la contraddizione assoluta
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Il Capitalismo attuale è diventato una contraddizione assoluta. L'orizzonte dell'assoluto viene infatti preteso a soluzione della sua contraddizione interna (capitale-lavoro).TRANSCRIPT
LA CONTRADDIZIONE ASSOLUTA DEL CAPITALELA CONTRADDIZIONE ASSOLUTA DEL CAPITALE
AA CURACURA DIDI S STEFANOTEFANO U ULLIANALLIANA
"E poiché uguali parti sono del grande e
del piccolo, anche così in ogni cosa ci
potranno essere tutte: non è possibile che
esista separatamente, ma tutte partecipano a
tutto." Anassagora (DK 59 B 6).
"Ciò che è razionale è reale; e ciò che è
reale è razionale" G.W.F. Hegel
(Lineamenti di filosofia del diritto,
Prefazione).
a forma e la sostanza dell'egemonia
(ideologica e pratica) sostenuta dal
Capitale (finanziario, speculativo e
produttivo) attuale sono date, offerte e rese
stabili dal modo e dalla struttura della
contraddizione assoluta. La contraddizione
assoluta è infatti la determinazione e la
definizione della struttura e del modo propri
del dominio e del potere esercitati
dall'ideologia capitalistica presente.
L
La ricerca e le volontà comuni
all'ideologia capitalistica, tese alla
massimizzazione del profitto – nelle opere
d'ingegno, nelle produzioni artistiche in
senso lato, nelle produzioni tecnico-pratiche
– hanno infatti stabilito la necessità
irremovibile ed ineliminabile di un forma
sintetica a priori, che raccolga interamente,
completamente e totalmente il pensiero, l'arte
e la prassi dell'infinito (umanamente inteso e
rappresentato). Come nel caso della prima
filosofia idealistica tedesca – J.G. Fichte – il
pensiero, l'arte e la prassi della reazione – il
Congresso di Vienna è del 1815 - pretende di
bloccare, di negare ed annientare in anticipo
qualsiasi apertura di relazione che ricordi
l'abissale profondità dell'infinito liberamente
creativo, viva ed espressa attraverso la
relazione doppiamente dialettica sussistente
fra libertà ed eguaglianza.
Nello sviluppo successivo del pensiero
idealistico tedesco la posizione fichtiana
venne in tal modo superata dalla ripresa
schellinghiana dell'infinito creativo e
doppiamente dialettico di origine bruniana –
Giordano Bruno da Nola – prima di venire di
nuovo piegata e trasferita su un piano
esistenziale di tipo tradizionalmente neo-
assolutistico. Il riorientamento poi operato
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dalla filosofia hegeliana doveva conservare
l'astrazione e la separazione operata dai due
precedessori, rafforzandone la carica e la
volontà di alienazione. Solamente la
speculazione critica di L. Feuerbach e quella
dialettica di K. Marx sarebbero poi riuscite a
rovesciare il rovesciamento inizialmente
attuato da quella astrazione, separazione ed
alienazione, ripristinando il concetto, l'arte e
la prassi dell'infinito creativo e doppiamente
dialettico.
Come allora, oggi la reazione attuata dal
Capitale - nella sua forma e sostanza
dittatoriale – pretende di bloccare, negare ed
annientare in anticipo qualsiasi apertura di
relazione che ripristini questo concetto,
quest'arte e questa prassi. Per farlo blocca,
nega ed annienta - in anticipo
nell'immaginario collettivo o a posteriori con
la propria attività repressiva - qualsiasi
riferimento all'idea e all'ideale d'eguaglianza.
In ciò pretende infatti di arrestare insieme
alla relazione dialettica fondamentale –
quella tra libertà ed eguaglianza – quella
relazione verticale, che si riferisce così
all'abisso creativo come all'orizzonte aperto
d'infinito. L'inscindibilità di libertà ed
eguaglianza apportata da questo orizzonte
viene infatti ora capovolta e rovesciata nella
loro divisione, separazione e subordinazione.
Il concetto e la prassi di una libertà identica
ed individuale conquista per sé la categoria
superiore della qualità, lasciando in
posizione subordinata ed inferiore il concetto
e la prassi di un'eguaglianza quantitativa e di
massa. In questo contesto – il contesto del
cosiddetto glocale – la libertà di poter
diversificare - attività, finalità, produzioni,
investimenti materiali o speculativi, lavori
specialistici - ordina quella di dover al
contrario uniformare determinazioni e
definizioni di soggezione, legate al territorio.
Nelle situazioni che in tal modo vengono a
costituirsi – dove l'operaio ed il tecnico
mediamente od altamente specializzato sono
liberi di essere assunti (e vengono ricercati)
unicamente in relazione alle proprie capacità
e competenze, mentre il precario-massa
(dequalificato dalle proprie mansioni
segmentate) viene costretto alla pura e
semplice schiavitù strumentale - l'orizzonte
puramente formale della libertà – di
movimento dei capitali e delle merci e di
qualificazione degli ideali e dei soggetti
operanti – stabilisce una nuova servitù del e
nel territorio – una rivisitazione della feudale
servitù della gleba – come espressione
negativa della libertà ed eguaglianza
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LA CONTRADDIZIONE ASSOLUTA DEL CAPITALELA CONTRADDIZIONE ASSOLUTA DEL CAPITALE
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originarie.
Con questa divisione, separazione e
subordinazione della libertà e
dell'eguaglianza tramite le due categorie
della qualità e della quantità il Capitale
instaura la propria dittatura a metà.
Attraverso quella negazione – la negazione
del creativo e doppiamente dialettico
dell'infinito (naturale e razionale) – il
Capitale afferma se stesso come infinito
immediatamente, completamente e
totalmente positivo. Il Capitale fa dunque di
se stesso un assoluto. L'Assoluto o l'Essere
rispetto al quale il divenire temporale deve
essere considerato come una forma già
precompresa ed organizzata.
Separando ed astraendo il tempo reale e
concreto il Capitale fonda ed erige la radice,
la causa ed il principio della violenza.
L'annichilimento - preteso e voluto -
della radice creativa e libera della natura
razionale, infinita ed universale, si trasferisce
e converte (capovolge) allora nella
legittimazione per diritto separato della
violenza (il potere dello Stato), come difesa
dall'offesa naturale e razionale. In questo
modo il Capitale – portando a termine il
processo iniziato dalle prime forme di
civilizzazione occidentale e poi proseguito
con l'affermarsi dell'ideologia classica
(orfico-pitagorica, platonica od aristotelica) -
attua il distacco definitivo dall'originario.
In questo modo la pace e la giustizia
naturale e razionale si tramutano e
capovolgono nella guerra e nella
sopraffazione umana, nella preistoria della
lotta fra le classi. Separare il diritto all'uso
della forza e renderlo monopolio del potere
statuale ha quindi significato nella storia
dell'uomo isolare l'esistenza secondo l'ordine
e la gerarchia delle classi sociali, stratificate
e coordinate secondo la convergenza delle
funzioni sacrali e politiche e la
subordinazione di quelle produttive e
conservative.
Il Capitale porta ora finalmente a termine
e a compimento lo sviluppo e l'evoluzione
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della storia umana, nell'illusione fantastica e
fantasmatica della medesima, creata e
sostenuta dalla missione civilizzatrice
iniziata con la classicità greca (la
sostituzione dell'immagine ordinata alla
realtà caotica). Mentre dunque vita, esistenza
e libertà entravano ad abitare lo spazio ed il
tempo ordinato della polis, a prezzo di
separazioni e discriminazioni, vita, esistenza
e libertà attuali paiono ingigantire e
globalizzare quelle separazioni e
discriminazioni, costituendo il termine finale
della volontà di potenza dell'intera civiltà
occidentale.
Con la separazione e l'astrazione del
tempo reale e concreto il Capitale
fonda dunque ed erige la radice, la causa ed
il principio della violenza legalizzata ed
istituzionalizzata. È questa l'origine della
volontà di potenza che ha animato
l'evoluzione della civiltà ideologica
occidentale. Nello stesso tempo con questa
medesima separazione ed astrazione il
Capitale instaura il modo e la struttura della
contraddizione assoluta.
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Negando la radice creativa e
doppiamente dialettica dell'infinito, la forma
reazionaria e dittatoriale del Capitale annulla
l'idea e l'ideale d'eguaglianza, abbattendo nel
contempo l'orizzonte comune e collettivo
della libertà. In questo modo l'ideologia
capitalistica odierna nega non solo tutte le
forme di democrazia radicale e totale (la
democrazia sic et simpliciter), ma anche la
stessa idealità teorica presente nel principio
liberale proposto da A.Smith (l'equilibrio del
e nel commercio planetario), recuperando
tutta la propria dimensione categoriale
storicamente realizzatesi nei secoli XIX e
XX. Economia che si fa progressivamente e
sempre più Stato, ne assume via via i poteri e
la potenza generale, espropriandone il
fondamento di diritto, di legittimazione, di
orientamento ed ordinamento. Si assiste così
alla scomparsa dello Stato, non per mano
della vittoria delle rivoluzioni socialiste od
anarchiche, ma in virtù della reazione indotta
dai procedimenti di crisi causati dalla stessa
modalità produttiva capitalistica
(svalorizzazione dei beni, dei diritti e dei
salari dei lavoratori; iper-valorizzazione delle
merci, soprattutto finanziarie; potenziamento
assoluto del comando d'impresa). In tal modo
il comitato d'affari della borghesia ha
consentito in ogni Stato ed
internazionalmente la propria sostituzione
con il comando diretto ed imperiale del
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Capitale (WTO, FMI, BM), piegando e
coartando vieppiù le stesse istituzioni del
diritto internazionale (ONU) alla difesa dei
suoi particolari interessi (guerre
imperialistiche come operazioni di
pacificazione).
Per tale ragione al modo ed alla struttura
della contraddizione assoluta si congiunge e
si fonde la relazione stabilita dalla
strumentalizzazione assoluta.
Si è dunque già compresa la
completa coincidenza fra volontà di
potenza e contraddizione assoluta.
L'immagine dell'una rende la realtà e la
struttura dell'altra: nata dall'opposizione
all'azione naturale e razionale della realtà
(potenza autentica e spontanea), essa si tende
e si concentra attorno alla costruzione di una
polarità assoluta, posta a difesa del proprio
diritto separato all'esistenza, alla vita ed alla
libertà. Soggetto infinito che si pone, si apre
nella relazione ed agisce, esso vale per la
libertà che è capace di conservare, ampliare e
moltiplicare (in modo ordinato e per se
stesso) nel proprio mondo. Ogni finalità e
scopo dell'azione umana viene così distolto
dalla radice, dall'orizzonte e dall'ideale che
danno espressione, ordine e composizione
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alla natura ed alla razionalità, per essere
coinvolto in una sorta di rovesciamento e di
contrapposizione dialettica, dove la causalità
naturale si rende artificiale, per sottomettersi
ai principi stabiliti da un'istituzione
oggettiva, un potere umano che chiede per se
stesso un riconoscimento ed un'obbedienza
assoluti. In questo luogo metafisico la
signoria del pensiero astratto occidentale
costituisce la realtà della propria alienazione,
sottoponendo prima ciò che è libero,
spontaneo e creativo a strumento per
l'acquisizione di scopi eterodeterminati,
eterodefiniti ed eterodiretti; poi
assogettandolo a tutte quelle nature in
seconda (nature seconde) che l'orizzonte e
l'ordine di composizione ideologico
capitalista crea come strumenti privilegiati e
primi dell'organizzazione di valorizzazione
del Capitale stesso.
In questo modo il lavoratore-precario-
massa si vede prima rovesciato nel suo
contrario ed opposto – libero, creativo e
spontaneo diviene coartato e costretto
secondo mansioni e segmenti d'azione
predeterminati dall'economia degli sforzi e
dei costi – poi ulteriormente schiavizzato a
tutto ciò che per definizione si costituisce
come strumento eterodeterminato,
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eterodefinito ed eterodiretto (prima
l'organizzazione di fabbrica, poi la
dislocazione delle medesime, infine la
valorizzazione data alle merci ed alla
speculazione finanziaria).
È in questo modo dunque che il
lavoratore-precario-massa subisce una
duplice violenza, una violenza che pare
sdoppiarsi. E che attualmente pare
accentuarsi sono all'estremo della negazione
della stessa libertà vitale (per se stesso e per
l'ambiente nel quale è chiamato a vivere).
Al capo opposto del lavoratore-precario-
massa stanno i prestatori d'opera
specializzati, organizzati ed ordinati secondo
le loro specifiche mansioni e finalità,
integrati nel sistema, e gli elementi direttivi
ed amministrativi. Con la finanziarizzazione
estrema dell'economia la catena di comando
del Capitale si è però allungata ed è entrata
in crisi: alla difesa ed alla reazione –
soprattutto preventiva (si noti l'estrema
analogia fra gli anni '20/'30 del secolo XX e
quelli '80/'90) – alla reazione duplice del
naturale-e-razionale ridotto a schiavo in
prima e seconda battuta è dovuta subentrare
una difesa ed una reazione allo squilibrio
sussistente fra Capitale speculativo e
Capitale investito e produttivo. Il recupero di
questo squilibrio viene così attualmente
pagato da un ulteriore incremento nel livello
dell'alienazione imposta e nella grandezza
della violenza economica, sociale, politica e
giuridica impiegata. L'interconnessione fra
gruppi bancari e aziende multinazionali
dimostra l'alto livello di questa necessaria
composizione (necessaria per e nel sistema),
capace di stabilire infine la stessa definitiva
strumentalità al Capitale della medesima
organizzazione e potere statuale ed
internazionale.
Diventa quindi evidente come vi sia
stato un incremento assoluto del
potenziale di violenza e come si sia passati
dalla consapevolezza della violenza-
sfruttamento all'interno del sistema
organizzato di fabbrica o di impresa
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capitalistica, alla presa di coscienza dell'atto
di violenza radicale, antropica e naturale
(bene compreso e fronteggiato dai
movimenti del '77/'78), quando la
contrapposizione di classe è diventata
contrapposizione di genere e di orientamento
ideologico generale. Ora pare di assistere ad
un terzo e definitivo livello di violenza: alla
contrapposizione dialettica di classe ed alla
contrapposizione ideologica generale, capace
di recuperare la radice creativa e
doppiamente dialettica dell'infinito, si è
aggiunta infatti una violenza che pretende di
piegare a se stessa la stessa libertà vitale.
Prima meccanizzata ed ordinata, ora essa
dovrebbe essere totalmente negata e
capovolta – una volta e per sempre – nel e
dal meccanismo speculativo di unificazione
mondiale del Capitale (globalizzazione).
Per questo la serie duplice delle
contrapposizioni dialettiche si sta ora
ampliando e potenziando in modo assoluto in
una sorta di contraddizione assoluta del
Capitale, dove l'iper-astratto della
speculazione borsistica pompa
inesauribilmente ed inesorabilmente la
necessità ed il fato della violenza totale,
dell'espropriazione naturale ed antropica,
ridisegnando territori, riorganizzando inter-
comunità umane con lo strumento degli
spostamenti di massa ed i genocidi
mascherati, pianificando la separazione e la
contrapposizione fra un livello superiore di
movimento e d'ordine ed uno inferiore e
territoriale di immobilità, immodificabilità e
feroce subordinazione ai progetti di continua
trasformazione che piovono dall'alto,
secondo le decisioni interessate e complici
degli investitori economici mondiali e dei
rappresentanti politici locali (nazionali,
regionali, provinciali).
La contraddizione assoluta del
Capitale si conserva attraverso una
spinta intrinseca, che introflette ogni
espressione vitale e libera della natura, così
come ogni espressione sensibile ed
immaginativa della ragione. Per essa il
creativo e dialettico originario – l'unità
oppositiva e di movimento, di trasformazione
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e rivoluzione della natura e della ragione –
viene piegato e coartato secondo una logica
completamente opposta ed astrattamente
metafisicizzante. La divisione, la separazione
e la scissione che costituisce la potenza
alienata ed astratta del potere umano
(religiosa, d'ordine o di classe) cerca il
sostegno ed il consenso – la propria
alimentazione - in uno spirito reazionario e
di massa, sollecitato ed evocato, organizzato,
istituito e compartito, comunicato e
contagiato socialmente attraverso il possesso,
il controllo e l'indirizzo dei mezzi
comunicativi e formativi di massa (radio,
televisioni, scuole ed università). In questo
modo ogni positiva estroflessione viene
ripiegata e chiusa in una logica del negativo
e della negazione (della distinzione e
discriminazione).
L'immediatamente e spontaneamente
positivo viene allora incanalato, piegato e
capovolto da una logica reale (astratta), nella
quale e per la quale il principio della
selezione per affinità negatrice – della libertà
spontanea e vitale degli impulsi naturali e
razionali – diviene criterio operativo della
comunità ordinata ed organizzata dei soggetti
comunitari. In tal modo l'orizzonte e la realtà
apertamente comune e collettiva dei soggetti
vitalmente in azione (creativa e
reciprocamente dialettica), per la ricerca e
l'attuazione di un bene ideale, si rovescia e
capovolge nella determinazione identitaria e
definitiva di quello stesso bene,
assolutamente, interamente, completamente e
totalmente deprivato dell'originaria azione
creativa e reciprocamente dialettica
(territorialismo indotto dalla
globalizzazione).
Con questa filosofia sociologica reattiva
e reazionaria il Capitale si mette quindi al
riparo, in modo tendenzialmente perenne, da
ogni possibile impulso rivoluzionario,
deviandone la sensibilità, l'immaginazione ed
il ragionamento verso forme opposte di
determinazione individuale e collettiva.
Edificando una nuova natura ed un nuova
ragione, che possano insieme confortare e
dare rassicurazione, offrendo benessere e
soddisfazione, combattendo quelle
determinazioni di paura e pericolo, che
vengono innestate dal sistema in crisi per
cause proprie nei soggetti oggettivamente o
soggettivamente indisponibili a questa presa
reazionaria. Con questo distacco e
separazione di massa il sistema riesce
pertanto a rendere la propria comunità di
soggetti (effettivamente e disumanamente)
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inaffettiva ed anaffettiva, così
organizzandola e governandola come vera e
propria massa preventivamente
(inconsapevolmente e/o consapevolmente)
contro-rivoluzionaria e reazionaria. I
sentimenti umani di reciproco
riconoscimento, di mutuo aiuto e di
vicendevole costruzione delle proprie
esistenze vengono allora autonomamente
repressi, perché immediatamente e
progressivamente (sino alla loro totalità)
sostituiti da un'educazione autoritaria alla
distinzione, discriminazione e selezione
ordinata (nuovo razzismo istituzionale,
rivolto ai comportamenti di etnie, nazioni o
parti politiche della società).
Il risultato evidente di questo
rovesciamento e capovolgimento è la
considerazione e valutazione della violenza
come normalità dell'esercizio della forza e
dell'autorità civile e della normalità
dell'originario creativo e doppiamente
dialettico come violenza consapevolmente
esercitata contro l'ordine naturale e razionale
delle cose. In questa volontà di sradicamento
dell'originario – della sua realtà, del suo
movimento e della sua idealità - il sistema
retorico, pedagogico e culturale (ideologico)
del Capitale pretende di colpire ed affossare
per prima l'affettività generale e particolare
dei soggetti, nella loro umanità, individuale e
collettiva. Così – soprattutto per chi lavori
con le giovani generazioni, nelle scuole
pubbliche di ogni ordine e grado – diventa
facile vedere come questa negazione annulli
la sensibilità dei e nei rapporti individuali ed
il suo senso razionale (la produttività creativa
e dialetticamente immaginifica). Di qui il
drammatico e generalizzato impoverimento
delle abilità e delle capacità operative e
conoscitive dei discenti, con l'instaurazione
di schemi di comportamento e di
apprendimento autoreferenziali e idiomatici.
L'affermazione identitaria sorregge poi
l'impossibile annullamento dell'affettività
stessa, trasferendone il portato in una sorta di
distacco e repulsione anaffettiva, presente ed
operante soprattutto nelle generazioni dei
giovani e dei giovani adulti. L'inaffettività e
l'anaffettività si trasformano poi nel motore
principale del progressivo smantellamento
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(piuttosto inconsapevole) delle sensibilità
operative degli adulti, destinato ad
incrementare progressivamente tutti gli errori
vitali, definiti dal reciproco rispetto delle
relazioni esistenziali (in ogni ambito della
sicurezza, individuale e collettiva).
Questa sorta di fenomenologia
patologica indotta dal Capitale trova
la propria spiegazione strutturale in una serie
di scelte ideologiche fondamentali, che
hanno a che vedere con le dimensioni umane
dello spazio e del tempo.
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Lo spazio può infatti essere determinato e
definito come il sorgere ed emergere della
dimensione creativa (all'interno
dell'orizzonte della comune molteplicità
potenziale), che si specifica e sviluppa
successivamente secondo la logica ideal-
reale dell'apertura finalizzata di relazione (in
congiunzione con la tensione temporale, da
essa stessa evolutivamente predisposta);
oppure può essere al contrario considerato
come un principio di inertizzazione e di
omogeneizzazione, dove la radice creativa e
dialettica viene preventivamente annichilita e
l'apertura di relazione negata e capovolta
nella prioritaria e gerarchica disposizione
d'ordine. È qui che la dimensione umana del
tempo viene raccorciata ed infine alienata in
una disposizione concentrativa, di
concentrazione (tramite un'integrazione
continua e successiva, che vale nient'altro
che la stessa trasmissione del potere e della
potenza alienata nella storia di lunghissima
durata della civiltà occidentale). Oppure, al
contrario, la dimensione umana del tempo
può accompagnare il sorgere, l'emergere e
l'aprirsi di quella spaziale, come sua tensione
realizzativa ideale. Capace di protendere una
molteplicità inesauribile ed infinita di scopi e
di finalità, insieme naturali e razionali. Dove
il tempo può – al contrario dell'esempio
precedente – essere dilatato, per ridivenire il
tempo dell'umano reimpossessamento,
dell'umana autonomia e libertà
(predisposizione d'eternità o conservazione
eterna dell'ideale).
Nel contesto stabilito dalla
premessa che congiunge, combina
ed esprime le due dimensioni umane ed
originarie del tempo e dello spazio
addivengono quindi a ricalibrazione anche le
differenti ed ordinate categorie teoriche e
pratiche della quantità, qualità, relazione e
modalità.
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Mentre nell'ipotesi voluta fortemente
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dalla concentrazione polare del Capitale
finanziario la quantità è soggetta, come
massa informe (corpo sociale) alla realtà
negativa e limitante – alla qualità – delle
predisposizioni tecniche ed accademiche
orientate alla valorizzazione delle merci e del
Capitale stesso, nell'ipotesi che tiene insieme
in modo radicale ed ideale libertà ed
eguaglianza la quantità ridiviene il modo
infinitamente aperto della qualità, la continua
produzione e trasformazione (rivoluzione)
dei modi liberi e democratici di posizione
creativa e relazione dialettica.
Allo stesso modo mentre nell'ipotesi
capitalistica questa posizione creativa e
relazione dialettica vengono rovesciate e
capovolte nella sostanza di una relazione
produttiva (causale) che assorbe sul lato del
principio dell'accumulazione e della
massimizzazione dei profitti la totalità
integrale dell'umanità su questo pianeta,
garantendo attraverso la predisposizone
ideologica lo sfruttamento e l'alienazione
della potenza non solo umana, ma bensì
universalmente naturale e razionale (crisi
ambientale, sociale e politica globale),
nell'ipotesi opposta possibilità reale e
necessità ideale si ricompongono e si
ordinano di nuovo, per riprodurre ancora
quella tensione spazio-temporale, che è la
disposizione e l'immagine umana viva
dell'unità fra Natura e Ragione. Così
l'infinito creativo e doppiamente dialettico
riapre finalmente la dimensione della
democrazia assoluta (esistenziale,
economico-sociale, politico-ambientale)
planetaria.
Data questa opposizione irriducibile, che
sarà il luogo e il motivo di scontro fra
l'ideologico e l'ideale in questo nuovo secolo
(il XXI), è conseguentemente facile
osservare la contrapposizione insanabile che
sussisterà fra le due opposte mentalità (e
direi quasi le due opposte nature
antropologiche).
La mentalità capitalistica nella sua fase
finale infatti accumula su di sé tutto il portato
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ideologico delle tradizioni egemoni e
separate del potere presenti nell'intera storia
della civiltà occidentale (secondo il criterio
dell'Uno necessario e d'ordine): essa assorbe,
affina e seleziona, potenzia e diffonde
sensibilità, sentimenti e passioni adatti ad i
propri scopi di alienazione e negazione (del
creativo e dialettico originario). Valorizza gli
atteggiamenti aggressivi, distruttivi ed
autoritariamente ricompositivi (perché
comunque funzionali ad una ricomposizione
autoritaria).
Al contrario la mentalità democratica
radicale ed ideale riapre il respiro dello
spirito dello spazio e del tempo, della
posizione creativa e dell'espressione
dialettica, del movimento ideale continuo.
Tanto la prima estrinseca, estende e
controlla, uno spazio di alienazione dal
potere effettivo e dallo stesso, progressivo,
godimento dei diritti umani essenziali,
quanto all'opposto la seconda include
immediatamente e totalmente l'intera
umanità e naturalità all'interno del godimento
dei propri diritti razionali.
È e sarà dunque questo il vero e proprio
scontro di civiltà al quale assisteremo in
questo secolo e che ci dirà se questo pianeta
si sbarazzerà della specie umana o se, al
contrario, umanità, natura e razionalità
potranno ritrovarsi ed insieme godere della
comune, universale ed infinita, felicità.
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