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informa FEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE n 25 ottobre 2014 Supplemento a Mission - Periodico trimestrale della Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze - N. 41/2014 - OTTOBRE 2014 PRESENTAZIONE LAVORI PERVENUTI

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informaFEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE

n 25ottobre 2014

Supplemento a Mission - Periodico trimestrale della Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze - N. 41/2014 - OTTOBRE 2014

PRESENTAZIONE LAVORI PERVENUTI

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informaFEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE

n 25

ottobre2014

Supplemento a MissionPERIODICOTRIMESTRALE DELLAFEDERAZIONEITALIANA DEGLIOPERATORI DEIDIPARTIMENTI E DEISERVIZI DELLEDIPENDENZE

Supplementoal N. 41/2014sommario XII - I trim.Propriet : FeDerSerDSede legaleVia Giotto 3,20144 Milano

Comitato di DirezioneDirettivo nazionaleFeDerSerD

Direttore scientificoAlfio Lucchini

Comitato di RedazioneMaurizio Fea, VincenzoMarino, Laura Tidone,Giovanni Strepparola,Cinzia Assi

Sede operativa eRedazione MissionVia G. Mazzini, 5420060 Gessate (Mi)tel. [email protected]

Direttore responsabile:Stefano Angeli

Copyright byFrancoAngeli s.r.l.Milano

Poste Italiane SpaSped. in Abb. Post.D.L. 353/2003(conv. in L.27/02/2004 n. 46)art. 1 comma 1 - DCBMilano AutorizzazioneTribunaledi Milano n. 131del 6 marzo 2002

Edizione fuori commercio

News a cura di FeDerSerD - tel 031748814 - e-mail: [email protected] - www.federserd.it - Via Matteotti, 3 - 22066 Mariano Comense CO

indicePoster e comunicazioni brevi

1. LAVORARE IN GRUPPO CON GLI ADOLESCENTI E I GENITORI:LO SVILUPPO DELL INTERVENTO PRECOCE NEL DIPARTIMENTO DIPENDENZE DI BERGAMOA. Benaglio, F.L. Gotti, C. Persico, P. Banalotti, M. Riglietta

2. COME L INTEGRAZIONE A TRE LIVELLI CONTIENE UNA PSICOSISonia Biscontini, Loredana Mancini

3. CONDIVIDERE, COOPERARE, COPROGETTARE. Esperienze di prevenzione del disagio giovanile nell area delle dipendenze: Progetto Friends e Progetto Integrazione degli InterventiCiaramitaro Marina, Bova Antonina, Berardi Marco, Ripoli Giovanna, Natala Barbagallo,Maria Laura Stancampiano, Spinnato Giampaolo

4. DIAGNOSI PRECOCE PER UN INTERVENTO TEMPESTIVO: TRA RISCHIO E PROTEZIONECoppin Paola, Tiziana Antonini, Daniela Gavarini, Antonella Possi, Francesca Sassella, Corrado Celata,Paola Sacchi

5. GIOVANI TOSSICODIPENDENTI DI OGGI IN TRATTAMENTO RESIDENZIALE:CHI SONO E DI COSA NECESSITANO?Cristofalo P., Parolin, M., Simonelli A.

6. GRUPPI SULLA FORZA AL SER.TGuido Faillace, Caterina Di Giovanni, Maria Pipitone

7. PEER EDUCATION SU ALCOLISMO I Genitori parlano ai genitori: alcol uso ed abusoEnza Cruciata, Caterina Di Giovanni, Margherita Scalici, Mariella Gerbino, Giovanna Ruggeri

8. IL NEO-FUNZIONALISMO NELL ATTIVIT¸ DI PREVENZIONE AL SER.T.: PROGETTO ADOLESCENTI Caterina Di Giovanni, Guido Faillace

9. UN VIAGGIO NEL GRUPPO ADOLESCENTI ALL INTERNO DI UN SER.T.Guido Faillace, Brunella Barbara, Denise De Luca, Silvia Sabella

10. INVESTIRE NEL FUTURO: un nuovo Servizio per gli adolescenti in tempo di crisiFulvia Fiorentino, Emanuela Rivela, Marina Cortese, Cinzia Arvieri, Erica Maltempi, Emanuele Bignamini

11. SE LA DEVE VEDERE LUI adolescenti, genitori, sostanze e servizi di curaNadia Gennari, Bellavia Filippo, Bellini Andrea, D Elia Paolo, Ivaldi Fulvia

12. INTERVENTI DI GRUPPO A SUPPORTO DELLA GENITORIALIT¸ NELLA PRESA IN CARICOTERAPEUTICA DI MINORI ABUSATORI DI SOSTANZER. Giove, M. Gonevi, A. Rudelli, C. Borghi, W. Troielli,

13. FOCUS SUI TRATTAMENTI SENZA SOSTANZEFrancesca Picone

14. ADOLESCENZE E DIPENDENZE:DAL FENOMENO ALLA ORGANIZZAZIONE DELLA PRESA IN CARICO INTEGRATA TRA SERVIZI DIVERSIGregorio Antonio Salis, Margherita Pilo

15. DIPENDENZE PATOLOGICHE E

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1LAVORARE IN GRUPPO CON GLI ADOLESCENTI E I GENITORI: LO SVILUPPO DELL’INTERVENTO PRECOCE NEL DIPARTIMENTO DIPENDENZE DI BERGAMO

A. Benaglio, Psicologa Psicoterapeuta Ser.T BergamoF.L. Gotti, Psicologa Psicoterapeuta Ser.T Ponte S.Pietro (BG)C. Persico, educatore professionale Ser.T Gazzaniga (BG)P. Banalotti, medico Ser.T BergamoM. Riglietta, Direttore Dipartimento ASL Bergamo

L’idea di sperimentare l’attivazione di gruppi rivolti agenitori e adolescenti giovani/adulti è nata all’internodella riflessione e stesura di ipotesi di prassi operativeper la presa in carico di soggetti segnalati dallaPrefettura per art 121 e 75 del DPR 309/90.Questa sperimentazione intendeva dare all’interventocon i soggetti segnalati una connotazione più ampia dicarattere educativo preventivo rispetto ad una valenzapuramente sanzionatoria. La realizzazione della sperimentazione si è basata sullaconoscenza dei dati diffusi a livello locale (Osservato-rio delle Dipendenze, ASL Bergamo), regionale, nazio-nale (ESPAD Italia 2013) circa la diffusione e l’aumen-to del consumo di sostanze stupefacenti tra i giovanie giovanissimi; su alcune riflessioni circa la difficoltàdi aggancio dei giovani ai servizi, di una loro tenden-za a sottostimare i rischi e a normalizzare i comporta-menti di consumo; sull’aumento della richiesta di con-sulenza ai servizi da parte di genitori, singoli o in cop-pia, o di adolescenti e giovani prossimi al mondo dellesostanze.Le procedure operative del Dipartimento Dipendenzerelative alla presa in carico di soggetti segnalati dallaPrefettura prevedono accanto ad attività da attuarsi alivello territoriale (valutazione, eventuale approfondi-mento diagnostico multidimensionale e trattamentomirato), attività da svolgersi a livello centrale con l’at-tivazione di gruppi a valenza educativo-informativaper adolescenti e giovani e di gruppi con finalità disostegno e informazione per genitori.La scelta dell’attività di gruppo si è basata su alcuneteorie relative alla funzione di attivazione di competen-ze e promozione al cambiamento innescata dal gruppoquale luogo di condivisione e ascolto, di identificazionee rispecchiamento e quale contenitore di aspetti emo-tivi in grado di modulare la distanza relazionale in fun-zione delle risorse personali di ciascuno.Il confronto in gruppo può rappresentare un contestodi “apprendimento” reciproco, in cui le storie perso-nali hanno la possibilità di essere rielaborate, rilette,

riformulate, decantate.Per gli adolescenti, inoltre, la scelta del gruppo è statasupportata dall’idea secondo cui il contesto gruppalepuò favorire un maggior agio nel rapporto con glioperatori e i servizi.La costituzione dei gruppi ha coinvolto tutti i Ser.Tprovinciali con una diffusione, capillare e a diversi li-velli, della proposta volta a promuovere l’iniziativa efavorire l’invio dell’utenza. Nella fase di definizione del progetto l’iniziale targetprevisto (soggetti segnalati dalla Prefettura) è statoesteso ad altri soggetti: giovani segnalati dall’U.S.S.M.(Ufficio Servizio Sociali Minori) e loro genitori, sogget-ti già in carico, genitori che si sono rivolti al Servizioper una consulenza.Un criterio di esclusione per l’inserimento nel gruppoha riguardato i soggetti con disturbi psichiatrici,soggetti con un disturbo da uso di sostanze grave,soggetti che hanno espresso rifiuto alla partecipazione.

GRUPPI A VALENZA EDUCATIVO-INFORMATIVA RIVOLTI ADADOLESCENTI ED A GIOVANI ADULTIDal gennaio 2014 sono stati attivati tre gruppi di ado-lescenti/giovani. I percorsi, di tre incontri di un’ora emezza ciascuno, con cadenza settimanale, sono statiproposti a circa 20 ragazzi, 10 dei quali hanno aderi-to. Tra questi 6 hanno concluso il ciclo dei tre incon-tri. Sono stati coinvolti soggetti con età inferiore ai 23anni, inviati dalla Prefettura, segnalati dall’USSM, incarico al Servizio.

Obiettivo generale: ridurre le condotte rischioselegate all’uso e al consumo di sostanze e i rischi sani-tari, sociali e legali connessi.Obiettivi specifici: correggere false credenze e infor-mazioni distorte; promuovere una maggior problematiz-zazione e consapevolezza sul significato dell’uso disostanze all’interno del proprio percorso di vita; farconoscere i servizi e favorire l’aggancio.Gli incontri sono stati condotti da un educatore e da unmedico con l’uso di una metodologia attiva e strumen-ti interattivi (gioco quiz, spezzoni di film e pubblicità,fotografie)Il primo incontro era finalizzato a sondare il livello diconoscenza e a fornire conoscenze più approfonditecirca gli articoli e le sanzioni previste dalla legge inmateria di disciplina degli stupefacenti e delle sostanzepsicotrope e a rilevare i vissuti intorno alla seg-nalazione. Il secondo ha proposto una riflessione sui messaggitrasmessi dai media e dalla pubblicità, sulle credenze eil sentire comune diffuso nel nostro contesto culturale;ha proposto uno scambio delle conoscenze dei parteci-panti sugli effetti delle sostanze, mettendole a con-fronto con informazioni scientifiche.Il terzo incontro ha proposto, attraverso lo strumentodella narrazione, un iniziale approfondimento su “cosasignifica per me l’uso di sostanze? Come si collocaall’interno del mio progetto di vita?” e una riflessionesui fattori di rischio e fattori protettivi.

Considerazioni sull’esperienzaAspetti problematici legati all’aggancio dei parteci-

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panti per la formazione del gruppo sono stati:1. l’arrivo in tempi diversi e tra loro distanti delle

segnalazioni della Prefettura e dell’USSM;2. la distanza della sede centrale (Ser.T di Bergamo)

dai luoghi di residenza dei soggetti inviati.La conseguente bassa adesione alla proposta ha con-sentito la formazione di gruppi con un numero esiguodi partecipanti; tuttavia la percezione degli operatoriha evidenziato un certo gradimento dell’esperienzacome opportunità di espressione, riflessione e con-fronto con i coetanei. Maggior interesse ha riscossol’informazione riguardo alla normativa; meno gradita èstata l’informazione sulle sostanze e sui danni prodot-ti all’organismo, in quanto, si è ipotizzato, vissutacome elemento destabilizzante rispetto alle credenze estili di vita dei ragazzi.Col procedere dell’esperienza, si è percepito un aumen-to della disponibilità al dialogo anche nei ragazzi cheavevano espresso maggiore riservatezza, confermandol’importanza di un contesto di gruppo accogliente,rispecchiante e non giudicante.

GRUPPI PER GENITORI DI ADOLESCENTI E GIOVANI ADULTILa sperimentazione del gruppo, condotto da due psi-coterapeute, si è svolta negli anni 2013-2014 con l’at-tivazione di tre gruppi. Complessivamente hanno ader-ito 12 coppie di genitori e 10 madri con una media di4 coppie e tre madri per ciascun gruppo. L’adesione èstata costante e la partecipazione attiva; tre madri sultotale hanno abbandonato il percorso. Ai quattro incontri previsti se ne sono aggiunti due initinere, per la rilevanza emotiva dei contenuti.I criteri di invio sono stati: la giovane età dei figli(15-23 anni) e la motivazione dei genitori. Il focus riguardava le implicazioni relazionali ed emo-tive legate all’uso di sostanze dei figli.Gli obiettivi sono così riassunti: acquisire maggiorcapacità di lettura delle situazioni per cogliere possi-bili segnali di rischio; acquisire maggiori competenzenel riconoscere vissuti e comportamenti; orientare arisposte più competenti; supportare le funzioni geni-toriali ed educative.Nel primo incontro sono state individuate alcune“regole” volte a favorire un buon clima e a tutelare ilgruppo quale “luogo sicuro”. Temi e contenuti emersiI genitori si sono identificati principalmente sull’esseregenitori di ragazzi in giovane età, sul bisogno diffusodi ascolto, sulla confusa e ambivalente relazione con ifigli.Aleggiava tra i partecipanti una sottesa richiesta disoluzioni e ricette, emergeva la fatica a mettere incampo pensieri ed esperienze intorno alla relazionecon i figli.Nel percorso i genitori hanno iniziato a riconoscere everbalizzare emozioni e vissuti intensi quali rabbia,senso di colpa, vergogna, paura, impotenza.La rabbia spesso era connessa a profondi vissuti didelusione narcisistica; la colpa si correlava ad unapercezione fallimentare del ruolo genitoriale; l’im-potenza si amplificava nella competizione con lasostanza, identificata “quale nemico da sconfiggere”;la paura aumentava la percezione di un mondo esterno

minaccioso a fronte di un mondo interno protettivo erassicurante (famiglia e comunità); la vergogna eraconnessa al timore di uno sguardo esterno giudicante.Gli incontri hanno evidenziato le strategie “disfunzio-nali” messe in atto dai genitori: negazione e proiezionedella colpa, per individuare un colpevole esterno(amici, cattive compagnie, società) e proteggere leparti buone del sé; assunzione eccessiva della colpa cheparalizzava la messa in gioco di competenze; delega delruolo educativo conseguente ad un vissuto di impoten-za; ipercontrollo e protezione come difesa dalla paura;oscillazione tra un passato immodificabile e un futuroin cui tutto cambia magicamente, che allontanava dallapossibilità di mettersi in gioco nel qui ed ora.Altri contenuti emersi hanno riguardato tematiche re-lative alla relazione di coppia genitoriale: movimenticollusivi della coppia contro il figlio o tra un genitoreed il figlio contro l’altro genitore, all’interno di unarelazione di coppia in cui il gioco era scaricare reci-procamente la responsabilità.Il confronto tra genitori ha consentito l’emergere diposizioni diverse e di uno sguardo più articolato su unarealtà complessa che rifugge da letture banalizzanti eriduttive. I genitori hanno iniziato a sperimentare la possibilità di:· Riconoscere le emozioni e gestirle in modo piùcompetente, per evitare l’oscillazione tra posizioniestreme (tutto/niente, dentro/fuori, impotenza/onnipotenza);· Riscoprire le proprie competenze, passando dalladelega all’accompagnamento all’interno di una retedi sostegno complessa e integrata (operatori, geni-tori, contesto sociale);· Ritrovare la capacità di empatizzare con i figliriconoscendo le reciproche fatiche e fragilità;· Sperimentare appartenenza e condivisione peruscire dalle dimensioni della vergogna e dal timoredel giudizio che alimentano solitudine e isolamento;· Ritrovare una alleanza della coppia genitoriale, perevitare elementi disfunzionali o collusivi nellarelazione con il figlio.

In momenti idonei, oltre che su esplicita richiesta deigenitori sono state fornite informazioni sugli aspettisanitari, psicologici e legali legati alle sostanze stupe-facenti.

ConclusioniLe esperienze attivate hanno rappresentato una primasperimentazione che richiede di essere rivista e affina-ta, al fine di introdurre una prassi diffusa, consolidatae verificata.Per migliorare le modalità di aggancio e di invio, l’or-ganizzazione futura ha ipotizzato la calendarizzazionedegli incontri, con una proposta di 3-4 percorsi digruppo definiti all’inizio di ogni anno. Si è definita laproposta di decentrare l’esperienza di gruppo nelle sediperiferiche, con l’eventuale accorpamento di sedivicine, al fine di poter garantire gruppi adeguatinumericamente e più facilmente accessibili nella di-stanza. Si è inoltre riflettuto sull’opportunità di indi-viduare sedi in spazi esterni ai Ser.T (es. consultorifamiliari) al fine di evitare rischiosi processi di conno-tazione dei ragazzi in termini tossicomanici.

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ADOLESCENZA: vulnerabilità,esordi psicotici, dipendenzeinforma

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n 25 - OTTOBRE 2014

COME L’INTEGRAZIONE A TRELIVELLI CONTIENE UNA PSICOSI

a cura di Sonia Biscontini* e Loredana Mancini***Medico psichiatra, Direttore del DipartimentoDipendenze della ASL2 dell’Umbria (Foligno-Spoleto-Valnerina-Terni-Narni-Orvieto)**Psicologa e psicoterapeuta esperta in gruppoanalisi,svolge attività libero professionale con incarico di con-sulente in qualità di psicologa clinica, psicodiagnosta epsicoterapeuta presso il Servizio per le Dipendenze dellaASL2 di Foligno. L’esperienza professionale è resa possi-bile attraverso l’integrazione tra il servizio pubblico ed ilprivato sociale della Cooperativa “La Tenda” di Foligno.

A. è una ragazza di 17 anni. Arriva al servizio “Girovento” del DipartimentoDipendenze-sede di Foligno- (dedicato ad utenti gio-vani con problematiche di uso/abuso) nel maggio2014, dopo cinque mesi intessuti da una serie di, piùo meno lunghi, ricoveri sia presso ospedali pubbliciche cliniche private per un presunto esordio psicoticoforse accelerato da un abuso di cannabinoidi. Il padreprende contatti telefonici con il servizio stesso ed inparticolare con la dott.ssa Biscontini Sonia.Nonostante la distanza fisica tra il piccolo paeseumbro nel quale risiede la famiglia della ragazza e ilservizio per le dipendenze di Foligno, questo ostacolonon appare rappresentare un problema per una richie-sta di aiuto che sembra ormai votata alla ricerca spa-smodica di una soluzione a qualsiasi costo e connota-ta emotivamente di un carico enorme che “costringe”la famiglia a spostarsi da una parte all’altra dell’Italiaper contattare i migliori psichiatri e psicoterapeuti. Sia la ragazza stessa che la sua famiglia sono, infatti,esasperati da un periodo di lungo disagio al quale, congrande difficoltà e in modo piuttosto disorganizzato,sembrano aver fatto fronte quando giungono alservizio. L’arrivo, che avviene in “gruppo” (padre,madre, fratello e A.), fa prendere avvio inizialmente aduna normale procedura di accoglienza che vede coin-volte diverse figure professionali come da prassi delservizio: psicologo, psichiatra, assistente sociale,medico, educatore. A fronte di una famiglia che si stava frammentando(così come un buon funzionamento psicotico comanda)tra una clinica psichiatrica sita in Lombardia, uno psi-coterapeuta familiare in Toscana ed uno psichiatra nelLazio, questo primo livello di integrazione che oltrepas-sa la prospettiva individualistica e coinvolge un’equipemultidisciplinare appare funzionale a stabilizzare “l’ag-gancio” della famiglia con il servizio stesso ed a creareun gruppo di professionisti con ruoli diversi che, oltread accogliere, può progettare un programma di inter-vento terapeutico congruente e mirato. Quando una

persona o una famiglia si rivolge ad un servizio per unadiagnosi o per una richiesta di cura, che cosa è impor-tante? In quante persone, luoghi e storie è organizza-ta quella particolare domanda? In altre parole, non sitratta di passare da uno stato di “contaminazione”soggettiva a uno di “asettica” scientificità o il con-trario, ma di accogliere responsabilmente l’idea ditransitare entro varie premesse e cornici di contesto,presupposti, cercando di orientare questi continui pas-saggi. È difficile a questo punto non ammettere chenon si può non categorizzare, né evitare di collegareeventi secondo i propri modelli personali, o costruiremappe secondo talune concezioni, né evitare di agirecon le persone sulla base di una qualche pre-compren-sione di esse. Si potrebbe cominciare a tollerare il pen-siero che non esistono modi oggettivi o neutri ditrattare l’alterità, sia essa insita nel cliente-utente chenei colleghi di lavoro? Paradossalmente altrimenti nonsarebbe pensabile occuparsi o farsi carico delle impli-cazioni e delle conseguenze diverse derivanti daidiversi modi di raccontare la realtà circostante, spe-cialmente nel caso del paziente psicotico. Si trat-terebbe non tanto di far discendere un risultato da uncorpus tecnico e teorico costruito, quanto di utilizzarela propria “tecnicalità” come bussola verso la rifles-sione individuale e di gruppo con l’equipe professio-nale di riferimento, al fine di reperire categorie fon-danti le specifiche modalità di intervento che possanofornire modelli operativi specifici.

Dopo un periodo di circa due settimane di osservazionei sintomi della ragazza, nonostante una potente ter-apia farmacologica impostata precedentemente all’arri-vo della ragazza al servizio, appaiono peggiorare visi-bilmente, con deliri, allucinazioni di vario genere ecomportamenti aggressivi verso i suoi familiari cosìviolenti da richiedere un ricovero immediato pressol’ospedale di Foligno (in SPDC). Qui il gruppo di lavorodel servizio, nonostante una fortissima resistenza dellafamiglia e di A. stessa, prende contatti ed integra nel-l’equipe professionale la psichiatra dell’ospedale che siprende cura della ragazza, la quale imposta una nuovaterapia farmacologica che sembra, già dai primi giorni,trasformare e riportare tutto il nucleo familiare ad uncontatto più aderente alla realtà. Il padre, ad esempio,che da sempre aveva rimarcato l’idea ferma che il pro-blema della figlia fosse solo l’uso eccessivo di so-stanze, comincia a rendersi conto che esiste anche unproblema di natura psichiatrica, che riguarda nonsoltanto la sofferenza della ragazza ma di tutto unquadro familiare in crisi. Emergono, sempre in questofrangente temporale, il forte disagio della madre e delfiglio maschio che in questo ultimo periodo hannosospeso completamente la loro dimensione vitale e fer-mato il tempo abbandonando rispettivamente lavoro escuola per seguire le sorti di questa angosciante situa-zione. Prende corpo in questo periodo la tecnica(ormai variamente sperimentata dal servizio Girovento)del “gruppo sul caso” dove tutti gli operatori coinvoltinella situazione si fermano intorno ad un tavolo asoppesare il quanto fatto ed a riflettere in modo con-giunto e condiviso sul da farsi. Questo secondo livello di integrazione che vede coin-

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volte diverse figure professionali del servizio pubbli-co (sia esterne che interne al servizio per le dipenden-ze) che del servizio privato permette di creare unarete che sostiene e trova una possibile strategia diintervento. Ricomprende anche lo psichiatra dell’SPDCe l’assistente sociale del comune di residenza dellaragazza (c’era, infatti, un fascicolo aperto al tribunaleminori a causa di una pregressa fuga da casa dellaminore). Si ipotizza e rende fattibile il progetto di pro-porre alla ragazza e ai suoi familiari un periodo di di-stacco dalla famiglia, così a lungo invischiata e intrap-polata entro se stessa, in una comunità per adolescen-ti. Viene scelta la Comunità Educativa per Minori “LaTenda” sita a Foligno con l’idea di poter mantenere vi-cina l’utente alle figure di cura a cui stanno sempre piùfacendo riferimento (non troppo lontana dalla residen-za della famiglia). Si concorda un periodo a breve ter-mine per monitorare gli esiti e gli eventuali sviluppi. Irisultati sembrano andare nella direzione sperata tantoche A. riesce in questo contesto ad avviare un percor-so di psicoterapia con l’obiettivo di cercare di ristrut-turare un’identità ormai devastata ed a scalare partedella terapia farmacologia (all’interno della psicote-rapia emerge abuso pregresso di sostanze stimolantioltre che di cannabis).Anche gli educatori da diversi mesi afferiscono e hannoun importantissimo ruolo attivo all’interno del “grupposul caso” dando avvio ad un terzo fondamentale li-vello di integrazione tra ambito sociale ed ambitosanitario che sviluppa le sue prerogative in un inter-vento di ricostruzione di una rete sociale ed affettivaper la ragazza sul territorio, la ripresa di un percorsoscolastico da tempo abbandonato, la finalità di recu-perare la capacità di intessere relazioni affettive fun-zionali e soddisfacenti. Attualmente A. sta assumendo una terapia farmacolo-gica consistente in: aripiprzolo 20mg./die e valproato500 mg./die; le allucinazione uditive e visive sonosparite quasi completamente (sono presenti solo inmomenti di forte tensione emotiva) non è più aggres-siva, ha ripreso gli studi, fa delle uscite programmatecon amiche, vede la sua famiglia regolarmente duevolte a settimana e sta cercando di scegliere un’atti-vità extrascolastica da frequentare. Sia la madre che ilpadre hanno ripreso la loro attività lavorativa e sonoseguiti da due terapeuti singolarmente (dopo un ten-tativo fallito di terapia di coppia) ed hanno colloquibimestrali con la psicoterapeuta che segue ormai sta-bilmente la figlia. Il fratello ha recuperato l’anno sco-lastico perso e prosegue il suo percorso scolastico conun possibile progetto per un accademia militare anco-ra in fase di ripensamento. L’obiettivo che ci siamo datiè quello di provare a modificare almeno alcune delledinamiche famigliari che riteniamo essere all’originedell’abuso di sostanze da parte di A (figlia considerata“perfetta” prima di allora).La costruzione di un percorso terapeutico competentedovrebbe essere volto alla promozione di capacità cherendano possibile l’organizzazione delle rappresen-tazioni e auto-rappresentazioni, le quali implementinole personali capacità di consapevolezza di sé nel con-testo e che rendano abile il soggetto a tenere presen-ti contemporaneamente sé, contesti, relazioni, risorse

e vincoli rintracciabili. I servizi territoriali, almenocome significato letterale, vivono tra le culture, i grup-pi e le persone che di quelle culture sono i portatoriattivi e all’interno delle interazioni si moltiplicano, siintendono e fraintendono, si definiscono e ridefini-scono. Astrattamente si può scegliere di evitare di farsicarico di queste azioni e retroazioni relazionali,rinchiudendosi nella ripetizione del già detto, del giàfatto, rendendosi prigionieri di sterili schemi tauto-logici, ma operativamente è impossibile non tenereconto di tutto ciò che, sfuggendo a piani di previsione,progettazioni e programmazioni, tracima dai e nei vis-suti di chi lavora nei servizi e nella funzione terapeu-tica di chi ne usufruisce.

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informa ADOLESCENZA: vulnerabilità,esordi psicotici, dipendenze

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n 25 - OTTOBRE 2014

CONDIVIDERE, COOPERARE, COPROGETTAREESPERIENZE DI PREVENZIONE DELDISAGIO GIOVANILE NELL’AREADELLE DIPENDENZE: Progetto “Friends” e Progetto“Integrazione degli Interventi”

Ciaramitaro Marina*, Bova Antonina**Berardi Marco***, Ripoli Giovanna**** Natala Barbagallo*****Maria Laura Stancampiano******Spinnato Giampaolo********Dirigente Psicologo – UOC Dipendenze PatologicheAsp Palermo**Dirigente Medico – UOC Dipendenze Patologiche AspPalermo***Educatore Professionale – UOC DipendenzePatologiche Asp Palermo****Dirigente Pedagogista – UOC DipendenzePatologiche Asp Palermo*****Dirigente Psicologo – UOS Ser.T Termini ImereseAsp Palermo******Dirigente Psicologo – Consultorio Noviziato AspPalermo*******Dirigente Medico – UOS Ser.T PA2 Asp Palermo

Negli ultimi anni, nell’ottica della metodologia di rete,l’UOC Dipendenze Patologiche ha attuato un sistema dicollaborazione attraverso protocolli operativi con iSer.T e altri servizi dell’ A.S.P. di Palermo (UfficiEducazione alla Salute, Consultori, U.O. Comunicazionee Informazione, etc.), Pubbliche Amministrazioni(Prefettura, Scuole, Enti Locali) e realtà del no profit edel volontariato.I Progetti “Integrazione degli Interventi” e “Friends”,insieme agli operatori del privato sociale e ai docentidelle scuole,hanno evidenziato la peculiare positivitàdel lavorare insieme nel condividere, cooperare, copro-gettare al fine di costruire buone relazioni, per favori-re la salute e il benessere in adolescenza. Sono stateinoltre osservate, spiegate e valorizzate, le relazionipiù significative per una corretta crescita emotiva deiragazzi (genitori, docenti, operatori sanitari, adultisignificativi, coetanei, etc.).Il Progetto “Integrazione degli Interventi” ha previstola realizzazione delle seguenti attività:• Sportello d’ascolto - a scuola - dedicato agli ado-lescenti e alle famiglie per un’azione di prevenzio-ne e promozione della qualità della salute;

• Incontri a scuoladedicati a gruppi costituiti da1/2/3 classi di studenti con finalità informativa;

• Ambulatorio dedicato al contenimento del rischio

con sportello clinico di consulenza per adolescentie famiglie.

Il Progetto “Integrazione degli Interventi” e il Pro-getto “Friends” in sinergia hanno previsto la realizza-zione delle seguenti attività:• Incontri a scuola dedicati a gruppi di studenti confinalità informativa e con i seguenti obiettivi for-mativi:1) favorire un percorso di conoscenza di sé, degli

altri, del contesto di appartenenza, al fine diaumentare il livello di consapevolezza deiragazzi, sugli effetti delle azioni in relazione alcontesto;

2) contribuire a sviluppare una competenza con-testuale che aiuti a riconoscere le richiesteesplicite ed implicite che provengono da chi cista intorno;

3) implementare il livello di consapevolezza sulsignificato dei comportamenti in relazione alluogo in cui il giovane si trova e alle aspetta-tive che pensa gli altri abbiano su di lui;

4) implementare il pensiero critico, cioè la capa-cità di leggere i contesti e riconoscere i vincoli,lavorando sulla propria autostima, sviluppandouna maggiore consapevolezza di sé e dei propriruoli.

• Formazione dedicata ai docenti, finalizzata a for-nire nuovi strumenti per individuare le diverseespressioni del disagio giovanile e per gestire lesituazioni a rischio anche attraverso l’analisi deglistili di vita e degli attuali modelli di consumo disostanze.

• La ricerca finalizzata ad esplorare lo stile di vitadegli adolescenti e le informazioni in possesso deiragazzi sulle sostanze e sui loro effetti, il livello diautostima e la qualità delle relazioni familiari. Glistrumenti utilizzati sono:- Questionario - P.A.C.S.S. - Percezione ed At-tribuzione Caratteristiche Sostanze Stupe-facenti -Costituito da 27 item per la valutazione dellepremesse legate alla diversa percezione delrischio in adolescenza (negli adolescenti valutala sottostima delle situazioni di rischio).Autori: A.C. Casiglia, M. Ciaramitaro, G. Ripoli,G. Spinnato, M.L. Stancampiano

- Test TMA - valutazione multidimensionale del-l’autostima - É stata utilizzata la -Forma ridotta a 57 item-Autori: G. Manna, A. Mirisola, S. BocaTest R.A.R. - Relazioni-Accudimento-RegoleAutori: G. Ripoli, M. L. Stancampiano

Dall’esperienza e dalla ricerca è emerso che tra i fatto-ri che proteggono i giovani dai comportamenti arischio e dal disagio in generale, si distinguono la qua-lità delle relazioni dei giovani con i genitori e i docen-ti, la qualità dell’accudimento che i genitori possonosvolgere nei confronti dei figli e, infine, il ruolo edu-cativo delle regole.Per quanto riguarda le regole è emerso un rapportocontraddittorio tra il riconoscimento dell’importanzadelle regole e la loro reale messa in atto; pertanto con-sideriamo importante una riflessione sull’importanza

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nel far rispettare le regole e quindi far percepire airagazzi un equilibrio tra contenimento e controllo,sulla negoziazione delle regole e sul modo in cui farlerispettare.Inoltre si evince quanto sia utile lavorare sullarelazione genitori/figli, coinvolgendo nei progetti dipromozione alla salute entrambi i genitori, in partico-lar modo la figura paterna che dai dati risulta menopresente o percepita tale dai ragazzi,anche per media-re vecchie regole con nuove, più consone all’evoluzionedella struttura familiare in funzione dei figli adole-scenti.Anche la scuola ha un ruolo fondamentale come fattoreprotettivo per quei ragazzi che la frequentano conregolarità, che sentono di essere considerati affidabilidai docenti, che si impegnano nello studio e che per-cepiscono di essere stimati anche dai loro genitori iquali ne riconoscono l’impegno scolastico. Dai dati emersi si evince anche che in situazioni di di-sagio la maggioranza dei ragazzi non si rivolge aidocenti, per tale motivo il secondo anno di formazioneai docenti ha centrato la riflessione sul rapporto pro-fessori/alunni, soffermandosi sulle difficoltà che gliinsegnanti possono incontrare nel rispondere allenecessità emotive e cognitive degli alunni.Dall’esperienza dei Progetti Integrazione degliInterventi e Friends è nata l’idea di incontrare un grup-po di genitori che lavorasse all’interno della scuolainsieme agli operatori del Ser.T di Termini Imerese peruna riflessione sul ruolo genitoriale e sulle potenzialitàe problematicità nelle relazioni con i figli adolescenti.Il laboratorio, replicato per tre anni scolastici, è statosvolto all’interno del Liceo Psicopedagogico diCaccamo, coinvolgendo 15 genitori degli alunni delleclassi prime e seconde, che volontariamente hannoaderito all’idea progettuale, presentata durante unprimo incontro informativo.Il nome del progetto “L’albero della Vita” è stato scel-to e utilizzato come metafora trigenerazionale:• Le radici: i nonni (genitori nel loro rapporto conl’essere stati figli)

• Il fusto: i genitori (nella loro relazione con i figli)• La chioma: i figli (evoluzione della famiglia)

In una lettura temporale tale metafora è stata utile perdare spazio alle tre prospettive relative al passato- pre-sente-futuro.Le modalità di ascolto, comunicazione e condivisionehanno favorito il passaggio della “classe genitori” daelementi individuali a gruppo che dialoga e si confron-ta, favorendo così l’ acquisizione di nuove competenzerelazionali.Il lavoro sull’ascolto ha permesso l’accettazione reci-proca nel rispetto e nella valorizzazione delle differen-ze individuali.Interessante è stato il coinvolgimento personale diognuno di loro nel ripartire dalle proprie radici peresplorare incontro per incontro quanto radici, fusto echioma,ovvero passato, presente e futuro sono interdi-pendenti. L’idea positiva e trasversale che abbiamovoluto trasmettere è stata quella del cambiamentocome evoluzione costruttiva all’interno delle relazioni.

Bibliografia

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• Caprara, G.V.& A. Fonzi (2000). (Eds.), L’età sospesa.Itinerari del viaggio adolescenziale (pp. 59-89).Giunti:Firenze.

• Cattelino, E. (2000). In Nucleo Monotematico: Relazioni trai pari e benessere psicosociale in adolescenza. Età evoluti-va, 65, pp.102-11.

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• Scabini, E., (1995). Psicologia sociale della famiglia.Sviluppo dei legami e trasformazioni sociali. BollatiBorigheri:Torino.

• Zani, B. (1997a). L’adolescente e la famiglia. In A.Palmonari (Ed.), Psicologia dell’adolescenza (pp. 202-24).Il Mulino: Bologna.

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DIAGNOSI PRECOCE PER UN INTERVENTO TEMPESTIVO: TRA RISCHIO E PROTEZIONE

Coppin Paola, medico psicoterapeuta, CoordinatoreServizio Diagnosi Precoce, Ser.T ConcaTiziana Antonini, psicologo psicoterapeuta,Prevenzione SpecificaDaniela Gavarini, ed. professionale, Ser.T ConcaAntonella Possi, psicologo psicoterapeuta, CFI/Ser.T ConcaFrancesca Sassella, medico psichiatra, Ser.T ConcaCorrado Celata, dirigente Resp. Att. PrevenzioneSpecifica Dipartimento Dipendenze Asl MilanoPaola Sacchi, medico psichiatra Dir. SC Ser.T 2Dipartimento Dipendenze Asl Milano.

In ambito psichiatrico la questione del riconoscimentoe della gestione degli esordi psicotici nei giovani è untema di grande interesse: la diagnostica precoce per-mette l’intervento tempestivo e aumenta notevolmentele possibilità di guarigione e il miglioramento deldecorso di malattia. Tale modello può fornire spuntiutili per ripensare e operare in termini “precoci” anchenel campo delle dipendenze patologiche. Nell’area delle tossico/alcol dipendenze la DiagnosiPrecoce si configura come “attività diagnostica speci-fica” relativa agli esordi della dipendenza patologicaindipendentemente da età e sostanza: si osserva lafase iniziale del consumo. La tossicodipendenza è una psicopatologia, una malat-tia curabile con successo: i risultati migliori si otten-gono proprio in relazione alla precocità dell’interventomultidisciplinare grazie ad una raffinata strategia diag-nostica dei sintomi recenti. Nella dipendenza patologica l’osservazione del lungotempo di latenza (anni) dall’esordio alla presa in cari-co nei Servizi suggerisce un’attenta analisi dei diversiaspetti di criticità e danno iatrogeno: i fenomeni distigmatizzazione relativi alla tossicodipendenza, aiservizi (Ser.T) ed alla fase trattamentale del paziente;la difficoltà nel distinguere i sintomi da una “normale”esperienza adolescenziale; il rischio di intercettarefalsi positivi cui può conseguire l’immissione incon-grua nei sistemi di cura.Gli aspetti di complessità presenti in una logica didiagnosi precoce sono diversi e meritevoli di atten-zione: il cambiamento culturale, le modificazioni del-l’atteggiamento nei confronti della malattia e del con-sumo, la trasformazione organizzativa dei servizi edella prassi di intervento rappresentano tre fattori cheimpattano sull’applicazione dell’approccio metodologi-co diagnostico precoce.In questi anni lo studio dei mutamenti socioculturaliha permesso di osservare e verificare come siano real-mente cambiate le modalità di assunzione e le carat-

teristiche della popolazione che usa sostanze legalie/o illegali. Attualmente il consumo di sostanzeappare trasversale alla popolazione: sono coinvolti gliadolescenti, i giovani e gli adulti che affrontano quo-tidianamente le difficoltà nel complesso contestoattuale di vita (lavoro, famiglia, relazioni sociali).L’esordio più frequente riguarda statisticamente i gio-vani anche minorenni. La Diagnosi Precoce permetterebbe la valutazione del“rischio” di diventare tossicodipendenti rispetto all’u-so sperimentale/ricreazionale: l’attività presenta areedi sovrapposizione con quella che in letteratura vienedefinita Prevenzione Indicata destinata a soggetti adalto rischio con minimi ma rilevabili segni o sintomiche prefigurano il disturbo, senza necessariamentesoddisfare i criteri per entrare a pieno titolo nella dia-gnosi di tossicodipendenza.Dal punto di vista metodologico si utilizza unaimpostazione diagnostica di valutazione del rischiocon l’individuazione e la verifica sia di fattori di rischiosia di fattori protettivi. L’approccio richiede cautela edattenzione: si sottolinea in particolare l’evidenza diquanto possa essere preoccupante per l’adolescente ela sua famiglia interpretare aspetti trasgressivi fun-zionali alla crescita come sintomo di patologia concla-mata, sono altresì note quali possano essere le con-seguenze del ritardo diagnostico.Si propone un vertice di osservazione attento rispettoai vantaggi della Diagnosi Precoce per un interventotempestivo ed efficace: si considera realizzabile unariduzione della morbilità, un processo di guarigione piùrapido e una prognosi migliore, il mantenimento delleabilità psicosociali e lo sviluppo delle risorse perso-nali, l’integrità/incremento delle reti familiari erelazionali, una ridotta ospedalizzazione (es. la comor-bilità), la riduzione infine dei costi economici di si-stema.La Diagnosi Precoce si configura come un insieme diattività svolte all’interno di un Servizio per leDipendenze Patologiche. L’attività diagnostica si pro-pone l’obiettivo di stilare un profilo di rischio (basso –medio - alto) rispetto alla possibilità di sviluppare omeno una dipendenza patologica partendo dallo statodi esordio sintomatologico (sintomo inteso comesegno): le azioni sono differenziate per situazione el’intervento è individualizzato. La standardizzazioneriguarda gli strumenti e la prassi, non i pazienti cheaccedono al Servizio. In sintesi le attività svolte/offerte: consulenza/con-sultazione al paziente giovane/adulto, ai minori e agliadolescenti, alle relative famiglie/genitori; colloquiclinici di prevenzione ed individuazione delle risor-se/valutazione del rischio, follow-up ed eventuale trat-tamento se uso problematico. Ad oggi la durata dellavalutazione del rischio effettuata nei minorenni accol-ti come servizio Diagnosi Precoce, dalla apertura dellacartella del soggetto (ciclo diagnostico) alla restitu-zione alla famiglia, varia dai 60 ai 90 giorni. Il nume-ro dei pazienti in carico per la valutazione del rischiodi sviluppare una dipendenza rappresenta un terzodegli accessi totali di famiglie al Servizio di DiagnosiPrecoce. Il tempo medio di presa in carico dei pazien-ti con cartella aperta è di 12 mesi: la prevalenza del

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medio rischio nelle valutazioni finora effettuate per-mette di utilizzare le risorse disponibili in ambito cli-nico presso il Sert. Si offre un monitoraggio tossicolo-gico/sanitario e psicologico per confermare e/o rivalu-tare il tipo di rischio individuato nella prima fase dia-gnostica. Si prevede nel caso dei pazienti ad altorischio un trattamento precoce educativo grazie allacollaborazione con l’Attività di Prevenzione Specifica(Prevenzione Indicata) e la messa in campo delle risor-se/competenze degli operatori afferenti a tale organiz-zazione.

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GIOVANI TOSSICODIPENDENTI DI OGGI IN TRATTAMENTO RESIDENZIALE:CHI SONO E DI COSA NECESSITANO?

Cristofalo P.*, Parolin**, M., Simonelli A.****Psicologa, Psicoterapeuta, Direttrice ComunitàTerapeutica “Villa Renata”**Psicologa, Borsista di ricerca. Università di Padova,Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e dellaSocializzazione***Psicologa, Psicoterapeuta, Ricercatrice. Universitàdi Padova, Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo edella Socializzazione

Introduzione. Attualmente, l’ambito del trattamentodel disturbo da dipendenza da sostanze in giovane etàpone considerevoli sfide, che richiedono continue evo-luzioni e adeguamenti. In primo luogo, al seguito delmovimento evidence-based, il bisogno di riscontriempirici e verificabili rispetto ai dispositivi di tratta-mento erogati, nei termini di garanzia di efficacia e diottimizzazione delle risorse. Tuttavia, ad oggi, emergela carenza di ricerche sugli esiti del trattamento in gio-vane età in generale, e nello specifico, di valutazionedel trattamento residenziale (Tranner-Smith, et al.,2013; Winters, et al., 2011). Le modalità di interventodevono inoltre porsi in sintonia con il costante muta-re del fenomeno, che si caratterizza per il diffondersidel poliabuso, nuove sostanze di sintesi, esordio pre-coce e un numero in crescita di utenti in carico conmeno di 25 anni (DPA, 2013; OEDT, 2012; EMCDDA,2013). Ne conseguono criticità relative ad un quadropersonologico e cognitivo ancora in evoluzione, di dif-ficile comprensione e di scarsa conoscenza. Il neuro-sviluppo in età adolescenziale, che coinvolge primaria-mente le aree prefrontali (Rubia, et al., 2000), implicauna vulnerabilità sia verso l’uso di sostanze sia i loroeffetti (Crews, et al., 2007) ed evidenze empiricheattestano l’effetto neurotossico di una varietà disostanze, con deficit neuropsicologici spesso durevolinel tempo (Bartzokis, et al., 2002; Lisdahl, et al.,2013; Jacobsen, et al., 2004; Pau, et al., 2002; Tapert,et al., 2002). La tossicodipendenza in giovane si asso-cia ad altre consistenti disfunzionalità: un funziona-mento emotivo inadeguato, con forti tratti di alessiti-mia, sensation seeking e insufficienti abilità di gestio-ne dello stress (Dorard, et al., 2008; Eftekhari, et al.,2004; Romer, et al., 2007), stili di attaccamento insi-curi e profili di personalità psicopatologici (Moran, etal., 2006; Schindler, et al., 2005). Risulta quindi fon-damentale l’implementazione di esperienze cliniche diintegrazione sia sul piano del trattamento, con l’arti-colarsi di interventi di diversa natura, sia rispettoall’inserimento sistematico delle metodologie di ricer-

ca empirica nel dispositivo terapeutico.

Obiettivi. Attraverso l’illustrazione dei risultati emersidal progetto P.A.T.W.A.Y. (Psychological Assessmentand Treatment with Addicted Youth), nato dalla colla-borazione tra la Comunità Terapeutica Villa Renata diVenezia e l’Università di Padova e basato sull’imple-mentazione di un protocollo psicodiagnostico multi-method e longitudinale (a 1, 6, 12 mesi) si intendepresentare un’esperienza di integrazione tra trattamen-to residenziale per giovani tossicodipendenti di tipoeducativo e terapeutico, psicodinamicamente orienta-to, e un impianto di ricerca empirica rivolto all’asses-sment psicodiagnostico. Un primo sotto-obiettivointende offrire un contributo alla conoscenza del pro-filo psicodiagnostico che caratterizza i giovani tossi-codipendenti in trattamento residenziale (età 18-24).In secondo luogo, ci si propone di individuare le areedi funzionamento psicologico di maggiore criticità ecentralità e, quindi, eleggibili a focus del trattamento.

Metodo. La ricerca ha coinvolto 27 utenti tra i 18-24anni, a cui è stato somministrato all’ammissione inComunità Terapeutica un protocollo multi-method,multi-informant (affiancando ai self-report metodolo-gie di etero-valutazione, con il coinvolgimento deglioperatori di comunità) e integrato. Le aree oggetto diindagine comprendono: sintomatologia attuale (SCL-90-R; Sarno, et al., 2011), funzionamento globale(GAF; APA, 2000); profilo neuropsicologico (ENB2;Mondini, et al., 2011), funzioni esecutive (ADD; DelCorno, et al., 2007), locus of control (Nigro, et al.,1982), coping (COPE-NVI; Sica, et al., 2008), alessiti-mia (TAS-20; Bressi, et al., 1996; OAS; Haviland, et al.,2000), intelligenza emotiva (EQ-i; Franco, et al.,2009), sensation seeking (sss-vi; Galeazzi, et al.,2003), profilo di personalità (SWAP-200; Westen, etal., 2003) e attaccamento (AAI; Main, et al., 1985).

Risultati. Il gruppo di soggetti valutati presentaun’età media di 20,96 anni (±2,48) ed è costituito inprevalenza da maschi, con il 40,7% di femmine(N=11).

Sintomatologia e funzionamento globale. Il funziona-mento globale del campione, valutato tramite GAF,risulta per lo più inadeguato, in quanto inferiore alcut-off di 70 per l’81,5% dei soggetti, maggioranzastatisticamente significativa [�²=10,704, p=.001].Similmente, la check-list SCL-90-R riporta che il 62,9%dei soggetti presenta un disagio psichico di grado cli-nico, quadro in cui le dimensioni sintomatologiche piùrappresentate sono quelle della depressione (62,9%) edell’ansia (59,2%) [Q di Cochran (df=8)=17,304 sig] .Funzionamento cognitivo. La valutazione del funziona-mento neuropsicologico tramite ENB-2 ha rilevato lapresenza di un profilo cognitivo inadeguato nel 59,2%(N=16) dei soggetti e ha inoltre individuato nelle abi-lità mnestiche (Test Memoria Prosa Immediata) eattentive (TmtB) i domini cognitivi più frequentemen-te compromessi, rispettivamente nel 40,7% e nel66,7% dei casi [Q di Cochran (df=15)=58,119 sig]. I sog-getti sembrano di fatto riscontrare difficoltà in quei

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compiti della quotidianità che richiedono il coinvolgi-mento delle capacità di memoria di lavoro (51,9%),come attestato dalle scale ADD, che indicano come cri-tiche anche le capacità di controllo esecutivo degliaffetti (55,6%). Locus of control e coping. La presenza di un locus ofcontrol esterno caratterizza una quota consistente deipartecipanti (48.1%), la cui maggioranza, secondo ilgiudizio dell’operatore di riferimento, presenta infattianche inadeguate capacità di coping in maniera diffu-sa, con valori sottonorma in almeno due ambiti per il74,1% dei casi [�²=6,259, p=.012]. I soggetti sembra-no ricorrere preferibilmente a modalità evitanti(55,6%) e appaiono in particolar modo incapaci diadottare un’attitudine positiva (63%) e un orienta-mento concreto al problema (74,1%) adeguati [Q diCochran (df=3)=17,123 sig]. Tale quadro non trovariscontro nei risultati dell’auto-valutazione dei parteci-panti, che tendono a non essere consapevoli di questedifficoltà, riportando minori difficoltà [McNemar,p=0,013].Funzionamento affettivo. Emerge la presenza di fortitratti alessitimici nel caratterizzare il funzionamentoemotivo della maggior parte del campione (85,2%),come individuato dal terapeuta individuale al test OAS[�²=13,370, p=.000], in virtù di punteggi sopra-normanella scala “distanziamento” (77,8%) e “incapacità diinsight” (74,1%) [Q di Cochran (df=3)=37,603 sig].Anche in questo caso emerge una scarsa consapevolez-za delle proprie problematicità da parte dei soggetti,che si riconoscono un disturbo alessitimico solo nel37% dei casi [McNemar, p=.001]. Un secondo trattodistintivo viene rintracciato in quote elevate e supe-riori ai valori normativi di sensation-seeking per lamaggio parte dei soggetti, sia relativamente alla scala“esperienze di avventura” (55,6%) sia “esperienze didisinibizione”(77,8%) [�²=8,333, p=.004]. Tuttavia, lamaggior parte dei soggetti nega l’intenzione di coin-volgersi ancora in comportamenti simili [�²=4,481,p=.034][ �²=8,333, p=.004]. In linea con i primi risul-tati, il questionario IBC riporta un grado elevato dicoinvolgimento in comportamenti pericolosi e dipotenziale incidentosità durante l’infanzia nella mag-gior parte del campione (55,6%). Infine, l’intelligenzaemotiva di questo gruppo di giovani tossicodipenden-

ti presenta dei valori inferiori a quanto attesto per il59,3% dei soggetti. I partecipanti riportano difficoltàprimariamente nelle dimensioni di gestione dello stress(70,4%) [�²=4,481, p=.034], umore generale (63,1%) ecapacità intrapersonali (55,6%) [Q di Cochran(df=4)=15,822 sig]Stile di attaccamento. Nel contesto di una generalepredominanza di stili di attaccamento insicuri, la cate-goria insicura più rappresentata nel campione è quellaDistanziante-Dismissing (56%), soprattutto nellavariante idealizzante DS1 (71,4%), seguita dallo stilePreoccupato (36%). Profilo di Personalità. Alla valutazione con SWAP-200,la maggior parte dei giovani dipendenti valutati hapresentato un Disturbo di Personalità (74,1%)[�²=6,259, p=.012] secondo sia la classificazione DSM-IV, sia QT della SWAP. Nel primo caso i tratti e distur-bi più riscontrati sono quello Borderline (55,5%) eIstrionico (51,8%); anche in accordo alla categorizza-zione QT, si individuano più frequentemente tratti odisturbi di tipo Istrionico (44,4%) e Disforico-condisregolazione (33,3%), a cui si aggiungono le catego-rie Dipendente (48,1%) e Antisociale (33,3%) [Q diCochran (df=11)=33,824 sig]. La presenza di eventuali correlazioni tra i costruttivalutati è stata indagata tramite il coefficiente Rho diSpearman. Come illustrano i Grafici 1 e 2 emerge lacentralità delle abilità cognitive, le quali si associanoal funzionamento in numerosi altri ambiti (affettività,coping, personalità, variabili socio-demografiche). Inaggiunta, appare prominente il ruolo delle capacità difronteggiamento degli eventi stressanti e la percezio-ne di controllabilità e responsabilità di essi.

Discussione e sviluppi futuri. L’esperienza di integra-zione dell’impianto clinico con una prospettiva di ricer-ca empirica ha permesso di aumentare la comprensio-ne di un target di utenza che ad oggi presenta molte sfide e zone d’ombra, rispondendo all’esigenza di cono-scere per poter trattare. Nell’insieme, emerge che i gio-vani tossicodipendenti indirizzati al trattamentocomunitario presentano un quadro psicopatologico chesi inserisce in una costellazione di fattori di rischiopsico-sociale estremamente ampia e che si caratterizzaper aspetti di grave criticità, primi tra tutti la presen-

LA PERSONA CON PROBLEMATICHE DI ABUSO O DIPENDENZA 5ADOLESCENZA: vulnerabilità,esordi psicotici, dipendenze

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za diffusa di deficit neuropsicologici e le difficoltà dicoping e gestione dello stress. Il funzionamento emo-tivo-relazionale appare dominato da modalità distan-zianti ed evitanti, sia rispetto alla dimensione intra-psichica che interpersonale, a cui può essere associatauna scarsa consapevolezza delle proprie problemati-cità. I risultati inducono a ritenere che tale utenzanecessiti di un trattamento che, assumendo una pro-spettiva integrata, articoli più livelli di interventocomprendendo al suo interno protocolli di tipo educa-tivo, sia di tipo ergonomico che ludico-ricreativo,(capaci di agire nelle dimensioni di gestione dellostress, le quali sono risultate fondamentali rispetto allapermanenza in comunità), psicoterapeutico (con focussu stile di attaccamento, personalità) e, in un futuroprossimo, anche di riabilitazione neuropsicologica.

Riferimenti Bibliografici

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Grafico 2

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informa ADOLESCENZA: vulnerabilità,esordi psicotici, dipendenze

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n 25 - OTTOBRE 2014

GRUPPI SULLA FORZA AL SER.T

Guido Faillace*, Caterina Di Giovanni**, Maria Pipitone*** *Guido Faillace, Responsabile Ser.T. Alcamo A.S.P. n 9 TP **Caterina Di Giovanni , Dirigente Pedagogista, Ser.T diAlcamo A.S.P. N°9 Trapani - Counselor ProfessionistaFunzionale ***Maria Pipitone, Psicologa Tirocinante A.S.P. n°9 TPPsicoterapeuta Funzionale

Il Servizio per le Tossicodipendenze di Alcamo (ASPn°9 TP) da oltre un decennio organizza progetti psico-corporei di prevenzione, finalizzati alla riapertura diquei Funzionamenti di fondo che favoriscono ilBenessere. Vari sono gli itinerari formativi già realizza-ti e rivolti a bambini, adolescenti, genitori, docenti eadulti con problematiche di dipendenza e non.

In questi percorsi l’attraversamento delle Esperienze diBase (Necessità dell’altro, Fiducia, Essere portati,Protetti, Tenuti, Sensazioni, Contatto, Benessere,Aggressione affettuosa, Forza, Consistenza eTenerezza), ha migliorato l’equilibrio del Sé psicocor-poreo dei partecipanti, stimolato l’apertura deiFunzionamenti di fondo che favoriscono il raggiungi-mento del Benessere ed ampliato la consapevolezza diSé e dei propri bisogni.

Perché un gruppo sulla Forza? L’idea di organizzare un gruppo sulla Forza nasce dallarichiesta pervenuta da quegli stessi adolescenti, adul-ti, genitori che, partecipando al gruppo Benessere,

hanno sentito una grande carenza sul piano dellaForza: le donne perché sopraffatte da una Forza di resi-stenza atavica; gli uomini perché schiacciati dal dove-re di apparire forti; gli adolescenti perché sentivanotroppo la Forza dura e oppositiva, che spesso non sitrasformava in progettualità positiva; i genitori perchésentivano carente la loro capacità di fermare l’altro, didire no, ai propri figli, quando necessario; gli adulticon dipendenze patologiche perché si accorgevanoquanto fosse difficile fermarsi!

Il Percorso

Ma cos’ è la Forza? Come Esperienza di Base la Forza può essere definitacome la possibilità di sentire che si può apportare uncambiamento attraverso l’azione. Nell’ottica Funzionale, Rispoli (2004) distingue all’in-terno della Forza: una Forza originaria, una Forza mor-bida, una Forza calma e una Forza aperta. La Forza haun inizio molto antico nello sviluppo della vita umana.Per comprendere cosa si intende per Forza Originariabasta pensare al neonato che sperimenta la sua Forzaquando spinge al momento della nascita o quandospinge con i piedini sulla pancia della madre mentreviene cambiato sul fasciatoio e riflettere sulla piacevo-lezza del distacco dall’altro per farsi spazio, per per-correre il proprio cammino.

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NECESSITÀ DELL’ALTRO FIDUCIA PROTEZIONE

ESSERE TENUTI FORZA CONTATTO

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1) Attraversare la FORZA ORIGINARIA #

La nascita

Aprirsi dopo tenuti

Proseguendo nel percorso dello sviluppo della Forza enello sviluppo del bambino troviamo la Forza Morbida,che consiste nello sperimentare la propria capacità neiconfronti degli oggetti e delle persone circostanti. Lapossiamo vedere quando il bambino prende il cuscino elo tira a sé o quando stacca il ciuccio con forza dallapropria bocca.

2) Sentire la FORZA MORBIDA #

Aprirsi da posizione fetale

Atomi,Molecole, Organismi

3) Sperimentare l’AGGRESSIONE AFFETTUOSA #

Fagociti Gioco del colpire con le palle di carta

Man mano che il bambino cresce, sperimenta che èpossibile realizzare gli obiettivi desiderati attraverso laCalma più che attraverso la rabbia e l’agitazione, ed èproprio in questo momento che si parla di Forza Calma.Con la Forza Calma si comunica un intenso convinci-mento sulle richieste avanzate e si invoglia gli altri adire di si.

4) Aprire la FORZA CALMA #

SI e NO Spingere con le spalle

Forza Polinesiana

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La Forza Aperta può essere usata per liberarsi di qual-cosa che non ci piace e che ci opprime senza certa-mente aggredire l’altro. Mostrare la Forza non richiedealcuna aggressione o cattiveria, basta il tono di voce,il modo in cui il corpo si atteggia, la sicurezza che pro-mana da sé, il tutto spesso sottolineato anche dal sor-riso.

5) Vivere la FORZA APERTA #

La Forza è nel dimostrare all’altro di cosa si è capaci,o nell’agire portando i movimenti sino in fondo. Perquesti motivi la Forza è nei muscoli, nel tono di voce,nelle posture, nei movimenti, nello sguardo, ma anche nella saldezza delle proprie convin-zioni e dei propri valori, nel modo di comunicarli conle parole, nella pienezza della razionalità

Entrata ed uscita Sumo Spingere dal cerchio l’altro in piedi

L’essere umano, fin da neonato, sperimenta la propriaForza anche quando cerca di influire in modo consi-stente sulle persone che lo circondano, di portarseledalla propria parte, con gli sguardi, con il sorriso, conil pianto. Un ambiente non accogliente, incapace difarsi muovere e commuovere dai bisogni fondamentalidei bambini, finisce per distruggere la loro certezza dipoter contare sugli altri e i piccoli si convincono che èinutile cercare di smuovere le cose, tanto non cambie-rebbe niente. Spesso la Forza dei bambini è disapprovata e bloccatadagli adulti che non la tollerano, che esercitano la pro-pria autorità senza che possa essere messa in discus-sione. Perciò la rabbia dei bambini si innesta sullaForza privata della tenerezza e della sensibilità e vieneperciò incanalata verso la violenza. In questi casi sidiventa subito timidi e riservati, spesso pieni di paura,ritirati in posizioni passive, con un senso pervasivo diautosvalutazione, ma anche con una rabbia e rancoreche covano all’interno e che riescono a fuoriuscire solodi tanto in tanto e con modalità indirette e trasversa-li. Se il genitore non accetta, disapprovando o bloc-cando ripetutamente, manifestazioni di Forza del bam-bino e soprattutto delle bambine, queste si vedrannocostrette a trattenersi e a temere la propria Forza con-

notandola negativamente; nel tempo ciò provocheràcondotte passive e remissive, generando insicurezze edincapacità nel farsi valere. Al contrario nei maschiettispesso si tende a favorire l’espressione della Forza nelgioco, ma non nei confronti dell’adulto, pertanto talimanifestazioni verranno indirizzate contro i deboli onei confronti delle bambine e, potranno sfociare neltempo in comportamenti di bullismo. Rispoli (2004) sostiene che per un recupero pieno dellaForza è spesso necessario riattraversare l’intero percor-so della Forza ed è importante aprire la forza calma, laforza giocosa, la forza morbida; perché questeEsperienze e queste capacità costruiscono relazioni piùdirette e aperte e possono anche far sciogliere la rabbia chiusa e accu-mulata, favorendo il ritorno della serenità e dellaTenerezza.

I gruppi Forza La richiesta da parte dell’utenza di poter partecipare adei percorsi tematici sulla Forza, supportata da ampialetteratura, che ne legittima l’utilità, viene accolta dalSer.T. a partire dal 2008, nel tempo sono stati attivatin° 6 gruppi tematici sulla Forza: 2 con adolescenti, 4con adulti.

Obiettivi: Incremento della consapevolezza di Sé;ampliamento dell’equilibrio del Sé Psicocorporeo; apri-re la Forza e la capacità di utilizzare la Forza Calma ela Forza Aperta.

Fasi del percorso# • Valutazione dei partecipanti e programmazione delpercorso

• Realizzazione del Percorso sulla Forza: attraversa-mento delle seguenti EBS: Benessere, Contatto,Forza originaria, Forza Morbida, Aggressionegiocosa, Rabbia, Forza aperta, Forza Calma,Tenerezza, Condivisione.

• R-Test e verifica finale

• Restituzione al gruppo

MetodologiaLa metodologia adottata è di tipo attivo e prevedeattività pratico-esperenziali con riflessioni teorichesecondo l’ottica del Neofunzionalismo (Rispoli 2010),al fine di favorire la riflessione sulle modalità persona-li di funzionamento. Le Tecniche Funzionali utilizzanoun coinvolgimento psicocorporeo specifico, per favori-re l’attraversamento di EBS. Fra le tecniche impiegate:le attività sulla respirazione, le immaginazioni guidate,le sequenze, i massaggi, le figurazioni di gruppo, irituali. Molte di queste attività sono accompagnate daun sottofondo musicale che favorisce l’attraversamen-to dell’Esperienza proposta. La conduzione è direttiva. Target: N° 16 partecipanti. Tempi: n° 10 incontri a cad.za settimanale, Tot. 30 ore Spazi: Salone Ser.T. Strumenti: Macchina fotografica digitale, 3 scatole dicolori; pennarelli grossi: rosso, nero, blu, verde; 1risma di carta 21x29,7; registratore con lettore CD.

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Materiali: Un materassino, un cuscino, una coperta,una benda per ogni partecipante, che avrà abbiglia-mento comodo e due paia di calzettoni.

6) Aprirsi alla TENEREZZA#

Verifica La verifica viene realizzata in base a: • interazione tra i partecipati;

• risultati delineati dall’uso delle griglie di valuta-zione somministrata pre e post corso;

• colloqui con i partecipanti;

• Livello di partecipazione;

• Livello di gradimento

Alla fine dei percorsi nei partecipanti con frequenzacostante si è osservata una ritrovata Forza,Consistenza e Determinazione, che ha stimolato in lorola ricerca e spesso il raggiungimento di nuovi stili divita. In tutti i gruppi elevato è stato l’indice di gradimentoespresso dai partecipanti.

Bibliografia Rispoli, L. (1993). Psicologia Funzionale del Sé. Roma:Astrolabio. Rispoli, L. (2004). Esperienze di Base e sviluppo del Sé.Milano: Franco Angeli. Rispoli, L. (2010). Il Manifesto del Funzionalismo Moderno.Napoli: Scuola Europea di Psicoterapia Funzionale (SEF). Rispoli, L. 2011).Manuale delle Tecniche Funzionali. Napoli:Scuola Europea di Psicoterapia Funzionale (SEF).

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PEER EDUCATION SU “ALCOLISMO” I GENITORI PARLANO AI GENITORI:ALCOL USO ED ABUSO

Enza Cruciata *, Caterina Di Giovanni**Margherita Scalici***, Mariella Gerbino****Giovanna Ruggeri******Assistente sociale Ser.T Alcamo ** Pedagogista Ser.t Alcamo *** Psichiatra Ser.t Alcamo **** Mamma peer educator ***** Mamma peer educator

Che cos’è la peer education? È un metodo educativo per cui individui della stessaetà, status e con esperienze simili, dopo essere statiadeguatamente formati e responsabilizzati, vengonoreinseriti nel gruppo di appartenenza per realizzareattività con i propri coetanei (Boda G., 2001). Rappresenta quindi un’opportunità di prevenzione deicomportamenti a rischio attraverso la trasmissione dimessaggi di prevenzione, nonché un’importante possi-bilità di crescita e di arricchimento.

Obiettivi generali: favorire la partecipazione dellepersone nelle azioni di prevenzione (sessualità, consu-mi di alcool, droghe e farmaci…); sensibilizzare suirischi connessi all’attuazione di comportamenti a ri-schio attraverso i gruppi di pari; favorire lo sviluppodelle abilità personali (skills), organizzare iniziative dipromozione della salute tra pari.

Obiettivi specifici: informare e formare gruppi di per-sone affinchè diventino promotori di salute tra i pari;ideare e produrre messaggi di promozione alla saluteed identificare canali per la loro divulgazione; offrire lapossibilità di confronto tra persone che vivono espe-rienze differenti. Il progetto: “Peer education su alcolismo - i genitoriparlano ai genitori: alcool uso e abuso” coinvolge ungruppo di 8 mamme che avevano svolto in precedenzaattività di prevenzione promosse dal Ser.T (progettogenitori - progetto benessere).

Perchè mamme peer? Si ritiene che il coinvolgimento dei genitori nelleattività di promozione della salute e prevenzione deicomportamenti a rischio tra gli adolescenti, può con-sentire agli stessi la messa in gioco di sé, acquisendomaggiore consapevolezza delle potenzialità del proprioruolo di educatori. Aprire uno spazio di riflessione non giudicante sulleinfluenze ed interazioni del mondo dei giovani conquello degli adulti, accrescere le conoscenze su quelliche sono definiti comportamenti a rischio, può per-

mettere ai genitori di dare un prezioso contributo perarginarli e consente di costruire un ponte, un dialogopiù vero con i giovani, con i quali si condivide unarealtà complessa ed in rapida evoluzione, ricca didubbi ed incertezze, che necessitano di confronto edapertura. Pertanto, la peer education, pur rivolgendositradizionalmente agli adolescenti per gli adolescenti,si sperimenta con “ I genitori per i genitori “, nel ten-tativo di valorizzarne il ruolo di educatori ed accor-ciare le distanze tra le generazioni.

Finalità • Sensibilizzare i genitori sui comportamenti a ri-schio rispetto all’uso-abuso delle sostanze alco-liche;

• Promuovere il protagonismo dei genitori attraversola peer education;

• Accrescere le conoscenze sul tema Alcol: uso eabuso.

Il progetto si articola in 3 fasi: 1. fase di confronto-proposta con un gruppo di 8

mamme (1 incontro) 2. fase di formazione delle mamme-peer (10 incontri) 3. fase operativa delle mamme peer che incontrano

altre mamme di due scuole medie inferiori diAlcamo (6 incontri)

4. supervisione (4 incontri)

METODOLOGIASimulate, role playing, brainstorming, gruppi autoge-stiti, video tematici.

TARGET: mamme di studenti che frequentano 2 scuolemedie inferiori di Alcamo

TEMPI dicembre 2013 - maggio2014

Operatori Ser.T.: assistente sociale, pedagogista e psi-chiatra

VALUTAZIONEQuestionari pre-post intervento di formazione dellemamme peer; osservazione qualitativa gruppo mamme-peer; questionari di gradimento.

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IL NEO-FUNZIONALISMO NELL’AT-TIVITÀ DI PREVENZIONE AL SER.T.:PROGETTO ADOLESCENTI

Caterina Di Giovanni Dirigente Pedagogista Ser.T Alcamo ASP n°9 TP Guido Faillace Responsabile Ser.T Alcamo ASP n°9 TP

Il Servizio per le Tossicodipendenze di Alcamo (ASPn°9 TP) sin dal 2001 ha organizzato progettiFunzionali orientati alla riapertura di quei Funzio-namenti di fondo che favoriscono e permettono l’ac-cesso al Benessere. Vari sono gli itinerari formativirealizzati, che hanno già coinvolto 1332 persone (vedigrafico successivo), per un totale di 402 incontri digruppo, pari a 1277 ore di lavoro.

Tali percorsi, pur differenziandosi per tecniche emodalità conduttive in rapporto alla fascia d’età e leproblematiche dei partecipanti, pur caratterizzandosiper la trasmissione o no di saperi teorici, come accadenei corsi per docenti o genitori, sono accomunati dauna impostazione metodologica che prevede l’attraver-samento di Esperienze Basilari del Sé utili alla riaper-tura di Funzioni e Funzionamenti, che per storia di vitasi sono alterati o non pienamente sviluppati.

Progetto adolescenti Nella nostra programmazione di attività di prevenzioneparticolare attenzione è stata rivolta ai progetti:‘Benessere Adolescenza’ percorsi di riequilibrio psico-corporeo rivolti annualmente a studenti degli Istitutid’istruzione secondaria superiore. L’adolescenza è un momento delicato e importantenella formazione della persona (con i pericoli di strut-turazione di violenza e di devianza sociale, di nascitadi situazioni di dipendenza patologica, esordi di psi-cosi). Il Funzionalismo Moderno sottolinea che in que-sta fase di vita avvengono innegabili cambiamenti,trasformazioni oggettivamente rilevabili, che non sitraducono, però, né si identificano con delle patologie;sono piuttosto condizioni caratteristiche di questa

fase di vita, coloriture tipiche, modalità specifiche dipercezione, prevalenze di determinate sfumature emo-tive: in definitiva una particolare e caratteristica con-figurazione del Sé. Rispoli sottolinea che anche in adolescenza vannopreservate quelle che noi definiamo Esperienze Basilaridel Sé, cioè i mattoni della vita, le basi profonde dellanostra esistenza. (…) Bisogna che le Esperienze Basilari del Sé siano ‘positive’anche in adolescenza, esperienze quali: il poter esserecontenuti e protetti, il lasciarsi andare, l’essere amati,l’essere visti, il contatto, il movimento, la curiosità e laconoscenza, tanto per fare alcuni degli esempi più signi-ficativi. Ma se queste Esperienze sono state carenti già nell’in-fanzia ed hanno lasciato esiti negativi, su cui vanno adinnestarsi, allora sì patologicamente, le disarmoniemomentanee della adolescenza, bisogna intervenire piùdirettamente per riequilibrare le disfunzioni del Séprima che si traducano in sofferenze troppo grandi e indisturbi drammatici e pericolosi (Rispoli, 1996, p.9). La valutazione funzionale degli adolescenti, che hannopartecipato ai nostri progetti, ha rilevato in dellealterazioni di diverse Funzioni del Sé. I dati delle valu-tazioni, effettuate nell’arco di un decennio, hanno evi-denziato delle alterazioni ricorrenti: 1) sul piano emotivo emergono la rabbia, spesso com-

pressa nelle ragazze e facilmente esplosiva in moltiragazzi, e la tenerezza, poco aperta nei ragazzi;

2) sul piano fisiologico, la voce appare facilmente sof-focata, strozzata nelle ragazze, eccessivamente altain molti ragazzi, e la respirazione è superficiale conrespiro alto toracico trattenuto in quasi tutte leragazze esaminate;

3) sul piano muscolare-posturale, la forza è frequente-mente di resistenza per le femmine e la durezza èeccessiva nei maschi;

4) sul piano cognitivo-simbolico, molti giovanimostrano un controllo notevole e difficoltà diabbandono.

Questi dati confermano le nascenti alterazioni del Ségià evidenziate nei bambini di 8-10 anni in preceden-ti ricerche (Rispoli, 1998-1999).

Valutazione Adolescenti

Distribuzione Funzioni del Sé -Griglia Rispoli

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ADOLESCENZA: vulnerabilità,esordi psicotici, dipendenze

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Verifica

Negli ultimi dieci anni costante è stata la parteci-pazione (volontaria) degli adolescenti ai nostri gruppie i risultati raggiunti sempre positivi, come evidenzia-to: a) dai grafici precedentemente riportati, relativi alla

valutazione Funzionale (a+b buon funzionamento,c+d alterazione) di un gruppo di studenti prima edopo il percorso di riequilibrio;

b) dai dati relativi ai valori A B C D (pre e post test)di un altro gruppo;

c) dal confronto fra i valori C+D (espressivi di un fun-zionamento alterato) fra gruppi differenti.

In tutte le esperienze elevato è stato l’indice di gradi-mento espresso dai partecipanti.

Distribuzione negli anni dei valori assoluti c + d

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UN VIAGGIO NEL “GRUPPO ADOLESCENTI” ALL’INTERNO DI UN SER.T.

Guido Faillace*, Brunella Barbara**, Denise De Luca ***, Silvia Sabella *****Responsabile Ser.T Alcamo, ASP Trapani**Psicologo Psicoterapeuta, Ser.T Alcamo ASP Trapani*** Psicologa Psicoterapeuta Volontaria, Ser.T Alcamo**** Psicologa Tirocinante di Specializzazione, Ser.TAlcamo

Il gruppo adolescenti attivato presso il Ser.T diAlcamo, distretto n. 55 dell’ASP di Trapani, nasce dal-l’esigenza di coniugare un lavoro che fino a pocotempo fa, sembrava collocarsi agli estremi di duepolarità. Per tale motivo, è importante fare una breveanalisi istituzionale per comprendere meglio da dovenasce il bisogno di fondare il gruppo. Il Ser.T, storicamente e istituzionalmente, si è sempreoccupato di pazienti “cronici” che abusano/dipendonoda sostanze quali alcol e sostanza psicotrope, dandol’immagine, di volta in volta, di “dispensatore” o difarmaci e metadone o di interventi educativi/riabilita-tivi per aiutare gli utenti a disintossicarsi. Il Ser.T,inoltre, è ormai presente da anni nelle scuole secon-darie di secondo grado del distretto di Alcamo,Castellammare e Calatafimi come C.I.C. (Centro diInformazione e Consulenza), svolgendo un lavoro diascolto e sostegno ai ragazzi nell’ottica della preven-zione primaria. Grazie alla storia ormai decennale deglisportelli ascolto nelle scuole, il Ser.T ha potuto incon-trare gli adolescenti non solo per problematiche legateall’uso di sostanze, ma soprattutto per affrontaretematiche adolescenziali importanti tra cui le diverseforme di dipendenza e la necessità di un reale svinco-lo familiare, per perseguire l’importante compito evo-lutivo dell’individuazione. Ecco che il “gruppo adole-scenti” di età compresa tra i 16 e i 19 anni sembracreare un ponte tra questi estremi. L’istituzione Ser.T,non può occuparsi solamente di utenti “cronici”, percui il burn-out è facile da presentarsi, e nemmenomirare alla sola prevenzione, ma può prendersi cura distorie adolescenziali bisognose di un contenitore, chepermetta loro di non ripetere schemi familiari disfun-zionali, che hanno portato molta sofferenza nelle lorovite.Inoltre la presenza di uno psicologo psicoterapeu-ta stabile nell’equipe ha permesso, ancor di più, undialogo tra i due mondi “psy- relazionale”da un latoe“medico- dispensatore di farmaci” dall’altro, per cer-care di ritrovare entusiasmo e speranza nel prendersicura di pazienti che, oltre alle loro sofferenze, sonoanche portatori di storie complesse. Perché pensare ad unsetting gruppale per gli adole-scenti?Proporre un gruppo terapeutico, se da un lato sembra

rispondere ai bisogni identificatori dell’adolescente,dall’altro presenta notevoli difficoltà a causa diresistenze e di meccanismi di difesa massicci. Il grup-po, paradossalmente, è sentito dagli stessi adolescen-ti in maniera ambivalente: attraente e nello stessotempo minaccioso. Inoltre, da non sottovalutare, è la“non richiesta” a partecipare spontaneamente ad unaterapia di gruppo, il che costringe gli operatori a con-frontarsi con aspettative illusorie, quali l’assenza di unbisogno esplicito e di una domanda ad essa relativa.Nella nostra esperienza, infatti, i pazienti, nel momen-to in cui gli si proponeva il gruppo, esprimevano da unlato le loro paure a mettersi in gioco, ma dall’altro liattraeva l’idea di confrontarsi con i pari proprio perchél’adolescente rifiuta le gerarchie. Il gruppo infattifacilita i vissuti di fusione di cui l’adolescente ha biso-gno per ricreare una situazione di contenimento e difiducia che rafforza il narcisismo individuale, minaccia-to dalla perdita degli ideali infantili. L’adolescente,quindi, può sentire la proposta della terapia di gruppocome molto vicina alle proprie esigenze di condividerecon altri coetanei le difficoltà connesse al propriosviluppo, con il sostegno anche di un adulto- condut-tore di cui sente di avere ancora bisogno. Il gruppo si svolge una volta a settimana, ha una dura-ta di due ore cadenzata da una breve pausa. Il numerodei partecipanti è di 7 di cui quattro maschi e tre fem-mine. Il gruppo quindi si può definire un gruppo abreve termine, omogeneo, e semichiuso in quanto ilgruppo è stato aperto a nuovi ingressi per i primi 10incontri. Gli adolescenti che sono stati selezionatiprovengono quasi tutti dai C.I.C. attivati nelle scuolesuperiori. La selezione è avvenuta non solo in baseall’età, ma soprattutto si è cercato di rintracciare unamatrice comune che permettesse un facile rispecchia-mento legato alle loro storie personali. I colloqui diselezione hanno avuto una durata di due/ tre incontrima in alcuni casi è bastato un solo incontro a capiresia il tipo di disagio sia le potenzialità che l’adole-scente poteva mettere in gruppo. Sulla durata delgruppo i conduttori si sono molto interrogati. In primaistanza è stata valutata la funzione istituzionale deglistessi: si sono rese disponibili all’esperienza unatirocinante della scuola di specializzazione in psicote-rapia gruppoanalitica COIRAG e una psicoterapeutagruppoanalitica volontaria del servizio, con ruoli defi-niti e con un tempo limitato. Si è pensato che tredicimesi per un gruppo fosse un tempo utile agli adole-scenti che hanno difficoltà a porsi in una dimensionetemporale: accettare che il tempo passi vuol direaccettare la perdita delle idealizzazioni infantili. Gliadolescenti, infatti, cercano di controllare l’ansia crea-ta dallo scorrere del tempo vivendo in un eterno pre-sente. Il gruppo dei pari inoltre favorisce questa tem-poralità: nel gruppo non si fanno progetti a lungo ter-mine e si vive l’emozione presente. È stato difficilepensare ad un progetto terapeutico sia per il singolosia per il gruppo che non fosse in un tempo troppolungo. Ecco perché si è deciso di lavorare con un gruppo abreve termine come spazio transizionale che desse lapossibilità di provare piacere, o comunque emozioniin-sicurezza, favorendo così la capacità di simboliz-

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zare. Sappiamo come quest’ultima aiuti l’adolescentead allenare la capacità di elaborazione psichica, offren-do una pelle psichica all’interno della quale sentirsi,sperimentarsi, ri-costruirsi.

La fatica della conduzioneVogliamo puntare la nostra attenzione su quella che èla fatica di condurre un gruppo terapeutico rivolto agliadolescenti in un servizio pubblico, considerato checaratteristica specifica del percorso terapeutico sembraessere stata rappresentata dalle Assenze: dall’assenzafisica che con la sedia vuota si impone come metaforadi abbandono, all’assenza di parole che diventa con-sapevolezza dello spazio terapeutico. Nei gruppi atempo limitato spesso le sedie degli assenti restanopresenti ed evidenti per tutta la durata della psicoter-apia, forse a sottolineare l’abbandono e la perditacome tutte le perdite che l’adolescente deve affrontare.Ma l’assenza sembra rappresentare in maniera ambiva-lente da una parte la resistenza al cambiamento, l’ideae la paura di cambiare intravedendo la possibilità diabitare luoghi interiori altri, vissuti fino a quelmomento e dall’altra una modalità nuova di trovareagio all’interno delle dinamiche di gruppopermettendocosi di trovare uno spazio mentale nuovo che possaportare al “pensare al cambiamento” in contrappo-sizione alla modalità tipica dell’adolescente, quale latendenza all’agito.Il ritmo del gruppo sembra esserecadenzato da una continua oscillazione tra l’affacciarsie il ritirarsi, il mostrarsi e il nascondersi, in cui leparole sembrano cadere nel vuoto nel momento in cuila vicinanza diventa qualcosa di minaccioso e difficileda sostenere. Quasi mai sono presenti al gruppo tutti ipartecipanti costringendo i conduttori, qualche volta,a fare la seduta con un solo paziente. Riportiamo unostralcio di una seduta che forse ci permette meglio dicomprendere il significato delle assenze. “Il gruppo inizia con la presenza di solo tre pazienti econ un grande silenzio, R. (19 anni, dipendente dainternet) sembra riempire questo vuoto raccontando,senza far trapelare alcuna emozione, l’ennesimo abban-dono da parte della madre che senza avvisarlo decidedi ritornare in un’altra città dove ha vissuto negli ulti-mi 12 anni dopo aver abbandonato l’intera famiglia.Tutto il gruppo resta silenzioso, non gli rimandaniente. Dopo un po’ M. (17 anni, anoressica) comuni-ca al gruppo il suo bisogno di rimanere in silenzio pertutto il tempo del gruppo, quel giorno. Nelle occasioniappena accennate, di fronte al forte richiamoemozionale prodotto dai due ragazzi, tutti si rendonoassenti. La voce diR. priva di tono affettivo e l’incon-sistenza della magrezza di M, sembrano rappresentarequeste apparenti assenze e sembrano simbolizzare ladifficoltà a contattare le emozioni profonde dell’altro,e a tollerare l’angoscia che queste storie dolorose pro-pongono. Le storie familiari di questi ragazzi sembra-no essere accomunati da un’assenza significativa nellerelazioni familiari, che non ha permesso loro di sentir-si protetti abbastanza. Ed ecco che nella seconda partedel gruppo qualcosa si muove, L. (16 anni, dipendentedal suo lenzuolino) afferma che è stanca di trovarsisempre nello stesso punto, sente di essere stanca didipendere da qualcuno o qualcosa, come il suo caro

lenzuolino”.Forse lo sforzo e la fatica della conduzione è proprioquella di lavorare nelle assenze e con le assenze, senzapoterle mai negare, per renderle sempre più “parlabili”e condivisibili.

Conclusioni Quanto può essere importante un’esperienza di un“gruppo Adolescenti” in un servizio per le tossi-codipendenze che rischia spesso di rimanere “schiac-ciato” dal burn-out o che occupandosi prevalente-mente di tossici cronici, finisce per perdere la speran-za e la capacità di intravedere il cambiamento?Un’esperienza come questa, complessa e difficile emo-tivamente in molti momenti, ma ricca e formativa pergli operatori in tutto il suo svolgersi, può forse con-tribuire a fondare se non esiste e a rafforzare, lì dovesi è già operato anche attraverso altre esperienze, unaprassi che “apra le porte” agli adolescenti e alle lorofamiglie, perché non si strutturi una “cronicità” laquale, invece, “chiude le porte” alla speranza.

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INVESTIRE NEL FUTURO:UN NUOVO SERVIZIO PER GLI ADOLESCENTI IN TEMPO DI CRISI

Fulvia Fiorentino*, Emanuela Rivela**,Marina Cortese***, Cinzia Arvieri*,Erica Maltempi*, Emanuele Bignamini*** Educatore professionale del Dipartimento Dipendenze1 - ASL 2 Torino**Medico del Dipartimento Dipendenze 1 - ASL 2Torino***Assistente Sociale del Dipartimento Dipendenze 1 -ASL 2 Torino

Il Servizio nasce nel 2013 all’interno del DipartimentoDipendenze 1 ASL Torino 2 e si rivolge a ragazzi di etàcompresa tra i 12 e i 21 anni. In un contesto generaledi tagli alla Sanità, la scelta strategica è stata di inve-stire una parte delle risorse del Servizio per la diagnosiprecoce e la gestione in fase iniziale delle patologie dadipendenza, nell’ipotesi di ridurre l’impatto dellepatologie con esordio giovanile che sono, general-mente, le più gravi e le più impegnative se trattate tar-divamente. L’orientamento è stato di creare un puntodi accoglienza con una sede diversa dal Ser.D (utiliz-zando una collocazione della Circoscrizione) perrispondere alle necessità portate dagli adolescenti egarantire un ambiente più tutelante e idoneo alle loroesigenze al fine di giungere ad una diagnosi il più pre-coce possibile e avviare da subito un intervento.Questa scelta è stata sostenuta dal voler ridurre il con-tatto degli adolescenti con i pazienti “classici” delSer.D e quindi evitare una “contaminazione” dovutaanche dal fatto che il nostro Servizio interviene in unquartiere periferico della città di Torino con basso li-vello socio culturale e con un elevato livello di devian-za. Il gruppo di lavoro è formato da una equipe (treeducatori professionali, un’assistente sociale, uno psi-cologo e un medico) con una grande esperienza dilavoro di rete con i Servizi del territorio e il privatosociale. L’obiettivo del Servizio è di accogliere ladomanda proveniente dai ragazzi, dai genitori e dallealtre istituzioni presenti sul territorio con ampiadisponibilità e di iniziare in tempi brevi, massimo unasettimana, un trattamento intensivo (due colloqui set-timanali) per i ragazzi e di supporto ai genitori delladurata di un periodo massimo di due - tre mesi.L’accoglienza viene effettuata congiuntamente da unmedico, specialista in NPI, e un operatore (educatoreprofessionale o assistente sociale) per cogliere tem-pestivamente aspetti di natura diversa. Lo psicologoviene attivato successivamente su segnalazione deglioperatori per effettuare un approfondimento psicodia-gnostico.Per ottenere un quadro sociale più ampio i colloqui si

orientano anche ad altre figure di riferimento signi-ficative per i ragazzi: genitori, tutori, insegnanti, edu-catori. L’attività sul territorio infatti si caratterizzaanche nella direzione del lavoro di comunità e di pre-venzione negli ambienti frequentati dagli adolescenti.Nello specifico la valutazione avviene mediante piùcolloqui interdisciplinari al fine di ottenere un quadrogenerale che tiene conto degli aspetti sanitari e tossi-cologici, sociali e relazionali. Si approfondiscono i fat-tori di vulnerabilità e protettivi (individuali, familiari,sociali). La valutazione iniziale ha lo scopo di permettere unadiagnosi precoce al fine di rilevare elementi predittividi psicopatologia e aiutare genitori e ragazzi ariconoscere ciò che appartiene al fisiologico percorsodi crescita.Prendendo in considerazione un anno di lavoro (2013)gli arrivi al Servizio sono stati 84 (femmine 8; maschi76). Dopo il percorso di valutazione, sono state presein carico 36 situazioni (di cui 6 femmine e 30 maschi)mentre 48 (di cui 2 femmine e 46 maschi) sono stateindirizzate diversamente: difficoltà nella gestione del-l’adolescenza e invio a servizi di ascolto (8); counse-ling a genitori che richiedevano controlli urinari senzail consenso del minore (12); targhet di età superioreinvio al Ser.D di appartenenza (4); invio al DSM, NPI eServizio Sociale (8); residenti fuori dal Comune diTorino (16, questo ultimo aspetto può rappresentareuna esigenza non soddisfatta).L’età media dei 36 adolescenti presi in carico è di 17anni; nella totalità dei ragazzi è presente l’assunzionedi sostanze alcoliche (con modalità di abuso), da tuttinon considerato un problema. Pertanto tutte le situa-zioni comportano un poliabuso in quanto all’alcol sonoassociate altre sostanze psicoattive; la maggiormenterilevata è il thc, seguita dalla cocaina. La quasi totalità dei ragazzi presi in carico ha aderitopositivamente al programma, sottoponendosi anche alcontrollo dei metaboliti urinari e alle eventuali terapiefarmacologiche prescritte (solo 3 soggetti con farmacoagonista). Nella maggioranza dei casi gli esiti dei per-corsi hanno portato alla remissione totale o parzialedell’uso di sostanza.

L’analisi del contesto sociale dei 36 ragazzi ha messoin evidenza un livello di criticità nella composizionedel nucleo familiare (presenza del padre e della madre).Solo 8 casi hanno presentato una famiglia con genito-ri uniti (coniugati o conviventi). In tutte le altre situa-zioni i genitori erano separati o non presenti, per variemotivazioni. In 1 caso la madre era deceduta e il mino-

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re affidato ad una struttura comunitaria, 2 ragazzi(ultra diciottenni – 18 e 20) vivono da soli, 4 si sonopresentati al servizio all’insaputa dei genitori e 1ragazzo è affidato ai nonni. La presenza di uno oentrambi i genitori di nazionalità diversa dall’italiana,si è caratterizzata come ulteriore fattore di criticità (8casi con uno o entrambi i genitori stranieri). Ulterioreelemento di problematicità è stata la presenza ai col-loqui di un solo genitore.

La rilevazione del dato sulla scolarità e sull’attivitàlavorativa degli adolescenti conferma le caratteristichedel quartiere di provenienza: la maggioranza deiragazzi frequenta istituti professionali o corsi regionalie solo 2 frequentano il liceo scientifico.

Conclusione A fronte di un anno di esperienza il gruppo può con-

cludere che la totalità dei ragazzi presi in carico, harisposto positivamente agli interventi proposti. Ciò hapermesso anche di poter differenziare tra comporta-menti di uso delle sostanze connotabili come “normalimanifestazioni adolescenziali” di scoperta e sperimen-tazione - quindi circoscritte nel tempo - da eventualicomportamenti predittivi di sintomatologia patologica. L’esperienza, a fronte dei risultati sopra espressi, haportato ad ipotizzare l’importanza di approfondimentipsicodiagnostici relativi all’apprendimento, al compor-tamento e alle capacità intellettive. Inoltre ci si pro-pone di avviare nel nuovo anno di lavoro varie attivitàlaboriatoriali, quali ad esempio la musicoterapia e igiochi finzionali, per far sperimentare altre modalità diespressione; attività ludico ricreative e sportive, al finedi far loro conoscere ed apprendere capacità relazio-nali, emotive ed espressive differenti. Si pensa, inoltre,di proporre gruppi di ascolto per i genitori.

Bibliografia· S. Bonino, E. Cattelino, S. Ciairano – “Adolescenti arischio. Comportamenti, funzioni e fattori di protezione”,2003. Casey BJ, Getz S, Galvan A. (2008). The adolescentbrain. Dev Rev;28(1):62-77.

· Casey BJ, Getz S, Galvan A. (2008). The adolescent brain.Dev Rev;28(1):62-77.

· Gardner M, Steinberg L. (2005). Peer influence on risk ta-king, risk preference, and risky decision making in adole-scence and adulthood: An experimental study.Developmental Psychology;41:625–635.

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“SE LA DEVE VEDERE LUI…” adolescenti, genitori, sostanze eservizi di cura

Nadia Gennari*, Bellavia Filippo**, Bellini Andrea***, D’Elia Paolo**, Ivaldi Fulvia *****Medico, Psicologo Clinico, Psicoterapeuta**Psicologo, Psicoterapeuta***Sociologo**** Educatore ProfessionaleO.N.D.A. 1 (Operatori Nuove Droghe ASLTO1)Dipartimento Patologie delle Dipendenze Torino 1 est

O.N.D.A.1 (Operatori Nuove Droghe ASL TO1) è un ser-vizio “specialistico” nato nel 2002 all’interno delDipartimento Patologie delle Dipendenze della ASLTO1, con l’intento di creare un luogo non connotante(con sede separata dal Ser.T e differenti modalità dipresa in carico e trattamento) per i giovani dai 14 ai30 anni consumatori di ogni tipo sostanze ad esclu-sione dell’eroina.Il mandato di O.N.D.A.1 è quello di intercettare e pro-blematizzare la domanda sommersa dei giovani consu-matori coniugando attività clinica e di prevenzione. Ci piace definirci come un “servizio antenna”: cheacquisisce e ri-trasmette conoscenze con l’ambizionedi creare cultura sul tema dei nuovi stili di consumo fragli adulti competenti (genitori, insegnanti, educatori,medici di famiglia, operatori).

1. GLI ADOLESCENTITra i giovani che si presentano al nostro servizio pos-siamo distinguere due target:1. giovanissimi 14-18 anni: tendenzialmente studenti o

ragazzi drop out , vivono in famiglia;2. giovani adulti 19-30 anni: studenti universitari,

lavoratori precari o più stabili, disoccupati.In questo lavoro focalizziamo l’attenzione sui giovanis-simi che seguiamo ambulatorialmente, ragazzi per iquali è avviato un percorso anche solo di valutazione.Nel periodo luglio 2012- luglio 2014 abbiamo avuto 38nuovi casi incidenti minorenni (di cui 7 femmine): 34avevano un consumo prevalente di cannabis, 4 di altresostanze (cocaina, ketamina, md).Nella quasi totalità dei casi questi ragazzi sono “por-tati” dai genitori o inviati da altri adulti (USSM, S.S.,Prefettura, Insegnanti, MDF…), sempre conmotivazio-ni relative al - sospetto o confermato- consumo disostanze associato ad altri segnali di sofferenza: diffi-coltà in ambito scolastico, comportamenti antisociali(spesso agiti in famiglia), difficoltà relazionali,segni/sintomi di sofferenza psichica (manifestazionidepressive, disturbi da attacchi di panico, condotteautolesive fino ai tentativi di suicidio, condotte dipen-

denti di varia natura, disturbi di personalità/esordi psi-cotici).

Il primo approccio di questi giovanissimi con ilservizio è caratterizzato da alcuni aspetti ricorrenti: • una sfiducia generalizzata verso le istituzioni e gliadulti;

• una scarsa capacità di problematizzazione (non por-tano domande di ampio respiro, ma spesso solo ten-tativi di far star tranquilli i genitori); quando porta-no domande, queste sono spesso implicite e possonoessere decodificate e “tradotte” solo nel contesto diuna relazione di fiducia;

• un diffuso appiattimento sulle posizioni dei coeta-nei, soprattutto in relazione ai giudizi sul consumodi sostanze psicoattive;

• una difficoltà ad utilizzare il colloquio (prevale unadimensione esperienziale);

• un rapporto “consumistico” con il servizio (tempibrevi, modalità “mordi e fuggi”, difficoltà a costrui-re legami nel tempo; e questo vale anche per i geni-tori).

2. I GENITORINon è possibile parlare di giovani adolescenti senzaparlare dei loro genitori e/o dei loro adulti di riferi-mento.Nel biennio preso in esame abbiamo preso in carico,oltre ai genitori dei 38 ragazzi citati, una quindicina dialtri genitori di minori non presi in carico. Si tratta di genitori in cui osserviamo alcuni aspettiricorrenti:• Sono genitori preoccupati, spaventati, intimoriti,sotto “ricatto” di adolescenti impulsivi e aggressivi.

• Sono genitori che si pongono allo stesso livello deifigli, fino al ribaltamento dei ruoli, alla ricerca del-l’essere “loro amici”, in una sorta di parità nella rela-zione. Si intravede quasi una competizione parallela(che va dal mondo del lavoro, fino alla sfera affetti-vo-sessuale, come nel caso di una madre che seducel’amico dei figlio).

• Sono genitori che “ignorano” o meglio fingono diignorare quel che il figlio sta facendo anche se sitratta di un percorso di cura.

• Sono genitori che pensano che l’unico modo perentrare in contatto con i figli sia la collusività, evi-denziando una incapacità a tollerare il conflitto (i“no” che diventano subito “sì”, nella convinzioneche dire di no significherebbe rischiare che il figlionon li ami più).

• Sono genitori che adultizzano i figli. “Se la devevedere lui; “Deve prendere lui la decisione…”; “Comefaccio io con uno grande e grosso…”; “se esce di casamio figlio, me ne vado anche io”; “devi aiutarmi astare bene visto che tuo padre se n’è andato”. La crisidel ruolo del padre e il conseguente sovrainvesti-mento sulle capacità di controllo e di apprendimen-to del bambino prima e dell’adolescente poi, favo-riscono la scomparsa delle barriere generazionali. Laconflittualità in tal modo negata arriva ad esprimer-si indirettamente nei disturbi del comportamento oemerge periodicamente in modo drammatico.

• Sono genitori, infine, che tentano di abdicare al loro

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ruolo e delegano le loro funzioni agli operatori, pre-sumendo che si possano affrontare i problemi solodall’”esterno” della famiglia: …“fate voi!”

3. I SERVIZI DI CURAA fronte di queste osservazioni riguardanti i giovanis-simi e i genitori che li “portano” al nostro servizio,individuiamo alcune dimensioni organizzative trasver-sali che, nella nostra esperienza, possono concorrere arendere un servizio accessibile ed “attraente”:1) agilità: accesso a soglia “bassa” (quasi un “tappeto

rosso”) caratterizzato da: velocità nelle fasi diaggancio; orari flessibili; informalità del setting;uso di strumenti di comunicazione quali: cellulare(attivo 12 ore al giorno anche con sms), mail, face-book, sito web (http://onda1.asl102.to.it/)

2) sperimentazione: evitare le routine clinico-organiz-zative e sperimentare il più possibile strumenti emodalità diverse (per es.: stages residenziale). Lo sivive come un approccio faticoso ma… redditizio

3) aggiornamento: conoscenza del mondo giovanile edelle sostanze, conoscenza del gergo giovanile

Fondamentale resta la costruzione e manutenzione dellarete fra enti e servizi del territorio (Scuole, Prefettura,MMG, Centri di Salute Mentale e NPI, Università,Associazioni, Parrocchie etc…) sia come promozionedel servizio stesso sia come occasione di scambio diinformazioni e crescita reciproca fra chi si occupa diadolescenti.Rispetto ai genitori la necessità fondamentale è quel-la di coinvolgerli e renderli partecipi di un percorso,con l’obiettivo preciso di restituire loro la guida edu-cativa e favorirela riacquisizione delle funzioni genitori-ali. In particolare attraverso i seguenti processi:• aiutando a ridefinire l’immagine che hanno dei lorofigli (non fermarsi a come lo vorrebbero e come nonè) (madre peruviana con fortissima conflittualità conla figlia 16 enne tenta un avvicinamento portandolaa cena in un ristorante di pesce peruviano…la ragaz-za è allergica al pesce e si vergogna delle proprie ori-gini);

• mostrando loro i nodi del qui ed ora(colloquio diaccoglienza ad una madre che riceve contestualmen-te una telefonata di insulti della figlia e non tentanemmeno di porre fine alla stessa);

• aiutando a restare/sostare nel conflitto, non avernepaura, riuscire a “tenere”, non mettersi al pari deifigli (padre che si defila :” se mio figlio non mi parlaio non gli parlo più”), per esempio sottraendosi allediverse forme con cui la collusione prende forma(“non dica che ho telefonato, volevo solo saperecome è andata con mo figlio…”);

• incoraggiando la continuità genitoriale: si resta geni-tori nonostante tutto, anche quando si è separati esi tende invece ad ingaggiare una gara per essereeletti “miglior genitore” a scapito dell’altro;

• incoraggiando la puntualità e la coerenza: presuppo-sti fondamentali per poter pensare che i figli possa-no fare altrettanto (genitori i cui figli arrivano inritardo, ma loro stessi arrivano in ritardo ai loro col-loqui);

• ridimensionando l’adultizzazione dei figli: aiutarli amentalizzare il fatto che non è il figlio che deve far

stare bene i genitori, ma il contrario;• educando alla “giusta” dimensione temporale: i geni-tori devono avere la visione di lungo periodo che ifigli non riescono ad avere (non si può risolvere tuttosubito) e devono evitare di far passare l’idea che nonc’è futuro;

• depatologizzando quando è necessario (evitare glietichettamenti e le deleghe agli specialisti);

• aiutando a superare la paura di non essere dei buonigenitori (accettazione di eventuali “osservazioni”).

Rispetto agli adolescenti riteniamo che il cuore dell’in-tervento debba essere oggi prevalentemente di tipoeducativo, affiancando il più possibile ai “classici” di-spositivi riflessivi (colloquio e gruppi) altri dispositivieducativi (quali per esempio: il sostegno scolastico, lapet therapy, l’affiancamento di figure di prossimitàquali fratelli maggiori, zii, tutor etc…) in grado di“stanare” i ragazzi dalle loro condotte trasgressive e diritiro e di dare il giusto peso agli elementi di sofferen-za presenti.Dal punto di vista relazionale si tratta di assumere pri-oritariamente atteggiamenti di chiarezza, onestà e fran-chezza con i quali l’adolescente intuisce immediata-mente il nostro desiderio sincero di sintonizzarci conlui alla distanza giusta e di cogliere il più possibile lasua reale maturità affettiva e cognitiva attuale.Dal punto di vista dei tempi del lavoro clinico, lamodalità prevalententemente “consumistica” di rap-porto con i servizi richiede agli operatori alcuni cam-biamenti di prospettiva:- pensare che l’accoglienza è già trattamento: poichénon sappiamo se un ragazzo tornerà ed in che tempi,è utile offrire fin da subito elementi di problematiz-zazione del consumo di sostanze ed eventuali indica-zioni terapeutiche;

- valorizzare i tempi “brevi” (a fronte di servizi abitua-ti a misurare la “retention” in anni di trattamento):si possono toccare questioni significative e crearelegami nel breve volgere di pochi incontri;

- immaginare percorsi a “cicli progressivi” (le persone siallontanano e riavvicinano al servizio a seconda deimomenti di vita e/o di consumo delle sostanze).

…la cucina delle idee di ONDA1 è “quasi”sempreaperta… le revisioni sono costanti e

le sperimentazioni continue…

“le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia”

Erasmo da Rotterdam

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INTERVENTI DI GRUPPO A SUPPORTO DELLA GENITORIALITÀ NELLA PRESA IN CARICO TERAPEUTICA DI MINORIABUSATORI DI SOSTANZE

R. Giove, Medico psichiatra, Direttore S.C. Ser.T 3 -ASL di MilanoM. Gonevi, Psicologa psicoterapeuta. Responsabile s.s.Penale Minorile ‘Spazio Blu’ del Ser.T 3 ASL di MilanoA. Rudelli, Consulente criminologo s.s. Penale MinorileC. Borghi, Educatrice Professionale s.s. Penale Minorile‘Spazio Blu’ del Ser.T 3 ASL MilanoW. Troielli, Psicologo psicoterapeuta s.s. PenaleMinorile ‘Spazio Blu’ del Ser.T 3 ASL Milano

IntroduzioneLa struttura semplice ‘Penale Minorile’ è il servizio spe-cialistico della ASL di Milano dedicato all’inquadra-mento diagnostico multidisciplinare e alla presa incarico terapeutico-riabilitativa di minori con procedi-mento penale abusatori di sostanze stupefacenti ealcoliche. L’équipe multiprofessionale del servizio può essereattivata dal giudice o dagli operatori dei Servizi dellaGiustizia Minorile sin dal momento immediatamentesuccessivo all’arresto, consentendo con ciò una tem-pestiva tematizzazione delle problematiche connessealle condotte assuntorie e favorendo il fatto che l’e-sperienza giudiziaria possa rappresentare per il ragaz-zo un’inedita un’occasione di cura. La specifica competenza maturata dagli operatori del‘Penale Minorile’ nei confronti dell’adolescenza ha con-dotto all’ampliamento della popolazione-target ed ilservizio si è reso disponibile anche ad accogliere ledomande di cura provenienti da ragazzi e genitorisenza vincoli posti dall’Autorità Giudiziaria. Gli accessi spontanei al servizio hanno quindi determi-nato l’assegnazione della qualifica allo stesso dell’indi-cazione “Spazio Blu”, intendendo con ciò un luogo nelquale, in assenza di stigmatizzazioni e di procedureoperative rigide definite sulla base delle patologiedella tossicodipendenza, il minore e i suoi familiarepossono trovare un luogo accogliente, di ascolto, diindividuazione dei profili di esposizione al rischio e deifattori protettivi per la definizione dell’adeguato pro-gramma di cura. Nel corso dell’anno 2013 sono stati accolti 165 nuoviutenti, 53 dei quali ad accesso libero assenti di pre-scrizioni da parte dell’Autorità Giudiziaria.Nel 2013 sono risultati quindi presi in carico com-plessivamente 323 destinatari di programmi terapeuti-co-riabilitativi o di inquadramento diagnostico.

A conclusione del percorso diagnostico, nel quale sonocoinvolte più figure professionali per favorire un’osser-vazione multidimensionale del minore posto in unaprospettiva evolutiva, il servizio è in grado di offrireuna molteplicità di interventi terapeutici e/o suppor-tivi tra i quali:• Counselling e sostegno psicologico• Psicoterapia breve• Monitoraggio sanitario• Intervento sociale• Tutoring educativo• Attività educative e psicologiche di gruppo• Consulenza familiare.

Essere genitore di un figlio abusatore di sostanze A fronte dell’esperienza maturata possiamo senz’altrodire che con gli adolescenti non risulta efficace dalpunto di vista terapeutico l’aggressione del sintomoorientata alla sua semplice remissione, quanto piut-tosto l’attivazione sistemica di tutti gli attori, sianoessi affettivi, educativi o istituzionali, con i quali ilragazzo è in relazione. Il percorso di cura è quindil’avvio di una dinamica nella quale deve essere tutela-ta la collaborazione fra operatori dei diversi servizi edeve essere favorita l’adesione di tutti i soggetti allafinalità del raggiungimento della miglior condizione dibenessere psico-fisico e di inclusione sociale possibiliper quel minore. Su tale piano i genitori acquistano una particolare ri-levanza non tanto perché essi sono chiamati adesprimere consenso o a manifestare dissenso nei con-fronti dei programmi terapeutici proposti dagli opera-tori socio-sanitari. All’opposto, i genitori devonoessere interpretati come parti costitutive degli inter-venti rivolti al loro figlio e debbono essere accompag-nati a riconoscere le proprie capacità supportive perfare in modo che l’ambiente familiare possa esprimeredelle vocazioni di aiuto. Allo stesso tempo il sintomo delle condotte assuntoriemanifestato dal figlio non è attribuibile semplicistica-mente ad una sorta di mal funzionamento del minore,ma deve essere interpretato nella distribuzione dellearee di fragilità tra tutti i membri del sistema familiareal fine di intervenire per modificare degli assettirelazionali che in alcuni casi possono avere una con-figurazione francamente patogena.Essere genitori vuol dire essere implicati in un proces-so di continua rivisitazione dei modelli operativiinterni che l’adulto ha sviluppato a sua volta con i pro-pri genitori, nella propria esperienza di figlio e nellesue relazioni con il proprio care-giver.Il supporto alla genitorialità è un intervento che puòaiutare a migliorare la percezione della propria effica-cia genitoriale nell’adulto, con una conseguentericaduta nel benessere delle relazioni familiari e, inparticolare, con i propri figli. Questo appare in modoancora più evidente in condizioni di disagio giovanile(come per minori consumatori di sostanze) laddove ilsintomo del minore si pone a cavallo di unarottura/cesura della relazione e della comunicazionecon il mondo adulto e, specialmente, con quello geni-toriale. Difficoltà di relazione, difficoltà di comuni-cazione e difficoltà di comprensione si intrecciano in

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contesti familiari dove spesso i ruoli si invertono e siconfondono, con grande disagio di tutti.

Interventi di gruppo a sostegno della genitorialitàUn intervento di gruppo di supporto alla genitorialitàpermette di condividere problemi, difficoltà e di met-tere in rete la ricerca e il confronto di soluzioni comu-ni altrimenti difficili da reperire.Il nostro servizio effettua interventi di gruppo asostegno della genitorialità con la conduzione di unopsicologo-psicoterapeuta e di una educatrice profes-sionale, effettuati a rinforzo e in coordinazione con leazioni di cura rivolte direttamente ai figli.Gli obiettivi sono:· stimolare il confronto fra i genitori sulle tematicherelazionali legate alla genitorialità;

· acquisire maggiori informazioni rispetto alle pro-blematiche connesse all’utilizzo di sostanze

· favorire l’acquisizione di una maggior consapevolez-za di sé stessi e degli agiti dei figli

· sostenere e facilitare l’espressione e la comprensionedelle emozioni

· valorizzare le differenze· favorire, attraverso l’esperienza del gruppo dei cam-biamenti che possano dar vita ad un maggiorbenessere e al miglioramento nelle dinamiche fami-liari

· osservare le dinamiche del gruppo.

Il format del modulo di gruppo rivolto ai genitoriprevede otto incontri ai quali possono partecipare lacoppia genitoriale unita o, nel caso in cui ciò non siapossibile, una sola figura genitoriale. A conclusione del percorso viene data una restituzioneindividuale ai partecipanti andando ad identificare conciascuno di essi quali sono stati i passaggi compiutiidonei a rinforzare il percorso di cambiamento riferitoa tutto il nucleo familiare avviato a partire dall’eviden-za delle condotte di abuso del figlio.La selezione dei partecipanti al gruppo viene condivisain sede di équipe con il confronto fra tutte le figureprofessionali presenti (medico, psicologo, assistentisociali, educatori ed infermieri pro.li) e la proposta dipartecipazione al setting di gruppo può avvenire comeesito di una precedente fase di presa in carico psico-logica individuale o all’opposto essere orientata afavorire la successiva attivazione di un sostegno psi-cologico individualizzato.

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FOCUS SUI TRATTAMENTISENZA SOSTANZE

Francesca PiconePsichiatra, Dirigente medico Ser.T ex USL 61 PalermoDistretto Sanitario 13 - ASP PalermoReferente Progetto GAP - Dipartimento DipendenzePatologiche

Già nel 2005, all’interno dell’allora DipartimentoDipendenze Patologiche dell’AUSL 6 di Palermo insiemealla Clinica Psichiatrica di Palermo (Psicotech, n. 2,2006) fu esplorato e valutato, dal punto di vista psi-cosociale e clinico, come gli strumenti tecnologicimodificano e/o condizionano le condotte e gli stili dicoping degli adolescenti, conducendo una ricerca,durata circa un anno, su un campione di più di 1000studenti delle Scuole medie Superiori del territoriodella città di Palermo, al fine di verificare la presenzao assenza in vari gradienti di stili di comportamentopatologico fino alla dipendenza.

I dati emersi, che verranno brevemente presentati,particolarmente significativi, rappresentano oggi soloun’informazione storica, ma premonitrice di quello cheè oggi fin troppo evidente anche ai non addetti ailavori.

Se è vero, infatti, che, per i più giovani, i mezzi dicomunicazione tecnologici costituiscono indubbierisorse per lo sviluppo cognitivo e relazionale, è altret-tanto vero che questi stessi espongono a rischi in ter-mini psicopatologici gli adolescenti più vulnerabili,meno “attrezzati”, e comunque predisposti allo svilup-po di abuso-dipendenza.

Ci si soffermerà sui fattori di rischio e di protezione,mettendo a fuoco l’importantissimo ruolo che può svol-gere in tal senso la prevenzione selettiva e indicata intermini di early detection, nonché verranno presentatestrategie d’intervento terapeutico in quei casi che sem-pre più di frequente di recente giungono all’osser-vazione dei nostri servizi.

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ADOLESCENZE E DIPENDENZE: DAL FENOMENO ALLA ORGANIZZAZIONE DELLAPRESA IN CARICO INTEGRATA TRA SERVIZI DIVERSI

Gregorio Antonio Salis, Psicologo ResponsabileSettore Prevenzione SER.D ASL n. 1 - SASSARIMargherita Pilo, Psicologo c/o SER.D ASL n. 1 SASSARI

IntroduzioneI comportamenti di dipendenza, da sostanze e senzasostanze, che siano vissuti come fase di sperimen-tazione o come problematici e patologici, sono semprepiù presenti negli adolescenti che si presentano aidiversi servizi della ASL: dal Servizio Dipendenzeall’Unità di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Ado-lescenza, dai Consultori Familiari alla MedicinaScolastica, dai Servizi Territoriali Integrati (P.L.U.S.)sino ai Servizi Sociali per Minori del Ministero di Graziae Giustizia. Gli operatori dei diversi Servizi aziendali che a pienotitolo lavorano con gli adolescenti (medici, neuropsi-chiatri, psicologi educatori) lamentano la difficoltà difocalizzare il quadro clinico presentato dagli adole-scenti in presenza di una qualche forma di ‘dipen-denza’ come ‘problema’ accessorio, ovvero quando equanto il disturbo conclamato, oggetto della richiestadi aiuto, sia attribuibile ad una forma di dipendenza dasostanze o ad un quadro psicopatologico preesistente,o dall’unione di entrambi i fattori. In molti casi glioperatori dell’Uonpia o dei Centri di Salute Mentaleinviano immediatamente dopo il primo contatto l’ado-lescente al Ser.D nel caso in cui dall’anamnesi emergache il ragazzo assume anche solo saltuariamente,sostanze “ricreative”. Gli operatori dei Consultori fami-liari registrano, nell’indagine preliminare per la pre-scrizione di anticoncezionali, un consumo problemati-co di alcolici e di altre sostanze psicoattive da parte diragazze adolescenti, che le riferiscono come esperien-ze assolutamente ”normali”; la criticità per gli opera-tori sanitari dei consultori è stata l’aumento esponen-ziale delle richieste di farmaci di contraccezione d’e-mergenza, associati ad un plausibile uso di alcol. Viceversa al Ser.D accanto all’analisi ed all’indagine suicomportamenti di dipendenza, si è manifestata l’esi-genza di una accoglienza differenziata degli adole-scenti (14-21 anni), rispetto all’utenza adulta, masopratutto la necessità di organizzare un percorsospecifico e specialistico, che vada dall’analisi delladomanda fino alla diagnosi ed alla presa in carico ed altrattamento, con una attenzione globale alla salute e

quindi alle condizioni “cliniche “ ed esistenziali degliadolescenti. Nel Ser.D di Sassari dal 2009 opera l’UnitàFunzionale Tematica dedicata agli Adolescenti conproblemi di abuso e di Dipendenza (età sino ai 21anni) ed ai loro familiari, costituita da un’equipe mul-tiprofessionale di 2 Medici (1 Neurologo, 1 Neuro-psichiatra), 3 Psicologi con formazione psicoterapicasistemico-relazionale o cognitivista, 1 educatore pro-fessionale ed 1 infermiera.In questo contesto, nel 2012, è nata all’interno deiServizi dell’ASL di Sassari la richiesta di formalizzareun Percorso Integrato mediante una Scheda diAccoglienza per Adolescenti, con l’obiettivo didefinire e sperimentare una forma di accoglienza e didiagnosi basate su un “minimo” di elementi comuni aivari servizi; tale metodologia ha lo scopo di orientareil percorso della presa in carico, dei trattamenti neces-sari e sopratutto delle collaborazioni dei servizi coin-volti. Es. In base alla richiesta iniziale del ragazzo/a,ovunque la presenti, (Consultorio, Ser.D UONPIA, CSM,USSM), quale sarà il Servizio e gli Operatori titolaridella responsabilità clinica dell’utente? Quale Servizioinvece verrà chiamato a collaborare al percorso dicura?Il percorso, articolato secondo la metodologia dipartecipazione orizzontale mutuato dalla Teoria deiGruppi di Apprendimento, costituisce un paradigma diintegrazione sanitaria sia dal punto di vista dellediverse professionalità coinvolte sia dal punto delleprocedure utilizzate. La ricaduta in termini aziendali èsicuramente l’ottimizzazione delle risorse umane estrumentali.

Obiettivi:· Costruire uno Strumento Clinico-diagnostico unico;· Definire l’ambito della sua utilizzazione;· Valutare la condizione di salute globale primariadegli adolescenti che si rivolgono a Servizi Territo-riali della ASL n. 1 di Sassari.

Il gruppo di lavoro è stato così costituito: 25 operatoritra Medici, Psicologi, Educatori, Ostetriche, InfermieriProfessionali, Assistente Sanitaria, dei seguentiServizi: DSMD; SER.D; Servizio Socio Sanitario;Consultorio; U.O.N. P.I.A. - Coordinamento EducazioneSanitaria. Hanno partecipato al Gruppo di lavoro anchel’U.S.S.M. ed il C.P.A. con la finalità di coinvolgereanche le istituzioni giudiziarie.

Materiale e metodo di lavoroTabella 1

ConclusioniNei cinque incontri, come da obiettivi prefigurati, si èdefinito un modello di lavoro e di operatività perl‘accoglienza degli/le adolescenti afferenti ai Servizipartecipanti. Tale modello è stato supportato dallavoro di costruzione di una SCHEDA DI ACCOGLIENZAUNICA, completa di sub-schede di approfondimentoper l’area della dipendenza, sessualità, maltrattamenti,antisocialità. Tale scheda viene oggi utilizzata nellafase di accoglienza dei Servizi per adolescenti dellaASL n. 1 di Sassari, e la sua validazione ed appropria-

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Tabella 1

tezza è oggetto di ulteriori fasi di sperimentazione,che comprendono il monitoraggio del cambiamento, lavalutazione dell’impatto del cambiamento e la RaccoltaSistematica dei dati. Infine si prospetta l’esigenza di allargare la conoscen-za e la pratica di questo modello e di questa metodolo-gia anche ai Servizi territoriali che hanno relazioni isti-tuzionali per invii e interventi congiunti con la ASL,rivolti agli/le adolescenti: es. i Servizi Sociali deiComuni ed i Servizi appartenenti ai Plus.

Si sta considerando l’opportunità di informatizzare lascheda, sia separatamente che come integrazione allacartella clinica già presente nei differenti Servizi, erenderla così più accessibile e comunicabile tra iServizi stessi.

N.B. Il presente articolo è il prodotto finale di un lavorodi gruppo. Si ringraziano tutti i colleghi che hannopartecipato alla stesura dello strumento.

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DIPENDENZE PATOLOGICHE E U.O.EDUCAZIONE E PROMOZIONE DELLA SALUTE: LAVORARE INSIEME PER LAPROMOZIONE DELLA SALUTE

Giovanna Ripoli*, Francesca Neglia*, Brigida Rosa**, Francesca Distefano***, Filippo La Mantia*****Dirigente Pedagogista - UOC Dipendenze PatologicheAsp Palermo**Dirigente Pedagogista - UOES Carini Asp Palermo***Dirigente Medico - UOES Lercara Friddi Asp Palermo****Dirigente Medico - UOESA Asp Palermo

Premessa“L’essenziale è invisibile agli occhi.Lo si vede bene solo con il cuore”

Il Piccolo Principe

L’UOC Dipendenze Patologiche negli anni ha svilup-pato un modello ecologico di salute e una modalitàoperativa volta all’integrazione con altri servizi Asp,con il privato sociale e le agenzie educative del terri-torio. In quest’ottica la promozione della salute è inte-sa come superamento di un orientamento prevalente-mente preventivo e si prefigge di migliorare le con-dizioni di salute degli individui e delle comunità, met-tendo in risalto l’importanza del controllo che le per-sone possono avere sulla propria salute e sui fattoriche la influenzano. La realizzazione di progetti rivolti ad adolescenti e adadultiha permesso di maturare competenze e profes-sionalità specifiche e buone prassi operative; l’espe-rienza acquisita ha inoltre evidenziato come sia prio-ritario investire sulla salute, adottando un approccio alciclo di vita e mirando all’empowerment delle persone,e sviluppare resilienza per la promozione della salute,sia a livello individuale che di comunità. Gli obiettividi salute possono essere raggiunti attraverso gliimpegni individuali e collettivi: lavorare insieme è unrequisito essenziale.

Attività progettualiIn fase di realizzazione leesperienze di integrazioneDipendenze Patologiche e UO Educazione e Promozionedella Salute sono:“T.V.B. (Ti Voglio Bere) Conoscere x essere... Esserex scegliere”(TVB), di cui sono referenti la Dr.ssa MariaSilvana Muscarella, Direttore del Distretto Sanitario 38di Lercara Friddi, e la Dr.ssa Francesca Distefano,Responsabile dell’UOEPS dello stesso Distretto. IlProgetto prevede la collaborazione dell’UOC Dipen-

denze Patologiche, degli UU.OO. di Educazione ePromozione della Salute e dei Sert dei Distretti Sanitaridi Misilmeri, Termini Imerese, Lercara Friddi, Corleone,D42/PTA Guadagna e della Associazione Solidarietà. IlProgetto promuove percorsi formativi attraverso lametodologia della peereducation al fine di favorire l’e-spressione delle potenzialità dei giovani del territoriorendendoli protagonisti e promotori del proprio e del-l’altrui benessere; saper valutare il proprio comporta-mento a rischio; saper acquisire un atteggiamentocritico e di auto consapevolezza dei messaggi trasmes-si dai mass media; promuovere sani stili di vita e pre-venire comportamenti a rischio per la salute legatiall’uso e abuso di alcool; coinvolgere i giovani inazioni di promozione di stili di vita salutari e di pre-venzione dei comportamenti a rischio con iniziative dipeereducation nel territorio.

“Piano Operativo Aziendale contro il Fumo” (POAF),di cui è referente aziendale il Dr. Filippo La MantiaResponsabile dell’UOESA dell’ Asp di Palermo, prevedela collaborazione degli UU.OO di Educazione ePromozione della Salute, UOC Dipendenze Patologichee i Sert, il Dipartimento di Prevenzione, i PresidiOspedalieri e i Poliambulatori. Il POAFsi articola in treprogetti: 1) promozione della Salute e Prevenzione del-l’abitudine al fumo tra gli adolescenti, 2) controllo delfumo passivo nei luoghi di lavoro, 3) ospedali e servizisanitari liberi dal fumo. La partecipazione degli opera-tori dell’UOC Dipendenze Patologiche e dei Sert è pre-vista per il Progetto di Promozione alla Salute, che saràrealizzato con la partecipazione degli alunni ad un pro-gramma educativo all’interno del percorso scolastico,della durata di almeno sei mesi, con l’obiettivo di con-trobattere le pressioni sociali in favore del fumo,dando ai ragazzi autonomia gestionale, partecipazioneattiva, maggiore sviluppo del senso critico. Il Progettodella Salute e Prevenzione dell’abitudine al fumo tra gliadolescenti comprende due sezioni: 1) SmokeFree ClassCompetion; 2) Peer Education e Tabagismo nella scuo-la. Gli obiettivi sono prevenire o ritardare l’inizio del-l’abitudine al fumo tra i giovani, eliminare o ridurre ilconsumo di sigarette tra gli studenti che hanno giàsperimentato il fumo, promuovere l’immagine del nonfumatore.

Sicur@menteesco. La Sicurezza Stradale attraversoi moltiplicatori dell’azienda preventiva di cui sonoreferenti il Dr.GiuseppeArcuri, Direttore FF del DistrettoSanitario 34 di Carini e la Dr.ssa Brigida Rosa,Responsabile dell’UOEPS dello stesso Distretto. IlProgetto prevede la collaborazione delleUU.OO.Educazione e Promozione della Salute di Carini,Corleone, Partinico, PTA E. Albanese, UOC DipendenzePatologiche, Sert di Montelepre, l’ Associazione“aStrummula”, Confcommercio. Il Progetto promuovela sicurezza stradale attraverso azioni in ambiti educa-tivo-formativo e del tempo libero. Le azioni previstenel primo ambito sono: la formazione ai docenti coor-dinatori delle classi selezionate per l’intervento;un’azione di ricaduta formativa nelleIII e IV classi deidue Istituti identificati per ciascun Distretto e un labo-ratorio video fotografico per la realizzazione di un

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prodotto multimediale sui temi legati alla tematica. IlProgetto si conclude con uno spettacolo con la parte-cipazione di un testimonial in una discoteca delDistretto capofila e/o della città, a cui saranno invitatii partecipanti al Progetto ed inoltre ai ragazzi verràofferto l’accompagnamento da parte delle Associazionidel Trasporto Notturno. Per quanto concerne l’ambitodel tempo libero, oltre la mappatura dei luoghi didivertimento dei territori distrettuali, è previsto l’in-tervento degli operatori di strada dell’Associazionenelle discoteche e nei pub identificati.

MetodologiaIl contributo previsto degli operatori delle dipendenzeper i progetti TVB e POAF è rivolto ai giovani, attra-verso la coprogettazione ed attuazione di interventiinformativi e formativi che hanno l’obiettivo di creareuno spazio di riflessione e di confronto sui comporta-menti a rischio, connessi all’uso di sostanze, e sui fat-tori di protezione.Il contributo degli operatori delle dipendenze per ilprogetto “Sicur@menteesco. La Sicurezza Stradaleattraverso i moltiplicatori dell’azione preventiva” èstato quello di forniresupervisione agli operatoridell’Associazione “a strummula”, per la stesura delmateriale informativo da utilizzare all’interno dellediscoteche e pub. Inoltre, in collaborazione con leUOEPS coinvolte, gli operatori delle dipendenze hannorealizzato due incontri rivolti agli adulti che i giovaniincontrano nei luoghi del divertimento, barman e bar-lady, addetti alla sicurezza e dj; target di adulti insoli-to da quello abituale, genitori e docenti, a cui solita-mente si rivolgono gli interventi degli operatori.Le due giornate di sensibilizzazione hanno previsto losviluppo delle seguenti tematiche:· le tendenze attuali dei giovani all’uso/abuso dialcool, al poliabuso e alla guida e quindi informazio-ni corrette sulle droghe, gli effetti e i danni che pro-curano, che piaceri promettono e da che visione delmondo scaturiscono.

· cenni sul significato della relazione di aiuto nel con-testo del divertimento giovanile; la riflessione pro-posta si è centrato sui giovani e sulla realtà attualee sul significato della relazione che hanno con gliadolescenti.

· legislazione vigente.

ConsiderazioniProgetti con obiettivi ambiziosi come la promozionedella salute e nello specifico la prevenzione delledipendenze, hanno possibilità di successo se possonocontare sulla collaborazione di operatori con compe-tenze e ruoli diversi, ma con obiettivo comune eresponsabilità condivisa. Altrettanto importante è ilcoinvolgimento attivo di studenti, del settore privato,di altre istituzioni e di tutti gli adulti che a vario tito-lo entrano in contatto con i giovani, come genitori,docenti ed adulti presenti nei luoghi del tempo libero,come le palestre, pub e discoteche. Il sorgere di nuovetendenze e il radicarsi di abitudini spesso si osservanonegli ambiti di aggregazione giovanile; i luoghi deldivertimento frequentati e apprezzati dai giovani rap-presentano così un contesto idoneo per un intervento

specializzato. Oggi infatti le figure professionali ope-ranti nei pub e nelle discoteche non sempre sono con-sapevoli delle loro potenzialità ad intervenire sul disa-gio giovanile, sul potenziamento dei fattori protettivie sulla riduzione dei fattori di rischio. Se adeguata-mente formati, potrebbero invece essere efficaci, con-siderata la loro “naturale” presenza nei luoghi di ele-vata concentrazione di giovani e la loro funzione cometestimonials ideali e non pregiudiziali. Riteniamo per-tanto utile incrementare attività formative rivolteagliadulti presenti nei luoghi di divertimento, con l’obiet-tivo di facilitare la sperimentazione, dall’interno deiluoghi di aggregazione giovanile,di strategie di inter-vento volte alla dissuasione dall’uso di sostanze psi-cotrope e alla riduzione del rischio sanitario e stradale.

Bibliografia

· Paola Marmocchi, Claudia Dall’Aglio e Michela Zannini“Educare le life skills. Come promuovere le abilità psico-sociali e affettive secondo l’OMS” Erickson

· Alberto Pellai, Valentina Rinaldin e Barbara Tamborini“Educazione tra pari. Manuale teorico-pratico di empowe-redpeereducation” Erickson

· FeDerSerd “Manuale delle urgenze ed emergenze nellediscoteche e nei luoghi di aggregazione giovanile” FrancoAngeli

· Presidenza del Consiglio dei Ministri- Dipartimento per gliAffari Sociali “Mai prima di mezzanotte. Stili di vita, dro-ghe e musica della generazione tecno” Gruppo Abele

· Nicholas Saunders “E come ecstasy” Feltrinelli· Umberto Galimberti “L’ospite inquietante. Il nichilismo e igiovani”Feltrinelli

· Daniel Goleman“L’intelligenza emotiva” Rizzoli· www.poltiche antidroga.it

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IL MIO SGUARDO@FUOCOLo smartphone e la fotografia partecipativa nei programmi di prevenzione primaria e di inclu-sione sociale nelle fasce giovanili

G. N. Cammara*, T. Dimarco*, D. D’Amico**, Neglia****UOC Dipendenze Patologiche Azienda SanitariaProvinciale Palermo**UOS Ser.T PA3*** UOS Ser.T PA3UOC Dipendenze Patologiche, UUOOSS Ser.T dell’ASP diPalermo, 6 Scuole Medie Superiori di Palermo

IntroduzioneL’attività di prevenzione primaria necessita oggi di unquadro di riferimento assai più ampio che in passatofinalizzato a rivalutare le condizioni sociali, culturali,le abitudini e gli stili di vita degli adolescenti. La so-cietà stessa è cambiata a fronte della naturale evo-luzione del sistema di valori e degli orientamenti dellenuove generazioni. Oggi i giovani adottano modelli diconsumo tendenti a trasformare il significato originaledi alcuni oggetti e strumenti privilegiandone l’uso infunzione degli effetti che questi sono in grado diesercitare sulle performance personali, ad esempio re-lativamente alle bevande alcoliche, la trasformazioneha separato in modo chiaro e distinto il bere dalla ri-tualità dei pasti. Le azioni rivolte ai giovani, quindi,sempre orientati alla promozione di una vita sana ealla prevenzione specifica sui rischi degli abusi, perrisultare efficaci, devono riguardare prevalentementela quotidianità, incidendo sostanzialmente sulla cul-tura e sulle opinioni correnti, accogliendo e rielabo-rando il bisogno dell’adolescente di sperimentare il ri-schio, di ricercare un’identità individuale e di apparte-nenza attraverso atteggiamenti oppositori alla culturadominante. Intervenire su tali dinamiche consente aglioperatori ed ai fruitori di accedere a nuovi significatie costruire risposte più efficaci al passo con i nuoviscenari del fenomeno. Diventa quindi, quanto mai ne-cessario entrare nel mondo giovanile per conoscerneabitudini, stili comunicativi, modelli comportamentali,interessi e passioni. E’ risaputo che l’uso dello smart-phone e dei social network è parte integrante della vitaquotidiana dei giovani, quindi l’impiego di tali stru-menti nelle azioni di prevenzione diventa fondamen-tale per disporre di nuove possibilità per raggiungerlicon la finalità di creare momenti di ascolto del loropunto di vista sulla salute e sul benessere e perfavorire in loro la consapevolezza dei fattori di rischiconnessi al disagio giovanile e/o a comportamenti

legati alle dipendenze patologiche.In tal senso l’UOC Dipendenze Patologiche ASP diPalermo da qualche anno sta attuando nuovi program-mi di prevenzione (basati sostanzialmente sull’utilizzodelle nuove tecnologie comunicative e sulla presenzadei Peer Educator) destinati agli studenti delle ScuoleSuperiori e ai target dei luoghi del divertimento not-turno. Il principio è che solo ponendo i giovani in unaposizione attiva si possono ottenere risultati efficaci.

MetodoL’aspetto più rilevante del programma “Il mio sguar-do@fuoco” riguarda il modello di prevenzione attuatoattraverso laboratori in cui i giovani partecipanti sonoaccompagnati con modalità attiva all’interno di per-corsi volti a sviluppare una visione più consapevole diciò che li circonda e a promuovere il linguaggio arti-stico come mezzo di auto-esplorazione. Quest’ultimaattraverso l’uso del medium fotografico (in questo casolo smartphone) e dell’immagine diventa un’esperienzaimmediata ma allo stesso tempo sufficientemente forteper “sentire” e poter descrivere ciò che si prova, quin-di ludica ed efficace allo stesso tempo, nella comuni-cazione con i giovani. Poiché, l’uso di tali strumenti nei processi virtuali daparte dei giovani può diventare compulsivo con altera-zione della visione di sé, nei laboratori si propone unadeclinazione differente dello strumento e del suo signi-ficato e un lavoro di sensibilizzazione sui punti di forza(le applicazione di informazione/help) e sugli effettiproblematici legati ad un uso sproporzionato. “Palermo: uno sguardo a fuoco. Un’idea di prevenzionee promozione” è stata la prima azione del programmaed è stata avviata nell’aprile 2013, coinvolgendo com-plessivamente 22 studenti di III° anno di sei ScuoleMedie Superiori di Palermo. La selezione degli studen-ti è stata curata dalla direzione di ciascun istituto sco-lastico, alcune scuole hanno utilizzato il criterio meri-tocratico, altre hanno segnalato giovani già conosciu-ti dagli sportelli Cic che vedono impegnati operatoridei SerT nell’attività di ascolto e consulenza. Il focusdel progetto era centrato su un contest fotografico apremi (tre mini Ipad), il cui tema, connesso al titolodel progetto, conteneva la possibilità di mettere a“fuoco” in modo libero contenuti e tematiche vicine aigiovani. Quindi il concorso si inseriva nel genere “temalibero”.

Il progetto prevedeva: · Spazi di socializzazione con giochi di gruppi (ad ini-zio e in itinere)

· Workshop di Iphonografia con esercitazioni pratiche· Laboratorio di autonarrazione tramite portfoliofotografico

· Apertura pagina gruppo Fb gestita dagli operatori · Contest fotografico· Conferenza finale con premiazione dei 3 vincitori· Momenti di discussione sulle tematiche affrontate

Il laboratorio della durata di due mesi, è stato avviatoall’interno degli spazi interni ed esterni all’O.P. “P.Pisani” e ha visto impegnati oltre ai due formatori,tutti gli operatori Cic referenti delle sei Scuole

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Superiori che hanno aderito al progetto. Gli spazi diconfronto sono stati presenti durante tutto il percorsoanche attraverso una pagina fb creata appositamentedove i ragazzi sollecitati dagli operatori si confronta-vano sulle tematiche che intendevano affrontare attra-verso le immagini (es. “prova a fotografare ciò che tifa più incazzare” sollecitazione immediatamente equi-librata con “prova a fotografare ciò che ti fa più inte-nerire” ecc.). Altro rilevante aspetto del progetto hariguardato l’attività di sensibilizzazione degli studentisulla tematica del “luogo come memoria”. In tal sensoè stato organizzato un momento informativo sulla sto-ria e sul complesso significato dell’ex Manicomio “P.Pisani” di Palermo con un tour dell’intero spazio e unavisita guidata alla mostra permanente allestita all’in-terno della “Vignicella” cuore dell’intera strutturamanicomiale. Tutte le esercitazioni fotografiche previ-ste durante la formazione sono state realizzate all’in-terno di questa importante realtà del territorioPalermitano. I lavori finali per partecipare al contestpotevano essere presentati sotto forma di due propo-ste: 5 singole foto non interdipendenti o in forma diportfolio (racconto fotografico sequenziale da 5 a max8 scatti fotografici). Gli studenti che hanno partecipa-to al contest sono stati 18 su 22 formati, i lavori, sonostati tecnicamente valutati da una giuria composta daesperti in fotogiornalismo, i tre lavori premiati con treIPad mini 16 GB, sono stati scelti perché qualitativa-mente migliori dal punto di vista tecnico e significati-vi nel contenuto. Tutti i lavori si sono comunque con-traddistinti per la coinvolta partecipazione e per lasensibilità nella scelta delle tematiche trattate vicineai giovani (bullismo, solitudine, natura, divorzio, buli-mia, nascita, libertà, musica, ambientalismo, animali-smo, violenza sulle donne ecc.). Il progetto si è uffi-cialmente concluso l’11 giugno 2013 con la premiazio-ne all’interno di un momento pubblico presso il teatrola “Vignicella” presidio “P. Pisani” in presenza dei gio-vani partecipanti, le loro famiglie, gli operatori Asp e idocenti delle scuole coinvolte. Successivamente allagiornata di premiazione è seguito un incontro tra i gio-vani e gli operatori CIC, per la visione dell’intera pro-duzione fotografica del contest e l’avvio di uno scam-bio sull’intera esperienza e sulle singole tematicheaffrontate.Durante l’anno scolastico 2013/2014 su richiestadell’Istituto Superiore IPSIA “E. Ascione” di Palermoricadente nel territorio del Sert PA 3, è stato avviatoun nuovo progetto che ha coinvolto l’intero gruppo distudenti di una stessa classe di IV° anno. La richiestadella scuola riguardava il sostegno nel superamentodelle problematiche relazionali causate dall’alto gradodi conflitto presente nella classe anche durante losvolgimento della didattica. Diversi i tentativi da partedegli adulti della scuola a “risolvere” la conflittualità,sia in termini disciplinari che con tentativi di media-zione. Tenuto conto della partecipazione di due stu-denti della classe al progetto “Palermo: uno sguardo afuoco. Un’idea di promozione e prevenzione.” realizza-to l’anno precedente, si è ritenuto utile coinvolgere idue studenti nell’azione come peer-educator ed utiliz-zare la fotografia partecipativa come mezzo di valuta-zione e di intervento. L’azione si è differenziata dal

precedente progetto, in quanto è stato dato particola-re risalto ai momenti ludici di gruppo con chiare fina-lità psicopedagogiche, spazi propedeutici al confrontoe alla conoscenza reciproca. Durante la formazionesono stati privilegiati diversi momenti di condivisionein gruppo di sentimenti e stati d’animo prodotte dalleesercitazioni proiettive, utilizzando alcune immagini(fortemente evocative) proposte dall’operatore; l’azio-ne progettuale si è conclusa con l’assegnazione delledifferenti “missioni” fotografiche da realizzare a cop-pia. Durante il percorso gli studenti hanno avuto mododi ascoltare punti di vista degli altri, sino ad allorainesplorati, e di “pensare” all’altro con chiavi di lettu-ra diverse. Attraverso i giochi psicopedagogici sonostati sollecitati i livelli emotivo-affettivo, cognitivo erelazionale. L’azione educativa-formativa ha offerto airagazzi uno spazio per misurarsi con le difficoltà rela-zionali, imparando a fronteggiarle o superarle con lagestione creativa dei conflitti. Il progetto è stato con-dotto da due operatori dell’ASP, in copresenza di undocente scolastico durante le ore delle attività proget-tuali.

Risultati · Avviato e stimolato lo scambio e il confronto con gliadolescenti sulle tematiche giovanili attraversometodi e pratiche non convenzionali;

· Accresciute attraverso le immagini, le capacità iden-tificative delle proprie emozioni e di quelle altrui;

· Sviluppo di nuove competenze nei giovani per fron-teggiare le difficoltà relazionali nel gruppo;

· Offerta ai giovani, attraverso programmi di for-mazione, la conoscenza di strumenti tecnici peresprimere la loro sensibilità artistica ed estetica;

· Sensibilizzazione degli studenti sulle forme del disa-gio giovanile e rischio di dipendenza da sostanze e/oda altre forme e su importanti tematiche sociali;

· Condivisione della metodologia e dei risultati deipercorsi progettuale con le altre scuole del territorioe la comunità tramite convegni, mostre, pubbli-cazioni/fanzine.

Conclusioni Nella definizione dei programmi di prevenzione è nec-essario distinguere tra programmi di prevenzionespecifici e attività preventive integrate nei programmiscolastici. La prevenzione nella scuola non dovrebbefocalizzarsi esclusivamente sul problema droga, ma alcontrario comprendere aspetti di carattere personale esociale, anche attraverso il coinvolgimento dellefamiglie degli alunni e della comunità. In tal senso, ilprogramma di intervento “Il mio sguardo@fuoco” pro-mosso dal DSM-UOC Dipendenze Patologiche-ASPPalermo e destinato agli studenti delle Scuole MedieSuperiore, si integra sinergicamente con le attività pre-ventive comprese nei curricula scolastici. Inoltre, l’usodi metodologie e di nuovi strumenti di comunicazionetecnologica, qualifica il programma come esperienzamaggiormente rispondente ai nuovi scenari del feno-meno. Le differenti azioni di supporto previste sonocentrate a sostenere il singolo nel processo di unacrescita sana, mentre l’impiego dello smartphone comestrumento privilegiato dei percorsi proposti dal pro-

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gramma, favorisce la creazione di uno spazio di intera-zione empatica con i pari e gli adulti, nel quale è pos-sibile avviare uno scambio di tipo artistico ma anchee soprattutto ideologico. Il racconto e l’auto-nar-razione per immagini, fissa fortemente le emozioni,momento importante per affinare l’ascolto emotivo ela funzione immaginativa, e favorisce l’apertura dispazi di discussione e scambio con i giovani. Nelleesperienze realizzate il lavoro con le immagini, comelinguaggio simbolico, ha facilitato il processo di scam-bio e di esplorazione dei diversi punti di vista e dellevisioni personali dei giovani partecipanti; questo hapermesso di intervenire e avviare processi di consoli-damento della riflessione critica sulle aree tematicheproposte dagli stessi o emerse durante le attività la-boratoriali. Si ritiene, inoltre, rilevante sottolineareche il carattere di flessibilità contenuto nel program-ma ha permesso di orientare l’uso degli strumentiverso precise finalità che il contesto d’intervento ognivolta ha richiesto.

Bibliografia · (F) Attori di prevenzione. Da un’esperienza territoriale, unmetodo di lavoro possibile contro le dipendenze” FrancoAngeli;

· Politiche e servizi sociali. “Manuale di prevenzione alcool,droghe e tabacco” Franco Angeli

· Anna Putton “Empowerment e Scuola” Carocci;· Ulisse Mariani e Rosanna Schiralli “Costruire il benesserepersonale in classe. Attività di educazione alle competen-ze affettive e relazionali.” Erickson;

· Gian Vittorio Caprara “La valutazione dell’autoefficacia”Erickson;

· Cristina Nunez “SOMEONE TO LOVE, The Self-PortraitExperience” The Private Space Books Barcellona

· Cristina Nunez “All’inferno e ritorno” (Art& Fotografia ericerca), Arti Grafiche Friulane, 1997;

· Judy Weiser “FotoTerapia: Tecniche e strumenti per laclinica e gli interventi sul campo”Franco Angeli, 2013;

· Ben Harwell “IPhone movies. Riprendere, montare, condi-videre” Logos, 2012;

· Stephanie C. Roberts “Fotografare con l’iPhone”Logos,2011;

· Gianpiero Riva “Fotografia smartphone. Scatta, elabora,condividi” Apogeo, 2103;

· “The Art of iPhoneography: A Guide to Mobile Creativity”Lark Books; 2011;

· Cancrini Maria Grazia, Mazzoni Silvia, I contesti delladroga: storie di esplorazione, autoterapia e sfida: unapproccio psicologico al fenomeno delle dipendenzeattraverso la complessità, Franco Angeli, Milano, 2002;

· Duccio Demetrio, Raccontarsi. L’Autobiografia come curadi sé, Edizioni Cortina Raffaello, Milano, 1996;

· James Reynolds, Zoe Zontou, “Addiction andPerformance”Cambridge Scholars Publishing, 2014;

· Furnari F., La persona come progetto, Edizioni IlCenacolo, Biancavilla (Ct), 1990;

· Galimberti Umberto, I miti del nostro tempo, Ed.Feltrinelli, Milano 2009;

· Gatti Riccardo “Droga, Architettura e materiali per lenuove reti di intervento”, Franco Angeli Editore, 2004.

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STEP: SERVIZI TERRITORIALIEDUCATIVI POLIVALENTI

S. Canton*, R. Gallizzi**, S. Bardelli* R. Bettoni**, C. Bregamo*, S. Caronni* M. Duca*, E. Roncoroni*, R. De Facci****Coordinatori progetti Adolescenti ex 3239/2012,Coop. Lotta contro l’Emarginazione** Responsabili area Dipendenze, Coop. Lotta control’Emarginazione*** Presidente, Coop. Lotta contro l’Emarginazione

Obiettivi: definizione di un modello di interventoinnovativo nell’ambito della fragilità e problematicitàmultifattoriale adolescenziale, su cui Coop. Lotta con-tro l’Emarginazione sta lavorando a partire dall’espe-rienza delle sperimentazioni finanziate dalla D.g.r.3239 del 2012 su giovani consumatori problematicidai13/14 ai 24/25 anni spesso con ulteriori proble-matiche sociali, psichiche, psicologiche e relazionali.

Metodo: Il modello che si sta delineando è il fruttodella sperimentazione biennale avviata da Coop. Lottacontro l’Emarginazione nei territori di 5 Asl (Como,Varese, Asl Milano, Asl Milano1 e Sondrio), ed è il ten-tativo di costruire un intervento territoriale tra pre-venzione universale e presa in carico precoce, che siain grado di approcciare, agganciare e gestire situazioniindividuali o collettive di prossimità e/o vulnerabilitàal consumo di sostanze psicoattive, con problematichecomplementari di tipo sociale, psicologico, legale esanitario di una certa complessità e variabilità deiproblemi incontrati ed una forte difficoltà dei serviziterritoriali specialistici alla loro gestione. Tale diffi-coltà nasce anche dal riscontro di una eterogeneità deimodelli e degli approcci presenti sui vari territori e ri-levati nei progetti e nei servizi territoriali con cuiquesti giovani vengono in contatto. Un lavoro diascolto, presa in carico, avvio di relazioni significa-tive, ci ha permesso di andare ad identificare un tar-get prioritariamente eleggibile attraverso la condivi-sione di possibili profili di rischio e di consumo e diproblematicità multifattoriale. Di conseguenza è stato avviato un lavoro di raccordo econdivisione con la rete territoriale (educativa: scuolae famiglie, sociale: i servizi sociali e i luoghi della li-bera aggregazione, legale: tribunale dei minori e sani-taria: Ser.T e servizi di salute mentale) in contatto conquesta tipologia di target e poi si è sperimentato unprocesso di accoglienza multiprofessionale a partiredalla lettura della domanda posta dall’adolescente, chesi è sviluppata in un percorso di confronto, aggancio,presa in carico, tutoring seguite ove utile o necessarioda orientamento ai servizi e cogestione per i casi diparticolare gravosità. Da questo punto di vista fonda-

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mentale è stato, ed è, il raccordo e la collaborazionecon i Dipartimenti delle Dipendenze, non solo nellagestione dei casi, ma anche nella condivisione distrategie e ipotesi progettuali.I presupposti dell’intervento sono dunque legati adapprocci di prevenzione selettiva, di prevenzione indi-cata e all’aggancio in fase precoce, che a propositodegli esordi psicotici significa «prima di quanto siausuale» e non prima del tempo o prematuro (Larsen T.K., 2001). Un secondo fattore caratterizzante l’inter-vento è il lavoro sull’aumento e/o sul consolidamentodei fattori protettivi e di consapevolezza, perché l’in-tervento si connota prioritariamente come l’agganciosu un aspetto di vulnerabilità e potenziale problema-ticità, non di patologia franca e quindi in contesto chesi colloca tra prevenzione selettiva e prevenzione indi-cata (Bertolini E., Salviati S., 2009). Tali progetti ter-ritoriali che prevedono anche la presenza in con-testi/luoghi specifici di lavoro ha bisogno di un set-ting non stigmatizzante, quindi gli interventi hannosede in luoghi non connotati come servizi specialisti-ci e che in una prima fase di aggancio possono agireanche in spazi totalmente neutri come il parco, il Cage il bar… ( Cocchi A., Meneghelli A., 2004).Un altro fattore che caratterizza questo tipo di inter-vento è l’azione di tutoraggio territoriale inteso comeaffiancamento mirato e specifico nelle attività quoti-diane, come orientamento e sostegno nella ricerca sulterritorio di contesti di socializzazione positiva e diprogrammi di formazione socio/lavorativa. Infine èfondamentale l’analisi multifattoriale dei bisogni inquanto permette di accogliere la domanda dell’adole-scente e/o della sua famiglia nell’ottica di costruire unprogetto individualizzato e in rete con quantorichiesto e/o offerto dagli altri servizi del territorio. Proprio a partire da quanto appena detto risulta fon-damentale il sistema territoriale di riferimento traambiti sociali e sanitari, tra servizio pubblico e priva-to sociale. Infatti le progettazioni presentate hannoabbandonato un sistema di logica dell’offerta e si sonoorientato verso un sistema incentrato sulla domanda,sulla progettazione individualizzata organizzata perobiettivi specifici e fasi diversificate. Tale logica haspinto il progetto a interrogarsi sul rapporto con larete secondaria formale rispetto alle richieste prove-nienti da quest’ultima, in quanto nella presentazionedei casi è emersa spesso una confusione rispetto almandato progettuale e agli obiettivi dell’intervento(Croce M., 1995). Il rischio che, spesso, si è corso èstato quello di cadere in una sostituzione del manda-to sociale (con una cultura allarmistica ed allon-tanante) a scapito del mandato progettuale che èinvece di carattere preventivo, sanitario e di socializ-zazione. Un altro elemento di criticità nellacostruzione della rete è dato dalla difficoltà dei serviziad entrare in una logica di intervento coordinato e si-nergico, in cui si rimane ancorati ad un sistema che siattiva solo in funzione delle proprie necessità e spe-cialismi senza che vi sia una cornice di riferimento edi senso condivisa. Questa modalità porta ad una fa-tica nella presa in carico complessiva delle personeche rischia di avvenire in modo dispersivo e senza unachiara condivisione di obiettivi progettuali

(Folgheraiter F., 1993). L’attuale scenario economico e sociale restituisce ulte-riori elementi di complessità che si traducono in scar-sità di risorse da parte della rete dei servizi e contes-tualmente in un aumento della domanda generica dipresa in carico. In questo scenario i progetti rispettoalle prese in carico e alle azioni svolte nei contesti digruppo, oltre ad aver sviluppato strategie volte a faremergere i comportamenti problematici, hanno pro-mosso un ruolo di traghettamento ai servizi di tratta-mento e cura.

Risultati: Chi sono gli adolescenti intercettati dai no-stri progetti dopo circa 2 anni di lavoro? Per unamiglior definizione del Target di lavoro abbiamo lavo-rato a partire dalle persone accolte ed incontrate allacreazione di un profilo del target con alcuni indicatoridi rischio che provassero a meglio definire gli aspettidi “maladattamento e consumo genericamente pro-posti dalla d.g.r.3239”. I vari indicatori e le forme divulnerabilità sono state raggruppate nelle seguentiaree del target: disagio giovanile, consumo/abuso disostanze, disagio sociale, disagio psichico. Si tratta,quindi, di 493 adolescenti con cui abbiamo misuratobisogni, congruità delle risposte e risultati.Sono stati intercettati prevalentemente soggetti disesso maschile, 64%. Per quanto riguarda la fascia d’etàla maggior parte si colloca tra i 14 e i 17 anni, 49%. Per quanto riguarda la condizione occupazionale ildato generale, in linea con la giovane età agganciata,vede coinvolti prevalentemente studenti, 78%.Dai dati sul consumo di alcol emerge il fatto che gene-ralmente 81% degli adolescenti agganciati abbianoconsumato alcol nell’arco della loro vita, dato signi-ficativo se rapportato all’età dei soggetti intercettati.Risultano alti anche gli episodi di binge drinking unao due volte al mese pari al 26% sempre se si considerache gli adolescenti intercettati risultano essere per lamaggior parte minorenni. Il 36% degli adolescenticontattati dichiara di aver consumato sostanze nellavita e il 15% dichiara di averle consumate nell’ultimasettimana. La sostanza maggiormente utilizzata risul-ta essere la marijuana, seguita da Cocaina, ketamina edagli psicofarmaci, nei soggetti che hanno risposto alquesito sul consumo. Gli psicofarmaci risultano essereuna sostanza di largo consumo in quanto facilmentereperibili, specie all’interno delle mura domestiche.

Si è poi considerato il disagio mentale che vienedichiarato nel 46% dei casi. Nello specifico il 22%

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dichiara una sintomatologia di tipo depressivo, mentre18% dichiara di avere un disturbo d’ansia e di soffriredi attacchi di panico. Per quanto riguarda i disturbi delcomportamento il 19% dichiara comportamenti aggres-sivi e il 7% di aver tentato delle fugheDai dati sul trattamento emerge che una percentualeattorno al 16% usufruisce di un trattamento specifico.Abbastanza problematico appare invece il dato relati-vo alle problematiche scolastiche. Infatti si riferisce al45% della popolazione totale. La bocciatura è il pro-blema maggiore 19%, seguita da problemi di apprendi-mento 8%, e dispersione che si attesta al 7%.Per quanto riguarda l’area sociale dal punto di vistadelle problematiche degli adolescenti, gli stessi indi-viduano come aspetto maggiormente problematicol’uso di alcol/sostanze nel gruppo pari 33%, seguitodalla frequentazione di gruppi a rischio pari al 27% edai comportamenti illegali nel 17% dei casi. Il sessonon protetto è il comportamento che risulta maggior-mente a rischio.Tornando dai dati al modello le fasi che hanno carat-terizzato il processo di intervento sono: accoglienza,analisi della domanda, presa in carico e definizione delprogetto individuale, eventuale presa in carico dellafamiglia, erogazione di prestazioni, verifica e valu-tazione di processo e di efficacia. Nello specifico leprestazione che vengono erogate sono: ascolto mirato,tutorship individuale, counseling individuale pedagogi-co e/o clinico, bilancio di competenze individuale e digruppo, gruppi tematici: sostanze e comportamenti arischio, percorsi di life skills, peer support, internetconsapevole, laboratori espressivo relazionali, suppor-to alla famiglia pedagogico e/o clinico.

Conclusioni: Le progettazioni presentate hannoabbandonato un sistema di logica dell’offerta e si sono

orientato verso un sistema incentrato sulla domandadelle famiglie attraverso l’introduzione di un modelloevolutivo, di gestione dei servizi sociali e socio sani-tari, fondato su: libertà di scelta del cittadino, libertàdi iniziativa e competizione fra erogatori di servizi,responsabilizzazione di tutti gli attori del sistema diwelfare. ci sembra di poter dire che la proposta offertarisponda ad una domanda. Gli elementi di innovazionealla base del progetto sono: luoghi non connotati,flessibilità degli orari e dei luoghi, valutazione per-sonalizzata dei profili di rischio/problematicità, si-stema integrato di intervento, luogo di “sintesi” nelpercorso di crescita. Sembra importante evidenziare gliultimi due aspetti perché, come sottolineato in prece-denza hanno permesso di costruire un sistema di inter-vento con cui definire e attuare strategie volte a faremergere il comportamento problematico e i bisogni.Inoltre ci dovrebbe far riflettere sulla percezione chegli adolescenti hanno del disagio e sulla necessità diinterventi mirati ad aumentare i fattori protettivi alfine di sviluppare comportamenti positivi, quali adesempio il senso di autotutela, consapevolezza, autoed etero responsabilità, di rispetto degli accordi edelle regole concordate, senza dover necessariamentepatologizzare e stigmatizzare quelle che possonoessere considerate delle normali istanze di crescita,delle possibili e forse necessarie trasgressioni, dellevarie espressioni del se, ma allo stesso tempo moni-torando quei segnali che, invece, possono essere indicedi un incapacità della gestione dei fattori di rischio,con un aggravarsi della situazione, come ad esempio icomportamenti a rischio, per essere pronti ad inter-venire e ad orientare gli adolescenti verso forme appo-site di attenzione, consapevolezza,scelta di cambia-mento e ove necessario cura.

BibliografiaBERTOLINI E., SALVIATI S. (traduzione a cura di), Preventing latersubstance use disorders in at-risk children and adolescents, inQuaderni della prevenzione – quaderno n° 6 (2012)COCCHI A., MENEGHELLI A., L’intervento precoce tra pratica ericerca – manuale per il trattamento delle psicosi all’esordio,Centro Scientifico Editore, Torino (2004)CROCE M., Il lavoro di rete fra pratica tecnica e partecipazione,in “L’intervento di rete – Concetti e linee d’azione”, Quadernidi animazione e formazione, Gruppo Abele, Torino (1995)F. FOLGHERAITER, Lavoro di rete e valorizzazione delle risorsesociali, in “L’intervento di rete – Concetti e linee d’azione”,Quaderni di animazione e formazione, Gruppo Abele, Torino(1995)LARSEN T.K., FRIIS S., HAAR U., JOA I., JOHANNESSEN J. O., MELLE

I., OPJIORDSMOEN S., SIMONSEN E. & VAGLUM P., Early detectionand intervention in first-episode schizophrenia: a criticalreview, Acta Psychiatrica Scandinavica, 103, 323-34 (2001)

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informaFEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE

n 25ottobre 2014

Supplemento a Mission - Periodico trimestrale della Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze - N. 41/2014 - OTTOBRE 2014

PRESENTAZIONE LAVORI PERVENUTI

ADOLESCENZAVULNERABILIT¸,

ESORDI PSICOTICI, DIPENDENZE

Convegno Temat i co Naz iona le FeDerSerD

Centro Congressi San Paolo Palace HotelPALERMO 16-17 ottobre 2014Centro Congressi San Paolo Palace HotelPALERMO 16-17 ottobre 2014