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LA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE: PRINCIPALI APPROCCI TEORICI La comunicazione è essenziale perché risponde a 3 bisogni di tipo: FISICO, SOCIALE (senso di appartenenza, coinvolgimento con altri), PRATICO (come chiedere un informazione). La comunicazione ha 2 caratteristiche 1. INTENZIONALITÀ: la consapevolezza dell'emittente 2. PROCESSO: un sistema che coinvolge più soggetti sociali in una serie di eventi. IL MODELLO TRADIZIONALE EMITTENTE-MESSAGGIO-RICEVENTE È un modello lineare in cui vi è: EMITTENTE : il soggetto che comunica il messaggio RICEVENTE : il soggetto che riceve il messaggio MESSAGGIO : il contenuto di ciò che si comunica (notizie, dati, sensazioni) In ogni momento la comunicazione può essere disturbata da un RUMORE che può essere: ESTERNO : fattori che non permettono al ricevente di capire quanto detto dall'emittente FISIOLOGICO: fattori biologici (perdita temporanea dell'udito) PSICOLOGICO : difficoltà nell'esprimere o capire un messaggio Il modello di SHANNON e WEAVER si compone di 5 elementi: 1. FONTE D'INFORMAZIONE 2. CODIFICATORE: l'emittente trasforma idee, concetti e immagini mentali in un messaggio comunicabile attraverso il CODICE cioè sistemi di segni 3. CANALE DI TRASFORMAZIONE: mezzo tecnico esterno (telefono, fax); mezzo sensoriale (udito e vista) 4. DECODIFICATORE: il ricevente trasforma il messaggio da codice in idee, concetti e immagini mentali 5. DESTINAZIONE IL MODELLO INTERRATTIVO Studi successivi hanno introdotto altri concetti come FEEDBACK che consiste in un interscambio che avviene tra emittente e ricevente quando l'informazione di ritorno permette all'emittente di capire se il messaggio è stato ricevuto. Un altro elemento importante nella comunicazione è l'AMBIENTE FISICO e SOCIALE in quanto può incentivare o disincentivare la comunicazione. Questo modello è stato criticato perché monologico (singoli atti) IL MODELLO DIALOGICO Consiste nel vedere la comunicazione non come un qualcosa che una persona fa ad un'altra, ma un processo in cui i soggetti creano una relazione interagendo l'un l'altro. LA PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE La pragmatica è una disciplina della linguistica che si occupa dello studio delle azioni che si possono fare parlando, dell'impiego e degli effetti dei segni sul comportamento dei partecipanti alla comunicazione. Il termine “PRAGMATICA” si fa risalire al filosofo MORRIS, il quale nella teoria dei segni (SEMIOTICA) distinse 3 indirizzi di ricerca: SINTASSI, SEMANTICA e PRAGMATICA. Il gruppo di studiosi facenti parte della SCUOLA PALO ALTO pongono la loro attenzione sulla reazione del ricevente e sull'effetto che l'azione del ricevente produce sull'emittente. Gli studiosi della Scuola di Palo Alto hanno elaborato 5 ASSIOMI per quanto riguarda la comunicazione: 1 ASSIOMA NON SI PUÒ NON COMICARE: sostiene che è impossibile non comunicare. Qualsiasi atteggiamento assunto da un individuo (parole/silenzi, attività/inattività) diventa immediatamente portatore di significati per altri. 2 ASSIOMA OGNI COMUNICAZIONE HA UN ASPETTO DI CONTENUTO “NOTIZIA O INFORMAZIONE” E UN

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LA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE: PRINCIPALI APPROCCI TEORICI La comunicazione è essenziale perché risponde a 3 bisogni di tipo: FISICO, SOCIALE (senso di appartenenza, coinvolgimento con altri), PRATICO (come chiedere un informazione). La comunicazione ha 2 caratteristiche

1. INTENZIONALITÀ: la consapevolezza dell'emittente 2. PROCESSO: un sistema che coinvolge più soggetti sociali in una serie di eventi.

IL MODELLO TRADIZIONALE EMITTENTE-MESSAGGIO-RICEVENTE È un modello lineare in cui vi è: EMITTENTE: il soggetto che comunica il messaggio RICEVENTE: il soggetto che riceve il messaggio MESSAGGIO: il contenuto di ciò che si comunica (notizie, dati, sensazioni) In ogni momento la comunicazione può essere disturbata da un RUMORE che può essere: ESTERNO: fattori che non permettono al ricevente di capire quanto detto dall'emittente FISIOLOGICO: fattori biologici (perdita temporanea dell'udito) PSICOLOGICO: difficoltà nell'esprimere o capire un messaggio Il modello di SHANNON e WEAVER si compone di 5 elementi:

1. FONTE D'INFORMAZIONE 2. CODIFICATORE: l'emittente trasforma idee, concetti e immagini mentali in un messaggio

comunicabile attraverso il CODICE cioè sistemi di segni 3. CANALE DI TRASFORMAZIONE: mezzo tecnico esterno (telefono, fax); mezzo sensoriale

(udito e vista) 4. DECODIFICATORE: il ricevente trasforma il messaggio da codice in idee, concetti e immagini

mentali 5. DESTINAZIONE

IL MODELLO INTERRATTIVO Studi successivi hanno introdotto altri concetti come FEEDBACK che consiste in un interscambio che avviene tra emittente e ricevente quando l'informazione di ritorno permette all'emittente di capire se il messaggio è stato ricevuto. Un altro elemento importante nella comunicazione è l'AMBIENTE FISICO e SOCIALE in quanto può incentivare o disincentivare la comunicazione. Questo modello è stato criticato perché monologico (singoli atti) IL MODELLO DIALOGICO Consiste nel vedere la comunicazione non come un qualcosa che una persona fa ad un'altra, ma un processo in cui i soggetti creano una relazione interagendo l'un l'altro. LA PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE La pragmatica è una disciplina della linguistica che si occupa dello studio delle azioni che si possono fare parlando, dell'impiego e degli effetti dei segni sul comportamento dei partecipanti alla comunicazione. Il termine “PRAGMATICA” si fa risalire al filosofo MORRIS, il quale nella teoria dei segni (SEMIOTICA) distinse 3 indirizzi di ricerca: SINTASSI, SEMANTICA e PRAGMATICA. Il gruppo di studiosi facenti parte della SCUOLA PALO ALTO pongono la loro attenzione sulla reazione del ricevente e sull'effetto che l'azione del ricevente produce sull'emittente. Gli studiosi della Scuola di Palo Alto hanno elaborato 5 ASSIOMI per quanto riguarda la comunicazione: 1 ASSIOMA NON SI PUÒ NON COMICARE: sostiene che è impossibile non comunicare. Qualsiasi atteggiamento assunto da un individuo (parole/silenzi, attività/inattività) diventa immediatamente portatore di significati per altri. 2 ASSIOMA OGNI COMUNICAZIONE HA UN ASPETTO DI CONTENUTO “NOTIZIA O INFORMAZIONE” E UN

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ASPETTO DI RELAZIONE “COMANDO” IN MODO CHE IL 2° CLASSIFICA IL 1° ED È QUINDI METACOMUNICAZIONE: es: “È importante togliere la frizione gradatamente e dolcemente” oppure “Togli di colpo la frizione, rovinerai la trasmissione in un momento”. Questi messaggi hanno lo stesso tipo di contenuto (notizia) però hanno un livello differente di relazione (comando). 3 ASSIOMA LA NATURA DI UNA RELAZIONE DIPENDE DALLA PUNTEGGIATURA DELLE SEQUENZE DI COMUNICAZIONE FRA I PARTECIPANTI: una serie di comunicazioni non rappresenta una serie ininterrotta di scambi. Attraverso la punteggiatura la comunicazione viene scomposta analiticamente in modo che si possa identificare chi parla e chi ascolta. 4 ASSIOMA GLI ESSERI UMANI COMUNICANO SIA IN MODO DIGITALE (VERBALE) SIA IN MODO ANALOGICO (NON VERBALE): nella comunicazione si hanno 2 possibilità diverse di far riferimento agli oggetti ovvero ANALOGICA (rappresentarli con un immagine) e DIGITALE (dar loro un nome). Spesso sorgono dei problemi durante la comunicazione, perché il materiale analogico può dar luogo a interpretazioni diverse tra loro, talvolta addirittura incompatibili. 5 ASSIOMA TUTTI GLI SCAMBI DI COMUNICAZIONE SONO SIMMETRICI O COMPLEMENTATI, A SECONDA CHE SIANO BASATI SULLA UGUAGLIANZA O SULLA DIFFERENZA: lo scambio simmetrico avviene fra interlocutori che si considerano sullo stesso piano, svolgendo funzioni comunicative e ruoli sociali analoghi. Invece lo scambio complementare fa incontrare persone che hanno una relazione ma non sullo stesso piano per potere, ruolo comunicativo, autorità sociale, interessi. LA TEORIA DEGLI ATTI LINGUISTICI Parlare è un azione con la quale si compie qualcosa e si produce un cambiamento, che coinvolge il mondo delle relazioni umane dei soggetti che vi partecipano. Quindi possiamo dire che parlare sia un “atto linguistico”. Secondo Searle le categorie di condizioni di buona riuscita di un atto sono 4:

1. CONDIZIONI PRAPARATORIE: riguardano conoscenze e desideri degli interlocutori. Chi parla crede che l'ascoltatore non conosca quello che sta dicendo ed è interessato a saperlo.

2. CONDIZIONI DI SINCERITÀ: un'asserzione è sincera quando chi la pronuncia ritiene che sia vera.

3. CONDIZIONI ESSENZIALI: che caratterizzano ogni singolo atto linguistico in modo specifico. Per es una promessa ha come condizione essenziale che il parlante si assuma un impegno.

4. CONDIZIONI SOCIALI: che riguardano la posizione sociale di chi compie l'atto. Per es il giudice può condannare o assolvere.

Secondo Austin quando si dice qualcosa si compiono simultaneamente 3 atti: 1. ATTO LOCUTORIO: consiste nell'atto di dire qualcosa, di emettere suoni e parole seguendo

l'uso del codice grammaticale della lingua usata. In poche parole consiste nell'emissione di un significato.

2. ATTO PERLOCUTORIO: l'azione che mira a raggiungere effetti anche non immediati sull'interlocutore attraverso l'enunciazione di una frase.

3. ATTO ILLOCUTORIO: consiste nel modo con cui le parole vengono usate per fare affermazioni, dare valutazioni, dare ordini, fare promesse, ringraziare, scusarsi.

Non è sempre facile capire il tipo di atto illocutorio compiuto, specialmente in presenza di frasi ambigue. Per facilitare ciò vi sono degli INDICATORI DI FORZA ILLOCUTORIA che consistono nel tono di voce, nella punteggiatura in un testo scritto, gesti e posture, contesto in cui le frasi vengono pronunciate oppure nelle relazioni esistenti tra gli interlocutori. Searle ha dato un contributo importante per quanto riguarda l'analisi degli ATTI LINGUISTICI INDIRETTI. Negli atti linguistici indiretti il parlante comunica all'ascoltatore più di quanto effettivamente non dica. Ad es alcune forme verbali vengono utilizzate convenzionalmente per fare richieste cortesi “Potresti chiudere la porta”.

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GLI APPROOCI IN SOCIOLINGUISTICA La sociolinguistica è la scienza che studia i rapporti tra linguaggio e società, intendendo per linguaggio uno strumento fondamentale di comunicazione usato all'interno di una comunità. L'oggetto di analisi della sociolinguistica è “l'evento linguistico” cioè la conversazione/dialogo e l'appropriatezza delle frasi ovvero che ci sia un rapporto tra messaggi, frasi e contesti. L'obiettivo è la COMPETENZA COMUNICATIVA. L'ETNOGRAFIA DELLA COMUNICAZIONE L'etnografia è lo studio delle usanze di un popolo. L'etnografia della comunicazione individua un capo di ricerca che ha come oggetto principale l'analisi della comunicazione verbale dal punto di vista degli atti, degli eventi, degli stili linguistici in cui essa si realizza. L'etnografia del linguaggio, in altre parole, studia le relazioni esistenti tra testi e il contesto socio-culturale della comunicazione che risulta essenziale per la loro comprensione. L'ETNOMETODOLOGIA L'etnometodologia è una scuola sociologica, il cui fondatore è Garfinkel. L'oggetto di studio è l'insieme delle tecniche che i membri di una data società usano per interpretare il loro mondo sociale e per agire all'interno di quel mondo. È un insieme di metodi di cui i membri di un gruppo etnico si servono per comprendere la loro stessa verità. Vengono descritte: le regole non codificate e le procedure non verbalizzate ma implicite e scontate. Tra le assunzioni basilari dell'etnometologia vi è quella che la realtà è un fenomeno sociale da interpretare e che il comportamento umano è governato da regole. L'analisi delle interazioni è importante qualora si voglia capire come si costruisce l'organizzazione sociale della conversazione e quale tecniche di controllo si adottano nelle diverse situazioni. LA PROSPETTIVA CONTRATTUALE L'ARCHITETTURA DELL'INTERSOGGETTIVITÀ Il CONTRATTO DI COMUNICAZIONE di Rommetveit sostiene che i partecipanti alla comunicazione sono legati reciprocamente dalla caratteristiche di uno specifico contratto che riguarda: i soggetti che vi prendono parte, l'oggetto della comunicazione e la comunicazione in cui essa ha luogo. Negli atti comunicativi è fondamentale l'INTERSOGGETTIVITÀ, essa è una caratteristica delle situazioni sociali in cui i partecipanti assumono reciprocamente i punti di vista e giungono a condividere un comune universo di riferimento. Se manca l'intersoggettività la comunicazione o si interrompe oppure continua senza una comprensione corretta degli eventi. Lo scambio comunicativo viene definito da Rommetveit “ARCHITETTTURA DELL'INTERSOGGETTIVITÀ” In cui parlante e ascoltatore comprendono: l'oggetto momentaneo della comunicazione, le premesse, le presupposizioni, la comprensione reciproca. Sono frequenti le situazioni in cui non c'è accordo tra le presupposizioni dei partecipanti a uno scambio comunicativo. Ad es se noi facciamo una domanda e riceviamo una risposta complessa con un linguaggio specifico, non vi può essere comunicazione, nel momento che manca la complementarietà tra parlante ed ascoltatore e che non si capisce il livello di competenza. Quando invece le presupposizioni sono tacitamente condivise è possibile che avvenga uno scambio comunicativo anche essenziale. INTERAZIONE E COSTRUZIONE DI SIGNIFICATI Modello contrattuale (posta in gioco): GHIGLIONE. a. inizialmente ogni soggetto è un intra-locutore perché ha delle caratteristiche proprie dovute alla sua storia personale. Nel momento dell'interlocuzione queste caratteristiche entrano in contatto con quelle possedute da un altro soggetto, trasformandosi in caratteristiche interpersonali che co-costruiscono il significato. b. nell'interlocuzione vi sono una serie di principi che definiscono l'oggetto dello scambio comunicativo, ovvero la posta in gioco. Secondo il PRINCIPIO DI PERTINENZA i soggetti si riconoscono come interlocutori potenziali, perché si attribuiscono le competenze sufficienti per il funzionamento dello scambio comunicativo.

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Secondo il PRINCIPIO DI COERENZA questi interlocutori si attribuiscono un modo di pensare abbastanza simile da consentire uno scambio di idee. Secondo il PRINCIPIO DI RECIPROCITÀ nell'interlocuzione vi deve essere alternanza dei turni. Secondo il PRINCIPIO DI CONTRATTUALIZZAZIONE durante la conversazione vi sono accordi impliciti ed espliciti presi dagli interlocutori. Secondo il PRINCIPIO DI INFLUENZA durante lo scambio comunicativo, ogni interlocutore si assicura il controllo della risposta in gioco, imponendo all'altro la propria visione. Nel momento in cui la posta in gioco non è condivisa tra gli interlocutori, può accadere che s'interrompa la comunicazione oppure che vengano chiesti dei chiarimenti in modo da poter riprendere il discorso.. se il livello di partecipazione è basso può accadere che l'interlocutore adotti il modello di ragionare dell'altro, a volte senza capire di cosa si stia parlando. Questo capita quando il soggetto non è attento al contenuto del messaggio ma alle caratteristiche individuali del suo interlocutore. Quando il livello di partecipazione è medio vi è un controllo sui processi cognitivi propri e altrui. Quando il livello di partecipazione è alto, l'interazione produce nei soggetti la co-produzione di una nuova idea che può portare ad es alla soluzione di un problema. L'ANALISI DELLA CONVERSAZIONE I sostenitori dell'Analisi del Discorso utilizzano concetti e metodologie della linguistica per poter affrontare lo studio delle sequenza discorsive. I sostenitori dell'Analisi della Conversazione invece utilizzano una metodologia empirica con la quale vengono analizzati i dati che sono frutto di una conversazione spontanea. I ricercatori partendo da una raccolta dati ampia cercano di trovare modi per organizzare le sequenza conversazionali. I primi lavori si sono occupati degli elementi che caratterizzano l'organizzazione della conversazione, ad es alternanza dei turni per mostrare come i soggetti gestiscano lo scambio verbale. Ovvero capire come i soggetti coordinano ed esprimano i propri punti di vista affinché la comunicazione possa proseguire ed utilizzare delle espressioni di controllo della organicazione (es. “Hai capito?”). Il tipo di organizzazione delle conversazioni può variare in base alla cultura di appartenenza dei soggetti. Nel momento in cui vi è l'interlocuzione avviene uno scambio comunicativo e una riflessione su se stesso che viene indotta dalla relazione comunicativa avvenuta con l'altro soggetto. MARKOVA in ambito psicosociale mette in evidenza 2 diversi approcci allo studio del dialogo:

1. considera il linguaggio un fenomeno dinamico legato ad un contesto storico, sociale e culturale. Quindi ogni cambiamento nel linguaggio produce un cambiamento nel contesto.

2. Considera l'aspetto simbolico delle interazioni faccia-faccia e quindi l'insieme delle caratteristiche evocate dalla presenza di un interlocutore. In ogni conversazione vi sono dei rapporti asimmetrici dovuti sia al ruolo/status dei partecipanti sia alle informazioni possedute sull'oggetto del discorso e l'importanza che viene attribuita. Questa asimmetria è possibile superarla solo se i soggetti cooperano durante lo scambio comunicativo.

Il mondo sociale dei soggetti si trasforma nel corso dell'interazione. IL SOGGETTO E L'OGGETTO DELLA CONVERSAZIONE La conversazione può essere studiata a più livelli dallo psicologo sociale. A proposito dell'Analisi della Conversazione, Grice, ritiene che i soggetto negli scambi verbali hanno uno scopo in comune. Questi agiscono rispettando un principio di cooperazione che regola la loro attività comune e si fonda su un accordo di fondo fra i partecipanti. Questo principio si articola in 4 categorie:

1. QUANTITÀ delle informazioni necessarie per comprendere il messaggio 2. QUALITÀ delle informazioni da dare. Esse devono essere vere e magari sostenute da delle

prove 3. RELAZIONE di queste informazioni con lo scambio comunicativo (“Sii pertinente”) 4. MODO il contenuto della comunicazione deve essere chiaro e coinciso.

Per BANGE il linguaggio è come un azione sociale e definisce l'INTERAZIONE come “un meccanismo di azioni sociali reciproche in cui i ruoli di attore e di co-attore sono scambiati dai partner”.

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GALIMBERTI ha individuato 4 aree di ricerca su cui è direzionato lo studio della conversazione: 1. riguardano i lavori inerenti all'analisi interna della conversazione, i modi di risolvere le

ambiguità, le connessioni fra gli enunciati. 2. raccogliere i contribuiti sui fenomeni psicosociali come conflitti, rappresentazioni sociali che

magari portano il soggetto a rivedere le proprie concezione in base a quello detto dall'interlocutore.

3. la conversazione è uni strumento che serve per trasferire conoscenze. 4. la conversazione viene studiata in laboratorio, quindi c'è il rischio che si possano

confondere eventi reali con eventi simulati e viceversa.

LA COMUNICAZIONE NON VERBALE La comunicazione può avvenire attraverso gesti, espressioni di emozioni, il volto, la voce e anche attraverso l'abbigliamento. Il linguaggio solitamente viene utilizzato per comunicare informazioni su altre persone, oggetti, idee. Mentre per capire lo stato emotivo di una persona prestiamo più attenzione allo sguardo, all'espressione del volto, al tono della voce, più che alle parole pronunciate. L'ORIGINE FISIOLOGICA DEI SEGNALI NON VERBALI: ASPETTI INNATI E APPRESI Il sorriso è un espressione spontanea che è innata. Mentre le espressioni del viso sono innati, i gesti sono appresi e la loro relativa codifica e decodifica varia di significato in base alla cultura. Gli etologi hanno notato che gli animali non potendo esprimersi attraverso il linguaggio, utilizzano dei segnali non verbali. Questi segnali non verbali prevalentemente hanno un carattere innato, poi successivamente si sono modificati in parte attraverso l'apprendimento e l'imitazione. Stessa cosa per quanto riguarda i b/i, inizialmente i loro segnali sono innati, la loro risposta è automatica a degli stimoli e ha funzione di segnalazione e di richiamo. Successivamente, il b/o, imparerà ad utilizzare questi segnali in modo specializzato, anche con lo scopo di provocare una certa risposta da parte di altri. Nelle diverse culture vi sono dei segnali non verbali universali e ciò ha permesso di identificare i segnali non verbali innati e quelli appresi. Quindi la comunicazione non verbale è legata sia a fattori biologici sia a fattori legati all'apprendimento e all'esperienza sociale. IL PROBLEMA DELLA CONSAPEVOLEZZA E DELL'INTENZIONALITÀ Nella comunicazione non verbale vi sono segnali che vengono emessi in modo volontario ovvero con l'intenzione di comunicare qualcosa, altri invece consistono in una risposta spontanea ad uno stimolo oppure si manifestano involontariamente senza lo scopo di comunicare qualcosa. Le informazione che vengono trasmesse possono essere: IDIOSINCRATICHE (quando il significato è comprensibile a un solo individuo) e COMPRENSIBILI (quando il significato è comprensibile a più persone). Inoltre il comportamenti non verbale può essere: INFORMATIVO: comprende gesti che vengono condivisi e interpretati in modo analogo da alcune classi di osservatori. COMUNICATIVO: comprende gesti inviati consapevolmente ad un soggetto per trasmettere un messaggio preciso. INTERRATIVO: comprende i gesti usati durante l'interazione che influenzano e modificano il comportamento dei partecipanti all'interazione. CODIFICA E DECODIFICA CODIFICARE UN MESSAGGIO NON VERBALE significa inviare informazioni in modo consapevole o non ad un altra persona attraverso segnali non verbali. DECODIFICARE UN MESSAGGIO NON VERBALE significa percepire ed interpretare i segnali non verbali. Spesso la decodifica dei messaggi non verbali, non è corretta. Secondo Argyle nella codifica e decodifica si possono verificare diverse situazioni: a. i 2 interlocutori attribuiscono a un segnale non verbale lo stesso significato b. il comportamento dell'emittente viene recepito in modo sbagliato perché sia l'emittente che il

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ricevente o entrambi si sono rivelati inefficaci c. l'emittente invia un messaggio ingannevole ed il ricevente non è capace di coglierlo o capirlo d. nonostante l'emittente non abbia intenzione di comunicare, il ricevente coglie lo stesso dei messaggi come ad es lo sbadiglio può essere segnale di noia e. l'emittente non intende comunicare e il ricevente lo interpreta in modo sbagliato . Ad es distogliere lo sguardo viene interpretato come menzogna Gli individui che risultano carenti nell'utilizzare e nel decifrare i segnali non verbali possono non essere in grado di stabilire o mantenere relazioni con gli altri, anche se lo vogliono. Un elemento molto importante nei processi di codifca e decodifica della CNV è il FEEDBACK. Infatti, ad es, se una persona mentre parla presta attenzione al volto, allo sguardo, ai movimenti delle sopracciglia e della bocca, ai cenni del capo dell'ascoltatore, può capire se il suo messaggio è compreso e regolare di conseguenza il proprio comportamento ad es ripetendo o sottolineando alcuni passaggi del discorso o modificandoli opportunamente. LE FUNZIONI DELLA COMUNICAZIONE La comunicazione non verbale ha diverse funzioni: esprimere emozioni; comunicare gli atteggiamenti interpersonali; partecipare alla presentazione di sé; completare, modificare, sostituire il discorso. ESPRIMERE EMOZIONI Sia gli uomini che gli animali attraverso i segnali NV manifestano i loro stati emotivi. DARWIN riteneva che le espressioni delle emozioni fondamentali sono innate e che successivamente subiscono un evoluzione legata all'adattamento dell'ambiente (apprendimento e imitazione). EKMAN ha elaborato la teoria “neuro-culturale” secondo la quale l'origine dell'espressione delle emozioni sia dovuta a dei programmi neurofisiologici innati che ne determinano l'universalità. Gli aspetti che risultano appresi dipendono da alcuni elementi della cultura d'appartenenza. ARGYLE sostiene che nell'espressione delle emozioni si possono riscontrare 3 componenti:

1. DTATO FIOLOGICO: è costituito dall'insieme dei segnali che si possono notare sul corpo, come smorfia di dolore, sudorazione oppure tremore se si ha paura.

2. ESPERIENZA SOGGETTIVA: ogni individuo esprime le proprie emozioni in base alle proprie caratteristiche individuali, alle proprie esperienze personali (provare un emozione per un ricordo di un evento) e agli elementi appresi dalla cultura di appartenenza.

3. COMPLESSO DEI SEGNALI NON VERBALIZZI BUCK sostiene che per ogni emozione si possono distinguere 2 aspetti:

1. esperienza soggettiva, come una “lettura ad alta voce” su se stessi per comprendere i propri stati interiori.

2. Espressione delle emozioni come una “lettura ad alta voce” a beneficio degli altri. L'espressione dell'emozione può essere involontaria o volontaria. EKMAN e FRIESEN hanno individuato 4 regole di OSTENTAZIONE:

1. nascondere la propria emozione simulandone un'altra 2. mostrare indifferenza 3. cercare di ridurre il livello di espressione di una certa emozione 4. aumentare l'espressività

I segnali non verbali rispetto al linguaggio hanno una maggiore efficacia comunicativa e veridicità sia perché sono visibili sia perché sono poco controllabili. Mentre la VOCE e il CORPO trasmettono informazioni sull'intensità delle emozioni, invece il VOLTO trasmette informazioni più sul tipo di emozioni e risulta il canale che si riesce meglio a controllare. Inoltre è stato notato che solitamente nella codifica e decodifica, le donne prestano maggiore attenzione al volto, invece gli uomini alla voce e alla postura del corpo. COMUNICARE ATTEGGIAMENTI INTERPERSONALI

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Attraverso segnali non verbali possiamo comunicare anche gli atteggiamenti nei confronti degli altri. Le emozioni e gli atteggiamenti possono essere innati. Le EMOZIONI si possono verificare indipendentemente dalla presenza o dagli stimoli che ci provengono dagli altri. Gli ATTEGGIAMENTI sono sempre diretti verso un'altra persona. I segnali NV con cui si comunicano gli atteggiamenti possono essere emessi spontaneamente oppure essere regolati per mantenere una relazione sociale. Solitamente si esprimono spontaneamente gli atteggiamenti positivi, mentre si cerca di controllare quelli negativi. Gli atteggiamenti interpersonali che caratterizzano le relazioni sono sostanzialmente 2:

1. Dimensione amichevole-ostile 2. Dominante-sottomesso

Queste dimensioni possono mescolarsi ad es amichevole-dominante. Un ATTEGGIAMENTO AMICHEVOLE generalmente si manifesta con un volto più sorridente, maggiore frequenza di sguardi. Un ATTEGGIAMENTO DI DOMINANZA generalmente si manifesta con assenza di sorriso, espressione del volto più severa, sopracciglia aggrottate. L'uso di questi segnali NV spesso è una caratteristica di alcune professioni (ad es degli insegnanti). In un esperimento, si è notato che, chi impersonificava il ruolo d'insegnante tendeva ad interrompere e a parlare con maggiore frequenza; che impersonificava il ruolo di allievo tendeva alla sottomissione. PRESENTARE SE STESSI Durante l'interazione sociale gli individui scambiano informazioni su se stessi, con lo scopo di avere una maggiore conoscenza reciproca e stabilire delle relazioni. Gli individui nel presentare se stessi, influenzando positivamente l'interlocutore, utilizzano strategie e strumenti che spesso si rivelano superficiali. L'immagine che si vuole dare di se stessi è spesso influenzata dai mass media, da fattori culturali e da stereotipi. A proposito della presentazione di sé, GOFFMAN, dice che l'individuo diventa un attore che interpreta una parte e cerca di utilizzare gli strumenti e le strategie più efficaci per fornire agli altri l'immagine di sé che si vuole dare. SOSTENERE, MODIFICARE, COMPLETARE, SOSTITUIRE IL DISCORSO Durante le conversazioni il messaggio verbale è accompagnato e influenzato da elementi non verbali che possono essere si tipo NON VOCALE (gesti, posture) e VOCALE (intonazioni, vocalizzazioni, pause). La CNV, quindi, sostiene, modifica e completa la comunicazione verbale per rendere efficace la comunicazione i partecipanti devono rispettare una serie di regole: rispettare l'alternanza dei turni; che parla deve evitare ripetizioni, silenzi e pause troppo lunghe e frequenti; chi parla deve verificare se l'interlocutore è attento e interessato; chi parla deve segnalare al suo interlocutore che ha finito di parlare e lo può fare con un gesto, con un cenno del capo o altro; chi ascolta non deve interrompere e sovrapporre chi parla. Durante l'interazione i diversi segnali esercitano anche un'importante funzione di controllo, forniscono cioè un FEEDBACK di informazioni per entrambi gli interlocutori su quanto viene comunicato, influenzando i comportamenti. Secondo KENDON vi sono 3 tipi di segnali di informazione retroattiva:

1. quelli che segnalano attenzione e comprensione del messaggio dell'emittente 2. quelli relativi al grado di accordo e disaccordo su quanto viene comunicato 3. quelli di imitazione, prodotti dall'ascoltatore

SCHERER invece ha parlato di “funzioni di reazione” dei segnali non verbali che l'ascoltatore invia a chi sta parlando e possono essere di 3 tipi: di ATTENZIONE; di COMPRENSIONE; di VALUTAZIONE che esprimono disaccordo o perplessità. GLI ELEMENTI DELLA COMUNICAZIONE NON VERBALE L'ASPETTO ESTERIORE

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L'aspetto esteriore fornisce informazioni sugli individui e influenza le impressioni che si hanno su quella persona. L'aspetto esteriore è formato da diversi elementi non verbali che COOK ha definito “statici”, cioè non subiscono cambiamenti durante l'interazione e sono: volto, abiti, conformazione fisica, trucco, acconciatura. L'ATTRATTIVA FISICA dipende, in maggior misura, dalle caratteristiche fisiche possedute da ogni individuo, ma anche dagli stratagemmi che si utilizzano per valorizzare certe caratteristiche che vengono considerate poco attraenti come curando la propria persona, lo stato della pelle e dei capelli attraverso igiene, uso di cosmetici e accessori appropriati. IL VOLTO Il volto è il più importante canale per esprimere le emozione, ma è anche quello su cui si può esercitare un maggiore controllo. Durante l'interazione sociale, le espressioni del volto, comunicano le emozioni e gli atteggiamenti verso gli altri sostenendo e accompagnando il discorso. Per le emozioni espresse si può notare una certa asimmetria nel volto: PARTE SINISTRA: è più espressiva e spontaneamente PARTE SINISTRA: controllo volontario e regole di ostentazione La comunicazione verbale è accompagnata da delle espressioni facciali. Stessa cosa chi ascolta attraverso le espressioni facciali, può esprimere attenzione, disappunto, sorpresa. Secondo Argyle le sopracciglia sono l'elemento del volto che fornisce un costante commento del volto. Le espressioni facciali forniscono un feedback per entrambi gli interlocutori. LO SGUARDO Diversi sono gli elementi che costituiscono uno sguardo. Alcuni sono di tipo FISIOLOGICO e INVOLONTARIOO (dilatazione delle pupille, battito delle palpebre). Altri vengono usati più CONSAPEVOLMENTE (movimenti ed espressioni degli occhi). Quando gli individui interagiscono tra di loro fanno uso di sguardi reciproci. L'ESSERE GUARDATI può provocare diverse reazioni (piacevoli/spiacevoli) per questo motivo è importante che durante l'interazione visiva si stabilisca un equilibrio rispetto all'uso degli sguardi reciproci e che le persone usino un controllo visivo opportuno alle circostanze e alle persone coinvolte. Anche lo sguardo fornisce dei feedback agli interlocutori. Lo sguardo più che il tipo di emozione ne rivela l'INTENSITÀ. Si è notato che le PERONE DOMINANTE o AUTORIATARIE, quando si relazionano con persone di status o rango inferiore, guardano di più quando parlano e mentre meno ascoltano. Invece le persone che esprimono DESIDERIO DI RAPPORTI AMICHEVOLI e DI COOPERAZIONE cercano maggiormente di stabilire un contatto visivo. Durante la comunicazione lo scambio di sguardi può indicare l'alternanza dei turni, di voler prendere la parola oppure di voler indicare un oggetto. Si è notato che quando si inizia a parlare, generalmente, si distoglie lo sguardo per concentrarsi. Successivamente, attraverso numerose occhiate, si cercherà di ottenere dei feedback (pause, fine di una frase, esitazione) per capire se l'interlocutore è interessato e concorde. LAVOCE E GLI ASPETTI NON VERBALI DEL PARLATO TRAGER divide gli elementi paralinguistici in 2 categorie:

1. QUALITÀ DELLA VOCE: tono, aspetti che si riferiscono a caratteristiche individuali del soggetto come età, sesso, provenienza

2. VOCALIZZAZIONI: suoni che si possono suddividere in: -CARATTERIZZATORI VOCALI (sospiro, pianto, riso, sbadiglio) -QUALIFICATORI VOCALI (intensità, timbro ed estensione) -SEGREGATI VOCALI (i suoni come “Uh”, “Hum”) ARGYLE parla di VOCALIZZAZIONI NON VERBALI. I segnali non verbali sono: LEGATI AL PARLARE (segnali prosodici, sincronici, di disturbo) e sono INDIPENDENTI DAL PARLARE (rumori emotivi, segnali paralinguistici, aspetti relativi alla qualità della voce). Sulla voce si ha poco controllo, per questo motivo spesso si possono capire i reali stati emotivi di una persona. Si è notato che quando vi è uno stato d'ansia vi è un aumento della voce e del ritmo

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dell'eloquio. Quando una persona è triste, invece, tende a parlare lentamente e con tono di voce basso. L'uso della voce ha la capacità di persuadere le persone. Sicuramente le persone più persuasive sono coloro che parlano più in fretta, con un tono di voce alto e con maggiore intonazione. IL COMPORTAMENTO SPAZIALE CONTATTO CORPOREO: il primo contatto che si ha è quello con la madre e rappresenta la prima forma di contatto sociale. Esistono diversi tipi di contatti corporei: stringere la mano, abbracciare, accarezzare, baciare. Questi tipi di contatto stabiliscono il tipo di rapporto che vi è tra le persone che può essere amichevole, formale e così via. Un'altra forma di contatto fisico è l'autocontrollo che spesso compiamo in situazioni di stanchezza, stress oppure per darci sostegno e conforto. VICINANZA DISTANZA: HALL ha individuato 4 tipi di zone:

1. INTIMA da 0 a 45cm: rapporti intimi e confidenziali 2. PERSONALE DA 45 A 1,20m: quando viene invaso lo spazio personale, può provocare

nell'individuo disagio e malessere 3. SOCIALE da 1,20 a 3,65m: nei rapporti di lavoro e formali. In questo caso si attivano alcuni

sensi come l'udito e la vista 4. PUBBLICA da 3,65m in poi: a questa distanza è necessario usare un tono di voce alto,

enfatizzare i gesti. È difficile notare alcuni segni non verbali come l'espressione del volto e dello sguardo.

La vicinanza fisica tra le persone è l'elemento che esprime meglio il grado di intimità e di gradimento reciproco. Però può verificarsi che non vi sia un uguale reciprocità di motivazioni e che la troppa vicinanza di una persona provochi un allontanamento. Le distanze e le vicinanze spesso dipendono anche dal tipo di cultura di appartenenza. Ad es. gli arabi preferiscono una vicinanza il cui contatto sia gomito a gomito. In India invece la distanza è dettata dalla casta di appartenenza e si può arrivare ad una distanza di 39m. ORIENTAZIONE: si riferisce alla posizione del corpo e non a quella del capo e dello sguardo. Le persone che assumono una posizione in cui si trovano fianco a fianco mostrano un buon grado di amicizia, di gradimento reciproco. La posizione frontale, invece, indica situazioni formali, ad es nei rapporti di lavoro in cui si tende a stabilire un rapporto gerarchico. Da un esperimento è stato notato che l'orientazione fianco a fianco indica un atteggiamento cooperativo mentre quello frontale competitivo. POSTURE: in ogni cultura esistono delle regole precise che definiscono quale postura si deve assumere in determinate circostanze. Generalmente la DOMINANZA e lo stato sociale si esprimono con una postura eretta, mani sui fianchi, capo all'indietro. Invece la SOTTOMISSIONE o RIVERENZA abbassando lo sguardo e il capo, inchinandosi o inginocchiandosi. Un atteggiamento moderatamente rilassato si ha quando si è in presenza di persone che si ritengono simpatiche. Una postura molto interessante invece si ha quando si è in presenza di persone che sono antipatiche oppure che non si rispettano. I MOVIMENTI DEL CORPO E I GESTI I più importanti movimenti del corpo sono quelli che si producono con le mani, con i cenni del capo e quelli che riguardano le espressioni facciali. I GESTI sono tutte quelle azioni che vengono prodotte volontariamente per comunicare informazioni a chi ci guarda. ROSENFELD distingue 2 categorie:

1. GESTICOLAZIONE: tutti i movimenti che non implicano un contatto con altre parti del corpo 2. MANOPOLAZIONE DI SÈ: gesti che comportano un contatto con il corpo

EKMAN e FRIESEN hanno individuato 5 tipi di gesti, considerando soprattutto i movimenti delle mani:

1. GESTI EMBLEMATICI: segnali emessi intenzionalmente, il cui significato può essere facilmente compreso e condiviso da persone che appartengono a certi gruppi sociali. I gesti

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emblematici possono sostituire o ripetere un messaggio verbale (ad es il segno che si usa per fare l'autostop)

2. GESTI ILLUSTRATORI: sono costituiti da tutti i movimenti. Compiuti soprattutto con le mani, che le persone fanno mentre parlano. Vengono utilizzati per chiarire o per ripetere ciò che si dice, per enfatizzare, sottolineare alcune parti del discorso, indicando oggetti,azioni, figure..

3. SEGNI REGOLATORI: vengono utilizzati per mostrare approvazione, disapprovazione, interesse

4. GESTI CHE RIVELANO STATI EMOTIVI DI UNA PERSONA: anche se le emozioni vengono espresse/occultate principalmente dal volto, i movimenti del corpo riflettono l'ansia, la tensione emotiva di un individuo o un comportamento aggressivo (ad es agitare un pugno è segno di rabbia)

5. GESTI DI ADATTAMENTO La diversità nell'uso e nel significato dei gesti possono portare di frequente a dei fraintendimenti, rifiuto e intolleranza verso persone che appartengono a gruppi culturali ed etnici differenti.

QUANDO LA COMUNICAZIONE FALLISCE Le forme che la comunicazione problematica può assumere sono molteplici, possono coinvolgere aspetti diversi dell'interazione, riguardare uno degli interlocutori o entrambi, riferirsi al contenuto del messaggi e/o alla relazione tra gli interagenti. Il termine MISCOMMUNICATION indica la comunicazione problematica, l'incapacità di comunicare. LE CARATTERISTICHE DELLA COMUNICAZIONE PROBLEMATICA MISUNDERSTANDING: quando il messaggio viene frainteso o risulta incompreso dall'ascoltatore. MISREPRESENTATION: quando il parlante fallisce nella comunicazione o per sua inettitudine (ad es pronunciando frasi non corrette) oppure perché non chiarisce le proprie intenzioni. Per quanto riguarda la comunicazione problematica, HOLMES, ne distingue 2 dimensioni incrociate:

1. DIMENSIONE REFERENZIALE: quando vi sono errori nella presentazione o nella comprensione del contenuto.

2. DIMENSIONE AFFETTIVA: quando vi è una rottura nella relazione tra gli interlocutori. Molto spesso i disturbi della comunicazione possono essere causati dalla confusione tra contenuto e relazione. Il CONTENUTO può essere chiarito cercando conforme in dati oggetti. Il problema della COMUNICAZIONE è più complicato perché riguarda la definizione che i soggetti offrono di sé e dell'altro. L'interlocutore può avere 3 reazioni, sulla definizione che l'emittente da di sé, egli può: accertarla; rifiutarla, disconfermarla (“tu non esisti”). Nelle RELAZIONI SIMMETRICHE possono sorgere problemi legati alla competitività. Nelle RELAZIONI COMPLEMENTARI il disturbo può essere provocato dalla fissazione dei ruoli degli interlocutori, i quali non modificano le loro posizioni. Per avviare l'intero processo comunicativo è importante che l'emittente PIANIFICHI (ovvero cerchi di ottenere un certo scopo in modo comunicativo) ed ESEGUA l'atto comunicativo. In questa prima fase può verificarsi un fallimento da parte dell'emittente, il quale può avere delle difficoltà a pianificare ed a eseguire con successo l'atto pianificato. Una volta eseguito l'atto comunicativo, è compito dell'ascoltatore ricostruire le interazioni dell'emittente. In questa fase vi possono essere 2 tipi di insuccesso: INCOMPRENSIONE o MALINTESO. Poi vi può essere un'altra fase chiamata DI ACCETTAZIONE in cui l'ascoltatore deve prendere delle posizioni su ciò che è stato detto dall'emittente. Vi può essere: RIGETTO: quando l'ascoltatore crede che le intenzioni siano opposte a quelle dichiarate (inganno) NEGAZIONE: quando l'ascoltatore crede che l'emittente abbia delle credenze erronee sulle precondizioni dell'atto comunicativo e informa l'emittente di ciò

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RIFIUTO: quando l'ascoltatore non accetta di soddisfare lo scopo dell'emittente (ad es “Accendi la radio, per favore” “Non riesco a lavorare con la musica”) MODALITÀ DI RIPARAZIONE I fallimenti della comunicazione possono essere riparati con: riconoscimento di un insuccesso; identificazione del meccanismo (attribuzione); adozione di una strategia per il recupero. L'emittente non è sempre predisposto a riparare la comunicazione perché ritiene che sia impossibile farlo o troppo faticoso perché vi è un rifiuto da parte dell'altro. AUTOCORREZIONE SPONTANEA: quando lo stesso parlante si accorge dell'errore e nel turno dopo esegue la correzione. AUTOCORREZIONE DI CHIARIFICAZIONE: quando il soggetto chiarisce spontaneamente o su sollecitazione dell'ascoltatore ciò che ha detto, aggiungendo ulteriori informazioni. Se la distanza tra disturbo e correzione aumenta si tenderà a lasciar correre. ADLER e TOWNE hanno indicato diverse modalità per superare le difficoltà nella comunicazione a livello semantico: -DISTINGUERE I FATTI DALLE INFERENZE: è opportuno distinguere i fatti (il comportamento osservabile) dalle interferenze (le interpretazioni che ne abbiamo tratto). -USARE GLI EUFENISMI CON PARSINOMIA: a volte vengono utilizzati per alleviare le informazioni che potrebbero essere spiacevoli, non chiarendo però il messaggio. -USARE IL LINGUAGGIO EMOTIVO CON MODERAZIONE: infatti i termini a forte coloritura emotiva sono poco accurati e non sempre vengono accolti dagli altri. Ad es una persona fuori dal normale può essere considerata come eccentrica oppure come pazza. -DIFFIDARE DELLE VALUTAZIONI STATICHE: ovvero non affibbiare a delle persone delle caratteristiche stabili e immutabili ma tenere conto del contesto. L'INCOMPRENSIONE CON IL B/O PICCOLO: QUANDO IL NON CAPIERSI È IMPORTANTE PER LA SOCIALIZZAZIONE OCHS ha evidenziato che le incomprensioni dei b/i sono attività importanti per la socializzazione di conoscenze linguistiche e socioculturali. Le incomprensioni che riguardano il b/o possono essere di 2 tipi: FRASI PRONUNCIATE DALL'ADULTO E NON COMPRESE DAL B/O FRASI PRONUNCIATE DAL B/O E NON COMPRESE DALL'ADULTO In quest'ultimo caso gli adulti possono adottare 4 strategie:

1. ignorare le frasi non chiarire 2. segnalare al b/o di non aver capito con forme non verbali (alzando le sopracciglia) oppure

chiedere di nuovo cosa ha detto 3. formulare un suggerimento, ovvero chiedere se ha detto quella determinata cosa 4. l'adulto fornisce formazioni culturalmente appropriate per le frasi, non dimostrando

interesse, così, a capire cosa avrebbe voluto dire il b/o Per quanto riguarda il 1° caso l'adulto deve adottare la strategia di usare una sintassi e un lessico molto semplice. Quando il b/o non capisce, solitamente, dà delle risposte inappropriate oppure chiede di ripetere la domanda. I PROBLEMI DELLA COMUNICAZIONE TRA CULTURE DIVERSE 4 sono le aree di interesse nelle ricerche sulla MISCOMMUNICATION nelle relazioni interculturali:

1. MISCOMMUNICATION COME DIFFERENZA CULTURALE 2. MISCOMMUNICATION COME FALLIMENTO LINGUISTICO: l'interesse si è concentrato

sull'analisi delle interazioni tra i parlanti nativi e non, in cui la mancanza di un sistema linguistico condiviso può portare a diversi malintesi. In questo caso si può verificare

NON COINVOLGIMENTO (la comunicazione non si verifica anche quando 2 persone si conoscono; la comunicazione si rompe quando uno degli interlocutori si rende conto che non avrebbe senso continuare ulteriormente interazione) o una MISCOMMUNICATION

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(malintesi, comprensioni incomplete). Nel caso che si verifica la MISCOMMUNICATION gli interlocutori cercano di risolvere i problemi (comunicazione negoziata). Oltre ai problemi legati alle differenze socioculturali, gli insuccessi comunicativi possono essere dovuti anche a differenze tra le grammatiche degli interlocutori.

3. MISCOMMUNICATION COME FALLIMENTO PRAGMATICO: i fallimenti possono essere dovuti sia a una bassa competenza linguistica in una lingua straniera sia anche a causa di una bassa conoscenza socioculturale.

4. MISCOMMUNICATION COME PROBLEMA D'IDENTITÀ: gli interlocutori modificano il proprio comportamento verbale e non verbale rispetto a fattori situazionali e personali. Vi è il bisogno di approvazione sociale.

FRAINTENDERE LE INTENZIOIN: CONTRADDIZIONI E IMPLICITI DISCORSIVI Negli scambi conversazionali non tutti gli elementi vengono sempre comunicati esplicitamente: molti sono suggeriti, insinuati, lasciati intendere. La comunicazione avviene senza difficoltà grazie ad una conoscenza di senso comune che consente di orientarsi all'interno della conversazione. MIZZAU ha individuato 6 livelli della comunicazione implicita:

0. LIVELLO INTENZIONALE : non c'è comunicazione. Un segno non intenzionale viene interpretato erroneamente come intenzionale. Ad es : Mi ha urtato apposta”.

1. LIVELLO DELL'INTENZIONE SCOPERTA: in questo caso gli impliciti possono essere delle presupposizioni oppure avere un supporto sintattico (bella ma intelligente implica che la frase contravviene a un luogo comune). Il destinatario nel ricostruire le intenzioni dell'emittente, può intercorrere in fraintendimenti dovuti a un difetto oppure a un eccesso di inferenze.

2. LIVELLO DELL'INTENZIONE NECESSARIAMENTE MASCHERATA: l'emittente lascia intendere, mente senza assumersi la responsabilità. Il fallimento comunicativo avviene quando il destinatario smaschera l'emittente.

3. LIVELLO DELL'INTENZIONE NON NECESSARIAMENTE MASCHERATA: l'emittente invia dei messaggi con un significato chiaro ed evidente, pur usando modalità indiziarie. Anche de il destinatario ricostruisce esattamente le sue intenzioni, il risultato non è pregiudicato. (ad es. spesso quando viene scoperta una scusa non importa che abbia mentito, l'importante è mostrarsi educato fornendo una giustificazione al rifiuto)

4. LIVELLO DELL'INTENZIONE APERTAMENTE MASCHERATA: consiste negli usi impliciti. È l'ambito dell'allusione, dell'insinuazione, dell'ironia. Per comprendere questa categoria di impliciti, occorre che il destinatario competenze linguistiche, conversazionali e in alcuni casi delle conoscenze specifiche alla situazione e agli interlocutori.

5. LIVELLO DELL'INTENZIONE AMBIGUA: l'emittente formula in modo coperto la propria intenzione, lasciando al destinatario la possibilità di capire o non, e quindi di rispondere all'aspetto letterale o a quello implicato dal messaggio (e quindi in caso di insuccesso salvarsi la faccia).

LA DIMENSIONE “MORALE” DEL FALLIMENTO: L'INGANNO La comunicazione problematica è intenzionale nel momento in cui vi è l'inganno. Molto spesso vengono dette bugie perché sono ritenute utili per le persone a cui sono rivolte. Secondo una ricerca le bugie vengono dette per: salvare la faccia; evitare tensioni o conflitti; guidare l'interazione sociale; espandere o ridurre le relazioni; guadagnare potere cioè mostrare che si ha il controllo della situazione. Spesso vengono utilizzate frasi ambigue o equivoche per affrontare situazioni spiacevoli onde evitare bugie e verità scomode. Il modello del processo della comunicazione ingannevole comprende 3 componenti:

1. I FATTORI IMPUT che caratterizzano il comportamento di colui che inganna e riguardano aspetti individuali e situazionali.

2. I FATTORI DI DETENZIONE che consistono negli elementi che favoriscono la scoperta

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dell'inganno. 3. GLI INDICI COMPORTAMENTALI VERBALI E NON VERBALI associati all'inganno.

4 sono i FATTORI DI INPUT che influenzano il comportamento di chi inganna durante l'interazione:

1. LIVELLO DI AROUSAL: legato alla motivazione. Se la motivazione all'inganno è bassa vi è più possibilità di scoprire l'inganno soprattutto dagli indici verbali; al contrario se la motivazione è alta ci sarà meno possibilità di scoprire l'inganno perché si starà più attenti nel formulare la menzogna.

2. COMPLESSITÀ COGNITIVA: dal punto di vista cognitivo risulta più difficile dire una bugia che una verità.

3. LE EMOZIONI: in genere all'inganno sono associate la colpa e la paura. Queste vengono manifestate attraverso le espressioni facciali, il tono di voce e i movimenti del corpo.

4. CONTROLLARE IL PROPRIO COMPORTAMENTO: in caso di scarso o eccessivo autocontrollo, il comportamento risulta inappropriato e quindi più facilmente distinguibile come ingannevole.

Il destinatario percepisce l'inganno attraverso diversi fattori: ATTENZIONE; SENSIBITÀ; ABILITÀ COGNITIVE IMPIEGATE NEL PROCESSO DI ELABORAZIONE DELLE INFORMAZIONI. Gli stereotipi preesistenti dello scopritore e l'esperienza passata con il soggetto mentitore possono incidere sul processo di scoperta dell'inganno.

DIFFERENZA FRA DONNE E UOMINI NEI PROCESSI COMUNICATIVI Gli uomini e le donne, pur parlando la stessa lingua, utilizzano forme e stili linguistici differenti e attribuiscono un diverso significato alle parole e ai segnali della comunicazione corporea. LA DIFFERENZA SESSUALE: ASPETTI GENERALI A proposito della differenza sessuale vi sono 2 posizioni:

1. essa è dovuta a un fattore biologico e naturale 2. essa è dovuta a condizionamenti sociali e culturali

Secondo la 1° posizione, ovvero quella biologica, gli UOMINI sono più razionali, intelligenti, forti e controllati, mentre le DONNE sono più istintive, sensibili, fragili ed emotive. Per quanto riguarda il linguaggio, si ritiene che, gli UOMINI hanno un linguaggio più sobrio, razionale e sono più determinati nell'affermare le proprie opinioni, mentre le DONNE parlano troppo, spesso senza pensare e in modo troppo emotivo. Secondo la 2° posizione, ovvero quella dei condizionamenti socioculturali, i b/i e le b/e non vengono trattati ed educati allo stesso modo, ed il loro processo di socializzazione è differente. In base al sesso, ogni individuo è collocato all'interno della struttura sociale, in un ordine gerarchico con differenti ruoli, funzioni, grado di potere. Molte discipline in passato si sono occupate nell'individuazione e nella classificazione delle differenze che esistono fra le donne e gli uomini. Solo di recente, in gran parte grazie alle riflessioni ed elaborazioni del movimento femminista (che si è sviluppato a partire dagli anni '70 in USA), gli studi sulla differenza sessuale si sono orientati sul perché esista e attraverso quali modi si è determinata. Punto di partenza di questa riflessione è la messa in discussione dei principi e dei valori della cultura patriarcale, sessista e androcentrica, in cui l'UOMO viene riconosciuto come unico e universale, mentre la DONNA viene vista come un oggetto definito dalla sua relazione con il soggetto maschio. Le analisi che fanno riferimento al movimento femminista tentano quindi di definire una specificità e un'autonomia femminile. DIFFERENZE SESSUALI NEL LINGUAGGIO Per quanto riguarda le differenze sessuali nel linguaggio vi sono 2 principali filoni di ricerca:

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1. lo studio sulla DIFFERENTE UTILIZZAZIONE della lingua fra donne e uomini. Ad es si è notato che uomini e donne hanno una pronuncia diversa, articolano in modo differente alcuni suoni, attribuiscono un significato diverso ad alcune parole.

2. Lo studio della STRUTTURA e della STORIA della lingua, volto ad individuare gli aspetti sessisti del linguaggio, le forme linguistiche portatrici di pregiudizi e discriminazioni nei confronti delle donne e il processo storico-culturale che le ha determinate.

DETERMINISMO E DOMINANZA DETERMINISMO BIOLOGICO: le diverse parlate femminili sono considerate come una sorta di devianza da una norma linguistica maschile, un linguaggio minore derivato da quello degli uomini. Le donne parlano diversamente sia perché sono portate a farlo sia perché è un modo per evidenziare la loro femminilità DETERMINISMO SOCIALE: le diverse parlate sono dovute alla struttura sociale, alla diversa socializzazione ed educazione DOMINANZA MASCHILE: il linguaggio stesso è sessuato e vi è in esso una dominanza maschile sia nell'uso che nella struttura stessa del linguaggio. Es con il termine “UOMO” si indica sia il maschio della specie sia l'essere umano in generale. Quando sono presenti 2 nomi femminili e 1 maschile l'accordo grammaticale che si utilizza è quello maschile (regola dell'”assorbimento” o “inglobamento”) ciò dimostra che vi è una superiorità del maschile sia nel genere grammaticale che in quello sociale. LE TEORIE DEL DEFICIT FEMMINILE La comunicazione delle donne, soprattutto quella verbale, è ritenuta deficitaria rispetto a quella degli uomini. Il linguista JESPERSEN sostiene che le donne parlano senza pensare, non finiscono le frasi, hanno un vocabolario meno ricco rispetto a quello degli uomini, e usano le espressioni più ricercate rispetto a quelle degli uomini che sono più popolari. Secondo Jespersen, questa differenza dipende da un fattore biologico sia per quanto riguarda la capacità che le attitudini. La linguista ROBIN LAKOFF parte dallo stesso presupposto di Jespersen, ovvero che il linguaggio femminile è inferiore rispetto a quello maschile però ciò non dipende da un fattore biologico ma da fattori ambientali, dalla struttura sociale. La Lakoff sostiene che è alla società che impone alle donne a parlare un linguaggio che sia caratterizzato da incertezza e debolezza ed è in seguito a ciò che le donne vengono giudicate indecise. L'apprendimento differenziato fra maschi e femmine ha la funzione di educare le donne a non assumere comportamenti competitivi, a evitare conflitti, a non esprimere in modo preciso le proprie opinioni. In questo modo le donne vengono automaticamente escluse dai ruoli di potere e di responsabilità all'interno della società. La Lakoff ha individuato alcune forme nel modo di parlare delle donne che determinano e accentuano la discriminazione nei loro confronti: a) le donne danno una definizione dei colori ricca di particolari e di sfumature. Ciò non viene visto come creativo ma superfluo e quindi da loro non si aspettano decisioni importanti b) le donne usano molti eufemismi considerati superflui e ciò indica debolezza ed emotività c) le donne utilizzano alcuni aggettivi come “delizioso”, “adorabile” d) le donne durante una conversazione usano la forma della domanda capovolta “Non è vero?” dimostrando così insicurezza. DUBOIS e CROUCH non sono concordi perché secondo alcuni esperimenti anche gli uomini utilizzano la domanda capovolta e) l'insicurezza della donna è data anche dall'intonazione, presenta una inflessione negativa. A tal proposito, MCCONNELL, in un esperimento fece valutare a diversi soggetti diversi toni di voce. I soggetti sperimentali collegavano ad un tono di voce ascendente, caratteristiche di simpatia e socievolezza e non aspetti legati al sesso. La Lakoff considera il linguaggio delle donne inferiore e si limita a proporre (alle donne) di cambiare linguaggio o di utilizzare un linguaggio più maschile. L'APPROCCIO DELLE DUE CULTURE

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Secondo l'approccio delle 2 culture, gli uomini e le donne appartengono a 2 culture differenti. Di ocnseguenza le differenze che si riscontrano nel linguaggio rispecchiano una differenza culturale. Gli autori MALTZ e BORKER ritengono che le difficoltà di comunicazione tra i 2 sessi siano comparabili a quelle che si possono riscontrare nella comunicazione interetnica, e quindi dovute ad errate interpretazioni. Secondo costoro le differenti culture delle donne e degli uomini hanno origine nell'infanzia e sono il risultato dei processi di interazione e socializzazione vissuti dai b/i dello stesso sesso. Hanno notato che: LE FEMMINE: vivono i rapporti di amicizia in modo emotivo e che le relazioni si basano su uguaglianze di poteri e cooperazione. I loro scambi linguistici sono più interazionali e tengono conto del contributo dell'altro I MASCHI: stabiliscono rapporti gerarchici. Nella loro interazione prevalgono aspetti di dominanza, usano il linguaggio in modo più aggressivo per ottenere ascolto ed affermare la propria identità. Sempre secondo questi autori, le donne e gli uomini durante una conversazione utilizzano diverse regole e attribuiscono alle parole diversi significati. RISPOSTA MINIMA POSITIVA (“UH-HUH”, “MM-HMM”)

DONNE: la utilizzano per dimostrare interesse e attenzione al discorso UOMINI: la interpretano come una conferma a quanto viene detto DOMANDE

DONNE le utilizzano per incoraggiare e mantenere la conversazione UOMINI: per chiedere informazioni IN GENERE

DONNE: tendono a stabilire un legame tra ciò che dicono e le parole dell'interlocutore, riconoscendo quindi il contributo dell'altro. Approfondiscono gli argomenti della conversazione. Passano in modo graduale da un argomento all'altro. Quando parlano fra di loro tendono a discutere e condividere i loro problemi. Si ascoltano e si rassicurano UOMINI: non si collegano alle espressioni dell'altro. Fanno bruschi cambiamenti. Ignorano le regole basilari della conversazione. Più che esprimere solidarietà o comprensioni tendono a dare consigli su come risolvere i problemi dell'altro. AGGRESSIVITÀ VERBALE

DONNE: attribuiscono un significato negativo UOMINI: per rafforzare e organizzare il flusso della conversazione Tutti questi aspetti, spesso, sono la causa di non comprensione e di errate interpretazioni nella comunicazione fra i 2 sessi. HENLEY e KRAMARAE invece ritengono che gli uomini e le donne siano individui socialmente uguali. DIFFERENZE PSICOLOGICHE Secondo la teoria della differenza psicologica, sostenuta anche da IRIGARAY e CIXOUS la differente biologia e sessualità delle donne determinano un inconscio differente da quello degli uomini. Queste differenze sono all'origine dei diversi modi di percepire, pensare e di nominare la realtà. In una cultura androcentrica la parola della donna, che esprime la sua visione del mondo, la specificità della loro esperienza, dei loro sentimenti, viene considerata debole. Ma non sono le donne ad essere inadeguate rispetto al linguaggio ma è il linguaggio ad essere inadeguato nei loro confronti perché è incapace di dare forma ed espressione ad uno specifico femminile. DIFFERENZE SESSUALI NELLA COMUNICAZIONE NON VERBALE In generale le donne prestano più attenzione agli indici non verbali, assegnandogli maggiore importanza e sono più abili nel riconoscerli, nel decodificarli ed interpretarli. HALL ha riassunto i dati più significativi sulla comunicazione non verbale. Le donne sorridono più degli uomini Le b/e non sorridono più dei maschi Le donne guardano più degli uomini e vengono guardate più dagli altri

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Le donne sono più espressive e toccano di più gli altri HENLEY ritiene che le differenze di status fra le donne e gli uomini giochino un ruolo determinante nei loro comportamenti non verbali, così come quelli verbali. Il fatto che le donne sorridono di più, può essere la dimostrazione di un loro atteggiamento di sottomissione e di un desiderio di non conflittualità. L'abilità delle donne, nel decodificare le espressioni non verbali, può essere dovuta al loro bisogno di verificare costantemente durante l'interazione la conversazione dell'altro, per compiacerlo o per pianificare le proprie strategie nel modo migliore. Inoltre gli individui con meno potere osservano di più il comportamento dell'altro per controllare le sue reazioni, solitamente all'interno del gruppo guardano di più il leader. Le donne vengono toccate più degli uomini a causa del loro basso potere sociale. L'interpretazione delle differenze dei sessi, nel comportamento non verbale, più accolta è quella che vede le differenze come espressione di una dominanza maschile. Le differenze sessuali possono essere interpretate anche come espressione di atteggiamenti di amicizia-affiliazione. Si è notato che chi sorride di più è per ingraziarsi qualcuno. Le donne tendono a sorridere di più quando si sentono a disagio, sono nervose o timide. Invece, gli uomini, quando sono nervosi diventano irrequieti.

LA COMUNICAZIONE IN CLASSE ALCUNI NODI CONCETTUALI Lo sviluppo della competenza comunicativa si basa sulla reciprocità degli scambi che avvengono durante l'interazione adulto-b/o. Il b/o impara a cogliere l'ambiguità di ciò che dice e ciò gli viene detto e allo stesso tempo fornisce all'adulto dei feedback sul modo di condurre la conversazione in odo che quest'ultimo adotta una modalità comunicativa adeguata affinché il bo lo capisca. Durante gli scambi comunicativi dirette ai b/i, l'adulto-educatore favorisce al b/o sia lo sviluppo di competenza linguistica sia comunicativa sia l'apprendimento di alcune nozioni/attività ad es come si gioca, come si sta a tavola. MODELLI DI ANALISI DEL COMPORTAMENTO COMUNICATIVO DELL'INSEGNANTE FLANDER: la vita scolastica deve concedere all'alunno tutta la libertà necessaria per esprimersi. Flanders divide i comportamenti comunicativi degli insegnanti tra quelli che hanno una INFLUENZA DIRETTA (lezioni, dare dire direttive, criticare, tutti i comportamenti che caratterizzano il mestiere degli insegnanti a quelli che hanno un' INFLUENZA INDIRETTA (lodare, far domande, accettazione dei sentimenti degli altri). AMIDON e HUNTER invece propongono di fare una distinzione tra COMPORTAMENTI D'AVVIO dell'interazione (illustaìrare un argomento, dare informazioni) e COMPORTAMENTI DI RISPOSTA O REAZIONE degli insegnanti ai comportamenti degli alunni (accettazione o rifiuto delle idee, dei comportamenti e dei sentimenti degli allievi). La risposta alla domanda degli insegnanti può essere PREVEDIBILE o NON PREVEDIBILE. La risposta alla domanda dei compagni permette di mantenere il flusso della conversazione. Amidon e Hunter fanno una distinzione tra PAUSA e CONFUSIONE (caratterizzata da rumore o da disordine che disturbano l'attività). HOUGH dà molta importanza al feedback che l'insegnante dà agli alunni con i propri interventi comunicativi. Le risposte degli alunni subiscono diversi tipi di rinforzo DIRETTO (chiarificazione, ricompensa, punizioni, domande) o INDIRETTO (feedback correttivo, critiche, accettazione, richieste). Il comportamento verbale degli alunni può consistere in: DOMANDE: interventi per avviare un'interazione con l'insegnante RISPOSTE ELICITATE: condizionate precedentemente e quindi richiamate dall'intervento dell'insegnante. RISPOSTE EMESSE: associate a un particolare stimolo Hough con la nozione di feedback pone l'accento sulle dinamiche relazionali che vi sono durante la conversazione in classe, dove gli alunni prestano attenzione al comportamento dell'insegnante per

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cogliere gli indicatori utili che gli permetteranno di confermare se ciò che stanno facendo è adeguato o meno. DE LANDSHEERE ha individuato 9 funzioni di insegnamento: FUNZIONI DI ORGANIZZAZIONE: richiami alle regole che consentono di organizzare l'attività

didattica (autorizzazioni, ordini, proibizioni) FUNZIONI DI IMPOSIZIONE, SVILUPPO E PERSONALIZZAZIONE: l'insegnante decide gli

argomenti da trattare e come esporli. Stimola l'attività cognitiva fornendo aiuto e chiarificazione. Individualizza l'insegnamento quando vi è necessità

FEEDBACK POSITVO O NEGATIVO: 2 funzioni per approvare o disapprovare esplicitamente i comportamenti comunicativi dell'alunno in modo da valutare la prestazione scolastica

FUNZIONE DI CONCRETIZZAZIONE: attività scolastiche che non richiedono necessariamente una comunicazione verbale (scrivere alla lavagna, utilizzare un materiale)

FUNZIONI DI AFFETTIVITÀ POSITIVA E NEGATIVA: precisi comportamenti dell'insegnante che loda/critica, incoraggia/minaccia, ammonisce/rimprovera, ricompensa/punisce.

UGAZIO e VENINI hanno individuato 2 modelli di comunicazione: 1. COMPLEMENTARIETÀ DELLE INTERAZIONI: in cui nella relazione vi sarà un partecipante che

sarà in posizione superiore (l'insegnante che pianifica l'attività e definisce le regole) e l'altro in posizione inferiore (l'alunno che con il proprio comportamento integra quanto espresso dall'altro).

2. ALTERNANZA tra situazioni complementari e situazioni simmetriche (quando vi è uguaglianza tra i partecipanti). Ad es l'insegnante può proporre di interrogare e gli alunni possono chiedere di farlo un altro giorno.

La classe è un sistema aperto e mutabile, pertanto non esisteranno mai delle situazioni uguali e ciò dipende sia dai soggetti che dalle relazioni che si instaurano. Ogni classe attua, in più, un'autoregolazione che consente di abbandonare e di sostituire alcuni modi di comunicare e di stabilire nuove relazioni. La LUMBELLI ha notato che vi sono delle similitudini tra il rapporto terapeuta-paziente e quello insegnante-alunno. Infatti il rapporto terapeutico deve essere incentrato sui bisogni del paziente. L'insegnante non deve essere autoritario, anzi deve facilitare la comunicazione in classe e dimostrare nei confronti degli alunni un atteggiamento di accettazione dell'altro, in classe deve instaurare un clima sereno. La Lumbelli riprende la comunicazione a specchio con la quale si manifesta attenzione e comprensione verso l'interlocutore e di utilizzare le domande come forma d'aiuto per lo studente in modo da mettere in luce le sue conoscenze e riflessioni. L'insegnante nel trasmettere i contenuti deve rinunciare a un organizzazione scolastica adulto-centrica, senza però tralasciare una certa dose di autorevolezza. L'insegnante inoltre si trova spesso in situazioni problematiche ad es: di digressione necessaria e difficile: come agire quando un ragazzo interrompe la lezione correzione come aiuto: corregge ma allo stesso tempo incoraggia e rassicurano autoritarismo inevitabile

Tra i comportamenti NV dell'insegnante è importante la GESTUALITÀ MIMETICA la quale permette a chiarire meglio il significato e di facilitare la comprensione agli alunni. LA CONDIVISIONE DEL SIGNIFICATO Spesso oggetto delle interazioni fra i b/i è l'adulto. Le relazioni tra gli alunni producono una rete di scambi-comunicativi alcuni regolati dalla presenza dell'insegnante altri invece nascosti all'adulto. CORSARO ha introdotto il concetto di CULTURA DEI PARI intendendo con ciò, un insieme di attività ripetute nel tempo, che comprendono anche interessi e norme che i b/i condividono nella loro vita scolastica. I b/i usano in modo creativo le informazioni che traggono dalle interazioni con gli adulti, le trasformano nel momento in cui entrano a far parte della cultura dei coetanei. Gli scambi comunicativi che i b/i hanno a scuola producono una CULTURA SOTTERANEA con cui vengono sfidate le regole degli adulti anche se non viene fatto apertamente. Per realizzare ciò, i b/i, devono

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cogliere l'aspetto implicito di una vicenda e devono saper usare un linguaggio che gli consenta di decontestualizzare il significato di alcune parole per poterle utilizzare con una connotazione diversa (dispregiativa). Queste forme di comunicazione, non diretta all'adulto, accompagnano lo sviluppo degli alunni, perché attraverso le discussioni con i coetanei, i b/i e i ragazzi definiscono i significati e gli scopi comuni dell'esperienza vissuta a scuola e fuori di essa, costruendo una loro cultura, rielaborata da quella adulta, ma ben separata da essa. Un presupposto implicito che regola l'attività in classe è quello che l'insegnante: pone le domande conoscendo le risposte, guida la discussione in classe mette in risalto gli interventi pertinenti

Nel momento in cui, all'interno della classe, si condivide questo accordo di base vi può essere una buona comunicazione. EDWARDS e MERCER hanno studiato un gruppo di b/i tra gli 8-10 anni per illustrare come si costruisce una CONOSCENZA COMUNE dei contenuti e delle regole sociali nel corso dell'attività scolastica. Il contesto condiviso consiste in un patrimonio individuale e collettivo, che si modifica nel tempo con il linguaggio e l'azione comune. Durante le pratiche didattiche, l'insegnante interviene per chiarire e sottolineare i momenti importanti dell'attività in corso e fornisce alla classe un uso comune dei vocaboli. Sicuramente l'insegnante deve fare un lavoro di ricapitolazione e sintesi facendo ricorso alla memoria dei ragazzi. Inoltre può favorire la libera discussione tra gli alunni oppure selezionare gli interventi che si avvicinano di più allo scopo prefissato. MERCER riprendendo il concetto di APPROPRIAZIONE illustra la funzione educativa del discorso in classe. La qualità dell'interazione è influenzata dall'aver contestualizzato, finalizzato e reso chiari agli alunni gli scopi del lavoro, in questo modo l'adulto darà al b/o tutti gli strumenti necessari per controllare da solo il proprio processo d'apprendimento. Le diverse forme d'interazione tra insegnante e alunni possono essere interpretate anche come routine abituali, attraverso le quali l'insegnante e gli alunni producono insieme una serie di situazioni d'insegnamento-apprendimento caratterizzata dai contenuti specifici della materia e dalle procedure didattiche. L'autrice JUNGWIRTH parla di ROUTINE DELLA DOMANDA AMBIGUA o TENTATIVO PROVVISORIO quando l'insegnante dopo aver presentato un problema da risolvere (conoscendo già la risposta) chiede come risolverlo. In questo: l'INSEGNANTE avvierà l'attività senza dare indicazioni su come procedere per gli STUDENTI la domanda ambigua è comunque la richiesta di una risposta recisa che

richiede uno sforzo cognitivo individuale. Gli studenti nel cercare di dare la risposta che l'insegnate si aspetta, realizzeranno una ROUTINE PER PROVE ED ERRORI in cui successivamente ci sarà un chiarimento da parte dell'insegnante sulle cose sbagliate. L'insegnante ad un certo punto richiamerà l'attenzione degli studenti sull'ultimo intervento, introducendo la ROUTINE DELLA VALUTAZIONE INTENZIONALE DELLA RISPOSTA DELLO STUDENTE. Successivamente l'insegnante ricorrerà alla ROUTINE DELL'ACCENNO ALLUSSIVO in quanto offrirà agli studenti un indizio, e lo farà in modo da poter raggiungere l'obiettivo didattico prefissato nel tempo adeguato senza dare però una risposta. Jungwirth mete in evidenza le routine che si manifestano quando allo studente è posta una domanda diretta. Il ragazzo adotterà la ROUTINE DELLA RIDUZIONE VERBAE evitando di mettere in luce le proprie possibili lacune sull'argomento. L'insegnante a sua volta utilizzerà la ROUTINE DELLA SCOMPOSIZIONE DEL PROCESSO DI SOLUZIONE IN PICCOLE PARTI DI AZIONI SUCCESSIVE ovvero farà domande sulle parti mancanti della risposta. L'autrice ha notato che la RIDUZIONE VERBALE è utilizzata più dai maschi, mentre le femmine tendono a dare risposte più articolate. Inoltre ha evidenziato che nel corso delle interazioni con i maschi, l'errore finisce con l'essere quasi dimenticato, perché i ragazzi si correggono immediatamente, lasciando intendere di aver capito il commento dell'insegnate,

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spiegando il perché hanno sbagliato. Questa cosa invece non accade alle femmine. La situazione scolastica costringe un adulto-insegnante a instaurare una fitta rete di relazioni con gli alunni i quali, a loro volta, sono costretti ad essere coinvolti nell'attività quotidiana. Compito dell'insegnante è di offrire all'alunno forme di apprendimento che gli consentano di operare un cambiamento nel proprio modo di pensare, integrando ciò che già conosce con nuove informazioni. Attraverso l'interazione con l'insegnante il b/o impara in che modo è possibile controllare la propria memoria, si approprierà di un uso del linguaggio che potrà utilizzare più volte in seguito. Le interazioni sociali con l'insegnante hanno una funzione educativa, mentre le interazioni sociali tra coetanei rappresenta l'esistenza di punti di vista alternativi al proprio, favorendo in questo modo una riflessione sulle proprie idee e su quelle degli altri. ORSOLINI e PONTECORVO hanno notato che nelle fasi di CO-COSTRUZIONE DEL RAGIONAMENTO i b/i sostengono il dialogo completando a vicenda le frasi, riprendendo i temi proposti dall'altro. Nel momento in cui sorgono dispute tra più interlocutori: dall'opposizione si passa ad un argomentazione, di conseguenza da una verifica della propria posizione si può passare ad un cambiamento della propria posizione. E situazioni interattive in classe in cui vi è l'insegnante non possono essere ritenute vere e proprie discussioni perché il b/o cercherà di dare la risposta giusta. L'educazione educativa deve invece essere centrata sullo sviluppo dei b/i, deve produrre un cambiamento concettuale delle conoscenze di partenza. È importante che l'adulto accetti idee dei b/i, discuta su di esse, costruendo così una conoscenza condivisa tra i partecipanti all'interazione. Tra le finalità educative della scuola vi deve essere la libertà di pensiero del b/o. Però nel contesto scolastico gli alunni spesso accettano ciò che l'insegnante dice senza fare domande, invece è importante che il ragazzo sostenga le proprie posizioni. Per gli studenti, la discussione è importante come esercizio continuo delle capacità cognitive individuali e come momento in cui le differenze inter-individuali riappaiono sotto forma di idee e opinioni diverse. IL CONTRATTO DIDATTICO Il contratto didattico consiste in tutti i comportamenti ritenuti idonei per consentire la prosecuzione del processo d'insegnamento-apprendimento. Quindi per l'insegnante i contenuti disciplinari sono “un sapere da insegnare” per i b/i “un sapere da apprendere”. Il b/o prima di rispondere a una domanda interpreta la situazione, attribuendole un preciso significato sulla base degli interlocutori, della natura del compito e del luogo in cui avviene l'interazione, così facendo egli non considera solo la domanda che gli viene posta, ma anche le circostanze nelle quali ciò avviene. Da alcuni esperimenti si evince che i b/i non mostrano difficoltà ad eseguire un compito, ma ad interpretare cosa l'adulto gli chieda. In determinate situazioni i partecipanti possono non condividere le regole del contratto che li accomuna. Ad es lo scopo dello sperimentatore è quello di individuare il livello cognitivo del b/o e quindi pone sempre la stessa domanda per verificare se la risposta mostra un cambiamento nel ragionamento. Mentre per il b/o, l'aspetto cognitivo del compito può essere momentaneamente tralasciato, se gli sembra più importante seguire il flusso della conversazione.

LA COMUNICAZIONE MEDICO-PAZIENTE L'aspetto più coinvolto nel produrre soddisfazione nel paziente, nel trattamento medico-paziente, è la comunicazione, LA PROSPETTIVA COGNITIVA Alcuni studiosi , affrontando il problema di come migliorare la comunicazione tra medico e paziente, hanno concentrato la loro attenzione sulle modalità con cui vengono informati i pz sulle loro condizioni di salute e sul trattamento da seguire. Vi sono 2 prospettive:

1. SODDISFAZIONE/INSODDISFAZIONE: la soddisfazione del paziente dipende da 3 aspetti del comportamento affettivo del medico: 1) essere amichevole; 2) mostrare di capire i problemi del pz; 3) essere dotato di abilità comunicative positive. Se questi 3 aspetti non

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sono presenti nel medico, può sorgere nel pz l'insoddisfazione. 2. COMPLIANCE: la comunicazione è efficace, quando il messaggio trasmesso viene compreso

e ricordato. La comunicazione fallisce quando i materiale presentato ai pz è difficile e quando i pz hanno delle convinzioni erronee che ostacolano la comprensione corretta di quanto viene loro detto di fare (la cura). Alcuni ricercatori ritengono che per capire la comunicazione medico-paziente, occorre sia analizzare ciò che succede durante l'interazione sia di tener conto di alcune variabili antecedenti come la conoscenza e gli atteggiamenti degli interlocutori.

Per FREDERIKSON 3 sono i livelli di analisi dell'interazione comunicativa medico-paziente: INPUT: aspettative, conoscenze sia del medico che del paziente PROCESSO: ciò che succede durante la consultazione, lo scambio di informazioni. Fattori di

ostacolo possono essere: resistenza del pz; stile autoritario del medico; scarsa attenzione agli impliciti conversazionali

RISULTATO: percezioni, diagnosi, obbedienza, soddisfazione. Più esplicito e aperto sarà il dialogo M-P più efficace sarà l'intero processo.

L'APPROCCIO PRAGMALINGUISTICO Nella comunicazione M-P vengono considerate 2 componenti importanti:

1. LE VARIABILI MEDIATRICI: comprendono le caratteristiche personali (sesso, credenze, età, atteggiamenti, caratteristiche situazionali). Le caratteristiche personali sono in grado di attribuire determinate caratteristiche e responsabilità sulle persone e di conseguenza il comportamento nei suoi confronti. Ad es il medico che ha uno stereotipo di paziente “alcolizzato”, modificherà la comunicazione verbale e non verbale con questi pz.

2. LE VARIABILI DI RISULTATO: sono relative alla cura del pz e possono essere categorizzate in 3 gruppi:

- a livello cognitivo: cambiamenti delle conoscenze del pz dovute all'interazione con il medico - a livello comportamentale: ad es attenersi alle prescrizioni terapeutiche oppure rispettare gli appuntamenti successivi - a livello affettivo/emotivo: ad es la soddisfazione per la visita medica L'approccio pragmalinguistico, nell'analizzare la comunicazione M-P, consente di evidenziare come determinati comportamenti comunicativi cambiano in base alle relazioni di ruolo e alle caratteristiche degli interagenti. Le INTENSIONI COMUNICATIVE sottostante alle frasi, indica cosa gli interlocutori vogliono realizzare attraverso la scelta di determinati comportamenti comunicativi. I sostenitori dell'approccio pragmalnguistico pongono attenzione sull'analisi sia delle frome verbali che NV utilizzati nell'interazione M-P. Il medico riesce a decodificare meglio i msg NV in base alla soddisfazione del pz. I pz tendono ad attirare l'attenzione del medico attraverso l'uso di pause o specifici movimenti del corpo. Per quanto riguarda le forme verbali vengono analizzate: SCELTA LESSICALE: la scelta di un linguaggio tecnico può essere usata per stabilire l'autorità

del M, affermare le sue conoscenze e determinare il suo ruolo rispetto al pz. Il medico tende all'infantilizzazione del pz con l'uso di diminuitivi (pilloline, curettina)

FARE DOMANDE: rivela la relazione del ruolo M-P. Le domande aperte danno al pz l'opportunità di esprimersi liberatamente. Le domande del pz sono formulate in base a delle caratteristcihe socioculturali. Le persone con livelli d'istruzione bassi o meno competenti tendono a fare meno domande al medico. Infatti spesso la relazione che c'è tra M-P viene intesa dal pz come una “richiesta-offerta d'aiuto” più che ad una “richiesta-offerta di conoscenze”.

SPEIEGAZIONI: del pz riguardano il perché della visita, gli eventi biografici e clinici irrilevanti. Le spiegazioni del medico sono delle risposte a quanto chiesto dal pz.

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Secondo alcune ricerche condotte nei servizi sociosanitari, gli operatori sanitari sono più disponibili a dare informazioni pratiche piuttosto che spiegazioni scientifiche. Esistono diversi stili con cui il medico può relazionarsi con il pz: PEDAGOGIZZANTE: quando viene data una conoscenza pratica CATALOGO: quando viene considerato come qualcosa di ordinario e quindi non

problematico TECNICIZZANTE: quando il medico è centrato più sulla prestazione tecnica efficiente che sul

spiegare il perché di quella di scelta ASCOLTO: quando il medico cerca di comprendere ciò che il pz dice direttamente e

indirettamente. LE DIMENSIONI DELL'ASIMMETRIA Una delle caratteristiche delle interazioni M-P è l'asimmetria del rapporto di potere, in cui la dominanza interattiva del medico è considerata naturale mediante il fare domande, prendere decisioni a differenza del pz che accetta e segue i consigli del medico. TODD ritiene che l'organizzazione dei colloqui M-P si debba analizzare secondo 3 modalità:

1. ANALISI DISTRIBUZIONE: permette di segmentare il flusso del discorso in parti discrete, permettendo così di confrontare dati relativi alla struttura M-P raccolti in contesti diversi (ambulatorio pubblico e studio privato), suggerendo alcune considerazioni sulla distribuzione del potere nel colloquio medico (ad es i medici fanno più domande dei pazienti negli studi privati).

2. L'ANALISI SEQUENZIALE: consente di cogliere l'interconnessione tra i parlanti e come si influenzano reciprocamente. Le caratteristiche dell'interazione M-P è una struttura a 3 elementi: COPPIA DOMANDA (medico)-RISPOSTA (paziente) e 3° TURNO(elemento di riscontro da parte del medico, che gli permette di mantenere il controllo della conversazione terminando l'argomento o iniziandone un altro).

3. L'ANALISI SEQUENZIALE Le ricerche sull'asimmetria nell'interazione M-P sono giunti a:

certi di azioni (domande, proposte) sono in genere poco gradite ai medici se prese dai pazienti

le domande dei medici sono ordinate in modo da ottenere delle risposte chiare dai pz

il medico di solito non fornisce le spiegazioni o le motivazioni delle domande che pone. Per questo motivo il pz non capisce il ragionamento del medico-paziente

l'uso del cosiddetto “3° TURNO”, ovvero quando il medico usa espressioni come “Si”, “UhUh”, non forniscono alcun indizio su cosa stia pensando il medico.

COME NEGOZIARE IL RAPPORTO In questa interazione asimmetrica TEN HAVE ha individuato 3 momenti:

1. PRENDERE INIZIATIVA: solitamente è presa dal medico, il quale pone le domande. Però capita che sia il paziente stesso ad assumere ruolo attivo, dando informazioni dettagliate sul proprio stato di salute, perché si sia recato dal medico. Questo è un tentativo “nascosto” che il paziente per prendere l'iniziativa.

2. DOMANDE POSTE DAL PAZIENTE: sono molto rare r in genere sono male accolte, perché il medico perde quello che si può definire lo strumento di controllo.

3. TERZO TURNO: contribuisce all'asimmetria tra le parti. Il medico si astiene dal fare commenti e dal prendere posizioni. L'espressione del tipo “Mmh”,”Si”, stanno ad indicare che il medico ha recepito l'informazione.

LE FASI DELLA CONSULTAZIONE Secondo SHOPEK la conversazione M-P è composta da “divisioni conversazionali principali” che sono:

le forme rituali dei saluti

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narrazione dei sintomi

spiegazioni: per assicurarsi che il medico ha capito bene

porre domande e fornire risposte su dati argomenti

chiarificazione chiedendo precisazioni o espansione di quello detto in precedenza

parlare scherzoso su argomenti che non riguardano il tema principale della discussione in ciascuna fase l'analisi della comunicazione si può articolare in vari livelli: ACUSTICO, INTENZIONALE, DELLE CREDENZE. WEIMAN suggerisce 4 fasi:

1. INIZIO: durante il 1° incontro si formano le impressioni del pz nei confronti del medico e se esse sono positive, oltre hai problemi somatici verranno espressi anche i problemi emotivi. Possono rivelarsi utili dei preliminari, ovvero una conversazione “non formale”. Essa però non deve durare troppo tempo, perché altrimenti il pz potrebbe pensare che i suoi problemi vengano messi in 2° piano

2. STIMOLAZIONE e INCORAGGIAMENTO: vengono poste domande chiuse in modo da concentrarsi sul motivo principale della conversazione. Il medico, se vede che il pz è in difficoltà o in imbarazzo lo può aiutare, stimolandolo sia in modo verbale che in modo non verbale.

3. SOSTEGNO e RASSICURAZIONI: oltre al sostegno il pz può avere bisogno di rassicurazioni, soprattutto in presenza di malattie gravi in cui ci possano essere crisi emotive. Il medico deve dimostrare capacità di ascolto e di non disconfermare i messaggi verbali con la comunicazione non verbale.

4. CONCLUSIONE: alla fine della visita, durante la quale il medico deve essere riuscito a rassicurare il pz, si può effettuare una ricapitolazione schematica delle prescrizioni e dei consigli dati al pz.

Nel medico vi è l'uso dominante della MODALITÀ INTERROGATIVA (stile: domanda-risposta). Il pz adotta lo stile STORRELING ovvero quello del racconto di storie. COME MIGLIORARE LE RELAZIONI M-P PER I MEDICI: devono possedere delle ottime abilità comunicative, anche se queste vengono poco trattate nel loro percorsi di studi. Solitamente il medico mostra più interesse sui test e sulle analisi fatti dal pz, mostrandone poco sulla descrizione dei sintomi fatta dal pz. Un ottima comunicazione M-P fa aumentare la soddisfazione del pz. Inoltre quest'ultimo osserverà con più diligenza le prescrizioni del medico. In particolar modo sono richieste 3 capacità: DI ASCOLTO, CHIAREZZA DI ESPRESSIONE, AUTOCONSAPEVOLEZZA. È consigliato usare un lessico semplificato, ripetere le frasi, enfatizzare gli aspetti più importanti oppure usare informazioni scritte, tenendo conto del livello medio d'istruzione della gente. PER IL PAZIENTE: La comunicazione può essere migliorata anche dal pz, il quale oltre a fornire un resoconto dettagliato sui sintomi, può esprimere le proprie idee e chiedere chiarimenti, istruzioni e consigli.

LA COMUNICAZIONE IN AMBITO GIURIDICO-LEGALE DANET propone 2 diversi approcci di studio e di ricerca:

1. ETNOMETODOLOGICO: studio che si interessa del modo in cui gli individui definiscono un avvenimento (ad es un decesso può essere definito come suicidio oppure disgrazia) oppure al modo in cui prendono decisioni o attribuiscono colpe. L'attenzione dei ricercatori è posta sulle caratteristiche del contesto sociale (ad es civile/penale), sulle sequenze di domande e risposta

2. ETNOGRAFICO: questo approccio è centrato principalmente sul linguaggio usato nei diversi contesti istituzionali. Vengono studiati gli interrogatori dei testimoni in cui si è notato che spesso la domanda influenza la risposta.

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GLI INTERROGATORI E I VERBALI DI POLIZIA: LA COSTITUZIONE SOCIALE DI UN EVENTO Durante l'interrogatorio il dialogo è asimmetrico: l'agente di polizia deve dare un significato legale alle informazioni sugli eventi date dal soggetto interrogato. Quindi il LINGUAGGIO QUOTIDIANO viene trasformato in LINGUAGGIO LEGALE. Gli interrogatori possono essere svolti in diversi modi: il poliziotto pone domande chiuse e da poche possibilità al sospettato di esprimere

pienamente il suo punto di vista. Spesso deve solo confermare o negare il poliziotto dà al sospettato, la possibilità di raccontare come sono andate le cose. Il

poliziotto inizierà a fare domande dettagliate solo dopo il racconto del sospettato, chiedendo chiarificazioni e conferme sulla corretta interpretazione del poliziotto

il sospettato e il poliziotto danno più importanza a dei momenti diversi nel dialogo. SOSPETTATO: tutto quello che è avvenuto prima del fatto contestatogli e tutto quello per discolparsi o per attenuare il reato commesso. POLIZIOTTO: dettagli che chiariscono l'azione del reato in quanto gli permettono di abbozzare il caso in termini giuridico-legali. Tra l'esposizione orale e il verbale si riscontrano delle differenze. La prima risulta imprecisa e vaga. Il verbale invece è un testo accurato dal punto di vista linguistico e lessicale, è ricco di dettagli, gli aspetti emozionali sono stemperati e vi è una versione dei fatti più distaccata e neutrale. Durante l'interrogatorio, si nota, come il poliziotto abbia una sorta di “SCHEMA OPERATIVO” acquisito durante la sua professione, a cui cerca di far corrispondere il racconto. Mentre l'interrogato non sa quale peso può assumere la sua deposizione. AVVOCATI E CLIENTI HOSTICKA ha notato che la supremazia dell'avvocato nei confronti del suo cliente è fondamentale per indurre quest'ultimi a cooperare. Questa posizione gli viene data dalle continue domande e chiarimenti che pone. Solitamente vengono chiesti: dati anagrafici, cosa è accaduti, cosa è accaduto al cliente, l'avvocato mostra gli articoli delle leggi e spiega come intende procedere. Gli avvocati definiscono alcuni clienti OSTILI e questo quando quest'ultimi sono resistenti alle loro strategie di controllo. L'avvocato oltre a difendere il suo assistito, ha anche il compito di tradurre a quest'ultimo le istanze presentate dall'accusa e ogni altro avvenimento processuale. Quando manca un accordo tra le parti, e quindi non si arriva ad un patteggiamento, sono importantissime le capacità argomentative dell'avvocato, le quali favoriranno il suo cliente. L'ESAME DEI TESTIMONI Durante il processo il testimone è inconsapevole delle intenzioni e delle aspettative dell'interlocutore con cui interagisce. L'esame di un testimone può essere condotto attraverso 3 momenti:

1. ESAME DIRETTO: esposizione dei fatti a sostegno della parte che lo ha chiamato a deporre e che lo interroga.

2. CONTROESAME: interrogatorio fatto dalla parte avversa, in cui vengono messi in risalto le eventuali contraddizioni e di conseguenza la scarsa attendibilità

3. RIESAME: fatto dalla parte che l'ha chiamato a deporre e viene fatto per contenere eventuali danni fatti dall'interrogatorio della parte avversa.

Sicuramente se chi parla ha uno stile sicuro e ricco lessicalmente, influenzerà positivamente l'ascoltatore. Può capitare che il testimone non si lasci intimorire dal ruolo e dall'abilità linguistica di chi lo interroga, anzi cerca di sfidare il controllo che l'avvocato cerca di avere su di lui. Quando ciò accade, la giuria mette in dubbio le abilità dell'avvocato, soprattutto quando continua insistentemente con l'interrogatorio. Da ciò possiamo dedurre che la giuria non è influenzata dall'oggetto della conversazione ma dalle modalità con cui viene espresso (tono della voce, numero e durata delle pause, intonazione, aspetti non verbali). O'BARR fa una distinzione tra stili:

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SENZA POTERE: caratterizzato da pause frequenti, da esitazioni, dal numero eccesivo di forme di cortesia e dall'essere evasivo

IPERCORRETTO: Linguaggio formale, ricco di vocaboli tecnici o ricercati FRAMMENTARIO: si ottengono informazioni parziali che inducono l'avvocato a porre

ulteriori domande. Sicuramente la giuria avrà un giudizio negativo su chi si mostra sottomesso, troppo preciso nell'ambito linguistico o chi si mostra reticente. DOMANDE E RISPOSTE Lo studioso GULLOTTA propone un'analisi a più livelli sullo studio delle domande: PRESUNZIONI (fare una domanda presumendo una qualsiasi risposta); PRESUPPOSTI; ASPETTI SEMANTICI; ASPETTI SINTATTICI. Una domanda è: DETERMINATIVA: quando al soggetto viene consentito di rispondere tranquillamente, senza sentirsi particolarmente coinvolto DICHIARATIVA RETORICA: il soggetto può mostrare imbarazzo IMPLICATIVA PER PRESUPPOSIZIONE: il soggetto trova espressi 2 contenuti diversi fusi DIRETTE: con cui si vuole ottenere una descrizione dei fatti GUIDANTI: con cui si può ottenere una risposta positiva o negativa. Queste a sua volta si possono suddividere in: Suggestive: che indicano già una risposta Tendenziose: attraverso le quali viene messa in dubbio l'attendibilità del test Maliziose: che tendono ad accertare quanto sia sicura la rievocazione del test

Molte ricerche mostrano che le testimonianze dei b/i sono molto più attendibili. I b/i però mostrano disagio nel non comprendere vocaboli giuridici, anche se di uso comune (“giudice”, “avvocato”, “testimone”). Il valore della testimonianza si complica laddove è richiesto l'intervento dell'interprete. L'interprete deve chiarire il senso delle domande, cercando di specificare le intenzioni del giudice o dell'avvocato. Deve inoltre tradurre ciò che viene detto dall'interrogato, adeguando il linguaggio. GLI INTERVENTI DEI GIUDICI IL giudice è colui che dà un VERDETTO, esso deve essere motivato, obiettivo e coerente su ciò che è emerso nell'aula. Il giudice quando va in aula non deve avere una preconoscenza dei fatti. Vi possono essere 4 modalità con cui il giudice può avviare uno scambio comunicativo con l'imputato al fine di ottenere una dichiarazione:

1. “LEI AMMETTE O NEGA IL FATTO?” Viene usata quando non è presente l'avvocato difensore oppure quando l'imputato è alla sua prima esperienza processuale

2. “QUESTO È CORRETTO?” È il modo migliore per introdurre l'argomento sulla responsabilità dell'imputato dal punto di vista legale

3. “COSA HA DA DIRE RIGUARDO A CIÒ?” Consente di mettere in luce la posizione dell'imputato

4. “QUAL'È LA SUA POSIZIONE RISPETTO A QUESTO?” LA COMUNICAZIONE PERSUASIVA DIALETTICA: capacità di saper discutere in modo da avere sempre ragione RETORICA: capacità di persuadere l’ascoltatore, facendogli accettare ciò che gli viene comunicato

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