostesso soprintendente, asserendone peraltro ver-balmente l’indiscusso interesse. Gli stessi Comitatitecnico scientifici del Ministero, presa visione conestrema sorpresa di quanto deciso nell’occasione,hanno definito la proposta “una grave offesa allacultura in generale e a quella, in particolare, del re-stauro italiano”. ❑

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Tutto il mondo ha visto le immagini dell’escalationdel degrado di cui Venezia è vittima. Le foto rim-balzate dai social sui media internazionali fanno

vedere una città umiliata, stravolta, in cui ogni cosa èlecita, dai bagni in canale – persino in Piazza con l’ac-qua alta, che è acqua di fogna –, ai tuffi dal ponte diRialto e di Calatrava, alla Piazza ridotta a un’unica areapicnic, o in orari antelucani a set a luci rosse, ai bi-vacchi (in tenda!) nelle corti più defilate o dentro gli an-diti dei bancomat o sui pontili, ai cumuli di immondizielasciate ovunque, sino alla svolta osée di questi ultimi

giorni, con turisti che consumano rapporti sessuali sul-le rive del Canal Grande e negli imbarcaderi.L’aumento dell’organico della polizia municipale el’inasprimento delle sanzioni per chi gioca in primiscon la propria vita (i canali di Venezia sono inquina-tissimi; tuffandosi è più facile centrare un taxi piutto-sto che la superficie liquida, un turista è morto così)e anche con la dignità degli altri non porteranno anulla. Ci vorrebbe un poliziotto per ogni ponte, perogni corte, per ogni calle. È interessante invece chie-dersi come si è giunti a ciò. La risposta è facilissimae intuitiva: la città è finita.

Non esiste più. Negli anni, nonostante molte voci (equella della nostra sezione per prima) prefigurasse-ro quanto ora viviamo, si è voluto deliberatamentesostituire alla città un parco tematico di egoistico elucroso divertimento, dove la grandezza di Venezia,la sua multiforme bellezza, i cangianti colori della suaLaguna, con terre-non-terre e acque-non-acque chesi compenetrano in vertiginosi equilibri, diventa ma-gia da luna park, incompresa eccezionalità cui si ri-sponde con imprese egotiche, scenario per le esibi-zioni di ogni maleducato.

Pochi ormai comprendono Venezia. Nemmeno i visita-tori abbienti che dicono di amarla al segno di acqui-stare appartamenti a qualsiasi prezzo, drogando ilmercato: se la capissero, se ne capissero i bisogni ri-nuncerebbero a venirci, in tali circostanze. Ciò vale an-che per il turismo ipercolto, della Biennale per inten-derci, che si sta espandendo a macchia d’olio, tenta-colarmente, per tutta la città. Un giro di affari da 30 mi-lioni, una macchina da guerra che porta via spazi adattività normali e a una vita cittadina. La Biennale inquesti ultimi anni «ha intensificato al massimo il suo “la-to oscuro” di promotore, in cambio di tariffe milionarie,di “eventi collaterali” che utilizzano decine e decine dispazi in edifici affittati per mostre disseminate ovun-que in ogni sestiere»1. La Biennale stessa, con le sueesposizioni, ha travalicato i padiglioni dei Giardini perstrabordare nell’Arsenale (che molti veneziani sogna-no diventi il volano della riscossa culturale ed econo-mica) e ora minaccia di privare i cittadini del progetto

Dimenticare VeneziaLIDIA FERSUOCH

Presidente della Sezione di Venezia di Italia Nostra

1 F. MIRACCO, ‘Veneziasuperstar’ e lamonocultura turistica,«la Nuova Venezia», 22 maggio 2017.

Manifestazione “Minovadovia”

organizzata il 2 luglio dal Gruppo25aprile

con la collaborazionedella nostra sezione di Venezia e di altri

45 tra comitati e associazioni.

Foto Gruppo25aprile

Ridotta a quinta teatrale per turisti distratti la città lagunare avrebbe bisogno

di normalità. Questo il senso della manifestazione “Minovadovia”

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i l c a s o | 19di Museo della città, nell’isola del Lazzaretto Nuovo dicui essa vuole impossessarsi. E come non menziona-re le feste, le cene “esclusive” tenutesi addirittura nel-la Scuola Grande di San Rocco decorata dai teleri diTintoretto, e dei taxi dei “biennalisti” che per la setti-mana delle inaugurazioni scorrazzano in lungo e inlargo provocando veri maremoti? Anche l’arroganzadel colto infastidisce il povero superstite veneziano eprovoca danni. Come scrisse Salvatore Settis, una nuo-va moda si sta imponendo: «profanare Venezia»2.Voler educare il turista becero o coltivato con un de-calogo, imporgli di rispettare non dico la storia mala giornata quotidiana dei pochi che ancora vivononell’ex città ridotta a quartiere è impresa ridicola.Il punto è che Venezia stessa non si fa più rispetta-

re. Il turista ha la netta sensazione di essere in unparco tematico mantenuto in piedi proprio per lui, unaquinta teatrale di cui può disporre a piacimento, per-ché paga. Quante volte entrando in un vaporetto af-follatissimo o sbucando in un campo gremito ci si ren-de conto di essere l’unico residente? In 60 anni la cit-tà ha perso 2/3 degli abitanti, riducendosi a 54 milaunità (ma probabilmente ancor meno, forse 40 mila,essendo molti i proprietari-residenti per meri motivifiscali) a fronte di 30 milioni di turisti.Eppure l’impegno civico dei veneziani in questi ultimianni è cresciuto in modo inversamente proporziona-le al declino demografico (che segna circa 1.000 abi-tanti in meno all’anno). Grande successo ha avuto lamanifestazione Minovadovia (Io non vado via), orga-nizzata dal Gruppo25aprile con il sostegno della no-stra Sezione e la partecipazione di altri 45 fra comi-tati e associazioni, indetta il 2 luglio in occasione del-l’apertura dei lavori del World Heritage Commitee a

Cracovia. Proprio la nostra Sezione si era rivolta al-l’Unesco nel 2011 chiedendo di inserire a maggiortutela il sito Venice and its Lagoon nella Danger List,la lista dei siti in pericolo. Dopo anni di attesa e l’ar-rivo di tre commissari che avevano redatto un dos-sier ineccepibile sul degrado di Venezia e della La-guna, a giugno le speranze si erano dissolte: la re-lazione preparatoria redatta da World Heritage Cen-tre, Icomos e Iccrom e ratificata a Cracovia lodava i“progressi” compiuti dall’Amministrazione comuna-le e dallo Stato nella gestione del sito, concedendouna proroga di ben due anni. Contro tale decisionepilatesca il 2 giugno i veneziani sono insorti, e ItaliaNostra presenterà un dossier in risposta.Nei prossimi due anni, con il placet dell’Unesco, Ve-

nezia continuerà inesorabilmente a sparire, pezzo do-po pezzo: solo a Mestre sono state o saranno auto-rizzate 2.780 nuove camere d’albergo (ma c’è il ri-schio concreto che si possa arrivare a 8.000); i palazziveneziani sono venduti uno dopo l’altro, per diventa-re alberghi: è notizia di queste ultime settimane chela Regione Veneto vuol mettere in vendita la sede mo-numentale di palazzo Balbi, la Camera di Commerciosta per vendere la sua per trasferirsi a Mestre e per-sino la Ca’ di Dio (antichissimo Istituto di assistenza ecarità) ha affittato l’imponente palazzo in Bacino a ungruppo alberghiero. Escalation di una pressione tu-ristica che solo a parole si vuole contenere. Veneziainfatti se non tollera il turismo di massa per definizio-ne irrispettoso, è schiacciata anche da quel turismoabbiente invocato come risorsa dal ministro France-schini e dal sindaco: la città non ha bisogno di gran-di eventi culturali o mondani, ma di normalità.Avrebbe bisogno di essere dimenticata. »❑

2 S. SETTIS, L’ultimoaffronto a Venezia, la torre firmata PierreCardin, «la Repubblica», 3 luglio 2012.

Manifestazione“Minovadovia” del 2 luglio. Foto di Gianni Vianello

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Sempre più insostenibili appaiono, in Sicilia, lecontraddizioni tra proclamate politiche di tute-la e valorizzazione dei territori, del patrimonio

archeologico, storico-artistico e naturale, e realtà deifatti, degli atti politici e amministrativi. Evidente è l’ina-deguatezza culturale e politica di una classe dirigenteincapace di governare la complessità. Di una classedirigente che, ogni giorno di più, impoverisce e inde-bolisce la nostra isola. Durante l’estate del 2017, il procuratore generale d’ap-pello della Corte dei conti della Regione siciliana PinoZingale mette in luce, impietosamente, la ferita più gra-ve: la fruizione dei beni culturali e ambientali, di cuil’isola è straordinariamente ricca. La grandezza stori-ca, naturale e culturale della Sicilia è testimoniata dal

riconoscimento di ben 7 siti Patrimonio dell’Umanitàconferiti dall’Unesco: la Valle dei Templi di Agrigento,la Villa Romana del Casale, le Isole Eolie, le Città ba-rocche del Val di Noto, Siracusa e la Necropoli di Pan-talica, il Monte Etna, Palermo arabo-normanna e leCattedrali di Cefalù e Monreale. Il procuratore Zingaleha posto la propria attenzione sulla gestione di ciò cheè il vero “oro” della Sicilia: il patrimonio storico-artisti-co ed archeologico. Di questo speciale patrimonio, chepotrebbe fare da volano a un sviluppo in chiave turi-stica dell’economia isolana, si è riscontrata una ge-stione dei siti e dei parchi archeologici al limite del col-lasso, conseguenza di una persistente e grave as-senza di consapevolezza culturale ed economica, direale progettualità.

Sicilia: beni culturali al collassoLEANDRO JANNI

Presidente del CR Sicilia di Italia Nostra

««Attraverso le audizioni dirette effettuate dalla Procura Generale – afferma Zingale – è emerso come il per-sonale, non solo di vigilanza e fruizione ma anche tecnico (restauratori, architetti, archeologi, ecc.), lungi dal-l’essere sovradimensionato sia, invece, ampiamente carente, sia dal punto di vista quantitativo sia dal puntodi vista qualitativo, talora sganciato da una consapevole progettualità gestoria, stante la perdurante assen-za di precostituite piante organiche sulla base di una seria valutazione delle effettive esigenze e dei carichidi lavoro (...) In gran parte dei siti archeologici mancano gli archeologi (al Parco Archeologico e Paesaggisti-co Valle dei Templi di Agrigento solo recentemente sono stati assegnati tre archeologi, mentre il Parco Ar-cheologico di Naxos è privo di architetti, geometri, restauratori, storici dell’arte ed ha una sola archeologa, fi-gura, quest’ultima, che è del tutto assente presso il Parco Archeologico di Selinunte) e più di un museo è deltutto privo di restauratori. Il personale di vigilanza e fruizione è inadeguato e, per espressa ammissione deisingoli direttori dei siti, il rischio di pervenire alla chiusura al pubblico di vaste aree archeologiche e musealiè più che un’ipotesi, stante l’impossibilità di garantire adeguati standard di sicurezza e custodia».«Nonostante ciò, tutti i siti archeologici e museali hanno fatto registrare, con diverse percentuali, un costanteaumento di visitatori – e corrispettivi introiti – soprattutto stranieri, fenomeno imputabile, però, più che al-l’accentuazione di attrattività del nostro patrimonio artistico ed archeologico, alle contingenze internazionaliche hanno precluso la percorribilità di diversi, in passato, gettonatissimi percorsi alternativi in altri paesi del-l’area del mediterraneo. Incidono pesantemente su tale situazione – aggiunge il procuratore Zingale – nonsolo un’evidente ed atavica assenza di progettualità ma anche la circostanza che il sistema della vigilanza,conservazione e fruizione del patrimonio culturale è attualmente regolato da un contratto collettivo decen-trato integrativo siglato il 6 dicembre 2005, il quale prevede l’individuazione di tre profili professionali con dif-ferenti responsabilità operative nell’ambito dell’esercizio delle mansioni esigibili da ciascuna categoria con-trattuale, con delicati risvolti di latente conflittualità nella reciproca perimetrazione delle rispettive competen-ze e di una conseguente difficile gestione delle risorse umane da parte dei singoli responsabili dei vari siti. Aciò si aggiunga la problematica della distribuzione territoriale delle risorse umane che, alla luce della vigen-te normativa impone una gestione della dislocazione del personale non sempre compatibile con la migliorefruizione dei siti, disposizioni in larga parte limitative soprattutto nei casi di esigenze di trasferimenti pressostrutture intermedie caratterizzate dalla disseminazione territoriale. La possibilità di rendere conciliabili le esi-genze della fruizione dei siti con le norme a tutela dei lavoratori in materia di trasferimenti rende di difficilis-sima individuazione l’adozione di scelte conducenti a risultati soddisfacenti, con la conseguenza che molti si-ti della cultura, anche tra quelli più noti e frequentati, sono, per espressa ammissione della stessa Ammini-strazione regionale, a rischio di chiusura per carenze di personale e che contemporaneamente, in taluni al-tri siti, si assiste ad una presenza di personale in esubero»».

Il j’accuse della Corte dei conti

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i l c a s o | 21Come risponde il presidente della Regione sicilianaRosario Crocetta alla lucida analisi della Corte deiconti siciliana? Come risponde l’assessore regionaledei beni culturali e dell’identità siciliana Carlo Vermi-glio, ai quali abbiamo, di recente, presentato un pro-tocollo d’intesa tra le associazioni Italia Nostra, Le-gambiente e SiciliAntica e l’Assessorato regionale deibeni culturali e dell’identità siciliana – appunto –, fi-nalizzato a fronteggiare, con una proposta concreta

e immediatamente attuabile, le condizioni emergen-ziali in cui versano non solo i siti minori del patrimo-nio regionale, ma anche i principali attrattori turisti-ci?* Questo, perché non vogliamo più assistere a sce-ne insopportabili come quelle della Neapolis di Sira-cusa inghiottita dalla vegetazione, con sentieri chiu-si senza segnalazione o cancelli che sbarrano l’ac-cesso ai turisti, malgrado sia il terzo sito più visitatodella Regione. Così come non vogliamo più assisterea scene di degrado, vissute solo qualche mese fa,persino in luoghi come il Teatro antico di Taormina,l’area archeologica di Naxos, Selinunte, la Villa ro-mana del Casale di Piazza Armerina. Leonardo Sciascia ha scritto: «La Sicilia è difficile. La-cera persone e sentimenti e invade chi, per nascitao per scelta, si lega a lei. La Sicilia è difficile. La suaarretratezza sociale ed economica è una lunga di-stanza geografica e mentale che la spinge lontanodall’Europa. La Sicilia è crudele. Le atrocità della ma-

fia sono un marchio d’orrore che tutti i siciliani si por-tano appresso come il numero impresso sulla carnedegli ebrei dei lager. Non si può cancellare. La Sici-lia è bellissima e dura col suo sole titanico e tiranni-co, la sua luce violenta, il suo mare che dipinge e co-lora l’aria e la rinfresca. Bellissima e morbida nellesue lente sere odorose, ridondanti di brezze lievi evestiti leggeri e di chiacchiere indolenti, di luci lungole coste, di cibi sensuali. La Sicilia è scomoda, ma vi-

verla è possibile con orgoglio antico e altero. C’è chicrede che questa terra possa crescere e diventaremoderna, civile ed economicamente evoluta senzaperdere però le sue suggestioni, il suo fascino, la suacultura. C’è chi lavora perché ciò accada»». »❑

* Vedi http://ilgiornaledellarchitettura.com/web/2017/06/12/sos-patrimonio-in-sicilia-curiamolo-insieme/

Parco archeologico di Selinunte. Foto Leandro Janni

SOS PATRIMONIO: CURIAMOLO INSIEME. La task force di Legambiente, ItaliaNostra e SiciliAntica per un intervento emergenziale è il titolo del tavolo tecnico-

operativo che si è svolto a giugno a Messina. Obiettivo dell’evento, ideato e curato dalla storica dell’arte Silvia Mazza, è il protocollod’intesa delle tre Associazioni con l’Assessorato regionale dei beni culturali edell’identità siciliana, che fa seguito all’accordo già raggiunto tra l’Assessorato e il CNR-IBAM per la gestione dell’Anfiteatro romano di Catania. Il senso dell’accordo è di costituire una task force delle tre associazioni che in casodi emergenza possano intervenire senza dovere attendere i tempi lunghi dellaburocrazia.La task force ufficializza questo impegno costante, tendendo una mano alle istituzioniin difficoltà, sia sul fronte operativo, per la carenza di personale, sia su quelloeconomico.

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Il 5 luglio 2017 l’Ufficio Segreteria Generale del Mi-nistero dell’Interno – Direzione regionale dei Vigilidel Fuoco del soccorso pubblico e della difesa civi-

le Campania – ha inviato una lettera che dice te-stualmente: “In merito alle iniziative intraprese sullacampagna antincendi boschiva per l’anno 2017, sicomunica che la Regione Campania, più volte solleci-tata, ha rappresentato la propria indisponibilità di unaconvenzione che preveda il coinvolgimento dei Vigilidel Fuoco nelle attività di lotta attiva e prevenzionedegli incendi boschivi, e ha ribadito la richiesta di col-laborazione, come fissata per gli anni passati, conl’impiego di personale VF nelle attività di spegnimen-to degli incendi di interfaccia, a tutela di beni e per-sone. La collaborazione verrà formalizzata con la sti-pula di una convenzione tipo simile alle precedenti,che prevede la disponibilità del personale VF per unperiodo limitato, individuato dalla stessa Regione, nel-l’ambito di quello di massima criticità degli incendi bo-schivi. Quanto sopra per opportuna informativa”.Non ci sono parole per commentare questa chiaradimostrazione di quanto in conto sia tenuto il princi-pio “prevenire è meglio che curare”. Prevenire, prevenire, prevenire. La prevenzione deipossibili, spesso certi danni legati alla manifestazio-ne di un evento calamitoso con i rischi che questocomporta. È anche il caso degli incendi che con an-nuale puntualità devastano ampie aree d’Italia, spe-cialmente nel Mezzogiorno, specialmente in Parchi ealtre aree naturali protette. E tra queste, in modo par-

ticolarmente devastante, il Vesuvio – il Parco nazio-nale del Vesuvio – nel quale una cosa così non si ve-deva dall’ultima eruzione del 1944. Come sempre accade l’indomani di una tragedia siricercano cause e responsabilità ed è ricorrente an-che la domanda “cui prodest?”. Provo anche io a da-re qualche risposta.Per cominciare, mettiamo da parte i mutamenti cli-matici, l’aumento delle temperature, la siccità, la de-sertificazione avanzante e parliamo di incendi. Per-ché queste che ho appena elencato non sono le cau-se, ma le condizioni agevolanti le azioni di criminaliche per motivi che vanno dal godimento dei piroma-ni agli interessi speculativi della malavita, ogni annodanno fuoco a migliaia di ettari di bosco, macchia,vegetazione distruggendone per anni la presenza sulterritorio.Quest’estate 2017, certamente agevolati dalle “favo-revoli” condizioni naturali, questi criminali hanno agi-to in modo particolarmente devastante in Sicilia e inCampania, dove ha sede il Parco nazionale del Ve-suvio. Personalmente ho presieduto questo parco peroltre dieci anni in due occasioni (1995-96 e 2008-2016)e mai mi è capitato di assistere a uno spettacolo co-sì raccapricciante. Ma, naturalmente, non è solo lo spettacolo che fa ef-fetto, ma i suoi protagonisti e le sue vittime. E il do-lore per le vittime si sovrappone alla rabbia per l’im-possibilità – che in realtà è l’incapacità – di opporsial disastro.

UGO LEONE Ex direttore del Parco nazionale del Vesuvio

a n c o r a i n c e n d i22

I danni prodotti dal fuocoall’area vesuviana inbase alla mappatura

ottenuta grazie alle fotosatellitari del progettoCopernicus (progettodella Commissione

Europea), checonfrontando il prima e il

dopo fornisce unresoconto dettagliato di

quanto gli incendiabbiano trasformato il

territorio. Realizzazionegrafica di Davide

Mancino, dawww.scienzainrete.it

Vesuvio in fiamme. A chi giova?

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Fortunatamente non vi sono stati morti e feriti, ma levittime sono comunque in gran numero. Perché so-no in tanti a soffrire per la distruzione di una naturache dovrebbe mantenersi incontaminata – anche per-ché protetta da un Parco – e viene distrutta in tuttele sue caratteristiche vegetali e animali.A ciò, dicevo, si aggiunge la rabbia per l’impotenza.Ma, in realtà è anche un’impotenza figlia dell’insi-pienza. Perché disastri come questo, e come del re-sto l’intera categoria dei disastri naturali, conoscen-doli si possono prevenire.La prevenzione è l’unica possibile difesa dagli incendiche, come mi ha a suo tempo insegnato il benemeri-to Corpo Forestale dello Stato (ora inglobato in altri“benemeriti”), gli incendi non si spengono, ma si pre-vengono. E la prevenzione avviene con il presidio delterritorio tramite l’avvistamento e la manutenzione.Cosa abbastanza agevolmente realizzabile occupandoda aprile a ottobre in gran numero e sulle aree mag-giormente esposte, la grande quantità di persone(“Lavoratori Socialmente Utili”, immigrati senza lavo-ro) che potrebbero essere gli “stagionali” dell’antin-cendio, allo stesso modo in cui esistono gli stagiona-li per la raccolta di frutta e verdura. Persone i cui co-sti sarebbero considerevolmente inferiori a quelli chesi affrontano per spegnere gli incendi (canadair, eli-cotteri, eccetera) e a quelli, mai messi nel conto, perl’incommensurabile patrimonio naturale irrimediabil-mente perduto.Se questo avvenisse, e fosse avvenuto al Vesuvio, queicriminali che hanno distrutto oltre trecento ettari avreb-bero trovato ben altri ostacoli se la terra che hannoinaridito non si fosse a loro offerta con tutte le carat-teristiche atte ad alimentare e diffondere gli incendi.Così è stato e, come di consueto, si è fatto l’esaspera-to ricorso ai vigili del fuoco, agli elicotteri e ai canadairper riversare tonnellate di acqua sulle aree incendia-

te e soprattutto su quelle vicine per tentare di circo-scriverne l’espansione. Tonnellate di acqua marina,naturalmente. Cioè quell’acqua che, contenendo il 35per mille di cloruro di sodio, si definisce salata. Il po-tenziale danno sull’agricoltura mi pare evidente. Peresempio per i famosi “pomodorini del piennolo”. Po-tranno tutti conservare il loro IGP o saranno assimila-ti a quelli di Pachino che sono così perché il suolo nelquale vengono coltivati è salmastro?

Insomma, paradossalmente, dopo questi devastantiincendi bisognerebbe porsi le stesse domande che sipongono nell’ipotesi di un’esplosione del vulcano.Cioè: e dopo? Quando l’area distrutta sarà rimbo-schita e ricoltivabile? Dunque, ancora, a chi giova tutto questo e quali mo-tivi possono avere alimentato la devastazione? È una risposta non facile e probabilmente resterà ine-vasa anche se dovessero avere successo le indaginipromosse dalle Procure. Tuttavia direi con certezzache l’intento dei delinquenti non può essere quello diguadagnare spazio per costruirvi sopra dal momentoche la legge pone su queste aree un vincolo di alme-no 15 anni. Tanto più, poi, trattandosi di un’area na-turale protetta e di un’area riconosciuta a massimapericolosità vulcanica. Forse uno schiaffo al Parco, al-la sua esistenza (o inesistenza), potrebbe essere unarisposta più vicina alla sconfortante realtà. »❑

| 23a n c o r a i n c e n d i

Quest’estate 2017, certamente agevolati dalle “favorevoli” condizioni naturali, questi

criminali hanno agito in modo particolarmentedevastante in Sicilia e in Campania, dove ha

sede il Parco nazionale del Vesuvio

Gli organi di informazione riferiscono di un fronte di fuoco sul Vesuvio di circa duemila metri, ma gli effettinocivi riguarderanno territori distanti decine e decine di chilometri. Non è andata a fuoco solo la vegeta-zione: si parla ora di roghi tossici e anche su questo un chiarimento in sede parlamentare sarebbe utile. Ilterritorio vesuviano, e più specificamente quello a partire dalle zone alte del Parco nazionale del Vesuvio,è caratterizzato da una sempre più scarsa presenza dello Stato, che ha permesso di consolidare l’assen-za di controllo di territori storicamente afflitti da discariche abusive di rifiuti, attività abusive di escavazio-ne, abusivismo edilizio cronico e perenne con l’omessa definizione da parte dei comuni di migliaia di istan-ze di condono edilizio quasi totalmente improponibili soprattutto per l’assoluta incompatibilità con il vulca-no oltre che per motivi paesaggistici, sotto l’occhio inerte della Regione Campania. Finanche il piano delParco del Vesuvio si pone tuttora in contrasto con il piano paesistico, prevedendo edificabilità alberghieradentro le cave, invece assolutamente vietata dalla pianificazione paesaggistica redatta dal Ministero per ibeni culturali che nel 1992 “commissariò” la Regione Campania inadempiente. Contrasto che sarà supera-to per legge se passa pure la norma sui Parchi in discussione alle Camere che vedrebbe i Piani parco pre-valere sui Piani paesaggistici.

Luigi De Falco - Consigliere nazionale di Italia Nostra(da La Repubblica del 14 luglio 2017)

Lo scempio ambientale sul Vesuvio

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a n c o r a i n c e n d i24

In questi giorni terribili per la Maremma, con il fla-gello del fuoco nei nostri più pregiati boschi, capi-ta di leggere sulla stampa nazionale e sui social

del terribile scossone che ha avuto il nostro sistemadi tutela a seguito della soppressione del Corpo fo-restale dello Stato. Da vecchio forestale, ben com-prendo quello che si è perso, e sottolineo come, a no-me di Italia Nostra, più volte sono intervenuto a dife-sa di quell’istituzione fino a rappresentare di frontealle commissioni parlamentari durante l’iter legislati-vo sulla soppressione, tutte le criticità che ne sareb-bero seguite. Proprio io, che mi sono occupato di in-cendi boschivi per la Regione Toscana, quando vi la-

voravo come funzionario ben conoscevo il ruolo deiforestali in questo delicato sistema. I forestali sanno bene che domare un incendio bo-schivo non è come spegnere un qualsiasi altro in-cendio. Ci vuole una perfetta conoscenza del territo-rio, della topografia, della viabilità rurale e forestale;una padronanza della meteorologia, della botanicaforestale, degli ecosistemi e del loro comportamentonei confronti del fuoco. In tutto questo il Corpo fore-stale era padrone assoluto. Fino alla fine degli anni Settanta i forestali erano il col-lante fra il mondo rurale, forestale e le popolazioni lo-cali. Erano il tramite tra la società e il bosco, che tan-

Senza il presidio dei forestali la Maremma brucia

MICHELE SCOLA Presidente della Sezione

Maremma Toscana di Italia Nostra

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to più si avvicinava alle nostre città, tanto più si allon-tanava dalla nostra cultura, fino e diventarne un estra-neo. Il bosco diventava così un problema possibilmenteda eliminare a favore di attività ben più redditizie, co-me nel caso delle nostre località costiere, Marina ePrincipina, dove in pochi metri si esce da un mondourbano e si entra nel bosco senza spazi di compen-sazione, in balìa dell’incuria e dell’abbandono. Avevano un tempo, i forestali, funzioni tecniche e fun-zioni di polizia, per cui prevenivano, con istruttorie tec-niche, quei danni che si sarebbero poi dovuti sanzio-nare. E poi gestivano il gioiello della nostra nazione:il patrimonio forestale demaniale dello Stato, curandoi boschi esistenti e il rimboschimento dei terreni ab-bandonati, aiutando la natura a fare il suo corso. Recentemente l’amico Amerigo Hoffman ha presen-tato il suo libro “I forestali adesso non capiscono” (Edi-zioni Ecoalleco, 2015) al museo di Storia Naturale del-la Maremma a Grosseto, e in quell’occasione ha fat-to una bellissima presentazione di come sono nate egestite le più belle foreste del nostro territorio, e delruolo che i vecchi forestali vi hanno avuto.Poi tutto ha iniziato a scricchiolare.Il primo duro colpo lo ha dato il trasferimento alle re-gioni delle competenze in materia forestale. La per-fetta e salda legge forestale del Serpieri, del 1923, hacominciato lentamente a disintegrarsi nelle nascenticompetenze regionali, che tuttavia hanno avuto bi-sogno della Forestale fino all’inizio del Terzo Millen-nio, quando ha cominciato a fiorire una quantità dileggi forestali regionali, disaggregate, contradditto-rie, spesso in contrasto con la normativa nazionale. Il grande patrimonio forestale dello Stato è passatoalla meno oculata, spesso disastrata, gestione del-le regioni. E il vecchio maresciallo della Forestale,che un tempo decideva del taglio boschivo, con l’oc-chio del boscaiolo, ma anche del cacciatore, del fun-gaiolo e del pastore, ha dovuto cedere la penna alfunzionario regionale, incaricato di eseguire leggi eregolamenti forestali attenti solo agli interessi loca-li, alla massiccia raccolta della legna, al transito sel-vaggio dei trattori, che hanno distrutto quei sentie-ri lungo i quali i forestali si inoltravano nei boschi,per tenerli sotto controllo. E quando la Forestale ap-pariva da dietro gli alberi, tutti ne avevano timore erispetto.Gli incendi boschivi erano il terreno d’elezione del-l’opera della Forestale, ma più che lo spegnimento,la loro azione si basava sulla cura, pretendendo chei proprietari e gli enti pubblici eseguissero quelle ope-re, costose ma necessarie, a garantire quel bene co-mune che è la foresta. Anche nel sistema di spegnimento attivo la Foresta-le era indispensabile, specialmente in quelle regionipigre che continuavano a delegarle quella sua fun-zione bicentenaria. E anche nelle regioni più virtuo-se, che in questi decenni hanno saputo organizzar-si in un autonomo servizio, la Forestale rappresen-

tava un importante ingranaggio di collegamento, sem-pre più allentato e traballante a causa di successivipeggioramenti, dovuti anche a tanti errori interni, trai quali la pessima idea di uscire dai boschi per en-trare nelle città, a caccia di crimini di cui già si oc-cupavano gli altri. Ma la nostra acciaccata macchina pubblica dei ser-vizi antincendio e della protezione della natura è riu-scita ad andare avanti con quel meccanismo claudi-cante, ma determinante, che era la Forestale; un po’come quando una bicicletta avanza anche con il bul-lone della ruota allentato. Adesso che quel bullone èsaltato, e che la Forestale non c’è più, che hanno di-sperso e annullato i simboli e i colori intorno ai qua-li si raccolgono quegli uomini, così diversi dai pur ef-ficienti Carabinieri e Vigili del Fuoco, il giocattolo si èrotto e ha smesso di funzionare. »❑

| 25a n c o r a i n c e n d i

Il 2017 sarà ricordato come un anno terribile per la devastazione prodottadal fuoco, dall’inizio dell’anno ai primi di agosto la superficie complessivabruciata ha superato i 100mila ettari (più del doppio del 2016). Quasi un ter-zo dell’intera superficie bruciata ha interessato aree protette, dal Parco na-zionale del Vesuvio alla Majella, dal Cilento e Vallo di Diano al Gargano, dal-l’Alta Murgia alla Sila e al Pollino, dal Gran Sasso alla Riserva dello Zinga-ro in Sicilia. Tra il 1 gennaio e il 6 agosto gli incendi hanno coinvolto 87 Siti di Impor-tanza Comunitaria (Sic), 35 Zone di Protezione Speciale (Zps) e 45 Parchi eAree protette, tra cui 9 Parchi nazionali, 15 Parchi regionali e 16 Riservenaturali. Le regioni che hanno perso il patrimonio maggiore sono: la Siciliacon 11.817 ettari bruciati nei Sic, 8.610 nelle Zps e 5.851 nelle Aree protet-te; la Campania con 8.265 ettari nei Sic, 4.681 nelle Zps e 8.312 nelle Areeprotette; la Calabria con 666 ettari nei Sic, 3.427 nelle Zps e 3.419 nelle Areeprotette; la Puglia con 1.687 ha nei Sic, 1.535 nelle Zps e 1.283 nelle Areeprotette; il Lazio con 173 ha nei Sic, 2.797 nelle Zps e 847 nelle Aree pro-tette e la Liguria con 1.083 ha nei Sic, 325 nelle Zps e 300 nelle Aree pro-tette (fonte Legambiente).

Emergenza incendi: l’estate dei roghi

In questa e nella paginaprecedente pubblichiamodue immagini fornitecidal Corpo Forestale dello Stato per il dossierrealizzato nel 2007“Fiamme e affari”, per il Bollettino n. 428

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Attraverso le parole che Giorgio Bassani pronunciòal primo Corso residenziale di aggiornamento “Scuo-la e ambiente” per insegnanti delegati di Italia Nostranella scuola (Spoleto, 6-8 dicembre 1975), la nostraVicepresidente Maria Rosaria Iacono ci propone un’in-tervista immaginaria all’allora presidente nazionaletracciando un quadro di Italia Nostra a vent’anni dal-la fondazione. L’attualità delle sue parole è di con-forto, e di sconforto, per la tragica persistenza dellecriticità culturali e ambientali già analizzate e se-gnalate quarant’anni fa.

Com’è nata Italia Nostra? Ricordo che quando abbiamo fondato Italia Nostra, ametà degli anni ‘50, eravamo otto o dieci persone,che si erano messe in testa a quell’epoca, all’iniziodel boom neoindustriale, di creare qui qualche cosadi simile al National Trust inglese, un’associazionebenemerita che da tanto tempo ha come suo fine isti-tuzionale la tutela del patrimonio artistico e monu-mentale del Regno Unito. (...) Ad ogni modo in alcunidi noi c’era, fin da allora, il senso che Italia Nostradovesse essere qualche cosa di diverso dal NationalTrust; simile, ma diverso.

E in che modo diverso? Diverso nel senso che noi uscivamo dalla lotta anti-fascista, dalla Resistenza e vedevamo la debolezzae la superficialità della democrazia italiana ed era-vamo di fronte a quello che si stava preparando: ilboom, la necessaria svolta industriale italiana.

Perché, quali pericoli si intravedevano nel boom eco-nomico dell’Italia post bellica? II mondo industriale è di per sé democratico perchépropone, postula un mondo di uguali, ma intuivamo

proprio allora che già alla radice di questa democra-zia, diciamo così industriale, c’era il pericolo che il no-stro Paese fosse trasformato in un Paese di oggetti,di consumatori, e basta; quindi che c’era nel seno diun fatto positivo, anche una profonda negatività. Noiavevamo chiaro che se non avessimo in qualche mo-do agito per tempo, se non ci fossimo opposti a quel-lo che si stava attuando e che si preparava, avrem-mo molto rapidamente perduto un bene fondamenta-le che è proprio il nostro patrimonio artistico e cultu-rale; il nostro così detto “ambiente”. E quindi alcuni dinoi pensavano che avremmo dovuto resistere per una

Giorgio Bassani racconta Italia Nostra

MARIA ROSARIA IACONO Vicepresidente nazionale

di Italia Nostra

Giorgio Bassaniall’inaugurazione

della mostra “Italia da Salvare”

(Milano, 7 aprile 1967).Archivio Italia Nostra

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ventina d’anni, in attesa che una società migliore, piùconsapevole, non reificata, cominciasse ad esistere.Ora per ottenere una cosa di questo genere, abbia-mo cercato, innanzi tutto, di trasformarci da quel grup-po di dieci o quindici persone che eravamo all’inizio,in un gruppo più numeroso. (...)

E come avete fatto? Quali strumenti avete usato perdiffondere la cultura della tutela? Avevamo bisogno di qualche mezzo, dei famosi “me-dia”, per entrare in contatto con il resto della popo-lazione; il nostro scopo è stato sempre quello di en-trare in rapporto con gli altri, con la più vasta as-semblea nazionale. E allora, mentre all’inizio era giàmolto poter dibattere fra noi i problemi, a partire dalquarto o quinto anno, è stata cura nostra di entrarein rapporto con la grande stampa nazionale. Qui sento subito il bisogno di fare alcuni nomi fonda-mentali; non potrò mai dimenticare né l’associazionepotrà mai dimenticare, l’apporto che, a se stessa eal progresso delle nostre indagini e della nostra azio-ne, hanno dato i giornalisti come Antonio Cederna,ad esempio. (...) Oltre che Cederna sento il bisogno dinominare Alfredo Todisco, che più che della parte ar-tistica e monumentale si è occupato fin dall’inizio deifatti naturali, della tutela dell’ambiente e di tutto ciòche ha a che fare con l’ambiente fisico che ci cir-conda. C’è un Mario Fazio, anche. (...)La stampa ci ha servito moltissimo; e non soltanto lastampa nazionale, ma anche la stampa internazio-nale. (...) Penso soprattutto a quello che è stato fattoper Venezia. Non bastava che se ne occupassero Ce-derna o Fazio. Bisognava che diventasse uno scan-dalo internazionale. (...) Non ci siamo accontentati della stampa; abbiamo fattoanche molte mostre nazionali e internazionali, sempredi tipo provocatorio. Ricorderò, fra tutte, la prima, che èstata Venezia da salvare, che abbiamo portato in giroper l’Europa. Un’altra mostra, Italia da salvare, è stataportata addirittura in America. È stata inaugurata a Ro-ma, mi ricordo, con l’intervento addirittura dell’On. Mo-ro, che in quell’occasione fece un discorso di una deli-catezza e di una sottigliezza eccezionali; cioè era un di-scorso che ci parlava di che cosa è la democrazia, diche cosa è l’azione democratica, di che cosa è in fon-do la politica. E, non fosse altro che per questo, per averfatto in qualche modo intervenire un intellettuale di quel-la forza, la mostra ebbe sicuramente un grandissimosuccesso. La portammo poi a Milano, e la portammo inAmerica contro la volontà, bisogna pur dirlo, del Go-verno italiano e della presidenza della Repubblica. Gliostacoli che venivano dai nostri governanti erano i so-liti, gli eterni ostacoli dei politici di professione; cioè i pan-ni sporchi si lavano in casa, non si portano fuori; men-tre uno degli scopi istituzionali di Italia Nostra è, sia benchiaro, quello esattamente contrario: i panni sporchi silavano non soltanto in casa, ma anche fuori se voglia-mo che l’Italia torni in qualche modo pulita. (...)

Poi abbiamo fatto un’altra mostra estremamente im-portante, che si chiama Roma sbagliata, le conseguenzesul centro storico. Una mostra ideologicamente impor-tantissima perché abbiamo dimostrato attraverso que-st’esposizione come la creazione di periferie sbagliatesi ripercuota nei centri storici. I centri storici diventanosbagliati perché le periferie sono sbagliate, e vicever-sa i centri storici sono sbagliati quindi le periferie di-ventano sbagliate. Abbiamo cioè rappresentato nellasua interezza il problema di una gestione corretta delterritorio urbano. Siamo stati anche a Bologna per com-plimentarci con l’amministrazione locale che invece pa-re che abbia un’idea molto più moderna, molto più il-luminata della gestione della loro città. Ma Roma sba-gliata è stata veramente importante perché attraversoquella mostra è emersa l’ideologia vera di Italia Nostradopo venti anni di elaborazione e di pensiero. Non sia-mo più gli esteti di una volta, i generosi esteti. Siamogli stessi ma integrati in qualcosa di più complicato edi più complesso, di più moderno.

E con il mondo della scuola come vi siete posti? Non basta la stampa e non bastano le mostre. Noivolevamo da tanto tempo entrare in rapporto con lascuola, per i motivi che ho detto all’inizio. Noi pensa-vamo: ci vogliono venti anni; se riusciamo a reggereper venti anni la società si sarà resa conto di quelloche accade, e sarà cambiata. Orbene, ci sbagliava-mo; la società, sì, ha fatto dei grossi progressi, i pro-blemi che Italia Nostra, anticipando, dibatteva all’ini-zio sono diventati in qualche modo patrimonio di tut-ti. Però non basta, e – ripeto – non basta la stampae non bastano le mostre. Occorreva che noi entras-simo in rapporto con la scuola, dove nasce, o alme-no dovrebbe nascere, la nuova società.(...) Gli insegnanti devono essere i primi portatori del-l’idea di un migliore ambiente. Noi di Italia Nostraquando parliamo di ambiente non parliamo di un am-biente soltanto fisico, atmosferico; anche di quello.Ma per ambiente, e in ciò ci differenziamo da tutto ilresto dell’Europa e dell’America, intendiamo qualchecosa di molto complesso, qualche cosa che implichianche il patrimonio artistico, il patrimonio oltre chenaturale anche architettonico; le testimonianze delnostro passato. Intendiamo dare a tutti la coscienzadi appartenere a qualche cosa di organico, di total-mente umano. Questo, allo scopo di realizzare unavita migliore, più ricca, più spirituale. (...) In sostanza, noi dobbiamo tutti insieme cercare di ac-celerare quel processo che abbiamo messo in moto findall’inizio allo scopo di produrre un’opinione pubblicamigliore di quella che esiste oggi in Italia, e non perchéabbiamo bisogno di successi frivoli, intendiamoci bene.Noi abbiamo bisogno di un’opinione pubblica più degnaperché abbiamo bisogno di una vita migliore e di unasocietà migliore, più conscia di se stessa, più autenti-camente democratica. Questo noi vogliamo produrre at-traverso la nostra ricerca e la nostra opera. ❑

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Ortofotogrammetria del Teatro-Tempio di Teano. Foto di Alfredo Balasco

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Il Teatro ‐ Tempio di Teano è uno dei più grandi del-la Campania e dell’Italia antica, nonché pietra milia-re per lo studio del teatro di tipo romano, fa parte di

un complesso archeologico che si dispone su due gran-di terrazze monumentali: la superiore ove vi sono i re-sti del tempio, ancora in fase di esplorazione archeolo-gica; l’inferiore con la cavea distribuita in tre moenia-na e sostruita da un sistema di muri radiali, con un dop-pio ordine di ambulacri esterni e attico. L’intero impiantoarchitettonico si pone all’avanguardia per unicità dellesoluzioni costruttive adottate nel panorama degli edifi-ci teatrali di tradizione ellenistica in ambito italico.

Edificato in età tardo repubblicana alla fine del II sec.a.C., venne rinnovato nella decorazione durante il re-gno di Augusto, restaurato agli inizi del III sec. d.C. gra-zie all’imperatore Settimio Severo e terminato da Gor-diano III assumendo forme grandiose. La cavea rag-giunse un diametro di circa 85 metri e l’edificio sceni-co, decorato con tre ordini di colonne, capitelli, archi-travi e sculture nei più rari e pregiati marmi, raggiun-se 26 m. circa di altezza.

Attualmente gestito dal Polo museale della RegioneCampania, il monumento non è fruibile (al momentodella segnalazione) al pubblico e si trova in un de-plorevole stato di abbandono, sia per il degrado deipercorsi di visita, che delle strutture murarie e dellanotevole quantità di marmi (capitelli, cornici, colon-ne, ecc.), che giacciono all’aperto sottoposti all’at-tacco di agenti atmosferici e microrganismi biologiciche ne stanno determinando un’alterazione croma-tica delle superfici e un degrado dei metalli.

Segnalazione di Alfredo Balasco per la Sezione di Caserta

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Teatro-Tempiodi Teano

Attraverso la “Lista Rossa” Italia Nostra raccoglie ogni giornodenunce e segnalazioni di beni comuni o paesaggi in abbandono, siti archeologici meno conosciuti, centri storici bisognosi di tutela,borghi, castelli e monumenti in pericolo, e molto altro ancora.

Grazie alla APP “Lista Rossa” fare la propria segnalazione è diventato ancora più semplice! Scopri tutti i siti e i beni segnalati su www.italianostra.org

CHIUSO

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Quest’anno il Congresso annuale di Europa No-stra si è tenuto, dall’11 al 15 maggio, a Turkuin Finlandia, coincidendo così con le celebra-

zioni del centenario dell’indipendenza del Paese. Lasessione pubblica dell’Assemblea Generale, svoltasinel pomeriggio del 12 maggio, è stata dedicata allapreparazione dell’Anno europeo del patrimonio cul-turale (EYCH) 2018 adottato formalmente dall’UE ilgiorno precedente (vedi “DECISIONE” UE – 864/2017

del Parlamento e del Consiglio Europeo). Durante latavola rotonda “Anno europeo del patrimonio cultu-rale 2018: una sfida per tutti” i relatori internaziona-li hanno discusso di come le autorità pubbliche pos-sano avvalersi dell’energia delle organizzazioni del-la società civile nel mobilitare e coinvolgere i cittadi-ni per tutto il 2018 sui temi della cultura, dedicandouna particolare attenzione al ruolo che possono ave-re le ONG per l’Anno della Cultura.Ecco un breve resoconto del dibattito. Nel discorso di apertura, il Ministro finlandese all’Ener-gia e all’Ambiente Kimmo Tiilikainen ha presentato ilprogramma culturale e didattico delle celebrazioni delcentenario finlandese, evidenziando come queste atti-vità fossero collegate all’EYCH e auspicando soprattut-to un grande coinvolgimento dei giovani. Per Uwe Koch, del Cultural Heritage Committee tede-sco – DNK, l’Anno europeo fornirà molte opportunitàper sviluppare iniziative a lungo termine in tutta Euro-

pa e sarà di vitale importanza “per dare ai giovani lapossibilità di sperimentare la dimensione europea a li-vello locale”, sottolineando anche come “il patrimonioculturale dica molto della nostra identità europea”. IlDNK è stato uno dei sostenitori più attivi dell’Anno 2018per la Cultura, in Germania più di 100 organizzazionihanno firmato in un solo giorno il sostegno all’iniziati-va: un segnale incoraggiante del fatto che il patrimo-nio culturale ha il potere di unire le persone. Il professor Jacek Purchla – Consigliere di EuropaNostra e Presidente della Commissione nazionale po-lacca per l’UNESCO – ha criticato i decisori dell’UEche per troppo tempo hanno ignorato come la cultu-ra possa essere una forza trainante per lo sviluppolocale, mentre il Patrimonio culturale è la nostra scel-ta, la nostra memoria..., e ha espresso la sua con-vinzione che il 2018 rappresenti quindi l’occasioneper correggere la pregressa politica europea.Per organizzare l’Anno europeo la Direzione generaleper l’istruzione, gioventù, sport e cultura della Com-missione europea ha stabilito una “task force”, comeha raccontato Michel Magnier – Direttore per la cultu-ra e creatività presso la suddetta Direzione – ribaden-do anche che la chiave per il successo è “raggiunge-re le persone, non solo gli esperti” e che anche se ladimensione europea deve essere forte “è importanteche tutti i partner siano coinvolti attivamente, anche alivello locale, nelle città e nelle regioni”. Simone Mizzi, ex presidente esecutivo di Din l-Art Hel-wa (una delle più antiche organizzazioni membro diEuropa Nostra), ha illustrato come Malta – la cui ca-pitale Valletta sarà la capitale europea della cultura2018 – si stia preparando per l’Anno e come il finan-ziamento e il sostegno dell’UE abbiano contribuito alrestauro di palazzi e fortezze sulle isole maltesi. Hainoltre sottolineato l’importanza che può avere il so-stegno europeo per le comunità locali dimostrandocome “gli esempi di buone pratiche di un Paese ab-biano il potere di portare cambiamenti positivi in unaltro Paese europeo”. Sneš�ka Quaedvlieg-Mihailović, Segretario Generaledi Europa Nostra e moderatrice del dibattito, ha quin-di ribadito la capacità e il potere del patrimonio cul-turale di costruire ponti tra le persone e riassunto co-me fare dell’Anno 2018 un successo: “condivisionedel patrimonio, condivisione dei valori, condivisionedella nostra dedizione per l’Europa”. ❑

Il Congresso annuale di Europa NostraAnno europeo del patrimonio culturale 2018: una sfida per tutti

ROSSANA BETTINELLI Membro di Giunta di Europa Nostra

L’Anno europeo del patrimonio culturale 2018intende rafforzare le relazioni culturali e latutela del patrimonio, il dialogo interculturale e interreligioso, la promozione della cultura come fattore di sviluppo economico sostenibile

IL CONGRESSO DI EUROPA NOSTRA - supportato dall’Unione Europea -rientra nel programma “Europa creativa” nel progetto di rete di Europa Nostra“mainstreaming Heritage”. È stato patrocinato dal Presidente della Finlandia SauliNiinistö con il sostegno della città di Turku, il Ministero dell’Ambiente, il Ministerodella Cultura e l’Istruzione, la Fondazione Università di Turku e la Fondazione ÅboAkademi University. Alle Autorità presenti è stata consegnata l’edizione in linguafinlandese della sintesi della ricerca “Il patrimonio culturale conta perl’Europa” (disponibile in italiano sul sito www.europanostra.org).

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Risultati dell’Assemblea Generale Ordinaria dei Soci 2017Per dovuta informativa, si comunica quanto risulta in base al verbale relativo allo spoglio delle schededi votazione per l’Assemblea Generale Ordinaria dei Soci 2017. Schede scrutinate n. 623.1. Relazione sull’attività svolta dall’Associazione nel 2016La Relazione sull’attività svolta dall’Associazione nel 2016 risulta approvata con 305 voti favorevoli.2. Bilancio Consuntivo nazionale al 31 dicembre 2016Il Bilancio Consuntivo nazionale al 31 dicembre 2016 risulta approvato con 438 voti favorevoli.3. Rinnovo del Collegio dei Revisori dei ContiRisultano eletti quali membri effettivi del Collegio dei Revisori dei Conti i seguenti candidati:Virginia Ambruosi (voti 343) – Nicola Scalzini (voti 210) – Francesco Cantillo (voti 116)Risultano eletti quali membri supplenti del Collegio dei Revisori dei Conti i seguenti candidati:Daniela Primicerio (voti 106) – Luigi Colombo (voti 91)

In ricordo di Giampaolo MasiniCari soci, con grande commozione si comunica che a luglio è venuto a mancare Giampaolo Masini, presidente del CR Emilia Ro-magna e socio fondatore della Sezione di Reggio Emilia di Italia Nostra. Lo ricordiamo attraverso le parole che ci giungono dal-la Sezione.

“Gianni” Masini è stato una figura appassionata, encomiabile, attivissimo con la moglie e compagna di vita Luisa Casoli alla co-struzione delle fondamenta della nostra Sezione, dalle prime attività che ne hanno creato il fermento culturale agli ambiti più tec-nici relativi alle questioni che su Reggio sono state trattate spesso con successo a fianco dell’avvocato Renzo Campanini, lumina-re presidente di Reggio, consigliere regionale e nazionale la cui attività e approccio culturale divennero trainanti nella dimensio-ne nazionale di Italia Nostra. In particolare, la spinosa vicenda del recupero funzionale dell’ex-Sarsa contro la sua demolizione, le discusse sorti dell’ex casermaZucchi e analogamente dei Chiostri di San Domenico, gli interventi post-terremoto del ’97 costituirono casi emblematici nella costan-te forte vigilanza tra restauro e rifunzionalizzazione. Con il recente consiglio e presidenza, ci siamo insieme mossi su temi urbani al-l’interno di un vero processo di riqualificazione edilizia in una dimensione del bene comune. Per Canossa, una recente sfida, per unacoraggiosa proposta che accoglie la richiesta del MiBACT per la gestione di alcuni complessi culturali, che consiste nella visione tri-dimensionale del restauro conservativo del Castello di Canossa e l’attivazione della rete dei tanti istituti di ricerca.Insieme abbiamo intrapreso un’attività di coinvolgimento delle scuole per accrescere la conoscenza dei giovani adulti e costanti so-no state le osservazioni agli strumenti urbanistici locali e la collaborazione con il gruppo di lavoro regionale all’analisi e contrasto alnuovo disegno di Legge Regionale a cui Italia Nostra sta fortemente contribuendo. L’esperienza di “Gianni” sui temi del territorio lo-cale e per quelli di portata regionale è stata fondamentale per fare crescere una capillare rete di conoscenze e di attività di équipecon il consiglio e con i tecnici. Sarà la direzione nella quale proseguire.

Francesca Vezzali, Presidente della Sezione di Reggio Emilia

Mostra sui paesaggi terrazzatiÈ a disposizione di tutte le Sezioni che ne fa-ranno richiesta la riproduzione della mostra rea-lizzata in occasione del 3° Convegno Interna-zionale “Paesaggi terrazzati: scelte per il futu-ro”: attraverso splendide immagini, si ripercor-rono le diversità culturali, le identità locali, i pro-dotti agricoli, la varietà e la bellezza dei pae-saggi terrazzati nel mondo. La mostra è composta da 70 pannelli in forex acolori (dimensioni 80 x 80 cm, per un peso com-plessivo di circa 100 Kg). Le spese di spedizio-ne sono a carico delle Sezioni. Per informazioni e approfondimenti contattare:Irene Ortis tel. 06 85372736 email [email protected]

Il Convegno, svoltosi in Italia dal 6 al 15 ottobredello scorso anno, è statoorganizzato dall’AlleanzaMondiale per i PaesaggiTerrazzati – di cui faparte Italia Nostra – con ilcontributo della RegioneVeneto.

La Costa Viola. Foto della Sezione di Reggio Calabria

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ASSOCIATI PER IL 2018I beni culturali, il paesaggio, i centri storici, i parchi nazionali e le aree protette, la viabilità e i trasporti, il mare, le coste, l’educazione, i musei, gli archivi storici: questi sono solo alcuni dei capitoli più importanti dell’attività capillare delle 200 Sezioni di Italia Nostra sparse su tutto il territorio nazionale.

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