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Auto-biografica e auto-ironica, con sentimento, lucidità, e quella giusta dose di cinismo precisamente orientata a smorzare il romanticismo crescente, o spezzato, di una storia d’amore, Silvia Lo Forte ”sta” esattamente come qualsiasi utente che, attraverso facebook, comunica pensieri, parole, stati d’animo, in modo da “condividere” più facilmente parti di sé con una realtà del tutto peculiare che è, appunto, quella dei moderni social network. Attraverso dodici capitoli, la giovane autrice riporta una successione di status condivisi (e non) su facebook, che hanno trasformato la sua pagina in un diario di emozioni e di pensieri in cui condividere le piccole e le grandi sfide della quotidianità di una sognatrice apparentemente fuori dal tempo, a volte seriamente messa in crisi dal dolore, dalla perdita o dalla rinuncia a qualcosa di bello, altre volte fiduciosa nell'esistenza di un concetto di bene universale che può guarirci da ogni cosa.

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Silvia Lo Forte

Io stoPensieri, emozioni e stati d’animo

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Copyright © 2014 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi

Casa Editrice Antipodes

Via Toscana, 2

90144 Palermo

www.antipodes.it

[email protected]

ISBN:978-88-96926-61-1

Silvia Lo Forte, Io sto. Pensieri, emozioni e stati d’animo.

Antipodes, Palermo 2014.

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A noi due, perché, per quel che vale,

io ci credevo veramente

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Introduzione

Auto-biografica e auto-ironica, con sentimento, lucidità,e quella giusta dose di cinismo precisamente orientata asmorzare il romanticismo crescente, o spezzato, di una sto-ria d’amore, Silvia Lo Forte ”sta” esattamente come qualsiasiutente che, attraverso facebook, comunica pensieri, parole,stati d’animo, in modo da “condividere” più facilmenteparti di sé con una realtà del tutto peculiare che è, appunto,quella dei moderni social network.

Facebook è una città come tutte le altre, con regole parti-colari che non si trovano nel contratto con cui ci s’iscrive alsito, ma che, il più delle volte, si vengono a stabilire di fattotra quello che scriviamo e i destinatari dei nostri pensieri, oanche, come in questo caso, di quel subconscio che diventareale nel momento stesso in cui, con un semplice click nellatastiera di un computer, si presta ad essere liberamente e va-riamente interpretato da quelli che il sito stesso definisce, ilpiù delle volte esagerando, amici.

Attraverso dodici capitoli, la giovane autrice riporta unasuccessione di status condivisi (e non) su facebook, chehanno trasformato la sua pagina in un diario di emozionie di pensieri in cui condividere le piccole e le grandi sfidedella quotidianeità di una sognatrice apparentemente fuoridal tempo, a volte seriamente messa in crisi dal dolore,dalla perdita o dalla rinuncia a qualcosa di bello, altre volte

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fiduciosa nell’esistenza di un concetto di bene universaleche può guarirci da ogni cosa.

Facebook è un mezzo pericoloso per alcuni, geniale perchiunque, di business per pochi, ma di reale, sapiente e ca-librata condivisione per Silvia. Da quello che scrive, emergeil ritratto di una ragazza dolce e determinata, la quale, su-perati i trent’anni, si ripromette di ricercare, in maniera fe-dele e coerente alla sua anima, una propria, personale,posizione in una società ad ostacoli, credendo negli incontridel destino e partendo per avventure che non avrebbe maimesso in agenda, forse neppure fino al giorno prima. Silviasi apre per condividere il dolore per qualcosa che non c’è, oche non c’è più, la felicità per una cosa bella, piccola ogrande che sia, l’euforia di una riscossa, l’adrenalina di al-cune scelte talmente coraggiose da catapultarti, da ungiorno all’altro, dall’altro capo del mondo, senza perdere lamagia che assume poi il varcare la porta di casa al rientro.Non a caso, un suo amico ha coniato l’aggettivo sostantiviz-zato “silvialofortata” per descrivere tutte le azioni caratte-rizzate da quell’energia impulsiva e passionale che puòportare a prendere la decisione più inaspettata, per certiversi tanto segretamente attesa e desiderata, o a cercare direalizzare i propri sogni, anche quando non si intravedanoreali margini di successo.

Amore, amicizia, famiglia, lavoro e capi ai quali portarerispetto, l’istantaneo processo che ci porta a individuarenel divano e in una serie tv i più disincantati alleati per imomenti di pigrizia, e nelle nuvole e nei tramonti l’eva-sione e il rifugio da un mondo che può ferirti in ogni mo-mento, sono i grandi protagonisti degli status di unaragazza che ama le cose belle della sua città, e che ne rico-nosce le parti negative, a volte con distacco, altre con par-tecipazione e voglia di combattere. Che crede nellapossibilità di migliorare giorno per giorno senza mai tra-dire la propria personalità e il proprio cuore, rispettandosempre gli spazi degli altri, provando a ritrovare nelle vec-chie foto dei suoi genitori o dei suoi nonni, o in un bic-

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chiere di vodka la sera, insieme agli amici, quel sorriso chea volte è fin troppo facile perdere durante il giorno.

Appellandosi una volta alla forza evocativa della storiadi Orfeo e di Euridice, un’altra a quella del cinismo insitoall’interno di un percorso professionale che spesso sfidaogni umana sopportazione, con questo scritto, Silvia compieun breve viaggio in quello che rappresenta oggi, ormai quasiper tutti, con rarissime eccezioni, uno dei modi più semplici,e difficili allo stesso tempo, per farsi capire e conoscere daglialtri. Non importa tanto che le persone ti apprezzino, ciò checonta è rimanere fedeli a se stessi, seguire con coerenza leproprie aspirazioni, non avere paura di dire ciò che si è eche ci si aspetta dalla vita. Alcuni dicono che questo tipo dicondivisione sia poco sano e mortifichi il dialogo, eppureSilvia ci mostra come tale tipo di percorso possa rivelarsi af-fascinante e costruttivo se condotto nella giusta misura, inmodo sano ed equilibrato, con sincerità e rispetto sia per sestessi che per la comunità cibernauta. Per aprirci, cercare al-leati, provare a vederci in modo diverso, amarci un po’ dipiù, e comprendere meglio chi abbiamo vicino, per poi com-portarci di conseguenza.

Siamo sempre di più ciò che condividiamo. E la linea diconfine fra ciò che siamo e ciò che, invece, decidiamo di con-dividere si appresta a divenire forse la nuova sfida della psi-cologia moderna, pur costituendo già da ora un filtropotente in grado di esaltare, così come di affievolire, gli statid’animo, le gioie, i dolori e i sentimenti che si provanogiorno per giorno.

Marco Grisafi

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La vita come viene

In questa prima sezione c’è un po’ della mia filosofia di vita.Per niente unitaria, anzi frammentaria, incidentata, capace dirivelarsi a tratti sicura di sé, a tratti estremamente fragile, allacostante ricerca di un equilibrio che non c’è, e che forse non cisarà mai. Immagino che, probabilmente, tale instabilità derividal tradizionale dissidio intercorrente tra la mente e il cuore, percui si “pensa” in un modo e si “sente” in un altro. Così, ecco ilproliferare di pensieri, sensazioni, emozioni e stati d’animo, avolte collegati e interdipendenti, a volte distanti e, forse, anchein contrasto tra loro, che si susseguono e/o si alternano nella miatesta e nel mio cuore.

C’è un tema costante nella vita: il cambiamento. Una delle sensazioni peggiori al mondo è il sentirsi a disagio

in un determinato ambiente, perché non ci si reputa adeguati o,più semplicemente, perché si è diversi rispetto alle dinamiche eagli altri soggetti coinvolti. È questo il motivo principale per cuispesso si tende a pensare che la soluzione migliore sia quella diadattarsi, a mo’ di piccoli camaleonti, ai colori di cosa e di chi cistia intorno, cercando di declinare il proprio carattere e la propriapersonalità in tal senso. C’è chi per farlo, addirittura, riesce a ri-nunciare agli ideali in cui crede e a saltare da una parte all’altra

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senza porsi alcun problema, dubbio o limite, anche mettendo daparte le persone cui vuole bene. Ma questa “flessibilità”, devo es-sere sincera, mi spaventa.

Con il tempo, ho imparato a capire che essere diversi non è ne-cessariamente una cosa negativa, così com’è vero che non tutti icambiamenti sono positivi. Quando si tratta di cedere ad alcunelogiche, e di muoversi in base ad un proprio tornaconto personale,senza aver cura dei propri principi o delle altre persone, io rimangoferma al punto di partenza. Non riesco ad accettare l’idea di doverdiventare più o meno spregiudicati, egoisti e noncuranti, solo per-ché la società lo richiede. Peraltro, personalmente, io non riesco acambiare neppure quando provo, semplicemente, a non aspettarmipiù niente o, comunque, ad aspettare di meno le cose, a smetteredi sognare e rimanere con i piedi per terra, a pensare di più a mestessa e un po’ di meno agli altri.

Così, tendo a prendere la vita come viene. Accettando quelloche sono e, nel contempo, aprendomi ad un altro tipo di possibilità,e prospettive. Perché, se, da un lato, è giusto non modificare – né,tantomeno, rivoluzionare - se stessi per diventare qualcosa chenon si è, soltanto per affermarsi e avere la meglio su chi ci sta in-torno, dall’altro non bisogna dimenticare che, a guardar bene, c’èsempre dell’altro. Speranza, possibilità, e volontà di intraprenderedei cambiamenti che siano invece positivi, per ricercare quella chepotrebbe essere la migliore versione di se stessi. Per sé e con glialtri. E per quanto questo tipo di evoluzione sia la più difficile, e avolte, pur muovendosi, sembra che si rimanga sempre fermi, credosia la stessa voglia di cambiare a farci cambiare, a prescindere dairisultati concreti che possano aversi immediatamente. Tutto stanel percorso che si fa. Ed è lungo questa via che cresci e diventi di-verso, magari migliore, e la maggior parte delle volte neppure tene accorgi.

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Ci sono tanti momenti in cui ci si sente dei pesci fuor d’ac-qua, incompleti, in attesa di qualcosa che non arriva, o chenon torna. E l’unico modo che esiste per superarli è pensareche questa non è ancora la fine.

I veri uomini piangono soltanto quando un calciatoresbaglia un calcio di rigore ai mondiali.

A volte capitano dei periodi di smarrimento in cui hai bi-sogno di affezionarti a qualcosa, che sia un luogo, una can-zone, una persona, o anche soltanto un’idea. Che ti portidietro, che ti fa compagnia per la strada, finché non sai, dinuovo, quale direzione prenderai.

Però quella faccenda della porta che si chiude e del por-tone che si apre non l’ho mica capita.

Credo molto nella forza salvifica dell’ironia, del restodeve esserci un motivo per cui “iron” in inglese vuol dire“ferro”.

Svegliarsi con il rumore della falciatrice (bicchieremezzo vuoto) e il profumo di erba appena tagliata (bic-chiere mezzo pieno).

Siccome domani sono santa, oggi faccio tutto quello chemi pare. #ilgiornoprimadell’onomastico

Prima o poi, anche per i ricordi a lunga conservazione ar-riva una data di scadenza.

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