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INTRODUZIONE

«Tutte le convinzioni, i costumi, i gusti, le emozioni, gli atteggiamenti mentali che caratterizzano il nostro tempo sono stati in realtà programmati al solo fine di sostenere la mistica del Partito e impedire che venga colta la vera natura della società contemporanea».

(George Orwell, 1984)

«Un governo del terrore funziona nel complesso meno bene del governo che, con mezzi non violenti, manipola l’ambiente e i pensieri e i sentimenti dei singoli, uomini, donne e bambini».

(Aldous Huxley, Ritorno al Mondo Nuovo)

Chi controlla le menti, controlla il potere. Quale dominio, infatti, potrà mai essere più forte, capillare e apparentemente inattaccabile

di quello esercitato non sulle cose o sui corpi, ma sull’immaginario che guida e ispira la volontà di ognuno di noi?

Del resto, da che mondo è mondo, nessun tipo di potere ha mai po-tuto rinunciare del tutto a esercitare un qualche dominio sull’immagi-nario dei suoi sottoposti: quella magica mistura di fascino e timore, di cura e paura, che suggestiona le menti e rende improbabile o persino indesiderabile qualsivoglia tentativo di ribellione.

Con l’avvento della moderna “società di massa”, tuttavia, il potere ha dovuto agire su un numero indefinito di persone, molte delle quali spesso affettivamente sole e prive di punti di riferimento. L’arte del controllo, pertanto, ha finito per divenire “scienza”; una “scienza della manipolazione” di sconcertante raffinatezza, che non si limita più a esercitare una mera suggestione o una superficiale “induzione al timo-re”, ma riesce efficacemente a influenzare comportamenti e modi di essere, a volte senza nemmeno dover fare uso della coercizione fisica.

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LA FABBRICA DELLA MANIPOLAZIONE

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Un potere nascosto è inattaccabile

È un dato di fatto che la nostra coscienza, in genere, “rifugge” dal pensiero che un potere esterno possa avere un tale ascendente sulle nostre scelte da condizionarle sensibilmente. Infatti, anche se molti di noi potranno forse accettare l’idea che un potere intrappoli i corpi con la violenza o al limite possa condizionare certe scelte superficiali inerenti alla sfera economica o a quella dei “gusti”, a chiunque di noi appare istintivamente impossibile – nella misura in cui ci ripugna – ammettere che “qualcuno” possa indirizzare il modo di pensare di interi gruppi umani, modificare il “sentire” di intere generazioni o arrivare persino a generare modelli di pensiero e a influenzare le scelte morali o etiche.

Eppure, al contrario di quello che non riusciamo, o vogliamo, am-mettere, si può dire che oggi, specie in Occidente, gli sforzi del potere sono diretti al controllo della “mentalità di massa”, con un livello di priorità identico, se non maggiore, a quello del controllo sulla macchi-na militare o sulle risorse economiche. Un potere, quello presente nelle moderne società “democratiche”, che, a differenza di quanto avveni-va dei secoli passati, risulta veramente efficace, soprattutto se rimane “nell’ombra”, palesandosi il meno possibile, come dichiarava già nel XIX secolo il primo ministro britannico Benjamin Disraeli:

«Il mondo è governato da tutt’altri personaggi, che neppure immagina-no coloro il cui occhio non giunge dietro le quinte»1.

Un potere nascosto, infatti, ha l’indubbio “pregio” di essere prati-camente inattaccabile: dal suo “rifugio segreto” può serenamente con-templare l’alternarsi dei vari rappresentanti “eletti dal popolo” senza mescolarsi ad essi e, pertanto, senza dovere subire il fatale tramonto che prima o poi accompagna la storia di ogni leader o partito; può inol-tre, se vuole, favorire ora l’uno ora l’altro dei “poteri visibili” o anche, se lo ritiene necessario, contemporaneamente due schieramenti appa-

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Introduzione

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rentemente opposti, che potranno così, più o meno incoscientemente, perseguire in maniera diversa l’unico fine cui mira tale potere.

Soprattutto, però, un potere nascosto – o comunque non immedia-tamente identificabile dai più – ha la straordinaria possibilità di fare quello che a nessun governo o potere visibile è dato compiere fino in fondo, ovvero manipolare quasi alla perfezione i sentimenti e la men-talità di massa senza dare l’impressione di farlo: può controllare i po-poli entrando nel loro immaginario.

La fabbrica della manipolazione

Quando le persone si imbattono nell’espressione “manipolazione di massa”, la prima immagine che in genere viene loro in mente è quella di una TV (o in generale di un mass media) che veicola idee, sugge-stioni e contenuti nei cervelli dei suoi fruitori. Questa immagine è par-zialmente giusta, perché se “nell’immediato” sono soprattutto i mass media a veicolare direttamente determinati contenuti a livello di mas-sa, tuttavia la fase del “bombardamento massmediatico” è molto spes-so l’ultimo anello di una catena invisibile, dietro la quale si nasconde quella che potremmo definire “la filiera” o “fabbrica” della manipola-zione; in effetti i mass media, in ultima analisi, non fanno altro che far rimbalzare nell’etere (e nelle menti degli individui) idee e contenuti, che hanno già alle spalle una loro fase di elaborazione; cioè, per dirla con le parole dello studioso americano Ben Shapiro, «la televisione riflet-te quelli che la creano e trasforma tutti gli altri».

Il primo e decisivo passaggio della manipolazione di massa, infatti, avviene in realtà manipolando i manipolatori; ovvero, secondo un certo tipo di linguaggio, “creando le élite” destinate a loro volta a diffondere un certo tipo di messaggi. Stiamo parlando di quei personaggi definiti nel mondo anglosassone bright & best, i “migliori e più brillanti” – arti-sti, scrittori, musicisti, star, opinion makers e persino studiosi e scienziati – i quali, per interesse o per personale convinzione, inducono con la loro opera uno “stato d’animo” nelle masse.

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LA FABBRICA DELLA MANIPOLAZIONE

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Ma cos’è, esattamente, uno stato d’animo?L’espressione risale all’esoterista francese René Guénon, straordina-

rio studioso delle grandi tradizioni spirituali dell’umanità, edotto anche, per esperienza e conoscenza personale, sul labirintico e occulto mondo dei “fabbricanti di opinioni”. Con état d’esprit, lo studioso francese indi-cava un “clima” culturale e spirituale fabbricabile dalle élites, attraver-so influssi da utilizzare allo scopo di creare una certa “tendenza” nelle masse. Uno “stato d’animo” lo si può generare, ad esempio, attraverso la diffusione di una cultura orientata, di spettacoli, momenti d’aggrega-zione, letteratura o mode; tuttavia, secondo Guénon, i creatori di “stati d’animo” ottengono risultati davvero efficaci soprattutto nella misura in cui prescindono da qualsivoglia scrupolo di tipo “etico” e considerano ogni “influsso” veicolato verso le masse solo in un’ottica strumentale. Un vero creatore di états d’esprit, infatti, sa anche che una menzogna da lui stesso riconosciuta come tale può essere utile e lecita, se serve a un certo scopo, ritenendo come principio che solo “una certa élite” possa conosce-re le vere finalità verso cui indirizzare i più.

Scriveva Guènon:

«È noto l’adagio Vulgus vult decipi, che alcuni commentano: “Ergo deci-piatur!”. […] Si può così tenere per sé la verità e diffondere nello stesso tempo errori che si sanno essere tali, ma che si ritengono opportuni»2.

Al tempo stesso, un vero “manipolatore occulto” non si lascerà tra-scinare nel gioco degli “apparenti opposti”, né in campo politico né in campo culturale, ma saprà utilizzare e persino incoraggiare tendenze apparentemente divergenti per i suoi scopi. Destra e sinistra, progres-so e conservazione, e tutti gli altri “dualismi” a cui i “profani” sono abituati avranno, in sostanza, un valore relativo nelle vere stanze del potere. Non solo: il potere, se è davvero tale, potrà persino permettersi il lusso di tollerare o addirittura di generare una “pseudo-opposizio-ne”, da usare come “specchio per le allodole” verso cui dirottare ogni possibile dissenso.

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“Profezie” letterarie: 1984 di Orvell

Come spesso accade, anche il tema della manipolazione di massa è stato spesso colto con maggiore profondità più dall’intuito di alcuni grandi romanzieri che dalle analisi dei sociologi di professione. Fra tutti i romanzi distopici3 che hanno immaginato un futuro dell’uma-nità contraddistinto dalla manipolazione delle menti e da un totalita-rismo assoluto e onnipresente, 1984 dello scrittore britannico George Orwell è, a buon ragione, uno dei più noti e inquietanti.

Orwell descrive in 1984 un mondo postnucleare, in cui il Pianeta è diviso in tre grandi blocchi in perpetuo conflitto, uno dei quali, l’Ocea-nia, comprende anche l’(ex) Inghilterra, dove ha luogo la trama del rac-conto. L’Oceania è dominata da un’onnipotente Partito (l’ING.SOC., Socialismo Inglese), che controlla i suoi abitanti in ogni loro attività: la privacy, in Oceania, è semplicemente abolita, come tutti i rapporti umani che esulino dall’amore e dalla dedizione verso il Partito e ver-so il Grande Fratello4, l’onnipresente volto del “padre dell’Oceania”, il mitico fondatore dell’ING.SOC., al quale viene attribuita ogni virtù e i cui discorsi vengono proiettati ventiquattrore su ventiquattro in ogni luogo pubblico o privato. La popolazione dell’Oceania è divisa tra i membri interni del Partito (cu tutto è permesso) e i membri esterni (la cui vita è monitorata fin negli aspetti più insignificanti) e la gran mas-sa dei cosiddetti prolet, ai quali molto viene permesso semplicemente perché sono considerati alle stregua di subumani, pilotabili attraverso studiate dosi di cultura-spazzatura e di terrore. I sentimenti che infatti tengono “unito” il popolo dell’Oceania sono, essenzialmente, una sor-ta di timore-dedizione verso il Partito e l’odio verso i nemici esterni – in questo caso, le altre due potenze mondiali dell’Eurasia e dell’Esta-sia – la cui crudeltà rende legittima, a sua volta, l’utilizzo da parte del Partito di altrettanta malvagità.

In realtà, certi aspetti di 1984 – che ha come riferimento più imme-diato, con tutta evidenza, il totalitarismo stalinista dei Paesi comunisti – potrebbero oggi apparire anacronistici, in un’epoca in cui il “controllo sociale” sembra preferire strumenti meno appariscenti, rispetto al recen-

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te passato; tuttavia, alcuni aspetti della distopia di Orwell mantengono ancora oggi un valore “profetico”. Illuminante e fin troppo attuale, ad esempio, è l’invenzione di una neolingua, nella quale i termini a dispo-sizione siano così rarefatti e insignificanti da non permettere più, a chi la usi, di esprimere con le parole i “concetti proibiti”; infatti, il reato più grave, in Oceania, è lo psicoreato, ovvero anche solo il concepire che pos-sano esistere delle realtà al di fuori di quelle volute dal Partito:

«Non capisci che lo scopo principale a cui tende la neolingua è quello di restringere al massimo la sfera d’azione del pensiero? Alla fine rendere-mo lo psicoreato letteralmente impossibile, perché non ci saranno parole con cui poterlo esprimere»5.

A rendere fattibile questo sistema, contribuiscono, nel romanzo, l’efficientissima psicopolizia – che monitora non solo gli atti, ma le stes-se pulsioni involontarie delle persone – e, soprattutto, la pratica del bi-pensiero: una sorta di autodissociazione mentale, attraverso la quale gli stessi membri del Partito si impongono di ritenere vera una cosa o un’idea, anche qualora essa dovesse risultare in palese contrasto con la realtà; fosse anche che… 2+2 sia uguale a 5!

Attualissime, e illuminanti al tempo stesso, rimangono le rappre-sentazioni del “nemico pubblico” del Partito, il dissidente Emmanuel Goldstein (di cui si ignora tutto, persino se esista o meno, ma che tut-tavia diviene l’oggetto della popolare indignazione ritualizzata nei “due minuti d’odio”, a cui partecipa con sincera indignazione tutta la popolazione), o dei costanti bombardamenti “nemici” sui quartieri dei prolet (in realtà, si lascia intendere, organizzati dallo stesso Parti-to per terrorizzare le masse e infiammarle d’odio verso “il nemico”). Viene descritta una pratica di manipolazione creata attraverso il ter-rore, che non può non ricordare, passando dalla distopia all’attualità, certe attuali campagne mediatiche di demonizzazione del nemico di turno (chiunque esso sia, il fantasmatico Osama bin Laden, Gheddafi, Saddam, Al-Qaeda, Assad ecc.); un “nemico virtuale”, che si esprime tramite messaggi o video sul web, rendendo impossibile capire se esso

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Introduzione

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esista realmente o sia oggetto di una più grande trama cospirativa, tan-to da spingerci a domandarci se il “terrorismo” sia opera del nemico oppure di chi lo dovrebbe combattere.

Quando la storia diventa una “farsa”

Per controllare le menti, spiegava Orwell, il Partito sorveglia ogni aspetto della cultura, e soprattutto la storia e il passato («Chi controlla il passato controlla il futuro, chi controlla il presente controlla il passato»), con una frenetica e costante operazione di rimozione delle testimonianze e delle fonti (persino gli articoli di giornale “scomodi”). Anche questo aspetto della società “orwelliana” appare fin troppo attuale.

«La storia può essere ridotta a farsa, soprattutto se asservita a un di-segno politico»6, osservava nel 2007 il politologo Zbigniew Brzezinski commentando, nel suo saggio L’ultima chance, i progetti degli USA per instaurare un “Nuovo Ordine Mondiale”.

La globalizzazione e la promozione di una “coscienza globale” tra le masse sono state le armi fondamentali per assecondare i piani (e i diritti) dell’imperialismo americano e schiacciare le aspirazioni nazionali, che si sono rivelate negli anni il maggior ostacolo al piano di colonizzazione mondiale. Brzezinski parlava apertamente del ruolo degli USA inteso a “modellare” culturalmente e politicamente le masse, comprendendovi anche le derive dell’amministrazione Bush jr., in cui il mondialismo ha abbandonato l’arma della globalizzazione (tipica del governo Clinton), rivestendo i panni della «missione storica, quasi religiosa»7.

Il saggio terminava infatti con questo appello:

«L’America deve urgentemente modellare una politica estera post-guerra fredda veramente mondialista. Può sempre farlo, sempre che il prossimo presidente, consapevole che “la forza di una grande poten-za diminuisce quando cessa di servire un’idea”, scelga di collegare in maniera tangibile la potenza americana alle aspirazioni di un’umanità risvegliata dal punto di vista politico»8.

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Correva l’anno 2007 e il «prossimo presidente» a cui veniva rivolto questo appello sarebbe stato proprio Barack Obama, pupillo di Brzezinski e suo ex laureando presso l’università di New York con una tesi sul disar-mo nucleare. A distanza di anni, possiamo concludere che il presidente americano abbia accolto l’invito del suo ex professore a rilanciare il Paese e la sua corsa per l’instaurazione di un governo globale9, passando anche attraverso l’intervento bellico in Libia e l’attacco alla Siria di Assad.

Persino sul piano geopolitico, l’America caldeggiata da Brzezinski sembra assomigliare sorprendentemente all’Oceania di Orwell, laddo-ve, ad esempio, il grande avversario dell’America oggi appare sempre più chiaramente essere la Russia (l’Eurasia di 1984), Paese che per Br-zezinski va isolato da possibili alleanze (Cina/Iran) e “livellato” al suo interno grazie alle spinte “democratiche” dell’Europa.

In effetti, oggi più che mai, dopo i recenti scandali del Datagate e la fuga di Edward Snowden in Russia, la “guerra fredda”, che credevamo finita con il crollo del muro di Berlino, sembra essersi ridestata: ultimo esempio, in ordine di tempo, la tensione creata dalla decisione ameri-cana di attaccare la Siria, che ha precipitato il mondo sul baratro di una terza guerra mondiale.

«La forza di una grande potenza diminuisce quando cessa di servire un’i-dea»… e in questo Brzezinski non fa che riprendere l’intuizione più geniale di Orwell, ovvero la rivelazione che l’essenza del potere tota-litario non è il controllo sulle cose, ma il controllo sulle menti. «Il vero potere, il potere per il quale dobbiamo lottare notte e giorno, non è il potere sulle cose, ma quello sugli uomini», troviamo scritto in 1984, «Potere vuol dire ridurre la mente altrui in pezzi che poi rimetteremo insieme nella forma che più ci parrà opportuna»10.

Così, ad esempio, Brzezinski spiega che, per piegare l’avversario Russia, si deve scardinare quell’idea di nazione alla quale essa è rima-sta aggrappata, che ha permesso di risvegliare quei sentimenti di in-dipendenza e orgoglio, che l’amministrazione del filo americano Boris Eltsin sembrava aver debellato.

Insomma, la storia può essere ridotta a farsa, soprattutto se è asservita a un disegno politico.

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“Profezie letterarie”: il mondo nuovo di Huxley

Rispetto al modello di 1984, l’altra grande distopia letteraria del XX secolo, Il Mondo Nuovo dello scrittore inglese Aldous Huxley, risulta forse ancora più raffinata. I rapporti tra i due romanzieri, peraltro, non sono stati abbastanza indagati e potrebbero fornire importanti informa-zioni sui piani politici dell’aristocrazia britannica del tempo. Huxley, infat-ti, era stato l’insegnante di francese di Orwell all’Eton College nel lontano 1917 e la sua influenza sull’allievo sarebbe poi emersa anche nel carteggio privato dei due romanzieri, che analizzeremo nel primo capitolo.

Pur essendo stato scritto diciassette anni prima del capolavoro di Orwell, Il Mondo Nuovo pare comunque contenere aspetti ancora più attuali (e inquietanti). Nel rileggere l’opera di Huxley, infatti, sembra di assistere a una descrizione puntuale di alcuni dei principali “pas-saggi” cui la società umana (soprattutto quella occidentale) è andata realmente incontro, negli ultimi decenni, e non è azzardato dire che vi si può trovare ispirazione per comprendere, almeno in parte, certi scenari che ancora ci attendono.

Anche la distopia di Huxley è ambientata in un futuro postbellico, in cui esiste un ordine mondiale che, si lascia intendere, è stato istituito come risposta a una crisi globale di enormi proporzioni: «La Guerra dei Nove Anni, il Grande Disastro Economico. C’era da scegliere fra il Controllo Mondiale e la distruzione»11.

A differenza che in Orwell, tuttavia, in Huxley il governo globale in genere non ha più bisogno della coercizione fisica, per imporre il suo potere ai rimanenti due miliardi di esseri umani presenti sul Pianeta: tutta la vita, infatti, è ormai programmata scientificamente fin da prima della nascita, essendo la riproduzione del tutto disgiunta dall’atto ses-suale ed effettuata, come diremmo oggi, in vitro, in modo da permette-re l’esistenza solo a individui sani, i quali peraltro sono già “forgiati” in embrione per fare parte di differenti “caste” e condizionati fin dalla più tenera età attraverso sofisticate tecniche di autentico lavaggio del cervello. Gli abitanti del Mondo Nuovo, d’altronde, sono svuotati da qualsivoglia desiderio di ribellione, dal momento che sono prigionieri

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di una gabbia dorata, le cui sbarre sono fatte di… piacere! Nel Mondo Nuovo, infatti, le attività dilettevoli più elementari sono incessanti e la promiscuità sessuale, in particolare, è vista quasi come un dovere sociale a tutte le età: dai “giochi sessuali” dei preadolescenti fino al continuo scambio di partner fra adulti. Un rapporto affettivo stabile, infatti, dopo l’abolizione della famiglia – sul modello “comunitario” della Repubblica di Platone – sarebbe visto addirittura come un elemento so-cialmente pericoloso per il sistema.

Nel suo Ritorno al Mondo Nuovo, scritto nel 1958, Huxley riprende questo aspetto, precisando:

«Primo scopo dei governanti è impedire ad ogni costo che i soggetti diano fa-stidio. Per far questo essi, fra le altre cose, legalizzano una certa misura di libertà sessuale (possibile dopo l’abolizione della famiglia), che in pratica salvaguardi tutti i cittadini del mondo nuovo da ogni forma di tensione emotiva (o creativa)»12.

Tuttavia, lì dove i piaceri e la programmazione perpetua non doves-sero bastare, l’asso nella manica del Mondo Nuovo è il Soma: la droga psichedelica perfetta senza controindicazioni per la salute e consuma-bile ab libitum, che affoga in un “viaggio chimico” ogni possibile dolo-re, angoscia o semplice creatività; perché, in fondo, ciò che l’individuo del Mondo Nuovo deve offrire, in cambio dei piaceri che riceve, è se stesso – il suo essere persona, la sua dimensione intellettiva, affettiva e ogni “domanda di senso” sulla vita – limitandosi a essere un “robot di carne”. Il cittadino del governo globale immaginato da Huxley sa-crifica se stesso, la propria libertà e la propria immaginazione, perché manipolato e indotto fin dalla nascita a farlo: qualunque disquisizione filosofica sul libero arbitrio non avrebbe senso, in una società dove tut-to è perfettamente programmato.

Governo globale, droga, sesso, fecondazione artificiale, eliminazio-ne della famiglia, controllo demografico e annichilimento della perso-na nei suoi aspetti più profondi rendono sorprendentemente attuale questo romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1932.

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Bisogna tuttavia ricordare che Aldous Huxley era non solo un ge-niale scrittore, ma anche e soprattutto il rampollo di una vera e propria “dinastia di manipolatori e di lobbisti” ben addentro ai meccanismi con cui le élites sanno programmare la cultura e il pensiero dei più. È quindi ragionevole vedere nella distopia descritta nel Mondo Nuovo qualcosa di più di una semplice fantasia letteraria: forse, in una certa misura, vi è il riflesso di alcuni progetti realmente coltivati dalle élites che controllano il mondo contemporaneo.

Aldous Huxley, del resto, in questo ambiente elitario, non è l’unico “profeta” del mondo a venire: nel 1928, H.G. Wells – socio della Fabian Society e del Coefficent Club, e già allievo dello zio di Aldous, il biologo darwinista Thomas Huxley – aveva pubblicato

«un libro intitolato The Open Conspiracy, in cui manifestò il proprio ide-ale di un mondo unificato sotto l’egemonia anglosassone e ispirato agli ideali socioeconomici della Fabian Society»13.

Nel 1927, Wells aveva collaborato anche con il fratello di Aldous, Sir Julian Sorel Huxley, alla stesura del saggio The Science of Life, che avrebbe visto le stampe soltanto quattro anni dopo, in cui veniva proposto il tema dell’evoluzione, come fondamento dell’etica di quello Stato mondiale cui Wells avrebbe dedicato il lavoro negli ultimi anni della sua vita. Proprio Sir Julian Sorel Huxley, che nel secondo dopoguerra fu uno dei creatori della United Nations Educational, Scientific and Cultural Organisation (UNESCO) – l’agenzia delle Nazioni Unite, che si occupa della promozione “cultura-le” e dell’educazione a livello globale – nel documento di preparazione, intitolato Unesco its purpose and its philosophy14, scriveva:

«Il progresso non è automatico o inevitabile ma dipende dalla scelta umana e dallo sforzo di volontà. Prendendo le tecniche di persuasione e informazione e vera propaganda che abbiamo imparato ad applicare come nazione in guerra, e deliberatamente unendole ai compiti inter-nazionali di pace, se necessario utilizzandole, come Lenin previde per superare la resistenza di milioni verso il cambiamento desiderabile».

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Più che descrivere una “realtà” di fantasia, dunque, il Mondo Nuovo sembra puntualmente riflettere l’ideologia, che informa ancora oggi le grandi istituzioni internazionali e non fa mistero del fatto che uno dei suoi obiettivi primari sia quello di “manipolare le masse” attraverso l’utilizzo di tecniche di guerra in tempo di pace.

La sorte del tacchino

Scriveva Aldous Huxley, nel 1958:

«Gli antichi dittatori caddero perché non sapevano dare ai loro soggetti sufficiente pane e circensi, miracoli e misteri. E non possedevano un sistema veramente efficace per la manipolazione dei cervelli»15.

Quello che più di cinquant’anni fa osservava il romanziere inglese è che un regime, per sopravvivere, ha bisogno di suggestionare le men-ti dei cittadini offrendo «circensi, miracoli e misteri», canalizzando cioè l’immaginazione delle masse verso distrazioni che allontanino le coscien-ze da possibili proteste. Per controllare le masse, spiegava Huxley, si deve intervenire sulle menti, sedandole, manipolandole e offrendo con-temporaneamente la soddisfazione dei beni primari, dal cibo al sesso:

«Ahimè, ci siamo scordati la sorte del tacchino. Date all’uomo pane abbondante e regolare tre volte al giorno, e in parecchi casi egli sarà contentissimo di vivere di pane solo, o almeno di solo pane e circensi»16.

Per limitare la libertà degli individui e condizionare le masse, si deve in-tervenire antropologicamente su di esse, plasmando le persone fin dalla nascita. Per questo, Huxley immaginava nel suo romanzo distopico un’umanità con-dizionata fin dalla provetta: da adulti, i cittadini di questo governo globale non avrebbero potuto non desiderare la forma di potere che veniva loro imposta.

Al condizionamento “culturale” (e biologico), Huxley aveva infatti affiancato uno strumento scientifico basato sull’ipnosi e sulle droghe,

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Introduzione

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arrivando addirittura a prevedere la diffusione di un metodo farmaco-logico, per “sedare” le coscienze (psicofarmaci?):

«In passato liberi pensatori e rivoluzionari furono spesso i prodotti della educazione più ortodossa e più osservante. Un fatto che non ci deve sor-prendere, perché i metodi usati da quell’educazione erano e sono quanto mai inefficaci. Ma sotto un dittatore scientifico l’educazione funzionerà davvero e di conseguenza la maggior parte degli uomini e delle donne crescerà nell’amore della servitù e mai sognerà la rivoluzione»17.

Huxley ha infatti compreso che è preferibile suggestionare e mani-polare le coscienze con metodi non violenti, piuttosto che con il terrore e la paura del castigo:

«Il governo realizza un suo controllo quasi perfetto, inducendo siste-maticamente la condotta desiderata, e per far questo ricorre a varie for-me di manipolazione pressoché non-violenta, fisica e psicologica, e alla standardizzazione genetica»18.

Il progetto: un “uomo nuovo” per un “Nuovo Ordine Mondiale”

Le opere letterarie, dunque, ci rimandano presto o tardi alla realtà concreta: qual è, oggi, il “mondo nuovo” al quale sembriamo destinati, il progetto verso cui tendono gli sforzi dei Poteri Forti?

Almeno per quanto riguarda il mondo occidentale, la risposta è, con tutta evidenza, il progetto di un “Nuovo Ordine Mondiale”. Sulle radi-ci di quest’idea di governo planetario – a partire dalla sua elaborazio-ne all’interno del mondo anglosassone, protestante prima e massonico poi – ci siamo peraltro già ampiamente dilungati nel nostro preceden-te saggio Governo Globale. La storia segreta del Nuovo Ordine Mondiale19, mettendone in luce gli aspetti più caratteristici a livello ideologico, ol-treché le radici culturali, sociali e persino “teologiche” di quella che abbiamo definito “l’ideologia mondialista”; al tempo stesso, abbiamo

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LA FABBRICA DELLA MANIPOLAZIONE

cercato di indicare anche alcune delle “direzioni” che l’azione mondia-lista persegue, nella sua aspirazione al dominio globale: la lotta contro tutte le strutture (Stati, comunità, leader e religioni) che, coscientemen-te o meno, si pongono come ostacoli all’unificazione e omologazione dell’umanità; il tema costante del controllo demografico e della pro-mozione della denatalità, specie fra i ceti meno abbienti; l’accapar-ramento delle risorse economiche globali e l’utilizzo dei “conflitti” e delle “crisi”, come grimaldello per fare accettare all’opinione pubblica la necessità di un potere sovranazionale; la lotta contro quei “corpi in-termedi” della società (su tutti, la famiglia), che si pongono anch’essi come inevitabili ostacoli al progetto mondialista, impedendo all’uomo di ritrovarsi – come invece si vorrebbe – privo di qualsivoglia stabilità affettiva, economica e psicologica.

Nel precedente saggio, abbiamo anche già messo in luce come la vera battaglia per l’instaurazione, al giorno d’oggi, di un “Nuovo Or-dine Mondiale” non si giochi solo sul piano della macropolitica, delle guerre o del dominio dell’economia, ma anzi abbia come obiettivo vero la coscienza umana. Un “Nuovo Ordine Mondiale”, infatti, non potrà mai realizzarsi ed essere accettato senza la presenza di una materia pri-ma fondamentale, ovvero di un uomo nuovo che, letteralmente resettato dai tradizionali modelli culturali e sociali, possa divenire strumento ed elemento base dell’ordine globale.

Per questo motivo, al giorno d’oggi, il campo di battaglia privilegiato non è più (o, perlomeno, non è soltanto) la trincea di guerra, ma la men-te dell’uomo; la “fabbrica della manipolazione” diviene così una vera e propria strategia a lungo termine per il controllo e il dominio globale.

Il presente saggio si pone il compito di illustrare alcuni degli inter-venti di manipolazione più importanti – e spesso, paradossalmente, misconosciuti come tali – che influenzano l’umanità moderna e con-temporanea, con il desiderio e allo scopo, parafrasando la citazione di Orwell riportata all’inizio di questa introduzione, di permettere a molti di cogliere la vera natura della società contemporanea.

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INDICE

Introduzione ................................................................................................................ 5

Capitolo 1LE MANI SULLA MENTE: TECNICHE DI MANIPOLAZIONE DI MASSA ................................................20

Capitolo 2RIVOLUZIONI CULTURALI CONTROLLATE ............................................ 45

Capitolo 3NÉ MASCHIO, NÉ FEMMINA: DALL’IDEOLOGIA GENDER ALL’ERMAFRODITO ..................................... 75

Capitolo 4LA FABBRICA DEL CONSENSO: ARTE, MUSICA, CINEMA E MEDIA ..............................................................101

Capitolo 5MANIPOLAZIONE SUI BANCHI DI SCUOLA .........................................140

Capitolo 6COME DISTRUGGERE LE RELIGIONI ........................................................149

Capitolo 7L’ULTIMO UOMO .............................................................................................178

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