in ordine sparso l il gattopardo, la sicilia 3i ta l i a ...€¦ · poesia . la lettura de 6il...

1
40 EDITORIALE OGGI Venerdì 5 luglio 2019 41 EDITORIALE OGGI Venerdì 5 luglio 2019 A ZAPPING COLPI DI TESTA Stefano Testa Avvocato e scrittore con l’hobby del giornalismo Libri, musica e arte in ordine sparso Il libro di Tomasi di Lampedusa venne pubblicato postumo nel 1958 L a scorsa notte è stato as- segnato il principale ri- conoscimento lettera- rio italiano: il Premio Strega. Sessant’anni fa, a vincerlo, fu uno scrit- tore palermitano esordiente, Giu- seppe Tomasi di Lampedusa, auto- re di uno dei romanzi italiani più famosi di sempre: “Il gattopardo”. Le vicende che vi sono narrate si svolgono in Sicilia (prevalente- mente nel paese immaginario di Donnafugata) tra il 1860 ed il 1910, e vedono, come principale prota- gonista, il principe Fabrizio Salina (personaggio che è ispirato al bi- snonno dell’autore, il ricco aristo- cratico Giulio Fabrizio Tomasi). Il titolo dell’opera, divenuto oramai anche una moderna aggettivazio- ne colloquiale, si riferisce proprio alla sua nobile figura, ma in realtà deriva dallo stemma di famiglia dei principi di Lampedusa, raffiguran- te un animale, noto con il nome scientifico di “Felis leptailurus ser- val” («i villici di Donnafugata nu- trivano davvero un qualche affetto per il loro tollerante signore che co- sì spesso dimenticava di esigere i canoni ed i piccoli fitti; e poi, abi- tuati a vedere il gattopardo baffuto ergersi sulla facciata del palazzo, sul frontone della chiesa, in cima alle fontane barocche, sulle pia- strelle maiolicate delle case, erano lieti di vedere l’autentico gattopar- do in pantaloni di piqué, distribui- re zampate amichevoli a tutti, e sorridere nel volto bonario felino cortese»). Il romanzo venne composto tra il 1954 ed il 1956, e la storia della sua pubblicazione è assai curiosa. Il manoscritto, inizialmente, ven- ne rifiutato da diverse case editri- ci. Elio Vittorini – che in quegli an- ni selezionava le opere di narrati- va inedite per Mondadori ed Ei- naudi, ed al quale era stato fatto leggere – così infatti rispose al- l’autore il 2 luglio del 1956: «...il suo Gattopardo l’ho letto davvero con interesse e attenzione. Anche se come modi, tono, linguaggio e impostazione narrativa può ap- parire piuttosto vecchiotto, il suo è un libro molto serio e onestotuttavia esso non mi pare suffi- cientemente equilibrato nelle sue parti... non riesce a diventare (co- me vorrebbe) il racconto di un’e- poca e, insieme, il racconto della decadenza di quell’epoca». Sembrava, questo, il preludio a tante altre bocciature editoriali. E invece, alla fine del 1957, Elena Croce, figlia di Benedetto, conse- gnò a Giorgio Bassani (che aveva iniziato a curare una nuova colla- na di narrativa per la casa editrice Feltrinelli), una copia anonima del manoscritto. Egli rimase così incantato da quelle pagine così eleganti e da quella prosa così ispirata, che decise di mettersi al- la ricerca del suo autore. Solo allo- ra apprese che il romanziere era morto a Roma, a soli 61 anni, già da diversi mesi. Essendo tuttavia convinto che quello straordinario spaccato della Sicilia durante il trapasso tra l’Italia borbonica e quella unitaria meritasse la pub- blicazione, rintracciò la vedova dello scrittore ed il figlio adottivo Gioacchino, per ottenere il loro assenso. “Il gattopardo” uscì nelle librerie l’11 novembre del 1958. In pochi mesi vendette oltre 250.000 copie. Ed il 7 luglio del 1959 vinse, come detto, il Premio Strega. Nella prefazione alla prima edi- zione lo stesso Bassani (che aveva casualmente conosciuto Giusep- pe Tomasi di Lampedusa nell’e- state del 1954, in occasione di un convegno letterario, senza mai più rivederlo), così descrisse fisi- camente il romanziere: «...era un signore alto, corpulento, tacitur- no; pallido in volto, del pallore gri- giastro dei meridionali di pelle scura. Dal pastrano accuratamen- te abbottonato, dalla tesa del cap- pello calata sugli occhi, dalla maz- za nodosa a cui, camminando, si appoggiava pesantemente». Ag- giungendo poi che egli aveva di- mostrato «...ampiezza di visione storica unita a un’acutissima per- cezione della realtà sociale e poli- tica dell’Italia di adesso; delizioso senso dell’umorismo ed autentica forza lirica; perfetta, sempre, a tratti incantevole, realizzazione espressiva: tutto ciò fa di questo romanzo una di quelle opere a cui si lavora o ci si prepara per tutta una vita... concede assai poco alla trama, all’intreccio, al romanze- sco... si legga dunque con l’abban - dono che pretende per sé la vera poesia». La lettura de “Il gattopardo” è un’esperienza letteraria memora- bile. Nonostante la sua prosa non sia affatto agevole, soprattutto al primo approccio, tuttavia amma- lia e colpisce. Stracolma di riferi- menti storici, linguistici e cultura- li, e gonfia di quella sapidità che soltanto la Sicilia, ed i suoi figli più illustri, riescono a regalare. Di pe- riodi incantevoli, di descrizioni sublimi, di passaggi narrativi su- blimi, nel romanzo, se ne trovano tantissimi. Ad esempio: «Da in fondo al viale principale, che scendeva lento tra le alte siepi di alloro si udiva la dolce pioggia de- gli zampilli che ricadevano nella IL FILM Diretto da Luchino Visconti e tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il film “Il gattopardo” ha vinto la Palma d’oro al 16º Festival di Cannes. Nel cast brillano Alain Delon, Burt Lancaster, Claudia Cardinale e Paolo Stoppa. Uscito nelle sale nel 1963, fece registrare un ottimo successo al botteghino in Italia, risultando campione di incassi. È tuttora uno dei film italiani più visti di sempre con quasi tredici milioni di spettatori paganti fontana di Anfitrite… le acque erompevano in filamenti sottili, picchiettavano con pungente bru- sio la superficie verdastra del ba- cino, suscitavano rimbalzi, bolle, spume, ondulazioni, fremiti, gor- ghi ridenti». O ancora: «Molti problemi che apparivano insoluti al Principe venivano risolti in quattro e quattr’otto da don Calo- gero; liberato com’egli era dalle cento pastoie che l’onestà, la de- cenza e magari la buona educazio- ne impongono alle azioni di molti altri uomini, egli procedeva nella foresta della vita con la sicurezza di un elefante che, svellendo albe- ri e calpestando tane, avanza in li- nea retta non avvertendo neppure i graffi delle spine ed i guaiti dei sopraffatti». I veri protagonisti del ro- manzo, a ben vedere, non sono il Principe di Salina, il nipote Tancredi, o la sua bella promessa sposa Ange- lica. È la solare Sicilia. Sono i siciliani. Dalla lettura emerge in- fatti non solo una conoscenza pro- fonda dei fatti storici che condus- sero al trapasso tra la monarchia borbonica e quella sabauda; non solo una chiara visione politica e sociale del mondo che fa da contor- no alla trama del libro; ma anche e soprattutto una lucida descrizione del contesto geografico che costi- tuisce il teatro degli eventi narrati: «Quando i cacciatori giunsero in cima al monte, di fra i tamerici e i sugheri radi apparve l’aspetto del- la vera Sicilia, quello nei cui riguar- di città barocche ed aranceti non sono che fronzoli trascurabili: l’a- spetto di una aridità ondulante al- l’infinito in groppe sopra groppe, sconfortate e irrazionali, delle qua- li la mente non poteva afferrare le linee principali, concepite in un momento delirante della creazio- ne: un mare che si fosse ad un tratto pietrificato nell’attimo in cui un cambiamento di vento avesse reso dementi le onde. Donnafugata, rannicchiata, si nascondeva in una piega anonima del terreno, e non si vedeva anima viva: sparuti filari di viti denunziavano soli un qualche passaggio d’uomini. Oltre le colli- ne, da una parte, la macchia indaco del mare… Il vento lieve passava su tutto, universalizzava odori di ster- co, di carogne e di salvie, cancella- va, elideva, ricomponeva ogni cosa nel proprio trascorrere noncuran- te… questo paesaggio che ignora le vie di mezzo fra la mollezza lasciva e l’arsura dannata... questo clima che c’infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi... sei volte trenta giorni di sole a strapiombo sulle te- ste; questa nostra estate lunga e te- tra quanto l’inverno russo, e contro la quale si lotta con minor succes- so… da noi nevica fuoco come sulle città maledette della Bibbia; in ognuno di quei mesi se un siciliano lavorasse sul serio spenderebbe l’e- nergia che dovrebbe essere suffi- ciente per tre; e poi l’acqua che non c’è... e dopo ancora le piogge, sem- pre tempestose, che fanno impaz- zire i torrenti asciutti, che annega- no bestie e uomini proprio lì dove due settimane prima le une e gli al- tri crepavano di sete». Lucidità narrativa, dunque, mi- rabilmente mescolata ad una straordinaria visione culturale, sociale, umana, storica e politica. Peraltro attualissima: «Questa violenza del paesaggio, questa crudeltà del clima, questa tensio- ne continua di ogni aspetto, que- sti monumenti... magnifici ma in- comprensibili perché non edifica- ti da noi e che ci stanno intorno co- me bellissimi fantasmi muti; tutti questi governi, sbarcati in armi da chissà dove, subito serviti, presto detestati, e sempre incompresi, che si sono espressi soltanto con opere d’arte per noi enigmatiche e con concretissimi esattori d’im - poste spese poi altrove: tutte que- ste cose hanno formato il caratte- re nostro, che così rimane condi- zionato da fatalità o esteriorità, oltre che da una terrificante insu- larità d’animo... in Sicilia non im- porta far male o bene: il peccato che noi siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di fa- re... il sonno è ciò che i siciliani vo- gliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali… non vorranno mai migliorare, per la semplice ragione che credono di essere perfetti; la loro vanità è più forte della loro miseria». D al romanzo venne tratto il celebre, omonimo film. In- terpretato da Burt Lancaster, Alain De- lon e Claudia Cardi- nale. La pellicola vinse, nel 1963, la Palma d’Oro al Festival di Cannes. La regia fu affidata a Luchino Vi- sconti. Il quale una volta così disse: «Se qualcuno affermasse che, in Tomasi di Lampedusa, i modi par- ticolari di affrontare i temi della vi- ta sociale e dell’esistenza che furo- no del realismo verghiano e della “memoria” di Proust trovano un lo- ro punto di incontro e di sutura, sa- rei d’accordo con lui... il tema cen- trale del Gattopardo – “perché tut- to rimanga com’è bisogna che tutto cambinon è solo una critica spietata al trasformismo che pesa sul nostro paese, e che gli ha impe- dito di cambiare davvero fino ad oggi, ma lo è anche verso la tenden- za più universale, e purtroppo at- tualissima, di piegare la spinta del mondo verso il nuovo alle regole del vecchio, facendo ambiguamen- te e ipocritamente sovraneggiare quelle da queste». Per realizzare la pellicola la casa cinematografica sostenne costi enormi. Il produtto- re Goffredo Lombardo ricordò che «il regista effettuò i sopralluoghi assieme a Gioacchino Lanza To- masi di Lampedusa… pretese che ogni giorno gli arrivassero da Sa- nremo quintali di fiori freschi per abbellire determinate scene. In quella del ballo volle tutti i lampa- dari della sala illuminati con le candele vere. Che si squagliavano. Oltre al trambusto iniziale per ac- cenderle si doveva interrompere la lavorazione ogni ora, prendere di nuovo le scale, cambiare le cande- le, e riaccenderle… tutti gli uomini portavano i guanti bianchi. Che do- po un po’, col sudore, si ombrava- no… Visconti pretese che impian- tassimo una lavanderia con una cinquantina di donne addette a la- varli… Il lavoro degli arredatori co- minciò molti mesi prima, alla ri- cerca di mobili, quadri, tappezze- rie dell’epoca… Tutta l’isola venne perlustrata per trovare delle car- rozze, alcune erano ancora in fun- zione presso delle imprese di pom- pe funebri; altre, trovate nelle stal- le delle antiche ville, vennero re- staurate, imbottite e riverniciate». Una cura maniacale per ogni detta- glio, dunque; tuttavia ben riposta. Perché “Il Gattopardo” ancora oggi è considerato il “Via col vento” del - la cinematografia italiana. La scrittrice siracusana Simona Lo Iacono ha dedicato, alla figura di Giuseppe Tomasi di Lampedu- sa, la sua ultima fatica letteraria. È stato infatti appena edito da Neri Pozza un romanzo (“L’albatro”), che ripercorre, con una prosa inci- siva e raffinata, la vita del grande romanziere palermitano. La Lo Iacono mescola abilmente realtà storica e fantasia, ripercorrendo le vicende personali di colui il quale non riuscì a provare, a causa di un crudele destino, la soddisfa- zione di vedere pubblicato il suo capolavoro. Sull’onda della me- moria del protagonista, e di un suo immaginario amico d’infan - zia («sentendo parlare del mare, Antonno si era illuminato. Lo chiamava “il cielo capovolto”. E il cielo era “il mare risalito”»), la Lo Iacono ci regala un piccolo gioiel- lo. Frasi sapide («la controra sfo- gava su di noi tutte le sue maligne- rie») e visionarie («ciò che si sgre- tolava non erano i sassi, ma i ricor- di, le nascite, le morti»). Ma anche descrizioni di grande efficacia narrativa, che evidenziano gesti («scuoteva i riccioli, lasciava che le spolverassero le sopracciglia»), richiamano profumi («esalava odore di mirto e di caramelle alla carruba») ed esaltano sentimenti («quel gattopardo che ha ruggito così disperatamente in me, che mi ha forzato a tanta fretta, che ho ri- pescato dalle profondità del mio essere, è rimasto improvvisamen- te rauco. Niente, neanche uno sbadiglio, esce dalla sua bocca»). Non mancano i richiami ai luoghi ed alle usanze della meravigliosa Trinacria («i lutti in Sicilia sem- bravano ordinazioni sacerdotali, investiture di re. I nostri cadaveri avevano i paramenti delle litur- gie, gli abiti fastosi delle celebra- zioni sacre… li sistemavamo nelle catacombe dei cappuccini come se fossero vivi, i maschi da un lato, le femmine dall’altro. I capitani con le divise di gala. Le vergini con gli abiti da sposa. I bambini con i giocattoli. Mescolavamo la vita e la morte, così come univamo for- malina e alcol, acido salicilico e zinco»). In diverse occasioni la scrittrice utilizza termini poco co- muni nel moderno colloquiare, («gloglottare», «supplici», «pla- ghe», «pintori»), o di chiara origi- ne dialettale («tramestuliare», «tumminiata», «murmuriare»). Ma lo fa sempre con garbo ed effi- cacia. Ne viene fuori un’opera che, con grande maestria, accompa- gna il lettore sino alla fine terrena del grande scrittore siciliano. Il destino volle che il Principe Fabrizio Salina, e Giuseppe To- masi di Lampedusa, morissero entrambi in un letto; entrambi in un torrido luglio; entrambi lonta- no da casa. Chissà se anche que- st’ultimo, come il personaggio che aveva inventato, prima di chiude- re gli occhi fece il bilancio della sua vita; chissà se raggranellò «fuori dall’immenso mucchio di cenere delle passività, le pagliuzze d’oro dei momenti felici». Chissà se anche lui si domandò se quelle pagliuzze potessero «essere collo- cate nell’attivo della vita», e fosse- ro davvero «un’elargizione antici- pata delle beatitudini mortua- rie». Se così fu, siamo certi che an- che il grande romanziere siciliano diede la medesima risposta che aveva dato, alla fine del romanzo, anche il suo “Gattopardo”: «Non importava. C’erano state». l Stefano Testa nfo IL GATTOPARDO, LA SICILIA E L’ITALIA DI IERI E DI OGGI Corsi e ricorsi Un romanzo ancora oggi attuale Che racconta una fase fondamentale del nostro Paese Sessant’anni fa vinceva il Premio Strega GIUSEPPE TOMASI DI LAMPEDUSA Nato a Palermo nel 1896. Il suo libro più famoso, “Il gattopardo” , fu pubblicato postumo nel novembre del 1958, quando Elena Croce lo inviò a Giorgio Bassani, che lo fece pubblicare dalla casa editrice Feltrinelli. Nel 1959 il romanzo vinse il Premio Strega Il film di Luchino Visconti resta uno dei capolavori del cinema italiano 050719_FR_05072019_40 - Frosinone - Stampato da: cricci_ng - 08/07/2019 20:54:04

Upload: others

Post on 30-Apr-2020

3 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

40 EDITORIALEOGGI

Ve n e rd ì5 luglio 2 01 9 41EDITORIALE

OGGIVe n e rd ì5 luglio 2 01 9

AGENDAZAPPING COLPI DI TESTA Stefano TestaAvvocato e scrittorecon l’hobby del giornalismo

Libri, musica e artein ordine sparso

Il librodi Tomasi

di Lampedusave n n e

pubblic atop o st u m onel 1958

Lascorsanotte è statoas-segnato il principale ri-conoscimento lettera-rio italiano: il PremioStrega. Sessant’anni fa,a vincerlo, fu uno scrit-

tore palermitano esordiente, Giu-seppeTomasi diLampedusa, auto-re di uno dei romanzi italiani piùfamosi di sempre: “Il gattopardo”.Le vicende che vi sono narrate sisvolgono in Sicilia (prevalente-mente nel paese immaginario diDonnafugata) tra il 1860 ed il 1910,e vedono, come principale prota-gonista, il principe Fabrizio Salina(personaggio che è ispirato al bi-snonno dell’autore, il ricco aristo-cratico Giulio Fabrizio Tomasi). Iltitolo dell’opera, divenuto oramaianche una moderna aggettivazio-ne colloquiale, si riferisce proprioalla sua nobile figura, ma in realtàderiva dallo stemma di famiglia deiprincipi di Lampedusa, raffiguran-te un animale, noto con il nomescientifico di “Felis leptailurus ser-val” («i villici di Donnafugata nu-trivano davvero un qualche affettoper il loro tollerante signore che co-sì spesso dimenticava di esigere icanoni ed i piccoli fitti; e poi, abi-tuati a vedere il gattopardo baffutoergersi sulla facciata del palazzo,sul frontone della chiesa, in cimaalle fontane barocche, sulle pia-strelle maiolicate delle case, eranolieti di vedere l’autentico gattopar-do in pantaloni di piqué, distribui-re zampate amichevoli a tutti, esorridere nel volto bonario felinocortese»).

Il romanzo venne composto trail 1954 ed il 1956, e la storia dellasua pubblicazione è assai curiosa.Il manoscritto, inizialmente, ven-ne rifiutato da diverse case editri-ci. Elio Vittorini –che in quegli an-ni selezionava le opere di narrati-va inedite per Mondadori ed Ei-naudi, ed al quale era stato fattoleggere – così infatti rispose al-l’autore il 2 luglio del 1956: «...ilsuo Gattopardo l’ho letto davverocon interesse e attenzione. Anchese come modi, tono, linguaggio eimpostazione narrativa può ap-parire piuttosto vecchiotto, il suoè un libro molto serio e onesto…tuttavia esso non mi pare suffi-cientemente equilibrato nelle sueparti... non riesce a diventare (co-me vorrebbe) il racconto di un’e-poca e, insieme, il racconto delladecadenza di quell’epoca».

Sembrava, questo, il preludio atante altre bocciature editoriali. Einvece, alla fine del 1957, ElenaCroce, figlia di Benedetto, conse-gnò a Giorgio Bassani (che avevainiziato a curare una nuova colla-na di narrativa per la casa editriceFeltrinelli), una copia anonimadel manoscritto. Egli rimase cosìincantato da quelle pagine cosìeleganti e da quella prosa cosìispirata, che decise di mettersi al-la ricercadel suo autore. Solo allo-ra apprese che il romanziere eramorto a Roma, a soli 61 anni, giàda diversi mesi. Essendo tuttaviaconvinto che quello straordinariospaccato della Sicilia durante iltrapasso tra l’Italia borbonica equella unitaria meritasse la pub-blicazione, rintracciò la vedovadello scrittore ed il figlio adottivoGioacchino, per ottenere il loroassenso. “Il gattopardo” uscì nellelibrerie l’11 novembre del 1958. Inpochimesi vendetteoltre250.000copie. Ed il 7 luglio del 1959 vinse,come detto, il Premio Strega.

Nella prefazione alla prima edi-zione lo stesso Bassani (che aveva

casualmente conosciuto Giusep-pe Tomasi di Lampedusa nell’e-state del 1954, in occasione di unconvegno letterario, senza maipiù rivederlo), così descrisse fisi-camente il romanziere: «...era unsignore alto, corpulento, tacitur-no; pallido in volto, del pallore gri-giastro dei meridionali di pellescura. Dal pastrano accuratamen-te abbottonato, dalla tesa del cap-pellocalata sugliocchi, dallamaz-za nodosa a cui, camminando, siappoggiava pesantemente». Ag-giungendo poi che egli aveva di-mostrato «...ampiezza di visionestorica unita a un’acutissima per-cezione della realtà sociale e poli-tica dell’Italia di adesso; deliziososenso dell’umorismo ed autenticaforza lirica; perfetta, sempre, atratti incantevole, realizzazioneespressiva: tutto ciò fa di questoromanzo una di quelle opere a cuisi lavora o ci si prepara per tuttauna vita... concede assai poco allatrama, all’intreccio, al romanze-sco... si legga dunque con l’abban -dono che pretende per sé la verapoesia».

La lettura de “Il gattopardo” èun’esperienza letteraria memora-bile. Nonostante la sua prosa nonsia affatto agevole, soprattutto alprimo approccio, tuttavia amma-lia e colpisce. Stracolma di riferi-menti storici, linguistici e cultura-li, e gonfia di quella sapidità chesoltanto la Sicilia, ed i suoi figli piùillustri, riescono a regalare. Di pe-riodi incantevoli, di descrizionisublimi, di passaggi narrativi su-blimi, nel romanzo, se ne trovanotantissimi. Ad esempio: «Da infondo al viale principale, chescendeva lento tra le alte siepi dialloro si udiva la dolce pioggia de-gli zampilli che ricadevano nella

IL FILM

D i re ttoda LuchinoViscontie trattodall’omonimoro m a n zodi GiuseppeTo m a s idi Lampedusa,il film“Il gattopardo”ha vintola Palma d’oro al16º Festivaldi Cannes.Nel cast brillanoAlain Delon,Burt Lancaster,Claudia Cardinalee Paolo Stoppa.Uscito nelle salenel 1963, fecere g i s t ra reun ottimosuccessoal botteghinoin Italia, risultandocampionedi incassi.È tuttorauno dei film italianipiù vistidi semprecon quasi tredicimilionidi spettatorip a ga n t i

fontana di Anfitrite… le acqueerompevano in filamenti sottili,picchiettavano con pungente bru-sio la superficie verdastra del ba-cino, suscitavano rimbalzi, bolle,spume, ondulazioni, fremiti, gor-ghi ridenti». O ancora: «Moltiproblemi che apparivano insolutial Principe venivano risolti inquattro e quattr’otto da don Calo-gero; liberato com’egli era dallecento pastoie che l’onestà, la de-cenza emagari labuona educazio-ne impongono alle azioni di moltialtri uomini, egli procedeva nellaforesta della vita con la sicurezzadi un elefante che, svellendo albe-ri e calpestando tane, avanza in li-nea retta non avvertendo neppurei graffi delle spine ed i guaiti deisopraffatti».

Iveri protagonisti del ro-

manzo, a ben vedere, nonsono il Principe di Salina, ilnipote Tancredi, o la suabella promessa sposa Ange-lica. È la solare Sicilia. Sono

i siciliani. Dalla lettura emerge in-fatti non solo una conoscenza pro-fonda dei fatti storici che condus-sero al trapasso tra la monarchiaborbonica e quella sabauda; nonsolo una chiara visione politica esocialedel mondochefa dacontor-no alla trama del libro; ma anche esoprattutto una lucida descrizionedel contesto geografico che costi-tuisce il teatro degli eventi narrati:«Quando i cacciatori giunsero incima al monte, di fra i tamerici e isugheri radi apparve l’aspetto del-la vera Sicilia, quellonei cui riguar-di città barocche ed aranceti nonsono che fronzoli trascurabili: l’a-spetto di una aridità ondulante al-l’infinito in groppe sopra groppe,

sconfortate e irrazionali, dellequa-li la mente non poteva afferrare lelinee principali, concepite in unmomento delirante della creazio-ne: un mare che si fosse ad un trattopietrificato nell’attimo in cui uncambiamento di vento avesse resodementi le onde. Donnafugata,rannicchiata, si nascondeva in unapiegaanonima del terreno,e nonsivedeva anima viva: sparuti filari diviti denunziavano soli un qualchepassaggio d’uomini. Oltre le colli-ne, da una parte, la macchia indacodel mare… Il vento lieve passava sututto, universalizzava odori di ster-co, di carogne e di salvie, cancella-va, elideva, ricomponeva ogni cosanel proprio trascorrere noncuran-te… questo paesaggio che ignora levie di mezzo fra la mollezza lascivae l’arsura dannata... questo climache c’infligge sei mesi di febbre aquaranta gradi... sei volte trentagiorni di sole a strapiombo sulle te-ste; questa nostra estate lunga e te-tra quanto l’inverno russo, e controla quale si lotta con minor succes-so… da noi nevica fuoco come sullecittà maledette della Bibbia; inognuno di quei mesi se un sicilianolavorasse sul serio spenderebbe l’e-nergia che dovrebbe essere suffi-cienteper tre; e poi l’acqua chenonc’è... e dopo ancora le piogge, sem-pre tempestose, che fanno impaz-zire i torrenti asciutti, che annega-no bestie e uomini proprio lì dovedue settimane prima le une e gli al-tri crepavano di sete».

Lucidità narrativa, dunque, mi-rabilmente mescolata ad unastraordinaria visione culturale,sociale, umana, storica e politica.Peraltro attualissima: «Questaviolenza del paesaggio, questacrudeltà del clima, questa tensio-ne continua di ogni aspetto, que-

sti monumenti... magnifici ma in-comprensibiliperché nonedifica-ti da noi e che ci stanno intorno co-me bellissimi fantasmi muti; tuttiquestigoverni, sbarcati inarmidachissà dove, subito serviti, prestodetestati, e sempre incompresi,che si sono espressi soltanto conopere d’arteper noienigmatiche econ concretissimi esattori d’im -poste spese poi altrove: tutte que-ste cose hanno formato il caratte-re nostro, che così rimane condi-zionato da fatalità o esteriorità,oltre che da una terrificante insu-larità d’animo... in Sicilia non im-porta far male o bene: il peccatoche noi siciliani non perdoniamomai è semplicemente quello di fa-re... il sonno è ciò che i siciliani vo-gliono, ed essi odieranno semprechi li vorrà svegliare, sia pure perportar loro i più bei regali… nonvorranno mai migliorare, per lasemplice ragione che credono diessere perfetti; la loro vanità è piùforte della loro miseria».

Dal romanzo vennetratto il celebre,omonimo film. In-terpretato da BurtLancaster, Alain De-lon e Claudia Cardi-

nale. La pellicola vinse, nel 1963, laPalma d’Oro al Festival di Cannes.La regia fu affidata a Luchino Vi-sconti. Il qualeunavolta cosìdisse:«Se qualcuno affermasse che, inTomasi di Lampedusa, i modi par-ticolaridi affrontare i temi dellavi-ta sociale e dell’esistenza che furo-no del realismo verghiano e della“memoria”di Proust trovano un lo-ropunto di incontro edi sutura, sa-rei d’accordo con lui... il tema cen-trale del Gattopardo – “perché tut-

to rimanga com’è bisogna che tuttocambi” – non è solo una criticaspietata al trasformismo che pesasul nostro paese, e che gli ha impe-dito di cambiare davvero fino adoggi, ma lo èanche verso la tenden-za più universale, e purtroppo at-tualissima, di piegare la spinta delmondo verso il nuovo alle regoledel vecchio, facendo ambiguamen-te e ipocritamente sovraneggiarequelle da queste». Per realizzare lapellicola la casa cinematograficasostenne costi enormi. Il produtto-re Goffredo Lombardo ricordò che«il regista effettuò i sopralluoghiassieme a Gioacchino Lanza To-masi di Lampedusa… pretese cheogni giorno gli arrivassero da Sa-nremo quintali di fiori freschi perabbellire determinate scene. Inquella del ballo volle tutti i lampa-dari della sala illuminati con lecandele vere. Che si squagliavano.Oltre al trambusto iniziale per ac-cenderle si doveva interrompere lalavorazione ogni ora, prendere dinuovo le scale, cambiare le cande-le, e riaccenderle… tutti gli uominiportavano i guanti bianchi. Che do-po un po’, col sudore, si ombrava-no… Visconti pretese che impian-tassimo una lavanderia con unacinquantina di donne addette a la-varli… Il lavoro degliarredatori co-minciò molti mesi prima, alla ri-cerca di mobili, quadri, tappezze-rie dell’epoca… Tutta l’isola venneperlustrata per trovare delle car-rozze, alcune erano ancora in fun-zione presso delle imprese di pom-pe funebri; altre, trovate nelle stal-le delle antiche ville, vennero re-staurate, imbottite e riverniciate».Una cura maniacale per ogni detta-glio, dunque; tuttavia ben riposta.Perché “Il Gattopardo”ancora oggiè considerato il “Via col vento” del -

la cinematografia italiana.La scrittrice siracusana Simona

Lo Iacono ha dedicato, alla figuradi Giuseppe Tomasi di Lampedu-sa, la sua ultima fatica letteraria. Èstato infatti appena edito da NeriPozza un romanzo (“L’albatro”),che ripercorre, con una prosa inci-siva e raffinata, la vita del granderomanziere palermitano. La LoIacono mescola abilmente realtàstorica e fantasia, ripercorrendole vicende personali di colui ilquale non riuscì a provare, a causadi un crudele destino, la soddisfa-zione di vedere pubblicato il suocapolavoro. Sull’onda della me-moria del protagonista, e di unsuo immaginario amico d’infan -zia («sentendo parlare del mare,Antonno si era illuminato. Lochiamava “il cielo capovolto”. E ilcielo era “il mare risalito”»), la LoIacono ci regala un piccolo gioiel-lo. Frasi sapide («la controra sfo-gavasu dinoi tutte le suemaligne-rie») e visionarie («ciò che si sgre-tolava non erano i sassi, ma i ricor-di, le nascite, lemorti»). Maanchedescrizioni di grande efficacianarrativa, che evidenziano gesti(«scuoteva i riccioli, lasciava chele spolverassero le sopracciglia»),richiamano profumi («esalavaodore di mirto e di caramelle allacarruba») ed esaltano sentimenti(«quel gattopardo che ha ruggitocosì disperatamente in me, che miha forzato a tanta fretta, che ho ri-pescato dalle profondità del mioessere, è rimasto improvvisamen-te rauco. Niente, neanche unosbadiglio, esce dalla sua bocca»).Non mancano i richiami ai luoghied alle usanze della meravigliosaTrinacria («i lutti in Sicilia sem-bravano ordinazioni sacerdotali,investiture di re. I nostri cadaveri

avevano i paramenti delle litur-gie, gli abiti fastosi delle celebra-zioni sacre… li sistemavamo nellecatacombe dei cappuccini comese fossero vivi, i maschida un lato,le femmine dall’altro. I capitanicon ledivise di gala. Levergini congli abiti da sposa. I bambini con igiocattoli. Mescolavamo la vita ela morte, così come univamo for-malina e alcol, acido salicilico ezinco»). In diverse occasioni lascrittrice utilizza termini poco co-muni nel moderno colloquiare,(«gloglottare», «supplici», «pla-ghe», «pintori»), o di chiara origi-ne dialettale («tramestuliare»,«tumminiata», «murmuriare»).Ma lo fa sempre con garbo ed effi-cacia. Neviene fuoriun’opera che,con grande maestria, accompa-gna il lettore sino alla fine terrenadel grande scrittore siciliano.

Il destino volle che il PrincipeFabrizio Salina, e Giuseppe To-masi di Lampedusa, morisseroentrambi in un letto; entrambi inun torrido luglio; entrambi lonta-no da casa. Chissà se anche que-st’ultimo, come il personaggio cheaveva inventato, prima di chiude-re gli occhi fece il bilancio dellasua vita; chissà se raggranellò«fuori dall’immenso mucchio dicenere delle passività, le pagliuzzed’oro dei momenti felici». Chissàse anche lui si domandò se quellepagliuzzepotessero «esserecollo-cate nell’attivo della vita», e fosse-ro davvero «un’elargizione antici-pata delle beatitudini mortua-rie». Se così fu, siamo certi che an-che il granderomanzieresicilianodiede la medesima risposta cheaveva dato, alla fine del romanzo,anche il suo “Gattopardo”: «Nonimportava. C’erano state». l

Stefano Testa

ii

nfo

IL GATTOPARDO,LA SICILIAE L’I TA L I ADI IERI E DI OGGICorsi e ricorsi Un romanzo ancora oggi attualeChe racconta una fase fondamentale del nostro PaeseSessant ’anni fa vinceva il Premio Strega

GIUSEPPETO M AS IDI LAMPEDUSA

Nato a Palermonel 1896.Il suo libropiù famoso,“Il gattopardo”,fu pubblicatopostumonel novembre del1958, quandoElena Crocelo inviòa Giorgio Bassani,che lo fecep u bbl i c a redalla casa editriceFeltr inelli.Nel 1959il romanzo vinseil Premio Strega

Il filmdi Luchino

Vis contiresta uno

dei capolavoridel cinema

it aliano

050719_FR_05072019_40 - Frosinone - Stampato da: cricci_ng - 08/07/2019 20:54:04