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Cento Risorse e Servizi - P.O.- Mercato del lavoro LA CONCILIAZIONE LAVORO–FAMIGLIA IN ITALIA E IN EUROPA QUADERNO DI LAVORO -compendio di documentazione -

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Page 1: LA CONCILIAZIONE LAVORO–FAMIGLIA IN ITALIA …...Nella seconda parte del Quaderno di lavoro viene approfondita la situazione nazionale, mediante la raccolta delle normative presenti

Cento Risorse e Servizi - P.O.- Mercato del lavoro

LA CONCILIAZIONE

LAVORO–FAMIGLIA

IN ITALIA E

IN EUROPA

QUADERNO DI LAVORO

-compendio di documentazione -

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Testi di: Antonella Moira Zabarino – A.C.T.I.V.A. DONNA Michele Fortunato – Dirigente Servizio NC8 Revisione testi a cura di: Michele Fortunato – Dirigente Servizio NC8 Copertina: Antonella Moira Zabarino - A.C.T.I.V.A. DONNA Si ringrazia per la preziosa collaborazione il gruppo di lavoro del Centro Risorse Servizi – P.O. – Mercato del Lavoro e i soggetti esterni che hanno contribuito alla realizzazione del Report. - giugno 2008 -

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- Quaderno di lavoro -

LA CONCILIAZIONE LAVORO-FAMIGLIA IN ITALIA E IN EUROPA

-compendio di documentazione-

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INDICE PREMESSA: Antonio Saitta, Presidente della Provinci a di Torino Aurora Tesio, Assessora alle Pari Opportunità e alle Relazioni Internazionali INTRODUZIONE: Michele Fortunato, Dirigente del Cent ro Risorse Servizi P.O. Mercato del Lavoro PRIMA PARTE: IL CONTESTO EUROPEO 1. CONSIGLIO EUROPEO DI LISBONA: OCCUPAZIONE, RIFOR ME ECONOMICHE E COESIONE SOCIALE……………………………………………………………………...……......... PAG. 7

1.1. LA STRATEGIA DI LISBONA PER IL DECENNIO 2000-2010 ........................................... PAG. 7 1.2. STRATEGIA D’AZIONE ...................................................................................................... PAG. 10 1.2.1. ECONOMIA BASATA SULLA CONOSCENZA 1.2.2. MODERNIZZAZIONE DEL MODELLO SOCIALE EUROPEO 1.2.3. MIGLIORAMENTO DEI MEZZI DI ATTUAZIONE 1.3. LA RELAZIONE DEL GRUPPO DI WIM KOK, BRUXELLES 2004 ..................................... PAG. 13 1.4. IL BILANCIO DI META’ PERCORSO: BRUXELLES 2005 .................................................. PAG. 14 1.5. LA RIFORMA DEL 2007 DELLA POLITICA DI COESIONE E DI SVILUPPO DELL’EUROPA..P. 16

2. FONDI STRUTTURALI 2007-2013 ................ ...................................................................... PAG. 18

2.1. I FONDI STRUTTURALI ...................................................................................................... PAG. 18 2.2. I REGOLAMENTI DEI FONDI STRUTTURALI 2007-2013................................................... PAG. 19 2.2.1. I PRINCIPI D’INTERVENTO 2.3. GLI OBIETTIVI DELLA PROGRAMMAZIONE 2007-2013 ................................................... PAG. 21 2.3.1. CONVERGENZA E COMPETITIVITA’ 2.3.2. COMPETITIVITA’ REGIONALE E OCCUPAZIONALE 2.3.3. COOPERAZIONE TERRITORIALE EUROPEA 2.4. IL QUADRO STRATEGICO NAZIONALE ITALIANO .......................................................... PAG. 27

3. WELFARE E POLITICHE DI CONCILIAZIONE LAVORO-F AMIGLIA IN EUROPA ............ PAG. 29

3.1. NORMATIVA COMUNITARIA .............................................................................................. PAG. 29 3.2. I PRINCIPALI MODELLI SOCIALI EUROPEI ...................................................................... PAG. 39 3.2.1. IL MODELLO CONSERVATORE-CORPORATIVO 3.2.2. IL MODELLO SOCIALDEMOCRATICO 3.2.3. IL MODELLO LIBERALE 3.2.4. IL MODELLO MEDITERRANEO 3.3. ESEMPI DI BUONE PRASSI IN EUROPA ........................................................................... PAG. 42 3.4. WORKFARE: EUROPA E STATI UNITI A CONFRONTO .................................................... PAG. 45

SECONDA PARTE: IL CONTESTO NAZIONALE

4. POLITICHE DEL LAVORO E DELLA FAMIGLIA IN ITALIA .................................................PAG. 49

4.1. LA PARTECIPAZIONE FEMMINILE NEL MERCATO DEL LAVORO................................. PAG. 49 4.2. NORMATIVA NAZIONALE .................................................................................................. PAG. 51 4.2.1. PRIMA DELLA LEGGE 53/2000 4.2.2. DALLA LEGGE 53/2000

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5. LA CONTRATTAZIONE NAZIONALE ................. .................................................................. PAG. 63 5.1 I RAPPORTI DI LAVORO....................................................................................................... PAG. 63 5.2. I MIGLIORI CONTRATTI DI LAVORO A FAVORE DELLA CONCILIAZIONE NELLE GRANDI IMPRESE......................................................................................................................................... PAG. 65 5.3. I CONTRATTI DI LAVORO A FAVORE DELLA CONCILIAZIONE NELLE PICCOLE-MEDIE IMPRESE ........................................................................................................................................ PAG. 75

6. POLITICHE ATTIVE DI CONCILIAZIONE E BUONE PR ASSI IN ITALIA .............................PAG. 79 6.1. BUONE PRASSI IN TOSCANA e LAZIO ............................................................................... PAG. 79 6.2. BUONE PRASSI IN LOMBARDIA .......................................................................................... PAG. 81 6.3. BUONE PRASSI IN EMILIA ROMAGNA ............................................................................... PAG. 83 7. POLITICHE DI CONCILIAZIONE IN PIEMONTE ... .............................................................. PAG. 85

7.1. NORMATIVA REGIONALE ................................................................................................... PAG. 85 7.2. BUONE PRASSI NELLA REGIONE PIEMONTE ........................................ ......................... PAG. 86 7.2.1. PROVINCIA DI NOVARA 7.2.2. PROVINCIA DI VERBANIA CUSIO-OSSOLA 7.2.3. PROVINCIA DI VERCELLI

8. POLITICHE ATTIVE DI CONCILIAZIONE E BUONE PRA SSI NELLA PROVINCIA DI TORINO ......................................................................................................................................................... PAG. 89 9. LE AZIONI DELLA CONSIGLIERA DI PARITA’ ..... .............................................................. PAG. 94 9.1. LA CONSIGLIERA DI PARITA’ ............................................................................................... PAG. 94 9.2. AZIONI POSITIVE A FAVORE DELLA CONCILIAZIONE LAVORO-FAMIGLIA .................... PAG. 95 9.2.1 GLI OPUSCOLI “I NOSTRI AUGURI TRA OPPORTUNITA’ E DIRITTI” 9.2.2 GLI OPUSCOLI “AZIENDA AMICA DELLE MAMME E DEI PAPA’” 9.2.3 ESERCIZI DI PARITÀ NELLE SCUOLE ELEMENTARI

10. CONCLUSIONI .................................................................................................................... PAG.100 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ......................... ............................................................................ PAG.102 RIFERIMENTI SITOGRAFICI ....................................................................................................... PAG.103

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PREMESSA

L’Amministrazione Provinciale propone, attraverso il Centro Risorse Servizi – P.O. –

Mercato del Lavoro, il presente “Report” finalizzato all’analisi e alla raccolta di materiali e

documentazione inerenti al tema della conciliazione tra lavoro e famiglia. L’argomento è di

forte attualità e di fondamentale importanza per le finalità e le azioni dell’Assessorato delle

Pari Opportunità.

Il documento oltre che essere un compendio di documentazione, propone uno spunto di

riflessione sul contesto vissuto dalle donne all’interno del mercato del lavoro sia a livello

europeo che a livello nazionale, e in particolar modo su ciò che le politiche del lavoro e le

politiche sociali hanno fatto fino ad oggi nella logica del Welfare inclusivo.

La promozione della conciliazione tende a migliorare le condizioni di vita e di

indipendenza delle donne secondo due variabili: rispondere al meglio alle esigenze e ai

bisogni delle donne appesantite dal doppio ruolo e migliorare le condizioni delle donne sul

lavoro. Queste due variabili richiamano le due differenti dimensioni del vivere individuale, di

cui la prima è rappresentata dalla quotidianità del vivere sociale dell’individuo, mentre la

seconda è più specifica e riguarda le condizioni in cui si svolgono le attività lavorative. Tali

dimensioni sono fortemente intrecciate, e ciò si evidenzia anche dall’andamento del mercato

del lavoro. Emerge, quindi, la necessità di una migliore conciliazione di sistema

(organizzazione della società, cultura diffusa, strutture del territorio) che dovrebbe occuparsi

fondamentalmente di facilitare l’organizzazione del tempo delle donne nella famiglia e sul

lavoro.

Il contributo di questo elaborato è quello di descrivere gli elementi oggi a disposizione. Il

“Report” attraverso l’illustrazione delle normative e degli strumenti presenti in Europa e in

Italia sulla conciliazione, sottolinea la presenza di modelli positivi e “buone prassi” da cui

prendere esempio. Il Quaderno di lavoro è messo a disposizione sia per le/i singole/i

cittadine/i che per i vari decisori che a diverso titolo e livello promuovono le politiche di

coesione sociale e della famiglia.

Aurora Tesio Antonio Sa itta

Assessora alle Pari Opportunità Presidente della Provincia alle Relazioni Internazionali di Torino

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INTRODUZIONE

Dall’attuale contesto europeo emerge che in 21 paesi su 27 la disoccupazione femminile

supera quella maschile e, in particolare, l’Italia si presenta in fondo alla graduatoria europea

(Eurostat LFS-Labour force survey 2006) insieme alla Francia e alla Germania, restando

sopra la Polonia, la Svolacchia e la Grecia.

In prevalenza, quindi, i paesi mediterranei presentano degli alti tassi di disoccupazione

femminile, poiché l’offerta di lavoro tende a privilegiare tendenzialmente i capi famiglia

maschi d’età adulta, a svantaggio dei giovani e delle donne.

Sicuramente la peculiare struttura demografica italiana, in cui gli anziani hanno un peso

rilevante nelle statistiche, risulta influenzare la partecipazione media al mercato del lavoro,

ma pur eliminando tale elemento, il differenziale con la media europea risulta essere

comunque notevole. Le ragioni della bassa partecipazione femminile nel mercato del lavoro

in Italia (seppur in costante aumento), deriva da molteplici motivazioni tra cui: i fattori

culturali (che attualmente si stanno attenuando rispetto al passato e difatti le nuove

generazioni sembrano esserne meno influenzate), il contesto sociale e il contesto

istituzionale.

Analizzando i tassi di attività per età (Istat 2007) si evidenzia che le differenze tra uomini

e donne nel mercato del lavoro oltre ad essere alte a livello di partecipazione, sono differenti

ed emergono anche al livello di profilo lavorativo nell’arco della vita.

Nello specifico si evidenzia che il tasso di attività diviso per età risulta essere:

� per gli uomini crescente con l’aumentare degli anni, raggiungendo l’apice tra i 34-54

anni;

� per le donne il picco massimo è raggiunto tra i 25-34 anni, dopodichè si osserva un

ridimensionamento dell’attività femminile.

Quest’ultimo punto è spiegato dal fatto che è proprio in questa fascia d’età che per la

maggioranza delle donne italiane subentra il problema del doppio ruolo di lavoratrice e di

madre.

Nei paesi dell’Unione Europea il tempo di lavoro totale delle donne su cui pesa il doppio

ruolo, risulta essere maggiore rispetto a quello degli uomini, poiché è maggiore il numero

delle ore che le donne dedicano al lavoro domestico. E’ da evidenziare che proprio all’Italia

appartiene il primato del tempo dedicato dalle donne al lavoro familiare e,

contemporaneamente, il nostro paese registra il più elevato differenziale tra il tempo

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dedicato alla famiglia dalle donne e quello che allo stesso tipo di lavoro dedicano agli uomini

(Istat 2007).

La conciliazione tra il lavoro e la famiglia rappresenta attualmente una delle sfide più

complesse per le donne e le famiglie, soprattutto nel nostro Paese, poiché difficilmente le

famiglie possono sempre contare sulle strutture pubbliche. Infatti, secondo l’Istat, aumenta il

ricorso alla manodopera straniera per la cura degli anziani e ai nonni per cura dei bambini

della fascia d’età 1-2 anni, tutto ciò anche per via della carenza dei servizi adeguati. Sempre

per quanto riguarda la cura dei bambini, è limitata la quota di essi che è affidata agli asili

nido pubblici e si rilevano, inoltre, grandi differenze all’interno del territorio nazionale: al Sud

è limitato l’uso delle strutture pubbliche rispetto all’elevato ricorso alle strutture private

determinato dalla carenza delle prime.

Il termine “conciliazione” deriva dal sostantivo concilium, composto dai lemmi cum calare,

ovvero chiamare insieme. Infatti, originariamente si intendeva il voler mettere insieme parti

diverse, trovare un accordo tra parti opposte, mentre attualmente ci si riferisce, nel caso

particolare della famiglia e del lavoro, alla ricerca dell’equilibrio tra i tempi familiari e

lavorativi. Il concetto di “conciliazione” è strettamente legato al concetto di “flessibilità” il cui

termine deriva dal sostantivo flexibilitas e dal verbo latino flectere, ovvero piegare

caratterizzando delle “cose”, che invece attualmente è inteso, nella sua accezione legata al

lavoro, come il rendere variabili le caratteristiche del lavoro (luoghi, orari, modi di lavoro). La

flessibilità, quindi, rappresenta uno dei principali strumenti a favore della conciliazione,

poiché intesa come ricerca di formule flessibili per gestire al meglio i tempi di vita e di lavoro,

mentre la conciliazione è spesso rappresentata come strumento utile per armonizzare la

crescente domanda di flessibilità da parte delle aziende con le esigenze legate alla vita

personale e familiare dei lavoratori.

La conciliazione della vita professionale e della vita familiare è definita dalla

Commissione Europea come “l’introduzione di sistemi che prendono in considerazione le

esigenze della famiglia, di congedi parentali, di soluzioni per la cura dei bambini e degli

anziani, lo sviluppo di un contesto e di un’organizzazione lavorativa tali da agevolare la

conciliazione delle responsabilità lavorative e di quelle familiari per le donne e gli uomini”.

Tale definizione introduce il presente Quaderno di Lavoro proposto dal Servizio NC8 sulle

“relazioni tra le pari opportunità e il mercato del lavoro”.

Il compendio di materiali e documentazioni si propone anche in veste di ricerca e

approfondimento su un tema di forte attualità, quale la conciliazione dei tempi.

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Il Report è diviso in due parti: una inerente al contesto europeo e l’altra al contesto

nazionale. Nella prima parte sono evidenziati i cambiamenti avvenuti nell’Unione Europea

in merito alle tematiche delle Pari Opportunità, focalizzando l’attenzione sulle problematiche

inerenti alla conciliazione, attraverso l’analisi delle riforme economiche e occupazionali

derivanti dalla Strategia di Lisbona, analizzando i nuovi Fondi Strutturali 2007-2013 ed

esaminando le diverse tipologie di Welfare State presenti in Europa in un’ottica di

comparazione tra i diversi modelli individuati.

Nella seconda parte del Quaderno di lavoro viene approfondita la situazione nazionale,

mediante la raccolta delle normative presenti in Italia relative al tema della conciliazione e

una panoramica sui Contratti Nazionali di Lavoro che prestano maggiore attenzione a tali

problematiche. Inoltre, sono illustrati alcuni esempi significativi di “buone prassi” realizzate

all’interno del territorio nazionale.

Il Dirigente del Centro Risorse Servizi P.O. - MdL Dott. Michele Fortunato

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PRIMA PARTE: IL CONTESTO EUROPEO

1. CONSIGLIO EUROPEO DI LISBONA 2000: OCCUPAZIONE, RIFORME

ECONOMICHE E COESIONE SOCIALE

Agli inizi dell’ultimo decennio del secolo scorso due evoluzioni hanno mutato

profondamente l’economia e la società contemporanea: la globalizzazione e lo sviluppo

della tecnologia, tra loro interdipendenti. Infatti, il progresso tecnologico dovuto alla

comparsa di Internet e alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione ha

comportato una crescente facilità di scambio tra i paesi in tutto il mondo favorendo

l’emergere di una “economia globale”.

Tale rivoluzione tecnologica irrompe innanzitutto negli Stati Uniti ed il primo settore a

beneficiarne è stato quello dell’economia: grazie all’uso di Internet le imprese americane

hanno avuto l’opportunità di migliorare la propria efficienza e aumentare la produttività.

La globalizzazione dell’economia, di conseguenza, impone all’Europa di essere

all’avanguardia in tutti i settori: si riconosce un bisogno di innovazione per modernizzare

radicalmente l’economia europea, in modo da mantenere alta la competitività rispetto agli

Stati Uniti e agli altri protagonisti mondiali.

A tal proposito il Consiglio Europeo organizzò a Lisbona1 nei giorni 23 e 24 marzo del

2000 una sessione straordinaria per concordare una strategia che potesse conglobare le

azioni volte a sostenere l'occupazione, le riforme economiche e la coesione sociale, nel

contesto di un’economia basata sulla conoscenza attraverso la quale promuovere la ricerca

scientifica, l’istruzione, la formazione professionale e l’accesso a Internet.

1.1. LA STRATEGIA DI LISBONA PER IL DECENNIO 2000- 2010

L’Unione Europea, al vertice di Lisbona 2000, definì l’obiettivo strategico di “diventare

un’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di

realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una

maggiore coesione sociale”. Il raggiungimento di tale obiettivo risulta essere tutt’oggi

1 OCCUPAZIONE, RIFORME ECONOMICHE E COESIONE SOCIALE sarà l’unico argomento trattato inerente Consiglio europeo di Lisbona 2000, poiché le altre tematiche trattate dall’Unione (II. sicurezza e difesa, III. balcani occidentali, IV. Russia, V. conferenza intergovernativa e VI. regioni ultraperiferiche) non sono attinenti alla finalità della pubblicazione.

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(seppur in modo minore rispetto al 2000) condizionato dalle carenze che caratterizzano il

mercato del lavoro dell’Unione Europea, ovvero:

� Gli squilibri regionali in materia di disoccupazione;

� La scarsa creazione di posti di lavoro nel settore dei servizi;

� L’ elevato tasso di disoccupazione a lunga durata;

� La sproporzione fra l'offerta e la domanda di manodopera;

� L’ insufficiente partecipazione femminile nel mercato del lavoro;

� La mancanza di qualificazione, in particolare nell’ambito delle tecnologie

dell’informazione;

� L’ andamento demografico europeo (in particolare l'invecchiamento della popolazione)

Tab. 1 - Situazione economica e occupazionale nel 2000 (Eurostat 2000)

Al fine di monitorare i progressi compiuti nell’attuazione della “Strategia di Lisbona”, la

Commissione presenta una relazione annuale al Consiglio europeo di primavera: durante

l’incontro i Capi di Stato e di Governo dell'Unione valutano i progressi effettuati e mettono in

evidenza le future priorità per la realizzazione degli obiettivi prefissati.

EUROPA (25)

ITALIA

Crescita PIL annuale

3,9%

3,6%

Occupazione

62,4%

56,1%

Occupazione Maschile

71,2%

68%

Occupazione Femminile

53,6%

39,6%

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EUROPA (25)

ITALIA

Disoccupazione

8,6%

10,1%

Disoccupazione giovanile

17,4%

27%

Abbandono della scuola

17,7%

25,3%

A rischio di povertà

16%

18%

Spese di protezione sociale

27,1%

25,6%

Pensioni

46%

62,3%

Sanità

28%

26,1%

Disoccupazione

6,2%

1,7%

Politiche per la famiglia

8%

3,9%

Esclusione sociale

3,5%

0,3%

Tab. 2 - Indicatori sociali del 2000 (Eurostat 2000)

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1.2. STRATEGIA D’AZIONE

La strategia d’azione prevede l’introduzione di una metodologia di coordinamento che

migliori i processi già esistenti e che potenzi il ruolo di guida e di coordinamento del

Consiglio Europeo, al fine di ottenere una direzione strategica più coerente nonché un

efficace monitoraggio dei progressi compiuti.

Tale strategia mira a predisporre il passaggio a un’economia basata sulla conoscenza, a

modernizzare il modello sociale europeo e a migliorare i mezzi di attuazione.

1.2.1. ECONOMIA BASATA SULLA CONOSCENZA

Nel Consiglio Europeo di Lisbona è stato stabilito che il passaggio a un’economia basata

sulla conoscenza può essere principalmente determinato dallo sviluppo dell’informazione,

della ricerca e dell’innovazione.

Con “informazione” si definisce l’esigenza progredire verso un’economia digitale che porti

alla crescita e alla competitività, nonché ad incrementare l’occupazione garantendo il

miglioramento della qualità della vita e dell’ambiente dei cittadini. A tal proposito la

Commissione ha avviato nel 2000 un’iniziativa nominata eEurope2 con i seguenti obiettivi:

� produrre i mezzi e le azioni necessarie affinché ciascun cittadino, abitazione, scuola,

impresa e amministrazione entrino nell'era digitale e dispongano di un collegamento on-line;

� concretizzare in tutta Europa la padronanza degli strumenti dell'era digitale, grazie anche

al sostegno di una cultura imprenditoriale che finanzi e favorisca lo sviluppo di nuove idee;

� garantire che l'intero processo non crei emarginazione ma rafforzi la fiducia dei

consumatori e potenzi la coesione sociale.

Data la significativa importanza della ricerca e dell’innovazione per lo sviluppo e la

crescita dell’economia, dell’occupazione e della coesione sociale nei paesi europei, la

Commissione europea ha fondato nel 2000 uno Spazio3 europeo per la realizzazione di

un'area senza frontiere nella quale le risorse scientifiche siano utilizzate al meglio.

2 Atto: Comunicazione dell'8 dicembre 1999, relativa ad un'iniziativa della Commissione in occasione del Consiglio europeo straordinario di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000: eEurope - Una società dell'informazione per tutti [COM(1999) 687 def. - Non pubblicato sulla Gazzetta ufficiale]. . 3 Atto: Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni: "Verso uno spazio europeo della ricerca" [COM(2000) 6 def. - Non pubblicato nella Gazzetta ufficiale].

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Lo Spazio europeo della ricerca associa principalmente tre concetti:

� la realizzazione di "un mercato interno" della ricerca (ovvero uno spazio in cui ci sia una

libera circolazione della conoscenza, delle tecnologie e libertà di scambio tra i ricercatori) al

fine di intensificare la cooperazione, di favorire la concorrenza e di ricercare la soluzione

migliore per l'assegnazione delle risorse;

� un rinnovo della struttura europea della ricerca, migliorando principalmente il

coordinamento delle attività e delle politiche di ricerca nazionali;

� una nuova politica europea che, oltre a finanziare le attività di ricerca, comprenda i

diversi aspetti delle politiche nazionali ed europee legate al settore della ricerca.

1.2.2. MODERNIZZAZIONE DEL MODELLO SOCIALE EUROPEO

La principale risorsa dell’Europa sono le persone. A fronte di questo dato di fatto, si

rende necessario investire su di esse, nonché sviluppare un Welfare State efficace che

faciliti l’affermazione di un’economia basata sulla conoscenza e assicuri la stabilità sociale.

Le tematiche rilevate dal Consiglio europeo in tal senso sono le seguenti:

� Istruzione e formazione4: sono strettamente legate all’occupazione, poiché solo se

sviluppate in maniera adeguata possono garantire il miglioramento del livello e della qualità

dei posti di lavoro. A tal fine, sono fondamentali le azioni mirate su particolari target (es.

adulti disoccupati).

� Occupazione5: col proposito di fortificare il mercato del lavoro europeo la Strategia

Europea per l’Occupazione (SEO) intende migliorare l’occupabilità promuovendo l’istruzione

e la formazione (anche con attività di apprendimento legate a tutto l’arco della vita) per

colmare l’insufficienza di qualificazione diffusa in gran parte delle regioni europee. Inoltre, il

Consiglio mira a favorire gli aspetti della parità di opportunità per rendere più agevole la

conciliazione dei tempi di vita privata e professionale, anche valutando le soluzioni più

opportune per potenziare i servizi di cura dei bambini. Ed infine, sempre in tema di pari

opportunità, si intende ridurre la segregazione occupazionale. L’obiettivo specifico del

Consiglio è di giungere al tasso di occupazione del 70% nel 2010 rispetto a quello del 61%

rilevato nel 2000.

4 Atto: relazione del Consiglio "Istruzione", al Consiglio europeo, sugli "Obiettivi concreti futuri dei sistemi d'istruzione e formazione" [5680/01 EDU 18 - Non pubblicata sulla Gazzetta ufficiale]. 5 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni, del 16 gennaio 2001, riguardante il sostegno del Fondo sociale europeo alla strategia europea per l'occupazione [COM (2001) 16 def. - Non pubblicata sulla Gazzetta ufficiale].

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� Protezione sociale6: si rende necessario garantire la sostenibilità a lungo termine per far

fronte all’invecchiamento della popolazione, promuovere la parità di genere e fornire i servizi

sanitari di qualità, tutto ciò rafforzando la cooperazione degli Stati membri (scambi di buone

prassi e reti di informazione), supportati dal Comitato per la protezione sociale.

� Inclusione sociale7: tra gli scopi della Strategia di Lisbona, si ambisce all'eliminazione

della povertà entro il 2010 e alla promozione della coesione sociale. Il Nap Inclusione

Sociale8 si inserisce nel quadro degli obiettivi adottati dal Consiglio europeo di Lisbona

(2000) e successivamente dal Consiglio europeo di Nizza (2000), come documento

programmatico attraverso il quale gli Stati membri indicano lo stato di attuazione delle

politiche sull'inclusione, la situazione delle risorse nazionali e comunitarie impegnate e

l’avanzamento delle priorità da perseguire e degli obiettivi da raggiungere.

1.2.3. MIGLIORAMENTO DEI MEZZI DI ATTUAZIONE DELLE POLITICHE

MACROECONOMICHE

Il ruolo del Consiglio europeo è quello di guidare e coordinare la coerenza generale e di

controllare gli sviluppi degli obiettivi prefissati. A tal fine, il “coordinamento aperto” è lo

strumento con il quale si promuove la diffusione delle “buone prassi” attraverso la

comparazione delle azioni svolte dagli Stati membri, realizzata in base a indicatori

quantitativi e qualitativi e a parametri specifici. Inoltre, l’utilizzo di tale strumento permette di

adottare misure e obiettivi concreti, tenendo conto delle diversità nazionali e regionali, e

consente di svolgere una periodica attività di monitoraggio e di valutazione.

Il Consiglio, inoltre, ponendo l’attenzione sulle imprese, chiede da parte di esse un

maggior senso di responsabilità sociale in materia di “buone prassi”: pari opportunità,

organizzazione del lavoro, apprendimento per tutto l’arco della vita, inclusione sociale e

sviluppo sostenibile, sono le tematiche principali. Gli strumenti privilegiati per conseguire

tale obiettivo interessano il settore privato e i paternariati pubblici e privati, mentre il ruolo

principale dell’Unione è quello di catalizzare tutte le risorse per favorire il passaggio a

un’economia della conoscenza.

6 Con il nuovo articolo 144 del trattato CE, il trattato di Nizza ha proclamato il Comitato per la protezione sociale che era stato creato dal Consiglio in applicazione delle conclusioni del Consiglio europeo di Lisbona. Tale comitato, di tipo consultativo, ha l'obiettivo di promuovere la cooperazione in materia di protezione sociale tra gli Stati membri e con la Commissione. 7 Relazione del Consiglio (Occupazione e politica sociale) SOC 470 del 30/11/2000 - Lotta contro la povertà e l'esclusione sociale = Definizione degli obiettivi adeguati 8 Il NAP Inclusione Sociale, quale strumento programmatorio con cadenza biennale, è stato ideato dal governo UE per fotografare lo stato di avanzamento di tutti gli Stati membri in tema di Occupazione e Politica sociale, alle cui indicazioni gli Stati devono attenersi registrando i progressi realizzati e fissando gli impegni futuri da conseguire.

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1.3. LA RELAZIONE DEL GRUPPO DI WIM KOK, BRUXELLES 2004

Nel marzo 2004, il Consiglio europeo riunitosi a Bruxelles, ha invitato la Commissione a

creare un gruppo ad alto livello presieduto da Wim Kok, la cui finalità fosse quella di

eseguire una revisione intermedia per individuare misure adeguate che permettessero

all’Europa di raggiungere gli obiettivi prefissati in Lisbona 2000.

Il Rapporto Kok, propone una profonda revisione di Lisbona: riconfermato il metodo del

“coordinamento aperto” con gli Stati membri, suggerisce degli obiettivi più precisi e

scadenzati che pongano l'accento su due aree principali, ovvero la produttività e

l’occupazione.

Innanzitutto, il gruppo, pone in evidenza le difficoltà derivanti da tre fattori:

1. il divario di crescita dell’Europa rispetto l’America e l’Asia;

2. la bassa natalità;

3. l’invecchiamento della popolazione europea.

In base a quest’ultimo fattore, secondo Kok "non bisogna perdere tempo": nel 2050 il

tasso di dipendenza (rapporto tra pensionati e persone in età di lavoro) sarà dal 36% in

Danimarca al 61% in Italia.

Un altro fattore di preoccupazione è che "la recente crescita in Europa è associata ad

un declino della crescita della produttività oraria, mentre negli Usa accade il contrario".

"Senza modernizzazione e una rapida crescita dell'occupazione è impossibile mantenere i

valori sociali e i costi economici espressi nel sistema di Welfare, istituzioni pubbliche e

sistema di regolazione che sono molto cari in un mondo in cui bassi costi e produttori

altamente efficienti sfidano il vecchio ordine".

Inoltre, il programma di attuazione stabilito a Lisbona è apparso particolarmente

consistente, il coordinamento insufficiente e le priorità incompatibili tra di esse.

“Facing the challenge” è il documento elaborato dal Gruppo, presentato alla

Commissione il 3 novembre 2004. All’interno di esso, sono descritti i cinque settori politici in

cui si ritiene necessario intervenire per raggiungere concretamente gli obiettivi prefissati in

Lisbona 2000:

1 Società della conoscenza: è necessario conferire autorità assoluta alla R&S (Ricerca e

Sviluppo) e promuovere l’uso delle TIC (Tecnologie dell’Informazione e della

Comunicazione), in modo da rendere l’Europa più attraente per i ricercatori e gli scienziati;

2 Mercato interno: occorre eliminare gli ostacoli per la libera circolazione dei beni e dei

capitali, determinare misure necessarie per la creazione di un mercato unico dei servizi;

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3 Contesto commerciale: è importante ridurre gli oneri amministrativi globali, migliorare la

qualità della legislazione e agevolare l’avviamento delle nuove imprese creando per esse un

contesto più favorevole;

4 Mercato del lavoro: occorre concentrarsi sull’integrazione per poter rafforzare la

coesione sociale, per aumentare l’adattabilità dei lavoratori e delle aziende, per definire

strategie per la formazione permanente e per sostenere paternariati per la crescita e

l’occupazione;

5 Sostenibilità ambientale: è opportuno promuovere l’ecoinnovazione e conquistare una

posizione di predominio nella ecoindustria, nonché attuare politiche a lungo termine per

ottenere un miglioramento duraturo della produttività attraverso l’ecoefficienza.

Il Gruppo Kok, ritiene di particolare importanza che ogni Stato membro concretizzi delle

politiche nazionali efficienti e specifiche in base alle proprie esigenze, pur mantenendo alta

la partecipazione ad un’azione comune europea. Infine, il Gruppo spiega che la

Commissione dovrà rispondere prontamente ai risultati di ciascun Stato membro. L’Unione

europea e nello specifico ciascun Stato membro dovrà tener conto delle priorità stabilite in

Lisbona 2000.

1.4. IL RILANCIO DELLA STRATEGIA DI LISBONA: BRUXEL LES 2005

La relazione del Gruppo ad alto livello presieduto da Wim Kok, mette in rilievo la

necessità di un’azione urgente. Pertanto, la Commissione, durante Bruxelles 2005 afferma

che:

“La ripresa della crescita è vitale per la prosperità. Essa può riportare la piena occupazione

e costituisce la base della giustizia sociale e della creazione di opportunità per tutti. La

ripresa della crescita inoltre è fondamentale per la posizione dell’Europa nel mondo e per la

capacità dell’Europa di mobilitare le risorse necessarie per affrontare molteplici sfide a livello

mondiale”.

Il Consiglio europeo del 22 e 23 marzo 2005 ha individuato gli Assi sui quali basare il

rilancio della Strategia, tenendo conto delle prospettive finanziarie 2007-2013, le quali

mettono a disposizione dell'Unione i mezzi adeguati per la realizzazione delle priorità di

Lisbona.

La strategia di Lisbona rinnovata è incentrata sulla crescita e l’occupazione e sottolinea

che è di fondamentale importanza:

� rendere l’Europa più capace di attrarre investimenti e lavoro;

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� una crescita europea nella quale abbiano un ruolo focale la conoscenza e l’innovazione;

� consentire alle imprese europee di creare nuovi e migliori posti di lavoro, per mezzo

dell’elaborazione di politiche adeguate.

Il bilancio a metà percorso della strategia di Lisbona e in particolare i limitati risultati

raggiunti in materia di occupazione, inducono la Commissione a segnalare l’importanza di

un metodo di coordinamento semplificato accompagnato da una concentrazione degli sforzi

sui Piani di Azione Nazionali (PAN). In particolare, secondo la Commissione, è necessario

concentrare l'attenzione sulle azioni da svolgere piuttosto che sugli obiettivi in cifre da

raggiungere.

Gli Assi del rilancio della strategia:

� Conoscenza e innovazione, ovvero i motori della crescita sostenibile. I soggetti sono le

imprese, i consumatori e i lavoratori, mentre i settori di riferimento sono quelli della ricerca,

innovazione scientifica, del lavoro e della politica industriale.

� Spazio per investire e lavorare per favorire, attraverso un migliore quadro

regolamentare, una maggiore qualità delle imprese e dei servizi di interesse generale (e di

conseguenza una maggiore qualità della vita) e sostenere il consolidamento del mercato

interno dei servizi, ponendo l’accento sulle PMI e sulla competitività, anche attraverso una

politica della concorrenza attiva.

� Crescita e occupazione a servizio della coesione sociale, in cui è fondamentale

incentivare la crescita dei tassi occupazionali e l'estensione della durata della vita attiva,

attraverso le riforme dei sistemi di protezione sociale, delle misure di conciliazione della vita

lavorativa con la vita familiare, delle politiche per l'infanzia, delle pari opportunità,

dell’integrazione sociale e della lotta al lavoro irregolare, nonché il potenziamento dei servizi

alla persona e alle imprese, la protezione ambientale, la promozione dei partenariati locali,

gli investimenti in formazione e apprendimento continuo.

� Migliorare la governance, ovvero:

- identificare più chiaramente le priorità rispettando l'equilibrio della strategia e le

sinergie interne;

- favorire un coinvolgimento maggiore degli Stati membri per la messa in atto delle

priorità sul campo;

- razionalizzare le procedure di follow-up e l'attuazione della strategia a livello

nazionale.

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1.5. LA RIFORMA DEL 2007 DELLA POLITICA DI COESIONE E SVILUPPO

DELL’EUROPA

La politica di coesione ha origine nel Trattato di Roma del 1957, nel cui testo, i sei Stati

firmatari dei trattati (Francia, Germania, Italia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo) che

allora istituivano la Comunità economica europea, sottolineano l'esigenza "di rafforzare

l'unità delle loro economie e di assicurare lo sviluppo armonioso riducendo le disparità fra le

differenti regioni e il ritardo di quelle meno favorite".

A tal fine, dal 1958 furono istituiti il Fondo sociale europeo (Fse), il Fondo europeo

agricolo di orientamento e garanzia (Feaog) e, nel 1975, il Fondo europeo per lo sviluppo

regionale (Fesr). Solo nel 1986, attraverso l'Atto unico europeo, si giunge a una vera politica

di coesione per riequilibrare gli effetti del mercato unico nel sud Europa e nei paesi più

svantaggiati.

Nel 1998, il Consiglio europeo di Bruxelles, riforma il funzionamento dei Fondi di

solidarietà rinominati Fondi strutturali. Infine, nel Trattato sull'Unione europea (in vigore dal

1993), si introduce la politica di coesione tra gli obiettivi fondamentali del processo di

integrazione economica europea, insieme all'unione economica e monetaria e al mercato

unico.

La politica di coesione si basa sul cofinanziamento nazionale o regionale, ed è un

sistema che spinge gli Stati membri a mantenere il loro impegno di investimento e di

crescita anche nei periodi di recessione. Vi è, inoltre, il principio dell'addizionalità, il quale

definisce gli interventi finanziari dell'Unione come supplemento all’ordinaria spesa pubblica

degli Stati. Lo scopo dei Fondi europei non è quello consentire agli Stati di risparmiare sui

rispettivi bilanci nazionali, poiché essi restano i soli responsabili dello sviluppo delle loro

zone in difficoltà.

La politica di coesione contribuisce in tal modo all'integrazione europea, perché permette

di promuovere progetti d'interesse comunitario oltre i limiti di frontiera, favorendo gli effetti

positivi del grande mercato interno e uno sviluppo equilibrato nel territorio dell'Unione.

Il modello europeo di società è costruito sui valori della solidarietà: la politica di coesione

non trasferisce risorse per aumentare i consumi, ma per rafforzare i fattori di crescita

economica delle regioni dell'Unione, i cui obiettivi riguardano l’occupazione, l’ambiente, le

reti transeuropee, la ricerca e la realizzazione di una società basata sulla conoscenza.

Attualmente la politica di coesione è l'unico strumento che consente agli Stati europei,

alle regioni e ai partner socioeconomici di programmare il loro sviluppo su lungo periodo,

poiché la programmazione settennale permette agli Stati e alle regioni di disporre di un

quadro finanziario pluriennale e stabile.

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La riforma 2007, mira al perseguimento degli orientamenti strategici dell’Unione delineati

dalle Strategie di Lisbona e di Göteborg9, le cui azioni sono incentrate maggiormente sulle

regioni più svantaggiate. Gli orientamenti strategici, sono documenti predisposti dalla

commissione europea a sostegno delle autorità nazionali e regionali, al fine di modernizzare

le loro economie e di collegare la loro programmazione all’obiettivo dell’UE di promozione

della crescita e dell’occupazione.

I nuovi orientamenti strategici sono fondamentali poiché incentrano maggiormente

l’attenzione sulla crescita e sul lavoro, e sottolineano che per favorire lo sviluppo è

necessario porre l’accento sulla società della conoscenza e dell’informazione,

sull’imprenditoria, sull’ambiente e sull’occupazione.

9 La strategia di Lisbona si pone l’obiettivo di fare dell’Europa un’economia basata sulla conoscenza più competitiva dinamica al mondo. Göteborg inserisce in questo contesto la protezione dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile.

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2. FONDI STRUTTURALI EUROPEI 2007 – 2013

“L'Europa deve rinnovare le basi della sua competitività, aumentare il suo potenziale di

crescita e la sua produttività e rafforzare la coesione sociale, puntando principalmente sulla

conoscenza, l'innovazione e la valorizzazione del capitale umano. Per raggiungere tali

obiettivi, l'Unione deve mobilitare maggiormente tutti i mezzi nazionali e comunitari

appropriati - compresa la politica di coesione - nelle tre dimensioni economica, sociale e

ambientale della strategia per utilizzarne meglio le sinergie in un contesto generale di

sviluppo sostenibile”10.

2.1. I FONDI STRUTTURALI

La “Politica di Coesione Economica e Sociale” dell’Unione Europea è finalizzata alla

promozione di uno sviluppo equilibrato, armonioso e sostenibile della Comunità, riducendo

le disuguaglianze tra le diverse regioni europee. La Politica di Coesione nasce formalmente

il primo luglio 1987, giorno in cui entra in vigore l’Atto Unico Europeo11 (AUE). La coesione

economica e sociale diviene espressamente un obiettivo prioritario della Comunità e sarà

riconosciuta come politica dal Trattato di Maastricht del 1992. Per realizzare gli obiettivi

della politica di coesione, l’Unione europea ha istituito i Fondi Strutturali.

I Fondi strutturali nacquero da una logica centro-periferica, ovvero in previsione delle

possibili difficoltà che potevano insorgere nel Sud dell’Europa, di fronte alla realizzazione di

un unico mercato e della moneta unica. In quest’ottica i Fondi, derivanti dal Bilancio europeo

e da utilizzare per gli interventi comunitari, dovevano servire a rendere meno acuti i

contraccolpi derivanti dall’integrazione economica e monetaria. Tali strumenti, quindi,

rappresentavano una nuova politica economica di sviluppo, piuttosto che di sostegno ai

Paesi più deboli. Attualmente, ancor di più, risultano essere un mezzo indispensabile per

favorire lo sviluppo di tutti i Paesi membri, al fine di rafforzare la competitività dell’Unione

Europea nei mercati mondiali.

I Fondi strutturali europei sono caratterizzati principalmente da quattro elementi:

1. il cofinanziamento (ovvero le risorse dell’UE sommate a quelle nazionali), che concorre

allo sviluppo di partenariati pubblico-privati e sostiene gli investimenti anche in periodi di più

intensa rigidità economica;

10 Conclusioni della presidenza, Consiglio europeo del marzo 2005 11 Il titolo V dell’Atto Unico, dedicato alla “Coesione economica e sociale”, istituisce le prime competenze comunitarie in materia di politica sociale, di ricerca e sviluppo tecnologico, di politica ambientale.

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2. il carattere pluriennale della programmazione, che rende possibile la pianificazione a

lungo termine, poiché in caso contrario, sorgerebbero a livello nazionale delle difficoltà di

realizzazione;

3. l’effetto governance, il quale implica innanzitutto lo sviluppo della capacità d’iniziativa e di

responsabilità dei governi e degli attori economici e sociali, e, in secondo luogo, comprende

in sé una prassi basata sul partenariato, sulla condivisione degli obiettivi e dell’allocazione

finanziaria;

4. l’effetto a catena sulle altre politiche europee, vale a dire uno lo stimolo alle politiche

dell’occupazione, dello sviluppo rurale, delle reti trans-europee, della società

dell’informazione, degli appalti pubblici e dello sviluppo sostenibile, contribuendo in tal modo

al miglior coordinamento e alla realizzazione degli obiettivi della competitività e

dell’occupazione legati alla Strategia di Lisbona.

La “Politica di Coesione Economica e Sociale” prevede la programmazione degli

interventi utilizzando i Fondi strutturali a livello dei singoli territori, associandoli a Programmi

Operativi e a obiettivi specifici, determinando periodi di programmazione di durata

settennale:

� Programmazione 1994-1999;

� Programmazione 2000-2006;

� Programmazione 2007-2013 oggi in essere.

Le tipologie dei finanziamenti comunitari sono due:

� Finanziamenti diretti: gestiti direttamente dalla Commissione Europea o dalle agenzie da

essa delegate. Sono sovvenzioni o versamenti di natura non commerciale e devono essere

integrati dalle risorse proprie dei beneficiari finali per realizzare attività “soft” (convegni,

scambi d’esperienze, seminari, ecc…).

� Finanziamenti indiretti: contributi gestiti da Autorità Nazionali o Regionali. Devono essere

integrati con risorse nazionali o regionali, al fine di attuare “il principio di coesione

economica e sociale” all’interno della comunità. Il beneficiario finale non è diretto ma

mediato dalle Autorità Nazionali, Regionali o Locali, attraverso l’emanazione di bandi, la

programmazione di interventi e la gestione di risorse comunitarie.

2.2. I REGOLAMENTI DEI FONDI STRUTTURALI 2007-2013

Per il periodo 2007-2013, gli strumenti preposti al raggiungimento degli obiettivi, citati

dagli articoli 158 e 162 del trattato che istituisce la Comunità europea (sviluppo armonioso e

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coesione economica e sociale), pongono la loro base legale su cinque regolamenti adottati

dal Consiglio e dal Parlamento europeo nel luglio 2006:

1. Il Regolamento generale che definisce i principi, le regole e gli standard comuni per

l’attuazione dei tre strumenti di coesione:

� il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR);

� il Fondo sociale europeo (FSE);

� il Fondo di coesione.

Lo scopo è quello di assicurare una gestione semplificata, proporzionale e maggiormente

decentrata dei Fondi strutturali e del Fondo di coesione.

2. Il Regolamento del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il quale intende ridurre

le disparità regionali dell’Unione, definendo il ruolo e i campi di intervento nella promozione

degli investimenti pubblici e privati. Il FESR sostiene programmi in materia di sviluppo

regionale, di cambiamento economico, di potenziamento della competitività e di

cooperazione territoriale su tutto il territorio dell’UE. La ricerca, l’innovazione, l’ambiente e la

prevenzione dei rischi, sono le priorità del finanziamento nonché l’investimento

infrastrutturale di principale importanza soprattutto nelle regioni meno sviluppate.

3. Il Regolamento del Fondo sociale europeo (FSE) orientato sull’occupazione, abbraccia

quattro ambiti:

� l’incremento l’adattabilità dei lavoratori e delle imprese;

� il miglioramento dell’accesso all’occupazione e della partecipazione al mercato del

lavoro;

� il consolidamento dell’inclusione sociale, combattendo la discriminazione e agevolando

l’accesso dei disabili nel mercato del lavoro;

� la promozione dei partenariati per la riforma in campo di occupazione e di inclusione.

4. Il Regolamento del Fondo di coesione, il quale è finalizzato agli interventi in materia di

ambiente e di trasporti trans-europei. E’ attivato agli Stati membri che abbiano un reddito

nazionale lordo (RNL) inferiore al 90% della media comunitaria. Inoltre, il Fondo contribuirà

assieme al FESR a programmi pluriennali di investimento gestiti in modo decentrato,

anziché contribuire ai progetti individuali convalidati dalla Commissione.

5. Il Gruppo europeo di cooperazione territoriale (EGTC) è un nuovo strumento volto ad

agevolare la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e/o interregionale tra le autorità

regionali e locali. Queste ultime, otterranno una personalità giuridica per favorire la

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realizzazione di programmi di cooperazione territoriale, fondati su una convenzione tra le

autorità nazionali, regionali, locali o di altri partecipanti ai programmi.

2.2.1. I PRINCIPI DI INTERVENTO

I Fondi dell’Unione europea possono essere utilizzati dagli Stati membri e dalle Regioni,

in rispetto di sette principi fondamentali:

1. Complementarità, coerenza e conformità: devono essere complementari alle priorità

nazionali, regionali e locali, conformi al Quadro Strategico Nazionale e ai trattati europei.

2. Partenariato: devono essere realizzati in partenariato con le autorità regionali e gli enti

locali, con le parti economiche e sociali, con la società civile, con le organizzazioni per la

tutela dell’ambiente e per la difesa delle pari opportunità.

3. Sussidiarietà e proporzionalità: l’Unione interviene quando un’azione può essere meglio

realizzata a livello europeo piuttosto che a quello nazionale, regionale e locale, scegliendo il

sostegno più appropriato per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

4. Gestione condivisa: gli Stati membri e la Commissione condividono la responsabilità del

controllo finanziario sulle varie modalità di impiego dei Fondi.

5. Addizionalità: la spesa pubblica nazionale non può essere sostituita dai Fondi strutturali,

poiché essi sono solo e sempre in aggiunta alle risorse degli Stati. Essi, infatti, non possono

risparmiare sui rispettivi bilanci nazionali e rimangono i diretti responsabili delle zone interne

in difficoltà di sviluppo.

6. Pari opportunità per donne e uomini: in ogni fase della gestione dei Fondi tale principio

deve essere rispettato.

7. Sviluppo sostenibile: è il principio fondamentale per garantire la tutela dell’ambiente e lo

sviluppo economico.

2.3. GLI OBIETTIVI DELLA PROGRAMMAZIONE 2007-2013

Nel 2006 si è concluso il ciclo di programmazione 2000-2006, conosciuto anche come

Agenda 2000. In tale periodo la dotazione finanziaria assegnata è stata di 213 miliardi di

euro, di cui 195 miliardi destinati ai Fondi strutturali ( FSE, FESR, FEAOG e SFOP) e 18 al

Fondo di coesione. Tale importo rappresentava il 35% del bilancio comunitario, ovvero la

seconda voce di spesa.

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LINEE GUIDALINEE GUIDALINEE GUIDALINEE GUIDA STRATEGICHESTRATEGICHESTRATEGICHESTRATEGICHE

REGOLAMENTI CE REGOLAMENTI CE REGOLAMENTI CE REGOLAMENTI CE SUI FONDISUI FONDISUI FONDISUI FONDI

Q.S.N.Q.S.N.Q.S.N.Q.S.N.

(quadro strategico (quadro strategico (quadro strategico (quadro strategico nazionale)nazionale)nazionale)nazionale)

P.O.N.P.O.N.P.O.N.P.O.N.

(programmi operativi (programmi operativi (programmi operativi (programmi operativi nazionali)nazionali)nazionali)nazionali)

Q..S.R.Q..S.R.Q..S.R.Q..S.R.

(quadro strategico (quadro strategico (quadro strategico (quadro strategico regionale)regionale)regionale)regionale)

P.O.R.P.O.R.P.O.R.P.O.R.

(programmi operat(programmi operat(programmi operat(programmi operativi ivi ivi ivi regionali)regionali)regionali)regionali)

EUROPA

STATI MEMBRI

REGIONI

Tab.1: sintesi comparativa dei due periodi di programmazione, focalizzata su obiettivi e strumenti.

La programmazione 2007-2013 dei Fondi strutturali è organizzata in modo da riportare

gli obiettivi di Lisbona all’interno della politica di coesione. Le priorità comunitarie per

accrescere le sinergie tra politica di coesione e Strategia di Lisbona vengono individuate

attraverso gli Orientamenti Strategici Comunitari (OSC). La trasposizione degli obiettivi di

Lisbona a livello regionale e nazionale avviene mediante l’attuazione dei Programmi

Operativi regionali (POR) e nazionali (PON), le cui azioni prioritarie proposte devono essere

in linea con le finalità di Lisbona.

All’interno della programmazione Politica di coesione 2007-2013 vi sono tre obiettivi

principali: convergenza, competitività regionale e occupazionale e cooperazione territoriale

europea.

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Tab.2, fonte: bollettino d'informazione InfoRegio - Unione Europea, Politica Regionale

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2.3.1. CONVERGENZA

L’obiettivo “Convergenza” intende accelerare il processo di sviluppo degli Stati membri,

soprattutto nelle regioni meno avanzate, attraverso il progresso dei fattori che determinano

la crescita e l’occupazione: investimento nelle persone e nelle risorse, innovazione e società

della conoscenza, adattabilità ai cambiamenti economici e sociali ed efficienza

amministrativa.

Le strategie si incentrano principalmente sugli investimenti e sui servizi collettivi, con lo

scopo di favorire la competitività, la creazione di posti di lavoro e lo sviluppo sostenibile. A

tal fine, occorre creare e potenziare le infrastrutture e i servizi di base, programmare un

sistema di sostegno alle imprese e usufruire delle opportunità del mercato unico. Inoltre,

non di secondaria importanza, è necessario aumentare gli investimenti sul capitale umano,

migliorare l’accesso all’occupazione, promuovere l’inclusione sociale e riformare i sistemi di

istruzione e formazione.

Tale obiettivo è finanziato tramite il FESR, il FES e il Fondo di Coesione.

Dis. 1, fonte: C.I.D.E. (Centro nazionale di informazione e documentazione europea)

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2.3.2. COMPETITIVITA’ REGIONALE E OCCUPAZIONALE

L’obiettivo “Competitività” è finalizzato alla promozione dell’innovazione,

dell’imprenditorialità, della tutela dell’ambiente e dello sviluppo dei mercati del lavoro. Ciò

vale anche nelle regioni non rientranti nell’obiettivo “Convergenza”, con lo scopo di

anticipare i cambiamenti economici e sociali. Inoltre, attraverso programmi nazionali e

territoriali, si intende potenziare l’adattabilità dei lavoratori e delle imprese, oltre che

garantire lo sviluppo dei mercati del lavoro, al fine di rafforzare l’inclusione sociale. In tal

modo è possibile rendere le regioni UE più competitive per mezzo di investimenti in diversi

settori, quali l’economia della conoscenza, l’imprenditorialità, la ricerca, la cooperazione tra

università e imprese, il miglioramento delle infrastrutture di trasporto e telecomunicazione,

l’energia, la sanità, l’ambiente e la prevenzione dei rischi.

Quest’obiettivo è di fondamentale importanza per evitare l’insorgere di nuovi squilibri tra

regioni, ed è finanziato tramite il FESR e il FES.

Dis. 2, fonte: C.I.D.E. (Centro nazionale di informazione e documentazione europea)

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2.3.3. COOPERAZIONE TERRITORIALE EUROPEA

L’obiettivo “Cooperazione territoriale europea” è volto alla promozione di una maggiore

integrazione del territorio dell’Unione Europea, in modo da favorire uno sviluppo più

equilibrato e sostenibile delle macroregioni dell’UE. Ciò è possibile con il rafforzamento della

collaborazione transfrontaliera attraverso iniziative congiunte, sia a livello regionale che a

livello locale, con il potenziamento della cooperazione transnazionale per uno sviluppo

territoriale integrato, e con una maggiore collaborazione e scambio di esperienze a livello

interregionale. I settori compresi in tale obiettivo sono quelli dello sviluppo urbano, rurale e

costiero, e quelli dello sviluppo delle relazioni economiche con la creazione di una rete delle

piccole e medie imprese.

Dis. 3, fonte: C.I.D.E. (Centro nazionale di informazione e documentazione europea)

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2.4. IL QUADRO STRATEGICO NAZIONALE ITALIANO

Il Quadro Strategico Nazionale (QSN)12 è il documento di orientamento strategico che gli

Stati membri devono presentare alla Commissione Europea, in attuazione della politica di

coesione comunitaria. In esso si descrivono la strategia, le priorità, la lista dei programmi

operativi e la loro allocazione finanziaria declinata per Obiettivo e per Fondo.

Il QSN italiano13 presenta il risultato di un esteso e intenso percorso e confronto fra

amministrazioni centrali e regionali, esponenti del paternariato istituzionale, economico e

sociale. I contenuti di esso, riflettono la consapevolezza di poter offrire, attraverso una

politica regionale di sviluppo, un forte contributo alla ripresa della competitività e della

produttività all’interno del Paese. Inoltre, si mira a ridurre la persistente sottoutilizzazione

delle risorse del Mezzogiorno, con il miglioramento dei servizi collettivi e delle competens, e

con una maggiore concorrenza tra mercati dei servizi di pubblica utilità e dei capitali,

attraverso incentivi appropriati per favorire l’innovazione pubblica e privata.

La strategia 2007-2013 deriva dall’analisi della politica regionale del periodo 2000-2006,

in cui si sono rilevate delle discontinuità, che hanno favorito l’emergere di alcuni presupposti

tra cui:

� migliorare il benessere dei cittadini: su di esso deve focalizzarsi il confronto politico e

sociale sulla politica regionale;

� predisporre gli obiettivi di servizio, per mobilitare su di essi il processo politico di

decisione;

� accrescere la selettività degli interventi;

� dare rilevanza al ruolo del mercato dei capitali;

� integrare politica ordinaria e politica regionale di sviluppo valorizzando il capitale

accumulato di competenze e buone prassi, in modo da consolidare e riqualificare la

capacità di programmazione delle stesse politiche ordinarie;

� tutelare l’aggiunta finanziaria della politica regionale, soprattutto isolando gli obiettivi di

spesa da interventi emergenziali di finanza pubblica;

� dare dimensione interregionale ed extra-nazionale alla programmazione degli interventi.

Gli obiettivi e le priorità del Quadro strategico nazionale possono essere riassunti in

quattro punti:

� sviluppare i circuiti della conoscenza;

12 Il QSN è previsto dall’art .27 del Regolamento generale CE 1083/2006 sui Fondi Strutturali. 13 Avviato il 3 febbraio 2005 con l’approvazione, da parte della Conferenza Unificata, delle “Linee Guida per l’elaborazione del Quadro Strategico Nazionale 2007/2013”.

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� accrescere la qualità della vita, la sicurezza e l’inclusione sociale nei territori;

� potenziare le filiere produttive, i servizi e la concorrenza;

� internazionalizzare e modernizzare l’economia, la società e le amministrazioni.

Le Priorità tematiche sono dieci (indicate nella tabella) e sono rivolte agli obiettivi di

produttività, competitività e innovazione da perseguire in tutto il Paese.

Fonte: il Quadro Strategico Nazionale per il 200-2013, Ministero dello Sviluppo Economico

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3. WELFARE E POLITICHE DI CONCILIAZIONE LAVO RO-FAMIGLIA IN EUROPA

3.1. NORMATIVA COMUNITARIA

La promozione delle pari opportunità tra uomini e donne nell’ottica comunitaria, richiede

una particolare attenzione alle misure volte ad adattare l’organizzazione sociale alle

esigenze e ai bisogni relativi l’organizzazione del lavoro, al fine di favorire la conciliazione

tra vita professionale e familiare, anche predisponendo delle risposte più flessibili in materia

di occupazione. Per l’Unione Europea è importante aprire maggiormente alle donne il

beneficio dei programmi o dei fondi comunitari e, contestualmente, mobilitare gli strumenti

giuridici, i mezzi finanziari, le capacità di analisi e di animazione per realizzare relazioni più

equilibrate tra donne e uomini.

L’Unione Europea nasce nel 1992 e sancisce l’unificazione politica, economica e sociale

dei primi 15 Paesi membri. L’orientamento europeo nei confronti delle pari opportunità è

chiaramente presente nel Trattato di Maastricht (1993), che all’art. 119 afferma la parità di

retribuzione fra uomo e donna sui luoghi di lavoro. Ciò si conferma in occasione del Trattato

di Amsterdam (1997), il cui impegno principale è volto alla promozione di un più alto livello

occupazionale nei paesi della Comunità. Proprio in quest’ultimo Trattato, vi è la volontà da

parte dell’UE, di inserire la dimensione delle pari opportunità in tutte le attività e le politiche

comunitarie, focalizzandosi sull'eliminazione delle disuguaglianze di trattamento fra le donne

e gli uomini e sulla promozione della parità. In particolare, il Trattato di Amsterdam:

� include i diritti della donna fra i diritti sociali fondamentali (IV comma del Preambolo);

� promuove la parità fra uomini e donne, in quanto missione della Comunità (art. 2 e 3);

� impegna gli Stati membri a combattere le discriminazioni fondate sul sesso (art. 13);

� amplia l’art. 119 del trattato di Maastricht, stabilendo la parità di retribuzione tra uomini e

donne, non solo per uno stesso lavoro, ma anche per un lavoro «di pari valore» (art.

141);

� consente agli Stati membri l’adozione di azioni positive intese a facilitare l’esercizio

dell’attività professionale da parte delle donne (art. 141, paragrafo IV).

L’impegno dell’UE a sostegno delle pari opportunità, viene ribadito da una serie di

Direttive in materia e dalla prosecuzione dei Programmi d’Azione per la realizzazione delle

pari opportunità fra uomini e donne.

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La Dichiarazione di Pechino del 15 settembre 1995 ed il relativo Programma d’Azione

(per la realizzazione dell’uguaglianza, dello sviluppo e della pace) adottati dalla quarta

conferenza mondiale sulle donne, pone le sue fondamenta su tre concetti fondamentali:

«genere e differenza», «empowerment» e «mainstreaming».

� Raccomandazione 92/241/CEE del Consiglio del 31 mar zo 1992, sulla custodia dei

bambini

Nella Raccomandazione 92/241/CEE14, si prende atto che

“la conciliazione delle responsabilità professionali con le responsabilità familiari e educative

derivanti dalla custodia di bambini deve essere vista in un'ampia prospettiva che tenga

anche conto degli interessi e delle particolari necessità dei bambini delle diverse fasce d'età;

che è importante, per raggiungere questo fine, promuovere una politica globale volta a

rendere possibile tale conciliazione” e si considera “che in tutti gli Stati membri la domanda

di servizi di custodia di bambini, a prezzi abbordabili per i genitori, è superiore all'offerta

esistente”.

Vi è una notevole carenza di servizi di cura a costi contenuti, e per tale motivo le famiglie

affrontano numerose problematicità nella conciliazione dei tempi. Questa situazione

rappresenta

“un grave ostacolo all'accesso e ad una più efficace partecipazione delle donne al mercato

del lavoro, alla parità delle possibilità con gli uomini, alla piena partecipazione delle donne a

tutti i settori della società e ad un'efficace utilizzazione dei loro talenti, nonché delle loro

qualificazioni e attitudini, nell'attuale situazione demografica”.

Il Consiglio, in base a tutto ciò, raccomanda agli Stati membri (art. 1) di favorire le

iniziative che consentono sia agli uomini che alle donne di conciliare le responsabilità

professionali con quelle familiari ed educative inerenti alla custodia dei bambini. In

particolare nell’art. 2 si descrivono i quattro settori d’intervento:

1. organizzazione dei servizi di custodia per i bambini (quando i genitori sono impegnati al

lavoro, in corsi di istruzione o formazione il cui fine è ottenere un lavoro oppure sono in

cerca di un lavoro o di corsi di istruzione o formazione). Nell’art. 3 si evidenzia la necessità

di favorire l’accesso ai servizi di custodia dei bambini per agevolare la conciliazione e di

provvedere affinché i servizi abbiano dei costi sostenibili per le famiglie, in modo che siano

affidabili sia per la sicurezza e sia da un punto di vista pedagogico. Secondo l’articolo, è

importante porre l’attenzione sulla diffusione di tali servizi su tutto il territorio degli Stati

14 Gazzetta ufficiale n. L 123 del 08/05/1992, pag. 0016 – 0018

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membri e che essi siano facilmente accessibili alle famiglie con esigenze particolari (es.

famiglie monoparentali).

2. conferimento di congedi speciali ai genitori lavoratori responsabili della custodia e

dell’educazione di bambini. Nell’art. 4, si specifica che i congedi speciali devono consentire,

ai genitori che svolgono un lavoro subordinato, di conciliare le responsabilità professionali,

familiari ed educative, anche attraverso delle modalità flessibili nell'organizzazione dei

congedi.

3. adeguare alle esigenze dei genitori lavoratori l’ambiente, le strutture e l’organizzazione

del lavoro. Nell’art. 5 si prevedono azioni positive nell’ambito dei contratti collettivi e la

promozione di azioni nel settore pubblico, che possano essere d’esempio per lo sviluppo di

iniziative in questo campo.

4. condivisione tra uomo e donna delle responsabilità professionali, familiari ed educative

derivanti dalla custodia dei figli. Nell’art.6, si intende promuovere una maggiore

partecipazione degli uomini nella condivisione delle responsabilità familiari, in modo che le

donne possano essere più presenti nel mercato del lavoro.

� Direttiva 92/85/CE del Consiglio, del 19 ottobre 19 92, relativa all’applicazione di

misure volte a promuovere il miglioramento della si curezza e della salute sul luogo di

lavoro della lavoratrice incinta, che abbia partori to o nel periodo di allattamento.

La Direttiva 92/85/CE15 afferma l’esigenza di adottare misure relative alla sicurezza e alla

salute delle lavoratrici madri, senza che in nessun caso esse comportino pregiudizio alla

permanenza delle donne nel mercato del lavoro.

� Trattato di Maastricht

L’articolo 119 del Trattato di Maastricht (1993), oltre che a regolamentare l'applicazione

per ogni Stato membro del principio di parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici per il

medesimo lavoro, afferma che

“ciascuno Stato membro mantenga o adotti misure che prevedano vantaggi specifici intesi a

facilitare l'esercizio di un'attività professionale da parte delle donne, ovvero a prevenire o

compensare svantaggi nella loro carriera professionale”.

15 Gazzetta ufficiale L 348 del 28.11.1992, pagg. 1–8

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� Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri del 6

dicembre 1994, sull'equa partecipazione delle donne ad una strateg ia di crescita

economica orientata verso l'aumento dell'occupazion e nell'unione europea

Nella Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri del 6

dicembre 199416, si sottolinea la particolare importanza del sostegno delle donne

nell'inserimento nel mercato del lavoro e nel reinserimento professionale nel caso di

un'interruzione per motivi familiari, offrendo loro possibilità di orientamento e di

qualificazione. Inoltre, è indispensabile realizzare una forte promozione del lavoro

indipendente, poiché è stato constatato che

“in vari Stati membri numerose imprese sono state create da donne e che la creazione o

l'acquisizione di imprese ad opera di donne può avere effetti positivi sull'occupazione” e che

“per molte donne creare un'impresa significa al tempo stesso uscire dalla disoccupazione e

creare altri posti di lavoro”.

Su tali presupposti il Consiglio ha invitato gli Stati membri a

“sviluppare politiche dirette a riconciliare gli obblighi familiari con gli obblighi professionali,

comprese le misure per incoraggiare e facilitare una maggiore partecipazione degli uomini

alla vita familiare”.

La Commissione, che nel Libro Bianco «Crescita, competitività e occupazione» illustra le

azioni volte a promuovere la flessibilità dell'orario di lavoro, a incoraggiare il lavoro a tempo

parziale su base volontaria e a migliorare i sistemi di qualificazione o di aiuto alla creazione

o acquisizione d’impresa, evidenzia che tali azioni devono andare a beneficio sia delle

donne che degli uomini, tenendo conto delle responsabilità e delle competenze delle parti

sociali nel presente settore.

A tal fine quest’ultime sono invitate a

“sottoporre a negoziati collettivi la pari opportunità e la parità di trattamento, adoprandosi in

particolare affinché nelle imprese e nei rami e settori professionali siano favoriti

l'introduzione e l'organizzazione di orari flessibili e il lavoro a tempo parziale su base

volontaria nonché sia facilitato il reinserimento professionale” e “a proseguire e intensificare

il dialogo sociale sulla conciliazione degli obblighi professionali e familiari e sulla protezione

della dignità dell'uomo e della donna sul posto di lavoro” e anche “ad affrontare attivamente,

16 Gazzetta ufficiale n. C 368 del 23/12/1994, pag. 0003 – 0006

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in occasione dei negoziati collettivi, la questione della parità di retribuzione e della

soppressione della discriminazione fondata sul sesso - laddove esista - nei regimi di

retribuzione e/o di classificazione” ed infine “a adottare tutte le misure necessarie per

promuovere maggiormente la rappresentanza delle donne negli organi decisionali”

� Direttiva 96/34/CE del Consiglio, relativa all’Acco rdo quadro sul congedo

parentale, stipulato il 14 dicembre del 1995 fra le organizzazioni professionali di

carattere generale, UNICE, CEEP e CES.

Nella Direttiva 96/34/CE17 del Consiglio, l’accordo definisce l’impegno di queste tre

organizzazioni a

“stabilire disposizioni minime sul congedo parentale e l’assenza dal lavoro per cause di

forza maggiore quali strumenti importanti per conciliare la vita lavorativa e quella familiare e

per promuovere la parità di trattamento fra uomini e donne”.

� Comunicazione n. 67 della Commissione del 21 febbra io 1996 "Integrare la parità

di opportunità tra le donne e gli uomini nel comple sso delle politiche e azioni

comunitarie" 18

Nella Comunicazione n. 67, l’Unione europea stabilisce il principio in base al quale la

parità fra le donne e gli uomini deve essere sistematicamente presa in considerazione, in

tutte le politiche e in tutte le azioni comunitarie fin dal momento della loro concezione, in

maniera attiva e visibile.

La Comunicazione si inserisce negli sviluppi del ruolo svolto dalla Comunità europea, in

occasione della quarta conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne, svoltasi a

Pechino nel settembre del 1995. Di fondamentale importanza, è il principio di «gender

mainstreaming», ovvero il prendere in considerazione le differenze tra le condizioni, le

situazioni e le esigenze delle donne e degli uomini, nell'insieme delle politiche e delle azioni

comunitarie. Le prospettive d’azione si sviluppano in diversi campi:

� occupazione e mercato del lavoro: la Commissione mediante la strutturazione del

quadro giuridico della parità, intende razionalizzare e meglio integrare le sue misure di

sostegno a favore dell'imprenditorialità femminile e della conciliazione fra vita familiare e vita

professionale;

17 Gazzetta ufficiale n.. L 145 del 19/06/1996, pag. 0004 – 0009 18 Gazzetta ufficiale n. C 386 del 20/12/1996, pag. 0001 – 0003

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� le donne dirigenti d'impresa e le coniugi collaboratrici nelle PMI (anche nei settori

dell'agricoltura e della pesca): si prevede di potenziare le azioni in favore delle donne nelle

PMI, tramite un miglioramento della flessibilità del lavoro e delle qualifiche professionali e

favorendo l’accesso agevolato al credito;

� istruzione e formazione: l'insieme delle azioni comunitarie riguardanti l'istruzione, la

formazione e la gioventù, mirano ad integrare la parità di opportunità come obiettivo

specifico o come priorità addizionale;

� diritti delle persone: la Commissione ha avviato azioni per la lotta contro la violenza nei

confronti delle donne e contro il traffico di persone e la riabilitazione nella società delle

vittime di tale traffico; inoltre, si prevedono alcune attività per migliorare la sicurezza e

l'integrità delle donne rifugiate;

� cooperazione allo sviluppo: la Commissione intende continuare ad integrare il principio

di «gender mainstreaming» nelle politiche di sviluppo della Comunità e negli accordi di

cooperazione con i paesi in crescita, utilizzando le strategie elaborate nella Comunicazione

sull'Integrazione19 delle questioni attinenti al genere nella cooperazione allo sviluppo;

� informazione: si ritiene necessaria l'attuazione di una politica di comunicazione coerente,

sistematica, visibile e adattata ai diversi pubblici destinatari;

� politica del personale: la Commissione svolge da numerosi anni una politica basata sulla

parità di opportunità per il suo personale, tramite programmi di azioni specifiche.

Nella seconda parte della Comunicazione, si illustra il ruolo svolto dai Fondi strutturali, in

quanto essi costituiscono il principale strumento finanziario della Comunità e il cui intervento

riguarda i diversi ambiti della promozione della parità di opportunità.

� Trattato di Amsterdam

Nell’art. 2 del Trattato di Amsterdam (1997), si afferma che mediante l'instaurazione di un

mercato comune, di un'unione economica e monetaria e l'attuazione di politiche e di azioni

comuni, la Comunità Europea ha il compito di promuovere

“uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, un elevato

livello di occupazione e di protezione sociale, la parità tra uomini e donne, una crescita

sostenibile e non inflazionistica, un alto grado di competitività e di convergenza dei risultati

economici, un elevato livello di protezione dell'ambiente ed il miglioramento della qualità di

quest'ultimo, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e

sociale e la solidarietà tra Stati membri”.

19 COM(1995) 423 def. - Non pubblicata sulla Gazzetta ufficiale

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� Risoluzione del Consiglio e dei Ministri incaricati dell'occupazione e della politica

sociale del 29 giugno 2000

Nella Risoluzione del Consiglio e dei Ministri incaricati dell'occupazione e della politica

sociale20, si afferma che

“l'obiettivo della partecipazione equilibrata degli uomini e delle donne all'attività

professionale e alla vita familiare, parallelamente all'obiettivo di un'equilibrata partecipazione

di donne e uomini al processo decisionale, costituiscono due presupposti particolarmente

importanti per la parità tra donne e uomini”

“è necessario un approccio globale e integrato per conciliare la vita professionale con quella

familiare, in quanto diritto degli uomini e delle donne, fattore di realizzazione personale nella

vita pubblica, sociale, familiare e privata, valore sociale fondamentale e responsabilità della

società, degli Stati membri e della Comunità europea”

“è necessario fare tutti gli sforzi e promuovere mezzi concreti, con le relative misure di

accompagnamento e di valutazione, in particolare mediante indicatori appropriati, per

garantire i mutamenti delle strutture e degli atteggiamenti indispensabili a creare una

partecipazione equilibrata di donne e uomini alla sfera professionale e a quella familiare”

“è necessario promuovere azioni per migliorare la qualità della vita di tutte le persone, nel

rispetto e nella solidarietà attiva tra donne e uomini e per quanto riguarda sia le generazioni

future che le generazioni precedenti”

Inoltre, nella Risoluzione si incoraggiano gli Stati membri

“ad accentuare, nei programmi dei rispettivi governi, la promozione della partecipazione

equilibrata delle donne e degli uomini all'attività professionale e alla vita familiare come una

delle condizioni fondamentali per una parità effettiva, indicando le misure concrete, sia di

carattere trasversale sia specifiche, che dovranno essere adottate”

“a sviluppare strategie globali e integrate volte a conseguire una partecipazione equilibrata

degli uomini e delle donne alla vita professionale e alla vita familiare, tenendo presenti le

misure che seguono, fatte salve le migliori prassi applicate nei vari Stati membri”

Alcune delle misure citate nella Risoluzione:

� rafforzare le misure volte ad incoraggiare una ripartizione equilibrata tra i lavoratori,

uomini e donne, delle cure dovute a bambini, anziani, disabili e altri familiari a carico;

20 Gazzetta ufficiale delle Comunità europee

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� rafforzare le misure che incoraggiano lo sviluppo di servizi di sostegno alle famiglie e

fissare criteri di valutazione dei risultati relativi al miglioramento delle strutture di custodia

per i bambini;

� fornire, ove opportuno, protezione specifica alle famiglie monoparentali;

� valutare la possibilità di far rientrare nei programmi di studio la conciliazione della vita

familiare con quella professionale come presupposto per la parità tra donne e uomini;

� incoraggiare le imprese, in particolare le piccole e medie imprese, a introdurre e

intensificare pratiche gestionali che tengano conto della vita familiare dei propri lavoratori e

lavoratrici.

Oltre a ciò, nella Risoluzione si invita la Commissione

“a cercare di sviluppare il dialogo tra le parti sociali a livello europeo, nel rispetto della loro

autonomia, al fine di promuovere la parità tra donne e uomini nel conciliare la vita

professionale e quella familiare”

ed inoltre, si invitano i datori di lavoro, sia del settore pubblico sia di quello privato, i

lavoratori e le parti sociali a livello nazionale ed europeo

“a intensificare gli sforzi al fine di garantire una partecipazione equilibrata degli uomini e

delle donne all'attività professionale e alla vita familiare, in particolare mediante

l'organizzazione dell'orario di lavoro e la soppressione delle condizioni che producono

discriminazioni salariali tra donne e uomini”.

In conclusione, il Consiglio e i Ministri incaricati dell'occupazione e della politica sociale in

rispetto a quanto affermato nella Risoluzione, si impegnano

“a promuovere periodicamente dibattiti sui temi della presente risoluzione in un quadro

normativo parallelo alla tematica della partecipazione equilibrata degli uomini e delle donne

al processo decisionale”.

� Carta Comunitaria dei diritti fondamentali dell’Uni one europea, del 7 dicembre

2000

La Carta Comunitaria dei diritti fondamentali dell’Unione Europea21 assicura

“la protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e social”

21 Gazzetta ufficiale delle Comunità europee

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Pertanto sottolinea che

“al fine di rendere possibile la conciliazione fra la vita familiare e professionale, ciascuna

persona ha diritto ad essere protetta contro qualsiasi licenziamento che sia causato dalla

condizione di maternità, così come ha diritto ad un congedo retribuito per maternità e ad un

congedo parentale in occasione della nascita o dell’adozione di un bambino”.

� Risoluzione del Parlamento del 14 gennaio 2004, sul le Pari Opportunità per le donne e gli uomini nell’Unione Europea

Nella Risoluzione del Parlamento del 14 gennaio 2004, viene chiesto agli Stati membri di

dare un’importanza prioritaria nella loro agenda alla

“questione delle strutture di accoglienza dei bambini, strutture che siano adeguate ed

accessibili, affinché gli obiettivi del Consiglio europeo di Barcellona di fornire entro il 2010,

almeno nella misura del 90%, strutture di accoglienza per i bambini compresi tra i tre anni e

l'età dell'obbligo scolastico, e nella misura del 33%, per i bambini al di sotto dei tre anni,

possono essere realizzati”

In tema di occupazione femminile, il Parlamento invita la Commissione

“ad adottare politiche in grado di ovviare alle deludenti percentuali di partecipazione e di

accesso delle donne alle nuove tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni,

dedicando particolare attenzione alle donne che rischiano l'esclusione dai vantaggi della

società dell'informazione, come le donne in età avanzata, le donne disoccupate e a basso

reddito, le emigrate, le donne appartenenti a minoranze etniche, le agricoltrici e le donne

disabili, al fine di prevenire la creazione di una società a due velocità”.

� Conclusioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri

riuniti in sede di Consiglio sull'importanza delle politiche favorevoli alla famiglia in

Europa e sulla creazione di un'Alleanza per la fami glia

Nelle Conclusioni del Consiglio dei rappresentanti dei governi degli Stati membri22 si

prende atto che

22 Gazzetta ufficiale C 163 del 17.7.2007, pagg. 1–4

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“la Risoluzione del Consiglio del 22 febbraio 2007 che sottolinea che i cambiamenti

demografici richiedono ulteriori sforzi per consentire agli uomini e alle donne che desiderano

lavorare e creare una famiglia di avere figli senza dover sacrificare la carriera, promuovendo

la parità di genere e facilitando la conciliazione di lavoro, famiglia e vita privata, prendendo

in considerazione un'equa partecipazione del padre ai compiti familiari”

considerando che

“il parere del Comitato economico e sociale europeo del 14 marzo 2007 che afferma che le

famiglie sono fonte di prosperità economica, soprattutto quando entrambi i genitori hanno la

possibilità di esercitare un'attività professionale remunerata, che l'Unione europea dovrebbe

pertanto incoraggiare gli Stati membri a integrare la dimensione familiare nelle politiche

economiche e sociali e che l'UE dovrebbe ricorrere alle migliori prassi per promuovere una

politica della famiglia sostenibile”

ed inoltre

“che gli strumenti e gli obiettivi già approvati nell'Unione europea negli ultimi anni nell'ambito

della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione e il metodo di coordinamento

aperto per la protezione sociale e l'inclusione sociale, che assumono grande importanza per

una migliore conciliazione tra vita familiare, privata e professionale e per l'elaborazione di

risposte politiche ai cambiamenti demografici”

Il Consiglio definisce che

“l'Alleanza per la famiglia costituisce una piattaforma per lo scambio di opinioni e di

conoscenze e rappresenta un impegno sostenibile dell'Unione europea e dei suoi Stati

membri per affrontare, nel contesto del cambiamento demografico, le questioni connesse

con le politiche favorevoli alla famiglia, per sostenersi vicendevolmente nella ricerca di

risposte politiche lungimiranti e per mettere dette conoscenze ed esperienze a disposizione

di tutti gli attori, in modo da rafforzare gli sforzi condivisi. A livello europeo, non saranno

create nuove strutture ma gli strumenti, le risorse e gli organi esistenti dovrebbero essere

usati a tal fine in modo coerente, efficiente e mirato”.

In base a tutto ciò, il Consiglio sollecita gli Stati membri a

“utilizzare le possibilità offerte dai fondi strutturali europei e da altri pertinenti strumenti

europei di finanziamento per assicurare l'adeguato sostegno finanziario alle iniziative locali,

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regionali o nazionali a favore della famiglia, quali l'organizzazione di forum e partenariati a

livello nazionale, regionale o locale volti a promuovere l'occupazione tramite una migliore

conciliazione tra vita lavorativa, familiare e privata, agevolando l'accesso all'assistenza

all'infanzia e all'assistenza alle persone non autosufficienti e adeguando l'organizzazione del

lavoro alle esigenze della famiglia”.

3.2. I PRINCIPALI MODELLI EUROPEI DI WELFARE STAT E

Il Welfare State o Stato Sociale è un insieme di istituti, essenzialmente di natura

pubblica, il cui obiettivo basilare è quello di tutelare i cittadini dai rischi sociali e di garantire

la fruizione dei diritti di cittadinanza. Con la definizione “rischio sociale”, si intendono i rischi

legati al mercato del lavoro connessi alla struttura delle classi sociali (rischi di classe), i

rischi che possono avvenire in un determinato periodo della vita (rischi del ciclo vitale) ed

infine i rischi legati ai diversi aspetti intergenerazionali (rischi intergenerazionali).

I rischi sociali, possono essere gestiti all’interno famiglia o dal mercato oppure assorbiti dallo

Stato Sociale. In quest’ultimo caso la soddisfazione dei bisogni è sia defamilizzata (sottratta

alla famiglia) sia demercificata (sottratta al mercato)23.

Le principali aree di intervento, in cui sono incentrate le politiche di conciliazione e della

famiglia nel sistema del Welfare a livello Europeo, sono tre: servizi di cura per l’infanzia e

per gli anziani, le politiche per il tempo di cura, politiche di flessibilità dell’orario di lavoro e i

tempi delle città. In base ad esse, è possibile individuare quattro modelli di Welfare in

Europa:

� Il modello liberale

� Il modello socialdemocratico

� Il modello conservatore

� modello mediterraneo

3.2.1. IL MODELLO LIBERALE 24

Il modello liberale pone le sue fondamenta sull’economia della politica inglese del

diciannovesimo secolo. Tale politica, poneva in rilievo la fiducia prestata ai mercati e ai

principi della precedenza dei poveri meritevoli. L’obiettivo principale delle istituzioni era la

realizzazione della libertà individuale e a tal lo strumento principalmente adoperato era il

23 Donne Lavoro Società: crescere per contare – A. Marenzi 24 Esping-Andersen (1990)

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mercato privato: per prima cosa vi era una ricerca sugli eventuali rischi sociali e in seguito la

promozione di soluzioni di mercato.

Il Welfare, adesso come allora, detiene un ruolo residuale (Stato minimo): solo nei casi di

emergenza e di estrema necessità, i cosiddetti casi marginali, vi è una partecipazione dello

Stato, con garanzie sociali limitate ai soli individui a rischio (assistenza selettiva). Inoltre, i

programmi risultano basati sul bisogno piuttosto che sul diritto di cittadinanza, mediante il

means-testing (prova dei mezzi), ovvero in base ai trasferimenti selettivi e condizionati dalla

verifica della condizione di bisogno.

In tale modello i diritti sociali garantiti sono minimi e risultano modesti i piani di sicurezza

sociale, poiché è il libero mercato che gioca un ruolo preminente nella distribuzione delle

risorse.

Il modello liberale è presente in Gran Bretagna a livello europeo e in Australia e negli

Stati Uniti a livello mondiale.

3.2.2. MODELLO SOCIALDEMOCRATICO 25

Il modello socialdemocratico si basa essenzialmente sull’uguaglianza, sulla libertà e sulla

solidarietà. Tali caratteristiche, sono l’obiettivo principale delle istituzioni e il mezzo per

raggiungere tal fine è quello dell’economia mista. Il regime di Welfare, quindi, è dominato

dallo Stato e la caratteristica principale del modello è l’universalismo: i diritti alle prestazioni

dello Stato sono riconosciuti agli individui sulla base del diritto di cittadinanza e non sulla

contribuzione, sui rapporti di lavoro o sulla prova della condizione di bisogno.

Vi è quindi uno sforzo attivo a demercificare il benessere degli individui, a ridurre al

minimo o anche abolire la loro dipendenza dal mercato. Vi una particolare ampiezza di

socializzazione dei rischi (Welfare State dei servizi).

Inoltre, i principi di questo Welfare sono stati sviluppati attraverso il perseguimento di

determinati obiettivi, tra cui:

� “family-friendly policies” (OECD, 2001): alti tassi di partecipazione femminile al mercato

del lavoro e di natalità (nazionalizzazione della famiglia);

� essere leaders rispetto alle pari opportunità e alla posizione della donna nel mercato del

lavoro e nella società (donne scandinave tra le prime ad avere, per legge, la parità di salari);

� espansione dei servizi pubblici di cura per bambini, anziani e disabili;

� ingresso della donna nel mercato del lavoro del settore pubblico;

� lungo periodo di sospensione per maternità (sussidio child care at home) coniugato con

offerta di servizi pubblici di cura.

25 Esping-Andersen (1990)

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Il modello descritto è relativo ai Paesi del Nord Europa ovvero: Danimarca, Finlandia,

Islanda, Norvegia e Svezia.

3.2.3. MODELLO CONSERVATORE 26

Il modello conservatore è basato sulle politiche sociali della tradizione statalista e dalla

dottrina sociale della chiesa. Infatti, questo sistema di Welfare State è di tipo familista, in cui

la protezione sociale è centrata sull’uomo, perché ritenuto il principale percettore di reddito.

Inoltre, la famiglia è la responsabile ultima del benessere dei suoi membri e dei principali

compiti di cura.

Il Welfare conservatore interviene solo nel caso in cui le famiglie dimostrano di non

riuscire a provvedere con le proprie forze ai propri bisogni (principio di sussidiarietà),

privilegiando l’assistenza sociale mediante il sostegno finanziario piuttosto che quello dei

servizi (ricovero, assistenza domiciliare, ecc…), poiché questi ultimi restano delegati alle

famiglie.

I titolari di tali diritti, sono sostanzialmente i cittadini lavoratori, dal momento che questo

tipo di sistema è strettamente collegato al mercato del lavoro.

Il modello conservatore è presente in Austria, Belgio, Germania, Francia e, secondo la

tipologia classica del Welfare State “Esping-Andersen”, anche nei Paesi del Sud Europa tra

cui l’Italia.

Attualmente i Paesi del Sud Europa rientrano in un nuovo modello di Welfare State,

quello Mediterraneo.

3.2.4. IL MODELLO MEDITERRANEO 27

Il modello mediterraneo è caratterizzato dai mercati strutturalmente rigidi. E’ presente

un’affermazione ancor maggiore del sistema familista rispetto al modello conservatore, e

anche in questo regime lo Stato è presente attraverso il principio di sussidiarietà.

Rispetto all’area europea-continentale, si riscontra una maggiore carenza di

un’adeguata e articolata rete di protezione minima di base, salvo che per la sanità, per la

quale le prestazioni sono finanziate dalla fiscalità generale e appartengono ai diritti della

cittadinanza. Emerge anche un sistema poco efficiente relativo alle politiche attive del

lavoro, ovvero quelle che possono coniugare in maniera efficace la flessibilità del lavoro e

nel contempo mantenere alti livelli di occupazione. Oltre a ciò, vi è un basso tasso di

26 Esping-Andersen (1990) 27 Anna Marenzi (2006)

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partecipazione femminile nel mercato del lavoro, soprattutto perché si riscontrano particolari

difficoltà inerenti alla delega dei servizi di cura.

Il Welfare, quindi, risulta frammentato su base occupazionale, dal momento che si

presentano diffuse forme di particolarismo e un’assenza della protezione minima di base,

nonché un forte deficit di servizi pubblici (statalismo debole).

Il modello descritto è presente nei paesi del Sud Europa tra cui l’Italia.

---

Il modello social-democratico, ovvero quello scandinavo, è l’unico che attualmente

riesce a registrare i migliori punteggi (in base ai parametri di Maastricht) inerenti alle direttive

della Strategia di Lisbona, e nello specifico negli ambiti di: innovazione e ricerca, capitale

umano, occupazione (compresa quella femminile), inclusione sociale e lotta alla povertà.

Purtroppo il modello scandinavo non appare facilmente esportabile, quantomeno in breve

periodo, poiché la sua estensione risulta molto problematica innanzitutto per gli elevati costi

che andrebbero a carico del contribuente e in secondo luogo perché tale regime è frutto di

un lungo percorso iniziato dagli anni sessanta, quando ancora vi era meno concorrenza

fiscale tra i paesi, nonché una secolare tradizione di buona amministrazione.

‘Per gli svedesi il “welfare” è il folkemmet , la casa di tutto il popolo, e le tasse non sono

“imposte” ma skat, ossia tesoro comune, al servizio dell’economia e della società’28.

Tabella: sintesi dei modelli europei di Welfare State

28 Maurizio Bianco (2006)

MODELLO LIBERALE

MODELLO SOCIAL-DEMOCRATICO

MODELLO CONSERVATORE

MODELLO MEDITERRANEO

RUOLO FAMIGLIA MERCATO STATO

Marginale Centrale Marginale

Marginale Marginale Centrale

Centrale Marginale Sussidiario

Egemonico Marginale Sussidiario Primario

WELFARE STATE UNITA’ SOCIALE DELLA SOLIDARIETA’ LUOGO PREVALENTE DELLA SOLIDARIETA’ GRADO DI DE-MERCIFICAZIONE

Individuo Mercato Minimo

Universo degli individui Stato Massimo

Parentela Corporazioni Stato Famiglia Alto (capofamiglia lavoratore)

Parentela Corporazioni Stato Famiglia Molto alto

PAESI EUROPEI

Gran Bretagna

Paesi Scandinavi Francia / Germania Paesi Sud Europa

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3.3. ESEMPI DI BUONE PRASSI IN EUROPA

L’ esigenza di conciliazione è collocata in modo trasversale in ognuna delle cinque

principali aree della vita quotidiana:

- i tempi dell’organizzazione del lavoro;

- i tempi del lavoro di cura;

- i tempi della vita sociale allargata;

- i tempi, gli spazi e i servizi della città;

- il tempo libero, il tempo di studio, il tempo per sé.

Le aree descritte, profondamente interconnesse e soggette a mutamenti ed evoluzioni

continue, interagiscono alcune volte in modo sinergico, ma più frequentemente in modo

oppositivo. Ne consegue che, nella definizione di un sistema di misure di conciliazione

efficace, è necessario considerare l’insieme complesso di questi fattori e le trasformazioni

sociali ed economiche ad essi connesse.

Qui di seguito, saranno descritte alcune iniziative a favore della conciliazione, realizzate

in alcuni Paesi europei.

� DANIMARCA

Il Ministero degli Affari Sociali, offre ai propri dipendenti la possibilità di scambiare i

permessi non goduti con speciali “caredays”, fruibili per agevolare la conciliazione dei tempi.

Inoltre, il Ministero, ha pubblicato una brochure per offrire suggerimenti ai genitori che

desiderano conciliare meglio gli impegni lavorativi con quelli familiari. All’interno di essa,

sono narrate dieci storie di successo di genitori, entrambi lavoratori, che sono riusciti ad

armonizzare lavoro e famiglia.

� FRANCIA

A Parigi; l’Ospedale Saint Camille, ha attivato una serie di servizi per i dipendenti che

comprendono pasti caldi, servizi di sostegno ai figli che vanno a scuola, stiratura,

manutenzione delle case, ecc… Il servizio è assicurato da una cooperativa di disoccupati ed

è finanziato non dall’ospedale ma dai dipendenti stessi, che si sentono dunque responsabili

rispetto al buon andamento dei servizi. Questo progetto ha dato vita ad altri 150 progetti

simili in altre imprese.

� FINLANDIA

“Stakes” è il centro nazionale per la ricerca e lo sviluppo della sanità e del welfare. Esso,

ha in corso un progetto di analisi di casi aziendali (finanziato dal FSE e dal Ministero

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finlandese per la sanità e gli affari sociali) dal titolo “Conciliare lavoro e famiglia”. A

conclusione della ricerca, verrà prodotto un manuale per le aziende che conterrà la

legislazione nazionale, i contratti collettivi, gli accordi e le pratiche aziendali.

� GERMANIA

A Monaco, il progetto “Impresa work/life” (utilizzato da BMW, Microsoft, IBM…) si rivolge

alle aziende che intendono offrire come benefit ai propri dipendenti dei servizi di

conciliazione vita/lavoro (es. sostegno alle madri di bambini piccoli, aiuto alle famiglie in

tutte le fasi del ciclo vitale, assistenza in situazioni di stress...).

� GRAN BRETAGNA

L’azienda Price Waterhouse, ha introdotto varie forme di flessibilità che possono essere

utilizzate in cambio di una riduzione dello stipendio. Ogni dipendente gode di un pacchetto

remunerativo globale di cui il 20% può essere scambiato con altri benefici: dalla

partecipazione ad attività nel tempo libero, al rimborso per l’assistenza dei bambini, ai buoni

per gli acquisti, a un maggior tempo di congedo, ai trasporti aziendali, ai fondi per la

pensione, all’assicurazione sanitaria e sui viaggi.

� NORVEGIA

Oslo ospita la sede centrale del NIKK ( Nordic Institute for Women’s studies and Gender

Research), l’istituto di ricerca che si occupa di studi di genere, finanziato dal Consiglio dei

Ministri dei Paesi Nordici (Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia).

� OLANDA

A Muizen, vi è il progetto “Accoglienza bambini” che offre un servizio di custodia e

animazione per i figli dei dipendenti dello zoo della città, durante i fine settimana e nel

periodo estivo.

� PORTOGALLO

La “Banca delle ore per l’infanzia” fornisce un servizio gratuito di baby-sitting, grazie al

quale le famiglie possono lasciare i bambini per un monte ore settimanale stabilito, senza

una motivazione specifica (quindi non necessariamente legata ad esigenze di lavoro). Il

comune rilascia una sorta di voucher orario che può essere utilizzato nell’arco della

settimana in orari a scelta. Il monte ore settimanale ipotizzato è di circa 12 ore per famiglia e

utilizzabile nell’arco di un mese, mentre la fascia d’età dei bambini è quella dei 3-8 anni.

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� SPAGNA

Il “Centro Dental Villoc” è uno studio dentistico, costituito da tre persone di cui due

proprietarie e una segretaria. Le due dentiste, la cui età è compresa tra i 45/50 anni, hanno

organizzato il loro lavoro dal lunedì al mercoledì dalle 9 alle 21, in modo da poter conciliare

vita familiare e professionale. Lo studio lavora bene e gode di una clientela fissa che si è

adattata facilmente a questo tipo di orario.

� SVEZIA

La “Scuola Materna e Asilo Nido notturno “è un asilo aperto anche di notte. Si tratta di un

normalissimo asilo nido/scuola materna, che in più offre un servizio di prima colazione per

bambini. Questo servizio così particolare nasce dalla necessità di andare incontro alle

esigenze di un grande polo ospedaliero presente nella regione. Dato che i dipendenti hanno

turni lavorativi notturni, per loro risulta di estrema comodità poter affidare i bambini ad una

struttura che rimane aperta in fasce orarie normalmente non coperte dalle strutture

pubbliche.

3.4. WORKFARE: EUROPA E STATI UNITI A CONFRONTO

Il termine “workfare” deriva dalla congiunzione tra work e welfare, e con esso si

definiscono i programmi sociali americani che condizionano gli aiuti sociali all’obbligo di

lavorare, per coloro che ne beneficiano. Il primo programma qualificato come workfare

risulta essere il Community Work Experience Program, previsto dal Family Support Act del

1988.

Nel 1996 è stata approvata dal Presidente Clinton la riforma del sistema di welfare, in

cui vennero attuati quei programmi degli anni 80’, qualificati come workfare. Tali programmi,

nello specifico, legano la corresponsione di un’indennità di aiuto sociale, all’obbligo di

accettare un’attività o lavoro di interesse generale. La riforma risulta più restrittiva rispetto al

passato: è stato imposto un limite di 5 anni per la durata del beneficio e sono stati prefissati

degli obiettivi progressivi a partire dal 25% dei beneficiari, ciò per stabilire il numero di

coloro per cui vi è l’obbligo di lavoro o formazione, al fine di non perdere il diritto alla

prestazione.

Tale concezione è differente da quelle di stampo europeo, poiché questa è incentrata

sul merito (i doveri del beneficiario dell’aiuto sociale), mentre in Europa risalta

maggiormente la solidarietà (il diritto all’inserimento e all’integrazione) e soprattutto per i

paesi scandinavi l’equilibrio (tra i bisogni degli individui e le esigenze e i bisogni della

società).

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Vi è una profonda differenza relativa al mercato del lavoro, tra gli Stati Uniti e l’Europa:

gli Stati Uniti sono caratterizzati da una disoccupazione tenue, vi sono numerose possibilità

di creazione d’impiego, non possiedono una protezione sociale allargata e l’indennizzazione

è piuttosto debole; il disoccupato, pertanto, può contare solamente sul mercato del lavoro al

fine di sostenersi finanziariamente. Nel contesto europeo, invece, la disoccupazione e la

difficoltà nella creazione dell’impiego sono tali, da determinare un maggior ricorso alla

protezione sociale. Inoltre, l’azione pubblica è rivolta ai disoccupati mediante servizi

destinati alla nozione talvolta ambigua di inserimento.

Una differenza sostanziale tra il modello sociale europeo e quello degli Stati Uniti, sta nel

fatto che, mentre il primo estende i benefici e gli oneri del sistema alla totalità dei cittadini, il

secondo concentra i benefici principalmente sulla componente svantaggiata della

popolazione (poveri ed anziani). In linea di principio, ciò non implica che il modello europeo

sia più equo. Ad esempio, in Italia, lo Stato provvede al pagamento di rendite pensionistiche

o al ricovero gratuito anche per individui benestanti, in base al principio secondo cui lo Stato

deve sostituirsi ai mercati e svolgere anche una funzione paternalistica.

L’Europa sconta un grave ritardo nei confronti degli Stati Uniti, sul piano degli

investimenti in nuove tecnologie e nella ricerca di qualità nelle istituzioni che svolgono un

ruolo vitale nella promozione dello sviluppo, ossia la ricerca e la formazione del capitale

umano.

In base a ciò, il sistema americano si è probabilmente rivelato più adatto ad affrontare la

globalizzazione, soprattutto perché:

• l'accumulazione di capitale umano è fortemente remunerata dal mercato, specialmente per

ciò che riguarda la formazione superiore e l'alta specializzazione;

• è stata molto incoraggiata la partecipazione della forza lavoro, grazie a una maggiore

flessibilità del mercato, del sistema di sussidi e degli incentivi fiscali, condizionati

dall'impiego e dall'impossibilità di pensionamento anticipato;

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• le istituzioni pubbliche e private si basano su meccanismi contrattuali e sistemi

organizzativi che incentivano la produttività;

• le imprese investono di più in ricerca e sviluppo, anche perché esistono minori ostacoli (di

tipo burocratico o contrattuale) alla riconversione delle strutture produttive e alla

riallocazione del lavoro e del capitale, necessari per realizzare le innovazioni tecnologiche.

Ciò non significa che il problema dell'Europa sia solo la mancata liberalizzazione dei

mercati e che il problema degli Stati Uniti sia solo la scarsità di spesa sociale. Infatti, la

spesa pubblica degli Stati Uniti in alcuni settori chiave, come la formazione e la sanità, non

è inferiore a quella europea. Il successo degli Stati Uniti nel campo dell'innovazione

tecnologica, non dipende solo da leggi e regolamenti, e neanche dalla spontaneità del

mercato nel creare incentivi e concorrenza virtuosa. I governi degli Stati Uniti, sin

dall'immediato dopoguerra, hanno avuto un ruolo fondamentale nella promozione della

ricerca scientifica e dell'innovazione, mediante la formazione di agenzie indipendenti

(impegnate in attività di monitoraggio e distribuzione di fondi) e la costituzione di università

pubbliche di eccellenza. Tuttavia, ciò che probabilmente ha consentito di conseguire dei

risultati importanti è stato il decentramento delle funzioni e delle decisioni, il ruolo autonomo

dei centri di formazione e di ricerca, la concorrenza (anche in termini pecuniari) tra le

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istituzioni, la libera collaborazione tra università e imprese, l'assenza di rigidità nelle

retribuzioni e la mobilità di docenti e ricercatori.

La forza del movimento operaio e l'omogeneità sociale dei paesi europei, sono

all'origine dell'estensione e delle caratteristiche del welfare europeo. Ciò ha contribuito

all'eccezionale crescita economica e culturale dell'Europa fino alla fine degli anni '70.

Tuttavia, la situazione economica non è più quella del dopoguerra. I cambiamenti

sociali ed economici di questi ultimi due decenni, impongono un ripensamento della

distribuzione dei benefici e dei costi dello stato sociale. Questo ripensamento è già in atto in

Inghilterra ed in Germania.

I problemi strutturali dell'Europa non sono definibili come fallimento di un “modello

sociale”, ma, più semplicemente, possono essere attribuiti ad assetti istituzionali sbagliati,

creati in un'epoca in cui il mondo industrializzato era relativamente ristretto, meno aperto

alla concorrenza e caratterizzato da una popolazione relativamente giovane e produttiva.

Le esperienze positive della Svezia, dell'Irlanda e dell'Olanda nel campo delle politiche

sociali, dimostrano che il sistema sociale europeo è compatibile con la crescita economica e

con un'alta partecipazione alla forza lavoro.

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SECONDA PARTE: IL CONTESTO ITALIANO

4. POLITICHE DEL LAVORO E DELLA FAMIGLIA IN ITALIA

4.1. LA PARTECIPAZIONE FEMMINILE NEL MERCATO DEL LA VORO

Negli ultimi anni si è registrata una maggiore partecipazione delle donne nel mercato del

lavoro, ma in l’Italia, ciò nonostante, continua a persistere un basso tasso di partecipazione

femminile, soprattutto rispetto agli altri paesi europei. Ciò è anche dovuto dalla

composizione della struttura demografica italiana, in cui le coorti più anziane risultano

essere più consistenti e meno attive rispetto a quelle più giovani e, di conseguenza, tale

situazione può influenzare la media nazionale. Per quanto riguarda il fattore culturale,

inoltre, vi è una tendenza a relegare il ruolo della donna nel contesto casalingo, ma questo

vale soprattutto per le generazioni più anziane, mentre per le generazioni più giovani tale

fenomeno si sta attenuando.

Esiste un altro fattore di tipo sociale, che influisce nella partecipazione femminile: tra

uomini e donne vi sono delle differenze non solo in termini di presenza nel mercato del

lavoro, ma anche nel profilo dei lavoratori nell’arco della vita. Per gli uomini, infatti, il tasso di

attività aumenta col crescere degli anni, raggiungendo il picco nelle età centrali (35-54 anni),

invece, per le donne, la punta massima viene toccata prima rispetto agli uomini (25-34

anni), dopodichè si rileva un graduale ridimensionamento, generalmente dovuto al periodo

che coincide con la maternità e, di conseguenza, al peso del doppio ruolo di lavoratrice e

madre29.

29 “Rapporto sul mercato del lavoro 2006” CNEL

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Un’indagine Istat30, effettuata tramite interviste a madri con figli di età compresa tra i 18-

21 mesi, ha rilevato che il 18% di esse, occupate all’inizio della gravidanza, non lavoravano

più e che la maggioranza era uscita volontariamente dal mercato del lavoro. La causa

principale, secondo le dichiarazioni delle intervistate, derivava dalla difficoltà di conciliare il

lavoro con le nuove responsabilità familiari. In base a un approfondimento, si è rilevato che

il problema di conciliazione è sentito in forma maggiore dalle donne a bassa scolarizzazione

e dalle residenti nel meridione, mentre per le donne con titoli di studio più elevati, tale

difficoltà sembra ridursi in tutte le aree geografiche.

E’ importante far notare, che la scelta di uscire dal mercato del lavoro è ritenuta per la

maggioranza un fattore momentaneo, ma spesso quest’interruzione risulta essere più

prolungata del previsto, il che comporta talvolta una reale difficoltà, se non quasi

impossibilità, al reinserimento lavorativo.

Nel 200631 si è riscontrata una crescita delle forze lavoro dello 0,9% circa, rispetto al

2005, ed è importante rilevare, che a tale incremento hanno contribuito in misura maggiore

le donne registrando una crescita del +1,1% (per gli uomini è stata dello 0,7%).

Nonostante la partecipazione femminile nel 2006 sia ancora lontana, in termini

percentuali, rispetto alla media europea e soprattutto in confronto ai paesi più

industrializzati, ha rappresentato il 40% delle forze lavoro totali.

In generale, la graduale crescita della partecipazione femminile, che si sta registrando

nell’ultimo decennio, è dovuta soprattutto a tre fattori fondamentali:

1) L’incremento della scolarizzazione femminile, che ha incentivato una maggiore

partecipazione: più sono elevati i livelli di scolarizzazione e più alti risultano essere i tassi di

attività (dovuti probabilmente alle maggiori opportunità lavorative);

2) Il graduale cambiamento culturale;

3) La terziarizzazione dell’economia, che ha favorito le opportunità d’occupazione per le

donne.

In conclusione, vi è un’analisi in termini generazionali che pone in rilievo le variazioni che

stanno emergendo in questi ultimi anni:

1) le nuove generazioni sono tendenzialmente più attive, seppur meno consistenti

numericamente per motivi demografici, e rientrano nello stock di persone in età lavorativa.

Stanno uscendo dal mercato del lavoro, invece, quelle generazioni caratterizzate da una

30 “Essere madri in Italia” Istat 2005

31 “Rapporto sul mercato del lavoro 2006” CNEL

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minore partecipazione ma numericamente maggiori, di conseguenza il tasso di attività

medio tenderà ad innalzarsi gradualmente nel corso degli anni.

2) Le generazioni del baby-boom tendono ad essere più attive di quelle che le hanno

precedute, anche in corrispondenza delle età più avanzate, e risultano anche più numerose

rispetto alle coorti nate prima e durante l’ultimo conflitto mondiale: già nei prossimi anni si

dovrebbe notare un progressivo incremento del tasso di attività totale (uomini e donne).

4.2. LA NORMATIVA NAZIONALE

La storia della legislazione italiana sul lavoro delle donne può essere suddivisa in tre

periodi:

1. quello della tutela, determinato da una legislazione sociale volta a proteggere e a

tutelare le categorie sociali ritenute più deboli (donne e bambini) e che si protrae per tutta la

durata del regime fascista;

2. quello della parità, caratterizzato da una serie di misure a sostegno dell’equità fra i

generi, che nei primi decenni della Repubblica risultano presenti per lo più “sulla carta”,

mentre a partire dagli anni ‘70 divengono interventi più incisivi e concreti;

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3. quello delle pari opportunità, che inizia negli anni ’80 ma raggiunge il suo apice nel

decennio successivo, il quale presenta una legislazione che conferma le condizioni di

assoluta parità formale fra lavoratori e lavoratrici, promuove e sostiene la diffusione di una

cultura delle pari opportunità fra uomini e donne e istituisce misure per individuare ed

eliminare i fattori di discriminazione, in favore della parità sostanziale.

La legislazione sulla conciliazione è molto recente e si sviluppa all’interno del dibattito

sulle pari opportunità, anche se in parte ne prescinde. La conciliazione, non è solo legata

alle questioni femminili, ma assume una posizione trasversale rispetto alle politiche sociali.

Il periodo relativo alla conciliazione, può dunque essere considerato come teoricamente

successivo a quello delle pari opportunità (punto 3.), soprattutto perché uno dei presupposti

per la creazione di un sistema integrato di conciliazione è la condivisione fra i generi del

lavoro familiare, il che implica necessariamente, il superamento del modello della doppia

presenza femminile, con ricadute positive sulla parità di opportunità fra uomini e donne.

In particolare, in Italia, la vita sociale, professionale e familiare della donna è riflessa nel

sistema legislativo: la maternità, il lavoro, le opportunità salariali, educative e formative, la

possibilità di creare impresa, la tutela in caso di separazione e divorzio, la rimozione di

discriminazioni di ogni tipo. Ciò nonostante, l’attuale difficoltà riscontrata dalle donne nella

conciliazione, confermata dai dati statistici, fa comprendere quanto l’apparato legislativo

nazionale sia parallelamente tanto essenziale quanto insufficiente.

4.2.1. PRIMA DELLA LEGGE 53/2000

Qui di seguito, saranno analizzate alcune normative della legislazione italiana, in cui vi

sono riferimenti o citazioni concernenti la conciliazione lavoro-famiglia.

� Legge del 30.12.1971 n. 1204: “Tutela delle lavorat rici madri”

Per la prima volta una legge dello Stato attribuisce alla maternità un valore sociale: si

stabilisce il diritto inalienabile alla maternità e alla tutela.

Tale disposizione istituisce la salvaguardia e l’inoppugnabilità dei diritti della lavoratrice

durante la gravidanza.

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� Legge del 9.12.1977 n. 903: “Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di

lavoro” ( modificata dalla L.53/2000)

La norma estende i diritti già previsti dalla precedente L.1204/71, anche alle lavoratrici

che abbiano adottato o ricevuto in affido un bambino: tali diritti vengono riconosciuti, in

alternativa, anche al padre. In linea con alcune direttive europee della metà degli anni 70’, la

legge 903 contiene il primo, se pur generico, divieto di discriminazione per ragione di sesso.

� Legge del 10.04.1991 n. 125: “Azioni positive delle parità uomo-donna” e

aggiornamenti.

La Legge 125/91 ha introdotto in Italia le azioni positive, contribuendo a diffondere e a

promuovere la cultura delle pari opportunità tra gli uomini e le donne nel lavoro. E’

considerata tra le più avanzate in Europa in qualità dei suoi principi.

In particolare, introduce nel nostro ordinamento le nozioni “uguaglianza sostanziale” e

“azione positiva”, attivando organismi e politiche di pari opportunità sia a livello nazionale

che regionale e provinciale.

La L.125 afferma che le donne e gli uomini devono ricevere lo stesso trattamento in

materia di lavoro, vietando ogni forma di discriminazione (anche indiretta) fondata sul sesso,

che riguardi l’accesso al lavoro, l’attribuzione di qualifiche, la diversificazione di mansioni, la

progressione di carriera e la retribuzione.

Nell’art.1 comma 1 sono espresse le finalità della presente legge:

“Le disposizioni contenute nella presente legge hanno lo scopo di favorire l’occupazione

femminile e realizzare l’uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro, anche

mediante l’adozione di misure, denominate azioni positive per le donne, al fine di rimuovere

gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione delle pari opportunità”

� Legge del 25 febbraio 1992 n. 215: “Azioni positive per l’imprenditoria femminile”.

La L. 215 mira a promuovere l’uguaglianza sostanziale e le pari opportunità per uomini e

donne nelle attività economiche ed imprenditoriali.

In particolare, nell’art. 2, si indicano i soggetti beneficiari, tra cui, ad esempio, le società

cooperative costituite in misura non inferiore al 60% da donne. Inoltre, si istituisce un fondo

nazionale per lo sviluppo dell’imprenditoria femminile con un apposito capitolo nello stato di

previsione della spesa del Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato. Con

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l’art.10, viene anche istituito il Comitato per l’Imprenditoria Femminile, i cui membri sono

nominati con il decreto del Ministero.

� D.Lgs 25 novembre 1996 n. 645: "Recepimento della d irettiva 92/85/CEE

concernente il miglioramento della sicurezza e dell a salute sul lavoro delle lavoratrici

gestanti, puerpere o in periodo di allattamento”.

Questa normativa inserisce la legislazione specifica per la tutela della maternità,

nell’ambito delle norme di salvaguardia generale della salute lavorativa (D.Lgs. 626/94),

pertanto:

� vieta di adibire la donna dall’inizio della gravidanza fino al settimo mese dopo il parto ai

lavori pericolosi, faticosi ed insalubri;

� afferma che è compito del datore di lavoro valutare ulteriori rischi lavorativi per la salute

delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento fino a 7 mesi dopo il parto,

rispetto a quelli già definiti come lavori vietati;

� vi sono ulteriori rischi da considerare quali: l’esposizione ad agenti fisici, chimici o

biologici.

Inoltre, nei casi in cui la donna ritenga che la sua situazione lavorativa possa nuocere

alla gravidanza, può rivolgersi alla ASL competente o all’Ispettorato del Lavoro.

� Il D.lgs 196/2000: “Disciplina dell’attività delle Consigliere e dei Consiglieri di

Parità e disposizioni in materia di azioni positive ”.

Il decreto 196/00 predispone risorse e mezzi per migliorare l’efficacia degli organismi di

parità, in sintonia con il decentramento delle politiche attive del lavoro, la diffusione della

programmazione negoziata e il monitoraggio delle misure a sostegno dell’impiego.

Il decreto migliora e rafforza il doppio ruolo (promozionale e antidiscriminatorio) delle/dei

Consigliere/i di Parità a livello nazionale, regionale e provinciale, riassetta le modalità di

finanziamento dei progetti di azione positiva e riordina le disposizioni di carattere

processuale relative ai ricorsi contro le discriminazioni dirette e indirette.

Il D.lgs 196 definisce che l’uguaglianza tra lavoratrici e lavoratori, può realizzarsi

attraverso politiche di promozione delle pari opportunità ai livelli decisionali e con

determinate strategie di verifica e di rimozione delle situazioni di discriminazione.

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4.2.2. DALLA LEGGE 53/2000

� Legge del 8 marzo 2000 n. 53: “Disposizioni per il sostegno della maternità e della

paternità, per il diritto alla cura e alla formazio ne e per il coordinamento dei tempi

della città”.

La Legge 53 del 2000 ha profondamente innovato la precedente Legge 1204, poiché

viene estesa la possibilità di fruire dei periodi di congedo dal lavoro per l’assistenza dei figli,

garantendo tale opzione anche ai padri, equiparando in tal modo la maternità alla paternità.

In particolare, si decreta:

� il divieto di licenziamento;

� il divieto di adibire le lavoratrici madri a mansioni faticose o comunque pregiudizievoli al

buon andamento della gravidanza;

� regola la disciplina dei periodi di astensione dal lavoro per la tutela della salute della

madre e del bambino (la lavoratrice in gravidanza ha infatti il diritto-dovere di assentarsi dal

lavoro durante il periodo di astensione obbligatoria, ovvero nei due mesi precedenti alla data

presunta del parto ai tre mesi successivi alla data effettiva);

� prevede la facoltà di fruire dell’astensione in maniera flessibile, a condizione che il

medico specialista della ASL e il medico competente alla salute nei luoghi di lavoro,

attestino che non vi siano rischi per la salute della gestante e del bambino;

� afferma che la lavoratrice continua ad avere diritto all’indennità di maternità, anche in

caso di cessazione di rapporto lavorativo durante l’astensione obbligatoria, in base ai casi

previsti dalla legge: cessazione dell’attività aziendale, ultimazione della prestazione per cui

era stata assunta, scadenza del contratto o dimissioni spontanee convalidate dall’Ispettorato

del Lavoro;

� prevede il diritto di poter usufruire del periodo obbligatorio di astensione (5 mesi) anche

in caso di parto prematuro.

L’art. 6 della Legge 53 riconosce anche al padre il diritto di astensione obbligatoria nei tre

mesi successivi alla nascita del figlio, nel caso in cui: la madre sia deceduta, non sia in

grado di prendersi cura del bambino, in caso di abbandono, di affido esclusivo al padre,

come stabilito dalla Corte Costituzionale.

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� D.P.R. del 28 luglio 2000 n. 314: “Regolamento per la semplificazione del

procedimento recante la disciplina del procedimento relativo agli interventi a favore

dell’imprenditoria femminile”.

Il decreto afferma nell’art. 21:

“…agevolazioni per i programmi regionali inerenti corsi di formazione imprenditoriale, servizi

di consulenza ed assistenza e contributi alle Regioni...”

...affinché le Regioni e le Province autonome possano predisporre, in coerenza con i propri

obiettivi e strumenti di programmazione, dei piani volti a: promuovere la formazione

imprenditoriale femminile, sviluppare i servizi di assistenza e consulenza tecnica-

manageriale a favore dell’imprenditorialità femminile, attuare iniziative di informazione e

supporto per la diffusione della cultura d’impresa tra le lavoratrici.

Per la realizzazione dei programmi regionali è concesso alle stesse regioni un contributo

pari al 50% dell’importo della spesa complessiva prevista.

� Il D.lgs 151 del 26 marzo 2001: Testo Unico

L’art.15 della L.53/2000 prevede la realizzazione, delegata al Governo entro dodici mesi

dalla pubblicazione della Legge, di un Testo Unico in cui si raccolgano tutte le disposizioni

vigenti, in modo da coordinarle, al fine di garantire coerenza logica e organicità alla

normativa.

Il Testo Unico, composto da 88 articoli, è stato promulgato dal Presidente della

Repubblica Carlo Azelio Ciampi, firmato dall’allora Capo del Governo Giuliano Amato e dai

cinque ministri responsabili, cui il Ministro per la Solidarietà Sociale, del Lavoro e della

Previdenza Sociale, della Sanità, per le Pari Opportunità e per la Funzione Pubblica.

Gli articoli sono suddivisi in base alle seguenti argomentazioni:

Congedi, sostituibilità, trattamento finanziario e salute (art. 1-15)

La lavoratrice-madre (art. 16-27)

Il lavoratore-padre (art. 28-31)

Lavoratrici e lavoratori dipendenti, genitori naturali o legali (art.32-52)

Divieti e garanzie (art. 53-56)

Quadro giuridico del lavoro (art. 57-73)

Solidarietà sociale (art. 74-88)

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In particolare si evidenziano:

� Congedi, sostituibilità, trattamento finanziario e salute (art. 1-15): vi si descrivono le

diverse tipologie di congedo a cui le lavoratrici e i lavoratori hanno diritto:

o congedo di maternità: astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice;

o congedo di paternità: astensione post-partum fruita dal lavoratore in

alternativa al congedo di maternità;

o congedo parentale: astensione facoltativa della lavoratrice e/o del lavoratore;

o congedo per malattia del figlio: congedo fruibile dalla lavoratrice o dal

lavoratore in dipendenza della malattia.

I lavoratori a cui si fa riferimento sono i dipendenti di amministrazioni pubbliche, di privati

datori di lavoro, nonché soci lavoratori di cooperative.

Il legislatore afferma il divieto di qualsiasi forma di discriminazione fondata sul sesso

riguardo: l’accesso e l’assunzione a qualsiasi tipo e livello gerarchico di attività lavorativa, le

iniziative di orientamento, la formazione, il perfezionamento e l’aggiornamento

professionale, la retribuzione, la classificazione professionale, l’attribuzione di qualifiche, le

mansioni e la progressione di carriera.

Inoltre, si prende in esame il problema della tutela della salute della madre e del

bambino, con una particolare difesa del valore psico-fisico della maternità, poiché

condizione di interesse sociale. A tal fine, vengono indicati chiaramente i lavori impropri per

la futura madre, ovvero quelli che prevedono l’esposizione ad agenti fisici, biologici e

chimici. Nelle circostanze in cui si svolgono attività pericolose per la donna in gestazione o

in allattamento, la lavoratrice viene adibita ad altre mansioni, dello stesso livello o

comunque con lo stesso trattamento economico. Il datore di lavoro è obbligato a valutare i

rischi per la sicurezza e per la salute della lavoratrice, adottando le eventuali misure

necessarie, e deve comunicare la propria valutazione alle lavoratrici, ai lavoratori ed ai

rappresentanti per la sicurezza dei luoghi di lavoro.

L’art. 14 riconosce alla lavoratrice gestante il diritto di fruire di permessi retribuiti per

esami e visite prenatali specialistiche durante l’orario di lavoro, in accordo col datore di

lavoro e presentando la documentazione recante il giorno e l’orario della prestazione

medica.

� La lavoratrice-madre (art. 16-27).

L’innovazione del decreto si evidenzia nella promozione di una maggiore responsabilità

e intervento paterni nei primi anni di vita del figlio, pur evitando di mettere in discussione o in

secondo piano il ruolo e la tutela della lavoratrice-madre.

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La disposizione che istituisce la durata dell’astensione obbligatoria, non risulta

omogenea per tutti i paesi aderenti alla Comunità Europea ma, al contrario, esistono delle

difformità considerevoli anche per effetto delle differenti normative che regolano il mercato

lavorativo, la carriera, l’accesso e la contrattazione collettiva. La legge italiana, a differenza

di altri paesi europei, desidera perseguire la linea guida della tutela della gestante e del

bambino, a prescindere dalle mansioni svolte dal settore produttivo di appartenenza della

lavoratrice.

Secondo gli articoli 22, 23, 25 del Testo Unico, le leggi relative al trattamento

economico, giuridico e previdenziale del congedo per maternità, si ispirano al principio di

garanzia del reddito, con riguardo alle lavoratrici dipendenti. L’indennità, prevista per la

gestante e neo-mamma, è a carico dell’Inps, così come accade per la malattia. Dagli anni

’80 è stato stabilito che l’indennità venga corrisposta dal datore di lavoro alla lavoratrice

dipendente avente diritto. Nel caso in cui il datore di lavoro non ottempera il suo dovere,

l’Inps si farà carico di tale responsabilità.

La stessa procedura si applica al congedo parentale (art. 32), a quello di paternità (art.

28) e per handicap grave (art. 42). Inoltre, l’Inps è direttamente responsabile del trattamento

economico delle lavoratrici agricole, a tempo parziale o assunte a tempo determinato, delle

addette a servizi domestici e familiari, delle disoccupate o sospese.

Il trattamento economico giornaliero previsto, che si applica per tutto il periodo di

astensione obbligatoria, è pari all’80% della retribuzione.

L’astensione per maternità, paternità, parentale e per la malattia del figlio, può essere

quantificata ai fini della pensione e, secondo la L.903, si può addirittura parlare di ipotesi di

progressione di carriera durante il congedo, considerando quest’ultimo come servizio

effettivamente prestato.

L’indennità per maternità è garantita alle gestanti sospese, disoccupate, assenti dal

lavoro senza retribuzione, in base a determinati requisiti e alle lavoratrici in cassa

integrazione e in mobilità.

Ciò che è previsto per i genitori naturali, si applica per i genitori affidatari e adottivi. In

particolare, per l’adozione internazionale, alla lavoratrice spetta anche un congedo, non

retribuito, per tutto il tempo necessario alla permanenza nello Stato straniero, in base alla

certificazione dell’Ente curatore dell’adozione. Tutto ciò è valido anche per il padre adottivo

o affidatario.

� Il lavoratore-padre (art. 28-31).

Nel Testo Unico, e in particolare nell’art. 28, è riconosciuto al padre il diritto di astenersi

dal lavoro per prestare cure al/alla figlio/a, in conformità al congedo di maternità, qualora

ricorrano quattro condizioni, ovvero: la morte della madre, grave infermità della madre,

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abbandono del/della figlio/a da parte della madre e affidamento esclusivo del minore al

padre.

Nei casi descritti, il padre ha diritto ad assentarsi nei tre mesi successivi al parto della

madre dei figli riconosciuti, e la sua indennità sarà pari all’80% della retribuzione riferita al

periodo di paga precedente (salvo migliore contrattazione). Il congedo di paternità si

interrompe se cessano di sussisterne le cause e subentra la madre. Il periodo di congedo è

utile ai fini pensionistici e previdenziali.

� Quadro giuridico del lavoro”(art. 57-73).

Negli articoli della parte del T.U. in esame evidenziano varie tipologie di lavoro tra cui:

- I lavori “flessibili”:

� Il part-time, in linea alle direttive europee, indica che il lavoratore rientrante in

questa categoria beneficia degli stessi diritti e garanzie del dipendente a tempo

pieno comparabile. Ad esso spettano ferie, gratifica natalizia, trattamento di fine

rapporto e quant’altro. Qualora il periodo di gravidanza coincida con il momento

in cui datore e lavoratrice si stiano accordando per il passaggio da part-time a

full-time, sarà applicato il principio secondo cui è da prendere in considerazione

il miglior trattamento economico. Il part-time punta alla sperimentazione della

flessibilità lavorativa, alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

� L’art. 9 della L53/00, al fine di promuovere forme di flessibilità oraria, prevede

agevolazioni a favore di aziende che provvedano a diversificare l’orario

lavorativo, in base alle esigenze dei lavoratori che si trovino in determinate

condizioni (figli minori a carico o figli portatori di handicap e bisognosi di

assistenza). Vi sono diverse versioni di flessibilità: il telelavoro, la banca delle

ore, la riduzione/concentrazione della giornata lavorativa, ecc….

� Il contratto a tempo determinato: vi sono varie possibilità di scelta a disposizione

dell’azienda che ricerchi personale a termine, ma vi è il divieto di assunzione se

le cause derivano dalla mancanza di manodopera in sciopero o a seguito di

licenziamenti collettivi (a meno che non si parli di assunzioni di durata inferiore a

tre mesi). I contratti a tempo determinato sono definiti dai vigenti CCNL e anche

per questa tipologia di lavoratori spettano i diritti del contratto collettivo. Nel

pubblico impiego, le lavoratrici madri con contratto a termine, hanno diritto

all’indennità di maternità erogata dalle stesse amministrazioni di appartenenza,

mentre per le lavoratrici del settore privato, è stabilito che l’indennità abbia luogo

solo se il periodo di congedo si svolge all’interno del periodo lavorativo (durante

il quale il datore è tenuto a corrisponderla fino a scadenza), in quanto a

contratto scaduto, sarà l’Inps a provvedere direttamente in seguito alla domanda

della lavoratrice.

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- Lavoro a domicilio, domestico e agricolo.

� Per il lavoro a domicilio e per quello domestico è possibile usufruire del congedo

di maternità-paternità, di permessi per visite prenatali e dell’interdizione

anticipata, vi è il divieto di licenziamento, l’indennità è pari all’80% del salario

medio contrattuale e vi sono permessi per le visite retribuite.

� Per il lavoro agricolo, a tempo indeterminato o determinato, sono previsti i

congedi di maternità e paternità, il congedo parentale, i permessi e i congedi per

malattia dei figli o a sostegno dei disabili, il divieto di licenziamento e il divieto

del lavoro notturno.

- Le collaborazioni coordinate e continuative (sostituito con il D.lgs 115/2003 dal contratto

di Lavoro a Progetto) ed i lavoratori socialmente utili.

� Per il co.co.pro (Lavoro a Progetto) nell’art.64 del D.Lgs.276/03, si afferma che

in caso di gravidanza il rapporto contrattuale può essere sospeso, senza

erogazione del corrispettivo, e la durata dello stesso è prorogata per un periodo

di 180 gg.

� Per i lavoratori socialmente utili vi è una distinzione tra i soggetti con trattamenti

assicurativi (che hanno diritto a congedi di maternità e paternità e a indennità) e

i soggetti privi di trattamenti assicurativi (che beneficiano dei congedi e il

trattamento economico prevede assegno rivalutabile). Gli LSU a tempo pieno

hanno diritto ai congedi di maternità-paternità, ai riposi, ai permessi e non

perdono il diritto al rientro nel progetto temporaneamente sospeso.

- Le lavoratrici agricole, artigiane, commercianti, libere professioniste.

� La lavoratrice indipendente ha il diritto al congedo di maternità (per il lavoratore

la paternità) con indennità pari all’80% della retribuzione minima giornaliera, in

base alla categoria di riferimento.

� Per le commercianti è previsto anche il congedo parentale di tre mesi con

indennità pari al 30% e l’indennità nel caso di interruzione di gravidanza. I diritti

per i/le lavoratori/trici indipendenti mamme o papà naturali sono estesi anche ai

genitori adottivi o affidatari.

� Per le libere professioniste non vi è l’obbligo di astensione e l’indennità è pari

all’80% di 5/12 del reddito denunciato o della retribuzione minima giornaliera,

mentre in caso di interruzione di gravidanza è prevista l’indennità di aborto.

Tutto ciò si applica anche ai genitori legali.

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Nel Testo Unico, inoltre, vi sono disposizioni a favore delle donne cittadine italiane,

comunitarie o in possesso di carta di soggiorno che hanno diritto ad un assegno di maternità

alla nascita di un figlio/a, all’adozione o all’affidamento di un minore (a partire da gennaio

2001 - art.74), come sostegno al reddito familiare.

� Legge n. 30 del 14 febbraio 2003: “Delega al Govern o in materia di occupazione e

mercato del lavoro”

La L.30/2003 (Legge Biagi) riforma il mercato del lavoro attraverso diverse disposizioni

che introducono nuove tipologie contrattuali, idonee a favorire l’incremento del tasso di

occupazione e, in particolare, del tasso di partecipazione delle donne, dei/delle giovani e

lavoratori/trici anziani.

� Decreto Legislativo n. 115 del 23 aprile 2003: “Mod ifiche ed integrazioni del D.lgs.

151 del 26 marzo 2001, recante Testo Unico delle di sposizioni legislative in materia di

tutela e sostegno della maternità e della paternità , a norma dell’articolo 15 della L. 53

dell’8 marzo 2000”

Il D.lgs. 115 definisce alcune modifiche del Testo Unico inerenti ai congedi parentali e, in

particolare, si prevede per la sostituzione di lavoratori/trici in congedo l’utilizzo di personale

con contratto temporaneo, si adegua l’astensione obbligatoria per maternità alla flessibilità

del relativo congedo e con l’abrogazione dell’art.33 comma 1 della Legge 104/192 si deroga

al divieto di sospensione dal lavoro, con l’introduzione di sanzione amministrativa.

� Decreto Legislativo n. 276 del 10 settembre 2003: “ Attuazione delle deleghe in

tema di occupazione e mercato del lavoro di cui all a legge n. 30 del 14 febbraio 2003”

Il decreto stabilisce nuove modalità per il part-time, incentivando il ricorso al lavoro

supplementare ed ampliando le possibilità di modifica della fascia oraria da parte del datore

di lavoro.

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� Decreto Legislativo n. 251 del 6 ottobre 2004: “Dis posizioni modificative e

correttive del D.Lgs. 276 del 10 settembre 2003”

Il decreto mira a correggere alcune norme della Legge n. 30 del 14 febbraio 2003 (Legge

Biagi), sulla flessibilità del lavoro in relazione alla tutela delle lavoratrici.

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5. LA CONTRATTAZIONE NAZIONALE

5.1. I RAPPORTI DI LAVORO

Nel decennio 1995-2005 si è registrata una costante diminuzione del lavoro “standard”

(lavoro dipendente – full-time – tempo indeterminato), poiché la stipulazione di contratti

differenti dal permanente a tempo pieno sono cresciuti di oltre un 1 milione e 200 unità: tale

evoluzione è dovuta gran parte al maggior ricorso del contratto di lavoro a tempo parziale,

motivato dalla crescente partecipazione femminile al mercato del lavoro, che è cresciuta nel

decennio di riferimento dell’ 1,7% l’anno (l’occupazione maschile ha registrato un aumento

medio annuo dello 0,2%).

Il mutamento della composizione dell’occupazione è anche dovuto alle numerose

modifiche nell’assetto normativo: la riforma varata nel 1996 (pacchetto Treu), l’art. 7 della

legge finanziaria del 2000 (credito d’imposta), il D.lgs 368/2001 (riforma del lavoro a tempo

determinato) e l’ultima riforma introdotta con L. 30/2003 (riforma Biagi).

Tali cambiamenti normativi hanno portato, quindi, a delle consistenti modifiche nella

modalità di incontro tra domanda e offerta di lavoro e, nello specifico, si è osservato un

aumento di domanda di flessibilità da parte delle aziende, a cui hanno fatto seguito delle

forme contrattuali mirate:

� Il lavoro interinale: introdotto con la riforma del 1996, divenuto lavoro somministrato dalla

L.30/2003;

� Il lavoro a chiamata: introdotto con la L.30/2003;

� Il lavoro ripartito: introdotto con la L.30/2003;

� Il co.co.co. (collaborazione coordinata e continuativa), i cui aspetti previdenziali sono

stati regolati nel 1996, e in seguito divenuto co.co.pro (collaborazione coordinata a

progetto);

� Il contratto di formazione lavoro, i cui vincoli sono stati imposti dai vertici comunitari

europei;

� Il contratto di apprendistato: riformato con la L.30/2003;

� Il contratto di inserimento, i cui destinatari sono i segmenti di popolazione svantaggiata;

� Il contratto a tempo determinato, riformato nel 2001 per ridurre i rischi di

precarizzazione;

� Il contratto a tempo parziale, che ha favorito l’aumento dell’occupazione femminile.

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Il contratto di lavoro part-time ha contribuito a incentivare maggiormente la

partecipazione femminile, poiché generalmente ritenuto il più adatto alle esigenze di

conciliazione dei tempi.

Le motivazioni dichiarate dagli imprenditori che utilizzano il contratto a tempo parziale,

pubblicate dall’Isfol in base ad un’indagine sulle imprese condotta nel 2005, confermano il

peso elevato dell’adattamento a una nuova organizzazione del lavoro: tra le ragioni

prevalenti espresse, limitatamente al part-time orizzontale, prevale la volontà e la necessità

di una differente pianificazione dei tempi di lavoro. Ciò vale soprattutto nei settori

manifatturieri con elevata incidenza dell’occupazione femminile, nel turismo, nella

ristorazione, nell’istruzione (escluso il comparto pubblico) e nei servizi alle persone.

Si rileva parallelamente, un’elevata incidenza del part-time volontario: ben il 43 % delle

imprese dichiara come motivazione prevalente l’accoglimento delle richieste effettuate dal

personale. Per contro tra le imprese che non utilizzano il part-time, il 44 % dichiara che tale

tipo di lavoro non si adatta al tipo di produzione e all’organizzazione aziendale.

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Molti aspetti del lavoro a tempo parziale, limitatamente alla componente relativa al lavoro

subordinato, sono stati modificati dalla riforma del mercato del lavoro varata con il D.Lgs.

276/2003. Rispetto alla precedente disciplina, il contratto di lavoro part-time presenta una

maggiore flessibilità nella gestione dell’orario e una riduzione dei vincoli per il lavoro

supplementare e straordinario rispetto all’orario concordato: il ridisegno delle clausole

elastiche e flessibili, permette al datore di lavoro di modificare sia la collocazione temporale

del part-time orizzontale e verticale (clausole flessibili) e sia l’estensione del tempo di lavoro

previsto nel part-time verticale (clausole elastiche).

Dai dati Isfol, risulta che il 45 % delle imprese utilizzatrici del contratto a tempo parziale

applica le clausole flessibili e oltre il 54 % di esse, le clausole elastiche. Il dato va tuttavia

letto alla luce del fatto che le clausole elastiche e flessibili vengono spesso previste in sede

di contrattazione nazionale e l’applicazione in azienda di un contratto collettivo ne prevede

automaticamente la possibilità di applicazione.

Sono da ricordare, inoltre, le limitazioni/correzioni introdotte dai CCNL successivi al

D.Lgs. 276/03, in materia di conferma della volontarietà di prestazioni supplementari o di

facoltà di recesso/sospensioni in seguito alla sottoscrizione di clausole elastiche. Le

decisioni aziendali risultano conseguentemente limitate dalle normative contrattuali

recentemente introdotte.

5.2 I MIGLIORI CONTRATTI DI LAVORO A FAVORE DELLA C ONCILIAZIONE NELLE

GRANDI IMPRESE

I contratti collettivi costituiscono lo strumento essenziale di regolamentazione delle

condizioni e dei rapporti di lavoro, e derivano dal potere normativo esercitato

congiuntamente dai rappresentanti dei/delle lavoratori/trici e dagli/dalle imprenditori/trici.

Diverse norme giuridiche di diritto internazionale e nazionale, attribuiscono alla

contrattazione collettiva il compito di regolare i rapporti di lavoro, così come la funzione di

acquisire e migliorare i diritti sociali riconosciuti dalla legislazione, divenendo così uno

strumento essenziale di garanzia dei diritti fondamentali, tra cui quello di parità di

trattamento tra uomini e donne all’interno dell’impresa.

Il contributo che l’Unione europea può dare al miglioramento dell’inserimento femminile

nella realtà sociale e lavorativa è fondamentale, ma non va dimenticato che, in materia di

pari opportunità, l’intervento non può essere diretto e coordinato solo dalle autorità

sovranazionali dell’Unione. Devono essere, infatti, i singoli Stati membri, le autorità regionali

e locali, le parti sociali e i diversi attori socio-economici a promuovere e a sostenere, a livello

capillare, le azioni necessarie al raggiungimento dell’obiettivo indicato.

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In tal senso, è importante rilevare come con il Trattato di Maastricht del 1991 (art.118

comma b) il potere delle parti sociali sia notevolmente accresciuto. Queste hanno assunto

un ruolo sempre più determinante e incisivo nell’elaborazione di accordi, spesso poi recepiti

nelle Direttive comunitarie. In particolare, l’accordo sui congedi parentali ha avuto

un’influenza decisiva sullo sviluppo delle politiche di conciliazione nei diversi paesi.

In ambito internazionale, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (O.I.L.), nella

Convenzione 98 del n.1 luglio 1949 relativa all’applicazione dei principi del diritto di

sindacalizzazione e di contrattazione collettiva, nella Convenzione n.154 del 19 giugno 1981

sullo sviluppo della contrattazione collettiva e nella Raccomandazione n.163 della stessa

data, ha ribadito l’importanza dei processi negoziali in quanto fonte di regolamentazione

delle condizioni di lavoro, mediante i contratti collettivi.

Tuttavia, la contrattazione collettiva non ha sempre svolto un ruolo pienamente esaustivo

rispetto alla promozione e alla garanzia della parità di opportunità tra donne e uomini e, in

particolare, in riferimento all’adozione di misure a favore della conciliazione tra la vita

familiare e quella lavorativa. Le trasformazioni sociali e culturali, avvenute nella sfera dei

rapporti familiari, e i mutamenti verificatisi nell’ambito dell’organizzazione del lavoro,

rendono necessaria la precisa volontà delle rappresentanze sindacali di far fronte con

efficacia a queste nuove situazioni. Ciò nonostante, come emerge con particolare evidenza

dal rapporto annuale 2001 sulla “Contrattazione Collettiva in Europa” (elaborato dalla

Confederazione Europea dei Sindacati), in alcuni paesi quali l’Austria, la Spagna, l’Italia, il

Portogallo e la Svezia, la trattazione della conciliazione nell’ambito della contrattazione

collettiva è ancora marginale. In Italia, ad esempio, il tema della conciliazione emerge ogni

qualvolta nelle imprese siano presenti i Comitati per le Pari Opportunità, mentre in Svezia

determinate carenze si giustificano per il fatto che la legge offre un congedo parentale molto

generoso.

Dall’analisi della contrattazione collettiva di ciascun Paese emerge, comunque, la

presenza di diverse normative che rendono evidente la volontà di conciliare la vita familiare

e quella professionale. Tali norme fanno riferimento sostanzialmente alle condizioni di

lavoro, alla flessibilità degli orari, alle assenze, ai turni e al telelavoro.

La Danimarca pare essere l’unico paese in cui le politiche relative alla conciliazione della

vita familiare e professionale, stiano acquistando un’importanza crescente nelle procedure

negoziali di questi ultimi anni. Il tema della conciliazione, in questo Paese, è stato oggetto

di particolare attenzione a partire dalla fine degli anni Novanta, come risultato delle richieste

formulate nel quadro della contrattazione collettiva, nella quale sono stati introdotti una serie

di importanti benefici, che hanno contribuito ad una migliore conciliazione, specie nel settore

pubblico.

In tal senso, è opportuno sottolineare che la giornata lavorativa è stata ridotta e che i

genitori hanno la garanzia di un posto presso un centro per la cura di bambini/e, per il figlio

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o la figlia di età inferiore ad un anno. Inoltre, sono state introdotte nei contratti collettivi una

serie di clausole che prevedono: il permesso di un giorno, sia per il padre che per la madre,

per la malattia del figlio/a, la possibilità di trasformare una parte del permesso di maternità

nei cosiddetti “giorni di cura” dei bambini, che possono essere utilizzati in un periodo

successivo della vita del minore, l’incremento della durata del periodo di ferie di due/tre

giorni aggiuntivi, per i lavoratori e le lavoratrici con figli minori di quattordici anni.

In Austria, la maggioranza delle disposizioni contrattuali in tale ambito, riguardano l’orario

di lavoro, la compensazione delle ore di lavoro straordinario con ore di tempo libero, il lavoro

a tempo parziale, il telelavoro, condizioni di maggior favore per il riconoscimento dei periodi

di congedo parentale, nel caso di vertenze relative alla durata del tempo di lavoro e ai

congedi non retribuiti.

In Spagna, alcuni contratti collettivi contengono delle clausole che favoriscono la

conciliazione mediante il rispetto dei diritti della coppia che lavora, con la possibilità di

usufruire contemporaneamente, almeno in parte, delle ferie, oppure di usare delle ferie a

causa di divorzio, separazione o morte del coniuge. Inoltre, alcuni contratti, prevedono la

possibilità per i lavoratori con responsabilità familiari, di utilizzare parte delle ferie in

coincidenza delle vacanze scolastiche.

In linea generale, non esistono nei Paesi europei contratti collettivi per tipi di lavoro

speciali, come ad esempio il telelavoro (ad eccezione di Austria, Italia e Danimarca).

In Italia l’ARAN (l’agenzia pubblica che rappresenta le amministrazioni nella

contrattazione collettiva nazionale) e le organizzazioni sindacali più rappresentative hanno

sottoscritto un accordo quadro in materia di telelavoro nelle amministrazioni pubbliche, in

data 23 marzo 2001, per regolare i rapporti di lavoro e per la tutela dei/delle

telelavoratori/ici.

A fronte delle varie evoluzioni dell’organizzazione del lavoro, della tipologia dei modelli

familiari e demografici, dell’identità degli attori sociali (siano essi uomini che donne), affiora

più che mai l’esigenza di favorire l’emergere di una cultura e di una prassi della

conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro, come risorsa strategica per tutti.

In base all’analisi effettuata all’interno della banca dati dell’archivio “Contrattazione

Nazionale” di CNEL (aggiornato al 2006), in cui sono presenti 2.656 contratti in totale,

emerge che solamente 615 di essi hanno al loro interno dei riferimenti alle voci quali: “azioni

positive”, “pari opportunità”, “part-time”, “conciliazione”, “banca delle ore” e “flessibilità”

(intesa per il dipendente). Qui di seguito saranno riportati alcuni tra i migliori32 dei 615

contratti che prevedono delle direttive a favore della conciliazione.

32 Si precisa che molti contratti risultano avere degli articoli o argomentazioni molto simili, di conseguenza la scelta è stata anche basata sulla chiarezza della forma del contratto.

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� AGRICOLTURA: OPERAI E FLOROVIVAISTI STIPULATO IN DATA 10/07/2002

Nell’art. 8 del contratto si descrive che la “Commissione nazionale paritetica per le pari

opportunità” ha l’incarico di

svolgere attività di studio e di ricerca e di individuare gli ostacoli che alle stesse condizioni

non consentono una effettiva parità di opportunità per le lavoratrici agricole nel lavoro

(accesso al lavoro, formazione, professionalità), nonché le misure atte a superarli.

Pertanto la commissione dovrà

(a) analizzare l'andamento dell'occupazione femminile in agricoltura utilizzando anche i

dati forniti dall'Osservatorio nazionale, disaggregati per sesso e inquadramento

professionale;

(b) studiare la legislazione vigente in materia e le iniziative in tema di "azioni positive"

poste in essere in Italia e all'estero in applicazione della Raccomandazione CEE 13.12.84

n. 635, dei Programmi di azione della CE nn. 82/85 e 86/90 e delle disposizioni di legge in

materia di pari opportunità;

(c) individuare misure concrete finalizzate alla salvaguardia e alla valorizzazione del

lavoro femminile;

(d) proporre campagne di informazione e di sensibilizzazione per garantire il diritto della

persona a salvaguardare la propria dignità nel luogo di lavoro, ai sensi delle leggi vigenti.

� SISTEMAZIONI IDRAULICO FORESTALI STIPULATO IN DATA 02/08/2006

Nell’art. 19 si afferma che

il datore di lavoro garantirà e anticiperà il 100% della retribuzione in caso di maternità per

i 5 mesi di congedo parentale (ex astensione obbligatoria), nonché l'anticipazione del

30% della retribuzione per l'eventuale utilizzazione dei 6 mesi di congedo parentale dopo

i 5 mesi obbligatori (ex astensione facoltativa).

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� ENERGIA PETROLIFERA E AFFINI STIPULATO IN DATA 29/11/1994

Nell’art. 4 comma 2:

… si costituisce un Comitato, composto da sei rappresentanti designati dall'ENI e dai sei

rappresentanti delle OSL nazionali, che:

a) esaminerà l'andamento dell'occupazione femminile sulla base dei dati

qualitativi e quantitativi forniti dalle aziende;

b) seguirà lo sviluppo della legislazione nazionale e comunitaria in

materia e le iniziative in tema di azioni positive promosse in

Italia e nei Paesi della Cee;

c) promuove e coordina appositi Comitati misti, a livello di società

caposettore, per la realizzazione di azioni positive.

E, nel comma 4:

Il Comitato nazionale si attiverà, a scadenza semestrale, per concordare linee di azione,

promuovere specifiche sperimentazioni e verificarne i risultati.

� ENERGIA E PETROLIO STIPULATO IN DATA 30/03/2006

Nell’art. 62 del contratto, inerente alla tutela delle lavoratrici madri si afferma che

la lavoratrice riceverà un trattamento di assistenza, ad integrazione di quello di legge,

fino al raggiungimento del 100% della normale retribuzione globale di fatto per i mesi di

assenza obbligatoria.

� METALMECCANICA STIPULATO IN DATA 07/05/2003

Nell’art. 5 intitolato “Pari Opportunità”

… viene confermata la "Commissione paritetica per le pari opportunità" costituita in sede

nazionale e formata da 6 rappresentanti per ciascuno dei due gruppi di sindacati stipulanti

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con lo scopo di svolgere attività di studio, ricerca e promozione sui principi di parità di cui

alla legge 9.12.77 n. 903 e alla legge 10.4.91 n. 125, e di individuare gli eventuali

ostacoli che non consentono un'effettiva parità di opportunità tra donne e uomini nel

lavoro, nonché le modalità per un loro superamento.

La Commissione opera

(1) studiando le caratteristiche del mercato del lavoro e l'andamento dell'occupazione

femminile nel settore con riferimento alle diverse tipologie di rapporto di lavoro (CFL,

contratti part-time, ecc.) e all'utilizzo degli strumenti legali per fronteggiare crisi,

ristrutturazioni, riorganizzazioni o conversioni aziendali, utilizzando i dati dell'Osservatorio

nazionale;

(2) seguendo l'evoluzione della legislazione italiana ed estera in materia di pari opportunità

nel lavoro anche in riferimento al programma di azione della Comunità europea 1991-1995

e successivo e al programma di azione per l'attuazione della Carta comunitaria dei diritti

sociali fondamentali;

e tra i diversi compiti si rileva la promozione di

… interventi idonei a facilitare il reinserimento delle lavoratrici dopo l'assenza per

maternità e a salvaguardarne la professionalità;

nonché la raccolta e la segnalazione

...alle Commissioni … significative iniziative di azioni positive, in particolare quelle per la

flessibilità d'orario di cui all'art. 9, legge 8.3.00 n. 53 e al Decreto interministeriale

15.5.01, adottate nelle aziende metalmeccaniche aderenti a FEDERMECCANICA e

ASSISTAL con l'indicazione dei risultati che ne sono conseguiti;

Nel comma 2 dell’art. 5 si citano le “Commissioni territoriali per le Pari Opportunità” che

svolgono a livello locale gli stessi compiti della “Commissione Paritetica” e si evidenzia che

le “Commissioni Aziendali per le Pari Opportunità” si occupano di valutare

la possibilità di realizzare le iniziative e gli interventi individuati dalla Commissione

nazionale con specifico riferimento agli obiettivi di:

- promuovere comportamenti coerenti con i principi di pari opportunità nel lavoro;

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- facilitare il reinserimento delle lavoratrici dopo l'assenza per maternità;

- favorire l'occupazione femminile in ruoli connessi alle nuove tecnologie;

- prevenire forme di molestie sessuali nei luoghi di lavoro.

A riguardo della “Banca ore” istituita nel gennaio del 2001, i lavoratori potranno

per tutte le ore di straordinario prestate oltre le 80 ore annue per le imprese fino a 200

dipendenti e oltre le 32 ore annue per tutte le altre, a seconda delle volontà espresse

dichiarare

formalmente entro il mese successivo alla prestazione straordinaria di volere il riposo, e

potranno fruirlo secondo le modalità e quantità già previste per il "conto ore".

� ALIMENTARISTI STIPULATO IN DATA 14/07/2003

Nell’art. 46 sulla tutela delle lavoratrici madri, fisica ed economica, oltre che ad applicare

le norme in vigore e in particolare quelle del D.lgs. n.151/01, si dichiara che

a far data dall'1.1.92 la lavoratrice riceverà inoltre un trattamento di assistenza, ad

integrazione di quello di legge, fino a raggiungere il 100% della retribuzione mensile di fatto

netta per i primi 5 mesi di assenza obbligatoria. Tale trattamento è considerato utile ai fini

del computo della 13a e 14a mensilità.

� COMUNICAZIONE D'IMPRESA STIPULATO IN DATA:16/06/2004

Nell’ Art. 33 - Orario di lavoro, sono descritte le norme generali dell’orario settimanale e

in particolare:

La durata dell'orario contrattuale è di 40 ore settimanali, normalmente distribuite nei

primi 5 giorni della settimana.

Previo esame congiunto tra impresa ed RSU, l'orario di lavoro può essere distribuito su

6 giorni settimanali.

Previo esame con le RSU, la Direzione aziendale stabilisce, anche in modo non uniforme

per tutti i lavoratori, l'articolazione giornaliera (entrata, intervallo, uscita) dell'orario di lavoro

settimanale contrattuale anche in termini di eventuale gestione elastica dell'orario stesso.

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� RADIO TELEVISIONE: AZIENDE PRIVATE (UNCI - UCCT) STIPULATO IN DATA

27/04/2005

Nel Titolo XII “Orario normale di lavoro - Lavoratori discontinui” e in particolare nell’ art. 32

si afferma che:

A livello aziendale potrà essere disciplinata la possibilità per il lavoratore di

scegliere il momento iniziale e terminale della prestazione entro una certa fascia,

assicurandone comunque una certa estensione temporale (flexi-time).

In considerazione delle particolari funzioni espletate dai Quadri, l'orario di lavoro,

fermo restando quanto previsto dal presente articolo, terrà conto delle oggettive esigenze

di flessibilità connesse con tale funzione.

Pertanto, ove ciò non contrasti con l'organizzazione del lavoro aziendale in atto, il

Quadro potrà usufruire di orari giornalieri flessibili concordati con il datore di lavoro.

….Brevi permessi, da richiedersi normalmente durante la prima ora di lavoro,

saranno concessi per giustificati motivi.

Inoltre, nell’art. Articolo 44 si dichiara che:

l'azienda e il lavoratore possono inoltre accordarsi per la sottoscrizione,

nell'ambito della prestazione di lavoro part-time, di clausole flessibili e/o elastiche.

Tale accordo deve risultare da atto scritto.

� COMMERCIO E SERVIZI STIPULATO IN DATA 02/07/2004

Nell’ Art. 82 riguardante le clausole flessibili ed elastiche si indica che:

Le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono concordare clausole

flessibili relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione.

Nei contratti di tipo verticale e misto, le parti del rapporto di lavoro a tempo parziale

possono concordare clausole elastiche relative alla variazione in aumento della durata

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della prestazione, entro il limite massimo del 30% della prestazione lavorativa annua

concordata.

L’art. 124 inerente alla “Banca delle ore” afferma che:

Le parti, riconoscendo l'opportunità che i lavoratori siano messi in condizione di

utilizzare i riposi compensativi di cui all'ultimo comma degli articoli 121 e 122, che sono a

disposizione del singolo lavoratore, convengono di istituire la banca delle ore la cui fruizione

avverrà con le seguenti modalità:

-i lavoratori che potranno assentarsi contemporaneamente dall'unità produttiva per

usufruire dei riposi compensativi, non dovranno superare la percentuale del 10% della

forza occupata ed escludendo dai periodi dell'anno interessati all'utilizzo dei permessi i

mesi di luglio, agosto e dicembre. Per la giornata di sabato o quella di maggiore

intensità lavorativa nell'arco della settimana la percentuale non dovrà superare il 5% della

forza occupata. Per le unità produttive al di sotto dei 30 dipendenti, tale diritto sarà

goduto individualmente e a rotazione tra tutto il personale interessato;

-i riposi compensativi saranno normalmente goduti in gruppi di 4 o 8 ore;

-per rispondere a particolari esigenze aziendali, diverse modalità potranno essere

concordate nell'ambito dei confronti previsti in sede decentrata aziendale o territoriale.

Infine, nell’art. 5 riguardante la “Flessibilità dell'orario” si dichiara che per

far fronte alle variazioni dell'intensità di attività nelle strutture lavorative, potranno

essere realizzati specifici accordi a livello di singola realtà...

� TURISMO (AZIENDE CONFTERZIARIO) STIPULATO IN DATA 24/07/2004

Nel capitolo “Flessibilità” del presente contratto e nello specifico nell’art. 104 si afferma

che:

In relazione alle peculiarità del settore turistico e quindi alle particolari esigenze

produttive delle aziende potranno essere adottati sistemi di distribuzione dell'orario di

lavoro per periodi plurisettimanali, intendendosi per tali quei sistemi di distribuzione

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dell'orario di lavoro che comportano per 1 o più settimane prestazioni lavorative di durata

superiore a quelle prescritte dal precedente art. 97 e per le altre, a compensazione,

prestazioni di durata inferiore.

In tali accordi, le parti attiveranno una "banca delle ore" al fine di mettere i lavoratori in

condizione di utilizzare in tutto o in parte riposi compensativi a fronte di prestazioni

eventualmente eccedenti l'orario medio annuo.

� AUTOSTRADE E TRAFORI (SOCIETA' E CONSORZI CONCESSIONARI) STIPULATO

IN DATA 16/02/2000

Nell’art. 12 inerente alla Banca ore (istituita nel marzo del 2000) nel comma 1 si afferma

che

al fine di mettere i lavoratori in condizione di usufruire più agevolmente dei permessi e/o

dei riposi compensativi ad essi spettanti in forza delle norme del presente contratto, di

istituire una Banca ore.

� CONCESSIONARI SERVIZI TRIBUTI STIPULATO IN DATA 12/12/2001

Nell’art. 102 denominato “Flessibilità individuali” si dichiara che

Compatibilmente con le esigenze di servizio il Concessionario può accordare:

- al singolo lavoratore/lavoratrice, su sua richiesta, di spostare, in via non occasionale, il

proprio orario d'entrata di 15 minuti rispetto a quello fissato per il nucleo operativo

(reparto, ufficio, servizio o (sportello) cui appartiene l'interessato, con correlativo

spostamento dell'orario di uscita;

ovvero, d'intesa con le OOSS aziendali:

- ai lavoratori/lavoratrici, con esclusione di quelli indicati all'alinea che segue, un'elasticità

d'orario d'entrata e di uscita posticipato nell'ambito di 30 minuti;

- ai lavoratori/lavoratrici a contatto diretto con i contribuenti, di posticipare, in via non

occasionale, il proprio orario di entrata fino a 30 minuti, con correlativo spostamento

dell'orario di uscita.

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Nell'adottare l'orario di lavoro extra standard, le aziende terranno conto dell'eventuale

richiesta - derivante da gravi e continuativi disagi di carattere obiettivo dovuti a

"pendolarismo", a menomazioni fisiche o a necessità di assistenza a familiari portatori di

handicap o ad ulteriori situazioni analogamente meritevoli di particolare considerazione -

del lavoratore/lavoratrice interessato a:

(a) non modificare il suo precedente orario di lavoro;

(b) essere adibito alle prestazioni per le quali è stato adottato il

predetto orario extra standard, purché ciò risulti compatibile con le

esigenze dei servizi e sempreché l'interessato sia riconosciuto idoneo

e abbia l'inquadramento richiesto dal posto di lavoro resosi

disponibile.

� ISTITUZIONI E SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI (ANASTE) STIPULATO IN DATA

25/05/2004

Nell’art. 38 inerente alla Banca ore si dichiara che

Nella Banca Ore verranno accumulate l'accantonamento o la detrazione di

ore che la lavoratrice o il lavoratore, nel corso dell'anno, maturano a

vari titoli.

La lavoratrice e il lavoratore potranno godere, in qualunque periodo

dell'anno e compatibilmente con le esigenze di servizio, di permessi di

breve durata, o intere giornate di permesso retribuito che andranno

detratti dalla Banca ore.

5.3. I MIGLIORI CONTRATTI DI LAVORO A FAVORE DELLA CONCILIAZIONE NELLE

PICCOLE-MEDIE IMPRESE

In questo paragrafo, saranno citati alcuni tra i migliori contratti33 individuati nella sezione

dell’archivio CNEL dedicato alle piccole-medie imprese, in base ai criteri di ricerca utilizzati

33 Si precisa che molti contratti risultano avere degli articoli o argomentazioni molto simili, di conseguenza la scelta è stata anche basata sulla chiarezza della forma del contratto

Page 83: LA CONCILIAZIONE LAVORO–FAMIGLIA IN ITALIA …...Nella seconda parte del Quaderno di lavoro viene approfondita la situazione nazionale, mediante la raccolta delle normative presenti

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per le industrie (paragrafo precedente). I contratti delle P.M.I. risultano essere 168 su un

totale di 2.656 contratti.

� METALMECCANICA P.M.I. STIPULATO IN DATA 29/05/2003

Nella sezione del contratto dedicata alla “Disciplina generale” è citata la presenza della

Commissione Nazionale e della Commissione Regionale per le Pari Opportunità. In

particolare, quella Nazionale, tra i diversi compiti spettanti basati sulle indicazioni

dell’Unione Europea dovrà occuparsi di:

….studiare interventi che facilitino il reinserimento e salvaguardino la professionalità delle

lavoratrici dopo l'assenza per maternità;

…raccogliere e segnalare alle Commissioni territoriali di cui segue le attività, significative

iniziative di azioni positive adottate nelle aziende metalmeccaniche;

Ed inoltre, nell’art. 8 “Flessibilità della prestazione, lavoro a tempo parziale, lavoro a

tempo determinato, lavoro temporaneo, telelavoro”, nel paragrafo dedicato al lavoro part-

time si afferma che

Il lavoro a tempo parziale può costituire uno strumento di flessibilità della prestazione

lavorativa che contemperi le esigenze dell'azienda con quelle del lavoratore, oltre a

rappresentare un'occasione di allargamento della base occupazionale.

L'impresa, nell'ambito della percentuale del 2% del personale in forza a tempo pieno

alla data della richiesta, ovvero del 3% nelle aziende oltre 100 dipendenti valuterà

positivamente, in funzione della fungibilità del lavoratore interessato, la richiesta di

trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale nei seguenti casi:

necessità di assistere genitori, coniuge o convivente, figli, e altri familiari conviventi

senza alcuna possibilità alternativa di assistenza, gravemente malati o portatori di handicap

o che accedano a programmi terapeutici e di riabilitazione per tossicodipendenti; necessità

di accudire i figli fino al compimento dei 7 anni; necessità di studio connesse al

conseguimento della scuola dell'obbligo, del titolo di studio di 2° grado o del diploma

universitario o di laurea.

Nel caso di valutazione negativa da parte dell'impresa in relazione alla infungibilità o

allo scostamento dalle suddette percentuali, sarà svolto un confronto con le RSU per

individuare una idonea soluzione.

Page 84: LA CONCILIAZIONE LAVORO–FAMIGLIA IN ITALIA …...Nella seconda parte del Quaderno di lavoro viene approfondita la situazione nazionale, mediante la raccolta delle normative presenti

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Infine, nel paragrafo dedicato al telelavoro si cita la “Commissione paritetica di studio sul

telelavoro” in cui

le parti stipulanti convengono di costituire entro gennaio 2004 un Gruppo di lavoro

paritetico, formato da 6 rappresentanti per ciascuno dei due gruppi di sindacati stipulanti

al fine di concordare il recepimento dell'Accordo interconfederale CONFAPI / CGIL, CISL,

UIL del 17.7.01.

� CARTARIE E CARTOTECNICHE-EDITORIA E GRAFICA P.M.I. STIPULATO IN DATA

17/07/2001

All’interno del contratto vi è un paragrafo intitolato ”Consultori” in cui si dichiara

le unità produttive aziendali aventi alle proprie dipendenze un numero significativo di

personale femminile consentiranno a richiesta delle RSU, che personale medico dei

consultori pubblici abbia accesso all'interno dell'azienda, nei locali messi a disposizione,

per svolgere l'attività sanitaria di educazione e prevenzione di propria competenza.

L'accesso dei medici suddetti avrà luogo al di fuori dell'orario di lavoro e secondo le

modalità che, di volta in volta, saranno concordate con le Direzioni aziendali.

� GIOCATTOLI, MODELLISMO P.M.I. STIPULATO IN DATA 24/06/2004

Nel paragrafo denominato “Azioni positive per le pari opportunità” si afferma che

….l'Organismo potrà promuovere specifiche iniziative formative nonché programmi di

studio e di ricerca finalizzati alla promozione di azioni positive a favore del personale

femminile e per il reinserimento delle lavoratrici e dei lavoratori a seguito di assenza

giustificata di lungo periodo, mediante la costituzione di un apposito gruppo di studio.

� LATERIZI E MANUF. IN CEMENTO P.M.I. STIPULATO IN DATA 05/05/2004

All’interno del contratto, oltre che a citare l’istituzione della Banca ore (art. 16), nell’art. 12

dedicato alle “Azioni positive per le pari opportunità” si dichiara che

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Le parti convengono sull'opportunità di dare realizzazione alle disposizioni

legislative in tema di parità uomo-donna, attività di studio e di ricerca finalizzate alla

promozione di azioni positive a favore del personale femminile.

In relazione a quanto sopra, le parti costituiranno un gruppo di lavoro paritetico a

livello nazionale che, verificati i presupposti di fattibilità, potrà predisporre schemi di

progetti di azioni positive a favore del personale femminile con l'obiettivo di valorizzarne

l'impiego.

Page 86: LA CONCILIAZIONE LAVORO–FAMIGLIA IN ITALIA …...Nella seconda parte del Quaderno di lavoro viene approfondita la situazione nazionale, mediante la raccolta delle normative presenti

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6. POLITICHE ATTIVE DI CONCILIAZIONE E BUONE PRAS SI IN ITALIA

I cambiamenti del mercato del lavoro e le trasformazioni sociali che hanno coinvolto i

soggetti e le organizzazioni nell’ultimo decennio, hanno favorito l’introduzione del tema della

conciliazione all’interno delle politiche nazionali, poiché esso affiora in tutti gli aspetti della

vita quotidiana delle donne e degli uomini, dei bambini e degli anziani: gli orari di lavoro

nelle organizzazioni, la distribuzione delle responsabilità tra donne e uomini nel lavoro e

nella cura dei figli, i servizi per la famiglia e l’organizzazione dei tempi e degli spazi delle

città.

La conciliazione, quindi, risulta essere una materia ampia e complessa che richiede

strategie di intervento che incidano, contemporaneamente e in modo complementare, su più

fronti e che siano costruite su due concetti di fondo:

1. il gender mainstreaming: le politiche conciliative riguardano tutti, donne e uomini. Si

evidenzia, comunque, la necessità di considerare prima di tutto il punto di vista femminile,

perché le donne, talvolta, vivono con maggiore pressione questo problema. Infatti, esse,

sono le maggiori portatrici della cultura di conciliazione, in quanto esigenza quotidiana, e

sono state le principali protagoniste delle “buone prassi” realizzate.

2. la crescente complessità del sistema sociale e lavorativo, e l’intrecciarsi sempre più fitto

delle relazioni tra le parti che lo compongono, implica maggiori difficoltà nella vita quotidiana

e accentua l’esigenza di trovare nuove soluzioni per semplificarla.

Negli ultimi dieci anni, si sono moltiplicate le iniziative finalizzate a rendere disponibili gli

strumenti e le misure che favoriscono una più agevole conciliazione dei tempi tra vita

personale, lavoro, famiglia, formazione, crescita professionale e tempo per sé: saranno

illustrati, nei paragrafi che seguiranno, degli esempi di buone prassi realizzate in alcune

regioni, ovvero la Toscana e il Lazio (Coop Toscana Lazio), la Lombardia e l’Emilia

Romagna.

6.1 BUONE PRASSI IN TOSCANA e LAZIO

“COOP TOSCANA LAZIO: tante misure per esigenze diverse” è un progetto realizzato su

diversi territori provinciali: Carrara, Lucca, Livorno, Grosseto, Viterbo, Roma, Latina,

Frosinone, ed in seguito anche Napoli e Avellino (ovvero le province in cui lavorano i/le

dipendenti della Coop che hanno la possibilità di rivolgersi ai due Sportelli Maternità-

Paternità della sede centrale).

Gli obiettivi principali del progetto sono stati:

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� promuovere la presenza femminile nelle posizioni più elevate;

� venire incontro alle esigenze del personale per rafforzare un rapporto di fiducia;

� agevolare la soluzione di problemi pratici (es. turni), al fine di migliorare il clima interno e

la qualità del servizio.

Il progetto è stato suddiviso in quattro tappe:

1. 1996 - 1° progetto di azioni positive: la ricerca o rganizzativa

2. 1999 - sperimentazione del Mentoring e dello Sportello Maternità-Paternità

3. 2001 - 2° progetto di azioni positive: sviluppo del Mentoring e di altre misure di

conciliazione

4. 2002/2003 - Fondo ore di solidarietà family, lavoro mobile e Isola del tempo

Nella prima tappa (1996) è stata effettuata un’indagine conoscitiva “Le donne e gli uomini

che lavorano alla Coop: professionalità, sviluppo di carriera, cultura aziendale”, in cui si

sono analizzate le caratteristiche socio-professionali del personale maschile e femminile e si

è valutata l'esistenza di eventuali barriere di crescita di carriera del personale femminile. I

risultati emersi hanno evidenziato che sia l'orario di lavoro che la maternità sono indicati

come “problema”. In base a ciò, è stata avviata la sperimentazione con l’attivazione di azioni

positive a favore delle pari opportunità nella carriera e della conciliazione.

Nel 1999 (la seconda tappa del progetto) viene aperto lo Sportello Maternità-Paternità

(nella sede centrale, della Provincia di Livorno) creato per semplificare la soluzione delle

problematiche inerenti al periodo della nascita di una/uno figlia/o.

Lo Sportello ha riscosso molto successo, diventando in seguito un servizio fisso, ed,

inoltre, viene aperta una filiale dello stesso a anche Roma.

Dal 2001, si sono attivate altre azioni positive: accompagnamento ai/alle dipendenti che

affrontano la maternità e la paternità, la valorizzazione del potenziale femminile rispetto alla

professionalità e lo sviluppo di carriera mediante attività formative in una rete di Mentoring.

Le finalità di tali azioni, sono quelle di contrastare gli elementi di discriminazione indiretta e

la sottoutilizzazione del personale femminile, rendere conciliabile l'organizzazione del tempo

di lavoro con quello della cura e gestire servizi informativi sulle normative e sui problemi

lavorativi legati al rientro post-parto (tramite forme di tutoraggio e accompagnamento nei

periodi di maternità e paternità dei/delle dipendenti).

Tra il 2002 e il 2003, infine, è stata attivata una convenzione tra la Coop Toscana Lazio e

una cooperativa di servizi attiva sul territorio, al fine di agevolare l’accesso ai servizi di cura

ai/alle dipendenti (per figli/figlie, anziane/i, ecc...).

Il progetto, che risulta essere molto articolato, ha ottenuto dei risultati molto positivi e si

possono rilevare tra gli esiti diretti:

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� una maggiore presenza delle donne nei ruoli decisionali

� un ulteriore incremento delle candidature e delle assunzioni femminili

� un maggior uso dei congedi anche da parte dei padri

� nuove regole organizzative e di gestione risorse umane

Tra gli esiti indiretti:

� il cambiamento nella cultura dei dipendenti rispetto alla differenza di genere

� una maggiore consapevolezza e responsabilizzazione nei confronti delle discriminazioni

e delle disparità da parte dei responsabili e dei managers

� diffusione dell’ottica della valorizzazione delle competenze e della gestione delle

differenze in azienda

6.2 BUONE PRASSI IN LOMBARDIA

Il Progetto “Conpiùtempo – La rete delle città per la conciliazione” (Equal Fase II) fa

seguito alla positiva esperienza compiuta in precedenza con l’iniziativa “Con-tempo – Le

città in rete per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro” (Equal).

Conpiùtempo volge una forte attenzione alla vita quotidiana delle persone individuando

le diversità tra donne e uomini, poiché essi vivono in modo differente le responsabilità

familiari e la divisione del lavoro, sia negli spazi che nei tempi. La distribuzione dei compiti di

cura familiari tra i generi, infatti, è ancora squilibrata a sfavore delle donne, nonostante la

loro crescente presenza nel mercato del lavoro.

In base a ciò, Conpiùtempo pone come obiettivo primario la sperimentazione di servizi

innovativi per la conciliazione familiare mirati a:

� donne e uomini con responsabilità di cura

� lavoratrici con orari di lavoro atipici

� donne immigrate, lavoratrici e/o inoccupate, con necessità di conciliare lavoro e cura di

familiari a carico

� lavoratrici con situazioni di disagio personale e/o sociale, con necessità di conciliazione

tra lavoro e cura di familiari a carico

� lavoratrici con percorsi di carriera frammentati per problemi di conciliazione tra lavoro e

cura dei familiari a carico, con necessità di stabilizzare la loro permanenza sul mercato del

lavoro

� lavoratrici con gravosi problemi di cura di familiari disabili

� uomini e donne con accresciuta sensibilità rispetto al tema della condivisone dei carichi

familiari.

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Il progetto, intende coinvolgere i partner pubblici e privati e accrescerne la sensibilità, allo

scopo di:

� ridurre le disuguaglianze tra donne e uomini e gli eventuali i rischi di emarginazione

lavorativa e sociale, che si creano nei processi di inserimento e permanenza occupazionale

a causa dell’insorgere delle responsabilità familiari e di cura (minori, anziani, figli disabili) e

nelle situazioni di precarietà e debolezza dell’occupazione (forme di lavoro non standard,

basse qualifiche, precarietà lavorativa)

� promuovere e sperimentare servizi che rispondano alla crescente domanda d’intervento

a sostegno della conciliazione, anche attraverso la rete dei Centri risorse e dei Centri locali

di parità creata dal precedente progetto Equal Con-tempo

� creare un'Agenzia di Conciliazione a dimensione sovra-comunale per il supporto alla

progettazione di nuovi servizi

� sperimentare nel territorio servizi mirati a target specifici a rischio di esclusione

lavorativa e sociale: famiglie monoparentali, donne straniere, presenza di persone non

autosufficienti, precarietà occupazionale

� promuovere le azioni di Formazione mirata per la creazione di una competenza di

genere per la conciliazione familiare

� promuovere le azioni di Comunicazione e Mainstreaming mirate all'utenza dei servizi

proposti e al sistema delle imprese pubbliche e private

� promuovere azioni di Orientamento alle persone, con attenzione al coinvolgimento attivo

di donne e uomini

� attivare una cooperazione transnazionale mirata alla verifica e al rafforzamento delle

esperienze e metodologie messe in campo nelle diverse realtà dei partner: Spagna,

Portogallo e Slovacchia.

Il progetto, avviato nel luglio 2005, si è concluso nel settembre 2007 e nell’arco di tale

periodo si è articolato in otto macrofasi:

1. creazione di un’Agenzia di Conciliazione

2. sperimentazione di servizi/ interventi territoriali flessibili di conciliazione

3. orientamento rivolto a donne e uomini per migliorare la capacità di gestione delle

situazioni di conciliazione

4. comunicazione

5. transnazionalità

6. formazione

7. mainstreaming

8. direzione, coordinamento, gestione, monitoraggio e autovalutazione

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Conpiùtempo è stato attivato sui seguenti territori: Comune di Pavia, Comune di Lodi,

Comune di Cremona, Comune di Mantova, Provincia di Cremona. Attualmente, si prosegue

il rapporto con la “Rete delle Città europee della conciliazione” promossa dalla Municipalità

di Madrid e avviata all'interno di Con-tempo.

6.3 BUONE PRASSI IN EMILIA ROMAGNA

Il progetto “Una questione privata. Non tenere al proprio tempo è un problema di spazio”,

si fonda sulla condizione di disagio vissuta dalle donne dell’Emilia Romagna a causa del

permanere di criticità direttamente e indirettamente collegate alla discriminazione di genere

(es. la scarsa condivisione del lavoro di cura, la minore possibilità di crescita professionale

in termini di sviluppo di carriera, la forte incidenza di differenze retributive tra i generi e

l’insufficiente sistema di protezione e di tutela per le lavoratrici atipiche e autonome),

nonostante il tasso di partecipazione femminile nel mercato del lavoro sia piuttosto elevata.

Il problema della conciliazione è strettamente connesso al fatto che i contesti lavorativi

tendono prevalentemente a riprodurre al proprio interno i principi organizzativi dell’ordine

sociale fondato sul dominio maschile, sulla divisione di genere del lavoro sociale e sulla

concreta resistenza all’effettiva realizzazione della “cittadinanza di genere” nelle

organizzazioni stesse. Infatti, dove la contrattazione ha assunto caratteristiche più

sofisticate e ha elaborato protocolli e modelli, anche gli interventi sull’organizzazione del

lavoro e sul tempo di lavoro si sono rivelati maggiormente incisivi.

Il progetto, sviluppatosi nelle Province di Modena, Parma e Piacenza, ha raggiunto i

seguenti risultati:

→ elaborazione e condivisione di una piattaforma locale sottoscritta dai pater a supporto

delle politiche di conciliazione;

→ ricognizione dei servizi di supporto alla conciliazione esistenti sul territorio modenese e

valutazione dell’impatto di genere;

→ sperimentazione di servizi e misure di conciliazione all’interno di sistemi imprenditoriali.

Sono stati realizzati i seguenti interventi:

→ erogazione di voucher di cura;

→ servizi di assistenza ai bambini in occasione di riunioni/assemblee dei soci;

→ banca del tempo;

→ consulenza al rinnovo del contratto aziendale in un’ottica di conciliazione (maggiori

opportunità di flessibilizzazione degli orari di lavoro a favore dei/delle dipendenti);

→ diffusione delle buone prassi e dei processi già implementati all’interno dell’impresa;

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→ erogazione di servizi “libera tempo”: servizi di pulizie straordinarie, stiratura della

biancheria, ecc...;

→ realizzazione di servizi del sistema pubblico: attivazione di sportelli, di servizi di

consulenza e assistenza tecnica rivolti alle imprese e ai privati (creazione dello Sportello

Informadonna);

→ ricognizione sugli ostacoli al lavoro femminile autonomo;

→ formazione di supporto per l’avvio di nuova imprenditoria femminile;

→ organizzazione di 15 seminari tematici sulle quattro province coinvolte.

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7. LE POLITICHE DI CONCILIAZIONE IN PIEMONTE

7.1. NORMATIVA REGIONALE

Nel nuovo Statuto della Regione Piemonte, il cui testo è stato approvato in seconda

lettura nella seduta del 19 novembre 2004, si evidenziano tre articoli inerenti alle tematiche

delle Pari Opportunità e nello specifico:

� Nel Titolo I “Principi fondamentali” Art. 13 “Pari opportunità”

1. La Regione garantisce le pari opportunità tra donne e uomini e opera per rimuovere, con

apposite leggi e provvedimenti, ogni ostacolo che impedisce la piena parità nella vita

sociale, politica, culturale ed economica.

2. La legge assicura uguali condizioni di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive

nonché negli enti, negli organi e in tutti gli incarichi di nomina del consiglio e della giunta

regionale.

� Nel Titolo II “Organi e funzioni” Capo III “Organi del Consiglio regionale” Art. 38

“Consulta regionale delle elette”

1. Presso il consiglio regionale e' istituita la consulta regionale delle elette del Piemonte con

il compito di promuovere la parità di accesso e la presenza delle donne in tutte le

assemblee e gli organismi regionali, locali, nazionali ed europei, di aumentare il numero

delle elette e di accrescere e consolidare il contributo delle donne alla definizione degli

strumenti giuridici che regolano la nostra società.

2. La consulta esercita funzioni consultive e di proposta in relazione all'attività normativa del

consiglio e della giunta regionale ed esprime pareri sulle politiche regionali per rimuovere

ogni ostacolo che impedisca la piena parità di accesso delle donne e degli uomini nella vita

sociale, culturale ed economica.

� Nel Titolo V “Istituti di garanzia” Capo III “Commi ssione per le pari opportunità fra

donne e uomini” Art. 93 “Commissione per le pari op portunità tra donne e uomini”

1. La commissione per le pari opportunità tra donne e uomini opera per rimuovere gli

ostacoli in campo economico, sociale e culturale, che di fatto costituiscono discriminazione

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diretta o indiretta nei confronti delle donne e per l'effettiva attuazione dei principi di

uguaglianza e di parità sociale sanciti dalla costituzione e dallo statuto.

2. La legge regionale istituisce la commissione, ne stabilisce la composizione ed i poteri e

dispone in ordine alle modalità che ne garantiscano il funzionamento.

7.2. BUONE PRASSI NELLA REGIONE PIEMONTE

Per buona prassi di conciliazione s’intende una duplice azione innovativa, di cui la prima

è incentrata sulla ricerca della soddisfazione delle esigenze di conciliazione, mentre la

seconda introduce in modo più concreto importanti cambiamenti nella cultura di gestione

delle risorse umane dell’impresa, prestando attenzione alla gestione delle differenze di

genere nell’organizzazione del lavoro e puntando sulla ricerca della qualità dei risultati.

Le misure possibili in ambito lavorativo riguardano principalmente i seguenti aspetti:

� flessibilizzazione e rimodulazione dei tempi di lavoro in funzione delle esigenze del/della

dipendente (part-time, turni, job-sharing, banca delle ore, ecc...)

� telelavoro

� forme di accompagnamento prima, durante e dopo il congedo di maternità/paternità

� formazione al rientro dal congedo, per favorire i percorsi di carriera

� sostituzione del/della titolare nella piccola impresa nel periodo di congedo

� servizi informativi sui diritti e le opportunità connesse alla maternità e paternità ed alle

responsabilità familiari

� accesso facilitato a servizi di cura per l’infanzia e per gli anziani

La Regione Piemonte, attraverso le risorse del Fondo sociale europeo, favorisce e

sostiene gli interventi di Pari Opportunità in diverse aree, tra cui quella lavorativa. Tra le

molteplici iniziative individuate sul territorio piemontese si descrivo nei seguenti paragrafi

alcuni esempi di buone prassi.

7.2.1. PROVINCIA DI NOVARA

Il progetto “Staf - sperimentare il telelavoro per aumentare la flessibilità” di Ascom

Novara (2006/2007), nasce dalla forte richiesta da parte dei dipendenti, di poter gestire il

proprio lavoro con più flessibilità, al fine di migliorare la conciliazione tra la vita familiare e

quella lavorativa.

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L'obiettivo del progetto, dunque, è quello di introdurre la flessibilità degli orari di lavoro in

entrata e in uscita, mediante l’opportunità di compensare le ore lavorative effettive da

svolgere in ufficio con il telelavoro domiciliare, senza vincoli di orari, purché coerente con il

raggiungimento degli obiettivi professionali.

A tal fine, è stata prevista una sperimentazione attraverso la predisposizione di

attrezzature e software per la gestione del telelavoro. I beneficiari del progetto sono sia

donne che uomini.

Le attività svolte:

� introduzione dell'orario flessibile in entrata e in uscita;

� sperimentazione del telelavoro;

� facilitazione della conciliazione dei tempi di vita familiare e lavorativa dei beneficiari;

� diffusione dei risultati del progetto.

7.2.2. PROVINCIA DI VERBANIA CUSIO-OSSOLA

“ Azioni di flessibilità ricca” è un progetto dell’Amministrazione Provinciale VCO

(2006/2007), la cui idea progettuale deriva da una ricerca di formule organizzative che

permettano sia di conciliare le esigenze e le priorità aziendali con le richieste e le necessità

dei/delle dipendenti, e sia di regolamentare e rendere più agevole l’utilizzo di flessibilità di

orario in entrata e in uscita.

Gli obiettivi principali dell’iniziativa riguardano:

� l’introduzione di processi di riorganizzazione del lavoro e della struttura degli orari, al fine di

aumentare le opportunità lavorative per le donne e gli uomini

� migliorare la qualità della vita favorendo la riconciliazione dei tempi

� la diffusione di buone prassi

� il sostegno delle sperimentazioni attraverso azioni di accompagnamento e tutoring dei/delle

lavoratori/trici.

Tra le diverse attività previste per il conseguimento degli obiettivi, si possono

evidenziare le tre fasi in cui si è suddiviso il progetto:

� individuazione dei settori e delle persone interessate al progetto;

� raccolta dei bisogni di flessibilità individuali ed organizzativi;

� implementazione delle formule organizzative.

L’elemento innovativo della sperimentazione risulta essere l’utilizzo di un approccio che

cerca di “conciliare” i bisogni organizzativi con quelli delle singole persone, in un’ottica di

“flessibilità ricca” in cui i vantaggi dell’introduzione di nuove formule di orario o di gestione

dei tempi di lavoro non sono unilaterali, ma vanno a soddisfare le esigenze di tutti gli attori

presenti.

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I risultati ottenuti:

� l’introduzione di un regolamento per la flessibilità in entrata e in uscita;

� la sperimentazione di soluzioni di formule organizzative personalizzate in base alle

situazioni dei/delle dipendenti e dei contesti organizzativi in cui operano;

� una maggiore efficienza ed efficacia nell’operatività dei settori coinvolti;

� l’aumento del benessere complessivo dei/delle dipendenti e della loro produttività.

7.2.3 PROVINCIA DI VERCELLI

Il progetto “Ester - esperimento di telelavoro nell’Università degli Studi del Piemonte

Orientale” (2006-2007) nasce dall’elevato grado di dispersione rilevata nel territorio della

struttura universitaria, la quale si sviluppa intorno ai tre poli di Alessandria, Novara e

Vercelli. Per tal motivo, il personale dell’Università svolge spesso la propria attività lavorativa

lontano dalla sede abitativa, e ciò rende necessaria l’introduzione di interventi che facilitino il

raggiungimento dell’equilibrio lavoro-famiglia.

L’obiettivo del progetto è quello di sperimentare il telelavoro come modalità di lavoro

flessibile, per consentire al personale (docente e tecnico-amministrativo), con carichi di cura

intensi (figli piccoli, anziani fragili, ecc.), di gestire con maggior facilità la quotidiana

conciliazione dei compiti professionali con le responsabilità familiari.

Tra le attività previste dalla sperimentazione vi è l’implementazione di hardware e

software delle postazioni per il telelavoro e la relativa configurazione di rete. Inoltre, non di

secondaria importanza, vi è l’informazione e la sensibilizzazione su tali tematiche dei

responsabili e del personale, mediante un percorso di orientamento e sostegno con incontri

di gruppo e servizi individuali.

Gli strumenti fondamentali per lo sviluppo di tali azioni sono stati: i meeting informativi, i

seminari, i momenti di confronto, di condivisione e di verifica di gruppo, i servizi di

accompagnamento individuali e servizi di assistenza/tutoraggio on demand.

I risultati:

� maggiore sensibilità dell’Ateneo alla questione dell’equilibrio lavoro-famiglia;

� riduzione degli spostamenti fisici dei/delle lavoratori/lavoratrici e la conseguente

diminuzione dei costi di trasferimento;

� effetti positivi sugli indicatori di produttività individuale;

� riduzione del tasso di assenteismo per motivi familiari;

� soluzioni migliorative rispetto all’attuale orario di lavoro, nella prospettiva della

conciliazione.

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8. POLITICHE ATTIVE DI CONCILIAZIONE E BUONE PRASSI NELLA PROVINCIA DI

TORINO

Nello Statuto della Provincia di Torino ed, in particolare, nell’art. 4 si delineano i principi

predisposti a:

� garantire le condizioni di pari opportunità

� favorire la presenza femminile nell’organizzazione dell’Ente

� favorire la progressione di carriera e l’accesso ai livelli decisionali all’interno della

struttura

� valorizzare le presenze femminili

� promuovere la conciliazione dei tempi per le donne e gli uomini

La Provincia di Torino, quindi, si caratterizza per la sua notevole attenzione per le

tematiche inerenti alle Pari Opportunità e alla conciliazione lavoro-famiglia, ciò si evidenza

nelle molteplici iniziative che ogni anno hanno luogo sul territorio provinciale. Nei paragrafi a

seguire saranno descritti alcuni esempi di buone prassi.

� «FRIENDLY 2 – SPERIMENTAZIONE DI AZIONI INTEGRATE D I SUPPORTO ALLA

CONCILIAZIONE FRA RESPONSABILITA’ LAVORATIVA E FAMI LIARE» (2006-2007 e

proroga)

L’idea progettuale di Friendly, nasce dal desiderio di rendere più amichevole il contesto

organizzativo della Provincia. L’obiettivo fondamentale del progetto, consiste nella

sperimentazione di formule organizzative che, attraverso l’integrazione di diversi strumenti di

flessibilità, siano in grado di rispondere in modo adeguato e flessibile alle specifiche

esigenze di conciliazione delle/dei dipendenti della Provincia di Torino, senza pregiudicarne

la carriera.

Il progetto si suddivide in quattro fasi:

� La fase di preparazione: è stato costituito un Comitato di pilotaggio, si è promossa

l’iniziativa e sono stati selezionati i partecipanti e i tutor;

� La fase dell’attivazione degli strumenti del progetto: formazione dei tutor interni,

assegnazione dei tutor esterni ai beneficiari, predisposizione delle postazioni telematiche e

attivazione della Banca delle ore;

� La fase della sperimentazione: sono stati effettuati dei colloqui orientativi

individuali/counselling orientativo, è stato definito il percorso individuale di sostegno alla

conciliazione, sono state attivate le postazioni di telelavoro presso i “telecentri”, è stato

avviato il tutoraggio;

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� La fase della diffusione: si intende evidenziare la qualità delle buone prassi attivate

attraverso una pubblicazione e un convegno finale.

E’ da rilevare l’importanza della figura del tutor: il suo ruolo, infatti, è quello di affiancare il

dipendente, al fine di facilitare la ricerca della soluzione più adeguata di fronte alle eventuali

problematiche che emergono quotidianamente nella gestione della conciliazione.

I risultati attesi prevedono:

� il miglioramento della conciliazione fra responsabilità familiari e lavorative;

� il rafforzamento delle competenze dei/delle tutor interni/e sulla costruzione di percorsi

individuali di flessibilità lavorativa e di conciliazione;

� una più estesa sensibilizzazione sul tema della flessibilità lavorativa positiva.

� REDAZIONE ED ATTUAZIONE DEL PIANO DI AZIONI POSITIV E

(febbraio/settembre 2008)

All’interno del progetto della Provincia di Torino “Consolidamento e ampliamento di

strutture e reti di paternariato” (che rientra nel Piano di attività per la diffusione delle Pari

Opportunità, secondo cui le amministrazioni pubbliche sono tenute a predisporre i PAP

previsti dal decreto legislativo 198 dell'11 aprile 2006), si inserisce l’iniziativa della

“Redazione ed attuazione del piano di azioni positive” (soggetti attuatori: ATS Poliedra

progetti integrati S.p.A. – S&T s.c.).

Gli obiettivi dell’iniziativa riguardano:

� l’individuazione delle azioni positive al fine di rilevare gli elementi di miglioramento delle

condizioni dei/delle lavoratori/lavoratrici negli Enti;

� la sensibilizzazione degli Enti sui PAP;

� definire e far applicare la stesura dei PAP, in base alle Linee Guida;

� affiancare gli Enti alla redazione dei PAP;

� monitorare l’effettiva redazione dei PAP.

La Provincia di Torino individua per i PAP 2008-2010, tre aree di intervento:

1. la valorizzazione della componente femminile;

2. la formazione, l’informazione e la sensibilizzazione;

3. la conciliazione e la flessibilità.

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Scopo dell’iniziativa è la predisposizione e l’avvio del Piano di Azioni Positive 2008-2010

della Provincia di Torino, mediante due canali:

� L’attivazione di uno sportello: il servizio offre un supporto agli Enti Locali per

l’elaborazione dei PAP ed effettua un costante il monitoraggio sui PAP che gli Enti

stanno predisponendo o rinnovando;

� L’organizzazione di seminari: per supportare gli Enti che stanno predisponendo o

rinnovando i PAP, attraverso degli incontri informativi e formativi.

� P.I.P.O.L. – PROGETTO INTEGRATO PER LE PARI OPPORTU NITA’ NELLE

SCUOLE (febbraio-settembre 2008)

Il progetto P.I.P.O.L. (soggetto attuatore: Poliedra progetti integrati S.p.A.) è

caratterizzato da quattro elementi in particolare:

1. la progettazione e redazione dei POF di Genere, in base ai quali è stata realizzata una

“Guida per il POF di Genere”;

2. l’utilizzo di diversi strumenti e metodologie per la diffusione delle pari opportunità nelle

scuole (racconti, DVD, animazioni teatrali, ecc...);

3. la raccolta delle buone pratiche in un’ottica di condivisione delle esperienze positive,

attraverso l’inserimento nel catalogo del Ce.Se.Di;

4. la comunicazione e la promozione delle iniziative anche attraverso la Rete

Interprovinciale sulle politiche scolastiche gender oriented

Le scuole a cui è stato destinato il progetto sono quelle primarie, secondarie di primo

grado e di secondo grado della Provincia di Torino.

Gli obiettivi del progetto:

� Per gli allievi e le allieve: sensibilizzare e stimolare momenti di confronto sul tema della

condivisione delle responsabilità domestiche e di cura.

� Per gli insegnanti e le insegnanti: produrre degli strumenti semplici e concreti su cui

basare le attività educative inerenti alle pari opportunità.

� Per i genitori: attraverso il Piano di Offerta Formativa, concretizzare le attività educative

scolastiche in una prospettiva di genere.

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All’interno del territorio provinciale si incontran o altri esempi di buone prassi:

� «MICRO NIDO AZIENDALE “BIMBI …..ENTRATE!"» (2006-20 08)

Il progetto realizzato dall’Agenzia delle Entrate, nasce dall’intento di agevolare il

personale femminile, particolarmente numeroso all’interno dell’Ente, in termini di flessibilità

e conciliazione. A tal proposito gli obiettivi dell’iniziativa mirano a:

� migliorare il clima aziendale;

� promuovere l’immagine dell’Agenzia delle Entrate;

� valorizzare le donne in campo professionale attraverso una migliore organizzazione

che favorisca la pari opportunità uomo-donna nel lavoro.

Per il perseguimento degli obiettivi, le attività sono incentrate nella consultazione degli

interessati al servizio, nella ristrutturazione dei locali (con l’ausilio di enti esterni

relativamente alle fasi di adattamento edile ed impiantistico della sede del nido) e alla

gestione di un micronido (affidando la gestione operativa ad un ente professionalmente

esperto nel settore).

I risultati attesi dal progetto:

� Maggior consapevolezza del ruolo madre/genitore;

� Un programma educativo che tenga conto delle sollecitazioni provenienti dalla

collettività, con riferimento alle esigenze di conciliazione dei tempi di vita della donna;

� Un approccio più sereno alla maternità e al rientro lavorativo;

� La flessibilità in termini di tempi e modalità di gestione;

� La formazione e informazione attraverso attività per adulti.

� «CONCILIANDO» (2006-2007)

La Confezioni di Matelica è un’azienda di Settimo Torinese che si occupa di

confezionare e commercializzare capi d’abbigliamento. La natura della produzione e la

storia dell’azienda hanno determinato un’elevata presenza di personale femminile

distribuito su fasce di età disomogenee e ciò comporta differenti problematiche in termini

di conciliazione. La volontà dell’azienda, pertanto, è quella di costituire un sistema di

servizi alla persona e alle famiglie.

Il macro obiettivo del progetto Conciliando, dunque, è quello di creare un sistema di

servizi rivolto alla generalità dei dipendenti, realizzato sulla base delle loro aspettative ed

esigenze come alternativa alla forte richiesta di nidi aziendali e/o interaziendali.

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L’obiettivo progettuale è realizzato attraverso l'erogazione di servizi personalizzati per la

gestione di necessità occasionali quali:

� il disbrigo di pratiche presso uffici;

� la richiesta e il ritiro dei certificati;

� la prenotazione e il ritiro esami medici;

� la consegna e la spedizione di piccoli pacchi;

� il pagamento di bollette e fatture;

� l’accesso a servizi educativi durante il periodo estivo di chiusura delle scuole (per

bambini/e dai 3 agli 11 anni).

E’ importante rilevare, che nel progetto Conciliando i servizi vengono pensati, realizzati

e conclusi in un breve arco di tempo e ripetuti ogni qual volta si presenti una nuova

necessità e/o richiesta.

Dal progetto è previsto:

� la saturazione del monte ore previsto per il servizio baby-sitter a chiamata;

� la saturazione del monte ore previsto per il servizio disbrigo pratiche;

� la riduzione della quota di assenteismo in azienda per motivi legati alla gestione

familiare;

� Il miglioramento del clima aziendale, in particolare per i reparti produttivi;

� la definizione di una prassi consolidata che prosegua oltre al progetto.

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9. LE AZIONI DELLA CONSIGLIERA DI PARITA’

9.1. LA CONSIGLIERA DI PARITA’

La Consigliera di Parità è una figura istituzionale, nominata dal Ministero del Lavoro

unitamente a quello delle Pari Opportunità, finalizzata a garantire l’uguaglianza sostanziale

tra uomini e donne.

Nella Provincia di Torino sono attualmente operative le Consigliere di Parità Laura Cima

(effettiva) ed Ivana Melli (supplente), nominate nel 2001. L’attività delle Consigliere è

incentrata sull’informazione, sulla sensibilizzazione e sulla promozione delle politiche

concrete di Pari Opportunità sia verso i soggetti pubblici e privati della Provincia di

competenza e sia per le lavoratrici e i lavoratori.

Le azioni della Consigliera, principalmente volte al mondo del lavoro, riguardano vari

aspetti e nello specifico:

� far rispettare il principio di non discriminazione tra uomini e donne nel lavoro (pubblico e

privato), rilevando eventualmente le violazioni della normativa in materia di parità e pari

opportunità;

� sostenere le politiche attive del lavoro (e formative), mediante la promozione e la

realizzazione di proposte, iniziative e progetti, favorendo la creazione di reti;

� garantire la coerenza con il tema delle pari opportunità all’interno delle politiche di

sviluppo territoriale;

� promuovere l'attuazione delle politiche di pari opportunità da parte dei soggetti pubblici e

privati che operano nel mercato del lavoro, anche attraverso la promozione di progetti e

di azioni positive;

� collaborare con l'Assessorato al Lavoro, alle Pari Opportunità e le istituzioni di parità

della Provincia di Torino, per individuare eventuali violazioni alle norme sulla parità.

La Consigliera di Parità, inoltre, è componente di diritto della commissione tripartita

provinciale, i cui componenti sono le organizzazioni sindacali, le associazioni di categoria e

la Direzione Provinciale dell'Ufficio del Lavoro. Infine, partecipa alle attività della Rete

Nazionale e a quella piemontese delle Consigliere di Parità.

La figura della Consigliera di Parità, in quanto punto di riferimento per le lavoratrici e i

lavoratori vittime di comportamenti discriminatori sul luogo di lavoro, offre ascolto e

consulenza creando un collegamento tra gli organi istituzionali posti a tutela delle donne e

delle lavoratrici stesse.

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Nello specifico ciò avviene nel caso si sia subita una discriminazione basata sul sesso

(dir 76/207 e sue modifiche):

� nell’accesso al lavoro

� nell’accesso ai corsi di formazione

� nello sviluppo della carriera

� nel livello di retribuzione

� in relazione alla maternità e al lavoro (es. licenziamento)

� al rientro dalla maternità per la richiesta di congedi parentali

Per ciò che riguarda il settore privato, la Consigliera di Parità collabora con le aziende

che vogliano:

� valorizzare la presenza femminile nell'azienda

� contrastare in modo efficace le discriminazioni in base al sesso

� accedere ai finanziamenti previsti dalla L.125/91 per l’introduzione di azioni positive a

favore delle pari opportunità tra donne e uomini

� presentare progetti sulla riorganizzazione aziendale e sulla flessibilità, in base alla

L.53/2000 e al D.L. 151/2001 (quali telelavoro, job-sharing, part-time, ecc...)

Per quanto riguarda il settore pubblico, la Consigliera, è di riferimento per Enti che

intendano:

� costituire il Comitato di Pari Opportunità nell’Ente

� integrare le pari opportunità nelle politiche dell'Ente

� presentare il piano triennale di Azioni Positive (P.A.P.) in base all’art. 3 del D.L.

196/2000

� favorire l'uguaglianza tra uomo e donna nel lavoro

� migliorare la presenza femminile nell'Ente e favorire i processi di carriera delle donne

� contrastare in modo efficace le discriminazioni in base al sesso

9.2. AZIONI POSITIVE A FAVORE DELLA CONCILIAZION E LAVORO-FAMIGLIA

9.2.1. GLI OPUSCOLI “I NOSTRI AUGURI TRA OPPORTUNIT A’ E DIRITTI”

Gli opuscoli “I nostri auguri tra opportunità e diritti” nascono dalla particolare attenzione

che la Consigliera di Parità dedica da sempre alla conciliazione lavoro-famiglia.

L’iniziativa ha previsto due tipi d’opuscolo: uno rivolto alle neo-mamme e uno ai neo-

papà, in modo da porre in evidenza il ruolo di quest’ultimi nella condivisione delle

responsabilità familiari.

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Queste pubblicazioni sono state realizzare per informare i futuri genitori, in maniera

semplice e chiara, sulla L.53/2000, al fine di aiutarli ad affrontare in modo più sereno

l’entrata del bebé nella famiglia.

La diffusione degli opuscoli è stata accompagnata da una strategia promozionale, che ha

coinvolto in modo importante i diversi operatori presenti nei servizi territoriali: la rete delle

pari opportunità (già in contatto con le Consigliere di Parità), i servizi sanitari-ospedalieri, i

Centri per l’Impiego e gli altri Enti del territorio (biblioteche, comuni, ecc...).

Durante la prima fase sperimentale si è rilevato un forte aumento delle segnalazioni di

casi principalmente inerenti alle problematiche lavoro-maternità/paternità e di richieste

informative. Nel contempo, nel 2005, si è evidenziata una graduale diminuzione delle

dimissioni durante il primo anno d’età del figlio. Tutto ciò, ha indotto a voler potenziare

l’iniziativa attraverso una campagna di comunicazione, appoggiata dalla Provincia di Torino

e dal coinvolgimento di istituzioni e servizi territoriali.

L’iniziativa si è sviluppata in tre fasi:

� La scelta comunicativa:

E’ stato scelto un messaggio positivo, di “buon augurio”, in sintonia con il momento

particolarmente felice dei neo-genitori. Inoltre, l’attenzione all’ottica di genere, ha valorizzato

il ruolo dei papà, mediante una linea di comunicazione differenziata sia per evitare

l’omologazione dei generi che per prestare riguardo nel caso si tratti di una famiglia

monoparentale.

� La fase sperimentale

La distribuzione degli opuscoli (10.000) partita alla fine del 2005, ha attribuito particolare

valenza:

� alla possibilità di raggiungere i destinatari al momento “giusto”, ovvero quando la

conciliazione dei tempi può manifestarsi in modo problematico;

� alla scelta del luogo della distribuzione: il coinvolgimento dei Comitati di Pari

Opportunità di alcune strutture sanitarie, ha agevolato la promozione

dell’iniziativa presso la dirigenza stessa di alcuni ospedali della provincia di

Torino e nei reparti Materno-Infantile, Pediatria, Ostetricia, Ginecologia, che

hanno raccolto con vivo coinvolgimento l’invito.

� Il monitoraggio

La fase di monitoraggio è stata avviata dalla Consigliera e da un team di esperte,

mediante degli incontri con il personale delle strutture ospedaliere coinvolte nella

sperimentazione, al fine di valutare l’impatto dell’iniziativa. Dagli incontri è emerso che ogni

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struttura, non si è occupata solo della distribuzione degli opuscoli, ma ha realmente

“accompagnato il progetto” scegliendo il momento più opportuno, illustrando i contenuti e gli

obiettivi dell’azione informativa, svolgendo un ruolo di mediazione con le persone, di

promozione dei principi di parità e di reale prevenzione.

Le informazioni rilevate durante la fase di monitoraggio, hanno permesso una nuova

pianificazione della campagna di comunicazione, in base alle seguenti linee d’azione:

o proseguimento dell’iniziativa nei luoghi della sperimentazione;

o espansione estensione dei prodotti di comunicazione: locandine, cartoline

informative e depliant;

o incontri informativi con il personale ospedaliero;

o ampliamento a pioggia dell’intervento.

Copertine degli opuscoli “I nostri auguri tra opportunità e diritti”

Il successo ottenuto dall’iniziativa ha portato alla realizzazione di nuovi opuscoli, la cui

caratteristica è la traduzione di essi in sette lingue differenti, questo per di agevolare i neo-

genitori stranieri alla comprensione della L.53/2000.

9.2.2. GLI OPUSCOLI “AZIENDA AMICA DELLE MAMME E DE I PAPA’”

In seguito all’esperienza e al successo ottenuto con gli opuscoli “I nostri auguri tra

opportunità e diritti” rivolti ai/alle lavoratori/trici, la Consigliera di Parità ha diretto la sua

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attenzione ai datori di lavoro, creando un nuovo opuscolo adeguato alle aziende che

intendano affrontare i nuovi cambiamenti in campo organizzativo, che vogliano gestire e

valorizzare al meglio le differenze, dunque, alle imprese interessate a migliorare la

competitività investendo nelle risorse umane.

L’opuscolo “L’azienda amica delle Mamme e dei Papà” è stato creato al fine di fornire

alle imprese un sostegno alla gestione delle risorse umane a favore della “conciliazione”: ciò

per migliorare il clima aziendale e per prevenire le discriminazioni di genere sul lavoro.

All’interno dell’opuscolo vi sono esempi pratici e si evidenziano i vantaggi per le aziende

pronte ad innovarsi, anche attraverso l’adozione di azioni a favore della conciliazione dei

tempi.

La diffusione dell’opuscolo alle aziende è stata favorita dal coinvolgimento del Comitato

per l’Imprenditoria Femminile, delle associazioni di categoria, dei sindacati, dei Centri per

l’Impiego e delle agenzie formative della Provincia di Torino.

9.2.3. ESERCIZI DI PARITÀ NELLE SCUOLE ELEMENTARI

E’ importante educare fin dall’infanzia alle tematiche delle Pari Opportunità, soprattutto in

merito alla condivisione delle responsabilità familiari. Per tal motivo, la Consigliera di Parità,

ha posto la sua attenzione sugli alunni della scuola elementare.

“Esercizi di Parità nelle scuole elementari” è un progetto avviato, con il supporto di

insegnanti ed educatori, in quattro classi delle scuole elementari: la Dewey e la Dal Piazza

di Torino, la "Nino Costa" di San Mauro e la "Gerbole" di Rivalta.

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All’interno dell’iniziativa si sono sperimentati dei moduli sulle differenze di genere, sulle

discriminazioni e sulla divisione dei compiti di cura all’interno della famiglia, per mezzo di

determinati strumenti quali la poesia, le fiabe, i disegni e i diari quotidiani.

In base a ciò, sono stati creati degli strumenti didattici messi a disposizione degli

insegnanti e degli educatori che vogliano riprodurre tale esperienza:

� Modulo 1 "CREAZIONE DI POESIE - tra metafore e similitudini" � Modulo 2 "CREAZIONE DI FIABE - tra rilettura e invenzione" � Modulo 3 STESURA DI UN DIARIO QUOTIDIANO “chi-fa-cosa-quando” in settimana e nei festivi � Modulo 4 SUGGERIMENTI indicazioni e proposte per ulteriori sperimentazioni

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10. CONCLUSIONI

L’OCSE ha stabilito che entro il 2020 vi saranno determinati cambiamenti:

• la popolazione lavorativa crescerà del 16,7%;

• cambierà la distribuzione per età (si invertirà il rapporto tra giovani e anziani);

• si allungherà di 5 anni l’età di uscita dal mercato del lavoro;

• aumenterà la partecipazione femminile.

In riferimento all’ultimo punto descritto, è da quest’ultimo decennio che in Italia è in atto

questo fenomeno, il quale registra una crescita costante. L’aumento dell’occupazione

femminile è stata determinata sia dall’innalzamento dell’istruzione femminile e sia dalla

crescita delle tipologie di lavoro flessibile. Infatti, a causa della carenza di specifiche misure

politiche a favore della conciliazione, la flessibilizzazione dei tempi di lavoro è ritenuta dalle

donne italiane come unico strumento per soddisfare le esigenze lavorative e familiari.

Inoltre, l’aumento della partecipazione delle donne risulta essere influenzata, più

recentemente, dalla positiva dinamica del settore dei servizi e, nondimeno, anche

l’agricoltura presenta dei buoni risultati in merito. Un’altra grande trasformazione, inerente

alla presenza femminile, riguarda l’aumento delle libere professioni, dei quadri e della

dirigenza nel settore pubblico e privato (Istat RCFL-Rilevazione continua sulle forze lavoro).

In base a tutto ciò, si deduce che il lavoro extradomestico da parte della donna è

considerato socialmente una “condizione normale” rispetto al passato, sia per via del

maggior bisogno di raggiungere un reddito familiare adeguato e sia perché è divenuto di

particolare importanza per la formazione dell’identità personale della donna. Nonostante ciò,

si evidenziano particolari difficoltà della sostenibilità di tale prospettiva, pur essendoci molta

adattabilità da parte delle donne italiane. Il problema deriva, molto spesso, dalla diseguale

divisione del lavoro familiare all’interno delle famiglie italiane e dai servizi sociali e di cura

carenti. Inoltre, le donne che scelgono di usufruire dei contratti di lavoro flessibili, tendono il

più delle volte a “pagare” tali scelte in termini di carriera e di retribuzione.

E’ da sottolineare, oltre a ciò, un problema che andrà ad intensificarsi nei prossimi anni:

attualmente le famiglie possono spesso contare sul supporto dei nonni per la cura dei/delle

figli/e, in mancanza di servizi offerti sul territorio. In futuro, invece, tale supporto verrà

gradualmente a mancare sia per via dell’innalzamento dell’età pensionabile e sia perché le

nonne lavoratrici delle future generazioni sono numericamente maggiori rispetto a quelle

attuali. Quanto descritto presuppone, quindi, la necessità di un sistema di Welfare molto più

sviluppato rispetto a quello attuale, soprattutto rispetto ai servizi da offrire alle famiglie.

La flessibilità del mercato del lavoro presuppone la capacità degli individui e delle

istituzioni ad adattarsi alle nuove circostanze, e in Italia, in base alle direttive europee, si

stanno facendo dei passi avanti in questo campo, anche se ultimamente si stanno rilevano

nuove problematiche a riguardo: vi è una carenza di ammortizzatori sociali e ciò trasforma la

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flessibilità in incertezza, in precarietà. A differenza dei paesi del Nord Europa, in cui la

flessibilità è sostenuta dalle azioni positive e di sostegno del governo grazie alla

Flexsecurity (Libro Bianco), in Italia assistiamo al fenomeno del flexibily senza alcuna

security.

In conclusione, è importante mettere in evidenza che le imprese necessitano delle

competenze, della creatività e delle capacità relazionali delle donne e, a loro volta, le donne

necessitano di maggiori aiuti per poter intraprendere la carriera lavorativa senza il peso del

doppio ruolo. A tal fine, bisognerebbe incentivare le aziende ad una maggiore domanda di

impiego femminile, rendendo conveniente l’assunzione delle donne.

Una strada molto seguita e con buoni risultati da molti paesi europei, è quella di favorire

l’imprenditoria femminile. Nel Sud Italia, infatti, si sta procedendo in tale direzione,

soprattutto nel settore turistico.

Infine, risulta di fondamentale importanza il sostegno delle istituzioni per la creazione di

servizi e strutture adeguate per le famiglie, al fine di supportarle nella conciliazione dei

tempi.

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