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3 La culla della civiltà Dal Foro Boario al Palatino Itinerari romani Comune di Roma Turismo

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3 La culla della civiltàDal Foro Boario al Palatino

Itinerari romani

Comune di RomaTurismo

Roma per teCollana di informazioni del Comune di Roma

Realizzazione a cura: Cosmofilm spa - Elio de Rosa editoreTesti: Alberto Tagliaferri, Valerio Varriale

(Associazione Culturale Mirabilia Urbis)Coordinamento editoriale: Emanuela BosiProgetto grafico e impaginazione: Marco C. Mastrolorenzi

Foto: D. Bianca: copertina, pag. 3, 15, 24, 25, 27 in basso, 31,32, 33; C. De Santis: pag. 2,10, 11, 18 in alto, 19 in basso, 23, 26, 28, 29, 30, 34, 38; P. Soriani: pag. 14, 16; SpazioVisivo: pag. 12, 13 in basso, 35, 36, 37; SSPMR: 27 in alto; Archivio Cosmofilm: pag. 9,13 in alto, 17, 18 in basso, 19 in alto, 20, 21, 22

In copertina, il Tempio di PortunoIn questa pagina, Arco degli Argentari, pannello a rilievo

• Il Foro Boario 81. Santa Maria in Cosmedin, la Bocca della Verità

e l’Ara Massima di Ercole 92. Passeggiando, passeggiando... 123. Il Tempio di Ercole Vincitore e il Tempio di Portuno 144. Passeggiando, passeggiando... 175. San Giorgio in Velabro 266. Passeggiando, passeggiando... 297. Il Circo Massimo 308. Passeggiando, passeggiando... 33

• Il Palatino 34

3 La culla della civiltàDal Foro Boario al Palatino

Itinerari romani

Tempio di Ercole Vincitore, particolare di un capitello

Comune di RomaTurismo

Stampa: GRAFICAPONTINA- Pomezia - ord. n. 6821 del 17-3-08 (c. 30.000)

Il cosiddetto Tempio di Vesta e la chiesa di S. Maria in Cosmedin visti dal Ponte Rotto inun’illustrazione dell’Ottocento

Le rovine dei palazzi imperiali sul Palatino in un’incisione ottocentesca di B. Pinelli

Presentazione

La culla della civiltà

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Itinerari romani costituiscono una serie di percorsi per chi desi-deri approfondire la conoscenza della Città.Agli itinerari del grande Rinascimento romano già realizzati - Cara-

vaggio, Raffaello, Michelangelo e a quelli dell’arte barocca delle archi-tetture di Bernini e Borromini si aggiungono, ora, altri percorsi apposita-mente studiati per accompagnare e agevolare il visitatore alla scoperta“metro per metro” di una Città d’arte così sintetizzata.

In tal modo in un unicum - distinto è rappresentata e “letta” la città inun mosaico che si ricompone e si scompone secondo le esigenze del visi-tatore, che potrà scegliere tra La Roma Monumentale (via dei Fori Impe-riali e Colosseo), Il Colle della poesia (l’Aventino e dintorni), Tra boschi eacquedotti (il Celio), Agli albori della Roma Cristiana (San Giovanni in La-terano e Santa Croce in Gerusalemme), da La Suburra (Rione Monti eSanta Maria Maggiore) a Quasi un set cinematografico (via Veneto e din-torni), ecc.

Un’impresa difficile, pur tuttavia felicemente riuscita, anche sul pianodell’immagine della tradizione e dell’identità culturale della nostra Cittàe che, con semplicità rispetta i contenuti scientifici del patrimonio stori-cizzato, con una narrazione che unisce l’impostazione grafica con la li-nea editoriale dei contenuti.

Un sistema di comunicazione efficace per la comprensione del più va-sto e incredibile patrimonio storico-artistico di Roma, che permette alturista di individuare, immediatamente, il significato principale dell’iti-nerario prescelto permettendogli, nel contempo, l’immediata colloca-zione della propria posizione logistica in rapporto all’area che si deside-ra visitare.

I percorsi così condensati e raccolti possono ben rappresentare unsimbolico “taccuino d’artista” e apparire agli occhi del visitatore comeuna grande vetrata - a più specchi - sul cui sfondo vi è un orizzonte cul-turale che non potrebbe essere più romano, suggestivo e ricco di valorimai tramontati.

Roma ti aspetta!

L’Ufficio Turismodel Comune di Roma

La p

iant

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Legenda1. Santa Maria in Cosmedin, la Bocca

della Verità e l’Ara Massima di Ercole2. Passeggiando, passeggiando...3. Il Tempio di Ercole Vincitore e il Tempio di

Portuno4. Passeggiando, passeggiando...5. San Giorgio in Velabro6. Passeggiando, passeggiando...7. Il Circo Massimo8. Passeggiando, passeggiando...9. Il Palatino

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La pianta

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L’area del Foro Boario risul-ta del massimo interesseperché essa è legata agli al-

bori della città, e ancora più im-portante è quel tratto del Tevere,dove ora sono le rovine del cin-quecentesco Ponte Rotto.Le indagini archeologiche ci dico-no che intorno all’anno 1000 a.C.si formarono piccoli insediamentidi capanne sul Palatino e sulle altrecolline nella piana del Tevere che,a partire dall’VIII secolo, si sarebbe-ro uniti dando vita alla città di Ro-ma. La crescita di questi primitiviinsediamenti, costituiti da Latini,Sabini ed Etruschi, fu incentivatadalla opportunità di sviluppare at-tività mercantili lungo il fiume. Ilsale, preziosissimo perché utilizza-to nell’allevamento del bestiame eper la conservazione delle carni,veniva estratto alla foce del Tevere,presso Ostia, e quindi trasportatoverso le regioni dell’interno attra-verso quella pista che sarebbe dive-nuta la via Salaria. Ma c’era soprat-tutto un elemento che rese la vici-nanza del fiume fondamentale peri destini dei gruppi che abitavanoall’epoca il sito del Palatino e deglialtri colli: il guado situato a valledell’Isola Tiberina. Sostituito in seguito dal famosoPonte Sublicio, questo guado met-teva in comunicazione le due pistepercorse dagli allevatori di bestia-

me: la pista che portava verso il Set-tentrione etrusco e quella che con-duceva al Meridione greco, divenu-te in seguito la via Aurelia e la viaAppia. Controllando questo trattodel fiume a poca distanza dall’IsolaTiberina, i primi Romani riusciro-no a beneficiare degli intensi scam-bi tra le due aree e a conseguire ra-pidamente una posizione di presti-gio. Non a caso la riva prospicientevenne detta, sino al tempo dell’im-pero, Foro Boario, il mercato deibuoi. Il luogo si attrezzò, nei secolisuccessivi, con un porto fluviale, si-tuato nell’area dove oggi sorge ilpalazzo dell’Anagrafe a via Petro-selli, e con templi che celebravanole gesta di Ercole, considerato unprotettore del luogo e dei commer-cianti. Questo perché, secondo ilmito, il semidio vi sconfisse il mal-vagio gigante Caco, dal quale erastato derubato dei buoi conquistatia Gerione: favola che forse adom-bra l’effettivo ruolo di garanti dellasicurezza dei commerci che i primiRomani furono in grado di imper-sonare. Durante tutto il periododella Repubblica e poi dell’imperola zona mantenne la sua vocazionespiccatamente commerciale e nelprimo Medioevo, per la vicinanzadei palazzi imperiali del Palatino,conobbe un cospicuo insediamen-to bizantino, tanto da essere so-prannominata ripa graeca.

…Inizia lapasseggiata...

Il Foro Boario

La culla della civiltà

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La chiesa di S. Maria in Cosme-din, in piazza Bocca della Verità,sorse sul luogo dell’Ara Maxima

di Ercole. Il culto arcaico di Ercole fuuno dei più radicati presso i romani ela zona ospitava diverse memorie reli-giose e mitologiche del dio. Nell’areadi questi antichi templi (Ara Maxima,Hercules Victor, Aedes AemilianaHerculis), molti secoli dopo, fissò lasua prima dimora la comunità greco-bizantina di Costantinopoli.Furono infatti religiosi orientali, nel VI

secolo, a edificare la diaconia dettadi S. Maria in Schola Grae-ca, e nel 782, in se-gno di prote-zione versoi mona-ci

greci che fuggivano dalle persecu-zioni dell’imperatore Costantino VCopronimo, papa Adriano I fece de-molire i ruderi dell’Ara Maxima di Er-cole per ampliarla. Alla chiesa, a cuialla fine del primo millennio si ag-giunse il monastero, venne attribuitoil titolo di Kosmidion, a memoria diun omonimo edificio di Bisanzio. Du-rante l’intervento dei Normanni nel1078 a difesa di papa Gregorio VII, lachiesa fu saccheggiata pesantemen-te e venne quindi restaurata tra il1118-19 e il 1124. Nel 1715, sotto

papa Clemente XI, si fece abbas-sare il livello della piaz-

za antistante perpareggiarlo

conquel-

lo

1. Santa Maria in Cosmedin, la Boccadella Verità e l’Ara Massima di Ercole

La Bocca della Verità

dell’interno della chiesa e, tre annidopo, l’architetto Giuseppe Sardi fuincaricato di provvedere al rifacimen-to sia interno che esterno della chie-sa. L’elegante facciata barocca, rea-lizzata in questo periodo dal Sardi,venne malauguratamente distruttatra il 1894 e il 1899, durante i lavoridi restauro di G.B. Giovenale, per re-stituire alla chiesa il suo presuntoaspetto medievale. La facciata attuale appare in laterizio,preceduta da un portico su pilastri,con al piano superiore monofore tran-sennate. La parte superiore della fac-ciata è leggermente arretratae ha, sulla sinistra, una torrecampanaria romanica a settepiani, ornata da bacili e dischimarmorei policromi, nellaquale si aprono eleganti trifo-re a colonnine. Sotto il porti-co, che è preceduto da unprotiro sorretto da quattrocolonne ioniche antiche, so-no conservate varie iscrizioni,

due antichi pesi in basanite, i resti diun affresco raffigurante l’Annuncia-zione e la Natività e, sulla destra, ilmonumento funerario del prelatoAlfano, del XII secolo. L’architrave del-l’ingresso, firmato da Johannes de Ve-netia, è decorato con la mano di Dionell’atto di benedire con pollice e anu-lare uniti, secondo l’uso greco. A sini-stra, in fondo al portico, c’è il monu-mento più noto della chiesa: il ma-scherone detto Bocca della Verità. Sitratta di un antico mascherone roma-no, probabilmente un chiusino per ildrenaggio delle acque, che forse raffi-

gurava il volto del dio Ocea-no, o comunque una divi-nità fluviale, per la presen-za, ormai poco leggibile,dei profili di due delfini. Almascherone, sistemato nelportico nel 1632, è legatauna famosa tradizione ro-mana, una sorta di ordalia,di giudizio di Dio, che vole-va che i bugiardi che aves-sero introdotto una manonella sua bocca l’avrebberoavuta mozzata di netto.Ancora oggi lunghe file dituristi compiono il “rito”dell’inserimento della ma-

no nella bocca, comple-tato dall’i-

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10S. Maria in Cosmedin

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nevitabile foto-ricordo. L’interno della chiesa,anch’esso privato delleparti settecentesche dalripristino del Giovenale,è a tre navate, su quat-tro pilastri e diciotto co-lonne antiche di variaprovenienza. Tra i capi-telli antichi, cinque furo-no eseguiti nel XII secoloe costituiscono uno deimigliori esempi di orna-to architettonico roma-nico. Il soffitto e il pavi-mento cosmatesco han-no subito recenti restau-ri, mentre è recuperataalle forme originarie lagalleria del matroneo alprimo piano. Dalla nava-ta di sinistra e lungo lacontrofacciata dellachiesa fino al lato oppo-sto, si notano dieci co-lonne romane che in an-tico sostenevano unaserie di archetti: esse so-no quanto ci rimane diun sacello, annesso al-l’Ara Maxima del dio Ercole, in cui for-se erano custodite le reliquie divine.Nella parte alta della navata centralee dell’arco trionfale sono alcuniframmenti di affreschi del VIII-XII seco-lo, raffiguranti Cristo e santi. Nellanavata centrale è il ripristino dellaschola cantorum del XII secolo, con ilcandelabro pasquale poggiante suun leone araldico. Il pavimento co-smatesco all’interno della schola èquello originale, come lo è il ciborioin stile gotico, opera del 1294 diDeodato, che ricopre l’altare monoli-tico di granito rosso. Sull’altare è in-cisa la data del 5 maggio 1123, e nel-l’abside è collocata su tre gradini la

cattedra episcopale conbraccioli a figura leoni-na. L’abside è decoratacon moderni affreschiispirati agli originarimosaici andati perduti.Dalla navata di destra,grazie ad una porta, siaccede alla sacrestia,dove è conservato unpreziosissimo fram-mento di mosaico conl’Epifania, qui trasferi-to nel 1639, risalenteall’VIII secolo e apparte-nuto alla basilica co-stantiniana di S. Pietro.Conviene visitare, quin-di, la cappella del coroinvernale, dove sonoconservate due colonneromane alle quali, se-condo la tradizione, sa-rebbero stati incatenatinel Carcere Mamertinogli apostoli Pietro e Pao-lo: in realtà esse appar-tengono al sacello ro-mano prima ricordato.Sull’altare è posta l’im-

magine della Madonna Theotokos,Madre di Dio (XIII secolo), che primadei restauri ottocenteschi occupaval’abside maggiore. Le nicchie dellacappella sono ornate da statue raffi-guranti le Virtù, opera di C. Maratta(1625-1713).Una scala ci conduce nella cripta chepapa Adriano I fece ricavare entro ilbasamento dell’Ara Maxima di Ercole.Di quest’ultima vediamo alcuni filaridi blocchi di tufo dell’Aniene in operaquadrata. L’altare della cripta, monta-to su colonnine, conserva alcune reli-quie di martiri, tra cui la testa di S. Va-lentino, che ogni 14 febbraio è pre-sentata ai fedeli cinta di rose.

“Carta lapidaria” affissa nelportico della chiesa

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Usciti dal por-tico di S.Maria in Co-

smedin, sulla destra,si incontra un cancelloche precede un lungo e stretto cor-tile. In questo luogo è stato rinve-nuto un mitreo, oggi noto comeMitreo del Circo Massimo, ricava-to nel III secolo in alcuni ambientidi un edificio antico. I mitrei era-no santuari dedicati al culto deldio Mitra, divinità solare di originepersiana, simbolo della luce e del-la purificazione dal peccato, viainiziatica alla perfezione morale, ilcui giorno natale cadeva nel solsti-zio d’inverno, lo stesso poi sceltodai cristiani per celebrare l’anni-versario della nascita del Cristo.

Previa richiesta aicompetenti ufficicomunali è possibi-

le la visita all’atrio,dove erano conservate le

statue dei geni della luce (Cautes)e delle tenebre (Cautopates) e allasala dove si riunivano gli adepti,che prendevano posto su banchilaterali distribuiti secondo i settegradi della loro gerarchia per con-sumare insieme il pasto sacro,l’“agape fraterna”. La cerimoniadell’iniziazione vedeva il neofita,vestito di una candida veste, riceve-re il bagno di sangue sacrificale diun toro o di un gallo. Nella sala siconservano le basi di alcune statuee, in una nicchia, è ancora il rilievooriginario raffigurante Mitra che

2. Passeggiando,passeggiando...

Il Mitreo del Circo Massimo

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sacrifica il toro. Sul rilievo un’iscri-zione con il nome dell’offerente:Clodio Hermes.Usciti dal cancello su piazza dellabocca della Verità, abbiamo di fron-te, sull’altro lato della strada, laFontana dei tritoni, disegnata daC.F. Bizzaccheri, e realizzata nel1717 da F. Moratti per conto di Cle-mente XI, Albani. La vasca, che ha laforma di una stella ad otto punte,emblema della famiglia del papa,ospita al centro un gruppo di pos-

senti rocce ornate da erbe acquati-che, scolpito da Filippo Bai; sullerocce poggiano due tritoni, ispiratia modelli berniniani, opera diFrancesco Moratti. Accanto allafontana, Bizzaccheri pose un gran-de fontanile dalla vasca oblungacon una protome leonina su un latobreve. Con i lavori di sistemazionedei lungotevere il fontanile è statospostato oltre l’incrocio a sinistra,sui giardini che costeggiano il lun-gotevere Aventino.

La Fontana dei Tritoni

Mitreo del Circo Massimo, rilievo di Mitra che sacrifica il toro

Il tempio circolare del Foro Boario,detto impropriamente Tempio di Ve-sta, è il più antico in marmo conser-

vato in Roma. Secondo le indicazionidelle fonti, e come è stato comprova-to dai più documentati studi archeo-logici, deve essere considerato come ilTempio di Ercole Vincitore. A causadella sua struttura, che ricorda peranalogia quella del tempio della deaVesta nel Foro Romano, per lungotempo è stato creduto un sacello delladivinità femminile del focolare dome-stico. Nel XII secolo il tempio vennetrasformato in chiesa dalla famigliadei Savelli, prendendo il nome di S.Stefano delle Carrozze per la vicinavia che portava a S. Galla chiamata viadelle Carrozze al Fiume, ma nel 1560accadde un eventoprodigioso:si ri-

trovò nelle acque del Tevere un’imma-gine della Vergine dipinta su papiro.L’immagine fu chiusa in uno scrigno,ma dopo alcuni giorni si vide che unaluce aveva trapassato lo scrigno ri-splendendo come il sole. Tutta Romaseppe del prodigio e l’immagine,chiamata la Vergine del Sole, fu porta-ta nella chiesa dei Savelli, poi denomi-nata S. Maria del Sole. Attualmentedell’interno dell’antica chiesa restasolo un affresco del XV secolo raffigu-rante la Madonna con il Bambino ealcuni santi.I resti attuali ci mostrano un tempio pe-riptero, su 20 colonne scanalate chereggono capitelli corinzi risalenti all’etàdi Tiberio. Di colonne ne restano sol-tanto 19, poiché una fu asportata in

età medievale prima chela costru-

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3. Il Tempio di Ercole Vincitore e ilTempio di Portuno

Il Tempio di Ercole Vincitore

zione divenisse chiesa cristiana; il ten-tativo di demolizione del tempio, desti-no questo che colpì la gran parte degliedifici antichi, è testimoniato dalla pre-senza sulle colonne di solchi sui qualivenivano stretti i canapi per trascinarlea terra. La ricostruzione del tetto, bas-so e a tegole, non rispetta lo slanciodella perduta copertura originale, chesi presume fosse di forma conica. I sag-gi archeologici hanno dimostrato chele fondazioni del tempio e la sua cellapossono essere riferite alla fine del II se-colo a.C., quando a Roma si affermaval’arte neoattica con la presenza di Her-modoros di Salamina, al quale alcunistudiosi attribuiscono questo stessoedificio. All’interno della cella è statarinvenuta la base della statua di Hercu-les Olivarius, dovuta a Skopas Minore.La dedica offerta dai mercanti d’oliodell’antica Roma, in un’area come ilForo Boario dalla marca-tissima presenzamercantile,conferma

che il tempio è quello citato dalle fonticome opera di uno dei più importantiproduttori d’olio del tempo, MarcusOctavius Herrenus. Il suggestivo sotter-raneo dell’edificio sacro è raggiungibi-le tramite un’apertura nel pavimentodella cella cilindrica.

A destra del Tempio di ErcoleVincitore, lungo via Pe-

troselli, troviamo unaltro edificio sacro

dell’antichità, cheè forse quello

più integro aRoma insie-

me al

La culla della civiltà

15Il Tempio di Portuno

Tempio di Ercole Vincitore, particolaredelle colonne

Pantheon. Si tratta del Tempio diPortuno, e non della Fortuna Virilecome è stato erroneamente chiama-to. Anche questo edificio, infatti, co-me quello precedente, è vittima di unradicato errore di identificazione. Og-gi il tempio, dopo approfonditi studi,può essere ritenuto con certezzaquello dedicato al dio Portunus, pro-tettore del porto fluviale del Tevere edei naviganti. L’edificio fu trasformatoin chiesa nell’872 e intitolato a S. Ma-ria Egiziaca, la santa anacoreta d’Egit-to, ex cortigiana, che aveva attraver-sato il Giordano mentre questo siapriva miracolosamente di fronte alei. È evidente il rapporto tra la santa eil fiume, nel nostro caso il Tevere, neltitolo della chiesa, che fu posta nel IXsecolo sotto la giurisdizione di Stefa-no Stefaneschi. Papa Pio V Ghislieri(1566-72) la concesse agli Armeni,che avevano dovuto abbandonare laloro chiesa perché inclusa nell’areadel ghetto istituito nel 1555 da PaoloIV Carafa. Sotto papa Clemente XI fuannesso allachiesa unospizioper i

pellegrini armeni, e questa nazioneconservò l’edificio fino al 1921. Nel1930 per l’apertura della via del Mare,l’odierna via del Teatro Marcello-viaPetroselli, l’ospizio fu demolito e si ri-pristinò il tempio antico. Il tempio, se-condo l’uso romano, sussiste su un al-to podio, rivestito di lastre di traverti-no. È pseudo-periptero e tetrastilo,cioè presenta quattro colonne liberesulla fronte e quattro semicolonne in-serite nella muratura di ognuno deglialtri tre lati. Le colonne in marmo sor-reggono capitelli ionici mentre le semi-colonne sono, come il resto dell’edifi-cio, in tufo dell’Aniene, ricoperto distucco a imitazione del marmo. Sul fre-gio correvano candelabri uniti da fe-stoni e sul cornicione vi erano gocciola-toi a protomi leonine. Culmina sullafacciata un elegante frontone a timpa-no. Presso l’angolo posteriore sinistrodel tempio resta un frammento di mu-ro, che è quanto rimane del recintodell’area sacra. All’interno della costru-zione è tuttora custodita una tela di F.

Zuccari raffigurante S. MariaEgiziaca, resti di affreschi

medievali e il modello li-gneo del Santo Se-

polcro in Geru-salemme.

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16Tempio di Portuno, prospetto posteriore

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Volte le spallealla facciatadel Tempio

di Portuno, al di là del-la strada, è un edificio ar-chitettonicamente insolito poichéle sue strutture sono arricchite, ascopo ornamentale, con una gran-de quantità di marmi antichi. L’edi-ficio, noto come Casa deiCrescenzi, fu creduto la casa di Co-la di Rienzo, ma è anche noto comela casa di Pilato, perché così veniva

utilizzato durante lesacre rappresenta-zioni della Settima-

na Santa. Come atte-sta l’iscrizione latina po-

sta sulla cornice romana curvilineariusata come architrave del portaledell’edificio stesso, la casa appar-tenne in realtà alla famiglia dei Cre-scenzi.Nel 1312 fu demolita la torre erettaa fortificare questa casa, che nelCinquecento veniva utilizzata come

4. Passeggiando,passeggiando...

La Casa dei Crescenzi

La culla della civiltà

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stalla. Un restauro del 1868 la ri-portò alle forme originarie e attual-mente ospita una sala per conferen-ze. Ai lati dell’iscrizione principalesono incisi gruppi di lettere isolate,la cui interpretazione è tuttora in-certa. A destra del portale è una fi-nestra coronata da una ghiera adarco romano.Si prosegua lungo via Petroselli, co-steggiando il lungo Palazzo dell’A-

nagrafe, opera di C. Valle (1936-37). Giunti al semaforo, si attraversie si prenda a destra il vico Jugario.Sulla nostra destra sono visibili gliscavi dell’Area sacra di S. Omobo-no. Nel 1937, durante la costruzio-ne di un edificio amministrativonell’area sulla destra della chiesa diS. Omobono, emerse materiale ar-cheologico di tale importanza cheil sito venne posto sotto tutela e la-

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Il Palazzo dell’Anagrafe

L’Area sacra di S. Omobono

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sciato a disposizione per ulterioriindagini scientifiche. Ripresi gliscavi nel dopoguerra, nel 1959,quattro successive campagne di sca-vi condussero ad una serie di rinve-nimenti in grado di delineare unastoria pressoché completa del sito.L’area aveva dapprima ospitatoun’antica fossa votiva, datata tra ilXVI e il XII secolo a.C., contenentemateriali di cultura appenninica eframmenti ceramici greci dell’VIII-VI secolo a.C. Tra le evidenze di unafase cultuale che precedette la co-struzione del tempio vero e propriosi trovarono una capanna del VII se-colo a.C. e una fossa per sacrificicon iscrizione in latino arcaico, de-gli inizi del VI secolo a.C. Il nucleopiù antico del Tempio di Mater Ma-tuta, la dea dell’alba e delle nascite,appartiene, invece, all’età di ServioTullio (578-534 a.C). Distrutto sulfinire del VI secolo a.C., venne rifat-to all’inizio del V secolo, con il tem-pio gemello della Fortuna, su un

unico basamento. A Mater Matutavenivano sacrificati animali gravidio appena nati, oppure erano offertioggetti femminili. La presenza inquesto luogo dei resti dei templi ge-melli della Fortuna e della MaterMatuta sottolinea la presenza digenti straniere presso l’antico por-to commerciale. La presenza di

La culla della civiltà

S. Omobono

S. Maria della Consolazione

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templi gemelli è infatti documenta-ta in altre città del litorale tirrenicotoccate dall’influsso punico, comePyrgi, ed è possibile intravedere unparallelo tra il culto della coppia co-stituita dall’Ercole fenicio Melqarte Astarte e la compresenza nella zo-na portuale tiberina di templi di Er-cole e Mater Matuta. Tutto ciò con-fermerebbe la presenza nel portodi commercianti punici, testimo-niata dal rinvenimento, semprenell’area di S. Omobono, di oggettifenici ed egiziani. S. Omobono,perciò, costituì un vero e proprioemporio internazionale della Ro-ma arcaica, nel quale venne intro-dotto per la prima volta l’alfabetodi tipo euboico, come testimoniatoda alcune iscrizioni qui rinvenute.All’interno dell’area archeolo-gica sono ben visibili i resti deidue templi; sei pilastri corro-no nello spazio tra i due edifi-ci e in parte sono stati identi-ficati come i resti dell’arcotrionfale quadrifronte diStertinio, eretto nel196 a.C., che fuil primo ar-co trion-fale co-strui-to a

Roma. Davanti ai due templi si di-stingue il donario circolare ornatoda una serie di ovoli e i resti di un al-tro quadrangolare. La chiesa paleo-cristiana, sorta nel VI secolo in luo-go dei due templi con il titolo di S.Salvatore in Portico, sarà infine de-dicata nel 1575 ai Ss. Omobono eAntonio.Sullo sfondo del vico Jugario si er-ge la chiesa di S. Maria della Con-solazione, con la sua facciata tar-do-cinquecentesca, opera di Marti-no Longhi il Vecchio. Nell’internoconserva, tra le altre, opere di T.Zuccari, L. Agresti, G. Baglione,Pomarancio e Raffaello di Monte-lupo, oltre a frammenti di affre-schi di Antoniazzo Romano. Lastoria di questa chiesa è stretta-

mente legata a quella del retro-stante ospedale. Proprio alle spalle dell’area diS. Omobono sorse la chiesa di

S. Maria in Cannapara, dettaanche delle Grazie, dove te-

neva le proprie cerimonieliturgiche la con-

fraternita del-l’università

dei cana-pai,

fab-

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Ospedale della Consolazione, lunetta sul portale

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bricanti di corde. Accanto alla chie-sa sorse presto un ospedale, già do-cumentato nel Quattrocento. Lachiesa fu demolita nel 1876 e le suememorie trasferite in una cappelladi S. Maria della Consolazione. In-tanto, nel Cinquecento, gli ospeda-li di S. Maria in Portico, di S. Mariadelle Grazie e di S. Maria della Con-solazione si fusero nell’Arciospeda-le di S. Maria de vita aeterna, che poifu chiamato Ospedale della Conso-lazione. Così in quegli anni le trechiese e i tre ospedali confluironocon le stesse confraternite in unasola arciconfraternita e in un soloarciospedale. L’ospedale, che oggi funge da ca-serma dei vigili urbani, alla fine delCinquecento garantiva cinquantaposti letto per gli uomini e dieci perle donne. Nel Seicento vi si aggiun-sero una spezieria e una scuola sani-taria con teatro anatomico per le

dissezioni sui cadaveri. Spesso l’o-spedale venne utilizzato come laz-zaretto, tanto che nel 1848 si dovet-te bonificare l’annesso cimitero acausa delle esalazioni mefitiche.Sebbene l’ospedale fosse rinomatoin città per la sua scuola di chirur-gia, fu chiuso nel 1936. Lo frequen-tarono, per esercitare opere dipietà nei confronti dei ricoverati, S.Ignazio di Loyola, S. Giuseppe Cala-sanzio, S. Vincenzo Pallotti e S. Ca-millo de Lellis. Nel 1591, vi morì, al-l’età di 23 anni, S. Luigi Gonzaga,contagiato dalla peste dopo aver as-sistito gli ammalati. L’edificio del-l’ospedale che si affaccia su via del-la Consolazione corrisponde allacorsia più antica e conserva unaporta quattrocentesca, ornata nellalunetta da un rilievo raffigurante laMadonna con Bambino e serafini.Due iscrizioni murate sul fiancodell’ospedale ricordano una la

La culla della civiltà

S. Teodoro

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morte di Luigi Gonzaga e l’altra undivieto di transito notturno, pro-mulgato da Alessandro VIII, per di-fendere il sonno degli ammalati.Si prosegua costeggiando l’ospeda-le, fino a giungere in vista di un ma-gnifico scorcio laterale del Foro Ro-mano, al quale si può accedere gra-zie ad un cancello poco più avanti.Più oltre, sulla sinistra, ai piedi delPalatino, è situata l’antica chiesa diS. Teodoro. La tradizione vuole chequesta sorga sullo stesso luogo delLupercale, la grotta dove la lupaavrebbe allattato i gemelli Romoloe Remo. La chiesa risale almeno alVI secolo e, come altri edifici dellazona, che venne fortemente in-fluenzata dalla presenza bizantina,fu dedicata a S. Teodoro, nativo diSicea in Galazia. S. Teodoro, famo-so soldato e martire dell’Oriente ilcui santuario era nel Ponto ma cheera venerato anche a Roma come aVenezia, Ferrara e nel Monferrato,venne accusato di avere incendiatoun tempio pagano, e morì tra le tor-ture durante il principato di Massi-

miano. La chiesa, a pianta circola-re, è preceduta da un protiro in la-terizio e ha davanti un ampio sagra-to raccordato con due scale a via diS. Teodoro. L’edificio è coperto dauna cupola, opera quattrocentescadi Bernardo Rossellino, che costi-tuisce il primo esempio a Roma dicupola con coste e vele. Al livello in-feriore a quello dell’attuale costru-zione si trovano i resti della chiesapiù antica, da collegare con l’absideornata da un mosaico del VI secoloraffigurante Cristo con i Ss. Pietro,Paolo, Teodoro e Cleonico. Fino apoco tempo fa si riuniva nella chie-sa l’arciconfraternita del SacroCuore di Gesù, detta dei SacconiBianchi, cui appartennero papi,cardinali e aristocratici. La sede del-l’arciconfraternita si trova ora a S.Tommaso in Parione. La chiesa èoggi officiata dai monaci greci di ri-to ortodosso.Sul lato opposto di via di S. Teodorosi prenda via dei Fienili e, ritornatiin piazza della Consolazione, si im-bocchi a sinistra via di S. Giovanni

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Particolare della facciata di S. Eligio dei Ferrari

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Decollato. Si raggiungerà in breve,sulla nostra sinistra, la chiesa di S.Eligio dei Ferrari. Dopo aver cam-biato vari nomi nel corso dei secoli,nel 1453 la chiesa venne affidata dapapa Niccolò V all’università deiFerrari, corporazione che raggrup-pava insieme arrotini, chiavari, cal-derai, fabbri e armaioli. L’universitàdedicò il luogo al suo santo protet-tore, S. Eligio di Noyon, che vissenel VI secolo e fu artigiano. In realtàla dedica della chiesa ricorda bentre santi: Giacomo, Martino ed Eli-gio. Infatti l’edificio sacro fu costrui-to sui resti di quello precedente, de-dicato a S. Giacomo, mentre un’al-tra chiesa vicina, quella di S. Marti-no, fu sconsacrata e riutilizzata co-me granaio. La chiesa di S. Eligio hauna facciata in laterizio scandita dacoppie di lesene su basi di travertinoe, al di sopra del portale, è inserito ilbusto del santo titolare. L’ampio fi-nestrone era in origine circolare edè ora sormontato da un elegantetimpano. L’interno è a navata unicacon ornamenti in stucchi e marmi.

Nel secentesco soffitto a cassettonicampeggia lo stemma dell’univer-sità dei Ferrari, e anche la cantoriarisale alla fine di quel secolo. Le fi-nestre dell’abside presentano, neivetri, lo stemma dell’università,mentre sull’altare maggiore (1640)si trova una tela con la Madonna e ilpiccolo Gesù incoronata dagli ange-li e i Ss. Martino, Giacomo ed Eligio,opera cinquecentesca di GirolamoSiciolante. Nella sala dei reliquiari èconservato quello donato dalla cat-tedrale di Noyon, che contiene i re-sti del braccio di S. Eligio.Poco oltre, sulla destra, è la chiesadi S. Giovanni Decollato, edificata,insieme al chiostro, al convento eall’oratorio dall’arciconfraternitadella Misericordia di S. GiovanniDecollato sul finire del Quattrocen-to. Nel 1490 papa Innocenzo VIII au-torizzò quest’arciconfraternita fio-rentina, della quale fece parte an-che Michelangelo, a svolgere anchea Roma la propria opera di carità,che consisteva nell’assistenza aicondannati alla decapitazione e

La culla della civiltà

S. Giovanni Decollato

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nella sepoltura dei loro corpi. Ogni29 agosto, data legata al ritrova-mento in Siria della testa del Batti-sta, l’arciconfraternita poteva libe-rare un condannato a morte che,tra ali di popolo in festa, era prota-gonista di una processione di rin-graziamento. La confraternita, tut-tora esistente, assiste oggi le fami-glie dei detenuti mentre la chiesa èofficiata da terziari francescani.L’alto timpano della facciata in late-rizio è sostenuto da quattro parastedoriche, tra le quali si situano il por-tale cinquecentesco con il sovra-stante finestrone semicircolare edue semplici nicchie. La chiesa èposta ad un livello superiore a quel-lo della strada attuale, e la si rag-giunge grazie a due scale. L’internoè a navata unica, divisa idealmenteda lesene doriche, ornate da grotte-

sche e nicchie. Del chiostro, co-struito tra il 1535-55 e ristrutturatosotto papa Clemente VIII, sono oggivisibili tre lati porticati nei quali so-no conservate lapidi sepolcrali,chiusini di accesso ai sepolcri deigiustiziati, due leoni stilofori tre-centeschi e due altari lignei del XVI

secolo con statue di S. Sebastiano. Èdegno di memoria il fatto che le pri-me esposizioni romane di opere ar-tistiche, promosse dall’arciconfra-ternita e aperte al pubblico, ebberoluogo in questo chiostro e fu in unadi queste occasioni che si affermò iltalento artistico di Salvator Rosa.Dal portico si accede alla famosaCamera storica, vero e proprio mu-seo, in miniatura, della giustiziapontificia. Qui si conservano il ce-sto che raccolse la testa di BeatriceCenci, il cappuccio di Giordano

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L’Arco di Giano

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Bruno, le tavolette con immaginisacre date da baciare ai condannatiprima dell’esecuzione; il saio rossodei giustiziati, le lanterne che illu-minavano l’ultima notte; la carta, lepenne e i calamai per vergare i te-stamenti. Al termine di via di S. Giovanni De-collato si prenda sulla sinistra viadel Velabro, fino a giungere davan-ti all’Arco di Giano. Come testimo-nia l’iscrizione frammentaria con-servata nel portico della vicinachiesa di S. Giorgio in Velabro,l’arco monumentale quadrifronte,indicato tradizionalmente comeArco di Giano, fu eretto da Costan-tino, in un punto dell’antica viaTrionfale prossimo alla Via Sacra,per celebrare la grande vittoria diPonte Milvio. L’opera, realizzata intravertino e marmo lunense, pog-gia su quattro robusti pilastri soste-nenti la volta a crociera, che, se-condo una tecnica tipica dell’edili-zia tardo-imperiale, è alleggerita alsuo interno mediante l’utilizzo dianfore vuote. All’esterno i pilastrisono ornati da una serie di nicchiea forma di conchiglia, fiancheggia-te anticamente da colonnine. Nel-

le chiavi dei fornici sono le figuredi Roma e Giunone assise e di Mi-nerva e Cerere in piedi. Nel Me-dioevo l’arco venne trasformato inuno dei capisaldi dell’estesa fortifi-cazione dei Frangipane e ribattez-zato Torre di Boezio. Isolato nelXIV secolo, vide nel 1827 demoliteper errore le testimonianze in late-rizio dell’antico attico, originaria-mente rivestito in marmi, insiemealle sovrastrutture medievali. Ac-canto all’arco, dove è un villino, sipuò accedere, mediante autorizza-zione, alla Cloaca Massima, la piùantica opera fognaria di Roma. Lacloaca fu costruita nel VI secoloa.C., secondo la tradizione da Tar-quinio Prisco, durante il periodo“etrusco” di Roma. Con coperturaa volta in blocchi di tufo, essa parti-va dalla chiesa dei Ss. Quirico eGiulitta, proseguiva nell’area deiFori di Augusto e Nerva, passavasotto il Foro Romano all’altezzadella Basilica Emilia, scendeva peril Foro Boario, correva nei pressidel Tempio di Ercole Vincitore perterminare infine presso il PonteEmilio, detto Ponte Rotto, dove neè tuttora visibile lo sbocco.

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Cloaca Massima, bocca d’uscita sul Tevere

Oltrepassato l’Arco di Giano, siraggiunge la chiesa di S. Gior-gio in Velabro. Menzionata

nel Liber Pontificalis di Leone II (682-683), in origine era dedicata a S. Seba-stiano. Papa Zaccaria, di origine greca(741-752), la dedicò a S. Giorgio, unsanto molto venerato a Costantinopo-li e nell’Oriente greco e al quale eranodevoti i soldati bizantini, presenti inquesta zona con la comunità greca.Papa Gregorio IV (827-844) realizzò il

portico e rico-struì l’absidee la sacrestia. Ipapi Pio VII eGregorio XVI,nel XIX secolo,iniziarono le

prime ricerche sulle origini della chie-sa, che nel 1926 fu ripristinata nel suoaspetto più antico dai restauri di Anto-nio Muñoz, che abbassò il pavimento,riaprì le finestre murate e demolì lafacciata barocca. L’attuale facciata,nella sua severa semplicità, è dunquefrutto dell’opera di ripristino delMuñoz. Il portico, compreso tra duepilastri in laterizio, ornati superior-mente da fregi a losanghe, è suddivisoda quattro colonne antiche con capi-telli ionici e chiuso da una cancellata;lo stesso portico è stato completa-mente ricostruito dopo l’attentato chelo distrusse completamente nel 1994.La parte superiore della facciata, coro-nata da un timpano, presenta un ocu-lo centrale. Sulla sinistra si erge il cam-panile romanico, che affiora dall’inter-no della navata destra ed è datato al XII

secolo. Il portale d’ingresso è costi-

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5. San Giorgio in Velabro

S. Giorgio in Velabro26

La culla della civiltà

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Affresco absidale con Cristo, la Madonna e i Ss. Giorgio, Pietro e Sebastiano

Arco degli Argentari, scena di sacrificio cultuale da parte dell’imperatore Settimio Severo edell’imperatrice Giulia Domna, sua moglie

tuito da splendide cornici di età roma-na, come antica è anche la bella sogliadi marmo. L’interno è a tre navate, apianta irregolare poiché poggia sullestrutture romane preesistenti. Le na-vate sono divise da otto colonne digranito e di pavonazzetto, di età ro-mana, con capitelli ionici e corinzi difattura medievale. Una lastra marmo-rea dell’XI secolo funge da altare mag-giore. Il presbiterio è sopraelevato, se-condo la tradizione dell’architetturaromanica. Sotto l’altare, nella confes-sione, sono conservate la testa di S.Giorgio, la spada e un lembo dellostendardo del santo. La conca absidaleaccoglie l’affresco della fine del XIII se-colo con Cristo, la Madonna e i Ss.Giorgio, Pietro e Sebastiano, attri-buito a Pietro Cavallini.

Addossato al fianco sinistro dellachiesa il cosiddetto Arco degli Ar-gentari, che costituiva un accesso alForo Boario. L’arco è formato da duepilastri in calcestruzzo, rivestiti di mar-mo e travertino, che sorreggono unarchitrave marmoreo. L’opera vennerealizzata a spese degli antichi ban-chieri (Argentari) di Roma e dei mer-canti di buoi della zona, i quali la dedi-carono all’imperatore Settimio Seve-ro, alla moglie Giulia Domna e ai figliCaracalla e Geta. L’iscrizione, infatti,ricorda i donatori e l’imperatore, suamoglie e il giovane Caracalla. Il nomedi Geta è stato cancellato, in quanto ilfratello Caracalla lo fece uccidere e nefece cancellare ogni traccia da tutti imonumenti nell’impero, secondo l’u-sanza della damnatio memoriae.

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L’Arco degli Argentari

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Con le spalle al-la chiesa, siraggiunga a

sinistra via di S. Teodo-ro e si giri a destra fino araggiungere piazza S. Anastasia, do-ve si affaccia la chiesa di S.Anastasia. Questa santa era venerataa Roma fin dal V secolo, morì marti-re a Sirmium e le sue reliquie furonoportate a Costantinopoli. S. Anasta-sia è protettrice dei tessitori e il suoattributo è il rogo su cui fu arsa. Lachiesa, già titulus Anastasiae, venneedificata come tempio ufficiale per idignitari bizantini che risiedevanonei palazzi imperiali sul Palatino. Ri-strutturata e restaurata numerosevolte, mostra ora una facciata, rea-lizzata nel 1636 sotto Urbano VIII, adue ordini in laterizio, scandita dalesene con cornici e capitelli in tra-vertino. Al di sopra del timpano, ailati della croce, vediamo due gruppidi candelabri fiammeggianti in mar-mo. Al centro dello stesso timpanocampeggia lo stemma di Urbano VIII

Barberini, ornato dafestoni. Di bella li-nea appaiono il por-

tale e il finestrone su-periore, e ai lati della fac-

ciata svettano due torri campanariedalla base elegantemente disegna-ta. L’interno, che conserva l’endo-nartece, è diviso in tre navate da pi-

6. Passeggiando,passeggiando...

S. Anastasia

Tomba del cardinale Angelo Maj

Il più grande monumento dedicatoagli spettacoli pubblici di tutti i tem-pi venne realizzato nell’antica Valle

Murcia dove, secondo la leggenda, iprimi Romani rapirono le donne deiSabini, da loro invitati, mentre esegui-vano giochi ippici in onore del dioConsus, che facevano parte dellegrandi feste collegate ai cicli agricoli

delle antiche popolazioni agresti delLazio. Secondo la tradizione il CircoMassimo fu edificato dai re etruschi,nell’ambito dell’estesa monumenta-lizzazione di quella che è stata defini-ta la “grande Roma dei Tarquini”.Probabilmente il primo circo fu realiz-zato in legno. Successivamente vennepiù volte ricostruito e abbellito, sia in

lastri che rinforzano le colonne del-la chiesa più antica. Queste colon-ne, di marmo cipollino, pavonazzet-to e granito, sono, come spesso avve-niva, di risulta, riciclate cioè da anti-chi monumenti pagani. Da ammira-re, sotto l’altare maggiore, la statuadi S. Anastasia, scolpita nel 1667 dalberniniano Ercole Ferrata. Nell’al-tare a sinistra del transetto si trovainvece la tomba del cardinale Ange-lo Maj, il prefetto della BibliotecaVaticana scopritore del De Republicadi Cicerone.

I sotterranei della chiesa conserva-no un tratto di una via basolata e in-teressanti resti di costruzioni anti-che. Questi elementi sono in parteda riferire al vicino Circo Massimo ein parte a un grande edificio, com-posto da vari ambienti e da un por-tico, che mostra interventi databilial periodo di Teodorico ed è da ri-collegare al complesso del Palatino.Usciti da S. Anastasia, prendendo asinistra per via dei Cerchi, si raggiun-ge la lunga conca erbosa dove sorge-va anticamente il Circo Massimo.

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7. Il Circo Massimo

Statua di S. Anastasia sotto l’altare maggiore

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età repubblicana che imperiale, coninterventi patrocinati da Augusto, Ca-ligola, Claudio, Nerone, Domiziano,Antonino Pio, Caracalla, Aureliano,Diocleziano, Costantino e infine Co-stanzo. Il circo era costituito da due la-

ti lunghi e due brevi, di cui

uno curvo e l’altro diritto. Su questolato s’aprivano le gabbie di partenzadei carri, dette carceres, fiancheggia-te da due alte torri. Queste postazionid’avvio avevano un andamento obli-quo, per permettere ai carri in corsa diritrovarsi parimenti allineati all’inizio

del primo lato

Circo Massimo, muri radiali della zona orientale dell’emiciclo

Veduta del Circo Massimo; sullo sfondo il Celio

lungo. Dalle carceres i carri uscivanoper lanciarsi nella corsa al segnaled’avvio, dato dal magistrato lancian-do nella pista un fazzoletto bianco. Alcentro della pista correva longitudi-nalmente un elemento divisorio, det-to spina. A metà della spina Augustofece porre l’obelisco egiziano di Ram-sete II, che nel Cinquecento sarà collo-cato da papa Sisto V a piazza del Po-polo. Costanzo, il figlio di Costantino,vi aggiunse, nel IV secolo, un altroobelisco egiziano, del tempo di Thut-mosis IV, che sempre da Sisto V vennetrasferito a piazza di S. Giovanni in La-terano.I carri, suddivisi in quattro squadrecontrassegnate da un preciso colore,dovevano compiere sette giri di pistaintorno alla spina, che era segnata al-le estremità da due elementi cilindriciaffusolati alle sommità detti mete.

Sulla spina sorgevanoanche piccoli

templi, sacelli,edicole, ed era-no poste

statue di

divinità, tra cui quella della dea Cibe-le. Inoltre, inserite su aste orizzontali,vi erano sette uova e sette delfini dibronzo; ad ogni giro dei carri un uovoe un delfino venivano eliminati per se-gnalare al pubblico i giri mancanti altermine di ogni corsa. Sul lato verso ilPalatino, il Circo era sormontato daun monumentale podio, il pulvinar,dove erano collocate le immagini de-gli dèi precedentemente esibite nellaparata di apertura. A queste divinitàera infatti dedicato lo spettacolo enello stesso palco trovava posto, conla sua corte, l’imperatore divinizzato.Le corse erano quasi sempre offerte alpopolo dal monarca, da magistrati oda patrizi con ambizioni elettorali, cheriuscivano in tal modo a procurarsi ilfavore popolare. Grande nella cittàera il numero degli appassionati aquesto evento, che si dividevano intifoserie contrassegnate dal coloredella squadra del cuore. Il Circo, chepoteva ospitare fino a 350.000 spet-

tatori, subì nella sua storia

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32Muri radiali della cavea

molti incidenti, come il crollo parzialedelle tribune che fece, in diverse occa-sioni, un gran numero di vittime; inparticolar modo, fu proprio all’inter-no di questa struttura che nel 64 d.C.,durante il principato di Nerone, si spri-gionò il più violento tra gli incendi chefunestarono Roma. Abbandonato neisecoli successivi alla fine dell’impero,venne trasformato come gli altri mo-numenti antichi cava di materiale edi-lizio. Fu circondato da strutture me-dievali, da chiese e conventi, divenne

un’area coltivata e su di esso, nel1852, sorse il primo gasometro di Ro-ma, demolito nel 1943. Gli scavi no-vecenteschi degli anni Trenta e Ottan-ta del Novecento hanno portato allaluce testimonianze dei muri radialiche sostenevano le gradinate del latocurvo verso il Palazzo della FAO. Sonoanche apparse le fondazioni dell’arcotrionfale, eretto da Vespasiano e Titoper la conquista della Giudea, che co-stituiva l’ingresso monumentale suquesto lato del circo.

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In fondo alla val-letta resta tutto-ra in piedi la pic-

cola Torre dei Frangi-pane, eretta nei pressi delmedievale Fosso dell’Acqua Maria-na, di cui si sono rinvenuti i restidell’antica canalizzazione. Proprioper sfruttare la corrente del canale,la torre fu ridotta a mu-lino e prese il nome diTorre della Moletta.

Qui abitò Iacopa deiNormanni, detta deiSettesoli, forse per la

vicinanza dei ruderidel Settizonio, che fu la

prima seguace romana di S. France-sco d’Assisi. Nella torre il santo fuospitato da Iacopa, da lui appellata“frate Iacopa”, durante il suo ulti-mo soggiorno a Roma.

8. Passeggiando,passeggiando...

La Torre dei Frangipane o della Moletta

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Asinistra dei resti del CircoMassimo si erge il versantemeridionale del colle del Pa-

latino, con gli spettacolari resti deipalazzi imperiali. Per dedicare unavisita più approfondita al colle, do-ve tra le tante e complesse rovine ar-cheologiche, ancora sopravvivono iresti del giardino dei Farnese, è ne-cessario accedere dall’ingresso mo-numentale su via di S. Gregorio odalla salitella che parte dall’Arco diTito. La visita è a pagamento. Nel-l’ambito del nostro itinerario, pro-

seguendo su via dei Cerchi in dire-zione di piazza di Porta Capena, aipiedi del colle, ci basterà accennarecomplessivamente al sito. Il colle del Palatino, che si eleva percirca cinquanta metri sul livello delmare, aveva anticamente un aspettoassai diverso: un pendio, detto Ger-malus, andava a digradare verso ilForo Boario e la riva del Tevere,mentre una sella, culminante conl’altura della Velia, lo congiungevaall’Esquilino. Il colle prese il nomedall’antico culto della dea Pales,protettrice delle greggi, la cui festa,le Palilia, si svolgeva il 21 aprile,giorno assimilato a quello della fon-dazione di Roma. Ai piedi del Pala-tino, nell’angolo sud-ovest del Ger-malo, si apriva la grotta Lupercale,dove, secondo la tradizione, Romo-lo e Remo vennero trovati dal pasto-re, Faustolo, mentre erano allattatida una lupa. Sul colle, come ricordaVarrone, Romolo fondò Roma nel753 a.C., tracciando il solco dellacittà quadrata. Recenti scavi hannoidentificato ai piedi del Palatino, sullato del Foro Romano, un tratto diterrapieno risalente all’VIII secoloche è stato interpretato come restodi una arcaica cinta muraria. I Ro-mani identificarono l’antica casa diRomolo in una capanna all’angolosud-ovest del colle, che venne con-servata e continuamente restauratacome una preziosa reliquia. Vicino

…continua lapasseggiata...

Il Palatino

L’ingresso al Palatino su via diS. Gregorio

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ad essa l’imperatore Augustoscelse la propria abitazio-ne, forse per dare risaltoal proprio ruolo di secon-do fondatore di Roma. Inquest’area, nel 1948, gliarcheologi trovarono iresti di tre capanne,databili all’età del fer-ro. Di esse si possono di-stinguere il fondo, circonda-to da un drenaggio per le ac-que piovane, e i fori dei palidi sostegno. Lo scavo haindividuato mate-riale dell’VIII secoloa.C., ed è stata rinve-nuta una tomba delX secolo. Nell’etàrepubblicana ilPalatino divenne il quartiere del pa-triziato romano e vi sorsero i templidella Magna Mater, di Cibele e di

Apollo.Tutto cambiòquando Augusto vi

pose la propriaresidenza cui se-

guirono edifi-ci sempre

più mo-

numentali, voluti da Tiberio, Nero-ne, dai Flavi e da Settimio Severo.

Così, per fasi successive, il Pala-tino divenne il luogo deglisplendidi e marmorei fabbri-

cati imperiali e lo stesso ter-mine “palazzo”, dal nomelatino del colle Palatium,prese in seguito origine

da questo fatto. Al centrodel versante che guarda ver-so l’Aventino possiamo nota-

re i resti della grande ese-dra che affacciava sul Cir-

co Massimo. Sottol’esedra, a mezzacosta, si intravedo-no le tracce di unapiccola costruzio-ne, anticamente

collegata con il grande palazzo, in-dividuata come il pedagogium cioè lascuola di istruzione per gli schiaviimpiegati nella residenza imperiale.Tra i tanti graffiti ritrovati al suo in-terno ve n’è uno, celebre, raffigu-rante un asino crocifisso accompa-gnato dall’iscrizione «Alexamenosadora il suo Dio». Più in basso, versoil Circo Massimo è un altro edificiocon cortile e portici a pilastri dalquale provengono splendidi mosai-ci e pitture oggi conservati nell’An-

tiquarium Palatino.

L’Antiquarium Palatino

Statua della Magna Mater

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36 Fontana ovale nella Domus Flavia

Peristilio con fontana ottagonale nella Domus Flavia

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L’edificio venne battezzato DomusPraeconum, cioè Casa degli Araldiperché uno dei mosaici ritrovati raf-figura una processione di araldi.Un’epigrafe rinvenuta recentemen-te ha confermato che qui aveva sedeil Collegio dei messaggeri del Circo,utilizzati nelle processioni che si te-nevano in apertura delle corse. An-cora, su via dei Cerchi, è una costru-zione dall’inconfondibile foggia ba-rocca che è da considerarsi comeuno degli ambienti di servizio deigiardini dei Farnese. Subito oltrel’area dell’esedra, non visibile dallanostra posizione, si estende un vastoquadriportico con al centro unagrande fontana ornata da sagomedi scudi detti pelte dal quale si dira-

mano vari ambienti interni del pa-lazzo imperiale. Nella parte nordoc-cidentale della domus, attorno ai re-sti di un altro vasto peristilio che cir-conda una fontana ottagonale or-nata da meandri labirintici, si situa-no invece gli ambienti dell’ala dirappresentanza detta Domus Flavia.Dietro a questo peristilio, in direzio-ne del Foro Romano, una vasta au-la, larga più di 30 metri, con un tro-no al centro di un’abside, serviva al-l’imperatore per tenervi le sueudienze pubbliche. La sala era or-nata da statue gigantesche in marmipolicromi conservate entro nicchie.Contigui all’aula eranol’Auditorium, cioè la sala del consi-glio dove si decidevano gli affari diStato, e un ampio ambiente nel

quale probabilmente stazionavala guardia pretoriana. Riattra-

Fontana con figure degli scudi delle Amazzoni nella Domus Augustana

versato il cortile con la fontana otta-gona, e tornando in direzione delCirco Massimo, si accede ad un’al-tra grande sala che conserva partedel pavimento originale in marmo.Questo mostra di essere stato unipocausto, cioè un sistema di dop-pia pavimentazione, attraversato davapori, utile a riscaldare l’ambientesoprastante. Si ritiene oggi che que-sta sala sia la cosiddetta Coenatio Io-vis, dove si tenevano i festini impe-riali. Da questo punto cominciava ilsettore privato della residenza im-periale, detto Domus Augustana. An-che quest’ala si distende intorno adun vasto peristilio, in asse con la fon-tana delle pelte e con la grande ese-dra, arricchito al centro da una fon-tana dall’ampio bacino con al cen-tro un’isoletta artificiale su cui si in-nalzava un tempietto raggiungibilemediante un ponticello. Ad orien-te, verso via di San Gregorio, a que-sto complesso si aggiunge un vastoedificio in forma di circo, ornatolungo i lati da un portico a due pia-

ni. La pista aveva in origine una pic-cola spina, come quelle dei circhimaggiori, e fin dall’età domizianeaquesta struttura dovette svolgerefunzione di giardino e di maneggio,come avveniva per molte grandi vil-le patrizie. Per noi, da via dei Cer-chi, su quel lato è visibile soltantouna serie di poderose sostruzioni inlaterizi che permisero a Settimio Se-vero la creazione di una terrazza ar-tificiale sulla quale l’imperatorepoté costruire una serie di ambientiin aggiunta alla Domus Augustana.Ai piedi di queste sostruzioni, sul la-to di via di S. Gregorio al Celio, scavirecenti hanno identificato le fonda-zioni del famoso Septizonium, monu-mentale ninfeo di oltre 70 metri dialtezza, i cui resti furono definitiva-mente demoliti sotto il pontificatodi Sisto V. Poco oltre, sulla stessa via,sono visibili gli arconi di un bracciodell’Acquedotto Claudio, che ali-mentava un impianto termale di pa-lazzo di cui per ora si hanno scarsenotizie.

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Sostruzioni severiane38

Piazza della Bocca della Verità:23 - 30 - 44 - 81 - 95 -122 - 130 - 160 -170 - 271 - 280 - 628 - 715 - 716 - 781

Piazza di Porta Capena:3 - 60 - 75 - 81 - 118 - 122 - 160 - 175 -271 - 628 - 673 - Metro B

Linee Turistiche:110 - Archeobus

Legenda:I numeri in neretto indicano i capolinea (es. 70)quelli sottolineati indicano i tram (es. 3)quelli in verde le linee solo feriali (es. 30)quelli in rosso le linee solo festive (es. 130)

Come arrivare a…

Punti Informazione Turistica

Tutti i giorni ore 9.30-19.30

• Castel Sant’Angelo - Piazza Pia

• Santa Maria Maggiore - Via dell’Olmata

• Piazza Sonnino

• Via Nazionale - altezza Palazzo delle Esposizioni

• Piazza Cinque Lune

• Via Minghetti

• Visitor Centre - Via dei Fori Imperiali | Tutti i giorni ore 9.30-18.30

• Fiumicino Aeroporto Leonardo Da VinciArrivi Internazionali - Terminal C | Tutti i giorni ore 9.00-19.00

• Stazione Termini - Via Giolitti, 34Interno Edificio F / Binario 34 | Tutti i giorni ore 8.00-21.00

• Aeroporto “G.B. Pastine” di Roma (Ciampino)

• Lungomare P. Toscanelli - Piazza A. Marzio (Ostia Lido)

Call Center Ufficio Turismo tel. +39 06 06 06 08

Centralino Comune di Roma tel. +39 06 06 06

www.comune.roma.it

Comune di RomaTurismo

Via Leopardi 2400185 Roma