inferenza pratica e inferenza teoretica
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Sergio Cremaschi
discorso, anche se sia I'una sia I'alt ra si rea li zza rono sciogl iendo in un
determinato modo nodi che questo discorso lasciava irr isol ti .
3. Infa tti la proposta di Anscombe di bandire de l tut to I'et ica finché
non avremo un'adeguata filosofia della psicologia puó suonare con-
vincente per ció che nega, cioé l'e tica de l noncognit ivi smo degli anni
Quaranta e Cinquanta, e sembra tanto piú pro fonda in quanto riecheg-
gia la profonditá (quella vera e quella apparente) della f ilosof ia wit tgen-
steiniana; in realtá e una proposta che sfonda una porta aperta dato che
il noncognit ivismo aveva giá dichiarato impossibi le l 'e tica normativa,
ed e invece molto poco definita se si ind irizza a un bersaglio cri tico piu
ampio, aquell a filosofia mora le moderna che non si riduce a Mil I,
Sidgwick, Ross come Anscombe sembra dare per scontato ma com-
prende autori , da Grozio a Whewel l, che Anscombe non considera .
4. E inolt re le due soluzioni para lle le che Anscombe vede al proble-
ma del la fondaz ione de ll'et ica restano viz iate da punt i oscuri cruc ial i:
l a concezione de lla l egge divina e una st rana concezione, molto piú
moderna, neoagost iniana e ca lvini st a che bibl ica o tomista; la conce-
zione delIa vir tú come fonte dell a norma resta non sviluppata, e infatt i
le eti che de ll e virtu success ive s i allontaneranno notevolmente dalIe
formulazioni di Anscombe.
5. Riguardo al punto p i ú decisivo del la fondaz ione del l'eti ca , ov-
yero la confutazione del l'immoral ismo, la risposta di Anscombe al la
domanda Perché essere morale?
e
piuttosto deludente, dato che r icor-
re di rett amente a una soluzione a l problema del la teodicea ignorando i
tentativi di salvare i l punto di vis ta morale senza r icorrere a una retribu-
zione divina, e anzi sembra non considerare adeguatamente la necessi tá
di difenders i dal la cri tica kantiana alIe morali eteronome.
6. Riguardo a un punto decisivo per chi voglia criticare la filoso-
f ia morale moderna, cioe la valutazione dell ' et ica kantiana, Anscombe
sembra accettarne acr it icamente un'immagine impoverita che parados-
sal mente era I'immagine creata a fini polemici proprio dai consequen-
zialist i che aveva scelto come avversari .
7. Infine, l a di fficoltá di identifi ca re la descriz ione ri levante di un
atto non e un argomento a favore dell ' e tica del le virtú contro il con se-
quenziali smo e l 'e tica kanti ana ; anzi, i l ruolo assegnato al giudizio
nell' et ica kantiana rappresenta una r isposta alla dif ficoltá sollevata da
Anscombe per quanto riguarda l'azione futura, mentre per quanto ri-
guarda l'az ione passa ta , la tesi kantiana dell a inconoscibil itá dei mo-
venti
e
forse l 'u lt irna paro la.
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J i l
, ,
nferenza pratica e inferenza teoretica
ROGER TEICHMANN
bstract
Inquesto studio prendo in considerazione il rapporto fra le eventuali
premesse provenienti dai desideri e illoro rapporto con le conclusioni
sia deduttive che induttive.
La conclusione ( quindi fa ro X ) d i un'argomentazione prat ica puó
provenire dall e sue premesse (a) senza i l bisogno di una premessa ini -
ziale voglio .. . , (b) nonostante i l fat to che altre conclusioni, incompa-
t ibi li con la prima, possano anche der ivarne. Anche se una condizione
(a ) regge, e' e un senso in cui chiaramente
dipende da cio che l agente
vuo/e se egl i trae una determinata conclusione prati ca ; ció che egli vuo-
le e
mostrato
nel suo trarre una par ticolare conclus ione, come sost iene
Anscombe.
Vengono esaminati due tipi di argomentazione teoretica, deduttiva e
induttiva, con l 'intento di un confronto con le argomentazioni pratiche.
Proprio come voglio X non e necessario come premessa in un 'ar-
gomentazione prat ica , cosi le regole o i cano ni di infe renza (dedut tiva
o indut tiva ) non compaiono come premesse; che qua lcuno t ragga una
detenninata conclusione teoretica mostra che egli segue una qualche
regola. In questo senso, dipende da quale regola di inferenza segui se
trai una determinata conclusione teoretica.
Non qualunque desiderio puó essere espresso o asc ritto in manie ra
intelligibile. Ció che Anscombe defini sce una carat teri zzazione di de-
siderabilitá spesso e richiesta per l'intelligibilitá. Le caratterizzazioni
di desiderabi li tá sono proposizioni ordinarie , vere o fa lse. Esse hanno
1 St. Hilda's College, University ofOxford.
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la funzione di mettere fine a ll a domanda perché? , e quindi contano,
quando date come premesse (vere) nelle argomentazioni pratiche, come
giustificatorie
(ceteris paribus).
Quindi anche se dipende da ció che un
agen te (razionale) vuole , se egli trae una conclusione pra tica, tutt avia,
essa puó essere pienamente giust if icata soltanto attraverso ilr icorso alle
premesse, e qualcosa di molto simile accade per le argomentazioni
teoretiche.
1. 11 ragionamento pratico e le sue premesse
Questo
e
un esempio di ragionamento pratico, p reso da ll e pagine di
Intenzione diAnscombe (n. 33) :
La vitamina X e buona per gli uomini con piú di 60 anni
La trippa del maiale e ricca di vitamina X
lo sono un uomo con piú di 60 ann i
Ecco della trippa di maiale.
Aristotele ri teneva che la conclusione di un ragionamento prat ico
fosse un'azione, come quella di prendere e mangiare la trippa del ma-
iale . Ad ogni modo inse riró come conclusione una dichiaraz ione d i in-
tenzione:
(e ) Al Iora ne prendero un po'.
Questa conclusione deriva da ll e premesse date? Tut to dipende da
cosa vuole la persona - cioé l a persona che fa i l r agionamento. Se vuole
mang iare ció che gl i fa bene , potrebbe t rarre la conclusione; oppure no.
Infa tt i, anche se vuole mangiare ció che gli fa bene, non c é bisogno di
giungere a questa conclusione. Poiché potrebbe esserci qualcos'altro
che gli fa bene, magari anche ricco di vitamina X - una insalata di f a-
giolo mungo, ad esempio. E potr ebbe decidere di prendere questa.
Questo ultimo fatto non dimostra che va bene qualunque cosa
quando si a rriva al ragionamento prati co, anche perché sa rebbe come
affermare che non esiste qualcosa come i l r agionamento prat ico. Senza
aggiungere ulteriori premesse, ad esempio, non deriva la conclusione
lo faccio ad occh i chiusi .
E
Yero, pero, che gli argomenti pra tic i ra-
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,
Injerenza pratica e inferenza teoretica
ramente
necessitano
le loro conclusioni; de tto in alt re paro le, ques to e
cos i perché un argomento pratico molto spesso
e
l'immagine speculare
del corrispondente argomento teoretico. Tenendo questo in mente, pos-
siamo tomare alla quest ione se (e) deriva dall e premesse, intendendo
per questo se le premesse permettono, o giust if icano, che qualcuno trag-
ga (e) come conclusione. Cosi e ma solo se la persona vuole mangia re
ció che gli fa bene . E questo potrebbe portarc i ad inserire un ' ulte riore
premessa , se vogl iamo che la conc lusione segua in modo appropria to,
vale a dire voglio mangiare ció che mi fa bene . Ma come Anscombe
ed altri han no affermato, tale ulter iore premessa non e necessaria, poi-
ché, tanto per cominciare, non produce un argomento molto piú forte.
Poiché I'agente non puó, secondo loro, ident ificarsi con il desiderio
espresso. Inser iamo voglio magiare ció che mi fa bene tra le premes-
se de ll'argomento appena menzionato; di nuovo, l'uomo puó ora per-
fet tamente e raz iona lmente concludere quindi mi al lontano da questa
trippa - se, ad esempio, fosse una spec ie di manicheo per i lqua le il de-
s ider io di un nutrimento f is ico contasse come un difet to spiri tuale. Una
premessa que s ta che, dopotutto , esprime una proposizione o convinzio-
ne, vera o falsa, e per que sto voglio mangiare ció che mi fa bene , se
deve fungere da premessa, espr imera solo una convinzione che l 'agente
ha di se stesso. E, citando Hume, potremmo dire che un complesso di
convinzioni non produrrebbe una conclus ione pratica senza il benef icio
di un des ider io att ivo. Se una proposizione su ció che des ider i f igura tra
le tue premesse - se, vale a dire, una delle tue ragioni per agire in un
cer to modo riguarda il fat to che vuoi quaIcosa - allora ció dimostra che,
per te, il desiderio in questione e solo uno de i fa tti del caso; ed e que sto
ció che signi fica quando si dice che non ti identi fich i con esso.
Perció se i l desiderio att ivo non deve essere trovato fra le premesse,
do v é? -
ed in che modo opera? Il fatto che l'uomo tragga (e) come
conclusione
dimostra
che vuole mangiare ció che gli fa bene, come
afferma Anscombe. 11suo trarre questa conclusione
e
un cri terio del suo
voler mangiare ció che gli fa bene. E il suo arrivare al piatto di trippa,
potremmo aggiungere, e un crit erio del suo ayer t ratto questa conc lu-
s ione. Ció spiega il fascino di dire che un'azione
e
la conclusione di un
argomento pratico, i l che andrebbe bene (forse) se potess imo includere
fra le azioni i meri t entativi: da to che cercare di raggiungere il piatto di
trippa e tanto un cri terio di ayer concluso ne prendero un po' quanto
lo e il raggiungerlo con successo.
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•. .l.
Roger Teichmunn
Queste osservazioni mostrano in che senso e yero che tutto dipende
da cio che si desidera se si vuole dedurre una conclusione pratica da un
dato cornplcsso di convinzioni. E qucsta idea ha svolto un ruolo crucia-
le in molti argomenti sul soggettivisrno etico, e negli attacchi al natu-
ralismo etico, Si
e
detto che, nessun mero complesso di fatti sul mondo
puó razionalmente obbligare,
n é
razionalmente giustificare, I'agire in
un modo piuttosto che in un altro. Poiché nessun cornplesso di convin-
zioni puó da solo produrre una conclusione pratica,
2. Le argomentazioni pratiche e le regole di deduzione
Qui di seguito viene un altro argornento:
Se non ci fossero state anni di distruzione di massa, la guerra in fraq
sarebbe stata ingiustificata.
Non c'erano armi di distruzione di massa.
Per questo la guerra in Iraq era ingiustificata.
Questo, senza dubbio, cosi come viene inconfutabile. Una persona
razionale che accetta le prernesse deve solo accettare la conclusione.
Non dipende da cos'altro vuole o crede, lo deve accettare.
Ma
e
cosi? La Tartaruga- di Lewis Carroll direbbe che
e
necessaria
una ulteriore prernessa, vale a dire:
(t) SE sia (se non c 'erano armi di distruzione di massa, la guerra
in Iraq era ingiustificata) e (non c'erano anni di distruzione di massa),
ALLORA la guerra in Iraq era ingiustificata.
Dopotutto, se (t) non fosse vera, la conclusione non seguirebbe. Ma
chiaramente aggiungere questa premessa non rende I'argomento piú
forte, come lo sfortunato Achille riconosce. Per cui se dobbiamo inseri-
re (t), allora allo stesso modo dobbiamo inserire un 'altra (estremarnente
lunga) premessa e un'altra, e un'alrra ancora. Da ció deriva che do po-
tutto non abbiamo bisogno di
(t)
come prernessa. Chiaramente, pero, iI
condizionale in questione opera in qualche modo; per cui dove e se non
fra le prernesse? ... e come opera'
2 Cfr . L. Carro ll, What the Tortoise Said Achilles, «Mi nd» 4, n. 1 4 (apri l
IX 95 . pp. 27X ·2XO.
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lnferen:« pratica e inleren:a teoretica
Opera come regola di inferenza - modus ponens, per cssere precisi.
F cosi come un desiderio non deve essere riscritto come una proposi-
zione su un desiderio, cosi una norma di deduzione non deve cssere
riscritta come una proposizione di logica. Tutto questo evidenzia in
che senso
e
yero che tutto dipende da quali norme di deduzione si
osservano quando si trae una data conclusione teoretica da un corn-
plesso di convinzioni. 11soggettivismo in logica, ad ogni modo, sern-
bra essere unidea sballata. Per cui, in che modo la logica
e
differente
da 11'etica?
La risposta naturale
e
che la persona de ve attenersi al modus ponens
e alle regole di inferenza per contare come razionale, e nulla di analogo
riguarda i desideri di una persona. Ora, una norma di inferenza logica
prefissa non ha bisogno come tale di essere al di sopra della critica o
della giustificazione. Questo lo vediamo nel caso del connettivo irn-
maginario ton k di Arthur Prior, eche possiede le seguenti regole di
introduzione ed eliminazione ':
Da P, si deduce P tonk Q
Da P ton k Q, si deduce Q
L'uso di tonk' perrnette di dedurre qualunque cosa da qualunque
cosa, per cui le regole di inferenza con cui
e
definito non devono essere
amrnesse. Si potrebbe anche affermare che la cosiddetta definizione di
ton k non definisce realmente qualcosa: regole incoerenti non sono
propriamente regole. Questo porterebbe ad afferrnare dopotutto che le
autentiche regole di inferenza sono al di sopra della critica o del1a giu-
stificazione, dal momento che gli apparenti controesempi non contano
ncanche come regole di inferenza. Naturalmente, gli esseri umani pos-
sono falsamente dichiarare e commettere errori logici, ed inoltre con
una certa frequenza; Ola non possono adottare modi di ragionamento
illogici (un pensiero il1ogico non
e
realmente un pensiero ). Se le regole
di inferenza logica sono in questo senso obbligatorie, allora il sogget-
tivismo riguardo alla logica appare insostenibile. Infatti, le cose non
, A. N . Pr io r , The Runabout Inference Ticket, in Papers in Logic and Ethics, P.T
Gea c h e
Á
Kenn y (E ds. ),
Duckworth,
1 97 6 [1 1 to n k e u n t er m in e che in dica u n
co nn eui vo non natu rale c oncc pi to da A rth ur Pr io r t « T
l·
4
CfL
L
Wi ttgen ste in . Tractatus 3.03.
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sono cosi sernplic i, come vedremo piú avanti; ma prima consideriamo
un altro argomento:
Queste cose assomigliano notevolmente a delle ossa di animale,
solo troppo grandi per qualunque animale conosciuto.
Nessuno ha mai creato oggetti come questi prima, per quanto ne
sappiamo.
Per cui tanto tempo fa vivevano animali piú grandi di quelli oggi
esistenti.
Casi come né voglio ció che mi fa bene né il
modus ponens
de-
vano essere inseriti in argomenti come premesse, anche quest'ultimo
argomento non puó, e non
c é
bisogno che sia integrato dalJ'aggiunta di
una qualche premessa come la natura
e
uniforme . L'induzione, come
la deduzione, e composta da modi di inferire delle concJusioni dalJe pre-
messe: concJusioni su questioni non osservate da premesse su questio-
ni osservate. 11fatto che si giunga alJa suddetta conclusione dalle due
premesse
mostra
che in un cer to modo si ragiona induttivamente. Sorge
la questione: c é spaz io per una sorta di soggettivismo riguardo all'in-
duzione? Non si potrebbe dire: tutto dipende dai canoni di inferenza in-
duttiva sui quali ci si basa quando si giunge a una data conclusione? Ció
che noi consideriamo un ragionamento induttivo futile resta comunque
un ragionamento, dopotutto, e questo e cosi anche quando chi ragiona
resta attaccato alJa sua conclusione nonostante abbia concentrato la sua
attenzione su ció che sta dicendo. (Come abbiamo visto, si puó affermare
che la stessa cosa non riguarda il ragionamento deduttivo.) Sicuramente
esistono ben noti canoni di un erroneo ragionamento induttivo, come
quello rappresentato dalla fallacia del giocatore dazzardo. 1I tonker
puó esse re non reale - il giocatore d'azzardo e molto reales.
Dunque - potremmo dire - vi son o vari modi, tutti condivisi, di ar-
gomentare contro un erroneo ragionamento induttivo . Suppongo che ve
ne siano. Ma sembra anche che ci siano modi condivisi di argomentare
contro un erroneo ragionamento pratico, in modo specifico criticando i
5
Non c'é bisogno dia ffrontare la questione se sia concepibile o meno ilpiú ra-
dicalmente deviante grue't-user [aggettivo inglese utilizzato da Goodman ed indi-
cante un nuovo colore nato dai due colori
green
e
blue (N.d T)]
(Cfr. N. Goodman,
The New Riddle of Induction, in Fact, Fiction and Forecast; Harvester 1979). Ai
nostr i f in i, i giocatori d'azzardo e i lettori dell'oroscopo sono materiale sufficicnte.
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fini della persona, ad esempio il cosa desidera - che come ho affermato
svolge un ruolo simile nell'argomento pratico come quello svolto dalla
regola o modo di inferenza in queJlo teoretico (deduttivo o induttivo).
Ma chi puó affermare quali fini siano giusti e quali erronei? . Chi puó
dire quali canoni induttivi siano corretti e quali erronei? In entrambi i
casi, suppongo che la risposta sia la persona ragionevole ; ma certa-
mente le credenziali per essere una persona ragionevole includerebbero
il ragionare in questo modo, e non in quello. La circolaritá che, come e
noto, accompagna i tentativi di giustificare I'induzione potrebbe esse-
re infatti una cugina del tipo che troviamo nella relazione di Aristotele
sul gius to atto come cio che farebbe la persona virtuosa. Sembra essere
almeno possibile che in nessun caso la circolaritá sia scorretta.
1 I soggettivismo sull'inferenza logica e stato affrontato poco fa os-
servando
come le regole incoerenti (come quelle attribuite al tonk )
non siano affatto regole. Ma questo
e
stato piuttosto rapido - se, ad ogni
modo, I'intenzione era quella di fomire un modo semplice di escludere
I'inferenza disonesta - le regole in generale. 1filosofi, dopotutto, han-
no discusso fra loro chiedendosi se la legge del medio escluso potesse
contare su prove logiche e, anche, quali significati dovrebbero essere
attribuiti ai connettivi come o e non . E le critiche riguardo a ció che
su queste questioni si propone, secondo i logici intuizionisti, raramente
e
composto da chiare accuse di incoerenza e inconsistenza. Piuttosto,
invece, l e t ematiche in questione hanno a che vedere con profondi di-
saccordi riguardo al significato e alla veritá. Ora, per avere una qualche
direzione in queste discussioni, sembra necessario trovare un certo ac-
cordo sulfine (o fini) dell'argomentazione logica. Ed
e
naturale pen-
sare che il fine principale possa certamente essere specificato: quello
di procedere da vere convinzioni a vere convinzioni. Su questo si puó
essere d'accordo, anche se resta il disaccordo sulla natura della
veritá,
11 tonk
e
stato facilmente sisternato, dal momento che permette la de-
duzione di qualunque cosa, e ció include necessariamente I'inserimento
della deduzione deJle falsitá.
Caratterizzare il primo fine deJl'argomentazione deduttiva come il
giungere da credenze vere a credenze vere non e un modo per caratteriz-
zare la deduzione stessa, poiché I'argomentazione induttiva condivide
lo stesso fine. Questo e il motivo per cui i due modi di ragionare vengo-
no classificati insieme come tipi di ragionamento teoretico. In entrambi
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i cas i, un estremo, va bene ogni cosa soggett ivismo o relat ivismo puó
essere escluso affe rmando: dato il fine di questo modo di ragionare,
cert i affe rmati canoni di ragionamento non possono neanche contare
come canoni di ques to t ipo di ragionamento . I l non possono qui
e
di
per sé un non possono logico, per cui si dice che: Ta li affe rmati ea-
noni di ragionamento sono contrar i al f ine di tale ragionamento . E que-
sto mostra perché la deduzione
e
un caso speciale . Con il ragionamento
induttivo, possiamo ancora affermare che alcune cose semplicemente
non contano come canoni di questo tipo di ragionamento - ad esempio,
il canone piuttosto tonkish del Se tutte o la maggior parte di As si rile-
vano essere Bs, al lora lap rossima C sará una D . Ma sia con induzione
e deduzione, una vol ta che i canoni ersatz del ragionamento s iano s tati
esclusi , sembra esserci ancora spaz io per il disaccordo su quali canoni
adottare. Non sto dicendo che questo fat to in se stesso indichi i l sogget-
tivismo o il relativismo - anzi il contrario. Ma un caso qualunque per
il soggettivi smo etico avrebbe bisogno di fare una qualche opportuna
disanalogia tra il ragionamento pra tico e il ragionamento teoretico se
non vogliamo finire nel soggett ivismo con il secondo. Un aff idamento
troppo semplice nel truismo tutto dipende da cio che si desidera deve
quindi essere sospetto, cosi come i l semplice osse rvare che
c é
spazio
per i l disaccordo sui fini pratici .
3. Le caten e di motivazioni e la desíderabllítá
La catena di passi che si ha in un ragionamento teoret ico cosi come
la prova puó essere visto come una immagine speculare di una serie di
risposte alla domanda
perché? -
come in: perché pensi questo? , o
ancora: perché devo pensare questo? . 11punto di partenza di que sta
serie sarebbe la conclusione dell'argomento, quindi:
E
stato il maggiordomo.
Perché pensi questo?
La vittima
e
morta di avvelenamento da cianuro.
E quindi?
6 Cfr. l 'autonomia della gramrnatica di Wittgenstein. Ció e dovuto allo status
speciale dell'inferenza logica per cui ilpensiero iIIogico (a differenza del pensiero
induttivo futile) e in un certo senso impossibile.
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Injerenza pr tic e inferenza teoretica
Solo il maggiordomo sapeva dove s i trovava il cianuro.
E perché credi che la vit tima sia morta di avve lenamento da c ianu-
ro?
Lo ha detto il funzionario.
Tale serie di risposte s ipuó dividere in sezioni , e potrebbe non avere
un capol inea definitivo. La forma e la lunghezza di una serie normal-
mente dipende dalla curiositá,
tenac itá ,
stato di ignoranza, ecc. dell' in-
vestigatore. Ma di re che una serie di risposte non ha un capolinea defi -
nitivo non vuol dire che puó andare avanti all 'inf inito. Come il caso del
bambino molesto evidenzia I'attivitá di chiedere Perché? ad irfinitum
e
inutile - oppure potrebbe piuttosto avere una ragione, come quell a di
mantenere l 'attenzione dei genitor i, ma quale che sia la ragione non puó
essere la ragione di un'autentica investigazione. Se, al l'i ntemo di un
discorso, una
non
risposta alla domanda Perché? fomisce una ragione
suff iciente (ad es. a credere qualcosa), dunque non
c é
nulla come una
ragione sufficiente in tale discorso - vale a di re, non c é una ragione in
tale discorso, e la domanda
Perché?
e
un mero rumore. Per cui una
persona che non accetta nessuna risposta al Perché? considerandolo
come capolinea dell' investigazione non sta realmente investigando.
Queste osservazioni hanno a che vedere, ancora una volta, con il
fine
in questo caso, i l f ine dell'indagine. E sembrano reggere i l ragio-
namento pratico come que llo teore tico. Con il ragionamento prat ico,
il punto di partenza dell a serie di domande potrebbe essere un'az ione
presente, diciamo, bollire il pentolino:
Perché lo fai?
Per fare della marmellata.
Perché fai marmellata?
I l vicario non puó mangiare lat ticini .
Quindi?
II resto delle persone che ho invitato si fará degli scrupoli.
Perché dargli da mangiare?
Di nuovo, l a serie si puó dividere, puó coinvolgere sottoserie di ra-
gionamento teoretico, e spesso non avrá un capolinea definitivo. Tutto
dipende dall e mete dell'investigatore in concre to. Il modo di ragiona-
mento implici to nella ser ie di r isposte
e
i l ragionamento mezzi-fine, ed
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e
govemato da un fine, o meta - o una cosa
voluta.
La cosa voluta
p u ó
essere ad esempio fare una festa. Ora per quanto riguarda l' indagine
in generale, se si considera che nessuna dichiarazione
p u ó
fornire una
ragione suff iciente quando data come risposta alla domanda Perché lo
fai? , oppure Perché desideri ques to? , allora non c é una ragione suf-
fici ente nel discorso - vale a dire, non
c é
nul la di simi le a una
ragione
qui, in tal caso la domanda Perché?
e
un mero rumore. Bisogna sotto-
lineare che voglio non da una ragione, non piú di quanto credo dia
una ragione nel caso teoretico. Questo si collega a quanto det to prima,
ossia che voglio X non ha bisogno, e non deve apparire come una
premessa nel ragionamento pratico.
Per cui abbiamo quaJcosa che a priori mot iva a pensare che a lcu-
ne ri sposte al perché vuoi questo? contano come risposte sufficienti.
Allo s tesso modo, aJcune ri sposte dovranno contare come in se stesse
insufficienti - nonostante gli obiettivi limitati di un investigatore possa-
no, in un dato caso, portar lo ad accettare aJcune di queste r isposte come
adeguate. L'incoveniente
e
ancora inagguato per i l soggettivismo etico.
Sembra che i desideri non possano essere le entit á originarie prese
da Hume, al di sopra o al di sot to della giustifi cazione razionale e della
critica. Ma che tipo di risposte al perché vuoi questo? potrebbero
contare come sufficienti in se stesse?
Poss iamo fare dei progressi in ques ta domanda rif lettendo su
c ió
che
consente la chiarezza nell'espressione o attr ibuzione di un desiderio.
AJcune limitaz ioni di chia rezza riguardano il legame tra il desiderio
e
il eercare di raggiungerlo,
in modo parti colare la seguente limita-
zione: non puoi volere che accada c ió che credi non sia possibile che
accada. Per cuí non puoi voler essere Tony Blair, da to che sei attaccato
all'identitá che hai; e a giudicare dalle apparenze, non puoi voler non
ayer sospeso il test di guida, nonostante puoi cer tamen te desiderare di
non averlo sospeso. Ci sono a ltre limitazioni su
c ió
che
e
desiderabile?
Anscombe afferma:
Ma non
e
tutto desiderabile, o almeno forse ogni cosa raggiungi-
bile? Sara istruttivo per chiunque pensi questo rivolgersi a qualcuno
dicendo voglio un piatto di fango o un ramo di sorbo selvatico .
E probabile che gli venga chiesto perché; facciamo che r isponda che
non li vuole per qualcosa, li vuole e basta. E probabile che I'altro
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lnferenza pratica e inferenza teoretica
capirá allora che s i tratta solo diun esernpio filosófico, e non portera
avanti ulteriormente l'argomento; ma supponiarno che non I'abbia
capito, e quindi non scarichi i lnostro uomo come un noioso babbeo
chiacchierone, non cercherebbe di trovare per quale aspetto I'ogget-
to desiderabile
e
desiderato? Serve come un simbolo?
C é
qualcosa
di piacevole che lo riguarda? L'uomo vuole avere qualcosa che pos-
sa dire sua, e niente di piu?
In questo esempio, la cosa putativamente desiderata
e
un oggetto
materiale, un piattino di fango. Ma i l punto di vi sta di Anscombe si ap-
plica ad ogni oggetto di des ider io . Voglio andare a Istanbul , o voglio
che la persona che vive al n. 46 si vesta di verde domani , reclama una
spiegazione quanto voglio un pia tto di fango . Anscombe, inoltre, im-
magina un uomo che esprime il desiderio di uno spillo, gli viene dato, e
subito lo posa e se ne dimentica.
Non
e
del tutto chiaro che cosa significhi il dire: quest'uomo vo-
leva semplicemente uno spil lo. Ovviamente, se da quel momento in
poi egli st a sempre attento a tenere lo spil lo inmano, almeno per un
certo periodo di ternpo, possiamo forse dire: sembra che egli volesse
realmente quello spillo. Poi forse, la risposta a Perché lo vuoi?
p u ó essere per por tarlo ing iro con me , come un uomo p u ó volere
unbastone. Ma qui ancora c'e una ulteriore caratterizzazione: non
mi sento a pasto senza;
e
piacevole aveme uno e casi via .
I Ipunto non e semplicemente che e molto strano o inusuale, o anche
da pazzi, volere un piatt ino di fango, oppure uno spil lo, solo per il gu-
s to di averlo. Come afferma Anscombe dell'uomo che immediatamente
abbandona lo spillo offerto, «non
e
del tut to chiaro che cosa significhi i l
dire: quest'uomo voleva semplicemente uno spil lo». O in altre parole:
perché chiamarlo
desiderio?
Un altro punto a que sto collegato potrebbe
essere i l
raggiungere.
Se una creatura cerca, e forse riesce a ot tenere X,
a llora normalmente potremmo dire che desidera X. Ma il concetto de l
raggiungere non
e
solo completamente comportamentistico, non piu di
quello di avere o r icevere. Diamo lo spillo a ll'uorno che ce lo chiede.
Lui lo prende in mano; ma
riceve
lo spillo - essendo il r icevere i l com-
7
lnt, 37.
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8/19/2019 Inferenza Pratica e Inferenza Teoretica
7/8
Roger Teichmann
plemento de l dare? In un da to momento avr á lo spillo in suo possesso?
Lo abbiamo immaginato usare le parole, voglio uno spillo ; ma:
Egli ha usato quelle parole, il cui effetto
e
stato che ne ha ottenu-
to uno; ma che motivo abbiamo per dire che egl i voleva uno spil lo
piuttosto che: vedere se c i saremmo presi il disturbo di dargli ene
uno??
Senza altra spiegazione, la dichiarazione che qualcuno vuole uno
spillo per il gusto di averlo sembra incomprensibile . Lo stesso non vale
per voler nuotare nel mare, o voler essere amato, o voler che la perso-
na dell a porta accanto smetta di grida re. In questo e in altri casi, nella
maggior par te dei contest i
e
chiaro come la cosa voluta
e
desiderabile.
Una persona che dice voglio ... deve in principio essere capace di
dare qualche carat terist ica di
desiderabilitá
della cosa voluta, secondo
la frase di Anscombe. Il ventaglio de lle carat teristi che di
desiderabilitá
e molto ampio, ma anche per queste vi e un requisito di comprensibili-
t á .
Perché
e
martedi senza che vengano fornite altre spiegazioni non
most ra perché a lcuna azione proposta sia desiderabi le. E mentre fare
qualcosa tanto per far lo e qualcosa che puo mostrare perché qualcosa
e
voluta, non accade (senza ulter iore spiegazione) se quel qualcosa
e
ad
esempio, restare a bocca aperta per dieci minuti .
Cosa porta alla desiderabilitá? La semplice r ispos ta e : la natura
umana. Il desiderio di cibo non ha bisogno di spiegazione per il tipo di
c reature che sono gl i esseri umani. Lo stesso vale per nuota re nel mare o
ascoltare della muSica. Per r ipetere, qui le quest ioni devono avere a che
vedere con la comprensibilita, non solo di dichiarazioni ma anche di
comportamento come tale. Per capire un po' di comportamento bisogna
interpretar lo , ed usualmente interpretare i l comportamento r ichiede un
minimo di modo di vita comune. La na tura umana
e
certamente molto
malleabile e versatile, e spesso restiamo opachi gli uni agli altri, per
cui una persona puo t rovare difficoltá nel vedere ció che I'alt ro trova
di gradevole in una cer ta attivitá . Ma sarebbe stupido pensare che in ta l
caso la prima persona e predestina ta a restare ne l buio. Se e di natura
curiosa, e se l'altro
e
sufficientemente eloquente, alIora la comprensio-
ne reciproca spesso e il risultato.
Lbtdem.
92
Inferenza pratica e inferenza teoretica
Ora se niente conta come carat terist ica di des iderabili tá o, in altre
parole , come una risposta suffi ciente al
perché? , e
la dichiarazione
che qualcosa e o sarebbe buono per qualcuno. Tale dichiarazione e im-
pl ici ta nel l'argomento pra tico con cui abbiamo inizia to, I'argomento
della trippa. La vitamina X fa bene a tutti gli uomini con piú di 60 anni
e I'agente e un uomo con piú di 60 anni ~ per cui a lui fa bene. La serie
delle domande
perché?
con le sue risposte potrebbe essere cosi:
Perché vuoi raggiungere i l piatto?
Per avere la trippa di maia le.
Perché vuoi la t rippa di maia le?
Per mangiare qua lcosa che abbia la vit amina X.
Perché mangiare qualcosa con la vi tamina X?
Perché la vitamina X fa bene a un tipo come me.
E
a que sto punto che diventa stupido tomare a ripetere un a ltro per-
ché? . L' obbl igo di t rovare senso a se stesso
r icadrá
sull' investigatore
se insiste nel chiedere perché mangi ció che ti fa bene? lo.
4. Conclusione: desíderabilitá e giustificazione delle azioni umane
Un accani to sogget tivi smo etico pot rebbe cercare di affermare che
il bene esprime sempl icemente un a tteggiamento o sentimento, per
cui le frasi che lo contengono non sono né vere né false e, strettamente
par lando, non esprimono affat to delle convinzioni. Sospetto che questo
t ipo di punto di vista sia ora quasi scomparso, e la sua non plausibil itá
sia g iá evidente quando troviamo frasi del t ipo uti lizzato da Anscombe
~ in particolare, la vitamina X fa bene agli uomini con piu di 60 anni ,
qualcosa che puó essere affermato, e creduto, da chiunque, incluso co-
loro che non hanno un interesse o un at teggiamento verso gli uomini
con piu di 60 anni.
10 Anscombe descr iv e come un investigato re potrebbe quindi ayer capito il
senso della «[ ] domanda perché vuoi del c ibo disidratato? significa, sernmai,
smetti di pensare al cibo come adatto o no - det to per esempio da qualcuno che
prefer isce l e persone che sempli cemente si godono i l c ibo o conside ra l 'uomo ipo-
condriaco»
(Int.
35). In altre para le, l a ragione Al f ine di mangiare del cibo adatto
non viene rifiutata
come ragione;
piuttosto, ció che potremmo chiarnare il peso dato
dall'uorno ai beni viene messo inquest ione . La salute non
e casi
importante.
93
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8/19/2019 Inferenza Pratica e Inferenza Teoretica
8/8
Roger Teichmann
Affermare, quindi, che la vitamina X e buona per gli uomini con
piú di 60 anni , e il deducibile la vitamina X mi fa bene , sono en-
t rambe frasi indicat ive che esprimono convinzioni che sono (modulo
qualche incertezza) vere O fal se - affermando ció, quello che abbiamo
e
un complesso di premesse che giust if icano ampiamente la conclus ione
(c) ne prendero un po . La giust ificano nel senso che, dato che I'agen-
te vuole ció che e buono per lui, e data la veritá delle premesse, la sua
conclusione segue cer tamen te - e la giustificano pienamente nel senso
che f a bene a me fomisce una cara tte ristica di deside rabi lit á, per cui
la domanda perché vuoi ció che t i fa bene? non ha bisogno di essere
rivolta. Le premesse non
necessitano
l a conclusione, come abbiamo
vis to , ma que s ta
e
una un'altra questione.
Quando parIo dell'essere giustificata di una conclusione pratica
uti lizzo chiaramente un concetto del tut to modesto di giust if icazione,
uno che corrisponde (al l' incirca) alla
spiegazione
delle azioni alla terza
persona. Una conclus ione pratica che
e
giust if icata in questo senso non
puó essere giustificata
tout court -
cosi come per la comprens ibil itá
e la razionalitá ci sono questioni come quella se I'ordinare i beni da
parte del l'agente sia un corret to e proprio ordine. Quindi, la risposta al
perché mangi il Vice-Direttore? potrebbe essere mi fa bene , ma ció
diffici lmente potrebbe essere detto per dare una ragione suff iciente. Se
il fatto di ordinare i beni da parte de ll 'agente sia di per sé una quest ione
di razionali tá pratica in senso ampio e un'altra questione, una questione
che qui non
c é
bisogno di affrontare. Ció che deve essere riconosciuto,
e riconosciuto spontaneamente, e semplicemente questo: che la modesta
giustificazione di cui ho parIato non esclude
tutti
i t ipi di c riti ca. Nel
caso degli argomenti induttivi , una conclus ione potrebbe essere messa
in dubbio a motivo di ulteriori prove, che non sono state menzionate
nelle premesse originarie, e ció nonostante i l fat to che l 'argomento cos i
come si reggeva era un buon argomento induttivo. La conc lusione di un
argomento pratico
e
annullabi le al lo stesso modo: puó essere sconfitta
ad es. dall' ''ulteriore' ' considerazione che il Vice-Direttore
e
(o era) un
essere umano.
Infine, Hume poteva avere ragione sul fatto che un complesso di
convinz ioni non produce un'azione senza il beneficio di un desiderio
attivo; ma aveva torto quando pensava, se cosi fosse, che non si puó
giust if icare una decis ione pratica semplicemente e solamente facendo
94
. \
l
Injerenza pratica e injerenza teoretica
r ifer imento a un complesso di convinzioni. Dopotutto, e anche yero che
un complesso di premesse non implica una conclusione teore tica senza
il benefic io di una regola o rego le di inferenza; ma per giustifi care una
conclus ione teoretica bisogna solo indicare le premesse.
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