la dimensione contemplativa nella ignea sagitta

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Page 1: La dimensione contemplativa nella Ignea Sagitta

LA DIMENSIONE CONTEMPLATIVA NELLA IGNEA SAGITTA

L'Ignea Sagitta è uno dei primi scritti carmelitani testimonianza perciò preziosa dello spirito carmel itano nel secolo XIII . Infatti esso può a ragione essere letto come il primo commento "spirituale", sia pure parziale, alla Regola del Carmelo. Ne abbiamo un'edizione critica del compianto Adrian Staring / L'Autore è Nicolas il Francese( Nicolaus Gallicus), carmelitano della Provincia di

Narbonne, nella Francia meridionale. Non abbiamo molte notizie sulla sua vita, ma è documentato che era Priore Generale dell'Ordine Carmelitano nel 1266 nel Capitolo Generale di Tolosa. L'opuscolo è stato scritto nel 1271, secondo il sistema di datazione Francese che poneva l'inizio dell'anno a Pasqua; l'autore non era più Priore Generale. E' il tempo in cui la polemica contro gli Ordini Mendicanti è al culmine e si va delineando concretamente, attraverso suggerimenti di Vescovi e altre componenti della Chiesa gerarchica, il pericolo che essi vengano soppressi, o almeno ridotti di numero, nell 'imminente Concilio Lionese II (1274)2. L'interesse degli studiosi per questo opuscolo si è rivolto al suo aspetto storico come testimonianza dell' evoluzione dell 'Ordine da eremitico a mendicante e delle posizioni contrastanti che tale passaggio, secondo molti, avrebbe provocato nell 'Ordine? Non mancano tuttavia alcune pubblicazioni interessate a studiare l'opuscolo dal punto di vista della dottrina spirituale , ivi contenuta, e quindi più direttamente interessanti il tema di questa relazione.4

Personalmente, oltre a quanto scritto nel 1973 nell'opera citata, e nell 'introduzione all'edizione francese, (cfr. nota 1) ho trattato ampiamente dell'opuscolo successivamente, In

un articolo sulle letture simboliche della regola del Carmelo, e, più tardi, in un ampia introduzione alla edizione latino-francese della Ignea Sagitta .5

Svilupperò il tema nei seguenti aspetti: l. il vocabolario specificamente contemplativo del nostro opuscolo. 2. Le due vie: Marta e Maria. 3. L'ambiente eremitico: l'eremo e la cella. 4. La "Salita sul Monte": con "cuore puro". 5. L'icona evangelica della vita contemplativa. 6. La contemplazione:relazione di amicizia con Gesù Cristo 7. La mediazione: nella S. Scrittura Gesù, Verbo del Padre, parla al solitario. Lectio divina. 8. Incontro nuziale nella contemplazione della Scrittura . 9. La chiave ermeneutica della dimensione contemplativa della Ignea Sagitta. lO. Contemplazione ecclesiale e non intimistica.ll. La vita contemplativa: desiderio del cielo. Conclusioni.

1 A. STARING,O.Carm. «Nicolai Gallici Prioris Generalis, Ignea Sagitta» , in Carmelus, 9(1962),237-307) (= Ignea). Da esso citeremo, capitolo, pagina, e riga nell'ordine. D. CUMER ( a cura di), Primi Scritti Carmelitani. La Freccia di fuoco, CittaNuova-Ed.O.C.D, Roma, 1986 (in seguito, == Freccia ). NICOLAS LE FRANçAIS, La Flèche de Feu. Texte Latin et traduction francaise, Abbaye de Bellefontaine, 2000 (=Flèche) . Con un'ampia introduzione di C.Cicconetti.

2 C. CICCONETTl, O.Carm., La Regola del Carmelo. Origine-Natura-Significato, (= in seguito: CICCONETTI 1973) Roma,1973, 331-356.

3 J. SMET, O.Carm, I Carmelitani.Storia dell'Ordine del Carmelo, Roma 1989,53-54. IDEM, The Carmelites Rule after 750 Years, in Carmelus, 44 (1997). 21-47; CICCONETTl1973, 299-309

4 FRANçOIS DE SAINTE MARIE, O.C.D., Les plus vieux textes du Carmel, Paris,2 ed. 1961. R. M. VALABEK, O.Carm., Prayer Life in Carmel, Roma,1982,15-20. J. Baudry, Pureté du coeur et Parole de Dieu selon Nicolas le Français, in Carmel, 34 (1984),93-105. Cf. la mia introduzione all'edizione in Francese citata in nota 1, pp.11-73.

5 C. CICCONETTl, O. CARM., Letture simboliche della Regola del Carmelo, in Carmelus, 39(1992),30-46;

(=CICCONETTl,1992)

Flèche, lntroduction, 10-74; cfr.sopra, nota 1.

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l. Vocabolario specificamente contemplativo del nostro opuscolo L'Ignea Sagitta non è un trattato sistematico sulla preghiera. Il tema della contemplazione vi è sviluppato indirettamente come appassionato richiamo dei frati al ritorno alla forma di vita eremitica delle origini, prima dell'approvazione e adattamento di Innocenzo IV (J247). La voce contemplatio, non è frequente nel nostro opuscolo e naturalmente non se ne ha una puntuale definizione. La prima volta che appare qui è qualificata con l'aggettivo "secretior": quella dei carmelitani è una forma di vita contemplativa più preziosa di altre, sostiene l'autore, perché più solitaria, più nascosta e perciò garantisce una tranquillità (securitas) maggiore. N elio stato eremitico, precedente, (in pristino statu) l'Ordine (re ligio ) era paragonata all'oro, afferma Nicolas, per "la sua pietà" perché come l'oro è il più prezioso dei metalli, così essa era "prescelta", tra tutti gli altri, "a causa della maggiore tranquillità ( o riparo, sicurezza) che offre la contemplazione più appartata (nascosta)".6 Si tratta di una qualità constatabile all'esterno e non della qualità "intima" e personale della contemplazione.

Altra accezione sembra riferirsi, almeno indirettamente, alla specificità degli esercizi: "contemplationes", orationes e opera sancta (digiuni, lavoro manuale etc.) che costituiscono la giornata dell'eremita? La contemplazione è stimata come eminenza, culmine, altezza, quasi una stella nel firmamento: l'abbandono della vita eremitica è considerato un cedimento al demonio che trascina nell'abisso le stelle del cielo (Ap.12,4) 8

Altrove la contemplazione, è vista in rapporto alla predicazione della Parola: "raccolta­semina" .9

In alcuni passi "contemplatio" assume l'accezione di esperienza mistica: "colloquio intimo e riposante tra lo sposo celeste e la sposa, l'anima contemplativa" lO. Tra l'altro l'autore, in un passo, sembra persino riferirsi a un'esperienza contemplativa personale ll

. Tale accezione proietta luce anche sul senso dei luoghi già citati. Questo significato di "contemplatio" è confennato dali 'allusione al Cantico dei Cantici, tradizionalmente spiegato in chiave di mistica nuziale. (Cant.4,6; 4,16; 5,1; 6 ,1 e passim). Infatti "ciò che oggi chiamiamo mistica", nel medioevo , "si chiama contemplatio o vita Dei contemplativa". Il termine "mistico" esisteva già, ma presso i Padri e ancora nel monachesimo, esso significa ciò che ha relazione ai misteri della fede e della Chiesa l2

• E

6 /gnea, l, 272-273,14s. "propter secretioris contemplationis securitatem ampliorem, extiteras praeelecta). "à cause de la plus grande tranquillité d'ome que donne la contemplation dans la solitude". Cf. Flèche, 81; E' più vicina al testo che non "contemplazione più intima" (cfr. Freccia, 65) ; cfr. Ignea, VIII, 291,9.

7 "Quamdiu in solitudine contemplationibus, orationibus ac sanctis operibus, vobis ipsis p roficientes, laudabiliter institistis, odor famae sanctitatis vestrae ... " (Ignea, II!, 278,30s).

8 "Nonne cauda draconis, qua carnalitas exprimitur ... vos de firmamento altitudinis contemplationis, quae iam dudum in sancta eremi solitudine mirabiliter viguit ac profecit, modo violento dignoscitur rapuisse?" (Ignea, V, p.281,?). 9 Il de eremo descendentes quod in solitudine falce contemplationis suaviter messuerant..in tritura praedicationis la rgijlu e seminarunt". (Ignea, VI, 286, 43)

lO "coelestis sponsus et sponsa, contemplativa anima, in eis secretius quiescentes colloquantur". (Ignea, VIII, 291,9). "Ecce in cella contemplationis aromaticae (Is.39,2; cfr. Can t. 6,1) thesaurus inaestimabilis atque incomparabilis nobis ostenditur, ut terrenis et caducis penitus contemptis, in eius ferventi appetitu animus noster expeditus totaliter expendatur." (Ignea, IX, 294,16; cf. IX, 295, 20). "Ecce in cellam vinariam a Rege Regum introducti ordinatam in nobis consequimur caritatem. O quam bene appellatur cella vinaria, nam in ea Spiritus Sanctus veros cellitas vino devotionis mirifico sobrie inebrians, suavis contemplationis glorioso lectulo fecit obdormire" (Ignea, IX,295, 23s; cfr.Cant. 1,15; 2,4:).

11 " Utinam hic ventus tam surgentis Aquilonis, quam venientis Austri ante annos viginti hortum meum perflasset, quoniam quae nunc fetere dicuntur, odorem aromaticum forsitan defluxissent" (Ignea, XIV,306,44; cfr. Cant.4,16) 12 A. DEBLAERE, Théories de la Mystique chrétienne, in DSP, X, v. Mystique,1902-1903.

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questi si incontrano e si rivelano nella Scrittura Sacra, come vedremo. Conoscenza­esperienza intima e profonda del Mistero di Cristo prescindendo dalle ripercussioni psichiche che potrebbero accompagnarla. Indubbiamente rientrano nelle espressioni della dimensione contemplativa le voci oratio, precatio, meditatio. La voce oratio (una volta precatio) , a volte è legata alla meditatio, citando la Regola (n.1 0)13 altre a contemplatio/4

, alla soli tudine l5; i nteressante l'espressione ti pica "orationi bus

vacantes instanter" opposta a "circa inutilia vagantes curiose,,,16 secondo il tema tradizionale della preghiera continua e ininterrotta. Vengono menzionati esplicitamente la salmodia, il canto, e la lode l7

. Di rilievo per noi specialmente la meditatio che ha per oggetto la "Legge del Signore", la sua Parola,18che il Nostro cita letteralmente dalla Regola (n.l0). Come vedremo questa espressione è tipica della Lectio Divina l9

.

Attinenti alla contemplazione, sono le espressioni simboliche di tranquillità e riposo, sparsi in tutto l'opuscolo: securitas, abundantia pacis , pascua spiritualis consolationis, in cellis permanentes, non per plateas discurrentes ,otium sacratissimum, otium negotiosum, quies , lectulus , sedentes, vacantes ... 20

Sono termini che provengono dalla tradizione "esicastica" dei primi Padri del deserto e del monachesimo orientale, ereditata dalla spiritualità monastica occidentale. Essa indicava allo stesso tempo "uno stato di vita e il corrispondente stato dell'anima: la reclusione e la solitudine da una parte, e il riposo, il silenzio dei pensieri e dei movimenti, la quiete (tranquillità, pace), la sospensione che rende l'anima e particolarmente lo spirito ("occhio dell'anima") e il cuore ("radice delle potenze") disponibili per una contemplazione, per quanto possibile, ininterrotta. Contemplazione, si direbbe anche giustamente preghiera, perché è tutt'uno,,21. Abbiamo fatto notare altrove che tale concezione è presente nella Ignea Sagittan

.

2. Le due vie: Marta e Maria Il tema delle due vie come tipi di vita religiosa, tradizionalmente espressi nelle due sorelle

del Vangelo di Luca, (Le 10,38-42) era particolarmente attuale nel secolo XIII. Si cercava di stabilire soprattutto quali relazioni devono esistere tra i due "stati di vita", "l'una ordinata alla contemplazione, l'altra all'attività chiamata apostolica e la cui forma principale è la predicazione". Il nostro autore non discute sulla superiorità di un tipo sull'altro in astratto e non li pone in contrapposizione rigida: entrambi provengono dalla volontà del Signore che ha provveduto l'una e l'altra categoria con forme di vita, appropriate a ciascuno. Importante è seguire concretamente la via o forma di vita stabilita per ciascuno. Il nostro Autore ammette,

13 Ignea, 1,274,50; VIII, 292,20.25.30; 293,61.

14 Ignea, III, 278, 31),

15 Ignea, III, 278, 31. cf.37;287,50

16 Ignea, VI,287,50

17 Ignea, XI, 299, 12ss; .

18 Ignea, 1,274,49; VIII, 292,21.25.30.37

19 CICCONETTI, 1973, 288s; 396; 437;445;468; 471; IDEM, La Regola del Carmelo (Orizzonti,n.1), Roma, 2000,126-128 (= Cicconetti,2000)

20 abundantia pacis (Ignea, 1,273,35;), securitas (1,273,15; V,283,51), pascua spiritualis consolationis (1,273,40; Il,276,22), in cellis permanentes, non per plateas discurrentes (1,274,49), otium sacratissimum, negotiosum, (V,284,78) ,Quies e derivati (I1I,279,46; VIII,291,9;), lectulus (IX,295, 23ss) , sedentes, vacantes ... (VI,287,49). Per il loro significato cfr. J. Leciercq,OSB, Otia monastica. Études sur le vocabulaire de lo contemplation au Moyen Age (Studia Anselmiana,51), Herder, Romae,1963, 115-136. (= Otia) (= Cfr. CICCON ETTI, 1992, 30-46.

21 J.Leclercq,OSB, Otia, 2ss., 115-136.

22 Cfr. nota. l. Flèche, Introduction, 34ss

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persino, l'alternarsi e il rapporto tra il momento contemplativo dell'eremita e occasioni in cui il raccolto della contemplazione viene seminato a giovamento del prossimo, fermo restando lo "stato" cui ci si è legati con la professione.23 L'eremita , "semplice" per definizione e vocazione, ha il suo habitat naturale nell'eremo: " I più semplici con i quali (il Signore) intrattiene il suo colloquio intimo volle fossero collocati nella solitudine ,,24. Perché la sua vocazione è quella del discepolo e non quella del maestro: "monachi discendi et non docendi est ojficium,,25. "La santa semplicità è la volontà sempre uguale a sé stessa e costantemente orientata allo stesso fine ... La perfetta semplicità è propriamente la volontà orientata a Dio, che chiede una sola cosa al Signore, e questa cerca".26 La "simplicitas" è prerogativa dei monaci, penitenti, eremiti qui solum sibi prosunt . "Sii semplice perché sia con te il colloquio di colui la cui voce è dolce e il volto splendido" (S.Bernardo). Per divina disposizione" noi semplici, meno prudenti nel combattimento" siamo "nascosti nella cella solitaria". La sancta simpLicitas si addice agli eremiti carmelitani per provvida disposizione di Dio. La forma di vita pone i carmelitani con "Maria" nella solitudine, per una difesa più efficace dai pericoli e per attendere a Dio nella vita contemplativa27

.

Le motivazioni che egli adduce le ricava dalle prescrizioni esplicite della Regola e nel loro nome stesso di "Eremiti 28

" .

3. L'ambiente: l'eremo e la cella Il primato assegnato alla ricerca di Dio nella propria esistenza quotidiana, esige un certo distanziamento dalla convivenza ordinaria degli uomini in quanto questa nel suo insieme non è espressamente orientata nelle proprie attività e scopi alla ricerca del volto di Dio. L' organizzazione della vita quotidiana e il ritmo degli impegni ordinari rischiano di assorbire totalmente le energie umane . Tutto quanto può dunque costituire dispersione dello spirito con la molteplicità delle occupazioni e preoccupazioni non direttamente rivolte verso l'unione "con Dio solo" deve, per quanto dipende dal singolo , essere evitato . Così pensano i monaci e gli eremiti almeno al tempo del nostro opuscolo. Il nostro appassionato autore , in questo, non esprime un pensiero isolato e una convinzione isolata. La "fuga" dalla città verso il monte e il deserto è continuamente evocato e costituisce, la trama di tutto il pensiero del nostro Autore. La città è vista come luogo (e simbolo) di confusione , di vizi, di ingiustizia e discordia; come la biblica e simbolica "Babilonia". Infatti "nella città troppi elementi sono impregnati di corruzione, che vi contaminano e corrompono. La vanità mondana , apparentemente attraente, tiene imprigionato il vostro uomo interiore, come in un carcere impedendogli di elevarsi" . "Fuggi da Babilonia se vuoi essere salvo,,29. La città è inquinata e inquinante sia per "l'uomo esteriore" che per "l'uomo interiore". La vista, l' udito, il tatto , l'olfatto e il gusto ne sono avvelenati.

23 j. LECLERCQ, OSB, Études sur le vocabulaire monastique Moyen Age (Studia Anselmiana, 48), Herder, Romae, 1961, 11 Oss; (=Études). Ignea, VI,286,33ss; VII, 290, 68ss.

24"Simpliciores vero Cl/m quibus est secrela eius (Domini) sermocinalio ad solitudinem lransmitli voluil";

Ignea, VII,290,59. Cfr. Pr.3,32: nella Vulgata si ha: "cum simplicibus sermocinatio eius". Proprio a proposito di "Marta e Maria" e dell'unum necessarium S. Bernardo scrive: .. Simplex esCO, non tantum sine

dolo et simulatione, sed et absque multiplicitate occupationum, ut tecum sit sermocinatio eius, cuius et vox dulcis et facies decora ". PL 183,425.

25 CICCON ETTI, 1973, 196s; 301s. in riferimento al nostro testo.

26 Sul concetto di simplicitas vedi j.LECLERQ, OSB, Cultura umanistica, 269-272 (Traduzione da: L'amour

des lettres et le désir de Dieu, Paris,1957). (=LECLERCQ, Cultura umanistica); IDEM, Études, 31-33. GUILLAUME DE SAINT-THIERRY, Lettre aux Frères de Mont-Dieu" Sources Chr.,223,n.49, p.184.

27 Ignea,VI,285,1s; V,283,46; VII,288, 1 sS; VIII,291,6ss

28 Ignea, VII,288-290; VIII,291,1-5.10. 292,20-25 . 1,273,15

29 Ignea V, 283s, 46ss; c.X!, 299,28-31 . 300, 54-69.

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Si rischia seriamente di rimanere invischiati nel "fango del secolo". Sulla scia del salmo, il nostro, auspica "un volo di colomba" per librarsi in alto e sfuggire alla sorveglianza di sentinelle impietose (discordia, violenza, sofferenza, ingiustizia, usura, inganno) che tengono prigionieri e sono attente a impedire l'evasione dalla città assediata?o. La solitudine (l'eremo e la celletta separata) è anzitutto intesa come difesa contro le tentazioni della vita ordinaria. La vita solitaria dona una maggiore "sicurezza, tranquillità" perché al riparo dagli strepitus mondani, triplice guerra dei sensi (vista, udito, loquacità). L'eremita, afferma il Nostro, seguendo l'insegnamento tradizionale dei padri del deserto, è sottratto a questa forma più insidiosa e solo gli resta il combattimento contro i pensieri cattivi e inutili. (cogitationes, loghismoi, secondo i Padri orientali). Lo "stare in disparte" (secretus, secretior ,secretius, secreta ), il grado di allontanamento fisico dai pericoli della vita in città sembra corrispondente alla profondità del distanziamento del "cuore", dell'uomo interiore, da tutto ciò che appartiene al mondo. Le "cellette separate", non "adiacenti", (divise cioè solo da una parete), permettono una relazione e un colloquio più familiare, intimo, con lo Sposo. Egli si rivela (ostendit se) e "svela" i "misteri delle cose nascoste" : "mysteria secretorum". L'itinerario spirituale è visto come progressiva penetrazione dei misteri di Cristo e conformazione della persona a ciò che essi significano. Vivere nella vita il mistero che si scopre nelle Scritture e si celebra nei sacramenti. La vita in solitudine è finalizzata, secondo il Nostro, a questa rivelazione profonda e vitale del "mistero" di Cristo?l. La Regola, prosegue Nicolas, dice chiaramente il tipo di vita religiosa alla quale

appartengono i carmelitani; il loro stesso nome "Eremiti" dice che non debbono stabilirsi in città. Con fine ironia li apostrofa: "Eremiti che prendete il nome da eremo che avete scelto di abitare nel cuore della città". Eremitae ab eremo nuncupati qui in corde civitatis habitaculum elegistis", "civitatum habitatores" , "Eremitae-cives": è contradizione nei termini stessi ?2

4 . La "Salita sul Monte": con "cuore puro" La solitudine è anzitutto segno visibile e ambiente favorevole alla conversione, alla orazione, alla vittoria sulle tentazioni (locum orandi, poenitendi, ac tentationes superandi)?3 Essa è finalizzata al raggiungimento di un atteggiamento interiore di radicale opzione per Dio e della salvezza che da Lui proviene: ascesi per ottenere un "cuore puro", condizione per la contemplazione, e la felicità, per la "visione di Dio" (Mt 5,8), sul "monte". Non è saggio cercare la "purità di cuore" in un luogo immondo, com'è la città. La vita contemplativa , l'esperienza della presenza e dell'incontro con Dio esige un "cuore puro e mani innocenti", una scelta radicale tra due tipi di "felicità" o consolazione. Quella divina è incompatibile con quella mondana. La gioia, il gusto di Dio non può convivere con la gratificazione mondana: "La consolazione divina è delicata (gelosa, riservata) , non viene concessa a chi ne ammette una estranea (di differente speciei4

"

La citazione del salmo 24 costituisce il punto di partenza e l'espressione simbolica del cammino ascetico verso le "vette" della contemplazione: " Chi salirà il monte del Signore, o chi abiterà nel suo luogo santo"(Sal 24,3). L'autore commenta: il Profeta stesso dà subito la risposta: " Chi ha mani innocenti e cuore puro" .

30 Commentando il salmo 69,15.19: " Fuggendo dal frastuono del mondo non posi lo mia dimora entro le mura della città, non nei sobborghi, non negli orti adiacenti, e mi stabilii nella solitudine; e veramente vi dimorai, perché non ritornai dopo pochi giorni, come i modernl~ nella città". (Ignea V, 282,18; 283,35s5; Vll,290. 59s. 63-68; VIII, 291.11s5; 293,57s5; IX,296,47ss; X,297,15s5; XI, 299,28s5; 300,38s5.) 31 Ignea , VI, 285, 5; cfr. I, 272,14; VI, 287, 51s. Vedi la voce "Mystère", in DSP, X, 1869-1873

32 Ignea. V, 283,46; V, 282,18; 1,272.14; VI, 287,49-53; VII, 288-289; VIII, 292,28; IX. 295, 39.

33 Ignea, III, 279, 36; VI. 286, 35.

34 Ignea, VI, 285,10.15; IX, 295,34s

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" Se dunque desiderate salire al monte del Signore e fermarvi nella sua santa dimora, perché cercate un comportamento innocente in un'azione nociva, e la purezza del cuore in un luogo immondo? Se nell'impurità cerchi Dio nella città, mi meraviglio che tu possa credere di trovare cosa diversa nel suo contrario". " Vi dichiaro che i monti devono salire di monte in monte: dal monte della circoncisione dei vizi tutti quelli che sono giustamente denominati monti ascendendo gradatamente di virtù in virtù giungono senza dubbio al monte che è Cristo". 35

L'orizzonte del cammino spirituale è la pienezza e maturità, l'''uomo nuovo" generato a immagine e somiglianza di Cristo, la vetta più alta dell'umanità: espresso nei simboli delle "ascensioni" verso il Tempio, luogo della Presenza di Dio. La "perfezione", il culmine non è descritto in forma statica, ma sembra evocare il concetto di progresso perpetuo proprio di Gregorio di Nissa, ispirato all 'esperienza mistica di Paolo (2 Cor 12,1-4; Fil 3,13)36. Ogni mèta raggiunta, persino la pienezza e maturità , costituisce nuovo inizio , perché irraggiungibile è Colui che si cerca e inesauribile è la fame e la sete che, soddisfatta, "sazia e allo stesso tempo genera nuovo appetito". 37 Il "cuore" è l'interiorità dell'uomo, il centro della personalità da cui nascono pensieri , sentimenti, parole , decisioni, azioni. E' il centro della coscienza religiosa e della vita morale . (Gn 8,2 J; l Re 3,9; Ger.31 ,31-33; Ez 36,26). La "purezza di cuore", costituisce allo stesso tempo la condizione per la contemplazione, "vedere Dio" e ii culmine, la pienezza di vita in Cristo. Il concetto , biblico nella sua radice, è presente in tutta la tradizione spirituale dei Padri del deserto e abbraccia una vasta area di significati. Il cuore semplice, retto, puro, è libero da divisioni interiori, da ipocrisie, secondi fini, aperto, senza reticenze , all ' azione di Dio. (cf.Mt. 5,8; Ef 1,18; 6,5-7; Gc 4,1_8)38 . E' il centro della persona, forse sostanzialmente non dissimile dal concetto di "uomo interiore" di S.Paolo, almeno nel nostro autore. (Rm 7,22; l Cor.4,16; Ef. 3,16). L'uomo cioè nella dimensione non visibile, ma in unità con l'uomo esteriore che fa sentire la sua pesantezza e il suo legame alla terra?9 11 cuore puro rappresenta l'intenzionalità, l'opzione fondamentale per Dio . Una scelta radicale tra una visione della propria vita intesa a bere "il calice" offerto dalle prospettive mondane di felicità, e il "calice dolcissimo e inebriante" che è Gesù stesso. 4D.

L'eremo è detto simbolicamente il "monte della circoncisione dei vizi".41 E' il punto di partenza della purificazione con allusione biblica al tema della "circoncisione dei cuori.'>42 Non si tratta solo di combattere e liberarsi dal dominio del peccato e delle passioni, ma di camminare verso il suo completo orientamento a Dio, di renderlo unico, semplice.

35 Ignea, X, 297,18-26. 298,45.

36 GREGORIO DI N ISSA, In Cantica Canticorum, VIIl, PG XLIV, 939-942: "Il puro di cuore-secondo la

parola del Signore che non mente- vede Dio(cf Mt 5,8) accogliendolo ogni volta nella contemplazione a misura della propria capacità, per quanto cioè è capace di contenerlo ... Il termine della scoperta a cui si giunge nell'ascesa diventa l'inizio per scoprire beni più elevati; colui che sale non smette mai di passare di inizio in inizio, e l'inizio delle realtà superiori non ha mai fine". Commento a Cant. 4, 6-9. Stesso concetto nel De Vita Moysis, Prologo, PL 44,299: "Ascende ergo mihi etiam ab his montibus in alios montes proficiens et in altum evecta per evidentem cognitionem" Ivi PL 44, 943.

37 Ignea,IX,295, 31-35; cf. IX, 294,18.

38 "Purezza di cuore è essere mondi da ogni sozzura; purezza dell'anima è l'essere liberi da ogni passione nascosta nello spirito; purezza dell'intelletto è l'essere purificati dalla rivelazione di ogni emozione per le cose che cadono sotto il dominio dei sensi .. .!1 cuore è l'organo centrale dei sensi interni, il senso dei sensi" poiché ne è la radice. «Se la radice è santa lo saranno anche i rami". Ma la radice non sarà santa se il cuore non sarà che un ramo dell'essere" (Rm11,16) Isacco di Ninive, PG 86,872.

39 Ignea l, 274, 62; IX,295,34; XI, 299,22; XI, 299,30; XII,303,43; XII,303, 43 40 XII,301-302, 1-34.

41 Implicitamente sembra citare il monte Carmelo attraverso una delle etimologie correnti. Stranamente mai nomina espressamente il "monte Carmelo", neppure quando cita Is.35,1-2.

42 Dt 10,16; 30,6; Ger 4,4; 9,15; Ez 44,7; Rm 2,29.

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Cuore puro, retto, semplice, uno è cioè non diviso in mille occupazioni, e desideri; un cuore che "desidera unicamente i beni celesti e aspira alle gioie eterne della visione del suo Creatore,>43. La vita contemplativa, intesa come tipica esperienza d'incontro con Dio, orazione gioiosa e tranquilla, particolarmente illuminata, rivelatrice "dei misteri nascosti" non è possibile senza la purità di cuore. Questa consiste nella vittoria delle virtù sui vizi, ma si estende sino allo sradicamento dei falsi ragionamenti, le immagini, i ricordi, i sentimenti. 44

La scelta dell'eremo è già un punto di partenza di una vita "eccellente" (montanam ac solitaria m vitam eligere)) , ma da esso si sale gradatamente, di vetta in vetta verso il "monte dei monti" il Cristo" santuario vivente, della divina Presenza.45

5. L'icona evangelica della vita solitaria e monastica Gesù che si ritira in disparte, solo, per "pregare sulla montagna" o in luoghi deserti, (Mt 14,23; Mc 1,35; 6.46-47; Gv 6,15; Lc 6,12; 9,18.28; 6,12;) è la tradizionale icona evangelica della vita monastica (monos= solo) e solitaria. II nostro opuscolo cita espressamente l'esempio del Signore sul monte e nel deserto. Infatti tutti i suoi gesti terreni nascondono verità profonde, non sono mai privi di mistero. " Ejusfacta, quae a mysterio numquam vacant": secondo il principio esegetico per cui la lettera della Scrittura, (quae gesta sunt) attraverso la lettura spirituale (allegoria) rivela un significato più profondo e ispira il comportamento. (tropologia morale e mistica) " Ecco il nostro Salvatore salì da solo la solitudine del monte per pregare. Nella solitudine del deserto digiunò ininterrottamente quaranta giorni e notti, ivi volle essere tentato dal diavolo, per indicarci il luogo più adatto a pregare,jare penitenza e superare le tentazioni. Il Salvatore dunque salì la solitudine del monte e del deserto per pregare; ma volendo predicare o mostrare al popolo le sue opere, si legge che scese dal monte. Ecco colui che stabilì i nostri Padri nella solitudine del monte, diede se stesso come modello a loro e ai loro successori, volendo che essi traducessero in esempio i suoi gesti, che non sono mai privi di mistero. Alcuni nostri predecessori hanno seguito anticamente questa regola, senz' altro santissima, del Salvatore"46.

6. La contemplazione: relazione di amicizia con Gesù Cristo La contemplazione è per il nostro autore relazione personale con Gesù Cristo che si rivela e s'intrattiene familiarmente con l'eremita. Allo stesso tempo Gesù è "il monte dei monti", la vetta più alta il vero "monte Sion", il vero Tempio, luogo autentico della presenza di Dio, verso cui cammina l'eremita.

L'iniziativa è del Signore e Salvatore. Egli attrae a sé nel deserto per "parlare al nostro cuore" (cfr.Os.2,6): "Il Signore e Salvatore nostro non ci haforse condotti con predilezione (gratiose) nella solitudine, per parlare al nostro cuore con una certa particolare familiarità? Egli che si mostra ai suoi amici, per consolarli, e rivela i misteri delle cose nascoste, in una stanza segreta , (in conclavi) non in piazza, non nel chiasso tumultuos047

".

43 GREGORIO MAGNO, L. d'AYALA VALVA Ca cura di), Il Cammino del Monaco, Qiqajon, 2001, Commento a/l Re 1,61, 836. Cfr. IDEM, In Primum Regum 1,1,PL LXXIX,49,30; 50,31.

44 Cassiano, Con/ationes, XIV, 9,1; 9,7; 10,1 . PL XLIX, 965-969. "Può contemplare con spirito assolutamente puro la divinità di Cristo soltanto chi, elevandosi al di sopra delle opere e dei pensieri bassi e terreni, si ritira con Lui sull'a/ta montagna della solitudine: essa infatti libera com'è dal tumulto dei pensieri e delle passioni terrene, lontana dalla confusione dei vizi, elevandosi nelle altezze di una fede purissima e delle più eminenti virtù, rivela la gloria di Cristo e lo splendore del suo aspetto a chi è degno di contemplarlo con lo sguardo puro dell'anima". Con/ationes, X,6,2, PL XLIX ,826.

45 Ignea, X, 296,1; 297, 23ss; cfr. I, 272,4s;

46 Ignea VI, 286,32-42

47 Ignea VI, 285, 1ss; Vll,290,59; X,297, 35ss. "In conc/avi "; indica una stanza chiusa a chiave, riservata, la camera nuziale. (Cfr. Cant. 1,4; 3,4; ).

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La vita contemplativa è colloquio, intima amicizia e familiarità, con Gesù Cristo. Egli dispose che fossero condotti "nella solitudine coloro con i quali intrattiene una conversazione intima"4S. Il Signore entra in stanze "a porte e finestre chiuse", non ama la presenza di estranei, non si ferma a discorrere (sermocinari) tra lo "strepito dei pensi eri perversi ,,49 .

Vuole essere, solo, con l'amico. Il registro della intimità, segretezza , confidenzialità, è abbondante ed espresso con simboli attinti al Cantico dei Cantici, secondo la tradizione patristica e i commenti monastici medievali: la mistica "cantina", la stanza del tesoro regale, dei profumi e degli aromi, il riposo "nel glorioso (fiorito) letto della contemplazione", l'ebbrezza e il gusto riposante della compagnia dell'amico, il giardino degli aromi. Le "cellette separate" , "non con pareti adiacenti", ossia comuni, hanno lo scopo di garantire l'intimità del colloquio, la massima segretezza: "singuli singulas cellulas habeant separatas".(R.5) La Regola l'ha prescritto "per ispirazione dello Spirito Santo" per assicurare l'intimità tranquilla e sponsale con Cristo: "affinché lo sposo celeste e la sposa, l'anima contemplativa, riposando in esse, conversino più intimamente " (secretius, più riservatamente, da soli)", come si addice agli sposi so . E' mistica nuziale. Gesù, "il Re dei Re" ammette a condividere i suoi segreti e invita alla gioia inebriante dello Spirito nel I 'amore. « Ezechia mostrò a loro (ai suoi visitatori) la stanza degli aromi, dell'oro, dell'argento e dei profumi e dell'unguento più prezioso»(cfr.ls.3,2) . Simbolicamente: i luoghi più segreti da non mostrare agli estranei, o potenziali nemici , ma solo a coloro di cui ci si può fidare . "Ecco introdotti nella cantina dal Re dei re otteniamo in noi una carità ordinata. O come è detta bene "cantina" (cella vinaria) , infatti in essa lo Spirito Santo inebriando sobriamente i veri abitanti delle celle con il meraviglioso vino della devozione (dedizione, abbandono di amore?), li fa riposare nel letto glorioso della dolce contemplazione ,,5/ .

Gesù allora è realmente l'eredità, il "calice inebriante" (la sorte gioiosa) del solitario , il suo punto fermo, il senso e la ragione della propria esistenza. La partecipazione alla vita e alla gioia di Cristo è espressa con il simbolismo delle due coppe: quella ricolma della bevanda "dolcissima e inebriante" di Cristo , in opposizione al "vino amaro e velenoso" , del calice di Babilonia.52

Gesù è la "pietra solidissima" alla quale è indissolubilmente legato l'eremita attraverso la fede, speranza e carità. Lo Sposo, abbiamo visto, è Gesù Cristo, Verbo del Padre. L'orizzonte Trinitario della vita contemplativa, per quanto solo in pochi passi esplicito, è chiaramente presente. Mentre nell ' insieme sono attribuiti al Padre o allo Spirito Santo le prescrizioni della Regola. Lo Spirito Santo, svolge la missione di maestro interiore di sapienza, trasformazione , e comunicazione di amore inebriante. 53. Tutto si dirige ultimamente al Padre che dona il Figlio e sarà tutto in tutti. 54 Tutta la vita del carmelitano, tra occupazione spirituale e lavoro manuale, è spesa "per nostro giovamento e a gloria del Creatore.,,5) La partecipazione alla vita e alla gioia di Cristo è espressa con il simbolismo delle due coppe: quella ricolma della bevanda "dolcissima ed inebriante" di Cristo , in opposizione al "vino amaro e velenoso", del calice di Babilonia56

.

48 Ignea VII,290,59

49 Ignea VI, 285, 7s; X, 297, 35ss ;"11 Salvatore che rifiuta la compagnia dei nemici, disdegna di entrare" nel cuore ingombro della loro presenza. 50 ut coelestis sponsus et sponsa, contemplativa anima, in eis quiescentes secretius colloquanturSO" (Ignea, VIII, 291,8s. cfr.IX,295,25s) 51 Ignea, IX,295, 20. 23ss. "Lectulusgloriosus", equivale al "Iectulusfloridus" del Cantico. (Cant.1 ,15) 52 1gnea IX, 295, 30-31; XII , 302, 28ss. 53/gnea IX, 295,24ss; cfr. I, 273-274,23; VI , 287, 49ss 54/gnea IX,295,24; 294, 15ss; VIII, 293,70; XI,299, 11ss; cfr. 1,273-274,23; VI , 287, 49ss sS /gnea VIII, 291-292,18-20; 293, 67 -7L 56/gnea XII, 301,6s; XII,302,28ss

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7. La mediazione: nella S. Scrittura Gesù, Verbo del Padre, parla al solitario. Lectio Divina.

L'incontro e il colloquio intimo avviene nella "meditazione" delle Scritture. Il "Signore e Salvatore nostro ci ha ( nel testo: aveva) condotti benevolmente nella solitudine, per parlare con una certa speciale familiarità al nostro cuore. Egli che si mostra ai suoi amici, per consolarli, e rivela loro i misteri nascosti in una stanza riservata, non in pubblico, non in piazza, non nel frastuono tumultuos057

".

La "cella separata", ove abitare" con lo Sposo", in un colloquio intimo, e ininterrotto, è voluto dallo Spirito Santo perché "i servi di Cristo" vi dimorino "giorno e notte" "meditando la Legge del Signore e vegliando nelle orazioni".58 l "misteri nascosti" che il "Signore e Salvatore" "rivela" ai suoi amici sono contenuti nelle Sante Scritture, dell' Antico come del Nuovo Testamento, e negli eventi stessi della sua vita terrena, "quae numquam a mysterio vacant". 59

Questo vale per l'Antico Testamento letto alla luce del Mistero di Cristo, in rapporto di "figura e realizzazione". Ma vale anche per il Nuovo Testamento in quanto i "fatti" della vita di Cristo non sono mai privi di significati profondi in rapporto alla Chiesa sua Sposa e al singolo fedele. "Mysteria sunt omnia quae scripta sunt". "Nihil vacat a mysterio.,,60 Tutta la Scrittura parla di Cristo e nella Scrittura si fa presente e parla lo stesso Signore e

Sal vatore. 61. La "occupazione spirituale" del carmelitano è la "meditatio Legis Domini", ininterrotta,

"giorno e notte.',62 "La contemplazione degli antichi è una contemplazione biblica: è un'esperienza provocata dalla Parola di Dio, letta, cantata o ascoltata. Tra tutti i libri sacri, quello dei Salmi è il più adatto alla contemplazione, perché i testi vi si trovano già sotto forma di preghiera: la ripetizione quotidiana dei loro versetti permette al monaco di ricordarseli più facilmente; essi divengono l'espressione normale e spontanea dalla sua unione con Dio, il respiro della propria anima. ,,63

Persino un giurista del secolo XIII scrive che i "due Testamenti, il Vecchio e il Nuovo" nutrono e guidano "principalmente i religiosi e specialmente i Certosini, Predicatori e Minori, e coloro che,posti nella contemplazione, disprezzano le cose temporali e terrene". 6'1

571gnea VI,285,4: "amicis suis consolationis gratia se ostendit et revelat mysteria secretorum" 58 Ignea VI,285,1; VI,286,40; VIII,291, 7; VIlI,291s.,18-25.

59 Ignea, ; VI,286,40;

60 Cassiano, Conlatio XIV,8; PL 49,964. Cfr. 1 Cor 10 ,1-11; H. DE LUBAC, Éxégèse Médiévale. Les quatre sens de /'Écritures, 4 voI., Aubier, Paris, 1959-1963, v.4, 80-84. (=Éxégèse). CICCON ETTI 1992, 27-29.

61 Cassiano, Conlationes XIV,8; PL 49,964; XIV, IX, PL 49,969: afferma che si deve "medullas coelestium in tra re dictorum ac profunda et abscondita sacramenta purissimo cordis oculo contemplari"nelle Scritture.

62 Ignea, VIII,291s.,18-25.

63 J. LECLERCQ, Aux sources de la spiritualité occidentale, Ed. Du Cerf, Paris, 1964,289.

64 Henricus de Susa, Hostiensis, Summa aurea super titulis decretalium, citato in, J. LECLERCQ, Études, 158 Si tratta di una "teologia dei contemplativi" che è "conoscenza nascosta e arcana di Dio", e perciò "Teologia mistica". (mysteria secretorum ) " Nei due Testamenti, cioè il Vecchio, in cui accadeva agli uomini tutto in figura, e nel Nuovo, in cui ci è stata data la verità consiste la Teologia, per mezzo della quale l'anima si nutre, si governa e si salva consiste la teologia. Da questa sono diretti principalmente i religiosi, specialmente i Certosini, Predicatori e Minori, e coloro che, posti nella contemplazione disprezzano le cose temporali e terrene" . "La contemplazione consiste nella "conoscenza arcana e segreta di Dio e delle cose divine ... Questo significato si adatta principalmente alla teologia dei contemplativi, che viene chiamata mistica" (M,Sandaeus, citato IN LECLERCQ, stessa pagina)

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La "meditazione", nel tempo in cui nasce la nostra regola e nel contesto di questo opuscolo, non è un esercizio a proposito di idee, e riflessioni astratte. E neppure deve confondersi con la cosiddetta "orazione mentale" e metodica, che si afferma con la "devotio moderna". "Per gli antichi meditare è leggere un testo e impararlo a memoria nel senso più forte di

questo atto, con tutto il proprio essere: con il corpo poiché la bocca lo pronuncia, con la memoria che lo fissa, con !'intelligenza che ne comprende il senso, con la volontà che desidera metterlo in pratica." 65

I "misteri nascosti" sono da scoprirsi nella S. Scrittura, al di là del senso letterale o storico. L'Incarnazione del Verbo storicamente avvenuta e letteralmente narrata nella Scrittura interessa tutto il popolo cristiano e in esso si avvera , ma essa non raggiunge il suo scopo se non "nasce" nella vita del cristiano. Il "mistero" del Verbo Incarnato raggiunge e trasforma il cuore del cristiano. Il "mistero" inteso oggettivamente diventa personale, soggettivo. "A che cosa mi serve che il Logos sia venuto al mondo se io non l'ho?" "Se non è caduta

anche nel cuore di qualcuno la città della confusione (Babilonia), per costui Cristo non è ancora venuto" (Origene)66. Sullo sfondo di questa tradizione spirituale va interpretata, anche nella Ignea Sagitta, l'espressione" die ac nocte in lege Domini meditan/es": oggetto della "meditazione" è la S. Scrittura (o suoi commentari), Parola di Dio, il Verbo che si autocomunica, e "nasce" ogni giorno nel cristiano. Ma non è la "scrittura" in quanto tale, neppure come fonte del credere e dell'agire, da apprendere intellettualmente lo scopo della "meditati o" ininterotta: in essa si cerca e desidera l'incontro non con uno scritto inerte, una nozione o con una legge morale, ma con la persona che è la "Persona,il Verbo". Il nesso della meditatio Legis Domini con il "gaudio spirituale", la consolazione e l'amore ne è indizio eloquente. "Uniti e cementati in una carità sincera ... (nello stato anteriore) i carmelitani erano occupati a meditare la legge del Signore e vegliare nelle orazioni, non per necessità, ma mossi gioiosamente da un gaudio spirituale". "Come sareste felici se ognuno di voi potesse dire, in verità, con il Profeta al Salvatore: «Quanto ho amato la tua legge o Signore! Tutto il giorno è la mia meditazione (Sal 119,97 ».67 Nella Scrittura "mistica cantina" si "beve la sobria abbondanza dello Spirito" Laeti bibamus sobriam profusionem Spiritus. La Torah è rivelazione e comunicazione di Dio che parla al cuore dell'uomo. E' sapienza che istruisce e illumina il cammino, è amore che coinvolge l'uomo nella reciprocità dell'amicizia. "Beato l'uomo che nella Legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte" (Sal ) ,1-2) E' la "beatitudine", frutto del dialogo, di due volontà che si trovano in sintonia: quella di Dio che comunica la sua verità e quella dell'uomo che scopre nella Parola la grazia e l'amore che compie le sue attese . E' l'amico che si rivela (se ostendit) ai suoi amici per consolarli e rivela i "misteri nascosti" (Cfr Gv 14,21 ;15,15;), tutto quello che ha udito dal Padre, "mysteria secretorum" 68

L'espressione "meditare giorno e notte nella Legge del Signore e vegliare nelle orazioni" assume quindi significato di una personale relazione con il Verbo, anzi di una relazione nuziale, come si deduce dalla letteratura monastica medievale, abbondantemente evocata dal nostro testo. Gli autori monastici riconoscono, nelle Scritture come nell 'Incarnazione, la

65 J.LECLERQ, Cultura umanistica, 19-20; 94; IDEM, Études, BI. 66 H. DE LUBAC, Éxégèse, Il, 565-566.

67lgnea, 1,274,49; VIll,292,35.

68 Ignea, VI, 285,5. : "Amicis suis consolationis gratia se ostendit et revelat mysteria secretorum" Comunicazione della "ricchezza della dolcezza del Signore, riservata (nascosta) per quelli che si

nascondono" . Cf. IX, 295, 30-31). Cfr. CASSIANO, Conlationes, XIV, IX, parla di "medul/as coelestium intrare dictorum ac profunda etabscondita sacramenta purissimo cordis oculo contemplari"nelle Scritture. PL 49,969.

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presenza reale, pur se misteriosa del Verbo di Dio". Il termine della Lectio divina non è lo "scritto" della Bibbia: in esso e da esso si fa presente e parla il Verbo . Infatti secondo Origene la Parola Divina si è fatta "Incarnazione" in Gesù e«inverbazione» nella Bibbia,già nel VT : il Logos di Dio "è coperto dal velo della lettera come è coperto dal velo della carne". In questo senso si esorta ad andare alla Scrittura come alla carne del Verbo, nella Eucarestia .69

E' l'esegesi mistica che ha in Origene il suo capostipite; la ricerca del Verbo, alla maniera in cui la sposa cerca lo Sposo nel Cantico dei Cantici. "Il senso della Scrittura non è un pensiero qualunque, una verità impersonale: è Lui", " eccolo che appare dietro il muro della lettera.,,7o Il senso spirituale cercato nella meditazione della Scrittura è Gesù che si manifesta. Nel suo sforzo di penetrare il senso spirituale della Scrittura mira all'incontro vivo con Lui. "Esperienza intima e meditazione della Scrittura tendono allora a confondersi in un unico «experimentum de Verbo»"(S. Bernardo), esperienza del Verbo.

8. Incontro nuziale nella contemplazione della Scrittura I commentari monastici, come per primo Origene, leggono soprattutto nel Cantico dei Cantici le relazioni di Dio con ciascuna anima, la presenza di Cristo in essa, la mistica unione che si realizza nella carità. Essa però vale per ogni testo della Scrittura: è sempre il Cristo che si cerca nella lettura della Scrittura. S. Bernardo lo attesta ripetutamente con calore e slancio. "L'anima assetata -egli dice- prolunga volentieri il contatto con le Scritture, perché è certa di trovarvi Colui di cui ha sete" . Applicata a "scrutarne i misteri, essa (la sposa) sente che il fuoco divino la riscalda d'amore".7} Ancora S. Bernardo scrive: "Se sento la mente aprirsi all'intelligenza delle Scritture o sento parole di sapienza irrompere in abbondanza dal fondo del mio cuore, se un raggio di luce mi rivela dei misteri allora non dubito più dell'arrivo dello Sposo. Infatti queste sono ricchezze del Verbo e dalla sua pienezza tutti noi attingemmo.,,72 Si tratta dell'esegesi di "un mistico e della mistica di un esegeta", commenta il De Lubac. " In fondo questo Verbo di Dio tanto desiderato, che cosa è, visto quasi indirettamente, se non il senso di un testo da decifrare? L'anima ne chiede il bacio, quando è alla ricerca di uno di quei sensi divini che si rivelano solo nella preghiera. Unisce esegesi e mistica come S. Gregorio Magno: "Parlare bocca a bocca, è quasi baciarsi, e toccare con la mente l'intelligenza interiore".73 Un anonimo medievale fa un accostamento della formula "die ac nocte in lege Domini meditantes" al primo versetto del Cantico dei Cantici: "Mi baci con i baci della sua bocca. Ha un bell'inizio questo libro, ma, a dire il vero, sembra si adattino solo ai contemplativi e coloro che meditano giorno e notte la Legge del Signore. ,,74 Una ulteriore conferma del contenuto mistico che l'autore della Regola carmelitana e i suoi destinatari molto

69 Girolamo, Commento all'Ecclesiaste, 3,13 ,in li Cammino del monaco, Qiqajòn, 2001,706. "Poiché la carne di Cristo è vero cibo e il suo sangue vera bevanda (cf Gv 6,55), il nostro unico bene nella vita presente è quello di mangiare questa carne e bere questo sangue, non solo nel mistero del sacramento ma anche nella lettura delle Scritture, infatti è vero cibo e vera bevanda ciò che si riceve dalla parola di Dio".

70 H. DE LUBAC, Éxégèse, 2, 593; ( Jaca Book,v.18, 246)

71 S. BERNARDO, In Cant, serm.23, n.3; PL CLXXXIII, 885 D; In Cant., serm.57, n.7-8; PL, CLXXXIII coI.1053-1054. 72 Citato in DE LUBAC, Éxégèse, 2,597.

73 Super Cant., c.1,n.3; PL LXXIX, 479C.; in DE LUBAC, Éxégèse, 2,592; (Jaca Book,v.18, ,1,245)

74 Leclerq, Études, 82.,nota 9; Origene:" Qousque mhi sponsus meus mittit oscula per Moysen, mittit oscula per prophetas ? lam ipsius ora cupio contingere, ipse veniat, ipse descendat", in . DE LUBAC, Éxégèse, 246. Il commento di un ebreo del XII secolo RASH! DI TROYA,: "è detto come figura per il fatto che Egli diede loro la Torah e parlò loro faccia a faccia" (Commento al Cantico dei Cantici, Qiqajon, 1997,49.

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probabilmente vi leggono. E' molto di più che una delle semplici pratiche o strutture della vita fraterna. Il cammino spirituale è scandito dal progresso nella penetrazione dei "misteri" della Scrittura. Per questa via il Signore introduce l'anima nella sua intimità: nei simboli del "giardino, celliere, e camera" (conclavis) si esprimono tre gradi di questa intimità, corripondenti ai tre sensi scritturistici: storico, morale e mistico. 75 "L'anima sarà introdotta nella camera del re, dove sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza e Cristo si farà conoscere direttamente ."76 Aprire le Scritture è ammettere all'unione nuziale77

.

I punti di contatto dello scritto di Niccolò Gallico con questa esperienza e tradizione sono, a mio giudizio , molteplici e chiari. La contemplazione è, per il Nostro, ricerca e colloquio con il "Verbo di Dio", Gesù che si rivela nella S. Scrittura, il Nuovo e Antico Testamento. La contemplazione e l'esperienza mistica della presenza del Cristo, che si intrattiene con il solitario abitante della celletta, nel nostro opuscolo, passa per la "lectio-meditatio-oratio" della S. Scrittura (le etio divina). Attraverso le pagine del Libro Sacro, il solitario cerca l'incontro vivente con il Signore e Salvatore. La contemplazione è l'apice di quest'attività che sin dall'inizio cerca in essa Colui che l'anima desidera ascoltare e "vedere". Esperienza intima e meditazione della Scrittura confluiscono tendenzialmente nella esperienza unica del Verbo Incarnato che visita l'eremita attraverso la sua Parola, quasi "dicendosi" di nuovo per lui, "performativamente" e non solo "informativamente". (Benedetto XVI). I simboli, relativamente abbondanti, attinti dal Cantico dei Cantici che il nostro opuscolo commenta ci conferma in questa convinzione. Eloquente in particolare è il passo sulla "ceLLa vinaria", mistica "cantina". Dopo aver commentato il passo di Isaia (392), l'introduzione nella "stanza degli aromi, dell'oro e dell'argento, dei profumi e degli unguenti migliori"che trovano il parallelo nel Cantico (cf 12-4.12-13; 4,10.16), prosegue: "Ecco veniamo introdotti neLLa cella del vino dal Re dei Re e raggiungiamo in noi il vessillo deLLa carità (ordinatam caritatem ),,78.

Otteniamo in noi che tutto sia organizzato, unificato sotto il "vessillo" della carità. "Oh come è giustamente chiamata cella del vino (cantina), infatti in essa lo Spirito Santo inebriando sobriamente i veri abitanti della cella (ceLLitas) con il meraviglioso vino della devozione, li fa dormire nel letto della dolce contemplazione". 79 "Questa cantina mistica (Cant.l ,4) nella quale lo Sposo, che è il re dei re , introduce

l'anima sua sposa è la santa Scrittura, nella quale quanto più uno si addentra tanto più uno vi trova buon vino. "so Laeti bibamus sobriam ebrietatem (profusionem) Spiritus.

75 DE LUBAC, Éxégèse, 2,598; (jaca Book.,251.) M. MAGRASSI, Bibbia e Preghiera, Milano, Ancora,1990 91. I tre simboli si trovano nel nostro opuscolo: camera: Ignea,VI ,285,1: "In conclavi ... amicis suis consolationis gratia se ostendit et revelat mysteria secretorum". Anche VI,286, 29-30. IX, 294,16 ss; giardino: XL299,23-27; cella vinaria(cantina) : IX,295, 23ss La "rivelazione dei misteri" contenuti nelle scritture: DE LUBAC, Éxégèse, 2, 652-653; (jaca Book,L.C.310-311.) 76 CosÌ in DE LUBAC, Éxégèse, 2,594, citando Origene . (jaca BookJc.,246.)

77 IDEM,o.c., 2,564. BRUNO di SEGNI, In Matthaeum, p.IV, c.XXII , PL CLXV,252 C.

78 cfr. Cantico, 2,4: "ordinavit in me caritatem" : La traduzione ufficiale della Cei: " Mi ha introdotto nella cella del vino e il suo vessillo su di me è l'amore". RASHI di TROYES, Commento al Cantico dei Cantici, Qiqajòn, 1997, 64,nota 7: "la sua insegna su di me è l'amore" . Il concetto di "ordine, schiera", come di aggregazione per attrazione sotto un unico vessillo. Cfr. 6,10: "mirabile come truppe schierate" Cfr 6,10: "terribilis ut castrorum acies ordinata" ; CEI: "terribile come un vessillo di guerra". 79 Ignea,lX,295,23ss

80 DE LUBAC, Éxégèse, 2,637. (Jaca Book, 18,295.)

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Naturalmente se la legge "guidato dallo stesso Spirito, sebbene in grado minore, che ha assistito gli autori ispirati e che assiste ancora effettivamente la sua Chiesa". fi l

II "cuore puro" è allo stesso tempo il frutto progressivamente acquisito della Lectio Divina e la condizione per ricevere illuminazione dallo Spirito Santo per poter incontrare Gesù Cristo e gustare i misteri nascosti (abscondita sacramenta, o mysteria secretorum) nella Scrittura. Il cuore puro permette di ricevere la "scienza spirituale" e cioè un'intelligenza dei misteri nascosti nella "lettera" delle Sacre Scritture. La Parola di Dio ri-plasma il cuore e lo prepara a vivere e "personalizzare", assimilare, "gli

eventi mistici" (facta mystica) nascosti nella Scrittura, attualizzati nella comunità ecclesiale, celebrati nella Liturgia82

. Anzi il cuore, l'anima "è il Tempio nel quale si celebrano i divini misteri". Tutto deve confluire in queste nozze intime: "Che significa preparazione delle nozze se non esposizione delle sante Scritture?" 8.

9 . La chiave ermeneutica della dimensione contemplativa della Ignea Sagitta Il pensiero di Niccolò Gallico sulla contemplazione si deve interpretare nell 'ambito dell'esegesi patristico-monastico dei "quattro sensi della Scrittura" e dell'approccio "mistico" ad essa.84 "LiUera gesta docet, quid credas allegoria, quid agas tropologia, quo tendas anagogia". Nella lettera si cerca il fatto, la storia, attraverso la lettura "allegorica" (nel senso paolino) si scopre la fede, da cui scaturisce la morale e la mistica (il mistero assimilato e vissuto), e, conseguentemente il desiderio e la tensione verso l'eternità. L'allegoria (nel senso paolino del termine) scopre il mistero che interiorizzato porta frutto nella vita spirituale. La "tropologia mistica" è il frutto di un approccio alla Scrittura che vuole incontrarvi Colui che costituisce la sua essenza, il Verbo di Dio, per unirsi a Lui. 85

La "Lectio Divina" per il nostro ( sia pure implicitamente) è un itinerario verso l'illuminazione e l'esperienza dei "misteri " e, in questo senso è desiderio e attesa, apertura alla gratuita e libera manifestazione di Dio all'uomo che Lo cerca "con cuore puro", la "trasfigurazione" o trasformazione del cuore e della mentalità: ai "pensieri perversi" o vani si sostituiscono lentamente i "pensieri santi" , il pensiero di Cristo; al posto dei nostri meccanismi di difesa , dei nostri pregiudizi, si sostituiscono le sue "armi spirituali" (R.18-19). È tensione tranquilla verso l'unione "mistica" con il Verbo Incarnato e in Lui con il Padre per opera dello Spirito Santo. La lectia del resto tende come fine alla "contemplatio", ne è l'ultimo gradino (secondo la sistematizzazione di Guigo il Certosino), ma qualifica sin dall'inizio, come contemplativo chi vi si dedica come alla propria occupazione principale. Esperienza intima e meditazione della Scrittura tendono a confondersi in unico «experimentum de Verbo". Infatti la Scrittura dal principio alla fine è allo stesso tempo itinerario di partenza e punto di arrivo nell 'ascensione mistica.86

Esperienza intima e meditazione della Scrittura tendono a confondersi in unico «experimentum de Verbo" . Infatti la Scrittura dal principio alla fine è allo stesso tempo itinerario di partenza e punto di arrivo nell'ascensione mistica.

81 Cit. in DE LUBAC, Éxégèse,lV,78.

82 Cf Cassiano, Conlationes,XIV,9; PL 49, 965-966. 969: "Aliud namque est facilitatem oris et nitorem habere sermonis, et aliud venas ac medullas coelestium intrare dictorum, ac profunda et abscondita sacramenta purissimo cordis oculo contemplari, quod nullatenus humana doctrina, nec eruditio saecularis, sed sola puritas mentis per illuminationem Sancti Spiritus obtinebit". G. de Saint-Thierry, Lèttre d'or, S.Chr. , 120-124.

83 DE LUBAC, Éxégèse, 2,564,nota 7. 84 Rinvio alla mia introduzione (cf.n.1) a , La Flèche de Feu, 20-27 85 Cfr. DE LUBAC, Éxégèse, 2,373-374; 549-571. 86 CU/CO ... Scala Claustra!ium, PL 184,475-484; DE LUBAC, Éxégèse, 2,567-568.

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IO. Contemplazione ecclesiale, apostolica, non intimistica La lettura della Ignea Sagitta a un primo e superficiale approccio dà l'impressione di un atteggiamento intimistico. In realtà, una lettura più attenta fa emergere una dimensione contemplativa tesa alla relazione fraterna, all'interno e all'esterno, e alla missione ecclesiale. Solo pochi accenni a modo di esempio. La santità come attrazione e contagioso annuncio di Cristo.87 La vita solitaria non è vista in opposizione alla fraternità alla sua autentica costruzione sul modello della Gerusalemme celeste. La vita solitaria la rende qualitativamente più vera e profondamente radicata nella carità. Anche la passione con la quale l'Autore si rivolge a tutto l'Ordine (religio sanctissima), come tale, preoccupato della sua fedeltà alla volontà del Signore e all'ispirazione dello Spirito e al suo "luogo" nella Chiesa militante, manifesta il senso della fraternità, all'interno, e dell'ecclesialità . I frati visti come pietre che si lasciano edificare in vista della città celeste. Bella e attraente all'interno della Chiesa, per la concordia e la pace, indirettamente, ma efficacemente evangelizzante il popolo di Dio.88 Non è contrario perciò alla predicazione, ma piuttosto alla mancanza di competenza e/o di coerenza che, a suo parere , si rileva nella maggioranza dei frati che vi si dedicano. Infatti Gesù è, per il solitario, modello anche della premura per il prossimo: il servizio al prossimo soprattutto non si oppone alla contemplazione, ma piuttosto , lo esige sia pure con modalità diverse. " Il Salvatore è salito nella solitudine del monte e del deserto per fare oraz.ione; ma si legge che volendo predicare o rivelare le sue opere al popolo discese dal monte. Ecco Colui che piantò i nostri Padri nella solitudine del monte, si diede come modello a loro e ai loro successori, volendo che le sue gesta, che mai mancano di mistero, essi li traducessero in esempio. Questa regola, certamente santissima, del nostro Salvatore alcuni predecessori l 'hanno seguita anticamente: conoscendo la propria imperfezione dimoravano a lungo nel deserto , ma desiderando giovare al prossimo in modo da non apparire di trascurare sé stessi, qualche volta" tuttavia raramente, scendendo dall'Eremo, seminarono con larghezza quello che avevno mietuto soavemente con la falce della contemplazione,sgranandone i chicchi con la predicazione (Mt 14,23; Gv 6,15). Nel medioevo "Quasi tutti i monaci che l'agiografia mostra nell'esercizio di qualche ministero sono uomini di preghiera che, dopo una preparazione, spesso lunga, nella contemplazione sono chiamati da Dio e dalla Chiesa a superare la vita contemplativa in sé stessa cioè (in quanto a strutture esterne) dedicandosi, in una modalità che rimane contemplativa- cioè a hase di ascesi e di vita interiore- al servizio del prossimo". Infatti "l 'azione deve procedere dalla contemplazione" .89 Del resto la purità di cuore (intesa anche come integrazione armonica delle varie dimensioni della persona) tende a trasformare tutte le sue relazioni all'interno e all'esterno: dalla comunità dei frati, alla comunità ecclesiale e di tutti gli uomini, e infine a tutta la creazione90

.

Il. La vita contemplativa: desiderio del cielo L'eremita per il nostro autore, come ogni monaco, punta direttamente l'attenzione e il desiderio verso lo stato beatifico definitivo. La contemplazione e la vita contemplativa sono presentate negli scritti contemporanei al nostro come realtà di ordine escatologico: è in cielo che si ha la "visione" beatifica di Dio, stabile e chiara. La vita contemplativa è la vita beata definitiva, in cielo: gustare Dio. Sulla terra si può cercare e tendere ad essa: si può averne una certa partecipazione, rinunciando ai beni terreni e temporali per ottenere i beni celesti ed eterni. Si tratta di accordare nella propria vita il primato all'amore di Dio e dei beni futuri su

87 Ignea, III, 278-280;

88 Ignea, 1,272-273: Il,275-277; lll, 278-280; IV, 281 , 33-45. VIll, 293, 46; 89 VI, 286-287,3-48. J.Leclercq, Études, 113. S.TH, Il Hae,q.188,a.2, ad 1. Cfr. DE LUBAC, Éxégèse, 669 55.

90 Ignea, VHl, 293,46; XI, 298-29,5-27. J. BAUDRY, l.c.(vedi nota 1), 103-104.

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quelli attuali . La vita contemplativa è un anticipo, per quanto possibile, della beatitudine del paradiso, una prefigurazione della celeste Gerusalemme . La meditazione della S. Scrittura, il lavoro, l'ascesi, e l'esercizio di una carità ardente sono i mezzi che aiutano a ricordare il carattere provvisorio della nostra attuale condizione e alimentare il desiderio del compimento della nostra salvezza. Tanto che si può parlare di tutta una serie di temi riconducibili a quella che il Leclercq chiama "devozione al cielo" 91 .

La Ignea Sagiua ha riferimenti in tal senso a cominciare dal "volo della colomba" al tema della "Gerusalemme" terrestre e celeste. L'eremo è il laboratorio ove "con il lavoro del Sommo Artista" gli eremiti vengono meravigliosamente cesellati e colorati, come pietre del glorioso edificio della Gerusalemme celeste. Anzi già sin d' ora hanno meritato di essere chiamati "Gerusalemme" perché realizzano la pace e la concordia92

.

L'eremo è una città costruita nella solitudine, ben munita di muri e sentinelle eccezionali: gli Angeli, che sono "nostri concittadini,>9) . Il deserto fiorisce e canta con gli eremiti le lodi del Creatore: una restaurazione dell'armonia cosmica dell'Eden e della Terra promessa. Più esplicitamente viene paragonata la cella al cielo . Il cielo e la cella sono intercomunicanti: "Certo tra la cella e il cielo non conosco alcuna divisione intermedia, e perciò da questa si giunoe con grandissima facilità ad esso 94"

Tenendo presente la probabile fonte, la lettera d oro di Guglielmo di St-Thierry, e, come si desume da altre affennazioni del nostro opuscolo, la prossimità o "parentela" di nome e di fatto tra il cielo e la cella, e quindi il facile passaggio dall'una all'altro si verifica già misticamente in questa vita. "In conformità con il vostro proposito (propositum) abitando nei cieli piuttosto che nelle celle , chiuso fuori da voi tutto il secolo , avete rinchiuso voi stessi con Dio; giacché l 'abitazione della cella e quella del cielo sono parenti: poiché come « cielo» e « cella» sembrano avere tra di loro una qualche parentela nel nome, così anche nella pietà ... ciò che si fa nei cieli lo si fa anche nelle celle .. . oso dire che i santi angeli del cielo hanno per cieli le celle e che trovano le loro delizie tanto nelle celle come nei cieli. " Il contesto più immediato della citazione del nostro opuscolo rende ancora più chiaro il valore attribuito alla contemplazione nella solitudine della cella: "né ormai lo spirito che prega o anche l'anima che esce dal corpo trova lunga e difficile la via dalla cella al cielo. Dalla cella infatti si sale sovente al cielo" Y5 .

Nella cella si ottengono le "vere delizie del paradiso": "Quanto grande è la moltitudine della tua dolce::.za che riservasti per coloro che si nascondono, o Signore. Nella cella della solitudine felicemente nascosti dalla vanità del mondo otteniamo le vere delizie del paradiso, che ristorano e rinvigoriscono il nostro uomo interiore in modo che il suo appetito sia allo stesso tempo saziato e sempre di nuovo abbia sete " Y6.

Come avviene per i cibi prelibati e le bevande che dissetano, ma invitano di nuovo a gustarli. Soddisfatti e bramosi allo stesso tempo . AI contrario: le vane ricchezze generano nausea e perciò estinguono l'appetito senza saziare (l'uomo interiore). L'appagamento interiore che non distrugge il desiderio ha una ragione:

91 J. LECLERCQ Études, 87-90. Altrove gli parla di una "devozione al cielo" e dà un elenco di temi che ad essa riconducono. Cf. J. LECLERCQ, Cultura umanistica, 63-83.

92 Ignea, \,273-274,19 .34

93lgnea, V,284,70ss.

94 Ignea, XI,298,s.,5ss. IX, 295,28. "Inter cellam et coelum nullum scio medium, et ideo de hac ad illud facillime pervenitur". 95G. de Saint-Thierry, Lèttre d'or,nn.29-32.34-37; 105-107;

96 IX, 295, 31ss.

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nella cella ci si "dedica a Dio e si gode di Di097" che è sorgente inesauribile . Nella cella si

scopre il "tesoro", il Regno di Dio. Applicandolo a Gesù Cristo, sorgente di acqua viva S.Colombano esclama: "Beve di Lui chi lo ama. Beve di lui chi si disseta alla Parola di Dio ... Deve essere senza dubbio indicibilmente gustoso il cibo che si mangia e la bevanda che si beve per non sentirsene mai infastiditi, anzi sempre più soddisfatti e bramosi9s

".

Prosegue ancora il nostro opuscolo: " Nella cella della contemplazione aromatica ci viene mostrato un tesoro incalcolabile e senza eguali, affinché disprezzate completamente le cose terrene e passeggere, il nostro animo si spenda, libero da ostacoli, totalmente nell'ardente brama di esso." 99

La contemplazione consiste in un ardente desiderio suscitato dalla scoperta del "tesoro incalcolabile" per il quale vale la pena di vendere tutto. (Mt 13,44-46). Infatti la vera e piena "contemplazione" è la vita beata nel cielo, ove "coloro che vi giungeranno regneranno, senza fine insieme a Dio. Ciò che hanno creduto lo vedranno". Qui in terra si può cercare e, per grazia di Dio, ottenere in qualche modo una certa partecipazione a quella contemplazione. L'attività contemplativa, nelle sue varie forme ha lo scopo di mantenere desta la coscienza del carattere provvisorio della nostra condizione terrena e ricondurre l'eremita ogni giorno di più a Cristo. "La vita contemplativa è una vita di desiderio" nella fede e nella speranza. IOO

.

L'esistenza terrena dell' eremita è un' esistenza contemplativa. Tutte le sue pratiche sono orientate verso l'unione del cuore a Dio iOI

.

CONCLUSIONI

I .La contemplazione nell'Ignea Sagitta è ricerca e desiderio di vedere Dio. La tensione "escatologica" verso la pienezza dell ' adempimento di questo desiderio che anticipa , in certo modo, già in questa terra quella che sarà la realizzazione piena della propria esistenza e della propria ricerca di felicità, pace, e riposo in Dio. 2. E' marcatamente Cristocentrica: relazione personale, dialogica, e dalla tonalità affettiva non lontana da quella in cui si distingue S.Bernardo: "Jesu dulcissime". E' esperienza della sua "familiarità". La preghiera come "colloquio intimo, familiare". 3. E' "mistica" nel senso di esperienza personale del Mistero di Cristo, rivelazione, illuminazione e unione sponsale. Misteri che sono fatti ed eventi salvifici di Cristo che tendono a essere assimilati e celebrati nella Chiesa e nel singolo fedele "nell'uomo interiore". 4. La mediazione privilegiata è la Scrittura, meditata ininterrottamente: da essa scaturisce l'orazione, dialogo intimo con Gesù "Signore e Salvatore". Anzi in essa si compie l'incontro e il colloquio intimo e sponsale con Cristo. L'anima contemplativa scruta "i misteri della Scrittura" . Uno scritto anonimo, verosimilmente del secolo XIII, di sapore carmelitano, manifesta analogo approccio mistico alla Scrittura, commentando o semplicemente evocando brani del ciclo di Elia. ( l Re 17,2-6; 2 Re 1,11-16 )102 "Non è ancora arrivato il tempo in cui

97. de Saint-Thierry, Lèttre d'or, n.31

98 S. COLOMBANO, Istr.13, su Cmto Fonte di vita,1-2; Opera, Dublino,1957, 116-118;Vedi LITURGIA DELLE ORE, PoI.Vaticana,1975, IV, 144-145.

99 IX,294,16ss. CF. J. Lec1ercq, Études, ,106: "Contemplativa vita est pro dilectione Dei terrena calcare, assidue orare, saepe divino servitio interesse, omnia quae de Deo sunt libenter audire". 100 J. LECLERCQ, Études, 88; 89.

101 IDEM, Aux sources,286.lDEM, Cultura umanistica, c.IV: La devozione al cielo, 63-83. 102 Edito da François de Sainte Marie,OCD, Les plus vieux textes du Carmel, Paris, 1965,266-271; citato in DE LUBAC, Éxégèse, 4,499: La Scrittura "Nelle sue parole segrete, sepolte sotto le figure, sono nascosti significati sottili e mistici come tesori nel suolo. Nello scoprire i segreti, separando lo spirito dalla lettera, si attinge la vita, la vita dello Spirito. Beato colui che, nella miseria dell'esilio consacra tutto il suo animo e tutto il suo amore alle delizie di questi significati misteriosi ... Mosè ed Elia, cioè la Legge e la Profezia,

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vedremo mettere da un lato «i misteri della Scrittura» e dall'altra la «devozione». Esegesi e mistica, Scrittura e vita spirituale restano ancora intrecciate. E' veramente "nelle Scritture che l'anima troverà Colui di cui ha sete" 103

5. L'Ignea Sagitta parla il linguaggio monastico e riporta temi diffusi negli ambienti claustrali, ai suoi tempi . Essi hanno le loro radici nelle esperienze dei padri del deserto. Il ricordo incessante di Dio, il colloquio ininterrotto e l'attesa di Gesù, "Signore e Salvatore" che s'intrattiene con l'anima contemplativa e la nutre; l'azione dello Spirito Santo che riempie di "sapienza" le "celliere" ( le dispense o magazzini, cioè i monasteri), abilita l'eremita al discernimento di "ciò che è bene fare ed evitare" e fa sperimentare l' ebbrezza spirituale dell 'amore. 6.Sebbene si possa individuare nel nostro opuscolo alcuni gradi di preghiera contemplativa (per esempio la cosiddetta orazione di quiete, il sonno spirituale,) non si parla in esso, né si pri vi legiano manifestazioni straordi narie. La contemplazione non è vista come una condizione straordinaria e privilegiata di

conoscenza, o di esperienza della divina presenza, ma come un atteggiamento e "un esercizio accessibile a tutti coloro che cercano Dio con purezza di cuore" attraverso la fatica dell'ascesi e della preghiera assidua. 7.la vita contemplativa, anche nel suo aspetto di silenzio e solitudine, non impedisce, ma piuttosto rende più profonda e favorisce la fraternità e in genere le relazioni umane. Lo stesso può dirsi in relazione alla profondità dell 'annuncio della Parola. 104 La "predicazione" nel suo senso originale e pieno, il Kerygma)è prolungamento e frutto della contemplazione. 7. La solitudine, le occupazioni spirituali e fisiche, la lectio divina, le orazioni, la salmodia, la penitenza costituiscono già la "vita contemplativa". Non ne sono, secondo la mentalità del tempo, solo condizioni preparatorie. Il ritmo e i mezzi per intrattenersi con Dio, attendere la sua visita sono già "vita contemplativa". Nella letteratura monastica medievale. afferma il Leclercq "l'ascesi non è solamente una delle condizioni preliminari alla contemplazione; essa ne fa parte. Essa non ne è una preparazione, ma uno degli elementi costitutivi. Il contemplativo è allo stesso tempo un uomo di preghiera e di mortificazione".lo5

"La sua finalità risiede interamente nell 'opera che esso rende possibile. E quest'opera è l'irruzione del dono di Dio nel cuore di un uomo e nel tessuto della fraternità. Essa interpella l'uomo nella sua inlerezza, corpo e anima ... ", ma quest'opera esige "un quadro che esprima il ritmo stesso della ricerca di Dio", metodo e orario di preghiera , raccoglimento, cammino di spogliamento e di rinuncia aprono un vuoto , o meglio "una profondità grazie alla quale Dio, per così dire, viene a galla nel cuore dell'uomo " .106

Non c'è dubbio che certe espressioni radicali presenti nel nostro opuscolo possono urtare la nostra sensibilità; tuttavia non è detto che non sia utile confronto per rivedere eventualmente le nostre sicurezze. Tra le altre cose: siamo proprio sicuri che, pedagogicamente, sia oggi più necessario e produttivo insistere sulla relatività degli elementi della tradizione ascetica che non piuttosto sulla loro "relativa" indispensabilità ? Non stiamo rischiando di fondare sul "liquido" l'autentica ricerca di Dio. Alla fine -last but nOlleast- vorrei aggiungere che l'Ignea Sagiua ci permette di cogliere un significato della Regola , sicuramente prezioso , perché viene dalla lettura di una persona che

hanno il vito ricoperto da un velo ... Quando salì al cielo Elia permise che I mantello con cui si copriva il vlt all'entrata della caverna, cadesse al suolo per insegnarci che la lettera che non contiene niente di elevato,di sapiente, di sublime, e non conduce alla perfezione, deve essere lasciata da parte" .

103 DE LUBAC, Éxégèse, 2 104 1,272-274. V[[I,292-293. Cf.BAUDRY, Pureté du coeur, 1.c. ,103-104

105 j.LECLERCQ, OSB, Études , 106 e 108.

106 A.LOUF, La vita Spirituale, Ed. Qicajon, 2001,179

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per essere immerso nel contesto e nel sistema educativo molto simile quello in cui è stata scritta è in grado di rivelarne spontaneamente la dimensione contemplativa. Mai abolita nella Regola. Inoltre si tratta di persona autorevole e di esperienza 107 .

L'Ignea Sagitta è uno scritto "molto suggestivo per la spiritualità e l'ispirazione biblica che lo pervade". Essa costituisce, a mio avviso, il primo commento rivelatore della spiritualità della Regola, direttamente attinta dalla Parola biblica . Apre uno squarcio interessante su un momento tanto vicino alle origini e lascia intravedere le radici misteriose di certe fioriture mistiche successive; non sfugge persino una qualche somiglianza nei simboli evocati.

Carlo Cicconetti, O.Carm. Roma 25 .1.2011

107 Continuo a non condividere però la sua interpretazione negativa sulla evoluzione dell'Ordine dopo Innocenza IV: essa è avvenuta non per capriccio dei superiori, ma in conformità alla "politica" e solto le indicazioni dell'autorità della Chiesa. Ignea, 271; l,273,40; 1II,278,10ss.ln particolare l'interpretazione della prescrizione sulla scelta dei luoghi (Regola, n.5): essa la rende assolutamente superflua. Ignea.VII,

288-28