la fotografia e il cinema nelle scuole di antica...

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La fotografia e il cinema nelle scuole di antica fondazione del Veneto Sara Filippin Nel corso degli ultimi anni sono state condotte nel Veneto alcune ricerche presso scuole di antica fondazione, che miravano a reperire materiali di vario tipo legati alla storia della fotografia e del cinema, allo scopo di indagare e approfondire tempi, modalità e caratteristiche del loro rapporto con la scuola. La fotografia è infatti presente negli istituti scolastici ormai da molto tempo, come testimonianza della vita concreta degli istituti con le fotografie di classe, con le raffigurazioni di aule e gabinetti scientifici, di nuove e vecchie architetture, gite scolastiche, ecc.; e assieme al cinema anche come fondamentale sussidio didattico: ambedue quindi sono fonte importante per gli storici, che ne riconoscono pienamente il valore documentale 1 . Se è vero infatti che applicare alla fotografia - e uso qui il termine in senso lato, intendendo anche la “fotografia animata” - categorie interpretative usate per altre fonti, quali l’autenticità, la veridicità, l’esattezza, comporta parecchie difficoltà, è altrettanto vero che per sua natura, diffusione e popolarità d’uso, essa è fortemente connotata di elementi sociali e culturali, ed è quindi fonte preziosa per lo studio della storia della scuola, oltre che bene culturale a tutti gli effetti, cioè di bene “avente valore di civiltà” 2 . A partire da fine Ottocento, la teoria dell’insegnamento oggettivo - che stimolava i docenti ad evitare l’eccessiva astrazione di molte spiegazioni orali in favore di un contatto diretto dello studente con l’oggetto del proprio studio (la cosiddetta “lezione di cose”) - si incontrò con i progressi tecnici in ambito fotografico e cinematografico, creando un’alleanza fruttuosa della scuola e della didattica con il mondo dell’immagine meccanica. La fotografia inizialmente, e poi anche il cinema, divennero strumenti fondamentali laddove l’auspi- cato “contatto diretto” tra studente e oggetto dello studio non fosse ottenibile. Specialmente nelle scienze descrittive, l’insegnamento aveva bisogno anche dell’immagine, e in particolare dell’immagine fotogra- fica, perché «solo l’immagine riesce a chiarire nella mente dei giovani le differenze che passano fra certi fenomeni geografici. Le carte degli atlanti, per quanto perfette e moderne, non possono dar mai, pur col sussidio di un buon testo, una chiara idea, ad esempio, di ciò che sia una steppa russa e di ciò che sia invece una steppa dei pianori algerini» 3 . La fotografia venne quindi intesa come un immediato, intuitivo, sintetico analogon della realtà, e fu usata nell’insegnamento in modo sempre più diffuso, senza peraltro mai sosti- tuire del tutto le immagini disegnate. Affiancò altri sussidi didattici - gli strumenti dei gabinetti scientifici, i tabelloni murali, i modelli, le raccolte mineralogiche, ornitologiche, ecc. - e venne fruita durante le lezioni essenzialmente in proiezione, mentre scarsa era la sua presenza nei libri di testo, in genere poco illustrati, e spesso da disegni. Usata inizialmente soprattutto per le lezioni di Geografia, Scienze Naturali, Astronomia, ecc. la lanterna da proiezione conquistò subito altri campi del sapere quali, ad esempio, la Storia e la Let- teratura. Grande diffusione raggiunse durante il periodo fascista e, com’è noto, il regime se ne servì anche con fini di propaganda. La complementarietà della fotografia e del cinema con altri sussidi didattici suggerisce che uno studio storico sull’insegnamento di varie discipline, e sulla didattica tout court, non può trascurare il ruolo avuto da questi due media. Non tenerne conto impedirebbe una ricostruzione corretta della didattica di quegli insegnamenti e delle modalità con cui l’iconografia scientifica, storica, ma anche artistica, ecc. vennero introdotte nella scuola. Relativamente alla situazione veneta, alcune indagini dagli esiti interessanti, condotte con il sostegno del prof. Italo Zannier allora docente all’Università di Venezia, trovarono poi coordinamento e sistematiz- zazione in una ricerca condotta nel 2004 per conto dell’Università di Padova presso alcune scuole delle province di Padova e Venezia, della quale è stato responsabile il prof. Carlo Alberto Zotti Minici, docente di Storia e Tecnica della Fotografia 4 : un lavoro realizzato anche nella speranza, fino ad ora disattesa, di poter allargare e proseguire la ricerca presso altre scuole. I risultati furono presentati pubblicamente nel gennaio 2005 in occasione di un Convegno a Venezia 5 e poi, limitatamente alla situazione padovana, furono illustrati in un intervento in un periodico locale 6 . Questa relazione presenterà una panoramica globale di quanto è emerso in questi anni di lavoro; si

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La fotografia e il cinema nelle scuole di antica fondazione del VenetoSara Filippin

Nel corso degli ultimi anni sono state condotte nel Veneto alcune ricerche presso scuole di antica fondazione, che miravano a reperire materiali di vario tipo legati alla storia della fotografia e del cinema, allo scopo di indagare e approfondire tempi, modalità e caratteristiche del loro rapporto con la scuola. La fotografia è infatti presente negli istituti scolastici ormai da molto tempo, come testimonianza della vita concreta degli istituti con le fotografie di classe, con le raffigurazioni di aule e gabinetti scientifici, di nuove e vecchie architetture, gite scolastiche, ecc.; e assieme al cinema anche come fondamentale sussidio didattico: ambedue quindi sono fonte importante per gli storici, che ne riconoscono pienamente il valore documentale1. Se è vero infatti che applicare alla fotografia - e uso qui il termine in senso lato, intendendo anche la “fotografia animata” - categorie interpretative usate per altre fonti, quali l’autenticità, la veridicità, l’esattezza, comporta parecchie difficoltà, è altrettanto vero che per sua natura, diffusione e popolarità d’uso, essa è fortemente connotata di elementi sociali e culturali, ed è quindi fonte preziosa per lo studio della storia della scuola, oltre che bene culturale a tutti gli effetti, cioè di bene “avente valore di civiltà”2 .

A partire da fine Ottocento, la teoria dell’insegnamento oggettivo - che stimolava i docenti ad evitare l’eccessiva astrazione di molte spiegazioni orali in favore di un contatto diretto dello studente con l’oggetto del proprio studio (la cosiddetta “lezione di cose”) - si incontrò con i progressi tecnici in ambito fotografico e cinematografico, creando un’alleanza fruttuosa della scuola e della didattica con il mondo dell’immagine meccanica.

La fotografia inizialmente, e poi anche il cinema, divennero strumenti fondamentali laddove l’auspi-cato “contatto diretto” tra studente e oggetto dello studio non fosse ottenibile. Specialmente nelle scienze descrittive, l’insegnamento aveva bisogno anche dell’immagine, e in particolare dell’immagine fotogra-fica, perché «solo l’immagine riesce a chiarire nella mente dei giovani le differenze che passano fra certi fenomeni geografici. Le carte degli atlanti, per quanto perfette e moderne, non possono dar mai, pur col sussidio di un buon testo, una chiara idea, ad esempio, di ciò che sia una steppa russa e di ciò che sia invece una steppa dei pianori algerini»3. La fotografia venne quindi intesa come un immediato, intuitivo, sintetico analogon della realtà, e fu usata nell’insegnamento in modo sempre più diffuso, senza peraltro mai sosti-tuire del tutto le immagini disegnate. Affiancò altri sussidi didattici - gli strumenti dei gabinetti scientifici, i tabelloni murali, i modelli, le raccolte mineralogiche, ornitologiche, ecc. - e venne fruita durante le lezioni essenzialmente in proiezione, mentre scarsa era la sua presenza nei libri di testo, in genere poco illustrati, e spesso da disegni. Usata inizialmente soprattutto per le lezioni di Geografia, Scienze Naturali, Astronomia, ecc. la lanterna da proiezione conquistò subito altri campi del sapere quali, ad esempio, la Storia e la Let-teratura. Grande diffusione raggiunse durante il periodo fascista e, com’è noto, il regime se ne servì anche con fini di propaganda.

La complementarietà della fotografia e del cinema con altri sussidi didattici suggerisce che uno studio storico sull’insegnamento di varie discipline, e sulla didattica tout court, non può trascurare il ruolo avuto da questi due media. Non tenerne conto impedirebbe una ricostruzione corretta della didattica di quegli insegnamenti e delle modalità con cui l’iconografia scientifica, storica, ma anche artistica, ecc. vennero introdotte nella scuola.

Relativamente alla situazione veneta, alcune indagini dagli esiti interessanti, condotte con il sostegno del prof. Italo Zannier allora docente all’Università di Venezia, trovarono poi coordinamento e sistematiz-zazione in una ricerca condotta nel 2004 per conto dell’Università di Padova presso alcune scuole delle province di Padova e Venezia, della quale è stato responsabile il prof. Carlo Alberto Zotti Minici, docente di Storia e Tecnica della Fotografia4: un lavoro realizzato anche nella speranza, fino ad ora disattesa, di poter allargare e proseguire la ricerca presso altre scuole. I risultati furono presentati pubblicamente nel gennaio 2005 in occasione di un Convegno a Venezia5 e poi, limitatamente alla situazione padovana, furono illustrati in un intervento in un periodico locale6.

Questa relazione presenterà una panoramica globale di quanto è emerso in questi anni di lavoro; si

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soffermerà in particolare sui dati ottenuti dalla ricerca condotta dall’Università di Padova, arricchiti però con gli apporti derivati dagli altri momenti di studio, in particolare con i dati relativi all’Istituto Tecnico Riccati e alla Scuola Elementare De Amicis di Treviso, oltre che ai materiali custoditi dalla Biblioteca del Seminario Vescovile della stessa città7, tra i quali si trova l’intero archivio iconografico degli Istituti Fi-lippin8 di Paderno del Grappa (TV). Questi dati ulteriori sono stati ottenuti in momenti e con modalità in parte diverse rispetto al lavoro padovano, ma pur non potendo essere raffrontati con quelli dal punto di vista metodologico, consentono non di meno di arricchire la conoscenza della situazione veneta.

Avendo ben chiara la situazione cui ho accennato sopra, ci siamo posti alcuni obiettivi mirati essen-zialmente alla Storia della Fotografia e del Cinema, ma con la chiara coscienza dei loro legami con la Storia della Scuola e della Didattica:

1. Innanzitutto, la consapevolezza che alcuni Istituti di istruzione possedevano strumenti e materiali fotografici e cinematografici interessanti, ha stimolato un approfondimento dell’argomento attraverso veri-fiche sistematiche scuola per scuola.

2. Poi, la volontà di comprendere meglio i rapporti tra Fotografia e Cinema e il mondo della scuola - su cui esistono ancora poche informazioni e ricerche limitate - ci ha spinto ad accertare quando e in che modo la Fotografia e il Cinema abbiano avuto i primi contatti con la scuola, e come tale rapporto si sia evoluto e consolidato nel tempo.

3. Non va infine dimenticato che col T.U. sui Beni Culturali del 1999, anche le fotografie e le pellicole cinematografiche aventi carattere di rarità e di pregio sono state incluse nel novero delle testimonianze de-gne di tutela9. Ciò impone ai singoli Istituti nuove responsabilità, ma offre loro anche nuove opportunità di valorizzazione del proprio profilo storico.

Onde poter mettere a punto un metodo il più possibile corretto, in vista di un auspicato proseguimento futuro del lavoro, si è deciso di avviare la ricerca su scala limitata, operando nella sola provincia di Padova. Sono stati identificati e contattati gli Istituti di istruzione secondaria che rientravano nell’ambito cronologi-co stabilito, e cioè l’anno 1960: in tutto 12. Ad essi è stato aggiunto il Liceo Ginnasio Marco Foscarini di Venezia, in quanto scuola esemplare per quella provincia.

Ecco l’elenco degli Istituti partecipanti, con le rispettive date di fondazione:Istituto Agrario “Duca degli Abruzzi” - 1867Istituto Professionale per i Servizi Commerciali “L. Da Vinci” - 1960 (ex Ist. Galileo, fondato nel 1922)Istituto Tecnico per le Attività Sociali “P. Scalcerle” - 1954 (ex Ist. Tecn. Femminile, fondato nel 1870)Istituto Tecnico Commerciale “P. F. Calvi” - 1922Istituto Tecnico Industriale “G. Marconi” - 1942Istituto Tecnico per Geometri “Belzoni-Boaga” - 1868 Liceo Classico “Tito Livio” - 1873 (da ginnasio preesistente, operante già all’inizio dell’Ottocento)Liceo Scientifico “I. Nievo” - 1925Collegio Vescovile “Barbarigo” - 1919Istituto d’Arte “P. Selvatico” - 1867Liceo Ginnasio “M. Foscarini”, Venezia - 1807

Concretamente, è stata verificata la presenza dei seguenti materiali:• Strumenti e apparecchiature per fotografia e cinema o comunque attinenti alla loro storia.• Materiali fotografici di qualsiasi tipo: stampe positive, vetri da proiezione, negativi, e così via.• Pellicole cinematografiche.• Libri e riviste che avessero a soggetto principale la fotografia o il cinema, compresi i testi in cui la fo-

tografia e il cinema apparivano solo come un tema tra tanti, come ad esempio nei manuali di Fisica. • Infine, le opere di grafica collegate a questi temi.

Attraverso l’invio preventivo di un questionario è stata esaminata l’opportunità dell’inclusione delle singole scuole nel gruppo di quelle di nostro interesse. Sono stati esclusi solo due Istituti, l’Istituto Magi-strale Duca d’Aosta di Padova e l’Istituto Ferrari di Este (PD) per i quali è stata verificata la mancanza dei presupposti minimi per il nostro lavoro.

Il questionario consisteva in semplici ma fondamentali domande tese ad accertare la presenza o meno dei materiali che ci interessavano. Tuttavia, indipendentemente dalle risposte avute - per la verità non

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sempre coerenti o chiare - abbiamo poi preso contatto con tutti i Dirigenti Scolastici, per chiarire eventuali perplessità, dubbi o diffidenze. Successivamente abbiamo visitato le singole scuole più volte, a seconda della mole dei materiali reperiti e quindi delle necessità della rilevazione.

In gran parte dei casi, le risposte forniteci sono state riscontrate non corrispondenti a quanto poi effet-tivamente trovato con le visite in loco. I materiali concretamente censiti sono stati maggiori in quantità, e qualche volta diversi in tipologia rispetto alle segnalazioni. Tali discrepanze sono dovute in parte alla scarsa conoscenza degli argomenti che ci interessavano da parte degli operatori della scuola, che ha indotto a sot-tostimare, o anche sovrastimare, la consistenza e il valore dei materiali posseduti, in parte al fatto che gli stessi operatori non sempre conoscono le collezioni storiche e documentarie dell’Istituto in cui operano10.

Gli strumenti, la grafica e i libri rintracciati sono stati catalogati singolarmente, mentre si è deciso di ca-talogare solo un campione di fotografie e filmati, in quanto presenti in numero molto elevato, e tale da rendere velleitaria, nei tempi a disposizione della ricerca, una catalogazione dettagliata pezzo per pezzo. La parte rima-nente è stata rilevata con dati cumulativi, costituendo delle virtuali serie “fattizie” per soggetto e tipologia.

I dati sono confluiti in un database progettato tenendo conto degli standard dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione - ICCD - del Ministero per i Beni e le Attività Culturali11, con alcune modi-fiche alla lettera di quelle norme, per la necessità di coordinare tra loro schede di diversa natura, oltre che di non appesantire lo schedario con dati poco utili allo scopo propostoci. E’ stato scelto il livello inventariale di approfondimento, l’unico praticabile in questa fase del lavoro, registrando, in sostanza, gli autori e i produt-tori, le dimensioni e gli altri dati materiali, lo stato di conservazione, ed eventuali particolarità interessanti. Per la datazione sono stati di aiuto inventari (quando disponibili) e bibliografia pertinente; ma è anche capita-to di dover operare con criteri induttivi, laddove non erano disponibili fonti documentarie o bibliografiche.

La tabella che segue riassume i dati numerici emersi dalla ricerca padovana, integrati da quelli - a volte parziali o sommari - relativi alle altre entità trevigiane.

Scuola StrumentiMateriali fotografici

Libri Pellicole StampeProiezioni Positivi NegativiBarbarigo 5 606 5 35 1 -- --Belzoni 17 41 254 -- 11 20 6Calvi -- -- 3 -- -- -- --Da Vinci 1 157 -- 68 -- -- --Duca degli Abruzzi 1 -- 14 -- -- -- --Liceo Foscarini 17 1718 83 5 25 205 --Marconi -- -- -- -- -- 30 --Nievo 2 55 -- -- -- -- --Scalcerle 4 48 37 -- 1 46 --Selvatico -- 185 948 42 -- -- --Tito Livio 3 139 53 -- 18 46 --

Totale 50 2949 1397 150 56 347 6De Amicis (1) 4 241 12 -- -- -- --Istituto Tecnico Riccati 5 (2) 4145 (3) 10 (4) 380 non ril. non ril. non ril.Seminario Vescovile 4 (2) 1300 (4) 170 (4) non ril. non ril. non ril. non ril.Istituti Filippin non ril. non ril. 4000 (4) 100 (4) non ril. non ril. non ril.

Totale globale (4) 63 8635 5589 630 56 347 6

(1) La Scuola elementare De Amicis è sede di circolo didattico e conserva nei suoi depositi parecchi materiali dei plessi scolastici dipendenti.(2) Dato parziale.(3) Al totale di 4145 unità sono da aggiungere 262 duplicati e 59 vetri da proiezione con schemi o sintetici disegni rea-lizzati manualmente sul vetro.(4) Dato stimato.

Riferendoci agli strumenti, dallo schema emerge evidente una certa disparità quantitativa tra le diverse scuole, e in linea di massima questo corrisponde ad una disparità anche qualitativa.

Praticamente in tutte troviamo almeno uno strumento da proiezione, lanterna o epidiascopio. Ci sono poi delle camere oscure, spesso piccole ma sufficienti per spiegare i principi ottici su cui si basano,

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caleidoscopi, qualche stereoscopio di Brewster o del tipo detto americano, con alcune immagini - disegni geometrici o fotografie stereoscopiche - per dimostrare l’effetto della tridimensionalità. Questi strumenti sembrano aver costituito la dotazione minima di cui ogni scuola disponeva.

Alcune scuole conservano però, nei gabinetti di Fisica, altri strumenti ottici, meno diffusi e per certi aspetti più preziosi.

Per quanto a tutt’oggi abbiamo potuto verificare, Foscarini e Belzoni hanno senza dubbio gli strumenti più numerosi e storicamente più interessanti sia per la storia della Fotografia che del Cinema. Questa mag-giore importanza è direttamente correlata alla ricchezza dei rispettivi gabinetti scientifici, costantemente e tempestivamente aggiornati negli anni con nuove apparecchiature12.

Tra gli apparecchi più interessanti troviamo due macchine per la realizzazione di dagherrotipi, del 1841-42 quella del Foscarini, senza data precisa, ma antecedente al 1848, quella del Seminario di Treviso. Testimoniano dell’interesse precoce che l’invenzione della fotografia aveva suscitato in ambito scientifico veneto, tanto da essere presto introdotta nell’insegnamento della Fisica.

L’apparecchio del Foscarini è legato al nome dall’abate Francesco Zantedeschi (1797-1873)13, inse-gnante all’allora Liceo Santa Caterina e poi docente all’Università di Padova, autore di parecchi scritti su temi scientifici, e uno dei primi a Venezia a sperimentare la dagherrotipia. L’apparecchio di Treviso, più pic-colo, è invece interessante perché legato al nome di Carlo Ponti, ottico molto famoso, a tutt’oggi documen-tato a Venezia dal 1847. L’ottica di questo apparecchio ne porta la firma. Pur non potendo, sulla base degli elementi in nostro possesso, anticipare la data dello strumento a prima del 1847-1848, le vicende legate alla persona dell’allora responsabile del gabinetto di Fisica, abate Giuseppe Da Camin (1812-1878)14, stimolano alcune domande al riguardo; e se una futura ricerca d’archivio consentisse di anticipare la data d’acquisto dello strumento, dovrebbe conseguentemente essere aggiornata anche la biografia di Carlo Ponti.

Molto ben conservati i due microscopi solari del Foscarini (ambedue di Bianchi di Parigi, uno antece-dente il 1838, l’altro in inventario dal 1841-42), quello del Belzoni (J. Duboscq, 1869), e quelli dello stesso Seminario di Treviso (ante 1848) e del Riccati (s.d.)15; lo stereoscopio a riflessione di Wheatstone (in inven-tario dal 1839-40), ugualmente al Foscarini, l’unico di questo tipo fino ad oggi emerso. Al Riccati di Treviso e al Belzoni di Padova ci sono poi delle macchine fotografiche (rispettivamente 1874-75 e 1899 ca.), che sulla base di alcuni indizi, potremmo ipotizzare usate anche per la produzione di immagini utili alle due scuole, e non solo come strumento dimostrativo per le lezioni di Ottica. Quest’ultima scuola possiede anche alcuni interessanti accessori per la produzione di fotografie, come ad es. un telaio per il ritocco di negativi, un apparato per microfotografia, oltre ad un notevole spettroscopio di Steinheil con lente cilindrica a tre prismi e con camera oscura fotografica (1880), e perfino una cassetta per stampa autotipica (fine ‘800)16 con dei residui di inchiostri al proprio interno. Accessori per fotografia - soprattutto telaietti positivi e negativi - si trovano poi al Seminario di Treviso, confermando la presenza un tempo di una macchina fotografica, che peraltro troviamo elencata negli inventari.

Ricordo ancora tra gli apparecchi da proiezione la lanterna fotoelettrica di J. Duboscq (1869) al Bel-zoni, quella dell’Istituto Tecnico per le Attività Sociali “P. Scalcerle” (Herlango, Vienna, 1923), quella del-l’Istituto Riccati (E. Leybold, Colonia, 1923-24) e infine un apparecchio italiano, il Venus (Ganzini, 1906) al Seminario Vescovile di Treviso. Molto ben conservata infine, tra le collezioni del Foscarini, una camera oscura, in palissandro (1868-1874)17.

Quanto ai materiali fotografici, risulterà evidente che i vetri da proiezione sono la tipologia di gran lunga più presente, con una netta prevalenza rispetto ad altri supporti, confermando così le notizie biblio-grafiche sulla grande diffusione di questi sussidi.

Il dettaglio dei materiali fotografici è esposto nella tabella che segue:Scuola Positivi Negativi Vetri proiez. Autochrome Stereogr. Pellic. fisse

Barbarigo 3 35 606 2 -- --Belzoni 254 -- 41 -- -- --Calvi 3 -- -- -- -- --

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Da Vinci -- 68 157 -- -- --Duca Abruzzi 14 -- -- -- -- --Foscarini -- 5 1693 2 81 25Marconi -- -- -- -- -- --Nievo -- -- 55 -- -- --Scalcerle 37 -- 48 -- -- --Selvatico 948 42 182 -- -- 3Tito Livio 53 -- 139 -- -- --

Totale 1312 150 2921 4 81 28

De Amicis 12 -- -- -- -- 241Riccati 10 (1) 380 4145 (2) non ril. non ril. non ril.Seminario Vescovile 20 (1) non ril. 1300 (1) -- 150 (1) non ril.Istituti Filippin 3000 (1) 100 (1) non ril. non ril. non ril. non ril.

Totale (1) 4354 630 8366 4 231 269

(1) Dato stimato, sia per i singoli valori parziali che, naturalmente, nei totali generali.(2) V. nota 3 alla precedente tabella.

I soggetti sono molto vari: dalla Storia, alla Geografia, alla Storia dell’Arte, a tutte le materie scien-tifiche (Biologia, Anatomia, Zoologia, ecc.). Ma vi sono anche soggetti non propriamente definibili come didattici, né legati direttamente alla vita della scuola. Ad esempio, nella collezione del Barbarigo vi è un nucleo di vetri da proiezione degli anni ‘30, relativi all’inaugurazione dell’anno accademico alla Regia Scuola Superiore di Architettura di Venezia, al Congresso di Studi Adriatici in presenza dell’ammiraglio Thaon de Revel, ad una conferenza del gen. Grazioli sugli armamenti; altri vetri riguardano l’arrivo del pilota Umberto Maddalena con il suo idrovolante nel Canal Grande a Venezia; ci sono ancora istantanee di uno spettacolo teatrale in un campiello veneziano, e così via18.

Tra gli autori, troviamo i nomi più noti nel settore: l’Istituto Italiano per le Proiezioni Luminose, la Alinari I.D.E.A., l’Istituto Minerva, l’Istituto Micrografico Italiano, la ditta Mazo, l’Editrice La Scuola di Brescia, la Rinaldo Damiani di Venezia, e altri, oltre a qualche nome di importanza locale. Molto materiale è tuttavia anonimo, realizzato da studi fotografici o anche, pare di capire, all’interno delle scuole, come sembrano dimostrare le collezioni del Belzoni e del Da Vinci.

Un cenno specifico va fatto alla raccolta di vetri da proiezione dell’Istituto Riccati, giuntaci pratica-mente nella sua integrità, in grado quindi di offrire un case study molto articolato e ricco sull’uso delle proiezioni all’interno di questa scuola19. Sono in parte ottenuti dalla riproduzione di fotografie, in parte dalla riproduzione di disegni, e provengono dall’Istituto Italiano per le Proiezioni Luminose, dall’Istituto Micro-grafico Italiano, dalla Fratelli Alinari I.D.E.A., dalla Bonne Presse di Parigi, oltre che da alcuni fotografi trevigiani. Non mancano anche in questo caso un gruppo di vetri anonimi.

L’avvio e l’incremento della raccolta si deve soprattutto alla figura del prof. Adriano Augusto Michieli (1875-1959)20, docente di materie letterarie presso la scuola. Il Riccati comprò nel 1911 il primo proietto-re e le prime serie di vetri, incrementate poi, anno dopo anno, con acquisti da ditte specializzate o con la riproduzione di immagini da libri. Ai tradizionali vetri di Geografia (comprese immagini della “bonifica integrale”), Storia dell’Arte, Scienze Naturali, si affiancano le serie di Storia che, a partire dalla Storia Antica, attraverso una scansione puntuale dei secoli, arrivano alla contemporaneità delle “Grandi opere del fascismo” e della “Mostra della Rivoluzione Fascista”. Comprensibilmente scarno il gruppo di Storia dell’Arte; ci sorprende invece la presenza della Storia Letteraria: solo accennata con qualche frammento, limitata all’illustrazione di tre odi carducciane21, a una serie sul Parini, e ad una serie che narra le vicende de I Promessi Sposi attraverso 43 quadri tratti dal film del 1913 di Eleuterio Rodolfi per la Ambrosio22. A mio avviso questa serie è molto interessante, perché spinge a riflettere sulle diversità linguistiche tra le varie arti - letteratura, fotografia, cinema - ma anche sull’uso che di queste immagini si faceva in classe, dovendo illustrare un romanzo la cui importanza letteraria non poteva certo racchiudersi in poche immagini. Tanto più che la narrazione dei vetri trascura interi capitoli dell’opera, scegliendo - con chiara visione filmografica - di concentrarsi sull’intreccio fondamentale della vicenda.

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Più che nella sua preziosità materiale, il valore del fondo di vetri da proiezione del Riccati è di ordine storico, e risiede nella sua capacità di offrire una rappresentazione ampia ed esauriente del tipo di insegna-mento per immagini allora praticato. Ma è anche di ordine scientifico, perché offre un ricco materiale per un riscontro tra le nozioni veicolate nei libri di testo e le immagini che vi venivano associate; evidenzia le preferenze e le scelte tra disegni, riproduzioni di opere d’arte (spesso presenti per l’illustrazione di eventi storici) e fotografia.

Il 29 aprile 1959, pochi mesi prima di morire, il prof. Michieli donava al Seminario Vescovile di Trevi-so ca. 700 vetri da proiezione su alcune importanti realizzazioni tecnologiche d’inizio secolo: vetri che per anni aveva usato nelle sue lezioni divulgative alla Scuola Libera Popolare cittadina. A giudicare dai titoli delle serie, si è spinti a ritenere che parte di quei vetri da proiezione fossero serviti anche per le lezioni al Riccati, nel periodo in cui la collezione non era ancora molto ricca, e il prof. Michieli usava per le lezioni materiale di sua proprietà. I rimanenti vetri presenti al Seminario riguardano soprattutto temi geografici ed astronomici23.

Considerate nella loro globalità, si può affermare che queste collezioni di vetri non si limitavano a se-guire i programmi ministeriali, ma erano veicolo di un’attività didattica integrativa che operava delle scelte fra i temi più meritevoli d’attenzione.

Per analogia d’uso rispetto ai vetri da proiezione, ricordo subito le pellicole ad immagine fissa, scarsamente presenti negli Istituti d’istruzione secondaria, e invece in numero più consistente alla Scuola Elementare De Amicis, dove le 241 pellicole (1950-1970 ca.) sono in gran parte accompagnate dal testo a commento. In questo caso, ai tradizionali temi d’insegnamento - Geografia, Storia, Scienze, ecc. - se ne aggiungono altri quali l’Educazione Civica, la Religione e perfino le favole, temi che vengono trattati con una lieve preminenza di immagini disegnate rispetto a quelle direttamente fotografiche.

Vale la pena di citare un gruppo di filmine dedicate ad alcune industrie manifatturiere (la produzione dei succhi di frutta, l’aviazione, la lavorazione del petrolio, l’industria del giocattolo, ecc.). Si tratta di pellicole a carattere didattico-promozionale, realizzate da grosse aziende e donate alle scuole - una pratica molto diffusa negli anni ’60-‘70 - nelle quali veniva illustrato il ciclo di lavorazione di alcuni prodotti in-dustriali. E’ chiaro che, se così la scuola poteva disporre di materiale didattico di prima mano, questi doni costituivano per le aziende un aspetto delle proprie azioni pubblicitarie e di fidelizzazione di un pubblico infantile e giovanile.

Non sono molti i negativi: sono presenti al Barbarigo con immagini dei locali della scuola, al Da Vinci di Padova e nel fondo Riccati di Treviso con negativi di vetri da proiezione, al Selvatico con immagini di attività didattiche; oltre che nel Fondo Filippin, collegati alle stampe positive.

Resta da dire dei positivi. Anche in questo caso, come per gli strumenti, vi sono grosse disparità tra i dati: mentre gli Istituti Filippin e il Selvatico presentano un quantitativo importante di fotografie, le altre scuole hanno una dotazione d’immagini molto meno estesa: eccezion fatta per il Belzoni, si tratta in genere di fotografie di classe, degli ambienti scolastici o delle attività didattiche, di qualche evento importante della vita della scuola, dei ritratti degli allievi caduti in guerra, di qualche lapide commemorativa, ecc. Nel nostro campione, le fotografie che testimoniano la vita e l’attività scolastica sono cioè in numero general-mente esiguo, a parte il caso degli Istituti Filippin. Fondati nel 1924 ad opera di mons. Erminio Filippin (1899-1991) che li diresse fino al 1958, furono per qualche decennio un luogo d’eccellenza dell’istruzione italiana, frequentato dai figli della classe dirigente e politica. Organizzati come campus “concluso” e auto-sufficiente, compresi i servizi e le attività culturali e sportive integrative, prevedeva gli ambienti necessari all’attività didattica e al soggiorno degli studenti, ma anche campi sportivi, piscina, campo di equitazione, ecc. La raccolta fotografica si deve alla forte personalità del fondatore, che intese non solo documentare ma costruire, momento dopo momento, la memoria delle proprie realizzazioni da far pervenire ai posteri24. A parte pochi casi, gli oltre 4000 positivi - databili tra l’inizio degli anni ‘20 e gli anni ‘70 - sono stati realiz-zati su commissione da esperti fotografi; illustrano i luoghi e le attività didattiche ed extra didattiche degli Istituti, ma raccolgono anche i ritratti di personalità e di allievi, e mostrano l’esistenza di un progetto edu-cativo ad altissimo livello e la fiducia profonda che si riponeva in esso, che travalica le pur evidenti valenze promozionali a cui queste fotografie erano destinate.

Pregiata è anche la collezione del Selvatico, sia in termini di quantità (948) sia quanto a datazione - l’arco cronologico di riferimento parte dal 1852 e si protrae fino agli anni ’50-’60 del Novecento - che

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per numero di studi fotografici rappresentati. E’ suddiviso sostanzialmente in due nuclei distinti. Il primo nucleo può essere compreso in un unico ambito, quello della Storia dell’Arte e dell’insegnamento del di-segno (775 unità) con rappresentati grandi nomi della storia della Fotografia25, oltre a un buon numero di fotografie anonime, al momento non attribuite. Il secondo nucleo è costituito da tre begli album fotografici (173 foto) datati rispettivamente 1897-98, 1921 e 1935, che presentano gli ambienti dell’edificio scolasti-co, alcuni momenti dell’attività didattica, ed esemplari dei lavori degli allievi. Un quarto album sui capi d’opera realizzati all’interno della scuola è stato rintracciato alla Camera di Commercio di Padova, con la stessa e identica rilegatura di quello del 1935 conservato al Selvatico, ma con fotografie diverse. Ignoriamo le ragioni di questa presenza presso l’Ente Camerale, anche se la contiguità d’interessi tra i due organismi può farlo supporre.

Se il nucleo testé descritto è facilmente collocabile all’interno della presenza pubblica della scuola, molto più mirata risulta la raccolta di fotografie del primo nucleo26. L’attuale Istituto Statale d’Arte Selva-tico fu fondato nel 1867 da Pietro Estense Selvatico (1803-1880)27 come scuola di disegno per artigiani. Selvatico considerava attentamente, e apprezzava, i “vantaggi che la fotografia può portare all’arte” 28, cioè il contributo che la fotografia poteva dare al rinnovamento della visione e dell’osservazione, di cui artisti e pubblico si sarebbero avvantaggiati. Ma è più importante citare qui il suo pensiero sull’uso della fotografia come modello per l’insegnamento del disegno. Selvatico riteneva che un intermediario tra la realtà e la natura, e l’arte, fosse molto utile ai ragazzi, soprattutto nella resa della prospettiva e del chiaroscuro. La possibilità di disporre di riproduzioni con resa prospettica e chiaroscurale esatta, costituiva, secondo Selva-tico, uno strumento didattico fondamentale.

Esaminando il materiale si può affermare che un primo gruppo di fotografie - quello che meglio rispecchia il pensiero dello studioso padovano - è stato poi accresciuto nel tempo, con ciò cambiando in parte il proprio significato, e passando da un uso strumentale ad un uso illustrativo essenzialmente accesso-rio e sussidiario. Stesso intento illustrativo dovevano avere le 209 stampe positive su opere d’arte di pittura, architettura e scultura presenti al Belzoni.

Non molte infine le immagini stereoscopiche, presenti solo presso il Foscarini e al Seminario Vesco-vile di Treviso29. Si è già detto che nelle altre scuole, laddove è conservato uno stereoscopio, vi è anche qualche stereogramma, a volte posizionato nell’apposito visore, e sufficiente per dimostrare l’effetto di tridimensionalità.

Le pellicole cinematografiche sono praticamente tutte successive al 1960. Nonostante questa datazione eccedesse i limiti cronologici della nostra ricerca, si decise comunque di rilevarle, perché ci parve di capire che è sostanzialmente negli anni ’60 che le pellicole cinematografiche cominciarono ad essere acquistate in modo costante e consistente dalle scuole, con un massimo negli anni ‘70, per azzerarsi all’inizio degli anni ’80 a favore di altri media. D’altra parte, la contiguità nella didattica tra proiezioni fisse e animate - con il passare del tempo le seconde sostituirono molto diffusamente le prime - ha imposto di tenerne conto.

Va tuttavia precisato che il cinema aveva fatto il suo ingresso a scuola già parecchio tempo prima, verso la fine degli anni ‘10 del Novecento; ma dato l’elevato costo delle pellicole e delle attrezzature, si ri-correva molto più spesso al noleggio “delle film” o alle programmazioni specifiche per le classi nei cinema cittadini. E tuttavia l’Istituto Belzoni possiede due apparecchi da proiezione cinematografici datati 1920 e 1922, mentre al Foscarini se ne trova uno degli anni ‘30 -‘40 del Novecento.

I soggetti trattati sono assimilabili a quelli delle proiezioni fisse: Scienze Naturali e Fisiche, Geografia, Storia dell’Arte; oltre a qualche tema meno frequente quali l’ecologia, la tragedia greca, l’urbanistica.

Le più diffuse sono le pellicole Esso per l’insegnamento della Fisica, che risultano presenti pratica-mente in tutte le scuole superiori, a volte accompagnate da quelle per l’insegnamento della Chimica, e da altre pellicole di argomento non solo scientifico, prodotte dall’Enciclopedia Britannica. A detta di alcuni insegnanti, si tratta di materiale di ottimo valore didattico; era realizzato da primarie istituzioni di ricerca quali il Physical Science Study Committee, il Massachusetts Institute of Tecnology, l’Università di Har-vard, la Princeton University, l’Harvey Mudd College di Claremont, l’Università di California di Berkeley, la Pasadena Foundation for Medical Research, ecc. In un caso le pellicole Esso erano ancora usate nell’in-segnamento (riversate in videocassetta), e sembra che fino a qualche anno fa fosse ancora possibile, anche se con difficoltà, trovarle in commercio.

Il Foscarini possiede la serie di Geografia Le cento città, della Diego Fabbri Editore.7

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I dati relativi alla sezione bibliografica sono per certi aspetti difficilmente comparabili tra loro. Le pub-blicazioni che trattano specificamente di fotografia sono solo due, ambedue al Belzoni. Si tratta di una copia delle Conférences Publiques sur la Photographie del 1893, e dei primi tre fascicoli - 1858 e 1859 - di una rivista che sembra aver avuto scarsa diffusione, Ricordi fotografici degli artisti contemporanei in Toscana, un periodico venduto come portfolio, che presentava in ogni numero tre testi descrittivi e di commento su altrettante opere d’arte, di cui era presente una riproduzione fotografica30. Gli altri libri censiti sono qualche catalogo e testi di Fisica, o specificamente di Ottica, in cui in modo più o meno diffuso si parla anche di fotografia o di cinema. Sono presenti in numero significativo e con titoli interessanti soprattutto al Liceo Tito Livio di Padova31.

Invece, il nucleo di testi presente al Foscarini è del tutto diverso, e difficilmente comparabile con quan-to rilevato negli altri istituti. La biblioteca antica del Foscarini è infatti costituita da circa 20.000 volumi che vanno dal XV secolo in poi, con opere letterarie, religiose e scientifiche anche importantissime. Tale circo-stanza si spiega col fatto che quando la scuola fu fondata - nel 1807 per decreto napoleonico - confluirono in quello che allora si chiamava Liceo Santa Caterina le biblioteche di alcuni ordini religiosi soppressi che andarono a formare un patrimonio bibliografico di notevole valore, incrementato poi negli anni dai nuovi acquisti. E il dato che interessa la nostra ricerca è la presenza di un numero consistente di opere del Seicento e Settecento che riguardano gli studi sull’Ottica, sulla Filosofia Naturale e Sperimentale, sulla divulgazione delle conoscenze scientifiche: libri che hanno impegnato tutti gli storici che si sono occupati di rintracciare le idee e gli studi precorritori del cinema e della fotografia. Ne cito solo alcuni: Giovanni Battista della Porta, Magiae Naturalis, 1558; Alhazen, Opticae thesaurus, 1572; Athanasius Kircher, Ars magna lucis et umbrae, 1671; Francesco Algarotti, Il newtonianismo per le dame, 1739; l’edizione francese dei Physices elementa mathematica, experimentis confirmata sive introductio ad phylosophiam newtonianam (Eléments de physique demontrés matematiquement) di Willem Jacob ‘S Gravesande, 1746; Peter v. Musschenbroek, Introductio ad philosophiam naturalem, 1768; Santini Giovanni, Tecnica degli stromenti ottici, 1828.

Non è stato invece possibile verificare la sezione più recente della biblioteca. Tempo prima, lo sche-dario cartaceo rivelava la presenza di un trattato di Desiré Monckhoven, Traité de photographie, del 1856, oltre a due testi sul cinema degli anni ‘6032, che tuttavia non è stato possibile esaminare. Il dato globale di 25 unità indicato nella tabella riassuntiva è riferito alla sola biblioteca antica, e potrebbe quindi dover essere corretto in aumento, dopo che si facesse una verifica più dettagliata33.

Pochissimi i reperti di grafica, rintracciati tutti al Belzoni. Si tratta di sei tabelloni didattici su temi di ottica, collocati alle pareti del Museo di Fisica della scuola, parte di una collezione più ampia su altri temi di fisica.

Considerazioni riassuntive

Come ho già rilevato, esiste una certa disparità nella quantità e stato di conservazione dei beni tra le varie scuole. All’interno della cornice storica delineata in premessa, i dati di cui disponiamo sembrano comunque confermare una indubbia penetrazione della fotografia e del cinema nella scuola, con alcune particolarità che dipendono, oltre che dalla specificità degli indirizzi di studio e dall’età delle istituzioni, anche dalla presenza di figure “forti” nel corpo insegnante che hanno determinato con la propria attività l’interesse per i temi fotografici: mi riferisco alle figure di Francesco Zantedeschi al Foscarini, di Luigi Borlinetto (1827-1904) al Belzoni, di Adriano Augusto Michieli al Riccati, di mons. Erminio Filippin agli omonimi Istituti, dell’abate Giuseppe Da Camin al Seminario di Treviso, e di Pietro Estense Selvatico al-l’Istituto d’Arte.

Zantedeschi iniziò la sua attività al Foscarini nel 1838, e fino al 1849, quando si trasferì all’Università di Padova, i suoi studi e le sue esperienze furono condotti all’interno del gabinetto di Fisica della scuola. Questo è vero anche per i suoi studi di fotografia34 a cui è legata la precoce datazione della macchina per dagherrotipi del Foscarini.

Negli inventari del Belzoni abbiamo trovato il nome di Luigi Borlinetto, ingegnere, ottimo fotografo e autore di numerosi scritti sulla fotografia35. Dal 1852-1853, appena laureato, fu assistente di Zantede-schi alla facoltà di Fisica dell’Università. Non è stato possibile appurare il tipo e la durata del rapporto di

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Borlinetto con il Belzoni, tuttavia, scorrendo gli inventari anno dopo anno, sono state trovate tracce molto evidenti di uno studio dei fenomeni fotografici per nulla superficiale e anzi piuttosto dettagliato36. Anche al Selvatico tutto fa supporre che sia stato il pensiero del marchese a stimolare l’acquisizione iniziale di un fondo di fotografie tipologicamente ben individuato e consistente37.

Quanto a Michieli, la sua figura di divulgatore, storico e studioso di ampia cultura, sostenitore fermo delle proiezioni luminose, ha consentito al Riccati di costituire una ricca collezione di vetri, la più consi-stente e articolata fino ad oggi rintracciata in ambito veneto, e certamente una delle più complete d’Italia. Della strategia pubblicitaria e di conservazione della memoria di mons. Filippin abbiamo già detto. Il gabi-netto di Fisica del Seminario Vescovile di Treviso infine ha potuto arricchirsi grazie alla tenacia di Giuseppe Da Camin, che lo ha fondato e accresciuto.

Considerata inizialmente solo come fenomeno scientifico, la fotografia acquistò verso la fine del XIX secolo, e soprattutto nel successivo, un valore diverso, e diventò presto fondamentale nell’insegnamento come strumento di cultura e conoscenza, veicolata inizialmente da vetri da proiezione e successivamente anche con l’illustrazione dei libri di testo. In questo processo è stata fondamentale la lanterna da proiezione che, soprattutto nei primi decenni del XX sec., fu un veicolo davvero importante di cultura, e un sussidio diffuso in classe e usato per le conferenze divulgative, dentro e fuori la scuola.

Ho già notato che in alcuni casi i vetri da proiezione ampliavano e integravano i contenuti dei pro-grammi ministeriali evidenziando una certa autonomia didattica degli insegnanti e degli istituti. Anche per questo ritengo che lo studio di questi sussidi sia importante, per rendere conto dei punti di tangenza e diver-sità tra programmi d’insegnamento, libri di testo, biblioteche scolastiche ed azione personale dei docenti. Senza dubbio ne emergerebbero gli standard, ma anche momenti di individualità dei singoli insegnanti e della scuola stessa; un tale studio contribuirebbe nel contempo a far luce su un settore del mercato editoria-le, quello appunto dei sussidi didattici - oggi come un tempo molto potente, ma poco esplorato - di cui si potrebbero ricostruire, almeno nelle linee essenziali, l’evoluzione e le scelte culturali e commerciali.

Si può senz’altro dire che con la diffusione su larga scala della fotografia, la presenza di immagini nella scuola si fece più consistente e toccò molte discipline. I sostenitori dell’immagine fotografica rispet-to al disegno si fecero col tempo numerosi in quanto - soprattutto nelle scienze descrittive - l’immagine meccanica appariva garante di maggiore “verità” e “oggettività” rispetto al disegno, nel quale le scelte e l’intervento interpretativo dell’autore apparivano meno affidabili dell’obiettivo della macchina fotografica. Il disegno però non fu mai del tutto sostituito, i due media si affiancarono bensì, con dei parziali ambiti di preferenza ma anche con ampie commistioni, e con diversità tra scuola e scuola.

Diversa mi pare essere la situazione per il cinema che, stando al nostro pur limitato campione, pare aver preso contatto con la scuola già “maturo”, già capace di dispiegare tutte le sue potenzialità di sussidio didattico. A parte il praxinoscopio del Foscarini, un altro praxinoscopio elencato nell’inventario del Belzoni ma non rintracciato, e a una voce di inventario al Tito Livio che sembra riferirsi ad un taumatropio (non pervenuto), non abbiamo trovato traccia di altri strumenti atti a spiegare il concetto di persistenza dell’im-magine retinica, né di pellicole antecedenti agli anni ’60, a parte le citate pellicole a immagine fissa.

A quanto abbiamo potuto rilevare, pare lecito affermare che il ruolo svolto dalla fotografia nella scuola rispecchi tutta la gamma delle potenzialità e usi che questo medium ebbe nelle sue varie applicazioni: fe-nomeno scientifico nei gabinetti di Fisica, strumento di educazione alla visione (Selvatico), sostituto della realtà (vetri da proiezione), strumento per fissare momenti importanti della vita degli istituti (macchina della memoria), mezzo di autopromozione (Filippin), ma anche semplice strumento di riproduzione d’im-magini.

Anche il cinema è stato sussidio didattico molto apprezzato dagli insegnanti fin dai primi decenni del XX secolo per la sua efficacia a veicolare alcuni temi; perciò sarebbero utili studi più approfonditi anche su questo medium, al fine di avviare un ambito di studi e ricerche finora trascurato38.

E’ comunque necessaria una riflessione sul valore di “documento” che la fotografia assume nella didattica, sulla sua possibilità di rappresentare il mondo in modo “trasparente” nelle sue potenzialità sia istruttive che educative. Il dibattito sulla minore o maggiore invadenza della fotografia nella registrazione e veicolazione delle immagini del reale, ha infatti accertato che essa non si identifica con il puro suo fun-zionamento meccanico, non riproduce le cose, bensì “costruisce delle cose”, crea dei mondi39. Se valutare

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questo aspetto è sempre importante nel messaggio fotografico, lo è tanto più in ambito didattico, perché aiuta a misurare e a considerare quale realtà e quale cultura venivano (e vengono) comunicati in classe.

Altri percorsi di studio andrebbero poi esplorati. Bisognerebbe ad esempio approfondire la conoscenza del rapporto esistente tra immagine meccanica e disegno; verificare quale tipo di fotografie venivano usate nella didattica, se specificamente realizzate allo scopo o se scelte dal più ampio repertorio della veduta, della riproduzione d’arte, della fotografia scientifica, ecc., in sostanza se esisteva una specificità fotografica per la scuola; capire il ruolo che la fotografia ha avuto rispetto al testo, nelle sue varie modalità d’impiego, e così via. Altrettanto per il cinema, bisognerebbe saperne di più sui produttori, sui soggetti ricorrenti, sul mercato di questo genere di filmati. E bisognerebbe poi esaminare quale linguaggio cinematografico sia stato considerato adatto ad una chiara comunicazione scientifica, quali sono le specificità, se esistono, tra vari soggetti.

Assieme alla raccolta dei documenti cartacei e dei beni mobili e immobili, si impongono quindi all’at-tenzione di tutti anche i gabinetti scientifici, e le raccolte di fotografie e pellicole cinematografiche, perché costituiscono un corpus di materiali capace di fornire fondamentali momenti di riflessione; come i fondi documentali e le biblioteche, essi potrebbero fornire importanti elementi per l’individuazione dell’identità degli Istituti, sia amministrativa che culturale.

Molta parte di questo patrimonio, conservatosi fortunosamente fino a noi, lascia trapelare la presen-za di una stratificazione di soggettività e di culture che meritano di essere prese in considerazione; anche la partecipazione di quelle che ho chiamato “figure forti” all’interno delle scuole, che con la loro attività hanno consentito la costituzione di questi mondi di memoria, di queste collezioni così preziose, depone a favore di una valorizzazione della storia di questi Istituti, e a favore di uno studio della fotografia e del cinema così come veicolati e prodotti all’interno della scuola.

Piace infine ricordare che la nostra ricerca è stata anche di concreto e fattivo sostegno all’Istituto Belzoni, che proprio in quel periodo aveva avviato il lavoro per l’apertura di un Museo di Fisica al proprio interno, inaugurato nel marzo 2005. Il Museo Traversi del Foscarini (http://www.liceofoscarini.it/fisica94/index.html) è operante dal dicembre 2003 e, oltre ad esporre strumenti davvero interessanti, attira ormai un’utenza specializzata internazionale, e svolge un’attività apprezzata sia presso i propri studenti che verso l’esterno. Sappiamo inoltre che l’Istituto Riccati e il Seminario Vescovile di Treviso hanno anch’essi inten-zione di recuperare le proprie collezioni.

Note

1 Non serve dire qui che il concetto di fonte storica si è ormai allargato per comprendere una vasta gamma di docu-menti dove appare riconoscibile l’impronta dell’uomo, in contrapposizione al solo documento testuale e alle manife-stazioni del linguaggio come fatto privilegiato.2 D. L. 22.1.2004 n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, pubblicato nella G.U. n. 45 del 24.2.2004, suppl. ord. n. 28. L’art. 2, comma 2, afferma: “Sono beni culturali le cose immobili e mobili che [...] presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà”.3 Sono parole dell’insigne geografo Jean Brunhes (1869-1930), in Études Géographiques, Friburg, Institut Géographi-que de l’Université, 1900, pag. 75, citato in A. A. Michieli, L’immagine nell’insegnamento geografico, in L’Esplora-zione commerciale, Viaggi e geografia commerciale. Bollettino mensile della Società Italiana di Esplorazioni Geogra-fiche e Commerciali, fascicolo XXI-XXIII, novembre 1908.4 L’indagine rientrava in un ampio progetto di ricerca triennale curato dal prof. Zotti Minici dal titolo La fotografia e il cinema nel Veneto in rapporto alla funzione documentaria del paesaggio storico dagli inizi del XIX secolo al 1960.5 La rappresentazione di Venezia e del Veneto tra fotografia e cinema, Venezia, Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, 14 gennaio 2005. La sessione pomeridiana dei lavori è stata dedicata al tema dell’immagine nella scuola, ed ha visto, oltre all’intervento dell’autrice, anche quelli della prof.ssa Patrizia Zamperlin, docente di Storia della Pedagogia e della Scuola all’Università di Padova, e del prof. Italo Zannier, all’ora docente di Storia e Tecnica della Fotografia all’Università di Venezia.

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6 S. Filippin, La fotografia e il cinema nelle scuole di Padova, in Padova e il suo territorio, anno XX, n. 115, giugno 2005.7 Fino al 1977, presso il Seminario Vescovile di Treviso operava un Liceo Classico aperto ad alunni esterni. Perciò si è ritenuto di tenerne conto in questa relazione, perché le collezioni dell’Ente costituiscono un momento fondamentale nell’ambito del panorama trevigiano. I positivi fotografici relativi all’attività didattica svolta in passato dal Seminario Vescovile di Treviso sono confluiti all’interno della fototeca dell’Ente. Una collezione di vetri da proiezione apparte-nuti ad un’altra scuola superiore trevigiana è ora in mano privata; a tutt’oggi non è stato possibile esaminarla.8 Non esiste alcuna relazione tra mons. Erminio Filippin, fondatore degli omonimi istituti, e l’autrice di questo testo, trattandosi di un caso di pura omonimia.9 L’art. 10, comma 4, lettera e) del D. L. n. 42, afferma: [Sono beni culturali ...] le fotografie, con relativi negativi e matrici, le pellicole cinematografiche ed i supporti audiovisivi in genere aventi carattere di rarità e di pregio.10 Va notato che il nostro interesse per quei materiali ha stimolato anche l’interesse e la curiosità delle persone con le quali abbiamo lavorato. C’è stato chi ha richiamato alla mente vecchi ricordi e associato a questa ricerca fatti perso-nali; chi si è chiesto il perché e il come del funzionamento o dell’uso di certi strumenti, e chi infine si è meravigliato perfino dell’esistenza di oggetti come quelli che cercavamo.11 Gli standard adottati sono i seguenti: STS per strumenti ed apparecchiature; F per le fotografie; S-MI per le stampe; BIB per i testi. Una scheda apposita, strutturata sulla falsariga della scheda F, è stata realizzata per i film, per i quali non esiste uno standard ministeriale.12 E’ plausibile che una verifica puntuale nei gabinetti dell’Istituto Riccati e del Seminario Vescovile di Treviso por-terebbe alla luce altre apparecchiature, oggi non rilevabili. Particolarmente ricco ci pare il gabinetto di Fisica del Seminario Vescovile di Treviso, ente presso il quale esistevano anche un gabinetto di Mineralogia, uno di Chimica e uno di Storia Naturale. La raccolta degli strumenti di Fisica ebbe un primo incremento significativo a partire dal 1829. La nascita ufficiale del gabinetto è però legata alla figura dell’abate Giuseppe Da Camin (1812-1878) che lo costituì ufficialmente nel 1842-43. Dal 1860 e fino alla morte ne fu animatore mons. Giovanni Santalena (1835-1911).13 Francesco Zantedeschi, dopo varie esperienze di insegnamento in alcuni licei, ottenne nel 1838 la cattedra di Fisica e Matematica al Liceo Santa Caterina, l’attuale Liceo Foscarini. La disponibilità di un gabinetto di Fisica ben attrezzato e la collaborazione con un bravissimo “macchinista”, Francesco Cobres, gli consentirono di disporre dell’ambiente ideale per i suoi studi. Nel 1849 ottenne la cattedra di Fisica Sperimentale all’Università di Padova che tenne fino al 1857 quando la cecità lo costrinse a cessare l’insegnamento. Zantedeschi fu autore di moltissimi scritti scientifici.14 L’allora insegnante di Fisica al Seminario era infatti persona molto attenta e interessata alle novità e alle questioni scientifiche. Di dichiarate simpatie liberali che non mancava di manifestare anche in pubblico, amico di Daniele Ma-nin, in seguito ai moti del ’48 lasciò Treviso e si rifugiò a Venezia, dove insegnò Storia al Liceo Santa Caterina. Alla caduta di Venezia, Da Camin, che non poté godere dell’amnistia avendo partecipato attivamente al governo rivoluzio-nario della città, visse da esule, e nel 1850, a causa della promulgazione delle leggi Siccardi, smise l’abito ecclesiasti-co. Dopo l’Unità d’Italia fu nominato provveditore agli studi di Venezia e poi di Parma. Da Camin è autore di alcuni testi di matematica e fisica: Trattato Elementare di Fisica, Treviso, Tipografia Vescovile di Gaetano Longo, 1847; L’ uso dei logaritmi applicato alle soluzioni delle quistioni degli interessi, delle rendite vitalizie, delle annualità ed alla costruzione degli orologi solari, Milano, Gnocchi, 1854; Tavole de’ logaritmi precedute da brevi cenni sul modo di servirsene: ad uso delle scuole ginnasiali e reali, Milano, Gnocchi, 1855; Trattato elementare di matematica pura, voll. 1-4, Milano, G. Gnocchi, 1855; Relazione intorno al gas estratto dall’acqua, Casale, Corrado, 1857. Suo anche un Elogio funebre ai morti nel glorioso combattimento di Mestre del 27 ottobre 1848 letto nella chiesa de’ Ss. Gio. e Paolo di Venezia, Venezia, Naratovich, [1848].15 Al momento l’apparecchio risulta smontato e inventariato per pezzi distinti, a mio parere con perdita dell’unitarietà d’uso e significato dello strumento.16 Si tratta di un procedimento di stampa agli inchiostri di immagini fotografiche.17 E’ doveroso precisare che nei gabinetti scientifici di questi Istituti esistono molti altri strumenti di Ottica rispetto a quelli rilevati - e naturalmente molti altri strumenti di Fisica - non direttamente collegati alla nostra ricerca, ma di indubbio valore e interesse sia per datazione (ci sono strumenti del ‘700), che rispetto al nome dei costruttori, spesso primari a livello europeo, sia perché in genere molto ben conservati.18 A quanto si afferma all’interno della scuola, questi vetri provengono da una scuola di Mestre (VE), ma non vi sono informazioni precise al riguardo, né sul nome della scuola che in origine li deteneva, né sull’epoca del trasferimento.19 La collezione di vetri da proiezione dell’Istituto Tecnico Riccati di Treviso è conservata dal 1995 presso il Foto Archivio Storico della Provincia di Treviso.20 Oltre che insegnante, Adriano Augusto Michieli fu animatore culturale e figura di spicco nel panorama della cultura trevigiana del periodo; molto attivo come divulgatore, si adoperò per la costituzione della biblioteca “Quintino Sella” del Riccati e della Biblioteca Popolare cittadina G. Pascoli; fu tra i promotori, e attivi sostenitori, dei primi anni della Scuola

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Libera Popolare della città, oltre che autore fecondo di temi di storia, letteratura, geografia che pubblicò in libri e parec-chie riviste. Michieli aveva messo a disposizione più di un migliaio di vetri da proiezione di sua proprietà per arricchire la disponibilità inizialmente ancora scarsa del Riccati. E’ stato possibile ricostruire in modo abbastanza chiaro le fasi di formazione e d’incremento del fondo stabilendo con buona precisione le date d’ingresso delle singole serie, e riuscendo in questo modo a ripercorrere il filo della temperie culturale italiana attraverso il passare degli anni e dei decenni.21 Le tre odi sono le seguenti: Canto dell’Amore, Piemonte, Cadore.22 Questa serie di vetri da proiezione si situa dal punto di vista narrativo in un territorio intermedio tra il racconto filmico e il life model. 23 Oltre ai vetri qui citati, il Seminario di Treviso conserva ca. 2000 vetri ulteriori a soggetto narrativo, educativo, o religioso, non riconducibili all’interno dell’attività didattica, bensì di quella religiosa.24 Mons. Filippin stesso preparò la bozza di una storia del complesso educativo da lui fondato, molto ricca di immagini, ora conservata al Seminario Vescovile di Treviso. Il fondo contiene fotografie delle classi, degli impianti sportivi, delle gare atletiche, di avvenimenti pubblici e congressi ospitati dalla scuola, ma anche dei pesanti lavori avviati all’inizio degli anni ‘20 per la costruzione degli edifici scolastici, oltre che i ritratti degli allievi e delle persone che sostennero questo progetto.25 Tra gli autori testimoniati troviamo Carlo Naya e Carlo Ponti, Paolo Salviati, G. Genova, Domenico Bresolin, Gio-vanni Battista Brusa; e poi Alinari, Brogi, Noack, Anderson, Majotti di Perugia, Giacomo Rossetti di Brescia, Vasari, Mascioni ed Ernesto Richter di Roma, Nessi di Como, Sommer di Napoli.26 Si tratta di fotografie in genere di formato medio grande, all’albumina e alla gelatina d’argento, spesso incollate su cartoncino.27 Pietro Estense Selvatico fu studioso di arte e saggista, direttore per parecchi anni dell’Accademia di Belle Arti di Ve-nezia, sostenitore convinto di un rinnovamento della didattica delle arti in vista di un rinnovamento dell’arte stessa.28 E’ il titolo di un saggio di Selvatico: Sui vantaggi che la fotografia può portare all’arte, in Scritti d’arte, Firenze, Barbera e Bianchi, 1859. Il testo è l’ultima parte del discorso inaugurale pronunciato l’8.8.1852 all’Accademia di Belle Arti di Venezia, pubblicato allora nei relativi atti con il titolo L’arte insegnata nelle Accademie secondo le norme scientifiche. L’interesse di Selvatico per la fotografia si situa all’interno del dibattito sulla riforma dell’insegnamento artistico e sul futuro delle Accademie. Egli fu sempre uno strenuo oppositore del realismo fine a se stesso: l’ “arte” e l’ “idea” erano irrinunciabili, anche nei soggetti di carattere contemporaneo.29 Al Foscarini vi sono tre serie di Geografia della Keystone View Company, in cofanetto, con marchio Pestalozzi; il nucleo del Seminario comprende sostanzialmente vedute e opere scultoree, a parte poche immagini di astronomia.30 Dalla consultazione dell’opac SBN risulta presente l’annata 1858 alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, e l’annata 1859 alla Biblioteca Comunale Classense di Ravenna. Non è nota la periodicità né la data di cessazione della pubblicazione.31 Ecco alcuni titoli: François Moigno, Repertoire d’Optique Moderne, (ou analyse complète des travaux modernes relatifs aux phénomènes de la lumière), 1850; Edmond Becquerel, La Lumière, ses causes et ses effets, 1868; Augustin Boutan, Joseph Charles d’Almeida, Cours élémentaire de physique suivi de problèmes, 1874; oltre a cinque annate - dal 1869 al 1873 - dell’interessante rivista curata da Moigno, Les Mondes. Revue hebdomadaire des sciences et de leurs applications aux arts et a l’industrie, in cui il poliedrico studioso riferisce settimanalmente sulle novità scientifi-che più recenti, sulle riunioni delle Sociétés Savantes, ecc. e riserva sempre grande attenzione alle novità che vengono dal mondo della fotografia in Europa, grazie anche ad una rete di corrispondenti molto accreditata. Il periodico è stato pubblicato a Parigi dal 1863 al 1884, con qualche variazione nel titolo e nella numerazione dei fascicoli.32 Giuseppe Sala, Desolazione e speranza del cinema italiano di oggi, 1962; Pietro Bianchi e Franco Berruti, Storia del cinema, 1964.33 Vale forse la pena notare che questi libri facevano tutti parte della biblioteca dei professori, e avrebbero potuto rag-giungere gli allievi solo attraverso la mediazione dell’insegnante.34 Va precisato però che la fotografia non fu un interesse preponderante all’interno dell’ampia gamma di interessi scientifici dello studioso.35 Luigi Borlinetto è una figura molto importante della storia della fotografia italiana. Tra i suoi scritti ricordo: Trattato generale di fotografia, Padova, Stab. naz. di P. Prosperini, 1868; Fotografia alle polveri indelebili, Padova, Sacchetto, 1869; I moderni processi di stampa fotografica, Milano, O. Pettazzi, 1878, oltre ad alcuni scritti a quattro mani con Francesco Zantedeschi, Delle differenze che intercedono fra gli effetti prodotti dalla luce e dal calorico sopra i cloruri e joduri d’argento, memoria 2, [S.l. : s.n.], stampa 1856, Vienna, Stamperia imperiale e reale di corte e di Stato. Dal 1883, Borlinetto fu per qualche anno direttore della rivista La Camera Oscura.36 Ad esempio, nel 1869 troviamo elencato un filtro per collodio, e nel 1893 un apparato completo per la maturazione della gelatina sensibile, con accessori.37 Una parte delle fotografie del Selvatico risalgono ad una data anteriore a quella della fondazione della Scuola e

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provengono quindi dal conferimento di un qualche fondo preesistente.38 Mi risulta che ne abbia accennato in passato Giampaolo Bernagozzi, nel suo Il cinema corto: il documentario nella vita italiana dagli anni Quaranta agli anni Ottanta, Firenze Milano, 1979, che tuttavia riguarda un periodo più tardo rispetto a quello di nostro interesse.39 Dice Rouillé: “La photographie-document n’assure pas de rapport direct [...] avec les choses. [...] le photographe n’est pas plus proche du réel que ne l’est le peintre au travail devant sa toile.” V. Rouillé, La photographie, cit., p. 17.

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