la massimazione delle decisioni penali della corte di cassazione: i nuovi criteri
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La massimazione delle decisioni penali della Corte di cassazione: i nuovi criteriAuthor(s): GIOVANNI SILVESTRISource: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 4 (APRILE 2004), p. 17/18Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199202 .
Accessed: 28/06/2014 13:16
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17 MONOGRAFIE E VARIETÀ 18
GIOVANNI SILVESTRI
La massimazione delle decisioni penali della Corte di cassazione: i nuovi criteri
Il primo presidente della Corte di cassazione ha emesso il 23
gennaio 2004, ai sensi dell'art. 26 del regolamento per l'esecu
zione del codice di procedura penale, un decreto che integra
quelli dell'11 luglio 1991 e del 27 maggio 1992, riguardanti i criteri per l'individuazione delle sentenze penali dalle quali de vono essere estratte le massime e per la redazione di queste ul
time. Con provvedimento di pari data si è provveduto alla com
pilazione di un testo coordinato che racchiude i criteri direttivi
ai quali deve conformarsi l'attività dell'ufficio del massimario. L'introduzione del nuovo metodo di scelta delle decisioni de
stinate alla massimazione corrisponde ad un radicale mutamento
dell'organizzazione del lavoro affidato al servizio penale del
massimario, in quanto esso segna un netto distacco dal criterio
seguito per decenni, secondo cui l'individuazione delle decisio
ni dalle quali dovevano estrarsi una o più massime era preva lentemente rimessa alla segnalazione dei presidenti dei collegi
giudicanti al momento della sottoscrizione della sentenza. Con
10 stabilire che dal 1° febbraio 2004 le copie di tutti i provvedi menti depositati devono essere trasmesse all'ufficio del massi
mario, è stato abbandonato un sistema da più parti censurato
perché basato su criteri di scelta soggettivi, contingenti, varia
bili, raramente uniformi e difficilmente controllabili, lasciati alla discrezionalità dei presidenti dei collegi, i quali finivano per restare arbitri di stabilire se un provvedimento dovesse entrare
nel circuito giuridico o se, invece, dovesse essere destinato al
l'oblio e restare sommerso nel fiume carsico della giurispruden za di legittimità. Ed infatti, se colpiti dall'annotazione «non massimare», apposta sul documento dai presidenti dei collegi, i
provvedimenti, anche se contenenti dieta nuovi o di particolare
interesse, erano quasi sempre definitivamente perduti per chi si
ponesse alla ricerca del precedente. Un esempio per tutti. Ad
oltre settanta anni dall'entrata in vigore del codice Rocco, la
Corte di cassazione, soltanto nel 2001, ha avuto modo di pro
nunziarsi per la prima volta sull'art. 685 c.p. riguardante la figu ra di reato della indebita pubblicazione di notizie concernenti un
procedimento penale: nonostante l'indubbia novità e il rilevante
interesse della questione, per ragioni ignote la sentenza era stata
catalogata tra quelle da non massimare e soltanto la successiva
pubblicazione su questa Rivista è valsa ad evitare che essa finis
se nel buio del magma indifferenziato della giurisprudenza (cfr.
Cass. 10 gennaio 2001, Lignola, Foro it., 2001, II, 137, con nota
di G. Canzio, Appunti in tema di indebita pubblicazione di noti zie riguardanti il segreto della camera di consiglio nel proce dimento penale).
Va salutato, quindi, con favore l'accentramento nel solo uffi
cio del massimario del compito di scegliere le decisioni penali dalle quali estrarre le massime, per l'evidente ragione che la
selezione dei provvedimenti rappresenta un'operazione impor
tante quanto quella del redigere le massime, nel senso che la
prima è complementare alla seconda e, realizzata con criteri
omogenei, costituisce la premessa indispensabile per l'attuazio
ne di un metodo di lavoro che assicuri completezza ed organi
cità nella rappresentazione del fluire della giurisprudenza della
Cassazione penale. Si tratta di un compito particolarmente arduo. Infatti, se si
considera che nell'anno 2003 sono state ben 48.246 le decisioni
penali e che — senza tenere conto delle 21.269 ordinanze pro
nunciate dalla settima sezione penale per le quali sono rimasti
fermi i precedenti criteri di selezione — quelle adottate dalle
altre sei sezioni penali sono state 26.977, si comprende agevol
mente la difficoltà dell'operazione, risultando tutt'altro che
11 Foro Italiano — 2004 — Parte V-3.
semplice sceverare da tale imponente materiale i provvedimenti
che, per il fatto di presentare un reale interesse per la massima
zione, devono entrare, a pieno titolo, nella giurisprudenza pro dotta dalla corte nell'esercizio della funzione di nomofilachia.
Del resto, l'importanza e la delicatezza della responsabilità affidata al massimario di rappresentare, in modo fedele ed orga
nico, i diversi orientamenti indicativi del divenire della giuris prudenza penale di legittimità balzano evidenti quando si tiene
presente che uno dei principali limiti «culturali» degli operatori
(i magistrati al pari degli avvocati) è identificabile nel fatto che la ricerca si arresta, quasi costantemente, alla scoperta del pre cedente massimato, sovente disgiunta dall'esame del testo della
motivazione e, dunque, dalla comprensione delle specifiche ra
gioni della decisione che hanno condotto ad enunciare proprio
quel principio di diritto, sintetizzato nella massima. Inoltre, non
può ignorarsi che nella prassi è scarsamente avvertita la neces
sità di intendere la portata e l'effettivo ambito applicativo della
massima alla luce della fattispecie concreta all'interno della
quale è stato ritenuto operante il principio enucleato dal deci
simi. Quest'ultima notazione evoca l'indissolubilità e l'essen
zialità del legame che avvince giudizio di fatto e giudizio di di ritto, per effetto del quale il principio massimato, indiscutibil
mente corretto se calato dentro una determinata situazione fat
tuale, diventa, invece, non pertinente o, addirittura, fuorviarne
quando muti taluno degli elementi della fattispecie concreta. Per
queste precise ragioni, giustamente nel decreto del primo presi dente è sottolineata la necessità, sotto più profili, di attenersi
alle regole per cui la massimazione — oltre a dover prescindere
dagli obiter dicta e dalle enunciazioni in tesi astratta (art. 5, lett.
g, del testo coordinato) — deve essere accompagnata dalla pre cisazione degli specifici termini della fattispecie concreta in re
lazione alla quale il principio di diritto è stato affermato (art. 5,
lett. b, c, d, e, f).
CORTE DI CASSAZIONE - CONSIGLIO DI STATO
Relazione di sintesi dei lavori della commissione
di studio istituita dai presidenti della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato
per l'approfondimento dei problemi di maggiore rilievo in tema di riparto di giurisdizione
Premessa. — La commissione di studio, formata dai compo
nenti designati dal primo presidente della Corte di cassazione
(presidente Mario Delli Priscoli, consiglieri Ernesto Lupo, Ste
fano Maria Evangelista e Pasquale Picone) e dai componenti de
signati dal presidente del Consiglio di Stato (presidenti Mario
Egidio Schinaia e Pasquale de Lise, consiglieri Francesco Ca
ringella e Paolo Troiano), si è riunita nel corso di sette sedute,
comprese nel periodo maggio-dicembre dell'anno in corso, cia
scuna preceduta da relazioni preparatorie sull'ordine del giorno
coordinato con i temi discussi delle sedute precedenti.
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