informami n1-2017 omceomi

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I N F ORMA MI Bollettino dell’OMCeOMI 1 . 2017 ANNO LXX 360° pag. 5 La gestione del paziente cronico e fragile PROFESSIONE Dove è finita la ricetta rossa? pag. 17 SANITà I nuovi LEA sono arrivati, finalmente pag. 20 L’INTERVISTA Elena Cattaneo: scienza e politica non si intendono pag. 30

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Page 1: Informami n1-2017 omceomi

InFormaMIBollettino dell’OMCeOMI

1 . 2017 annO LXX

360°

pag. 5

La gestionedel paziente

cronico e fragileproFessIone Dove è finita la ricetta rossa?pag. 17

sanItà I nuovi LEA sono arrivati, finalmentepag. 20

l’IntervIstaElena Cattaneo: scienza e politica non si intendonopag. 30

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I telefoni dell’Ordine

Ricordiamo che, ai sensi dell’art. 16 comma 7 D.P.R. 185/2008, sei tenuto a comunicarci il tuo indirizzo di Posta Elettronica Certificata (PEC). Se non lo hai già fatto, segnalalo inviandolo a: [email protected].

DirezioneDott. Marco CAVALLOtel. 02.86471.1

Segreteria del PresidenteGiusy PECORAROtel. 02.86471410

Segreteria consigliere medicina generaleCinzia PARLANTItel. 02.86471400

Segreteria del vice presidenteMarina ZAFFARONItel. 02.86471448

Segreteria del consigliere segretarioLaura CAZZOLItel. 02.86471413

Segreteria commissioniMaria FLORIStel. 02.86471417

Area giuridica amministrativaAvv. Mariateresa GARBARINItel. 02.86471414

Segreterie organi collegialiUfficio deontologia procedimenti disciplinariDott.ssa Daniela MORANDOtel. 02.86471405

Ufficio iscrizioni, cancellazioni, certificatiAlessandra GUALTIERItel. 02.86471402

Cinzia PARLANTItel. 02.86471400

Maria FLORIStel. 02.86471417

Marina ZAFFARONItel. 02.86471448

Front officeCinzia PARLANTI (Stampa)tel. 02.86471400

Maria FLORIStel. 02.86471417

Amministrazione e contabilitàAntonio FERRARItel. 02.86471407

Contabilità - visti d’equitàGabriella BANFItel. 02.86471409

Rossana RAVASIOtel. 02.86471419

Ufficio Stampa - sito istituzionaleMariantonia FARINAtel. 02.86471449

Aggiornamento ECMSarah BALLARÈtel. 02.86471401

Mariantonia FARINAtel. 02.86471449

Segreteria commissione odontoiatriSilvana BALLANtel. 02.86471423

Pubblicità sanitaria e psicoterapeutiLorena COLOMBOtel. 02.86471420

CEDLucrezia CANTONItel. 02.86471424

Loris GASLINItel. 02.86471412

CentralinoFabio SORAtel. 02.864711

ENPAM - Pratiche pensioniStefania PARROTTAtel. 02.86471404

Ricevimento telefonico:lunedì e mercoledì h 14:00-16:00martedì e giovedì h 10:00-12:00

Ricevimento in sede (su appuntamento)lunedì e mercoledì h 10:00-12:00martedì e giovedì h 14:00-16:00

Per prenotare il proprio appuntamento, chiamare il numero di telefono:

02.86471404

Una segreteria telefonica è sempre attiva per lasciare eventuali messaggi; il referente d’ufficio provvederà a rispondere appena possibile.

Sportello ENPAM, modalità di ricevimento

www.omceomi.itCollegati con l’Ordine

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sommario

editoriaLe

360°

3 La strada della pillola rossa

LaGESTIonEDELPaZIEnTECronICoEFraGILE 5 Il cambio di marcia lombardo 7 Le perplessità dell’Ordine 10 Paese che vai, modello che trovi

Professione

13 Do you speak medichese? 15 Sull’olio di palma tanto rumore per nulla (o forse no?) 17 Gioie e dolori della ricetta online

sanità

20 Nuovi LEA: così la sanità pubblica punta al rilancio 22 LEA odontoiatrici: poche luci, solite ombre 24 Rapporto OASI: alla ricerca di un equilibrio fra investimenti, sostenibilità e tutela della salute 26 Gli ospedali milanesi visti attraverso gli occhi del Programma Nazionale Esiti 29 PNE: come non perdersi alla ricerca dei dati

L’intervista

30 Elena Cattaneo: “Scienza e politica in Italia si parlano, ma spesso non si capiscono”

diritto

34 Prelievo ematico forzoso: quali i termini della coazione per il personale medico?

CLiniCommedia ieri e oggi

36 Non più quello di una volta 38 Dalla diagnosi clinica a quella di laboratorio

storia e storie

39 Le lotte intestine, quelle con i sindacati e le beffe della politica 42 Casa del Sole: da scuola speciale a modello di salute

44 da leggere, vedere e ascoltare46 scuola di comunicazione in sanità 47 Corsi eCm 48 in ricordo di

smartfad i La diagnosi di ipertensione arteriosa ii Sempredicorsa iv Tacco13 vi Eraunanottebuiaequasitempestosa…

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2 InFormaMI

Registrazione al Tribunale di Milano n° 366 del 14 agosto 1948Iscritta al Registro degli operatori di comunicazione (ROC) al n. 20573 (delibera aGCOM n. 666/08/COnS del 26 novembre 2008).

Direttore responsabileRoberto Carlo Rossi

Comitato di redazione Giuseppe Bonfiglio, Giulia Lavinia allegra Borromeo, Luigi Di Caprio, Costanzo Gala, Ugo Garbarini, Dalila Patrizia Greco, Maria Grazia Manfredi, Luigi Paglia, alberto Scanni, Ugo Giovanni Tamborini, Martino Massimiliano Trapani

redazione e realizzazioneZadig Srlvia ampère 59, 20131 Milanotel. 02 7526131 - fax 02 [email protected]

Direttore: Pietro Dri

Redazione: Tommaso Saita, Maria Rosa Valetto (coordinamento)

Grafica: Luisa Goglio

Autori degli articoli di questo numero: Claudia arcari, Paolo Beck-Peccoz, Cristina Da Rold, Ugo Falcando, Ugo Garbarini, Cristina Gaviraghi, angelica Giambelluca, Luigi Isolabella, Margherita Martini, Stefano Menna, antonino Michienzi, nicola Pietrantoni, Tommaso Saita, Patrizia Salvaterra, Debora Serra, Maria Rosa Valetto

segreteriaMariantonia FarinaVia Lanzone 31, 20123 Milanotel. 02 86471449 [email protected]

stampa Cartostampa Chiandetti Srl, Stamperia a Reana del Rojale, Italia

TrimestraleSpedizione a cura di nexive SpaVia Fantoli 6/3, 20138 Milano

Dati generali relativi all’ordine

Consiglio Direttivo

PresidenteRoberto Carlo Rossi

Vice PresidenteGiuseppe Bonfiglio

SegretarioUgo Giovanni Tamborini

TesoriereLuigi Di Caprio

Presidenti OnorariUgo Garbarini

ConsiglieriLuciana Maria Bovone, Giovanni Campolongo, Giovanni Canto, Costanzo Gala, Maria Grazia Manfredi, Pietro Marino, arnaldo Stanislao Migliorini, Massimo Parise, Giordano Pietro Pochintesta, alberto Scanni, Maria Teresa Zocchi

Commissione albo odontoiatri

Presidenteandrea Senna

SegretarioLuigi Paglia

ComponentiGiulia Lavinia allegra Borromeo, Jason Motta Jones, Claudio Giovanni Pagliani

Collegio revisori dei conti

PresidenteMartino Trapani

RevisoriGiuseppe Brundusino

Revisore Supplentealessandra Carreri

INFORMAMIBollettino dell’OMCeOMI

1 . 2017 ANNO LXX

360°

pag. 5

La gestionedel paziente

cronico e fragilePROFESSIONE Dove è fi nita la ricetta rossa?pag. 17

SANITÀ I nuovi LEA sono arrivati, fi nalmentepag. 20

L’INTERVISTAElena Cattaneo: scienza e politica non si intendonopag. 30

nota per gli autori

Gli articoli e la relativa iconografia impegnano esclusivamente la responsabilità degli autori. I materiali inviati non verranno restituiti. Il Comitato di Redazione si riserva il diritto di apportare modifiche a titoli, testi e immagini degli articoli pubblicati. I testi dovranno pervenire in redazione in formato word, le illustrazioni su supporto elettronico dovranno essere separate dal testo in formato TIFF, EPS o JPG, con risoluzione non inferiore a 300 dpi.

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31 . 2017

editoriaLe

PoCHi giorni fa ho partecipato a un incontro con diversi colleghi Direttori di reparti ospedalieri

di un noto nosocomio milanese. Il tema era una chiacchierata informale sulle DGR lombarde di presa in

carico della cronicità. Le critiche emerse al riguardo sono state diverse, soprattutto dirette al fatto che il

personale medico (e non solo) è sempre di meno e preoccupa davvero la possibilità di sobbarcarsi anche

corsie preferenziali di cronici che devono eseguire in tempi rapidi alcuni esami e visite specialistiche.

Accanto a chi era perplesso ci sono anche (poche) voci favorevoli o meno critiche, soprattutto dovute al

fatto che così, seguendo percorsi predeterminati per le singole patologie, potrebbe aumentare di molto

l’appropriatezza (ma di sicuro diminuirebbe la libertà del cittadino e del suo terapeuta, commento io). In

particolare, mi ha colpito quanto detto da un autorevole collega, che più o meno suonava così: fidiamoci

di quanto fatto dalla Regione poiché così si seguiranno sempre di più i percorsi diagnostico-terapeutici,

si ridurranno gli esami inutili e quindi gli sprechi. L’affermazione mi ha fatto venire alla mente una

celeberrima scena del film Matrix, quella dove, vi ricorderete, il protagonista si trova a un bivio: se

sceglie la pillola blu metterà a tacere il suo senso critico, si risveglierà nel suo letto e tutto continuerà

come prima; scegliendo la pillola rossa, al contrario, verrà intrapresa la difficile e scomoda strada della

consapevolezza.

in queste due ConsiLiature ordinistiche, nelle quali ho avuto la fortuna e il privilegio di

presiedere l’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Milano, ho sempre scelto la strada più difficile

della critica costruttiva ai poteri forti, in parallelo con la doverosa collaborazione con tutti gli altri

soggetti del panorama sanitario ambrosiano. Sono cioè consapevole di essere il presidente di un Ente

dello Stato, ma anche di essere l’espressione di chi desidera che questo ruolo pubblico e tecnico allo

stesso tempo dia voce alla categoria medica e odontoiatrica, ovviamente sempre e soltanto nel supremo

interesse del cittadino. Infatti, le mie/nostre critiche e la fermezza si sono sempre accompagnate con le

azioni di collaborazione con le istituzioni. In questi anni, solo per ricordare poche tra le tante cose fatte,

abbiamo intessuto un fitto dialogo con l’Università Statale di Milano con la quale abbiamo realizzato e

realizzeremo importanti eventi formativi; abbiamo realizzato importanti partnership con alcune Aziende

ospedaliere, siamo andati a parlare e abbiamo collaborato con i Magistrati, con la Procura della Corte dei

Conti, con il Comune di Milano, con la stessa Regione Lombardia, eccetera.

robErToCarLorossi

La strada della pillola rossa

This is your last chance. After this, there is no turning back.

You take the blue pill – the story ends, you wake up in your bed and

believe whatever you want to believe. You take the red pill – you stay in

wonder land and I show you how deep the rabbit-hole goes.

Matrix,dir.Lilly&LanaWachowski,1999

Page 6: Informami n1-2017 omceomi

4 InFormaMI

editoriaLe

Per la verità, gli ultimi presidenti che mi hanno preceduto si sono tutti mossi nella medesima direzione.

Da Bergonzini ad Anzalone a Garbarini. Ovverosia, il Consiglio dell’Ordine di Milano, per bocca del suo

presidente, ha sempre detto ciò che doveva dire a Ministri, Federazione, ENPAM, INPS, INAIL, Regione,

Autorità garante della concorrenza, potentati economici e politici di varia natura, pur nel pieno rispetto

istituzionale dei ruoli che ognuno ricopre. Credo sia il caso di riaffermarlo, in vicinanza della tornata

elettorale, che probabilmente si svolgerà nel prossimo autunno.

inveCe, osservo Come quaLCuno, che prima si professava convinto assertore della nostra

filosofia e delle nostre idee, abbia clamorosamente cambiato idea negli ultimi mesi. Si moltiplicano i

distinguo: costoro affermano che l’Ordine dovrebbe essere molto più condiscendente con l’ENPAM,

anche se la rendita previdenziale dei nostri contributi è in progressivo calo; non dovrebbe permettersi

di criticare le delibere regionali, neppure se sembrano platealmente violare il codice deontologico;

non dovrebbe osare a portare in tribunale il Ministro, anche se emana un decreto sull’appropriatezza

che non contiene neppure lo straccio di una bibliografia che ne giustifichi i contenuti; non dovrebbe

istituire i registri delle medicine non convenzionali, anche se questo è oramai, di fatto, un obbligo di

Legge, eccetera. Ebbene, io non ho intenzione di cambiare atteggiamento, e chiunque mi vorrà seguire è

avvertito. Per me, la scelta, sarà sempre quella più rischiosa, in salita e poco remunerativa della

“pillola rossa”.

Page 7: Informami n1-2017 omceomi

51 . 2017

360°

IlcambiodimarcialombardoCrISTInagaviragHi

La riforma sanitaria della regione Lombardia porta a una trasformazione del modo di assistere il paziente cronico: si abbandona la logica verticale a favore di un vero e proprio percorso di cura, deframmentato. rimane qualche zona d’ombra

in PrinCiPio erano i CReG, i Chronic Related Group avviati in via sperimentale cinque anni fa dall’allora giunta Formigoni come nuovo modello di assistenza per i pazienti con patologie croniche. Secondo tale progetto, partito coinvolgendo 40mila malati e 415 medici di famiglia (o MMG), questi ultimi, organizzati in cooperative, erano tenuti a istituire percorsi di cura personalizzati per il malato cronico, seguendolo anche a distanza e diventando, a tutti gli effetti, i gestori del suo percorso di cura.Con l’avvento della riforma sanitaria lombarda, esplicitata dalla l.r. n° 23 dell’agosto 2015, tale modello viene, però, superato. La d.g.r. n° X/6164, approvata il 30 gennaio scorso, ha dato il via all’attuazione dell’art. 9 di tale legge che dettava i principi per i nuovi modelli di presa in carico del paziente cronico e fragile.

LaGESTIonEDELPaZIEnTECronICoEFraGILE

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6 InFormaMI

Il provvedimento puntava a una maggiore integrazione tra le varie componenti del Servizio Sanitario Regionale e affidava il paziente cronico a dei gestori, erogatori di servizi sanitari pubblici o privati appositamente accreditati e ritenuti adatti alla presa in carico degli assistiti cronici. La scelta di tali gestori veniva demandata alle ATS, le Agenzie di tutela della salute che, con la riforma sanitaria, hanno sostituito le vecchie ASL. Se a gennaio le caratteristiche dei gestori e i criteri di valutazione, che avrebbero dovuto adottare le ATS per selezionarli, sembravano ancora vaghi e incerti, la d.g.r. n° X/6551, del 4 maggio scorso, ha reso tutto più chiaro. Potranno diventare gestori le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private accreditate e a contratto con il Sistema Sanitario Lombardo, le cooperative o associazioni di MMG e il MMG singolo, quest’ultimo, però, solo come co-gestore di una struttura accreditata e a contratto.I potenziali attori della presa in carico del paziente cronico avranno tempo fino al 31 luglio per presentare la manifestazione di interesse a ricoprire il ruolo di gestore alle ATS. Queste valuteranno la loro idoneità in base a parametri indicati dalla Regione, tra cui la modalità di erogazione delle attività di presa in carico, la completezza della filiera erogativa, la copertura dell’area territoriale e il coinvolgimento dei MMG e pediatri di libera scelta e degli erogatori (per i gestori MMG). Ogni gestore potrà avere in carico fino a un massimo di 200.000 pazienti contemporaneamente.A partire dall’autunno, poi, le ATS invieranno l’elenco dei gestori ai pazienti cronici, stratificati dalla Regione in tre livelli, basati sulla complessità e la fragilità della loro condizione (vedi tabella).

Lagestionedelpazientecronicoefragile360°

Livelli di cronicità secondo la d.g.r. n° X/6164/2017

livello n° pazienti Domanda Bisogni pertinenza prevalente

1 150.000

fragilitàclinicae/ofunzionaleconbisogniprevalentiditipoospedaliero,residenziale,assistenzialeadomicilio

integrazionedeipercorsiospedale/domicilio/riabilitazione/socio-sanitari

•strutturadierogazione•strutturesanitarieesocio-

sanitariepubblicheeprivateaccreditate

2 1.300.000

cronicitàpolipatologicaconprevalentibisogniextra-ospedalieri,altarichiestadiaccessiambulatorialiintegrati/frequent userefragilitàsocio-sanitariedigradomoderato

coordinamentoepromozionedelpercorsoditerapia(prevalentementefarmacologicaedisupportopsicologico-educativo)egestioneproattivadelfollow-up(piùvisiteedesamiall’anno)

•strutturadierogazione•strutturesanitarieesocio-

sanitariepubblicheeprivateaccreditate

•mmGinassociazione

3 1.900.000

cronicitàinfaseiniziale,prevalentementemonopatologicaefragilitàsocio-sanitarieinfaseiniziale,arichiestamedio-bassadiaccessiambulatorialiintegratie/odomiciliari/frequent user

garanziadipercorsiambulatorialiriservatiecontrolloepromozionedell’aderenzaterapeutica

•mmGco-gestore

Grazie a un “patto di cura”, il paziente verrà accompagnato lungo tutto un percorso individuale di assistenza

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71 . 2017

i LiveLLi di CroniCità

Si parte da un primo livello che coinvolge circa 150mila assistiti, caratterizzati da un’elevata

fragilità clinica e funzionale che, oltre a quella principale, presentano almeno altre tre patologie. Nel

secondo livello rientrano 1 milione e 300mila pazienti con una cronicità polipatologica, costituita da due o tre malattie complessive, mentre al terzo livello appartengono tutti quegli individui, 1 milione e 900mila, che presentano una cronicità in fase iniziale, basata su una patologia principale.A questo punto sarà il paziente a scegliere il gestore a cui affidarsi e questi, una volta verificata la congruità tra la sua offerta e le necessità del paziente stesso, lo prenderà in carico, stipulerà con lui un “patto di cura” e predisporrà il piano di assistenza individuale (PAI) della durata di un anno che apparirà anche sul fascicolo sanitario elettronico. Il medico di famiglia, se diverso dal gestore, potrà prendere visione del PAI ed eventualmente integrarlo con altre informazioni, ma non potrà modificarlo, essendone il gestore l’unico responsabile.Sarà dunque quest’ultimo ad accompagnare il paziente nel suo percorso di cura costituito da visite specialistiche, controlli, terapie, indagini diagnostiche, eventuali ricoveri e sedute riabilitative, degenze, richiesta di presidi sanitari, erogando le varie prestazioni e monitorando l’aderenza al PAI. Il gestore non potrà inoltre prescindere, secondo la delibera, da due grandi funzioni: una tecnologica e una organizzativa. La prima dovrà garantire al paziente un accesso rapido e facilitato a tutte le prestazioni programmate e l’integrazione dei suoi dati con i data-base regionali e il Fascicolo Sanitario Elettronico, mentre la seconda dovrà prevedere la presenza di figure professionali come personale infermieristico e amministrativo e assistenti sociali. Il sistema dovrà infine consentire la condivisione di tutte le informazioni relative al percorso di cura tra i diversi operatori sanitari, quali erogatore, MMG, medici specialisti, RSA e centri diurni.

uno sCenario nuovo

Una grande rivoluzione, dunque, che tocca anche la sfera amministrativa. La Regione ha individuato 65 patologie principali stratificate in base al livello di complessità e ha istituito i set di riferimento, l’insieme delle attività correlate alla patologia cronica che contribuiscono a individuare la tariffa. Tali set derivano dall’analisi dei dati presenti nella Banca dati assistito (BDA) regionale e si basano sulle prestazioni erogate nel 2016 ad almeno il 5 per cento dei pazienti appartenenti a una specifica patologia principale. In funzione dei set di riferimento sono state stabilite delle tariffe di presa in carico che dovrebbero servire a coprire i costi per la nuova gestione della cronicità: 35 euro per gli assistiti mono-patologici, 40 euro per quelli con 2/3 patologie e 45 euro per i poli-patologici, con più di 4 malattie. Questo, in sintesi, lo scenario che si prospetta per la gestione del paziente

le perplessità dell’ordine

Il nuovo modello regionale della gestione del paziente cronico e fragile, contemplato nella riforma della Sanità lombarda, sta entrando sempre più nel vivo, non senza, però, sollevare dubbi e critiche, anche da parte dell’Ordine. “E non siamo i soli a essere scettici su alcuni aspetti della riforma”, dichiara il presidente Roberto Carlo Rossi, “anche il Coordinamento Regionale degli OMCeO lombardi ha espresso qualche perplessità in merito”. Se, secondo Rossi, rispetto alla d.g.r. n° 6164 dello scorso gennaio, la nuova d.g.r. n° 6551, approvata a maggio, ha apportato dei miglioramenti, eliminando il discusso aspetto della remunerazione dei gestori ad avanzo di budget, restano ancora delle questioni non risolte.“Uno dei punti più critici è la limitazione della libertà di scelta del cittadino insita nella delibera, che contrasta anche con il codice deontologico. Se il paziente non accetta di seguire ogni passo previsto dal percorso di presa in carico viola il patto di cura che, la Regione tiene a precisare, ha una valenza civilistica. Se decidesse di operare scelte diverse non avrebbe più corsie preferenziali e resterebbe escluso dall’assistenza messa in campo dalla delibera, una limitazione della libertà che il cittadino percepisce chiaramente”, sostiene Rossi.Desta perplessità anche l’eccessiva rigidità del sistema delineato riforma. “E’ comprensibile l’esigenza di ricercare una maggiore appropriatezza delle cure, ma incanalare la gestione della cronicità in binari standard predefiniti, limitando così le possibilità di manovra del terapeuta, non credo possa migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria”, continua il presidente, “di troppa libertà si può abusare, ma esistono già adeguati sistemi di controllo e il medico non deve diventare un orpello”.“Da ultimo”, conclude Rossi, “temo il dilagare del precariato medico anche a livello del territorio. Questa piaga affligge molti ospedali lombardi ma, con l’introduzione di numerosi clinical manager nell’ambito dei “gestori” e dei “gestori-erogatori”, pavento che il problema si aprirà anche nell’ambito delle cure primarie”.

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8 InFormaMI

cronico in Lombardia. Un progetto che segue i binari tracciati da precedenti delibere regionali tra cui la n° X/4662 del 24 dicembre 2015 che descriveva le linee guida per la presa in carico dei malati cronici nel triennio 2016-2018, per finanziare le quali la Regione mise sul piatto oltre 28 milioni di euro. Una cifra destinata a potenziare, implementare e riorganizzare una serie di strumenti per la gestione della cronicità, ridefinita sulla base del rischio e della severità clinica, come per esempio le cooperative di medici di famiglia, i presidi ospedalieri territoriali (POT), i presidi socio sanitari territoriali (PreSST) e le residenze sanitarie assistenziali. Tutto in un’ottica di semplificare il percorso clinico del paziente, migliorare la qualità delle cure e la sostenibilità generale del sistema.

una riforma in divenire

Più integrazione tra le figure professionali coinvolte, taglio delle liste di attesa, minori accessi al pronto soccorso, maggior appropriatezza delle cure e aderenza a esse, una più alta responsabilizzazione e consapevolezza del paziente per contenere anche l’insorgenza di altre patologie: questi i principali obiettivi del progetto che implica, secondo l’assessore al welfare Giulio Gallera, un cambiamento culturale in cui si passa dal curare al prendersi cura e si abbandona la logica verticale dell’assistenza, rappresentata dalla somma delle singole prestazioni, per accompagnare il paziente in tutto il suo percorso, spostando l’accento dall’offerta alla domanda di salute e rispondendo ai bisogni della persona. Nobili e condivisibili propositi che, lentamente, sembrano prendere forma. “Se la delibera dello scorso gennaio aveva l’aspetto di un sasso gettato nello stagno, la d.g.r. n° X/6551 di maggio chiarisce finalmente molti punti”, dichiara Fabrizio Giunco, direttore medico dei servizi socio-sanitari dell’Istituto Palazzolo di Milano, Fondazione Don Gnocchi. “Certo la riforma avrà ancora bisogno di aggiustamenti e altri atti implementativi sono già previsti, ma ora si è iniziato a mettere qualche punto fermo su un percorso complesso e che è ancora in divenire. Per avere un quadro completo si dovranno aspettare gli altri provvedimenti, specialmente per quanto riguarda l’offerta socio-sanitaria, per ora solo abbozzata e che verrà esplicitata nel dettaglio in seguito. E’ positivo, inoltre, che sia stato messo a fuoco il ruolo del MMG, figura pubblica su cui la Regione sembra puntare, anche se la complessità della presa in carico al momento favorisce i potenziali gestori più strutturati”. Il provvedimento ha nel modello culturale proposto il suo punto di forza, che segna il passaggio da una gestione frammentata della persona/paziente a una logica di presa in carico complessiva del suo percorso, ma la sua attuazione dovrà affrontare una serie di problematiche organizzative, attuative ed economiche che andranno soppesate, comprese e rielaborate nel corso del tempo. Non ultima quella riguardante il ruolo dell’informatica che dovrà consentire la comunicazione tra i vari gestori e tra la Regione e i gestori stessi, veicolando una grande mole di dati sensibili. “La delibera n° X/6551 ha gettato le basi per gestire anche questo aspetto, ma restano perplessità su quale sarà il periodo di rodaggio necessario per andare a regime”, puntualizza Giunco.

Lagestionedelpazientecronicoefragile360°

La riforma porta a un cambiamento culturale in cui si passa dal curare al prendersi cura; sposta l’accento dall’offerta alla domanda di salute, rispondendo ai bisogni della persona

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91 . 2017

oCCHio ai CaLCoLi

La nuova modalità di presa in carico prevede, inoltre, l’istituzione della figura del case manager, che svolge una funzione di coordinamento di tipo principalmente gestionale-organizzativo sulle attività assistenziali di uno o più pazienti, e quella del clinical manager, il medico responsabile della presa in carico e incaricato di predisporre e aggiornare il PAI. Figure che, insieme ad altre, operano nella gestione del paziente cronico i cui costi difficilmente potranno essere coperti dalle tariffe fisse di 35, 40 e 45 euro. “C’è un gran fermento tra gli erogatori di servizi che dovranno decidere se candidarsi al ruolo di gestore”, continua Giunco, “dovranno dichiarare già entro luglio di essere in grado di fornire tutte le prestazioni previste dal set di riferimento, o da soli o con l’aiuto di terzi con cui dovranno essersi già accordati. Al momento, però, hanno costi certi, mentre le entrate sono incerte e stimate verso il basso”. I gestori avranno infatti inizialmente a disposizione un budget di offerta, assegnato sulla base di dati storici, che verrà poi nel tempo corretto in base alle prestazioni effettivamente consumate, trasformandosi così in un budget effettivo di presa in carico. Un sistema remunerativo che potrebbe non allettare gli erogatori chiamati, però, a decidere se entrare subito nel sistema o restarne fuori. Altra perplessità deriva, secondo Giunco, dall’aver calcolato, a partire dalle informazioni della BDA derivate principalmente dall’attività ambulatoriale, il costo medio per linea di patologia e di complessità. Questo è, però, solo una delle modalità di rappresentazione statistica della distribuzione della spesa, che dovrebbe invece tenere conto della variabilità associata alle sottopopolazioni identificate da una determinata diagnosi principale ed essere in grado di governarla. Considerare variabili come l’età del paziente e lo stadio delle patologie croniche più diffuse, darebbe una rappresentazione più fedele della realtà di spesa. Una riforma della gestione della cronicità di questa portata ha molte sfaccettature e c’è il rischio che si inneschino crisi di sostenibilità e progettualità. “E’ bene ponderare attentamente i cambiamenti da attuare, come sta facendo la Regione ma, al contempo, se si vuole arrivare all’obiettivo finale di effettivo cambiamento, occorrerà investire in nuove figure, ruoli, servizi e modalità di relazione e non solo operare piccoli aggiustamenti al sistema”, conclude Giunco, che individua inoltre un altro punto critico della riforma. La delibera regionale n° X/6551 affronta principalmente la cronicità intesa come malattia cronica ambulatoriale. Le patologie in fase più avanzata e la cronicità legata alla disabilità e alla fragilità, che rappresentano il vero mondo della cronicità territoriale oggi, non vengono ancora compiutamente affrontate, anche se si intravede un’apertura per il futuro.

Come già successo per i DGR, c’è il rischio che i modelli tariffari stabiliti dai LEa possano favorire comportamenti opportunistici

Bibliografia

Regione Lombardia. Deliberazione n° X/6164 del 30 gennaio 2017. https://goo.gl/rZnmGo

Regione Lombardia. Deliberazione n° X/4662 del 23 dicembre 2015. https://goo.gl/w9B9en

Regione Lombardia. Legge Regionale n° 23, 11 agosto 2015. https://goo.gl/i0g2qh

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iL modeLLo può non piacere, si possono sottolineare le sue criticità e metterne in dubbio la sostenibilità. Di certo, però, non si può negare che, con il varo della nuova riforma sanitaria, la Regione Lombardia abbia conquistato un primato, piazzandosi tra le prime aree in Europa ad aver fatto della cronicità il bisogno di salute su cui modellare l’intero sistema dell’assistenza.Tutto il continente (ma non solo) da almeno un ventennio cerca di trovare risposte alla cronicità e alla comorbilità. In breve tempo si sono affermate decine di descrizioni teoriche e di applicazioni pratiche che cercano di rispondere in modo lievemente diverso l’una dall’altra a uno stesso problema: come soddisfare i bisogni di salute di una tipologia di paziente che, quando è stata varata la gran parte dei sistemi sanitari continentali, era una rarità e che invece oggi è il tipo di malato prevalente?E’ ormai chiaro che la gestione della cronicità sia la priorità per i sistemi sanitari. Nell’Unione Europea la popolazione con più di 65 anni è passata da meno del 10% nel 1960 a quasi il 20% nel 2015 e ci si aspetta che raggiunga il 30% entro il 2060. Nel frattempo almeno 50 milioni di cittadini europei soffrono di almeno 2 malattie croniche. Si farebbe un grosso sbaglio, però, pensando che la cronicità sia una prerogativa dei pazienti anziani. Malattie mentali (depressione e disordini d’ansia), disturbi muscolo-scheletrici (si pensi al solo impatto del mal di schiena), BPCO o asma e diabete compaiono

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in pazienti giovani, nel pieno della loro vita lavorativa, familiare e sociale e li accompagnano per il resto della loro esistenza.In questi casi, così come per i pazienti anziani con più patologie concomitanti, non si tratta di curare, ma di migliorare lo stato funzionale, di ridurre i sintomi, di rendere più semplice e serena la convivenza con la malattia, prolungare l’aspettativa e la qualità di vita. Obiettivi che non è possibile raggiungere con il tradizionale modello pensato per pazienti affetti da una patologia acuta e che ha un meccanismo di funzionamento molto semplice: la presa in carico di un paziente passivo, la messa in atto di un intervento terapeutico che lo riconduca a uno stato di normalità, l’“espulsione” del paziente dall’ambiente sanitario.I modelli orientati alla cronicità sono tutt’altra cosa: per la durata, per il coinvolgimento di un’ampia gamma di professionisti, per il ruolo del paziente (attivo) che in qualche modo è esso stesso produttore di assistenza sanitaria.

Le tendenze

Modelli di questo tipo ne sono stati varati molti negli ultimi due decenni in tutto il mondo. Nel 2014, l’European Observatory on Health Systems and Policies ha provato ad analizzare i modelli di presa in carico della cronicità più diffusi in Europa. Ne è venuta fuori una mappa con molti punti in comune.Tanto per cominciare, sono rari i casi in cui siano

in tutta europa da 20 anni a questa parte si cerca di dare risposta alla gestione delle malattie croniche. esistono modelli diversi ma con molti punti in comune

Paesechevai,modellochetrovi

anTonInomiCHienzi

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adottati piani per la gestione globale della cronicità; molto più spesso i Paesi hanno adottato progetti focalizzati su specifiche patologie, in genere quelle a più alto impatto: diabete di tipo 2, asma o BPCO, malattie cardiovascolari, cancro e malattie mentali. Si tratta di un tipo di risposta molto efficiente, ma che in Paesi in cui l’offerta sanitaria è più rigida sta creando non pochi problemi nella gestione dei pazienti con comorbilità.Molto vari sono anche i modelli organizzativi: tutti prevedono il coinvolgimento di più attori sanitari e la gran parte di essi ha attualmente al centro, come coordinatore della rete di assistenza, il medico di famiglia. Si osserva, tuttavia, un progressivo spostamento delle responsabilità verso gli infermieri. In particolare la presenza di infermieri come figure con responsabilità di gestione del paziente è più frequente nei sistemi in cui l’assistenza al paziente è tradizionalmente erogata in maniera multidisciplinare.Salvo sporadiche iniziative, in tutti i Paesi l’adozione di percorsi destinati alla gestione delle malattie croniche non ha comportato un ripensamento dei servizi sanitari dal punto di vista organizzativo o di governance. Nei fatti, quasi sempre, la gestione della cronicità si è concretizzata nella messa a punto di sistemi di coordinamento dei servizi esistenti. Ciò ha reso più semplice e veloce l’implementazione di piani per la cronicità, tuttavia spesso ha costituito un limite nella costruzione di servizi che meglio si adattassero ai bisogni dei pazienti cronici. Infine, quasi ovunque, l’attenzione alla cronicità è stata incoraggiata con incentivi economici che in molti casi hanno rappresentato il vero volano per la diffusione delle iniziative.Quella che segue è una carrellata, non esaustiva, su alcuni modelli di gestione della cronicità adottati in Europa.

Danimarcatra il 2005 e il 2007 il Paese ha adottato una serie di riforme che hanno ridisegnato l’articolazione istituzionale e ridefinito l’attribuzione delle competenze sanitarie, che sono divise tra regioni e municipalità. in questo contesto si sono adottate strategie per la gestione della cronicità, in particolare il varo di disease management programmes (dmP)non dissimili dai nostri percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali, da applicare alle principali malattie croniche. ogni regione (cinque in tutto) è responsabile dello sviluppo dei propri piani da realizzare in collaborazioni con le municipalità.non esistono vincoli sulle modalità di adozione dei dmP, ma in genere le regioni si sono ispirate ai modelli base forniti nel 2008 dalle autorità nazionali che prevedono piani per patologia personalizzati sulla base del rischio del paziente e un ruolo di coordinamento da parte del medico di famiglia che può essere condiviso con lo specialista di riferimento in caso di patologia particolarmente severa. a oggi, l’adozione dei dmP è a buon punto. quasi tutto il territorio nazionale è coperto da programmi per diabete, BPCo, demenza, malattie cardiovascolari, disturbi muscolo-scheletrici, cancro e malattie mentali.

attenzione a non perdere per stradala continuità di curaaldo Lupo è presidente dell’UEMO (Unione europea dei medici di famiglia), organizzazione che raccoglie i medici di medicina generale di 23 paesi europei. E, forse proprio per il ruolo che riveste e che gli consente di toccare con mano quanto sia frastagliato il panorama europeo dell’assistenza sanitaria, non se la sente di fare confronti. “La riforma lombarda, che prevede anche l’immissione nel sistema di privati, non è fuori linea rispetto al contesto europeo”, dice. “Ci sono molti sistemi basati su commistioni tra pubblico e privato. Quello che non so se venga conservato è la continuità di cura rappresentata dal rapporto con un singolo medico: dieci consultazioni con lo stesso medico danno di più dello stesso numero di consultazioni con dieci operatori diversi”, continua. E’ una questione che finora nel sistema italiano, in cui il medico di famiglia è il cardine dell’assistenza primaria, non si era posta. neanche con il diffondersi di iniziative di medicina di gruppo. In altri Paesi, che da tempo hanno adottato modelli diversi, invece, comincia a essere avvertita come urgente.“nel sistema britannico − continua Lupo − da tempo si è andati verso una medicina di gruppo. L’evoluzione ha portato a sviluppare economie di scala con la formazione di gruppi di medici sempre più grandi e perfino associazioni tra gruppi diversi. Il paziente non è più ‘nella lista’ del medico, ma in quella del gruppo. apparentemente, ciò porta a un guadagno dal punto di vista quantitativo. Ma è bastato poco per rendersi conto che si verifica una perdita netta in termini di continuità. Così negli ultimi anni si sta tornando indietro, verso l’adozione della figura di un medico dedicato, almeno per i pazienti più anziani e fragili”, dice ancora Lupo. “Un percorso analogo si sta verificando in Francia, dove l’intero servizio sanitario si sta avvicinando ai sistemi Beveridge”. Esperienze emblematiche, che fanno dire a Lupo: “C’è una domanda che mi pongo: conviene al nostro sistema percorrere questa strada?”.

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Lagestionedelpazientecronicoefragile360°

Bibliografia

Regione Lombardia. Deliberazione n° X/4662 del 23 dicembre 2015. https://goo.gl/w9B9en

Tidoli R. Gli indirizzi regionali per la presa in carico della cronicità in Regione Lombardia. 2016. https://goo.gl/88m3GI

nolte E, Knai C, Saltman RB. Assessing chronic disease management in European health systems: concepts and approaches (2014). https://goo.gl/CUKpa5

nolte E, Knai C. Assessing chronic disease management in European health systems: country reports (2015). https://goo.gl/T4XQGb

regno Unitonegli ultimi 15 anni il regno unito è stato scenario di diverse iniziative per la gestione ottimale dei pazienti cronici e fragili. Probabilmente, però, la cifra distintiva del modello britannico è il ruolo decisivo svolto dal personale infermieristico nella gestione della cronicità. i primi passi in questa direzione furono mossi nei primi anni ’90, quando l’adozione del nuovo contratto di servizio rese più conveniente per i medici di famiglia dare vita a strutture e gruppi in cui all’assistenza di base fosse affiancata l’erogazione di servizi di supporto (la gestione di malattie croniche o le vaccinazioni, per esempio). in questo ambito si cominciò ad ampliare lo spazio degli infermieri che furono sempre più coinvolti nella gestione della cronicità. nel 2004, traendo spunto da modelli già adottati negli stati uniti, l’nHs improvement Plan ha ufficializzato il ruolo della community matron, una figura infermieristica concepita come fulcro del sistema di gestione dei pazienti fragili. alla community matron spettano compiti di educazione del paziente, di programmazione e gestione della patologia in collaborazione con il medico di famiglia e gli altri specialisti. La gran parte di esse erano alle dirette dipendenze

dei Primary care trust (PCt) la dorsale dell’erogazione dell’assistenza sanitaria britannica. i PCt, con la riforma che nel 2012 ha ridisegnato il nHs, sono stati però aboliti. non è chiaro quindi in che modo si evolverà la gestione della cronicità.

GermaniaLa germania, negli ultimi 20 anni, ha adottato diversi interventi normativi finalizzati a ottimizzare la gestione della cronicità ma, soprattutto, a contrastare il principale ostacolo alla presa in carico dei pazienti cronici, vale a dire la frammentazione dell’assistenza, in particolare tra ambulatori e ospedali. quello tedesco è infatti un sistema piuttosto articolato, in cui convivono erogatori pubblici e privati ed esistono limitazioni nell’accesso all’assistenza ospedaliera.all’inizio del millennio il primo passo è stato l’adozione di disease management programmes (dmP). i dmP sono principalmente offerti dalle assicurazioni, attraverso contratti con provider, rappresentati il più delle volte da associazioni regionali. L’inserimento del paziente nei dmP non è obbligatorio, ma gode di significativi incentivi economici per i provider, che ne hanno agevolato la diffusione. nel 2004, con un nuovo contratto, è stato rafforzato il ruolo del medico di famiglia. il medico, laddove il paziente lo scelga, è fortemente incoraggiato con incentivi economici a svolgere il ruolo di case manager o assumere personale con questa funzione. in questi casi è inoltre l’unico a prescrivere l’accesso all’assistenza specialistica (salvo che per prestazioni oftalmologiche e ginecologiche).

Franciail primo piano per la cronicità in francia si ha solo nel 2007. tuttavia, fin dagli anni novanta si lavora a un’armonizzazione del sistema finalizzato a una migliore gestione della cronicità, come in germania, per contrastare soprattutto la frammentazione tra i vari livelli dell’assistenza. nel tempo sono stati messi a punto numerosi interventi, ma probabilmente ciò che meglio rappresenta la modalità francese di affrontare la cronicità sono le reti di provider. di questi ultimi ne esistono un migliaio, alcuni indirizzati a specifici target (per esempio gli anziani), altri a specifiche patologie. solo quelli per il diabete sono un centinaio; prevedono il coinvolgimento, oltre che del medico di famiglia, di diabetologo, dietologo, infermieri e podologo. il paziente vi accede volontariamente attraverso il medico di famiglia (ma può farlo anche in autonomia); l’assistenza è gratuita, anche se è possibile acquistare servizi extra a pagamento. si tratta di un modello molto flessibile ed efficiente, la cui attuazione è lasciata in buona parte alla volontà degli erogatori (che godono di incentivi economici); tuttavia, la presenza dei network è ancora limitata alle aree con alta densità abitativa.

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Professione DEboraserra

do you speak medichese?

fino a poco tempo fa il linguaggio tecnico, la dimensione e i testi fitti e scritti in piccolo sono stati il minimo comune denominatore dei bugiardini. grazie a un’indagine di aifa del 2004 e, qualche anno dopo, il recepimento nel nostro paese di una direttiva europea, i foglietti illustrativi dei farmaci stanno finalmente diventando comprensibili per tutti

quante voLte è capitato di trovarci di fronte a pazienti che, bugiardino alla mano, chiedevano spiegazioni sul significato di termini tecnici come apatia, alopecia, aritmia, cheratite o trombocitopenia? O di dover spiegare l’espressione “evitare l’uso prolungato”, che per loro poteva significare da qualche giorno ad alcuni mesi o addirittura anni? Situazioni comuni, fino a qualche anno fa, quando i foglietti illustrativi dei farmaci erano scritti in puro “medichese”, una lingua tecnica le cui difficoltà di comprensione da parte dei pazienti sono state ben evidenziate da un’indagine AIFA del 2004. La lista dei problemi spaziava dall’uso di un linguaggio poco accessibile alla popolazione media all’assenza di informazioni utili (come il momento della giornata in cui assumere il farmaco, le modalità di conservazione del prodotto e la percentuale delle possibilità di incorrere negli effetti collaterali) e comprendeva anche difficoltà di lettura dovute all’impostazione grafica (caratteri di stampa molto piccoli, interlinee compatte e troppo fitte, carta troppo sottile e trasparente).

La nuova normativa

L’indagine del 2004 è stata parte di un cambiamento iniziato nel 2001 con l’approvazione di una direttiva europea,1 recepita in Italia nel 2006,2 che ha reso necessario scrivere bugiardini “facilmente leggibili, chiaramente comprensibili e indelebili” i cui testi siano “il risultato di indagini compiute su gruppi mirati di pazienti, al fine di assicurare che essi siano leggibili, chiari e di facile impiego”. Come ci spiega Laura Braghiroli, coordinatore procedure RMS (Reference Member State) e variazioni all’AIC (Autorizzazione immissione in commercio) dell’AIFA “il foglietto illustrativo si rivolge a un pubblico eterogeneo che va dall’età scolare alla quarta età, e ha livelli di scolarizzazione e istruzione estremamente differenti. Per questo motivo bisogna evitare che le barriere linguistiche possano impedire alle persone di comprendere le informazioni sui medicinali; per l’AIFA, che insieme alle altre autorità competenti, deve garantire la tutela della salute pubblica a qualsiasi

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Professione

livello, il foglietto illustrativo in formato leggibile è una delle misure di minimizzazione del rischio a disposizione per assicurare la corretta lettura del testo e quindi il corretto uso del farmaco”.

Come sono CamBiati i Bugiardini?

A partire dal 2013 l’AIFA ha definito le modalità relative all’applicazione del decreto legislativo 219/2006 per i medicinali autorizzati con procedura nazionale e, come spiega Braghiroli “a oggi, su 9.662 medicinali autorizzati in Italia, circa l’80% ha un foglietto illustrativo in formato leggibile e per i restanti l’AIFA sta lavorando alle verifiche della correttezza degli user test e all’autorizzazione dei relativi nuovi testi del foglietto informativo in formato leggibile”. Le semplificazioni hanno comportato un grande lavoro, a tutti i livelli. Si è lavorato sulla lunghezza, sul linguaggio e sulla grafica in modo che nessuna informazione fosse omessa, neanche la più complessa, sottoponendo il risultato a test di leggibilità. Infatti, aggiunge l’esperta, “la normativa vigente prevede che il foglio illustrativo rifletta il risultato di indagini compiute su gruppi mirati di pazienti al fine di assicurare che esso sia leggibile, chiaro e di facile impiego. Per il foglietto illustrativo di ciascun medicinale in commercio viene eseguito, da parte di società specializzate nel settore e a nome del titolare di AIC, una “consultation with target patient group test” (lo user test) con un gruppo di soggetti, appositamente selezionati, al fine di verificare se

l’informazione, così come viene presentata nel foglietto informativo, fornisce il

corretto messaggio a coloro ai quali è diretta”.

Ogni bugiardino presente nelle confezioni in commercio è stato dunque rielaborato in modo che le frasi abbiano meno di 20 parole, presentino un basso grado di subordinazione, venga preferita la forma attiva e diretta, siano presenti espressioni vicine alla lingua comune

perché bugiardino?L’origine del nome è incerta ma tra le ipotesi più plausibili due affondano le loro radici in ambito giornalistico: nel senese il bugiardo era la locandina dei quotidiani esposta fuori dalle edicole e il bugiardello era il nome con il quale gli antifascisti chiamavano il giornale Il Telegrafo. sembra invece non esserci dubbio nel fatto che il nome voglia puntare l’attenzione sull’abitudine passata di sorvolare su difetti ed effetti indesiderati dei farmaci attraverso testi che non si potevano considerare vere e proprie “bugie”, ma nell’insieme trasformavano il foglietto in un “bugiardino”.

(i tecnicismi invece sono preferibilmente tra parentesi), e vengano spiegati i nomi anatomici degli organi. Per questo motivo, a fianco di una semplificazione che ha trasformato “epatico”, “cardiaco”, “ematico” nei più comuni “del fegato”, “del cuore” e “del sangue”, e che ha abbandonato espressioni come “accusare”, “riscontrare”, “domanda” ed “episodio” a favore rispettivamente di “manifestare un sintomo”, “valutare”, “fabbisogno da parte dell’organismo” ed “evento acuto della malattia”, il nuovo foglietto illustrativo è stato anche notevolmente ridotto nelle dimensioni e nel tipo di informazioni da presentare. Anche i criteri di layout sono stati ripensati e vi sono indicazioni precise su dimensione e tipo di carattere, utilizzo di corsivi, testi sottolineati, uso della spaziatura e dello spazio bianco, giustificazione del testo, utilizzo di colonne, intestazioni, colore e contrasto. Inoltre, come sottolinea Braghiroli “Il foglietto illustrativo può prevedere anche l’uso di immagini, pittogrammi e altri simboli al solo scopo di chiarire o evidenziare alcuni aspetti del testo e non per sostituirlo, ma anche questi devono essere autorizzati da AIFA”.Infine, “una novità verso la quale molte aziende farmaceutiche si stanno indirizzando per migliorare l’informazione del medicinale al paziente è l’introduzione nella confezione o nel foglietto illustrativo di un codice QR (codice bidimensionale a barre) attraverso il quale è possibile accedere, tramite smartphone o tablet, a informazioni del foglietto informativo in formato evidenziato, ingrandito, multilingue o anche in forma di video/audio”.

Bibliografia

1 Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 novembre 2001 recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano. https://goo.gl/iPKMKn2 Decreto Legislativo 24 aprile 2006, n. 219. https://goo.gl/BKLodF

Laura Braghiroli, Coordinatore procedure RMS e variazioni all’aIC dell’aIFa.

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C’era una voLta l’olio di palma. Un grasso vegetale economico e di estrema comodità di impiego per le aziende alimentari al punto da essere presente in migliaia di prodotti confezionati. Oggi in Italia non c’è più. O quasi. La gran parte delle aziende ha deciso di modificare le ricette per assecondare un movimento di opinione che ha contagiato il Paese (vedi box a pag. 16) emettendo sull’olio di palma una sentenza di condanna a furor di popolo. Ma quanto erano giustificati quei timori? Cosa dice la scienza?

muoversi neLL’inCertezza

I capi d’accusa emersi negli ultimi anni sul grasso tropicale sono due: che, visto il suo elevato tenore di grassi saturi (circa il 50% del volume), sia particolarmente dannoso per la salute cardiovascolare e che il processo di raffinazione porti allo sviluppo di contaminanti potenzialmente cancerogeni. Su entrambi i temi la ricerca si è espressa più volte, ma chi si aspettasse risposte definitive rimarrebbe deluso. A oggi le evidenze su questo prodotto sono tutt’altro che definitive e il massimo

sull’olio di palma tanto rumore per nulla (o forse no?)in poco più di due anni l’italia è diventato il primo paese al mondo quasi completamente palma free. Colpa (o merito) di una campagna di stampa con pochi precedenti che ha giocato sui timori che il grasso tropicale possa essere dannoso per la salute. ma cosa c’è di vero?

anTonInomiCHienzi

che si può dire è che propendono per un uso moderato della sostanza all’interno di un regime alimentare equilibrato.Gran parte dell’incertezza deriva dalla tipologia e qualità degli studi fino a oggi realizzati: come ha fatto notare l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) chiamato dal Ministero della Salute a rilasciare un parere1 sull’argomento “non sono stati effettuati studi che riportino gli effetti dell’assunzione dietetica dell’olio di palma su mortalità e prevalenza di malattie cardio e cerebro-vascolari. Tutti gli studi selezionati paragonano gli effetti dell’uso alimentare dell’olio di palma con quello degli altri grassi alimentari, vegetali e animali, sul profilo lipidico plasmatico (colesterolo totale, colesterolo HDL, colesterolo LDL e trigliceridi) in soggetti sani”.Chiarito questo aspetto, a oggi resta valido quanto si leggeva nel rapporto ISS più di un anno fa: “Non ci sono evidenze dirette nella letteratura scientifica che l’olio di palma, come fonte di acidi grassi saturi, abbia un effetto diverso sul rischio cardiovascolare rispetto agli altri grassi con simile composizione percentuale di grassi saturi e mono/polinsaturi, quali, per esempio, il burro”.Lo stesso vale per gli effetti sull’insorgenza di cancro: le evidenze disponibili sono tutte indirette. Il rapporto tra olio di palma e tumori è emerso soprattutto da un report della European Food Safety Authority (EFSA)2 dedicato alla presenza di contaminanti prodotti nel processo di raffinazione in tutti gli oli vegetali esposti a temperature elevate (più di 200 °C). L’olio di palma spiccava perché contiene

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Professione

livelli di contaminanti almeno 5 volte più alti degli altri oli analizzati. I contaminanti analizzati sono il 3-monocloropropandiolo (3-MCPD), il 2-monocloropropandiolo(2-MCPD) e il glicidolo. L’esposizione ai primi due ha come effetto principale danni ai reni, quella al glicidolo è stata associata soprattutto all’insorgenza di tumori. Per questa ragione l’autorità europea ha stabilito delle soglie massime di esposizione, che, sulla base dei modelli adottati, nella quasi totalità della popolazione non vengono superati. Inoltre, la stessa agenzia sottolineava che negli ultimi anni era stato osservato un miglioramento nei processi produttivi che aveva portato a una riduzione consistente dei contaminanti.

iL ProBLema dei BamBini

I risultati tranquillizzanti della ricerca, tuttavia, hanno un’eccezione: i bambini. Il rapporto dell’ISS ha osservato che nei bambini tra i 3 e i 10 anni di età circa un terzo dei grassi saturi deriva dall’olio di palma. Non solo: in questa fascia d’età il rapporto tra calorie derivanti da grassi saturi e calorie totali è ben oltre la soglia del 10% indicata dalle linee guida. Infine, quando questo rapporto si normalizza, intorno ai 10 anni,

ciò avviene più per un calo nei consumi di alimenti come latte, carne, uova o formaggi che per una riduzione dell’impatto degli alimenti con olio di palma. Uno scenario preoccupante, che tuttavia non incrimina l’olio di palma in sé ma un modello alimentare poco salutare.Per quel che concerne i contaminanti, il problema riguarda soprattutto i lattanti alimentati con latte artificiale. L’olio di palma ne costituisce infatti uno dei componenti principali per mimare l’elevato apporto di acido palmitico

naturalmente presente nel latte materno. Per l’EFSA in questa specifica fetta della popolazione le soglie di esposizione vengono sistematicamente superate. Il dato, peraltro, è confermato nella vita reale da una recente indagine di Altroconsumo.3

Il problema, dunque, esiste e potrebbe arrivare a breve una decisione della Commissione Europea che metta paletti più stringenti ai processi produttivi. A oggi, però, sulla base dei dati disponibili, i rischi reali restano molto bassi.

a oggi le evidenze sull’olio di palma sono tutt’altro che definitive, se ne può solo consigliare un uso moderato all’interno di un regime alimentare equilibrato

Dal web alla tv: così è esploso il fenomeno palma

E’ il 2014. alla fine dell’anno in Italia entrerà in vigore il regolamento europeo 1169/11 che obbliga i produttori di alimenti a una maggiore chiarezza nelle etichette: il più generico “grassi vegetali aggiunti” fino ad allora in vigore andrà sostituito con l’indicazione precisa della tipologia di grasso. Questo cambiamento normativo innescherà in Italia il fenomeno olio di palma. Tra i primi a prendere sul serio l’argomento e a farne una vera e propria campagna è una testata online specializzata in alimentazione, Il Fatto Alimentare. Dall’analisi delle etichette scopre che l’olio di palma è una delle componenti principali di una miriade di cibi che mettiamo tutti i giorni sulle nostre tavole. Di lì a poco il giornale lancerà sulla piattaforma di petizioni online www.change.org una campagna attraverso cui chiede lo stop “all’invasione dell’olio di palma”.E’ un successo: la petizione raccoglie quasi 180 mila firme in pochi mesi, dilaga sui social, contagia la stampa e finisce in TV. In breve salta sul carro del “no” all’olio di palma anche la politica: prima il Movimento 5 Stelle e poi un gruppo di deputati del PD chiedono al governo di escludere dagli appalti le ditte fornitrici di prodotti a base di olio di palma. Lentamente la vicenda si spegne, ma ha sortito i suoi effetti: la gran parte delle aziende, compresi i big dell’alimentazione, decidono di seguire il vento dell’opinione e cambiano le ricette. Il “senza olio di palma” diventa una medaglia di cui fregiarsi.

Bibliografia

1 Istituto Superiore di Sanità. Parere sulle conseguenze per la salute dell’utilizzo dell’olio di palma come ingrediente alimentare, febbraio 2016. https://goo.gl/GYRD7s

2 European Food Safety authority (EFSa). Risks for human health related to the presence of 3- and 2-monochloropropanediol (MCPD), and their fatty acid esters, and glycidyl fatty acid esters in food. EFSA Journal 2016;14:4426. https://goo.gl/EhnccV

3 Ovadia S. Merende indigeste. Altroconsumo 2016;305:10-13. https://goo.gl/QXBuXw

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gioie e dolori della ricetta online

marGhErITamartini

La dematerializzazione della ricetta elettronica porta con sé alcuni vantaggi ma non senza un po’ di confusione e qualche altro effetto collaterale, dovuto soprattutto alle disomogeneità del nostro ssn. rappresenta un’eccezione la Provincia autonoma di trento, esempio di buona pratica sull’applicazione dell’ePrescription

regime della cosiddetta ricetta elettronica nazionale (1 marzo 2016), ci si interroga su criticità e punti di forza di questa nuova modalità. Ciò che emerge è forse un po’ di confusione, sia da parte dei cittadini sia degli stessi operatori sanitari.Parlare, per esempio, di ricetta elettronica o di ricetta dematerializzata non è esattamente la stessa cosa. La prima è intesa come l’invio telematico delle ricette da parte dei medici al Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ai fini della verifica

dei volumi e della congruità delle prescrizioni; per ricetta dematerializzata, invece, si intende la sostituzione dei supporti cartacei con dei codici numerici: i medici e i pediatri di famiglia, infatti, non ricevono più dalle ASL i blocchi delle vecchie “ricette rosse” ma solo i numeri delle ricette elettroniche (NRE), prodotti dal sistema centrale gestito da Sogei (società in house del MEF).

ma Come funziona?

Al momento della prescrizione di un farmaco, di una visita specialistica o di un esame,

L’uLtimo raPPorto OsMed, relativo all’uso dei farmaci in Italia, fa riflettere sulla mole di dati che, nel nostro Paese, gira intorno alle prescrizioni di farmaci, visite specialistiche ed esami clinici da parte di medici e pediatri di famiglia. Per promuovere una razionalizzazione delle procedure prescrittive e dello scambio di informazioni tra medici e pediatri, farmacie ed erogatori di servizi, il Governo italiano all’inizio degli anni 2000 ha avviato un lungo percorso di sincronizzazione e digitalizzazione (vedi box a pag. 19) che è confluito nel processo di trasformazione delle ricette da cartacee a elettroniche.A circa un anno dalla messa a

FonTE:WIKIPEDIa,https://goo.gl/DyaE03;

https://goo.gl/SQPXL4;https://goo.gl/lu3oWF

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Professione

di famiglia di Milano (Zona 9), psicoterapeuta e consigliere del sindacato Snami. “Inoltre, non si può non considerare la complessità della realtà milanese data la grande diversità dei medici (dimestichezza con i sistemi informatici, l’essere o meno associati in un gruppo di lavoro, eccetera) e del territorio in cui operano” continua l’esperta. Alla base della digitalizzazione sanitaria non corrisponde infatti ancora un sistema perfettamente funzionante e sono quindi ancora troppi gli “intoppi” che il medico si trova a dover risolvere quotidianamente, a discapito di una maggiore attenzione alle questioni cliniche del proprio paziente:

• differenze di “linguaggio” tra le diverse parti coinvolte. Infatti, non sempre i codici di una prestazione corrispondono (medici, laboratori analisi, pronto soccorso, si trovano quindi in situazioni di impasse)

• codici a barre troppo lunghi e spesso non leggibili

• problemi informatici legati ai software di gestione della ricetta elettronica

• necessità di aprire un ticket di assistenza ogni volta che si verifica un problema con il sistema.

Tutti aspetti problematici considerando anche che le ricette dematerializzate non sono correggibili. “Inoltre, per i medici non c’è stato un vantaggio economico” continua Geltrude Consalvo. “Oltre a doverci munire di carta e stampante laser (l’unica che stampa i codici a barre leggibili) abbiamo anche dovuto pagare un aggiornamento informatico extra affinché l’applicativo per le cartelle cliniche potesse gestire

il medico si connette tramite computer al portale dedicato, si identifica ed effettua la prescrizione online utilizzando un numero di ricetta elettronica. Grazie all’associazione di questo numero al codice fiscale dell’assistito, il sistema verifica automaticamente se il paziente ha diritto a eventuali esenzioni; quindi, il medico completa la ricetta virtuale e la conferma online (sul server di Sogei) apponendo la firma digitale. Bisogna però considerare che esistono diversi modelli di accesso a seconda delle realtà regionali. In alcune, per esempio, non c’è un sistema/portale dedicato alla prescrizione, tutto è integrato e i medici procedono con le prescrizioni dal proprio gestionale, né più né meno di come facevano con la ricetta rossa.Per ora, nella maggior parte dei casi, il medico deve ancora stampare un “promemoria” per l’assistito; questo garantisce la possibilità di ottenere il farmaco/prestazione anche in caso di assenza di linea o in presenza di qualsiasi altro inconveniente tecnico e permette al farmacista, in alcune Regioni, di apporre le fustelle del farmaco. Ma, con il sistema di dematerializzazione a piena operatività, anche quest’ultimo foglietto scomparirà, rendendo la procedura totalmente virtuale e quindi, appunto, dematerializzata.L’assistito può recarsi dal farmacista che, collegandosi

a sua volta al sistema, accede alla ricetta elettronica, eroga il farmaco e invia al server di Sogei i dati relativi all’erogazione e i codici che identificano la singola confezione. Sono per ora esclusi da questa procedura alcuni farmaci per i quali c’è ancora bisogno della ricetta rossa (stupefacenti, ossigeno, farmaci con piano terapeutico, sostanze psicotrope e farmaci prescritti a domicilio del paziente).Il procedimento alla base delle ricette elettroniche per la prescrizione di visite specialistiche e di analisi da effettuare nei laboratori è lo stesso di quello previsto per i farmaci.

riCadute: vantaggi e diversità LoCaLi

Una prima ricaduta positiva di questo sistema è che, essendo la ricetta dematerializzata valida in tutte le farmacie italiane, è possibile utilizzarla anche fuori dalla Regione di residenza.Tuttavia, la frammentazione del nostro SSN ha messo in evidenza una grande diversità regionale per quanto riguarda la messa a regime delle procedure. “Nonostante l’importanza e i vantaggi riconosciuti al progresso informatico in sanità, quello che forse è mancato, e che ha aumentato la conflittualità tra medico e paziente, è probabilmente la costruzione di percorsi di cambiamento condivisi basati sull’integrazione reale dei diversi attori che concorrono a formare il SSN, che avrebbero ottimizzato la fase di transizione e affiancato all’obiettivo del controllo quello della partecipazione attiva a un sistema evoluto”, racconta Geltrude Consalvo, medico

alla digitalizzazione sanitaria non corrisponde ancora un sistema perfettamente funzionante e sono quindi ancora troppi gli ‘intoppi’ che il medico si trova a dover risolvere quotidianamente

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191 . 2017

anche le ricette dematerializzate. Comunque, al di là delle diverse problematiche legate alla (più o meno riuscita) diffusione della ePrescription nel nostro Paese”, conclude Geltrude Consalvo, “per evitare un vero e proprio burnout dei prescrittori, decisori e istituzioni non possono trascurare che, dietro alla dematerializzazione della ricetta non deve esserci una dematerializzazione del ruolo del medico, che deve rimanere il primo punto di riferimento per il proprio assistito e non essere distratto da problematiche burocratiche invece che cliniche”.

L’eCCezione trentina

Complice forse anche una gestione più semplice rispetto ad altre realtà regionali, sia in termini di copertura territoriale sia a livello demografico, la Provincia autonoma di Trento rappresenta un esempio di buona pratica sull’applicazione della ricetta farmaceutica dematerializzata. “Al fine di perseguire l’obiettivo di un’effettiva dematerializzazione” racconta Diego Conforti, sostituto Direttore del Dipartimento salute e solidarietà sociale dell’Ufficio innovazione e ricerca della Provincia Autonoma di Trento, “già dal 2012, presentando il proprio Piano di diffusione, la PA di Trento ha manifestato il proprio intento di sfruttare il sistema messo a disposizione dei cittadini per gestire il proprio fascicolo sanitario elettronico (TreC), proponendo metodologie tecnico/organizzative innovative”.Il TreC – progettato per garantire sicurezza in termini di privacy – permette ai cittadini l’accesso al fascicolo personale, consentendo la consultazione dei propri documenti

sanitari prodotti dalle strutture del Servizio Sanitario Provinciale. Il sistema, accessibile attraverso il portale trec.trentinosalute.net, prevede l’autenticazione tramite la nuova tessera sanitaria/carta provinciale dei servizi. “Con questo strumento” continua Conforti, “si è inteso mettere a disposizione strumenti diretti di interazione tra popolazione generale e sistema sanitario che, nello specifico del progetto di dematerializzazione della ricetta sanitaria, sono costituiti dalla possibilità di visualizzare e stampare le impegnative, nonché di gestirne il livello di oscuramento”. Infatti, il cittadino ha la possibilità di rilasciare uno specifico consenso per abilitare tutte le farmacie del territorio provinciale (152 più 5 farmacie di confine) ad accedere alle proprie prescrizioni farmaceutiche con la sola presentazione della tessera sanitaria. L’autorizzazione può essere data dal proprio medico di famiglia, in farmacia, in APSS (Azienda provinciale per i servizi sanitari) sul portale online, sulla propria TreC. Inoltre il consenso, registrato dal sistema di accoglienza regionale, è modificabile in negativo dal cittadino stesso, o dal proprio medico, è restringibile a una, due o tre farmacie, ed è anche possibile oscurare alle farmacie le singole prescrizioni.“In Provincia, la graduale dematerializzazione dell’impegnativa cartacea è stata avviata dal 3 dicembre 2013, estendendo la sperimentazione a tutti i medici prescrittori e a tutte le farmacie del territorio provinciale (deliberazione g.p. n. 2409 del 22 novembre 2013).

Attualmente, il servizio è da considerarsi a regime” aggiunge Conforti che sottolinea anche l’utilità della campagna informativa che ha coperto capillarmente l’intero territorio provinciale attraverso la collaborazione dei medici di famiglia, delle farmacie e delle strutture della APSS. “La sperimentazione ha dimostrato il forte gradimento verso questa innovazione da parte sia dei medici prescrittori sia dei cittadini, con particolare apprezzamento della soluzione introdotta dalla Provincia che prevede la possibilità di non produrre il promemoria cartaceo. A oggi, oltre il 90% delle ricette farmaceutiche sono erogate secondo tale modalità”.

tappe principali del processo di digitalizzazione

2003: disposizioni in materia di monitoraggio della spesa nel settore sanitario e di appropriatezza delle prescrizioni sanitarie. https://goo.gl/kuKLFQ

2008: collegamento in rete dei medici del SSn per la trasmissione telematica dei dati. https://goo.gl/zBFmBf

2010: accelerazione dell’adozione delle modalità telematiche per la trasmissione delle ricette mediche; avvio della diffusione della suddetta procedura telematica; sostituzione della prescrizione medica in formato cartaceo con l’invio telematico. https://goo.gl/nygqOa

2011: dematerializzazione della ricetta medica cartacea. https://goo.gl/nHaEc4

I singoli Piani regionali attuativi sono stati scaglionati negli anni successivi:

2010: Lombardia

2011: Valle d’aosta, Emilia-Romagna, abruzzo, Campania, Molise, Piemonte, Provincia autonoma di Bolzano, Calabria, Liguria, Basilicata, Provincia autonoma di Trento, Toscana

2012: Veneto, Marche, Sicilia, Lazio, Friuli Venezia Giulia, Umbria.

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20 InFormaMI

sanità STEFanomenna

nuovi Lea: così la sanità pubblica punta al rilancioil 2017 si è aperto con il via ai nuovi livelli essenziali di assistenza (Lea), un passo importante per garantire la continuità dei percorsi diagnostici e terapeutici; il testo è finalmente organico,

completo e si basa sui principi di evidence e appropriatezza. tante le novità, con qualche punto debole

iL via LiBera ai nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA) lo ha dato lo scorso 12 gennaio il premier Paolo Gentiloni, direttamente dal Policlinico Gemelli dove era ricoverato per l’impianto di uno stent. Una firma anticipata da un tweet del ministro della salute Beatrice Lorenzin, che ha definito “storico” il passaggio per la sanità italiana. Dopo il varo nel 2001, è il primo vero aggiornamento della lista di attività, dispositivi, prestazioni e cure che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è tenuto a erogare a tutti i cittadini, gratis o dietro il pagamento di una quota di partecipazione alla spesa (il ticket), indipendentemente da reddito e luogo di residenza. Sulla base dei principi emanati dall’art. 32 della Costituzione e della legge che ha istituito il SSN nel 1978, i LEA consentono di tradurre l’idea teorica di sanità pubblica – universale, accessibile ed equa – nell’effettiva pratica clinica.Un passaggio non sempre lineare e scontato, come testimoniano le

quotidiane inefficienze del sistema: liste di attesa infinite, disparità di trattamento da

regione a regione, esami sbagliati o inappropriati. Eppure

di sanità pubblica c’è un gran

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211 . 2017

zoster nei sessantacinquenni. Tutti questi vaccini saranno gratuiti, per le classi d’età e i gruppi a rischio indicati. E’ stato aggiornato il nomenclatore per la specialistica ambulatoriale (fermo dal 1996) con la consulenza genetica, la fecondazione assistita – anche eterologa – fino a oggi erogata solo in regime di ricovero e con costi più alti, e attività a elevato contenuto tecnologico o innovativo come l’adroterapia, l’enteroscopia con microcamera ingeribile e la radioterapia stereotassica. Assicurate la terapia del dolore, l’epidurale per travaglio e parto vaginale, la chirurgia estetica in caso di malformazioni congenite e incidenti. In una prospettiva di tutela universale del diritto alla salute, l’elenco delle malattie rare si arricchisce di 110 patologie che riguardano 300mila malati, oggi privi di copertura. Entra lo screening neonatale per le malattie metaboliche ereditarie, la sordità e la cataratta congenita. Il provvedimento affronta la cronicità garantendo terapie per malattie sinora escluse, come endometriosi e BPCO. Spostate tra le croniche alcune patologie già esenti come rare: celiachia, sindrome di Down e Klinefelter e connettiviti indifferenziate. Ridotto, invece, il pacchetto di prestazioni per l’ipertensione, quando

non comporti danno d’organo. Assicurati i metodi più aggiornati per diagnosi, cura e trattamento dell’autismo. Il SSN non dimentica le dipendenze e offre il recupero nei SerT e terapie farmacologiche sostitutive. Per la prima volta entrano servizi di neuropsichiatria infantile e cure palliative domiciliari. Aggiornato infine il nomenclatore di protesi e ausili, con i dispositivi tecnologicamente più avanzati che migliorano la qualità della vita di tanti disabili: dai comunicatori oculari alle barelle adattate per la doccia, fino ai kit per la motorizzazione delle carrozzine.

i Limiti deL testo

Eppure non mancano aspetti insufficienti o critici. A iniziare dall’approccio culturale, ancora molto settoriale. “In tema di cronicità e disabilità serviva un maggiore sforzo di integrazione con il sociale: i riferimenti al valore dell’autonomia del paziente e al coinvolgimento attivo delle famiglie sono carenti. Manca una cultura della ‘domiciliarità’: riconoscere che il paziente cronico, finché può, deve essere curato a casa, negli ambienti di vita dove le relazioni quotidiane sono parte costitutiva del proprio benessere. E non c’è nemmeno un’attenzione ai budget di salute, i piani personalizzati per i malati cronici e con disabilità in cui si mettono a sistema le risorse del paziente, della famiglia e della comunità”, nota la senatrice.Le stesse modifiche al nomenclatore avranno conseguenze delicate, tutte da valutare. “Le scelte sono state guidate da un criterio di

L’elenco delle malattie rare si arricchisce di 110 patologie che riguardano 300mila malati oggi privi di copertura.

bisogno, se è vero che la spesa privata tocca quota 34 miliardi di euro e ben 11 milioni di cittadini rinuncia a curarsi (dati Censis). “A differenza di quello del 2001, che era una sorta di ricognizione della normativa vigente, questo testo è organico e completo. C’è attenzione anche alle modalità e ai processi di erogazione delle prestazioni: un passo avanti importante, per garantire la continuità dei percorsi diagnostici e terapeutici”, commenta Nerina Dirindin, capogruppo PD in Commissione sanità al Senato e docente di Scienza della finanza all’Università di Torino. “La sanità si conferma settore all’avanguardia della pubblica amministrazione. I principi che hanno ispirato la stesura del testo sono evidence e appropriatezza: una risposta forte e coraggiosa alla crisi di oggi, in cui dilaga la mancanza di fiducia nelle istituzioni e sembra prevalere una scarsa cultura della tutela della salute”.

CHe Cosa CamBia

Tante le novità previste dal decreto. Si parte dalle vaccinazioni, con l’inserimento nei LEA del piano nazionale vaccini 2017-2019: il nuovo calendario introduce il vaccino anti meningococco B, rotavirus e varicella nei nuovi nati; estende l’immunizzazione anti-HPV ai maschi undicenni; prevede la vaccinazione antimeningococcica tetravalente e il richiamo anti polio negli adolescenti, oltre a quelle contro pneumococco ed herpes

Tweet di Beatrice Lorenzin sul via ai LEa del 12 gennaio 2017.

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22 InFormaMI

prioritarizzazione: accontentare tutte le (pur legittime) richieste di inclusione sarebbe stato impossibile. Ma quali parametri etici, organizzativi, clinici ed economici hanno ispirato queste scelte? Si tratta di criteri sempre uniformi e coerenti? Per esempio, l’esclusione dall’esenzione dal ticket degli ipertesi senza danni d’organo risponde a un criterio di minore gravità e priorità rispetto ad altre patologie; ma come si giustifica, rispetto alla necessità di promuovere una cultura della prevenzione attiva? O ancora: dal nomenclatore della protesica escono dispositivi per cui il SSN spendeva circa 65 milioni, come i plantari o alcuni modelli di carrozzelle ormai superati. Ma siamo sicuri di aver sostituito questi presidi (su cui, in effetti, ci sono stati comportamenti opportunistici e prescrizioni troppo ‘generose’) con alternative valide ed efficaci?” si chiede Dirindin. Solo la pratica clinica chiarirà come stanno effettivamente le cose. Sarà dunque fondamentale il lavoro della commissione per il monitoraggio dei LEA, che ogni anno avrà il compito di aggiornare il paniere dei servizi. Anche qui, però, sono auspicabili correzioni di rotta. “Il sistema di valutazione è ancora poco sviluppato e viziato da possibili conflitti di interessi: la

commissione è formata anche da rappresentanti delle regioni, ossia gli stessi che dovrebbero essere valutati” continua Dirindin.

iL nodo deLLe risorse

Il provvedimento è stato vidimato dal Ministero dell’Economia e dalla Corte dei Conti (800 milioni i fondi stanziati dal Governo), ma la sostenibilità economica è oggetto di dibattito. Per esempio, stando alle stime del Ministero della Salute, la specialistica ambulatoriale del nuovo nomenclatore costerebbe

1,7 miliardi di euro. Eppure è contabilizzata solo per 380 milioni. “Probabilmente si è sottostimato il maggior costo dei LEA e si sono sovrastimate le ulteriori entrate a compensazione dei maggiori oneri. Quasi 600 milioni rappresentano minori costi risparmiati dalla derubricazione da altri regimi assistenziali più onerosi, come il day hospital o il day surgery. Altre voci di minore spesa (per poco meno di 500 milioni) vengono dalle regioni che avevano già inserito nella loro offerta i nuovi servizi. E’ passata così l’idea che

sanità

“In tema di cronicità e disabilità serviva un maggiore sforzo di integrazione con il sociale […] Manca una cultura della ‘domiciliarità’ […] E non c’è nemmeno un’attenzione ai budget di salute, i piani personalizzati per i malati cronici e con disabilità in cui si mettono a sistema le risorse del paziente, della famiglia e della comunità”

“L’odontoiatria PuBBLiCa si conferma la cenerentola dei nuovi LEA. Capisco che le priorità sono altre, manca però una visione della salute del cavo orale come fattore di benessere globale, in linea con quanto sostiene l’OMS. E anche sulla prevenzione, soprattutto con i ragazzi in età scolastica, si sarebbe potuto fare di più”. L’analisi di Antonio Carrassi, docente di malattie odontostomatologiche

all’Università Statale di Milano, è severa. Del resto, nel nostro Paese l’odontoiatria pubblica è praticata pochissimo: secondo l’ISTAT, appena il 5% degli italiani si affida al SSN per curare i propri denti. Tutti gli altri – chi può, ovviamente – sono costretti a rivolgersi alla libera professione.

i nuovi Lea glissano sul piano odontoiatrico: manca un quadro delle risorse e delle forze a disposizione per gli interventi previsti e, in fatto di prevenzione, si poteva fare di più

Lea odontoiatrici: poche luci, solite ombre

STEFanomenna

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231 . 2017

“In una società in cui si diffondono cronicità e fragilità, un censimento del comparto pubblico dell’odontoiatria oggi sarebbe utilissimo”

Censire Le risorse PuBBLiCHe

Limiti che si riflettono nel testo del nuovo provvedimento, dove a tutti i cittadini sono garantiti la visita per la diagnosi precoce di tumori e le urgenze: infezioni e dolore acuti, emorragie, molaggio di denti fratturati. “L’offerta generalista del trattamento in emergenza è positiva e condivisibile, ma rischia di rimanere una dichiarazione di intenti sulla carta: si fa fatica a capire come le strutture sanitarie e gli ospedali possano attrezzarsi per rispondere efficacemente a questa domanda”, commenta Carrassi. “Al momento non conosciamo nemmeno quali e quante risorse abbiamo a disposizione in ambito pubblico, sul territorio”. Gli ultimi dati pubblicati dal Ministero della Salute risalgono al 2006. Informazioni che, invece, sarebbe fondamentale aggiornare, soprattutto per la popolazione più vulnerabile, che ha diritto a cure gratuite. Terapie conservative e canalari, protesi removibili ed estrazioni sono infatti offerte ai pazienti con labiopalatoschisi o altre malformazioni congenite, malattie rare e tossicodipendenze: tutte condizioni per cui le cure odontoiatriche sono indispensabili. Così come a chi vive in stato di marginalità, esclusione sociale o disagio economico. “In una società in cui si diffondono cronicità e fragilità, un censimento del comparto pubblico dell’odontoiatria oggi sarebbe utilissimo: capire su quali forze (ambulatori periferici, strutture specialistiche,

ospedali, medici) il SSN può contare, consentirebbe di programmare in modo più appropriato ed efficiente gli interventi previsti dai LEA”, spiega Carrassi.

Più Prevenzione Per i giovani

C’è poi la partita chiave della prevenzione. I LEA confermano l’attivazione di programmi di tutela in età evolutiva (0-14 anni), con il monitoraggio di carie e malocclusioni e la correzione delle patologie ortognatodontiche a maggior rischio. “Gli interventi su bambini e ragazzi sono prioritari. Esistono ormai misure efficaci di profilassi per ridurre l’incidenza di carie e gengiviti, patologie note e di facile diagnosi. Sarebbe stato quindi opportuno ampliare l’offerta fino a 18 anni, collegandola a un adeguato programma di educazione e informazione sanitaria nelle scuole sui fattori di rischio principali, a iniziare dal fumo”, continua il professore. Un segnale positivo arriva dall’estensione agli adolescenti maschi della vaccinazione anti HPV. “Ogni anno, in Italia, registriamo 3.500-4.000 nuovi casi di cancro del cavo orale, gran parte dei quali provocati da HPV 16 e 18”, sottolinea Carrassi. “Ora, grazie all’incremento della platea dei vaccinati contro il papillomavirus, ci attendiamo un progressivo calo dell’incidenza di questa malattia, sia nell’uomo sia nelle donne. Finalmente un investimento concreto in prevenzione, su cui però avremmo bisogno di ancora più risorse”.

l’anticipazione dell’aggiornamento dei LEA produce una riduzione del finanziamento a carico dello Stato: un messaggio che rischia di scoraggiare l’innovazione” spiega la senatrice. A questo si aggiunge l’aumento dei ticket sulla specialistica, che rischia di scaricare sui cittadini il costo di alcune prestazioni. Tema che si incrocia con la mancata revisione del sistema di esenzione e compartecipazione alla spesa. “Una riforma ancora da avviare, ma urgente. Ci vuole più attenzione per le fasce sociali deboli e

svantaggiate, come gli inoccupati, che non sono esenti ticket e sarebbero quindi scoperti. Qualche regione si è mossa in autonomia e ha previsto agevolazioni, ma oggi i giovani che non hanno mai lavorato sono davvero tanti”, sottolinea la senatrice.Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, perché il nuovo nomenclatore sia valido dovrà essere approvato il tariffario di specialistica e protesica. Anche l’elenco delle malattie rare sarà operativo solo 180 giorni dopo l’entrata in vigore dei LEA: gli

enti locali hanno 6 mesi di tempo per adeguare la rete territoriale. “Verosimilmente, le nuove prestazioni saranno via via esigibili nella seconda metà del 2017”, prevede Dirindin. Ciò non toglie che le regioni più rapide e pronte riescano a organizzarsi prima, con il rischio che si riproponga l’annoso problema di una sanità a differenti velocità.

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24 InFormaMI

sanità PaTrIZIasaLvaterra

il rapporto oasi mostra la sanità come un settore promettente che si evolve tra alti e bassi: in questa sintesi alcuni dei punti più rilevanti del documento

“disPoniamo oggi in Italia di una piattaforma unica per la sanità?”. Se la riposta è “no”, ci sarebbe poi da chiedersi se tale piattaforma serve, e se vale la pena progettarla perché potrebbe diventare un buon volano per attrarre chiunque voglia investire nel nostro paese in questo settore, il sesto del PIL nazionale con 149 miliardi di euro di spesa corrente. Da qui è partito l’ultimo rapporto dell’Osservatorio aziende sanitarie italiane (OASI) di Cergas, Sda Bocconi e Bocconi Alumni Association (BAA) presentato in un recente convegno dall’ambizioso titolo Italy, a Healthy Investment.Il rapporto OASI sviluppa una tesi: il settore è ad alto potenziale, in evoluzione, ma per poterlo promuovere su scala internazionale vanno analizzati i suoi punti di forza – messe a sistema le esperienze positive e trasferite le buone pratiche alle strutture sanitarie nazionali lungo tutto lo stivale – e resi noti quelli di debolezza, fotografando “senza photoshop” l’esistente, per porvi rimedio al più presto. Eccone alcuni.

rapporto oasi: alla ricerca di un equilibrio fra investimenti, sostenibilità e tutela della salute

iL CamBiamento deLL’assetto istituzionaLe

In quasi tutte le regioni si è avviato un processo di razionalizzazione dell’offerta: 1) accorpando le diverse ASL in un’unica realtà amministrativa; 2) semplificando le strutture organizzative interne; 3) integrando e mettendo in rete i servizi ospedalieri e territoriali, e diminuendo i punti fisici di accesso. Sulla razionalizzazione degli ospedali va spesa una precisazione. Negli ultimi tre anni sono calati i ricoveri a bassa complessità, con la conseguente riduzione dei posti letto (standard minimo di casistica, d.m. 70/2015); segue a pagina 25

non solo per il recupero di risorse contro le inefficienze, ma come garanzia per il cittadino di essere curato in modo omogeneo su tutto il territorio. Si è infatti registrato dal 2010 un aumento dell’1,5% della mobilità interregionale – dal Sud al Nord – alla ricerca di servizi di cura migliori. “Perché oggi, nascere e crescere in Campania

o Sicilia significa avere un’aspettativa di vita in

buona salute di 4 anni di meno rispetto a Lombardia,

Veneto e altre regioni del Nord,

e accedere a livelli di assistenza inferiori in

termini quantitativi e qualitativi” affermano Elio Borgonovi e Rosanna Tarricone, presidente e direttore Cergas. Ciò ha ulteriormente rafforzato il ruolo istituzionale delle regioni, incentivate sulla qualità dei servizi garantiti, sul numero di pazienti curati, sul livello di soddisfazione dell’utenza e rispetto dei budget. L’obiettivo punta alla salute della finanza pubblica e della popolazione; al centro di questa trasformazione c’è il paziente con i suoi bisogni di prevenzione e cura, nel rispetto di una mission ormai definita: “la tutela della salute costo-efficace, economicamente sostenibile” (Borgonovi e Tarricone, cit.).

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I1 . 2017

LaDIaGnoSIDIIPErTEnSIonEarTErIoSa

Come isCriversi aL Corso

Partecipare al corso FaD è semplice. Una volta letto questo dossier, tutti gli iscritti all’OMCeO Milano, medici e odontoiatri, possono rispondere al questionario online e acquisire i crediti ECM. Ecco come fare:1. registrarsi sulla piattaforma www.saepe.it per ricevere via email ID e PIn per l’accesso2. entro 48 ore ricollegarsi alla piattaforma e inserire ID e PIn ricevuti3. cliccare al piede della pagina sul banner Smart FaD4. cliccare il titolo del corso5. cliccare sul questionario e rispondere alle domande ECM; si ricorda che le domande sono randomizzate, quindi variano nei tentativi successivi (non c’è un limite massimo)6. rispondere al questionario di customer satisfaction7. scaricare l’attestazione dei crediti cliccando in alto a destra su “Crediti” e quindi sulla stampantina vicino al titolo del corsoPer qualunque dubbio o difficoltà scrivere a: [email protected]

1.2017

Siccomeinognivisitavienemisuratalapressionearteriosaspessosubentral’abitudineenonsipensaquantosiafondamentaleeseguirecorrettamentequestamisurazione,construmentiadeguatieseguendoalcuniaccorgimenti.Ladiagnosidiipertensionearteriosaèsemplice,maperfarlaoccorreavereadisposizionerilevazionimultipleeaccurate.

evento eCm n. 184478 ; Provider zadig (n. 103)

autore:mariarosaValettorevisore: nicolamontano,PresidenteelettodellaFederazioneeuropeadelleSocietàdimedicinainterna,Divisionedimedicinainterna,Dipartimentodiscienzeclinicheedicomunità,UniversitàdegliStudidimilano

destinatari:medicieodontoiatridurata prevista:2ore(compresalaletturadiquestodossier)durata:dall’1marzo2017al28febbraio2018

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II SmartFad

“Buongiorno, dottore”.“Buongiorno a lei, si accomodi. Se non sbaglio non ci conosciamo”. Il medico di me-dicina generale fa entrare in ambulatorio Dario, un nuovo assistito, quarantenne, dirigente di un’importante multinazionale.“Infatti, mi sono trasferito a Milano da pochi mesi”.“Mi dica, c’è un motivo preciso per questa visita?”.“Per fortuna no, non ho problemi di salute, almeno credo. Mi serve solo un certifi-cato medico, sono un runner”.“Amatoriale?”.“Sì, sì. Con il mio lavoro sempre in viaggio e spesso all’estero il podismo è l’unico modo per mantener-mi un po’ in forma. Una scelta legata alla flessibilità di orario, nessuna ambizione di agonismo”.“Capisco, condivido il ragionamento e la pratica”.“Davvero?”.“Sì, rispetto a lei ho il vantaggio di una residenza fissa, ma anche io devo sfruttare i ritagli di tempo. Sempre di corsa, anche senza scarpette ai piedi”. Il medico raccoglie un’accurata anamnesi da cui ri-sulta che Dario ha uno stile di vita molto regolare, non fuma, beve moderatamente in qualche cena di lavoro, ha una familiarità per malattie cardiovascolari in linea paterna.“Ora la voglio visitare, solo un attimo scusi…”, il medico solleva il ricevitore del telefono e chiama l’interno della segreteria. “Sono rientrati gli sfigmo dalla manutenzione? Bene, quindi in studio mi ha messo già quello ricalibrato... Perfetto, grazie”.Il medico poggia lo sfigmomanometro a mercurio sul piano del tavolo all’altezza del torace del paziente e lo invita, indicando i braccioli della poltroncina su cui è seduto: “Appoggi qui le braccia, per favore”.Effettua una prima misurazione dal braccio destro, poi sfila e arrotola il manicotto per svuotarlo com-pletamente dell’aria. Dario accenna ad alzarsi, ma: “Stia ancora seduto dove è, solo un attimo. Sul letti-no si corica dopo”. La determinazione della pressione viene ripetuta dal braccio sinistro.“C’è qualcosa che non va?” chiede il paziente un po’ allarmato.

Sempredicorsa

La storiaparte i

Commento

qualsiasi misurazione della pressione arteriosa deve essere ef-fettuata standardizzando e stabilizzando l’ambiente in termini di temperatura, stimoli esterni e tranquillità. Bisogna utilizzare un apparecchio validato e sottoposto a ricalibratura periodica.rilevare la pressione con il paziente seduto da almeno 3-5 minuti, il braccio rilassato e disteso e utilizzando un manicotto di misura ade-guata per il braccio del paziente. Lo sfigmomanometro deve essere posizionato a livello del cuore. Per la diagnosi, misurare la pressione arteriosa almeno due volte a distanza di 1-3 minuti, in entrambe le braccia e ripetere la determinazione se la differenza è >10-20 mmHg. se tale differenza è confermata considerare come valore di pressione di riferimento quella del braccio con i livelli più alti.

Mancia G, Fagard R, et al. 2013 ESH/ESC Guidelines for the management of arterial hypertension: The Task Force for the management of arterial hypertension of the European Society of Hypertension (ESH) and of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J 2013;34:2159-219. https://goo.gl/aGLomR

The national Institute for Health and Care Excellence (nICE). Hyperten-sion in adults: diagnosis and management. nICE guideline 127, aggior-namento novembre 2016. https://goo.gl/S3x2Gi

“No, stia tranquillo. Misurare la pressione da entrambe le braccia quando si visita un nuovo paziente risponde solo a una buona pratica, anche se pochi lo fanno”.“Infatti non mi era mai capitato”.“Ha fatto molte gare amatoriali?”.“Si contano sulle dita della mano. Tutte nel Nord Europa, scenari di una bellezza incredibile: distese innevate, lungofiume immersi nella nebbia. Quasi ogni fine set-timana ne organizzano una, ma anche qui l’offerta sta aumentando. Questa è la mia prima Maratona di Milano. Ormai manca poco al due di aprile, non sono particolarmente

La storiaparte ii

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III1 . 2017

LaDIaGnoSIDIIPErTEnSIonEarTErIoSa

La definizione di ipertensione sulla base di un valore soglia è una convenzione:• stadio 1: prima determinazione 140/90 mmHg, controlli succes-

sivi ambulatoriali o automisurazione a domicilio (media) 135/85 mmHg

• stadio 2: prima determinazione 160/100 mmHg, controlli succes-sivi ambulatoriali o automisurazione a domicilio (media) 150/95 mmHg

• stadio 3: ipertensione grave, valori sistolici 180 mmHg o valori diastolici 110 mmHg

Mancia G, Fagard R, et al. 2013 ESH/ESC Guidelines for the management of arterial hypertension: The Task Force for the management of arterial hypertension of the European Society of Hypertension (ESH) and of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J 2013;34:2159-219. https://goo.gl/aGLomR

The national Institute for Health and Care Excellence (nICE). Hyperten-sion in adults: diagnosis and management. nICE guideline 127, aggior-namento novembre 2016. https://goo.gl/S3x2Gi

Commento

se una volta completato un processo diagnostico accurato con una misurazione dei livelli pressori secondo la buona pratica clinica la diagnosi di ipertensione è esclusa, la determinazione successiva va programmata entro 5 anni, più spesso con livelli pressori prossimi a 140/90 mmHg.

The national Institute for Health and Care Excellence (nICE). Hyper-tension in adults: diagnosis and management. nICE guideline 127, aggiornamento novembre 2016.

https://goo.gl/S3x2Gi

Commento

La storiaconclusione

“Beh, con quei valori perfetti, le linee guida ammettono che si controlli ogni cinque anni” risponde il medico. Ma Dario commenta: “Mi sembra un periodo veramente lungo”.“Tanto se dovrà esibire il certificato medico per le gare non aspetteremo così tanto. La validità è an-nuale.“Magari ci incontriamo anche prima in tuta e scarpette”.“Io mi alleno sui Navigli. Lei che sente il fascino delle vie d’acqua e della nebbia…”.“Ottimo suggerimento!”.

“Valori normali?” chiede Dario.“Perfettamente normali. La minima differenza tra le due braccia non ha nessun si-gnificato”.Il medico riprende la visita e la chiacchierata: “Mi diceva della sua corsa di inizio primavera”.“Lungo il Danubio, ero a Vienna. Ma la primavera lì non è ancora arrivata. Meglio così perché io soffro di raffreddore da fieno. Ah già, prima non le ho detto che prendo qualche antistaminico, specie prima di correre”.“Spray?”.“No, non ho mai avuto difficoltà a respirare”.“Va bene”.“Quindi con la pressione siamo a posto. Non devo neppure misurarla ogni tanto adesso che ho supe-rato gli anta?”.

La storiaparte iii

allenato ma l’esperienza della staffetta mi incuriosisce ed è un buon modo per socializzare con i nuovi colleghi”.“Giusto, la formula è divertente. Poi per il 2017 hanno disegnato un percorso nuovo, passa per tutto il centro, sono curioso di provarlo. La Stramilano di domenica scorsa l’ha fatta?”.“No, ero via per lavoro, quella domenica mi trovavo…” il medico interrompe Dario: “Adesso un attimo di silenzio che ausculto cuore e polmoni”. E dopo qualche minuto: “Tutto a posto. Ah dimenticavo, pre-so dalla nostra comune passione non le ho detto i valori di pressione: 130 su 85 e 125 su 80”.

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IV SmartFad

Tacco13

La storiaparte i

La storiaparte ii

Commento

se in occasione della determinazione da parte di un medico si riscontrano livelli pressori ≥140/90 mmHg, bisogna ripetere la determinazione durante la visita e, in caso di una sostanziale differenza, ripeterla una terza volta. fare riferimento al valore più basso tra gli ultimi due.

The national Institute for Health and Care Excellence (nICE). Hyperten-sion in adults: diagnosis and management. nICE guideline 127, aggior-namento novembre 2016. https://goo.gl/S3x2Gi

Sabato pomeriggio, Mara entra zoppicante nel Pronto soccorso affollato.“Te l’avevo detto che non dovevamo venire qui” le dice il marito. “Guarda quanta gente, chissà quando passerai, visto che hai solo una banale storta!”.“Beppe, guarda, se proprio ti dà fastidio aspettare, non hai che tornare a casa, sederti sul divano e guardare il derby in santa pace” risponde secca la moglie. “Io adesso sto qui tutto il tempo necessario. Queste storte se non si curano subito dan-no problemi per sempre”.“Sai sempre tutto tu, vero?”.“E’ successa la stessa cosa all’Adriana, ormai è più di un anno, non l’hanno ingessata appena successo e ora non cammina ancora bene”.“Anche lei sfilando sotto i portici in centro col tacco 13?”.“No lei era andata a ballare”.“Alta acrobazia! Mara, ma la carta d’identità non la guardate mai?”.“Senti eh, cosa deve fare una dopo i 60 anni? Mettersi in poltrona a fare la maglia?”.“Non dico questo, ma darsi una calmata…”“Veramente bastava che tu mi sorreggessi quando sono inciampata, invece di controllare dal telefoni-no i risultati delle partite. Senti vai a casa e ti chiamo io quando ho finito”.Beppe si congeda senza insistere minimamente e nel giro di pochi minuti la donna viene convocata per il triage. Ovviamente le viene assegnato un codice verde.“Nulla di grave, ma un controllo dell’ortopedico ci vuole e forse anche una lastra” le dice l’infermiere.“Sì, sì, lo immaginavo. Come vorrei che ci fosse qui mio marito a sentire le sue parole. Secondo lui non era neanche il caso di venire in ospedale” risponde Mara. “C’è tanta gente prima di me, ma pazienza”.“Guardi oggi l’attesa non è neppure così lunga, non si faccia ingannare dalla folla dei parenti” la rassi-cura l’infermiere mentre misura la pressione. Poi aggiunge sgonfiando il manicotto “Centocinquanta su 95, un po’ alta. Ha mai misurato la pressione?”. “Sì, ma anni e anni fa giusto per curiosità in farmacia. Era perfettamente normale”.

“Bene, abbiamo trovato una valida giustificazione per farle passare un po’ di tem-po qui con noi. E’ prudente misurare di nuovo la pressione, ma dopo un’adeguata attesa”.“Ma non può essere stata l’arrabbiatura con mio marito a farla alzare?” “Come no, la colpa è sempre dei mariti. Sono sposato da poco ma questa regola l’ho già imparata” risponde il giovane infermiere con un largo sorriso. “Battute a parte, l’emotività gioca, e magari anche il dolore alla caviglia”.“A dir la verità, adesso con il ghiaccio è quasi passato”.“In ogni caso durante la visita il medico ripeterà la misurazione. Intanto lei stia qui seduta e cerchi di rilassarsi. Lo so che con questo via vai non è facile”.“Non si preoccupi, mi piace stare in mezzo alla gente. Sarebbe l’occasione giusta per fare la maglia”.“Come?”“No, nulla, pensavo a una cosa detta prima, con mio marito”.Passa poco meno di un’ora e la sedia a rotelle di Mara viene introdotta in sala visita.L’ortopedico si informa sulle modalità della caduta e poi dice a Mara: “Prima di visitarla, prendo un’al-

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V1 . 2017

La storiaparte iii

La storiaconclusione

i valori di pressione arteriosa si distribuiscono in maniera continua nella popolazione generale, senza una definita soglia di rischio. il rischio stesso ha una distribuzione continua: ogni aumento di 2 mmHg dei valori sistolici corrisponde a un incremento del rischio di morte per ischemia cardiaca del 7% e per ictus del 10%.

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Commento

Con valori di pressione ≥140/90 mmHg, per giungere alla diagnosi di conferma è necessario ripetere controlli ambulatoriali utilizzan-do un dispositivo automatico portatile (almeno due determinazioni all’ora nelle ore di veglia, per esempio dalle 8 alle 22) e tenere conto del valore medio di almeno 14 determinazioni.se il paziente non tollera questa procedura, utilizzare la determi-nazione domiciliare (due determinazioni ad almeno un minuto l’una dall’altra con il paziente seduto, in due momenti della giornata, per

esempio mattino e sera, per 4-7 giorni consecutivi) e tenere conto della media di tutti i valori esclusi quelli rilevati il primo giorno.

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Commento

“… e purtroppo lei buonanima ha poi avuto un ictus”.“Il fatto che ci sia una storia familiare mi conferma che lei ha davvero la pressione alta. E’ vero che i suoi valori non sono elevatissimi, tra 180 e 140 c’è una bella dif-ferenza, ma i vasi risentono anche di minimi aumenti e cresce il rischio di infarto, di ictus, eccetera”.“Quindi oggi ho avuto una caduta provvidenziale?”.“In un certo senso sì” risponde il medico iniziando l’esame obiettivo della caviglia. “Anche perché, in aggiunta, qui non c’è proprio nulla di rotto. Non le faccio fare neanche la lastra. Piede sollevato, ghiaccio, qualche giorno di immobilità, poi si aiuti con una stampella. Ma la cosa im-portante è approfondire la diagnosi di ipertensione”.“Questa volta vedrò che faccia fa il mio dottore. Cosa dovrò fare?”.

“Con ogni probabilità le farà un controllo ambulatoriale della pressione con misurazioni ripetute nel corso di una giornata”.“Ah sì, quell’aggeggio che ogni tanto si anima… L’hanno messo a mio fratello, un po’ fastidioso mi ha detto, ma sopportabile…”.“E nel corso della giornata dovrà anche segnare in un piccolo diario tutte le attività, se sta ferma o cammina o lavora, quando mangia, i cambiamenti di umore…”“Per esempio se mi arrabbio con mio marito?” chiede Mara guardando l’infermiere con cui ha scherza-to poco prima. “Oh lì sì che ho da riempire il diario… A proposito lo devo chiamare per farmi venire a prendere quando ho finito. A che punto siamo?”.“Una bella fasciatura e la lasciamo andare. Mi raccomando però, per almeno un mese non usi tacchi come quelli” dice l’ortopedico indicando le calzature appoggiate sui predellini. Mara solleva gli occhi al cielo e mentre l’infermiere spinge la sedia in corridoio digita il numero sul cellulare. “Beppe, ho finito. Come un attimo? Ma cosa mi importa se Donnarumma ha parato il rigore di Icardi e state perdendo… Anche se mancano solo dieci minuti al novantesimo, vieni a prendermi. Non farmi arrabbiare che mi si alza la pressione. Sì, poi ti spiego… no la caviglia non è rotta, devo solo camminare con una stampella… ecco appunto nei prossimi giorni sono anche armata… quindi vedi di non contrariarmi!”.

LaDIaGnoSIDIIPErTEnSIonEarTErIoSa

tra volta la pressione. Almeno siamo sicuri che se è ancora alta non sia colpa delle mie manovre”. I va-lori pressori sono sovrapponibili alla precedente misurazione: “Sempre sopra la norma: 145 su 95”. La paziente minimizza: “Sì, ma non altissima. Mi ricordo che mia madre arrivava a 180 di massima anche prendendo le pastiglie. Quella sì che era una situazione esplosiva…”

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VI SmartFad

E’ notte fonda e continua a piovere: “Accidenti, sembra che sia tornato l’inverno. Proprio a me doveva toccare questo tempo da lupi. Meno male che siamo all’ultima domiciliare, non vedo l’ora di tornare in centrale a riscaldarmi con un bel tè caldo” esclama Francesca, medico di continuità assistenziale, salendo in macchina.“Anche io trovo questo turno particolarmente pesante. Per fortuna domani ho ri-poso” le fa eco Domenico, l’autista.“E’ lontano da qui il posto?”.“No, il navigatore mi indica una decina di minuti. A quest’ora si potrebbe fare prima, visti i semafori spenti, ma con l’asfalto bagnato non mi fido”.“Prudenza, ci manca solo di fare un incidente per completare la giornata…”.I due tacciono per il breve tragitto. Il silenzio è rotto solo dal battere dei tergicristalli sul parabrezza.“Eccoci” l’utilitaria imbocca una strada laterale scarsamente illuminata e si ferma di fronte a una villetta bifamiliare.“Con questo buio, chi lo trova il campanello?”. Francesca ha appena manifestato la sua preoccupazione che le finestre al piano terra si illuminano e dal portoncino di ingresso esce un uomo sulla cinquantina.“Buonasera, aspettavamo il vostro arrivo”.“Buonasera, lei è un familiare del signor Dante Rossi?”.“Sì, il figlio. Lui abita di sopra, gli avevamo detto di trasferirsi con noi quando è rimasto vedovo, ma non ne ha voluto sapere”.“Cosa è successo?”.“Ieri sera è caduto in bagno, per fortuna senza conseguenze. Non è la prima volta che gli capita”.“Quanti anni ha?”.“Ottantadue, quasi ottantatré anni”.“Lucido di testa?”.“Abbastanza, memoria a parte e una costante agitazione…”.Francesca ha raggiunto la cima delle scale, quando l’uomo aggiunge: “Dalle sei di pomeriggio dice che gli manca il fiato e si sente il cuore in gola. Insomma, il motivo della chiamata non è la caduta”.“Almeno apparentemente” pensa il medico fra sé.Dante è a letto, assistito dalla nuora: “Federico, ti avevo detto di non chiamare il medico” protesta quando vede entrare Francesca nella camera.“Buonasera signor Dante. Perché non mi vuole?” chiede lei con un sorriso.Mentre l’anziano paziente continua a mostrasi contrariato, Francesca nota sul piano del comodino da notte alcune scatole di farmaci: warfarin e un’associazione di atenololo e clortalidone.“Queste sono le medicine che prende?”.“Sì, sono quelle” risponde Dante, mentre figlio e nuora scuotono la testa segnalando tacitamente una scarsa aderenza terapeutica.“Adesso le prendo la pressione, poi la visito”.“Abbiamo comprato l’apparecchio automatico, ma è rimasto nel cassetto…” precisa il figlio allargando le braccia.

La storiaparte i

Commento

in presenza di irregolarità del ritmo, gli operatori sanitari devono ricercare il polso radiale e il ritmo, ricorrere alla determinazione della pressione arteriosa per auscultazione diretta ed evitare l’uso di dispositivi automatici (sconsigliandoli anche al paziente).

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Eraunanottebuiaequasitempestosa…

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VII1 . 2017

La storiaparte ii

nei pazienti con sintomi di ipotensione ortostatica (cadute o capo-giri) rilevare la pressione prima con il paziente seduto o supino e successivamente dopo ortostatismo per almeno un minuto (dopo 1 e 3 minuti); se i valori sistolici si riducono di ≥20 mmHg e/o quelli diastolici di ≥10 mmHg, rivedere la terapia, quindi misurare la pres-sione dopo ortostatismo e, se l’ipotensione ortostatica persiste, inviare il paziente dallo specialista.

Mancia G, Fagard R, et al. 2013 ESH/ESC Guidelines for the management of arterial hypertension: The Task Force for the management of arterial hypertension of the European Society of Hypertension (ESH) and of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J 2013;34:2159-219. https://goo.gl/aGLomR

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Commento

“A dire la verità, nella situazione di suo padre, l’apparecchio automatico non sarebbe affidabile...” risponde Francesca dopo aver individuato il polso radiale. “Infatti que-sta sera non è in ritmo”.La pressione arteriosa è decisamente alta. Francesca effettua due volte la determina-zione e poi ausculta il cuore e il torace. Poi riferisce ai familiari: “Siamo intorno a 190-200 di massima e 115 di minima. Il battito del cuore è molto accelerato e irregolare, credo che sia in fibrillazione atriale. Adesso verifico con un tracciato elettrocardiografico, ma prima voglio capire questa storia di cadute ripetute”.Francesca chiede per telefono all’autista di portagli l’apparecchio per l’ECG che sta in auto poi chiede a Dante: “Se la sente di alzarsi in piedi qualche minuto?”.“Io sì, sono loro che non vogliono che mi alzi dal letto da solo”. Risponde il paziente indicando il figlio e la nuora.

La storiaparte iii

Il medico sorride e aiuta Dante a mettersi in piedi accanto al letto.“Deve aver pazienza e stare fermo un paio di minuti, che le prendo un’altra volta la pressione...”.“Va bene, sto qui” risponde l’anziano in piedi vicino al letto.Nel frattempo Domenico ha portato in casa l’apparecchio per l’ECG. Francesca inizia a predisporlo e, a qualche metro dal paziente, si rivolge al figlio: “Le cadute potrebbero essere dovute a parecchi motivi, i problemi del ritmo o un abbassamen-to della pressione quando si alza. Mi pare di capire che non prenda i farmaci”.“Di più, ho l’impressione che oltre a saltare faccia pasticci. Non escludo che a volte prenda doppia dose. Ma è impossibile controllarlo”.“Non se ne faccia una colpa, capita a molti anziani”.Trascorso il tempo canonico, Francesca effettua la determinazione dei valori pressori in ortostatismo: “Centottantacinque su 105, direi che non c’è un’ipotensione posturale”.Il tracciato conferma la presenza di fibrillazione atriale.Staccando gli elettrodi Francesca chiede: “Come va, signor Dante?”.“Va che vorrei dormire. Che ora è?” chiede volgendo lo sguardo alla sveglia. “Dove sono gli occhiali che voglio vedere l’ora?”.“Sono le due di notte, papà”.“Appunto, è ora di dormire”. Senza aggiungere altro Dante si corica e spegne la luce.“Va bene, ne parliamo domani” risponde il figlio.

LaDIaGnoSIDIIPErTEnSIonEarTErIoSa

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VIII SmartFaD

La storiaconclusione

“Ancora un attimo, signor Dante. Dovrebbe solo prendere questa compressa, poi ne parliamo domani” dice Francesca porgendo al paziente una compressa di captopril e avvicinandogli il bicchiere con l’ac-qua. “Ora stia coricato e non si alzi per nessun motivo”.Poi tutti escono dalla stanza e già scendendo le scale il medico comunica le sue indicazioni: “La situa-zione è abbastanza critica ma soprattutto è fuori controllo”.“Quindi la promessa a mio padre di riparlarne domani le sembra azzardata?”“Direi di sì. Non voglio spaventarvi, ma la situazione rischia di precipitare in uno scompenso. Cerco di evitare il più possibile il ricovero ai pazienti avanti con gli anni, però questo è assolutamente necessa-rio. Io mi fermo ancora qualche decina di minuti per vedere la risposta al farmaco e intanto si chiama il 118”.

in presenza di ipertensione grave (stadio 3) durante il processo dia-gnostico iniziare immediatamente una terapia antipertensiva, indi-pendentemente dai fattori di rischio individuali e senza attendere i risultati della determinazione ambulatoriale o domiciliare; tuttavia, in assenza di segni o sintomi, la riduzione pressoria va eseguita lentamente, avendo come target una riduzione del 10% dei valori.in presenza di pressione grave stabile con segni di papilledema e/o emorragia retinica o in presenza di sintomi che suggeriscono cause secondarie di ipertensione (per esempio, un feocromocitoma con ipotensione posturale, cefalea, cardiopalmo, pallore e sudorazione profusa) inviare il paziente dallo specialista.

Mancia G, Fagard R, et al. 2013 ESH/ESC Guidelines for the management of arterial hypertension: The Task Force for the management of arterial hypertension of the European Society of Hypertension (ESH) and of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J 2013;34:2159-219. https://goo.gl/aGLomR

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Commento

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251 . 2017

sanità

Le attività territoriaLi e Le Cure intermedie

Oggi la sanità nei territori svolge anche una funzione sociale. Da una parte la razionalizzazione e gli accorpamenti organizzativi hanno liberato competenze specialistiche e spazi ex ospedalieri, trasformati in CdS (case della salute); dall’altra, l’innalzamento dell’età della popolazione, con l’esplosione di patologie croniche (38%) e della non autosufficienza (5%), spinge verso un’integrazione orizzontale di processi, servizi e risorse. Ciò richiede competenze manageriali più operative e vicine ai bisogni delle comunità locali, ma in grado di dialogare con la holding regionale. Sul piano sanitario occorre, su tutto il territorio nazionale, un mix armonico di servizi assistenziali pubblici e privati, mirati ai bisogni specifici della popolazione. Oggi non è così: al Nord si registra una maggiore disponibilità di contesti assistenziali efficaci, ma anche un maggiore numero di badanti (caregiver informali) di anziani ultra settantenni, a cui non corrisponde il calo dei ricoveri ordinari in medicina: è come se i diversi centri sanitari non comunicassero fra loro e mancasse una pianificazione misurata sui bisogni socio-assistenziali dell’utenza, che includono anche il disagio minorile, mentale e da dipendenza.

La situazione finanziaria

Negli ultimi quattro anni il tasso di crescita della spesa sanitaria nazionale è stato negativo (-1,4%), con l’Italia al quarto posto in

Europa per taglio delle risorse allocate. L’insieme della spesa pubblica e privata delle famiglie ci vede come il paese europeo con la spesa più bassa (3.239 dollari) superati solo dalla Spagna (2.966 dollari). Tra le interpretazioni, quella di una sanità non vista come investimento, volano di sviluppo economico e sociale. Le risorse pubbliche, con una crisi economica perdurante, si trasferiscono alle famiglie come welfare o sostegno alla disoccupazione; quelle private, se disponibili, preferiscono altri settori (alberghi e ristoranti: 9,8%) a quello sanitario (3,4%). Stenta a decollare un modello che veda non solo i servizi sanitari finalizzati ai bisogni reali della popolazione, ma quantificati sul reddito familiare. Peraltro, dal 2000 è in atto un recupero degli equilibri finanziari in quasi tutte le regioni, con un miglioramento dei bilanci delle regioni meridionali e la sola eccezione negativa di Molise, Liguria e Sardegna (-340 milioni di euro). Sono migliorati anche i tempi di pagamento ai fornitori, scesi in media da 307 a 161 giorni.

L’integrazione doLCe tra PuBBLiCo e Privato

Il rapporto OASI sottolinea con forza la crescente interdipendenza fra pubblico e privato. Agli erogatori privati è andato il 18,9% della spesa complessiva del SSN, dato più o meno invariato dal 2012. E’ privato il 30% dei posti letto, con tassi di occupazione in riduzione e inferiori a quelli degli ospedali pubblici. I ricoveri sono più bassi rispetto al pubblico per quanto riguarda l’acuto (24% dei ricoveri), pari nella lungodegenza (48%) e predominanti nel caso

Innovazione, ricerca e mercato

I decisori della sanità non possono evitare di riconoscere che l’aggiornamento, la formazione continua di alta qualità e l’osmosi fra nuovi saperi ed esperienze in team internazionali fanno parte del suo stesso Dna. Quale settore ad alta specializzazione, brain and labor intensive, la sanità necessita di infrastrutture tecnologiche che mettano tutto in rete per far dialogare le eccellenze scientifiche con il mercato, e tradurre idee e conoscenze in prodotti e soluzioni. Questo mal si combina con la tendenza degli ultimi anni a ridurre gli investimenti. Se a questo si aggiungono i tagli alle università (-34 milioni di euro) e agli enti di ricerca (-42 milioni), uniti alla scarsa collaborazione fra atenei e imprese, il quadro non è allettante. E il livello di innovazione italiano è inferiore ai maggiori paesi europei: 0,53% del PIL rispetto alla media UE dell’1,3%.

di riabilitazione (73%). Svolgono un ruolo primario nella mobilità interregionale, da Sud a Nord, quando la domanda di cura non è soddisfatta all’interno dei confini regionali, e in materia socio-assistenziale. Temi come l’equità sociale e la programmazione territoriale dovranno interessare i decisori politici, con la rivisitazione della spesa privata che, se in Europa è intermediata da fondi e assicurazioni, in Italia è ancora out of pocket.

prosegue da pagina 24

Bibliografia

assobiomedica. Produzione, ricerca e innovazione nel settore dei dispositivi medici in Italia. Rapporto 2016. https://goo.gl/nyvbU7

Cergas Bocconi. Rapporto OASI e Mecosan. https://goo.gl/XCwZjW

Commissione europea. Relazione per paese relativa all’Italia 2016. Bruxelles, 26 febbraio 2016. https://goo.gl/IP6Tmx

Francesconi a. Misurare, programmare e controllare: applicazioni alla sanità e agli enti locali. Ed. CEDaM, Padova 2003.

ISTaT. Rapporto annuale 2015 – La situazione del Paese. https://goo.gl/zg3IvV

ISTaT. Rapporto annuale 2016 – La situazione del Paese. https://goo.gl/ujJ3QB

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26 InFormaMI

sanità CrISTInada roLd

seCondo i dati appena pubblicati relativi al 2015 del Programma Nazionale Esiti (PNE) − lo strumento del Ministero della Salute nato per valutare gli esiti degli interventi sanitari su base nazionale e regionale − gli ospedali milanesi non se la cavano affatto male rispetto alla media nazionale. Sia nella gestione delle criticità, a livello di pronto soccorso ma anche di trattamento di pazienti in emergenza da infarto o ictus, sia per quanto riguarda i volumi di prestazioni erogate, le strutture milanesi si collocano in posizioni migliori rispetto alla media nazionale.Rimangono tuttavia alcune criticità rispetto alla media nazionale in alcune strutture per esempio nella percentuale di parti cesarei primari, ancora troppo elevata in molte aziende milanesi, mentre rimangono poche le cliniche dove si propone un parto naturale a donne con pregresso parto cesareo. Così restano alti rispetto alla media nazionale i tassi di ospedalizzazione per alcune condizioni, come la gestione delle conseguenze a lungo termine del diabete, l’asma negli adulti, la gastroenterite pediatrica e le arteriopatie.

Si osserva inoltre una certa disomogeneità fra una struttura e l’altra nella gestione delle emergenze, nella classificazione dei codici di ingresso in pronto soccorso e nei tempi d’attesa che in alcuni casi possono superare le 3 ore per un codice giallo.Va detto che confrontare i risultati dei singoli ospedali tramite gli indicatori PNE richiede accortezza. Non tutti gli indicatori presentano lo stesso grado di validità e solidità e per questa ragione in alcuni casi accostare una struttura a un’altra non è appropriato. Un possibile criterio per giudicare il valore di un indicatore è quello della significatività statistica: “Il senso di parlare di significatività statistica di un certo risultato riguardante un certo evento in una data struttura è quello di stimare la probabilità che ha quell’evento possa essere dovuto al caso” spiega Mario Braga, coordinatore delle attività PNE di Agenas. “Se la probabilità di osservare un determinato valore dell’indicatore – per esempio, un valore elevato del tasso di mortalità a 30 giorni dopo infarto miocardico acuto – è inferiore al 5% (livello

se il Pne è un indicatore delle performance di tutto il ssn, come vanno gli ospedali milanesi? nel complesso bene, ma non senza qualche neo

gli ospedali milanesi visti attraverso gli occhi del Programma nazionale esiti

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271 . 2017

di significatività), allora possiamo ragionevolmente ritenere che quell’effetto non sia dovuto al caso ma sia attribuibile a fattori direttamente imputabili alla struttura. In alcuni casi poi – prosegue Braga − la significatività statistica non è calcolabile perché il numero di eventi considerati è troppo piccolo per permetterci delle affermazioni più generali”. In questo articolo vengono analizzati i dati che raggiungono una significatività statistica.

LiveLLi Bassi di mortaLità, ma non semPre in Linea Con Le direttive nazionaLi

Prendendo in esame i dati sulle principali patologie cardiache, che richiedono una gestione tempestiva del malato, gli ospedali milanesi mostrano in media delle buone performance rispetto alla media nazionale, anche se ciò non significa essere sempre in linea con le direttive ministeriali. Quasi tutte le strutture milanesi hanno una mortalità a 30 giorni dal trattamento per i pazienti con scompenso cardiaco, ictus e insufficienza renale cronica nettamente migliori

della media nazionale. Anche la percentuale di pazienti con infarto miocardico trattati entro 2 giorni con angioplastica è decisamente al di sopra della media in quasi tutte le strutture. Per quanto riguarda invece altri risultati come la mortalità a 30 giorni dopo ictus o BPCO riacutizzata, o per interventi di sostituzione di valvole cardiache, l’indice di significatività relativo al 2015 è nella maggioranza dei casi troppo elevato per tentare un confronto completo fra

strutture. “I valori di significatività statistica riportati per il 2015 sono elevati e possiamo quindi concludere che non ci sono differenze di risultati fra gli ospedali milanesi, che peraltro evidenziano risultati migliori rispetto alla media nazionale”, precisa Braga.In alcuni casi si riscontra un gradiente fra qualità delle cure d’emergenza erogate negli ospedali di città e in quelli della provincia milanese.

quanto si asPetta in Pronto soCCorso?

Gli ospedali milanesi mostrano grosse differenze, sia per quanto riguarda la lunghezza della permanenza, che in alcuni casi è troppo lunga, sia nella classificazione dei triage e quindi della priorità dei trattamenti. Un dato su tutti: nel 2015 la percentuale dei codici gialli è variata da oltre un quarto degli accessi all’Istituto Auxologico e all’Ospedale San Giuseppe, al 10% del Niguarda, al 5% del cardiologico Monzino.La maggioranza dei pazienti in codice giallo in attesa all’Ospedale Galeazzi ha dovuto aspettare nel 2015 più

osp.S.mariadelleStelle,melzo

osp.C.Cantù,abbiategrasso

osp.DiCuggiono,Cuggiono

osp.Uboldo,Cernuscosulnaviglio

CCaS.Carlo,PadernoDugnano

osp.bassini,Cinisellobalsamo

IrCCSCentroCardiologicoFondaz.monzino,milano

a.o.osp.Civile,Legnano

a.o.GaetanoPini,milano

osp.Centrotraumatologicoortopedico,milano

a.o.Ist.clin.perfezionamento,milano

a.o.Fatebenefratellieoftalmico,milano

CCaIst.clin.diCittàStudi,milano

osp.m.melloni,milano

IrCCShumanitas,rozzano

IrCCSCa’Granda,osp.maggi,milano

osp.Cadutibollatesi,bollate

osp.CivileG.Fornaroli,magenta

osp.C.S.Giuseppe,milano

a.o.G.Salvini,Garbagnatemilanese

osp.diCircolo,rho

osp.CittàdiSestoS.Giovanni

IrCCSIst.auxologicoitalianoS.Luca,milano

CCaIst.clin.S.ambrogioSPa,milano

osp.L.Sacco,milano

a.o.niguardaCa’Granda,milano

IrCCSS.raffaele,milano

a.o.S.Carloborromeo,milano

IrCCSPoliclinicoS.Donato,SanDonatomilanese

a.o.S.Paolo,milano

a.o.osp.diCircolo,VizzoloPredabissi

IrCCSIst.ortopedicoGaleazzi,milano

tempo di attesa (in ore) del 95% dei pazienti che accede al pronto soccorso con triage giallonegli ospedali di milano e provincia(dati 2015)

orediattesaalprontosoccorso

0 1,5 30,5 2 3,51 2,5 4 4,5

Osp.: ospedaleIst.: istitutoClin.: clinica

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28 InFormaMI

a partire da quest’anno il PnE si è dotato di un nuovo strumento di valutazione – il treemap − che consente di visualizzare con immediatezza la qualità delle prestazioni erogate da ogni struttura ospedaliera, così come misurata dai 22 indicatori selezionati. Il treemap considera 7 aree cliniche principali: cardiocircolatorio, nervoso, respiratorio, chirurgia generale, chirurgia oncologica, gravidanza e parto, osteomuscolare. a ciascuna area viene attribuito un peso sulla base dei volumi di attività della struttura ospedaliera presa in esame, calcolato come rapporto tra il numero dei ricoveri in regime ordinario con degenza maggiore di 1 giorno relativi all’area clinica in esame sul totale dei ricoveri in regime ordinario, sempre con degenza maggiore di un giorno. Per ogni struttura, ogni area clinica presenta un punteggio, ottenuto come media ponderata dei punteggi attribuiti

in base ai risultati degli indicatori rappresentativi di tale area.“In realtà non si tratta di una novità” spiega Braga “dal momento che il sistema era già stato messo a punto per i dati relativi al 2014. L’elemento di novità è rappresentato dal fatto che questa volta è stata scelta una veste grafica più facilmente navigabile da parte degli utenti, che mostra con colori diversi il livello di aderenza a standard di qualità. Si tratta di uno strumento potente” continua Braga “perché da un lato fornisce un’idea complessiva del livello di qualità delle prestazioni, e dall’altro dà informazioni sui volumi di attività delle diverse aziende”. Va inoltre sottolineato che la legge di

stabilità del 2016 ha previsto un piano di riqualificazione ed efficientamento per le strutture ospedaliere, che sono state valutate proprio utilizzando il

metodo treemap. “L’aspetto di criticità di questo metodo, proprio di tutte le sintesi grafiche, è che è facile che l’utente sia condotto fuori strada, se non si conosce la modalità con cui i dati vengono presentati” conclude Braga. “Se per esempio dico che l’ortopedia di una certa struttura ha una bassa qualità per gli interventi per frattura dell’anca a 48 ore, questo dato può essere inteso come un indice di bassa qualità del reparto di ortopedia, quando invece si tratta di un problema a livello organizzativo e non clinico”.

sanità

osp.CittàdiSestoS.Giovanni

a.o.Ist.clin.perfezionamento,milano

osp.CivileG.Fornaroli,magenta

a.o.S.Paolo,milano

a.o.osp.Civile,Legnano

a.o.osp.diCircolo,VizzoloPredabissi

a.o.niguardaCa’Granda,milano

osp.m.melloni,milano

osp.S.mariadelleStelle,melzo

osp.L.Sacco,milano

IrCCSCa’Granda,osp.maggiore,milano

IrCCSS.raffaele,milano

CCaS.PioX,milano

20 minuti nella maggior parte dei casi. Per quanto riguarda il codice rosso, in media la metà dei pazienti in tutti gli ospedali – città e provincia − viene trattata in 5-10 minuti.

anCora troPPi Parti Cesarei

Due ospedali milanesi, San Pio X e l’IRCCS San Raffaele superano addirittura il 30% dei parti cesarei sul totale, un tasso più elevato della media nazionale italiana, ma anche un’altra grossa fetta – circa la metà delle cliniche esaminate e quasi tutte quelle della città di Milano − non se la cava troppo bene, dal momento che la soglia che l’OMS fissa come limite ragionevole di tagli cesarei necessari è intorno al 15% del totale. Meritevole di attenzione è anche il dato sui secondi parti di donne che hanno avuto un primo parto con taglio cesareo, e ancora una volta “ospedale che vai, parto che trovi”. Il dato più incoraggiante viene dall’Ospedale di Sesto San Giovanni, con il 46% delle donne con pregresso parto cesareo che hanno avuto un secondo parto vaginale, seguito a distanza dall’Ospedale San Paolo (26%) e dal Niguarda (16%).

il metodo treemap

0 155 20 3010 25 35

Proporzione di parti cesarei primari negli ospedali di milano e provincia* (dati 2015)

rischioaggiustato(%adj.)diparticesareiprimari

SoG

LIa

om

S

*Solo strutture con dati significativi (p<0,05)

Osp.: ospedaleIst.: istitutoClin.: clinica

Grafico treemap dell’a.O. niguarda Ca’ Granda, Milano.

di 4 ore per essere trattato, all’Ospedale San Paolo e al Policlinico San Donato fino a 2 ore e mezza, al San Carlo e al San Raffaele oltre 2 ore. In media, tuttavia, la metà dei pazienti ha dovuto attendere meno di

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291 . 2017

daL 2013 è disponibile online una miniera di dati sulle perfomance assistenziali degli ospedali italiani, pubblici e privati accreditati e, quindi, dell’intero SSN. Si tratta del Programma Nazionale Esiti (PNE) oggi disponibile

nella versione 2016 (www.bit.ly/Pne16). Le performance vengono misurate attraverso indicatori selezionati che identificano le reali capacità di risposta assistenziale delle strutture, ovvero gli esiti delle cure. Lo strumento nasce per aiutare a verificare se le proprie strutture rispettano o meno gli standard assistenziali nazionali ed, eventualmente, attivare audit clinici e organizzativi o altre verifiche. In questo oceano di dati, tuttavia, è facile perdersi; per trovare ciò che si vuole bisogna sapersi orientare e, soprattutto, sapere da dove partire.

il Pne è organizzato in cinque sezioni principali, distinte in base al tipo e alla prospettiva d’osservazione dei dati.

un indiCatore, tutte Le strutturedati indicatore di esito > nazionali > per asL > per tutte le strutture

una struttura, tutti gLi indiCatoristruttura o asL > dati di tutti gli indicatori > treemap (solo per struttura)provincia > ospedalizzazioniregione > flussi/distribuzione dei ricoveri

Le PerformanCe deL Pronto soCCorso• copertura del servizio per regione• accessi e permanenza > per tutte le strutture > per triage

gLi indiCatori sPerimentaLi• programmi regionali di valutazione di esito

> per regione• dati indicatori sperimentali

audit e verifiCHe di quaLità dei dati• strutture che richiedono audit/verifiche qualità dati• risultati audit condotti• calcolo rischio clinico (solo per 2 indicatori)• monitoraggio volume e di esito rispetto alle soglie attese > per tutte le strutture

PnE:comenonperdersiallaricercadeidati

Insomma, lo avevamo premesso: si tratta di una miniera di dati profonda e articolata. Ma da questa breve sintesi emerge, per usare un’altra metafora, solo la punta dell’iceberg. Per migliorare la confidenza con il patrimonio “sommerso” di informazioni, dal sito del PNE saranno accessibili cinque tutorial, una guida all’uso, una serie di manuali metodologici e protocolli e, non ultimo, un corso FAD interamente dedicato su www.fadinmed.it.

Scelto l’indicatore, in questa sezione si possono ottenere, in forma tabellare o grafica, tutti i dati nazionali relativi all’esito (numero di ricoveri, rischio grezzo, aggiustato e relativo), suddivisi per struttura, per aSL e per periodo di riferimento. I dati si possono ordinare, filtrare o confrontare rispetto al dato nazionale, a un altro intervallo di tempo o tra singole unità (strutture o aSL).

La sezione permette un focus su una specifica struttura o aSL: i dati di tutti gli indicatori disponibili e relativi al volume di ricoveri, alla mortalità e alle procedure e ai tempi di attesa e, tramite treemap, il volume di attività di una struttura nelle diverse aree cliniche e la relativa qualità assistenzialerispetto agli standard (vedi articolo a pagina 26).

La sezione raccoglie i dati sul servizio di pronto soccorso: la sua copertura per regione e il numero di accessi, la durata della permanenza e dell’attesa distinta per triage, per tutte le strutture.

Se i 165 indicatori di esito già disponibili non bastano, nella sezione sono presenti i dati di quelli in corso di sperimentazione, limitata ad alcune regioni. Un esempio è la mortalità a 30 giorni dal ricovero per infarto miocardico acuto, utilizzato in Lazio e in Friuli Venezia Giulia.

non può mancare una sezione dedicata agli audit e alle verifiche sulla qualità dei dati. Qui sono elencate le strutture per le quali è stata rilevata la necessità di questi interventi o ne è già stata effettuata una programmazione. E sempre qui si trovano i risultati di quelli già condotti.

TommaSosaita

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30 InFormaMI

PoCo Più di tre anni fa, il 30 agosto 2013, l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano le chiese di diventare Senatrice a vita. Una scelta inaspettata che rivoluzionò la sua esistenza: Elena Cattaneo, farmacologa, biologa e docente all’Università degli Studi di Milano, è diventata la terza donna a ricevere questa nomina dopo Camilla Ravera e Rita Levi Montalcini. Conosciuta anche grazie alle sue scoperte sulla Corea di Huntington, una malattia neurologica causata da un gene mutato,

L’intervista anGELICagiamBeLLuCa

scienza e politica in italia si parlano, ma spesso non si capiscono

Elena Cattaneo, farmacologa, biologa e docente all’Università degli Studi di Milano.

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311 . 2017

tre anni sono quasi pochi per tirare le somme, ma a leggere queste pagine si sente la sua esigenza impellente di dover raccontare la sua esperienza, seppur breve. a chi è rivolto questo libro?

Ai cittadini. Il “mandato” di studiare e ricercare arriva dai cittadini, ai quali si deve dire semplicemente come stanno i fatti, senza omettere nulla, e senza piegare ciò che si indaga a condizionamenti o interessi diversi. In generale, ho l’abitudine di rendere pubblici i miei interventi anche perché ogni tema, argomento o istanza che mi viene posta comporta un approfondimento e continue analisi in cui ritrovo un interesse pubblico.Ma mi rivolgo, con sollecitazioni e richieste, anche ai giovani, soprattutto a coloro che hanno perso fiducia in questo Paese, perché è con le loro idee che potremo migliorarlo, e ai colleghi parlamentari perché ascoltino il metodo della scienza quando ciò è inevitabile. Questo libro è anche per i miei colleghi scienziati a cui mi appello perché non rinuncino a

portare fatti ed evidenze fuori dai laboratori ed esercitino un ruolo pubblico di sentinella sui fatti che si indagano con l’unico metodo possibile, il metodo scientifico.Tre anni fa sono entrata in un mondo nuovo, in cui ogni particolare era degno di essere scritto, fissato, per farne tesoro in futuro. Dal mio mondo, quello della scienza, ho portato la responsabilità di rendere conto delle proprie azioni ai cittadini, a partire dai fatti.

Lei afferma che facendo ricerca si impara l’audacia di dubitare e la temerarietà di dissentire. due atteggiamenti estranei alla politica che incontra tutti i giorni. o qualcosa sta cambiando?

La scienza e la politica, in virtù della rispettiva responsabilità nei confronti dei cittadini, avrebbero molto in comune se solo riuscissero a trovare un “linguaggio condiviso” con cui parlare. La scienza ha una prospettiva ampia, esplora tutte

le strade razionalmente possibili sapendo che potrà sbagliare ed essere costretta a ripartire da zero, sempre guidata dall’obiettivo di portarci dove saremo domani. La politica ha una visione più immediata, agisce spesso di istinto per seguire gli umori percepiti nel Paese, pensa a breve termine perché, soprattutto in Italia, c’è sempre un’elezione a cui prepararsi. Nei paesi anglosassoni esiste la figura dello scientific advisor, un esperto o un gruppo di esperti che affiancano le istituzioni nelle decisioni su temi scientifici. Ma esistono anche “camere” di riflessione (pensiamo alla House of Lords) che aiutano il Paese a riflettere su conquiste, necessità e futuro. In Italia non comprendiamo abbastanza quanto si perde ogni giorno rinunciando a integrare metodologie e conquiste conoscitive nel processo di formazione delle leggi.

Perché l’italia di oggi sembra sottovalutare, o forse temere, la scienza?

L’Italia ha smesso di credere nella ricerca e di considerarla una risorsa per la crescita. Da anni i governi destinano, in modo frammentario e casuale, briciole alle idee dei ricercatori, ritenendole probabilmente non immediatamente utili per le proprie agende politiche. Le nostre università, i nostri centri di ricerca e i nostri ricercatori, che per fortuna non demordono, competono all’estero per ottenere le risorse necessarie per continuare i loro

La politica ha una visione più immediata, agisce spesso di istinto per seguire gli umori percepiti nel Paese, pensa a breve termine perché, soprattutto in Italia, c’è sempre un’elezione a cui prepararsi

Elena Cattaneo ha accettato questo incarico senza sapere cosa aspettarsi, ma mettendocela tutta per portare la scienza, e soprattutto il metodo scientifico, sui banchi del Parlamento. A più di tre anni dall’inizio di questo incarico, con il libro “Ogni giorno. Tra scienza e politica” (Mondadori, 2016), scritto insieme a José De Falco e Andrea Grignolio, Cattaneo traccia un primo duro resoconto, un affascinante diario da cui trapela l’enormità della sfida che la attende ogni giorno in Senato, o nell’office, il suo ufficio romano dove, grazie a una selezionata e fidata cerchia di collaboratori, porta avanti le sue proposte e i suoi progetti. Le difficoltà sono state enormi, i paradossi, le ipocrisie e le resistenze incontrate sono state sorprendenti ma le hanno dato la motivazione in più per non arrendersi e continuare strenuamente a lavorare ogni giorno, tra Roma e Milano, per avvicinare la scienza alla politica, forse una delle sfide più difficili del nostro tempo. E del nostro Paese.

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L'intervista

studi. E’ gravissimo che un paese come l’Italia abbia rinunciato a finanziare la scienza e in generale la cultura. Questo problema si estende a tutto l’ambito della conoscenza anche umanistica, che non è separata da quella scientifica. Il risultato è che, come ha mostrato recentemente l’Associazione dei dottorandi italiani, il 93,5% degli assegnisti di ricerca, persone con laurea, dottorato e anni di ricerca alle spalle, verranno espulsi nei prossimi anni.In generale, credo si tratti di una questione di opportunità: evidentemente la scienza non serve alla politica, non è nella sua agenda perché crea meno consensi. E questo è un errore. Se non si interviene subito rischiamo di far emigrare e regalare all’estero tutte quelle idee necessarie a mantenere vivo un Paese.

il nostro Parlamento sembra riflettere le debolezze e la mancanza di analisi delle fonti e delle notizie del mondo esterno, soprattutto quello di internet, dove abbondano notizie false, populismo e antiscientismo. C’è da pensare che il metodo scientifico avrà sempre meno spazio?

Il metodo scientifico questo spazio deve saperlo conquistare e difendere. Il consenso pubblico deve essere costantemente guadagnato, ogni giorno. Divulgare notizie sul web, vere o false che siano, è diventato un vero e proprio mestiere così come screditare il proprio “nemico” su social network e blog. Uno dei difetti della scienza è sempre stata la sua difficoltà a comunicare sé stessa, a farsi conoscere e a raccontare le sue conquiste e i suoi fallimenti. Oggi

la comunicazione corre veloce e la scienza deve adattarsi. Anche le istituzioni giocano un ruolo importante nel saper dare ai cittadini le armi per difendersi dalle tante bufale che affollano il web e per riconoscere il ciarlatano di turno. Purtroppo le università sono diventati luoghi chiusi ai cittadini e la terza missione dell’università di dialogo con la società è poco alimentata. In questo modo si lascia spazio pubblico libero a disposizione dei ciarlatani. In tema di staminali, per esempio, il web è pieno di siti di cliniche e curatori che promettono miracoli per malattie per le quali non esiste alcuna cura, e chi le promuove è bravissimo a farsi pubblicità. Manca dall’altra parte la stessa bravura nel censurarli. Non è dei ciarlatani che dobbiamo aver paura, ma delle istituzioni, anche politiche e giuridiche, che non fanno argine per difenderci da loro.

dopo il caso stamina, pensa che il Parlamento crederà ancora,

come afferma lei nel suo libro, “ai ponti che si costruiscono con la plastilina”?

Il caso Stamina è la rappresentazione di una politica che non parla con la scienza: con le famiglie dei malati in piazza,

il Parlamento, in un primo momento, votò sulla scia dell’emotività dando credito a un ciarlatano che spacciava un “intruglio” per cura, piuttosto che dare ascolto alla scienza. Mi fa ancora male pensare a quella vicenda: la politica ha ignorato la scienza,

senza neanche dubitare. E’ stato un periodo molto impegnativo in cui insieme ad altri colleghi come Paolo Bianco e Michele De Luca e molti altri abbiamo dedicato le nostre giornate per far affermare una verità che per la scienza era già evidente. Non spetta al Parlamento decidere cosa è cura. Fortunatamente ci sono stati anche casi in cui il Parlamento ha dato ascolto alla comunità scientifica: per esempio, nel caso dei vaccini le istituzioni si sono dimostrate unite nel rivendicarne l’assoluta efficacia, fatta eccezione per alcune componenti politiche. Una parte della politica, quindi, dimostra di avere ancora voglia e interesse ad ascoltare la scienza. Ma questo ascolto è intermittente.

Lei vorrebbe realizzare un “senato delle conoscenze” un progetto inserito nella recente, e bocciata, riforma costituzionale. Lo crede ancora realizzabile?

Credo che nella discussione sulla riforma costituzionale l’urgenza

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politica di portarla a termine abbia prevalso sul merito. Ho percepito la mancanza di una possibilità di confronto vero sulle idee e le proposte che, come evidente, avrebbe richiesto molto più tempo. Il progetto di un Senato delle conoscenze era legato a quella riforma bocciata dal referendum in quanto nato pensando al nuovo quadro istituzionale che avrebbe assegnato alla camera Alta funzioni di controllo ed esame delle leggi. Il risultato del referendum ha lasciato aperti molti temi costituzionali. Resto convinta che le competenze in più discipline non possano che essere utili al Parlamento.

nel libro cita due paradossi tutti italiani. il primo: le cellule staminali embrionali in italia non si possono estrarre, ma si può fare ricerca su quelle “importate”; il secondo: possiamo mangiare e importare ogm ma non possiamo coltivarli nel nostro paese e fare ricerca in campo aperto. Cosa c’è all’origine di questo paradosso tutto italiano?

Questi sono due esempi che spiegano l’irrazionalità di certe decisioni politiche. Scegliere di importare dall’estero ciò che è proibito produrre e studiare in Italia, e a un “prezzo” molto più alto anche in termini di competenze da sviluppare, è del tutto irragionevole. Le domande sulla sicurezza degli OGM sono del tutto lecite, soprattutto se si pensa all’informazione distorta che ne è stata fatta. Sono state utilizzate immagini che hanno fatto facilmente presa sull’opinione pubblica contribuendo a etichettare per sempre gli OGM come “il male assoluto”, e promuovendo allo stesso tempo

altre tipologie di agricoltura che potrebbero rappresentare un “disastro” economico, sociale e ambientale. Forse con un’informazione corretta e onesta fin dal principio non avremmo questo tabù e avremmo invece più agricolture in competizione tra loro, lasciando al cittadino la decisione su quale scegliere.Lo stesso assurdo divieto esiste per le staminali. La possibilità di studiarle ha aperto delle prospettive di ricerca enormi e inedite. Il loro uso ha scatenato un dibattito etico e mentre all’esterno crescevano le polemiche, all’interno dei laboratori si iniziavano a ottenere risultati che dimostravano quanto queste cellule fossero utili non solo alla scienza, ma a tutti! I risultati sperimentali con staminali embrionali per il Parkinson, ottenuti in modelli animali di malattia, sono fenomenali.

a proposito di sperimentazione sugli animali, in italia si trovano molte resistenze, sia da parte della politica, sia da una buona parte dei cittadini. anche in questo caso c’entra la disinformazione?

Non esistono alternative alla

sperimentazione animale, su questo bisogna essere chiari.Ma l’Italia, anche in questo caso, è riuscita a compiere un pasticcio nel recepire una direttiva europea in chiave più restrittiva limitando le sperimentazioni, per poi introdurre una moratoria che sospendeva il divieto per un anno, ora prorogata di altri tre anni. Questo è un tipico esempio della modalità di lavoro della politica che ha bisogno di consensi, prescinde dalla realtà e trova compromessi illogici creando incertezza nella ricerca. Quale ricercatore, infatti, avrà voglia di tornare in un Paese che dal 2020 avrà più restrizioni degli altri?

in senato lei è seduta proprio vicino a colui che l’ha nominata: l’ex Presidente della repubblica giorgio napolitano. se oggi le rifacesse quella stessa proposta, alla luce di questi primi tre anni, accetterebbe?

Senza alcun dubbio. Partecipare attivamente alla vita istituzionale è impegnativo e la responsabilità a volte ti paralizza, ma da essa traggo stimoli ed energia anche per proseguire con lo stesso impegno di prima le ricerche sulla malattia che studiamo in laboratorio, la Corea di Huntington.

Un’immagine al microscopio elettronico di cellule staminali, il cui studio sta dando risultati promettenti, per esempio per la cura di malattie degenerative.

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34 InFormaMI

La Legge 23.3.2016 n. 41 ha introdotto, nel nostro ordinamento, i delitti di “omicidio stradale” (art. 589-bis c.p.) e di “lesioni personali stradali gravi e gravissime” (art. 590-bis c.p.) nella chiara e specifica prospettiva di contrastare il fenomeno delle cosiddette “morti su strada” causate anche dall’abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti. Prima della riforma, le contestazioni penali implicate dall’infortunistica stradale rientravano nei modelli punitivi generali dell’omicidio colposo (art. 589 c.p.) e delle lesioni personali colpose (art. 590 c.p.).Si ritiene doveroso sottolineare che i nuovi reati, strutturati su fattispecie colpose, sono in

realtà connotati da una severità sanzionatoria compatibile con la differente, anzi opposta, dimensione del dolo: a titolo esemplificativo, la responsabilità per omicidio stradale, aggravato dall’assunzione di sostanze alcoliche o stupefacenti, comporta la reclusione da otto a dodici anni; il fatto di aver cagionato lesioni personali gravissime prevede la reclusione da uno a tre anni che, nelle ipotesi aggravate, aumenta da quattro a sette anni.Il legislatore ha sottolineato la centralità dell’aggravante dell’abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti. In questa cornice si colloca anche la nuova disciplina

diritto LUIGIisoLaBeLLa,nICoLaPietrantoni

Prelievo ematico forzoso: quali i termini della coazione per il personale medico?

Con l’obiettivo di contrastare le stragi stradali, la legge 41/2016 ha introdotto anche il prelievo ematico coattivo per determinare la presenza di alcol o di sostanze stupefacenti nell’organismo. ma come e fino a dove il medico può esprimere la coazione?

regolata dall’art. 359-bis, comma 3-bis, c.p.p., che consente alla polizia giudiziaria di disporre – nell’immediatezza di un evento lesivo conseguente a sinistro stradale – il prelievo ematico in forma coattiva, presso il più vicino presidio ospedaliero, proprio per accertare l’eventuale stato di alterazione della persona che abbia rifiutato di sottoporsi volontariamente agli accertamenti strumentali. L’attuale sistema normativo identifica tra i suoi protagonisti anche il medico, chiamato, fin dalle prime fasi dell’accertamento, a porre le basi e le coordinate

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351 . 2017

ematico forzoso, ex art. 359-bis, comma 3-bis, c.p.p., norma che rappresenta una novità rilevante e si aggiunge a quelle che già regolano il prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale (art. 359-bis e 224-bis c.p.p.). Questa recente disposizione ha un importante significato probatorio in quanto il sangue fornisce l’unica matrice biologica in grado di segnalare, in termini di certezza, la presenza di alcol o di sostanze stupefacenti nell’organismo. Prima della riforma, la polizia giudiziaria poteva indagare il valore alcolemico e tossicologico nel sangue solo nel caso in cui il personale medico di pronto soccorso avesse già a disposizione, per finalità di cura, il campione ematico del conducente coinvolto in un incidente stradale. Oggi, invece, gli inquirenti possono ordinare l’esecuzione coattiva dell’esame nell’esclusiva finalità di verificare lo stato di alterazione della persona coinvolta nella dinamica lesiva stradale anche ove la stessa si opponga agli accertamenti strumentali.Dopo l’entrata in vigore della disposizione sul prelievo ematico coattivo sono emerse alcune criticità: la prima, di carattere logistico, riguarda le difficoltà di coordinamento tra la polizia giudiziaria e il personale medico di pronto soccorso; la seconda, di carattere sostanziale, consiste nella critica – avanzata anche da alcune Procure della Repubblica come quella di Trento – in ordine alla legittimità del prelievo forzoso, sulla base dei principi espressi, già nel 1996, dalla sentenza della Corte Costituzionale secondo cui “il prelievo ematico comporta certamente una restrizione della

libertà personale quando se ne rende necessaria l’esecuzione coattiva” (Sent. n. 238/1996). Tale critica è stata affrontata – e risolta – da altre procure italiane (tra cui, quelle di Torino e di Genova) che, invece, aderiscono all’orientamento della Corte Costituzionale secondo cui “il prelievo ematico non lede la dignità o la psiche della persona, né mette in alcun modo in pericolo la vita, l’incolumità o la salute della persona” (sentenze n. 45/1986 e n. 194/1996) e ritengono che l’esecuzione del prelievo in forma coattiva non violi la disciplina che regola le altre ipotesi – già richiamate – di prelievo forzoso.Non vi è dubbio che, al di là delle disquisizioni teoriche e della precisa identificazione dei fondamentali principi, è necessario che il legislatore chiarisca, agli operatori direttamente coinvolti, quelli che sono i confini della coazione consentita, anche per favorire la comprensione dei limiti entro i quali può o deve agire il personale sanitario. In altre parole, fino a che punto può o deve spingersi il medico nella coazione? Quali strumenti di coercizione può utilizzare? Come può affrontare e superare la veemente opposizione fisica dell’interessato? E ancora, quale il disvalore giuridico dell’eventuale opposizione dell’interessato e quale quello della condotta di chi, invece, domina coattivamente quella opposizione con tutti gli strumenti necessari allo scopo? L’estrema gravità e criticità del contesto che caratterizza i quesiti sopra abbozzati rende ancora più difficile tracciare i necessari perimetri, la cui definizione impegnerà la prossima giurisprudenza e, verosimilmente, lo stesso legislatore.

tecniche propedeutiche alla sua applicazione.In primo luogo, nelle ipotesi di lesioni, il sanitario è chiamato a esprimere – sia nell’immediatezza dell’evento lesivo sia in sede giudiziaria – una valutazione scientifica orientata alla perimetrazione della loro gravità (lesioni, lesioni gravi o lesioni gravissime) secondo i precisi parametri normativi dettati dall’art. 583 c.p.: sono “gravi” le lesioni che danno origine a “una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni”, ovvero producono “l’indebolimento permanente di un senso o di un organo”; sono, invece, “gravissime” quando determinano “una malattia certamente o probabilmente insanabile”, “la perdita di un senso […] la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l’arto inservibile, ovvero la perdita dell’uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e

grave difficoltà della favella”, o “la deformazione, ovvero lo sfregio

permanente del viso”.Il medico e il personale

sanitario sono coinvolti anche

nella disciplina che prevede

il prelievo

La disposizione sul prelievo ematico coattivo ha alcune criticità: la legittimità o meno del prelievo forzoso, oltre alle difficoltà di coordinamento tra la polizia giudiziaria e il personale medico di pronto soccorso

E’ necessario che il legislatore chiarisca i confini della coazione consentita agli operatori direttamente coinvolti

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36 InFormaMI

CLiniCommedia

non più quello di una volta

ieri 1972aprile

TEMPO MEDICO

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rileggere casi clinici di alcuni decenni fa pubblicati sulla rivista Tempo Medico (edizioni edra, www.edizioniedra.it), illustrati dalla mano di Crepax, e vederli con gli occhi di oggi. leggete “Clinicommedia ieri” poi voltate pagina e vivetela oggi

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38 InFormaMI

CLiniCommedia

dalla diagnosi clinica a quella di laboratorio

oggi

rileggere su Tempo Medico la “Diagnosi-lampo di un vecchio playboy” ci riempie di nostalgia per quegli antichi tempi eroici in cui la diagnosi si basava quasi esclusivamente sui dati clinici del paziente e sulle alterazioni di altri organi o sistemi prodotte dall’eccesso o dalla carenza di secrezione di una determinata ghiandola endocrina. A una prima lettura e, soprattutto, dal volutamente fuorviante titolo del caso clinico (celebre playboy ingrassato e abulico), la nostra attenzione è rivolta a una qualche alterazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadico. Ma la descrizione clinica è così ben articolata (astenia, abulimia, disturbi intestinali, anoressia, stipsi, pallore, anemia marcata, freddolosità, disturbi del linguaggio, bradicardia e crisi anginose) che pian piano ci porta a una conclusione ben differente puntando a una diagnosi

di disfunzione della ghiandola tiroidea e, più precisamente, a un quadro di ipotiroidismo (forse più primitivo che secondario).

la descrizione clinica della malattia è di una precisione inconsueta per i tempi nostri, non solo perché è raro vedere oggi casi clinici così eclatanti, ma anche perché siamo ormai colpevolmente abituati a basarci più sulla diagnosi di laboratorio che sul quadro clinico. A quei tempi (siamo nel 1972!), il laboratorio offriva ben pochi esami per giungere alla diagnosi di certezza. I livelli di TSH circolante erano dosati con metodi immunoradiometrici (RIA) in non più di due centri di ricerca italiani con metodi poco sensibili (anche se sufficienti a diagnosticare un grave ipotiroidismo primitivo) e i livelli di ormone tiroideo erano valutati con la misurazione dello iodio sierico (legato alle proteine, o PBI), metodo assai poco preciso se confrontato con il dosaggio odierno degli ormoni tiroidei circolanti liberi. Non esisteva la possibilità di dosare routinariamente gli autoanticorpi antitiroidei (anti-tireoglobulina e anti-microsomiali, riconosciuti poi come anti-perossidasi tiroidea), di eseguire un’ecografia tiroidea che era ancora in una fase di iniziale sviluppo e certamente non aiutavano i risultati della captazione e della scintigrafia tiroidea.

nello stesso tempo, la lettura del caso clinico ci rende orgogliosi dei tanti progressi compiuti negli ultimi decenni dalla medicina in generale e dall’endocrinologia in particolare. Infatti, la diagnosi di ipotiroidismo da tiroidite cronica di Hashimoto è oggi tra le più facili da individuare, tanto che anche casi lievi (cosiddetti subclinici) possono essere facilmente riconosciuti sulla base della misurazione del TSH, del dosaggio diretto degli ormoni tiroidei circolanti liberi, della positività degli anticorpi anti-tiroidei e dei risultati dell’ecografia tiroidea.

Il caso clinico si conclude con l’affermazione che il paziente, opportunamente trattato, rifiorirà in pochi mesi. Nel 1972, l’unica terapia era quella basata sulla somministrazione degli estratti tiroidei, efficaci sì ma con concentrazioni di ormone molto variabili tra i vari prodotti commerciali, a volte addizionati con triiodotironina (T3) per mantenere le concentrazioni ormonali nei limiti fissati dalla Farmacopea Ufficiale. Oggi abbiamo a disposizione la L-tiroxina sodica, cioè il proormone naturale che viene metabolizzato a T3 a seconda delle necessità dell’organismo. Inoltre, oggi il mercato presenta varie formulazioni che vanno dalle compresse, alle soluzioni liquide e alle capsule molli, garanzia di un migliore assorbimento intestinale dell’ormone.

CommEnToaCUraDIPaoLo BeCK-PeCCozFinoal2013,Direttoredell’unitàoperativadiendocrinologiaediabetologiapressolaFondazioneIrCCSCàGrandaospedalemaggiorePoliclinicoeDirettoredellascuoladispecializzazioneinendocrinologiaemalattiedelmetabolismopressol’UniversitàdegliStudidimilano

quei tempi in cui si faceva endocrinologia senza dosare gli ormoni

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391 . 2017

1955iL goLPe di gaLeazzi

Nel 1955, il presidente è Marcora. L’Ordine, per qualche mese, è ancora in via Dogana 3: ci si sta guardando intorno alla ricerca di una sede che meglio risponda all’aumento degli iscritti, che ora sono 5.278. Tra questi c’è Gianluigi Passaretti, che ne diverrà poi il battagliero presidente. A partire dal 1° ottobre 1955, l’Ordine si trasferisce infatti in via Podgora 11. In gennaio, si svolge l’assemblea ordinaria il cui ordine del giorno, del collega Francesco Barbone Santagostino, viene votato a maggioranza. In questo si “[…] plaude alla classe medica milanese solidale nella lotta per la libertà e la dignità della nostra professione; (si) deplora l’operato di quei pochi colleghi che senza

storia e storie UGogarBarini

Le lotte intestine, quelle con i sindacati e le beffe della politica

nel 1955 l’ordine è sempre in guerra con l’inam; si verrà poi a trattative. grazie a un golpe, galeazzi succede a marcora come presidente. in una medicina già in subbuglio ci si mette in mezzo pure la politica con le manovre dell’onorevole Bonomi che penalizzano i medici per accattivarsi un bacino di voti ben più ampio: “è la solita beffa”, scrive Curzio malaparte. nello stesso anno viene sospesa dalla professione la dottoressa Clara Jolles fonti per le sue teorie sul cancro

alcun senso di responsabilità e in dispregio a ogni norma deontologica si sono prestati alle subdole manovre dell’INAM; (si) impegna l’eleggendo Consiglio dell’Ordine a procedere contro costoro con le più gravi sanzioni disciplinari in difesa del decoro e della indipendenza del nostro organo professionale”. Le cose, comunque, cambieranno. Sempre in gennaio si svolge l’assemblea per eleggere il Consiglio per il biennio 1955-56 (l’annunciata legge non è stata ancora promulgata). Il 13 febbraio si svolgono le votazioni per il ballottaggio. In prima tornata erano passati sette consiglieri: Marcora, Zuccardi, Merli, Cattabeni, Del Forno, De Francesco e Scotti. Tra gli eletti al ballottaggio: Agostino Crosti, Cesare Galeazzi, Marcello Cellina, Giuseppe Cesare Abba, Piero Redaelli, Piero Malcovati, Pietro Bucalossi, Cesare Pini e Alfredo Sostegni.Successivamente, a votazione segreta, è eletto l’esecutivo composto dal professor Cesare Galeazzi presidente, dal dottor Enrico Scotti segretario e dal dottor Michelangelo Petrini tesoriere. Un vero golpe! Marcora si dimette dal Comitato Centrale ma le dimissioni sono respinte per cui vi rimane, non come presidente dell’Ordine, ma come facente parte del Consiglio Nazionale. Nelle successive elezioni, per Milano risulta eletto Cesare Galeazzi.I procedimenti disciplinari sono talmente numerosi, per ipernotulazione, per reati penali, per

nel marzo del 1955 la FIaT presenta la 600, la prima vera utilitaria della storia.

FonTE:WIKIPEDIa,https://goo.gl/3ULbZL

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40 InFormaMI

storia e storie

prestanomismo e infine per mancata adesione alle agitazioni sindacali, che il Consiglio è costretto ad aumentare le sue sedute (in maggio se ne contano cinque!) che comunque non saranno mai inferiori alle tre mensili. Si notano alcune continue assenze: il professor Redaelli che, non lo si sa ufficialmente, sembra essere seriamente malato e che nello stesso anno morirà con grande cordoglio; il professor Marcora, di Abba. Quest’ultima assenza, con la costituenda Associazione medici Legnano, fa presagire un distacco dalla politica ordinistica milanese non sempre e completamente condivisa. A conferma dell’ipotesi di golpe sta il fatto che l’elezione avviene a scrutinio segreto: Marcora e Galeazzi raccolgono entrambi sette voti. Il presidente sono io, sostiene Marcora, perché “per analogia con il disposto dell’ultimo comma dell’articolo 19 del regolamento per l’esecuzione della legge costituiva degli Ordini, viene ritenuto eletto il più anziano ai sensi dell’articolo 3 del predetto regolamento”. Per quanto legittimato, Marcora promette di far svolgere a breve una nuova votazione interna per l’elezione del presidente. Ne segue un’animata discussione al termine della quale si decide di sollecitare un parere prefettizio. La risposta del Prefetto è semplice ed è quella di procedere a un’elezione di ballottaggio tra i due duellanti. Vince Galeazzi per un voto. Seguono poi “un

caldo saluto” e la lettera di encomio per l’uscente Marcora che ha il merito di aver gestito la presidenza nel difficile dopoguerra, ma ha fatto il suo tempo. Sic transit…

La guerra Continua

L’assemblea dell’ordine del 5 maggio ritiene che l’operato della Federazione “[…] nella sua azione di tutela degli interessi dei medici nei confronti dell’INAM, sia andato oltre le prerogative statutarie e le attribuzioni fissate dalla legge istitutiva”. Si teme l’esautorazione dei sindacati e la possibilità che,

tolti questi di mezzo e ricondotti gli OOMM ai vincoli della loro legge, i medici rimangano privi di ogni tutela e alla mercé dell’INAM. Pertanto, si rivendica per le organizzazioni mediche il diritto-dovere di tutela della professione e si giudicano inaccettabili le condizioni

poste dall’INAM. Alla fine, si auspica un’azione congiunta Ordine-Sindacati. Interessante l’intervento del professor Cattabeni, contrario all’attività sindacale dell’Ordine, peraltro consentita dal presidente della Federazione. Si può sospettare che Cattabeni, esponente della DC di governo, non volesse o non potesse condividere l’attività sindacale dell’Ordine, cui apparteneva come consigliere, troppo spesso in contrasto con l’attività del Governo stesso.L’INAM conferma indirettamente il parere di Cattabeni, rendendosi disponibile a trattative con l’Ordine ma non con quei consiglieri esplicanti attività sindacale; l’Ordine accetta questa mutilante imposizione tesa a eliminare una situazione di possibile conflitto d’interessi.

La Beffa di Bonomi

La medicina è talmente presente nella vita di tutti che i suoi problemi coinvolgono l’opinione pubblica. Curzio Malaparte, dalle pagine di Tempo Illustrato, interviene con un lungo articolo il cui titolo la dice lunga “La solita beffa”. Al Congresso dei coltivatori diretti, l’onorevole Bonomi, che è il boss della categoria, ha lanciato le solite accuse alla classe medica e con bronzea faccia ha promesso ai suoi iscritti l’assistenza ospedaliera, quella specialistica e quella della medicina generale. Malaparte fa quattro conti: detratte la spesa ospedaliera e quella specialistica dalla somma stanziata, rimangono 750 lire annue comprensive delle spese di cancelleria, dello stipendio dell’impiegato e dell’ostetrica. Al medico generico rimarrà una cifra che va dalle 550 alle 600 lire annue per l’assistenza 365 giorni e notti, spese comprese: “[…] una paga veramente dignitosa. E dico paga per non dire mancia. Dico mancia per non dire elemosina”. L’onorevole Bonomi cerca voti schiavizzando i medici, perché 10 milioni di elettori valgono ben più dei 50mila medici italiani. “Sono due mesi che i medici resistono alle pretese dell’onorevole Bonomi […] Dalle pressioni politiche è già passato alle accuse ingiuriose e tutto lascia prevedere che passerà presto alle minacce, contando non già sull’onestà delle sue pretese, ma sulla solita arrendevolezza di noi italiani che siamo pecore anche quando siam medici. E così anche l’assistenza medica ai coltivatori diretti, come ogni altra forma di assistenza sociale, si risolverà nella solita beffa. Poiché in Italia quel che importa non è la realtà ma l’apparenza […]”. A distanza di 60 anni non possiamo che ammirare

I problemi della medicina coinvolgono l’opinione pubblica: Curzio Malaparte, dalle pagine di Tempo Illustrato, interviene con un lungo articolo intitolato “La solita beffa”

Mario Cattabeni ritratto da Guido Crepax sulla Copertina di Tempo Medico del (n. 17, 1962).

FonTE:EDIZIonIEDrawww.edizioniedra.it

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l’attualità delle parole di Malaparte. Vedeva bene lo scrittore: le pretese della Coltivatori Diretti, appoggiate da un potente partito (quale mai sarà stato?) vogliono imporre un trattamento forfettario pari a lire 250 annue per assistito. Altro che elemosina! Come previsto, si passa alle minacce politiche: interpellanza alla Camera su cosa si intenda fare contro l’Ordine di Roma che ha aperto un procedimento disciplinare contro alcuni medici che a tale mutua schiavista avevano aderito, sospensione dal partito del presidente dell’Ordine di Avellino che aveva contrastato le manovre di questa mutua contro la quale si scaglia anche la FNOOMM con la diffida ad aderirvi.Il 10 luglio, presso l’Ordine, si svolge l’elezione per il Consiglio provinciale dei Condotti ma gli eletti con lettera raccomandata del commissario, un certo dottor (Carneade) Zappia, sono espulsi per indisciplina. Strana democrazia: mai si saprà il motivo di questa azione clamorosa, essendo tutti i protagonisti della vicenda passati a miglior vita ove, si spera, godranno della democrazia perfetta.“Il Servizio sanitario nazionale inglese costa troppo”. Noi che siamo nel futuro non ci stupiamo ma coloro che, nell’oscurità, si accingono a preparare quello italiano, fanno i conti alla Bonomi. L’essenziale, come Malaparte scrive, è che tutto appaia più che essere, l’opposto del ciceroniano “melius esse quam videri”.

iL Caso fonti

Nella cronaca, grande spazio occupa il caso della dottoressa Clara Jolles Fonti per la sua pretesa messa a punto di un particolare e molto semplice metodo per diagnosticare precocemente il cancro. Non avesse denunciato il responsabile di “Battaglie sanitarie”, che aveva riportato criticamente la notizia, tutto sarebbe svanito nel nulla o avrebbe rafforzato la sorprendente capacità diagnostica della collega che la sentenza

condannò al ristoro delle spese legali, ivi compresi gli onorari dei numerosi luminari medici che furono interpellati dalla Giustizia come periti. Nella sua difesa, la collega aveva affermato che da sempre aveva fatto studi sul cancro; che era stata allieva del professor Baldo Rossi; che i frutti delle sue ricerche erano stati oggetto di numerose pubblicazioni anche straniere oltre che del Monitore Medico, del cui comitato di redazione fa parte; che è presidente dell’Istituto internazionale di oncologia di Viggiù appena costituito, non funzionante ma fatto per lei per consentirle di poter continuare i suoi studi, posto che la Scienza ufficiale l’ha in questo sempre contrastata. Le fu erogata la sospensione dalla professione per sei mesi avendo propagandato “[…] con pubblicazioni e diffondendo nel pubblico attraverso conferenze, notizie di personali procedimenti diagnostici e conseguenti trattamenti terapeutici per il cancro non sufficientemente provati […]”, sospensione che la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie (CEEPS), cui ricorse, successivamente confermò.

L’ordine torna a fare L’ordine

Nell’assemblea straordinaria di dicembre si riconosce che l’Ordine non può svolgere attività di tipo sindacale, potendo intervenire solo su problemi deontologici o solo se richiesto e sempre a scopo conciliativo. Ci si prepara la corda per appendercisi.L’assemblea risulta piuttosto movimentata con numerosi ordini del giorno posti in votazione sempre aventi come oggetto-bersaglio l’INAM. La lotta è contro la quota capitaria per cui si decide di passare all’indiretta con tariffe minime ordinistiche e si minacciano procedimenti disciplinari contro i medici che non parteciperanno all’agitazione (in questo caso l’Ordine va bene…).Si dibatte il problema delle esordienti mutue libere, mutue ad albi chiusi, dei rapporti con le organizzazioni sindacali, dello sfruttamento del medico da parte delle categorie di persone abbienti. Molti ormai gli accordi locali per cui l’Ordine si sente isolato e circondato. Il punto è quello di evitare, per queste nuove mutue, l’assistenza diretta. Torino ci è riuscita. Si pone l’attenzione anche sul problema fiscale già pesante e si auspica che non si dissolva l’alleanza Ordine-Sindacati per il potere disciplinare che l’Ordine, e non i Sindacati, possiede nei confronti di chi non partecipi alle proteste. Hanno inizio infatti i procedimenti contro quegli iscritti che si astengono dalle agitazioni.

Curzio Malaparte a Capri in compagnia di un bassotto.

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storia e storie

Casa del sole: da scuola speciale a modello di salute

nata nella prima metà del novecento per i bambini gracili e provenienti da ambienti poveri − anche in salute − negli anni sessanta la Casa del sole viene trasformata in una normale scuola di quartiere, mantenendo tuttavia l’approccio pedagogico innovativo fondato sulle attività all’aperto e sull’esperienza diretta del fare e dell’osservare

C’era un temPo in cui la scuola pensava anche alla salute degli alunni. E proprio a Milano quasi un secolo fa nasceva una delle esperienze più esaltanti e complete di scuola all’aperto, pensata per i bambini gracili e per i piccoli che vivevano in ambienti poco sani o a contatto con familiari tubercolotici.E’ questa la storia della “Casa del Sole” che sulla spinta dei grandi sanatori (chi non ricorda la Montagna incantata) da una parte e dell’attivismo pedagogico di fine Ottocento dall’altra vedevano nella vita all’aria aperta un toccasana per crescere meglio i piccoli milanesi.Come si legge in una pubblicazione di una dozzina d’anni fa, da cui sono tratte gran parte delle informazioni di questo articolo,1 l’idea della scuola all’aperto nasce oltreoceano negli Stati Uniti e nei

1 Casa del Sole, la città dell’infanzia a Milano. Pubblicato a cura dell’associazione La Città del Sole – amici del Parco Trotter onlus.

UGofaLCando

paesi del Nord Europa, espressione del cosiddetto attivismo pedagogico, secondo il quale l’attività manuale, l’esperienza diretta del fare e dell’osservare sono le leve più importanti per l’apprendimento. La condizione perché questa didattica attiva possa realizzarsi è che le scuole siano ricche di spazi, laboratori, aree dove i bambini possano lavorare e anche giocare e socializzare. Di qui, l’idea di scuole collocate dentro ampi spazi verdi.Se questa idea in nuce inizia a germinare al volgere del secolo scorso, una spinta decisiva viene dal periodo subito seguente alla prima guerra mondiale, quando la situazione igienico-sanitaria dei bambini milanesi, resa più problematica dalle conseguenze della guerra, rafforza il convincimento che sia necessario creare a Milano una grande scuola all’aperto. Per questo nel 1919 il comune acquista un’area che veniva usata per le corse dei cavalli ed era di proprietà della Società Trotter Italiana (da cui poi il nome che rimarrà per sempre al parco).La scuola viene inaugurata nel 1925: all’interno dei 128.000 metri quadrati del parco sono stati costruiti 12 padiglioni. Nasce così una delle scuole all’aperto più

alcune alunne della classe di economia domestica che si prendono cura di una bimba malata; a destra una lezione tenuta all’aperto.FonTE:ISCCaSaDELSoLE©

FonTE:icgiacosa.gov.it

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grandi d’Europa con oltre 1.400 alunni e 160 convittori, che dormono nella Casa del Sole, bambini sani ma esposti al rischio di contagio, in quanto conviventi con genitori o altri familiari affetti da forme tubercolari aperte. Il loro accoglimento nel convitto viene deciso dall’Ufficio di igiene e sanità del Comune.In questa scuola nel parco la maggior parte delle attività didattiche vengono svolte, condizioni meteorologiche permettendo, all’aperto. Ciascuna classe ha una dotazione di seggioline pieghevoli, di tavolette e di lavagne e di quanto può servire per l’insegnamento fuori dalle aule.Oltre ai padiglioni si ha una ricca presenza di ambienti collettivi e di aule per attività speciali: stalle per gli animali, orti e frutteti, stagni artificiali, piscina e palestre.Gli iscritti al Trotter sono bambini gracili, accettati alla scuola all’aperto dietro certificazione dell’Ufficio di igiene e sanità del Comune. Sono circa 1.400, per la stragrande maggioranza appartenenti alle classi povere. Hanno una divisa invernale e una estiva, dispongono di un corredo igienico e mangiano alla mensa della scuola seguendo una tabella dietetica pensata per le loro particolari condizioni fisiche. Su di essi viene esercitata un’accurata sorveglianza medica e igienica.Durante la seconda guerra mondiale la scuola viene chiusa e potrà riaprire i battenti solo sul finire degli anni quaranta, dopo le numerose opere di ricostruzione, sempre comunque per i bambini gracili del Comune di Milano e sempre su indicazione medica. Col tempo viene creata all’interno del parco un’infermeria e più avanti un Servizio medico a cui sono preposti due medici scolastici, un dentista, un radiologo e un’assistente sanitaria, che attivano un pronto soccorso per i piccoli alunni, una sala per gli

esami radiologici, un gabinetto dentistico e un locale per le cure con gli ultravioletti e le nebulizzazioni. Il servizio medico scolastico si occupa della selezione dei ragazzi da ammettere alla scuola, di visitare periodicamente le classi per un controllo e per l’eventuale invio di bambini a poliambulatori specialistici e a colonie climatiche marine e montane. Provvede inoltre a fornire agli alunni non meglio precisati ricostituenti polivitaminici, effettua le vaccinazioni e individua i bambini con una malattia reumatica. Invia inoltre al Centro psicopedagogico i bambini che mostrano disturbi del carattere e difficoltà di adattamento. Organizza infine corsi di ginnastica correttiva per gli scolari con scoliosi o altri difetti della postura e lezioni di igiene mentale e della persona per le varie classi.Nei mesi estivi la scuola si trasforma in una “colonia eliourbana” cui affluiscono circa 1.600 bambini per lo più di famiglie bisognose: la Casa del Sole col suo grande parco, i prati, i boschetti, la piscina, sottraendo i bambini alla polvere e all’asfalto della città, offre un ambiente favorevole e stimolante, con ampia possibilità di movimento in mezzo al verde. Negli anni sessanta la scuola viene trasformata da scuola speciale per bambini gracili in una normale scuola di quartiere. Il cambiamento, voluto fortemente dagli insegnanti, muta la tipologia degli alunni ma non l’approccio pedagogico sempre mirato a metodi innovativi con l’obiettivo di mettere il bambino al centro del proprio processo di apprendimento, con esperienze pratiche e il contatto nel parco con attività agricole di vario tipo.Sono gli anni in cui la scuola raggiunge il suo culmine, viene presa a modello, raggiunge le pagine dei giornali, i genitori scoprono che i bambini possono realizzare un loro giornale (dall’ideazione e scrittura fino alla stampa in ciclostile), possono andare nella stalla e avere un contatto diretto con gli animali della fattoria, possono seguire le lezioni all’aperto e dimenticare i formalismi della scuola tradizionale, possono apprendere l’insiemistica, allora da molti contrastata, possono costruire con la creta e vedere i loro oggetti cotti nel forno centrale, possono discutere in classe della strage di Piazza Fontana e del divorzio, tanto che una troupe della Rai fa le riprese di queste discussioni in classe.Qui si ferma la pellicola di chi, come me, ha fatto questa scuola. La Casa del Sole ha continuato la sua esistenza e ancora oggi è attiva, ma del glorioso passato forse non resta che il ricordo. Lo stesso destino del medico scolastico.

I bambini potevano realizzare un loro giornale, andare nella stalla e avere un contatto diretto con gli animali, seguire le lezioni all’aperto e dimenticare i formalismi della scuola tradizionale

Bambini impegnati a rallestrare il terreno per la sua coltivazione. La bambina con gli occhiali è antonella Costantino, oggi primario della neuropsichiatria infantile del Policlinico di Milano.

FonTE:ISCCaSaDELSoLE©

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da Leggere, vedere e asCoLtare

Blackstar, David Bowie riflette su morte e malattia

a chi è rivolto Agli amanti del rock, ma anche agli appassionati di jazz e di musica elettronica

l’autore David Bowie, il grande musicista che ha cambiato la storia del rock fin dagli anni ’60, mette in luce un’ultima volta il suo animo trasformista. Infatti, soltanto due giorni dopo l’uscita dell’album, il Duca Bianco ci lascia, del tutto inaspettatamente, sconfitto da un cancro di cui solo pochi intimi erano a conoscenza.

In breve Blackstar si sviluppa in sette tracce ascrivibili al genere rock, caratterizzate però da un’impronta prettamente jazz, espressa da musicisti esperti quali Donny McCaslin al sax e Mark Guiliana alla batteria. Si aggiungono elementi di musica elettronica, che costituiscono il trait d’union perfetto tra i due generi protagonisti di questo grande esempio di sperimentalismo. Avanguardia musicale, dunque, ma non solo: presto Blackstar si rivela anche come una sorta di “testamento artistico”. Il tema della morte presente nel disco assume una valenza concreta e il significato di una passione per la musica che ha accompagnato Bowie per tutta la vita e a cui si è aggrappato anche durante la sua malattia, traendo forza da essa e per essa.

Commento L’album dà vita a un’immagine sonora dall’impatto uniforme, ma di traccia in traccia si viene sempre più sorpresi dalla singole peculiarità di ognuna: dai beat elettronici di Blackstar, alla chitarra di I can’t give everything away. A pochi mesi di distanza dal primo anniversario dalla morte del suo autore, Blackstar è ancora unico nel suo genere e, contrariamente al suo titolo, è l’ultimo disco di una stella che difficilmente diverrà nera: David Bowie continuerà a brillare nella storia della musica.

l’album in una canzone Lazarus, ballata dall’atmosfera oscura e cupa, è la traccia del disco che più esplicitamente riflette sulla morte. Protagonista del brano è il sax che accompagna la voce sontuosa ed eterea di Bowie. Bellezza, ma anche malinconia, nata dalla consapevolezza di non poter ormai fare altro che arrendersi alla cruda realtà delle parole del Duca Bianco: “Guardate qui, sono in paradiso”.

Il medico di campagna, dedizione o paternalismo?

a chi è rivolto Al grande pubblico.

Il regista e il cast Dopo il successo di Hippocrate (2014), ambientato in un reparto ospedaliero, il duplice percorso professionale di Thomas Lilti, medico per formazione e regista per vocazione, si traduce in un altro lungometraggio, questa volta dedicato alla medicina sul territorio. Se il regista ha come riferimento la sua esperienza di sostituto di medici di campagna, gli attori protagonisti François Cluzet e Marianne Denicourt si sono immedesimati in questo contesto del tutto peculiare con letture sul tema e incontri con i veri professionisti. Da segnalare la scelta di far recitare un gruppo di giovani affetti da deficit cognitivo.

In breve Jean-Pierre Werner gode della piena fiducia della sua comunità rurale di provincia e si considera in missione a tempo pieno, unico e insostituibile. Neppure la consapevolezza di una grave malattia sembra fermarlo e fargli accettare l’affiancamento, con la prospettiva di un avvicendamento nella peggiore delle ipotesi, di Nathalie Delezia, neo-laureata in medicina ma con una solida esperienza umana e professionale maturata come infermiera. Le vicende personali e le reazioni degli assistiti trasformeranno l’ostilità iniziale in stima reciproca e, forse, in qualcosa di più.

Commento Lilti invita a riflettere, senza imporre la sua visione, su questioni centrali: il ruolo del medico, il modello di professionista e la relazione medico-paziente (interessante a questo proposito la negazione del protagonista di fronte al suo stato di “medico malato”). Un film elegante, nella migliore tradizione della cinematografia francese. Attento ai sentimenti, ma non sentimentalista. Il lieto fine, per quanto un po’ scontato, lascia aperte molte domande. Apprezzabile, per chi fa il medico, l’attenzione alla clinica, forse con qualche imprecisione.

Il film in una scena “Ci sono mestieri che non si imparano, come il medico di campagna”. Questa la convinzione profonda di Jean-Pierre che si concretizza nella promessa, mantenuta, al paziente più grave e più amato di evitargli a ogni costo giorni di ricovero in ospedale. Titolo Blackstar

Autore David Bowie

Musicisti

D. Bowie (voce, chitarre, armonica), B. Monder (chitarra elettrica), T. Lefebvre (basso), J. Lindner (piano, organo, tastiera), M. Guiliana (batteria, percussioni), J. Murphy (percussioni), D. McCaslin (sax, flauto), T. Visconti (strumenti ad arco)

Etichetta Columbia Records

Produzione David Bowie, Tony Visconti

Pubblicazione 8 gennaio 2016

Album, durata 7 tracce, 40’49’’

Singoli Blackstar; Lazarus; I Can’t Give Everything away

Titolo Il medico di campagna (titolo origi-nale Médecin de Campagne)

Registi e sce-neggiatori Thomas Lilti e Baya Kasmi

Produzione 31 Juin Films, Les Films du Parc

Anno 2016 (nelle sale italiane da dicem-bre 2016)

Durata 102 minuti

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In difesa della dignità del fine vita

a chi è rivolto L’intenzione del libro, oltre a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema delicato e sentito del fine vita, è scuotere le istituzioni affinché disciplinino una volta per tutte la materia.

In breve In una società che ha perso di vista il senso di finitudine e che persegue il prolungamento della vita a ogni costo, si privilegia la

sopravvivenza a discapito dell’esistenza dignitosa. Alla domanda che sottende tutto il libro “Bisogna vivere a tutti i costi, anche quando non c’è più nulla da fare?” gli autori rispondono evidentemente con un “no”. La questione verte quindi su come affermare la scelta di morire in modo naturale, senza accanimenti, specie quando non si è più in grado di esprimerla.Dal ruolo della Chiesa che devi farsi Chiesa dell’accoglienza e non degli anatemi, a quello del Parlamento che deve stabilire una normativa chiara di riferimento sul fine vita, passando per l’importanza fondamentale delle cure palliative, ancora poco utilizzate in Italia, il libro considera ogni punto di vista per cercare di sciogliere dubbi e proporre soluzioni. Affronta il tema della sedazione terminale la lettera aperta che Giulia Facchini, nipote del cardinal Martini, indirizza allo zio come “ultimo intimo saluto”. Le ultime ore di vita di Eluana Englaro, raccontate dalla giornalista Marinella Chirico, ci restituiscono un ritratto inaspettato di questa silenziosa guerriera, grazie alla cui straordinaria e tragica esperienza, in Italia si è iniziato a parlare della questione.

Commento Il libro affronta con coraggio un tema delicatissimo del fine vita e sembra rappresentare un importante primo tentativo cui, si spera, seguano altri approfondimenti da parte degli stessi autori. Ogni capitolo meriterebbe infatti almeno le cento pagine a cui invece è dedicato l’intero volume.

Il libro in una frase “In alcune situazioni sembra che, più che aiutare la vita, si cerchi di impedire la morte (...) ma impedire la morte può significare, di fatto, rendere quella vita poco o per nulla accettabile e costringerla a una sofferenza immane”.

alcol, un cattivo compagno per la terza età

a chi è rivolto A un pubblico trasversale, dai medici agli operatori socio-sanitari che si trovano a contatto per la prima volta con alcolisti di varia gravità ed età, ma soprattutto agli anziani. Un valido aiuto anche per i familiari degli alcolisti.

In breve L’alcolismo in Italia è un fenomeno sottovalutato ma sta attecchendo soprattutto tra la popolazione anziana, spesso in associazione alla depressione. Superando costantemente le dosi consigliate, la salute peggiora, le relazioni sociali e familiari si deteriorano, si rischia l’isolamento. Gli over 65 ne risentono in misura ancora più devastante. Eppure, l’anziano alcolista non è visto come un malato da curare, ma come uno che “se l’è cercata” e pertanto non è trattato nel modo adeguato e viene emarginato. Il volume punta l’attenzione sulla ricchezza degli anziani, vista come una risorsa da potenziare e non solo un fardello da curare. Al momento si fa troppo poco per includere gli over 65 in una società dove nel 2050, in Italia, supereranno la popolazione pediatrica sotto i 15 anni.

Commento Dagli effetti dell’alcol sull’organismo a partire da un solo bicchiere fino a dosi ampiamente oltre i limiti individuati dalla letteratura medica, dalla prevenzione alla cura di chi diventa alcolista, questo libro è il primo in Italia che affronta il tema dell’abuso di alcol in età avanzata. Prova a prendere per mano tutti quanti si trovano coinvolti, per ragioni professionali o familiari, e fornisce loro una guida chiara, diretta ed efficace sui mezzi che, a oggi, sono a disposizione per aiutare chi cade nella dipendenza. Un volume approfondito sugli effetti dell’alcol e su come sia possibile uscirne che mette in luce le attuali carenze a livello sociale e sanitario, soprattutto in termini di inclusione, la cui mancanza, a volte, è la causa stessa che fa cadere molti anziani tra le braccia dell’alcol.

Il libro in una frase “Si è stati in grado di aggiungere anni alla vita; ora si tratta di aggiungere vita agli anni”.

Titolo Alcol e Anziani. Perché e come prendersi cura

Autori Beatrice Longoni, Maria Raffaella Rossin, antonio andrea Sarassi

Editore Erickson

Formato Cartaceo, 235 pagine

Anno 2016

Prezzo 19,50 euro

Titolo Vivere e morire con dignità

Autori Beppino Englaro, Giulia Facchini Martini, Pierluigi Di Piazza, Vito Di Piazza, Marinella Chirico

Editore nuovadimensione

Formato Cartaceo, 112 pagine

Anno 2016

Prezzo 13,50 euro

da Leggere da Leggere

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46 InFormaMI

scuola di comunicazione in sanità10 proposte per innovare la relazione medico-paziente

e’ iniziato il 15 marzo e si concluderà il 25 ottobre il corso di aggiornamento professionale “Scuola di comunicazione in sanità”. Gratuito e riservato a 120 tra medici e odontoiatri, eroga 21 crediti ECM e si terrà per i primi otto incontri presso l’Ospedale di Rho, per poi proseguire con un evento presso la sede Regione Lombardia e concludersi al Centro Congressi Fondazione Cariplo di via Romagnosi. Del comitato promotore fanno parte l’OMCeOMI, l’ASST Rhodense, l’Associazione italiana giornalismo responsabile (AIGR), l’Associazione Lampada di Aladino.Dieci pillole in dieci incontri: questa è la terapia mirata per una comunicazione sanitaria che non sempre gode di ottima salute. La patologia ha origini lontane, nella formazione universitaria poco adeguata che costringe anche l’operatore più volenteroso e sensibile alle esigenze relazionali a soluzioni almeno inizialmente improvvisate. La risposta a questa carenza non può che trovarsi in una formazione che accompagni il sanitario nel suo percorso professionale. C’è poi da far tesoro dell’importante esperienza, in gran parte maturata sul campo, della comunicazione nell’assistenza oncologica e al fine vita. “I dieci incontri saranno tenuti da esperti di alto profilo: medici, comunicatori, giornalisti e giuristi e prenderanno in considerazione diversi contesti in cui la comunicazione ha un ruolo cruciale. Lo spunto iniziale è la comunicazione medico-paziente in ambito assistenziale, ma si passa poi a temi legati alla globalizzazione della medicina, alla medicina legale e alla medicina difensiva, alle problematiche generate dall’interferenza delle informazioni ricavate dal web nella relazione medico-paziente” ha spiegato il presidente OMCeOMI Roberto Carlo Rossi, illustrando il progetto “Da ogni incontro originerà una proposta per aggiornare, integrare, innovare il rapporto medico-paziente, migliorando l’immagine e la credibilità dell’istituzione sanitaria verso i cittadini.

Le proposte avranno un momento di sintesi nel Decalogo della buona sanità. C’è anche l’idea di replicare il corso in altre ASL lombarde”.Il decalogo verrà sottoposto all’attenzione della Terza Commissione Sanità di Regione Lombardia. L’attenzione delle istituzioni al progetto

Scuola di comunicazione in sanità è testimoniata della presenza dell’Assessore al welfare di Regione Lombardia Giulio Gallera alla conferenza stampa di presentazione. “La legge 23/2013 ha introdotto il principio di mettere al centro il paziente passando dalla semplice cura al prendersi cura. Il vostro progetto della Scuola di comunicazione in sanità risponde pienamente a questo obiettivo e contribuirà a offrire una migliore assistenza da un lato, ma anche a rafforzare l’autorevolezza del medico, soprattutto quello di medicina generale” ha dichiarato Gallera, per poi aggiungere: “Abbiamo deciso, insieme a OMCeOMI, di istituire un Tavolo di lavoro per la stesura di linee guida condivise sulla comunicazione medico-paziente che confluiranno in un successivo provvedimento amministrativo di giunta”.

Il progetto e le dieci pillole del decalogohttps://goo.gl/Ks6iaz

Il programmahttps://goo.gl/k709La

Promotori Martino Trapani, Roberto Bollina

Comitato Scientifico

Roberto Carlo Rossi, Roberto Bollina, Martino Trapani, Ettore Politi, D. Petruzzelli, G. Cattaneo, John Tremamondo

Segreteria Organizzativa

Ufficio formazione permanente aSST RHODEnSE in collaborazione con Ufficio formazione OMCEOMI

Provider ECM Ordine dei medici Milano con supporto Ufficio formazione aSST RHODEnSE

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471 . 2017

eventi eCMIn corso / in programma

scuola di comunicazione in sanità

dal 15 marzo al 25 ottobre 2017, dalle 14:30 alle 18:00 (vedi a pag. 46; date e sedi incontri sul programma)https://goo.gl/k709La

scuola di deontologia medica ed etica del comportamento professionaledal 5 aprile 2017 al 28 giugno 2017, dalle 20:30 alle 23:30 (vedi date incontri sul programma)Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Milano | Via Lanzone 31 – Milanohttps://goo.gl/qR72Ou

prendersi cura del curare e del curante: il gruppo Balint

sabato 8 aprile 2017, dalle 8:15 alle 13:45Sala Girardi – PIME | Via Mosè Bianchi 94 – Milanohttps://goo.gl/5WMsjk

Informazioni per le iscrizioni agli eventi ECM dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Milano

L’iscrizione agli eventi ECM dell’Ordine può essere effettuata unicamente online e previa registrazione al sito www.omceomi.it

Come iscriversi agli eventi eCM(se già registrati, passare al punto 3):

1. collegarsi a www.omceomi.it/registrazione

2. cliccare su “Registrati”, poi sulla modalità di registrazione e seguire le istruzioni

3. collegarsi a www.omceomi.it/login

4. cliccare su “accedi”, effettuare l’accesso con i propri dati

5. cliccare su “Eventi” nel box “ECM” e poi su “Iscrivimi” in corrispondenza all’evento scelto

Per consultare i programmi dei corsi ECM, dall’elenco dei corsi riportati a fianco, basta:

• clicca sul link disponibile per ciascun evento o scrivilo nella barra degli indirizzi del browser

• scansionare con la fotocamera del proprio dispositivo mobile (smartphone o tablet) il quadratino posto di fianco a titolo e descrizione dei corsi, ovvero il QR code (codice di risposta rapida). Per effettuare questa operazione è necessario avere installato sul proprio dispositivo un’app per la scansione dei codici QR, disponibile in diverse versioni su apple Store per iOS o Google Play Store per android

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Il medico di medicina generale e i disturbi psichiatrici minori

Sabato 18 febbraio 2017https://goo.gl/ZTrF3c

la prevenzione in medicina alla luce della pneI (psico neuro endocrino immunologia)

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palliare humanum est: cure palliative, modello di ogni cura?

Sabato 11 marzo 2017 https://goo.gl/s5qvXL

l’oculistica pratica

Sabato 18 marzo 2017https://goo.gl/aZ3Pqa

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Sabato 25 marzo 2017 https://goo.gl/6awKeE

tutela della salute e prevenzione dei comportamenti a rischio in età evolutiva: il ruolo del medico di famiglia

Sabato 1 aprile 2017https://goo.gl/F2QZpW

strategie di prevenzione e cure di emergenza nella popolazione fragile italiana e straniera. Dati di una ricerca sul campo

Sabato 1 aprile 2017https://goo.gl/640v1J

Page 58: Informami n1-2017 omceomi

48 InFormaMI

in riCordo di

Luigi Conte: la professione innanzi tutto

“Costruiamo Ponti, non aLziamo muri. Ed è questa la prospettiva dalla quale una

professione seria e responsabile quale è quella medica si pone per affrontare i problemi

emergenti della sanità”.

Con queste parole, tratte da un suo recente intervento pubblico, ricordiamo Luigi Conte,

segretario generale della FNOMCeO, prematuramente e inaspettatamente scomparso il

3 febbraio scorso.

Nato a Ischia, laureato in Medicina e chirurgia e specializzato in Chirurgia d’urgenza e

pronto soccorso presso l’Università degli studi di Napoli e in Chirurgia pediatrica presso

l’Università degli studi di Ferrara, è stato direttore del Dipartimento di day surgery

dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine.

A partire dal 1999 è stato per molti anni presidente dell’Ordine dei medici e odontoiatri

della Provincia di Udine. Dal 2012 ricopriva il delicato ruolo di segretario generale della FNOMCeO.

Tra i suoi numerosi impegni meritano di essere ricordati quelli nel campo della formazione ECM. Membro

della Commissione Nazionale ECM, all’interno della quale era coordinatore della Sezione IV (Indicazione

e sviluppo obiettivi formativi nazionali e coordinamento di quelli regionali della Commissione Nazionale

ECM), ha fatto nascere insieme all’IPASVI la piattaforma di formazione a distanza www.fadinmed.it che

vede oggi oltre 90.000 colleghi iscritti e numerosi corsi di formazione disponibili gratuitamente per tutti i

medici e gli odontoiatri.

Aveva anche un occhio di riguardo per i problemi dei giovani medici, che si è concretizzato nella

creazione dell’Osservatorio nazionale e nel coinvolgimento dell’Istituzione ordinistica negli esami di

abilitazione per l’esercizio professionale.

Oltre che medico, Luigi Conte era giornalista pubblicista, sostenitore della necessità di una corretta

informazione in materia sanitaria, tanto da essersi sempre impegnato nella costruzione di un rapporto di

dialogo con il mondo della stampa e del giornalismo.

Proprio nei giorni in cui è all’esame del Parlamento la legge sulla dichiarazione anticipata di fine vita,

merita ricordare che come presidente dell’Ordine dei medici di Udine, Luigi Conte gestì la procedura

istruttoria nei confronti dei sanitari coinvolti nel caso Englaro seguendo una linea da lui stesso descritta

nelle dichiarazioni di allora come improntata al più stretto riserbo e di assoluta autonomia.

Al di là del suo straordinario curriculum professionale, le voci di chi lo ha ricordato in queste settimane, cui

si unisce la nostra, sono unanimi nel sottolineare il valore dell’uomo, colto e amabile nella conversazione,

fermo ma gentile, corretto e lungimirante. Attento sia nella vita sia nella professione all’etica, alla

deontologia, alla coerenza, ai bisogni delle persone e all’ascolto dei pazienti. In un atteggiamento di servizio

alla professione, che lui traduceva nel richiamo “sempre mantenere ferma la barra al centro”.

Luigi Conte lascia un vuoto che potrà essere colmato solo col trascorrere del tempo e col depositarsi dei

ricordi. Tutti i medici italiani, senza saperlo, gli devono qualcosa, ora lo sanno.

LarEDaZIonE

Luigi Conte (17.1.1948 – 3.2.2017)

Page 59: Informami n1-2017 omceomi

dall’etica medica alla bioetica giorgio CosmaciniStoricoefilosofodellamedicina

5aprile

La comunicazione nel rapporto medico-paziente Claudio rugarli ProfessoreEmeritodimedicinaInternaUniversitàVita-SaluteSanraffaele,milano

12aprile

La parola consolatoria giorgio Lambertenghi deliliersPresidenteFondazionematarelli,milano

19aprile

fra ethos ed ethnos: il medico oggi di fronte al tema della sessualità

maurizio BossiDocentemasterdiSessuologiaUniversitàdeglistudidiPisa

26aprile

il ruolo della psicologia nella formazione del medico

marco garzonioPsicologoanalista,psicoterapeuta,giornalista

3maggio

La salute nelle varie religioni mons. Pier francesco fumagalliVicePrefettobibliotecaambrosiana

10maggio

La problematicità del consenso informato antonio monteleonePresidentediaGeSPILombardia

17maggio

etica ed industria farmaceutica sergio dompèIndustrialefarmaceutico

24maggio

il medico e le dipendenze: il caso del tabacco federico e. PerozzielloStoricoefilosofodellamedicina–pneumologo

31maggio

il ruolo delle fondazioni nella divulgazione scientifica

donatella BarusGiornalistaFondazioneUmbertoVeronesi

7giugno

il ruolo del volontariato nel sistema sanitario faustino BoioliPresidentemediciVolontariItaliani

sr annamaria villaDirettoreSanitarioambulatorioSF(operaSanFrancescoperiPoveri)

14giugno

deontologia vs legge remo danoviPresidenteordinedegliavvocatidimilano

21giugno

incontro conclusivo Verificadell’apprendimento 28giugno

sCuoLa di deontoLogia mediCa ed etiCa deL ComPortamento ProfessionaLe

Posti disponibili: 30

Programma (scarica:https://goo.gl/qr72ou)

sede Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di MilanoVia Lanzone 31 – Milano

accreditato per medico chirurgo e odontoiatraPer l’assegnazione dei crediti è necessaria la presenza documentata (firma in entrata e in uscita) ad almeno il 90% della durata dell’intero corso (ovvero, 1 sola assenza ammessa).

dal 5 aprile al 28 giugno 2017, ogni mercoledì dalle 20:30 alle 23:30

Page 60: Informami n1-2017 omceomi

Su www.saepe.it trovi online l’ultimo corso sulla diagnosi di ipertensione arteriosa. Leggi il dossier costruito sui casi nelle pagine centrali della rivista e cimentati

con il questionario ECM direttamente sulla piattaforma.

Ricordati che è ancora disponibile il corso sulla stagione influenzale 2016-2017, lanciato con lo scorso numero di InFORMaMI.

L’accesso è gratuito per tutti gli iscritti all’ordine dei medici Chirurghi e odontoiatri di milano

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