il valore dello sport _ i.r. al n°119

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Il valore dello sport Strumento di responsabilità, coesione sociale e legalità Giovani e sport una corsa a ostacoli La partita più difficile Sulla pelle degli atleti Speciale a cura di I.R. FOTO ZUTE & DEMELZA LIGHTFOOT / ACTIONAID Poste  Italiane  S.p.A. Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 NE/VR.

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Strumento di responsabilità, coesione sociale e legalità Giovani e sport, una corsa a ostacoli La partita più difficile Sulla pelle degli atleti

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Il valoredello sportStrumento di responsabilità, coesione sociale e legalità

Giovani e sportuna corsa a ostacoli

La partitapiù difficile

Sulla pelledegli atleti

Speciale a cura di

I.R.

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È il 2009 quando nasce Sport4Society, che si pone la sfida di essere un occhio vigile sul mondo dello sport responsabile e farne emergere i tantivalori positivi: legalità, responsabilità, solidarietà, tutela dell’ambiente,sviluppo dell’individuo e della collettività, rispetto dell’avversario. Nell’arco di pochi mesi l’Associazione produce le Linee guida volontarie sullosport responsabile, utili a chi opera in qualsiasi settore di una società

sportiva. Alla pubblicazione fa seguito una serie di eventi e iniziative in tutta Italia,caratterizzati dal focus su temi scomodi o trascurati da media e istituzioni: dal primoConvegno a Firenze nel 2010 su Sport e società: sfide, tendenze, buone pratiche, con la consegna del premio Il bello dello sport alla pluricampionessa paralimpica FrancescaPorcellato, al Convegno di Montecatini su Come sport e no-profit fanno goal insieme in occasione del Festival della Cultura Sportiva, con la consegna del premio Il bello dello sportad Andrea Zorzi (per Giochi di Pace). Queste e altre attività sono inquadrate nel Progetto Il bello dello sport in collaborazione con la Fondazione Culturale Responsabilità Etica.L’attività di Sport4Society si arricchisce di preziose testimonianze con l’incontro Etica e trasparenza nella gestione delle società sportive (con Andrea Lucchetta, Pasquale Gravina e Damiano Tommasi), la conferenza Contro l’omofobia nello sport a Firenze e i Mondialiantirazzisti di Castelfranco Emilia nel 2011.Un accento particolare è posto sul rapporto tra disabilità e sport col Convegno Diversamenteabili, ugualmente atleti in occasione della Treviso Marathon 2012. Il tema è ripreso e approfondito nel 2013 con il convegno svolto a Padova Esiste un diritto allo sport?, con la Relazione introduttiva di Jacopo Tognon (Docente di Diritti umani e sport nel dirittodell'Unione Europea) e la testimonianza del pluricampione paralimpico di maratona Carlo Durante.Nel 2013 la presentazione a Milano di Pallone criminale di Gianluca Ferraris è il primo passoper affrontare le sfide della legalità in ambito sportivo: da qui parte la ricerca di cui parliamo in queste pagine. ✱

Sport4Society: la storia

La campagna “Operazione Fame” di ActionAid con Marco De Ponte, Segretario Generale di ActionAid Italia e Andrea Lucchetta

FOTO

ACTIONAID

editoriale

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C’È BISOGNO DI UNO SPORT RESPONSABILE

P overtà, conflitti, malattie, eventi naturali e degrado ambientale rendono il mondosempre più insicuro e bisognoso di inter-

venti. In situazioni di degrado sociale e ambienta-le, di conflitti, di povertà – in Italia e all’estero – an-che lo sport può rappresentare una formidabileoccasione di coesione sociale, educazione allaconvivenza, promozione dell’uguaglianza di ge-nere, rispetto reciproco. D’altra parte, comporta-menti spesso poco etici di protagonisti del mondodello sport, corruzione e doping, incidenti e vio-lenza dentro e fuori dai campi di gioco, l’influenzadella criminalità organizzata anche nello sportpongono a tutti inquietanti interrogativi. È impor-tante allora impegnarsi per ribadire i concetti disostenibilità e responsabilità, e l’importanza dellalegalità nello sport e dello sport.

Si avverte la necessità di promuovere il valoreaggiunto interrelazionale dello sport, anche comedeterrente contro bullismo, macro e microcrimi-nalità, discriminazioni. È urgente altresì tutelarel’ambiente in coincidenza di grandi eventi sporti-vi. Dal 2009 Sport4Society vuole essere un occhiovigile sul mondo dello sport responsabile e si sfor-za di mettere a fuoco le tematiche di maggior rilie-vo in questo ambito.

Oltre alle numerose iniziative organizzate, ab-biamo sentito la necessità di affrontare la temati-

ca delle sfide alla legalità in ambito sportivo nel2013 con la presentazione a Milano di “Pallonecriminale”. Da qui è partita la ricerca di Sport forSociety (S4S) sui temi che formano oggetto diquesta pubblicazione, realizzata con grande pro-fessionalità da Simone Grillo, e che sarà oggettodi ampia diffusione nel mondo sportivo, inizian-do con la sua presentazione a Milano il 10 giugnocon la collaborazione e il patrocinio del ConiLombardia.

Quanto successo sabato 3 maggio a Roma inoccasione della finale di Coppa Italia Napoli-Fio-rentina conferma l’urgenza e l’importanza di que-sto tema. Lo sconcerto per la tracotanza impunitadei singoli si unisce alla indignazione per il potere– di fatto acquisito dalle tifoserie violente – appa-rentemente senza alcun contrasto da parte di chiavrebbe la responsabilità di farlo.

La politica, le istituzioni (comprese quellesportive), la società tutta non hanno evidente-mente ancora elaborato degli “anticorpi cultura-li” capaci di neutralizzare queste follie ed evita-re che accadano fatti come quelli di Roma. Chiha la responsabilità di farlo, è bene che facciapresto.

Noi facciamo – con la nostra attività – il pocoche nel nostro piccolo possiamo fare, mettendo-cela tutta. ✱

di Umberto Musumeci

Inserto redazionale al numero 119giugno 2014 - anno 14 mensile www.valori.itRegistro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005editore Società Cooperativa Editoriale EticaVia Napo Torriani, 29 - 20124 Milanopromossa da Banca Eticadirettore editorialeMariateresa Ruggiero([email protected])direttore responsabileAndrea Di Stefano ([email protected])caporedattore Elisabetta Tramonto ([email protected])grafica, impaginazione e stampaPublistampa Arti graficheVia Dolomiti 36, Pergine Valsugana (TN)

testi a cura di Valentina Neri

Il Forest Stewardship Council®(FSC®) garantisce tra l’altro chelegno e derivati non provengano da foreste ad alto valore di conservazione, dal taglio illegale o a raso e da aree dove sono violati i diritti civili e le tradizioni locali.

La ricerca su cui si basano gli articoli di questo speciale fa riferimento, tra le altre cose, a fatti o vicende (rilevati dai mezzi d’infor-mazione e sul web) sui quali non si è ancora pervenuto a piena verità giudiziaria. Tutti i soggetti direttamente o indirettamentechiamati in causa sono pertanto da ritenersi innocenti fino ad accertamento definitivo da parte delle magistrature competenti.

Giovani e sportuna corsa a ostacoli

I n Italia un ragazzino su tre ha problemi dipeso. E, se per il 24% dei bambini di età com-presa tra i 6 e gli 11 anni si tratta di sovrap-

peso, per il 12% di loro si può parlare di obesitàvera e propria. Una piaga di cui il nostro Paesepagherà a lungo termine l’impatto sociale e sani-tario. Sembra banale dire che una prima e fonda-mentale soluzione è lo sport. Che, oltre a contri-buire al corretto sviluppo fisico dei ragazzi, liaiuta a costruire relazioni sane con i loro coeta-nei. Ma in un’Europa in cui (lo dice l’Eurostat) il27% dei minori vive in condizioni di povertà e inun’Italia in cui tale percentuale sale addirittura al32,3%, si può parlare di un vero e proprio dirittodei minori allo sport? A sollevare qualche dubbio

è stato il Gruppo di lavoro per la convenzione suidiritti dell’infanzia e dell’adolescenza, nella sestaedizione del suo rapporto di monitoraggio perl’Italia.

SEMPRE MENO PICCOLI SPORTIVIIl saldo complessivo dei minori “sportivi”, per lafascia 3-17 anni, è positivo: nel decennio 2003-2013 il numero di ragazzi che fa sport in modocontinuativo sale del 2,25% e quello di chi dichia-ra di non praticare alcuna attività cala dello0,65%. Ma, concentrandosi sulla fascia 11-14 an-ni, iniziano a emergere cifre preoccupanti. Nel2010 il 67,6% dei preadolescenti dichiarava di de-dicarsi all’attività fisica in modo continuativo osaltuario. Nel 2013 tale percentuale era scesa al62,8%. Per contro coloro che dichiarano di non fa-re nessuno sport sono passati, in soli tre anni, dal16,9 al 19,1%.

I motivi possono essere svariati, ad esempio ladifficoltà a conciliare sport e studio, in un Paesein cui difficilmente la scuola riesce a valorizzare illegame tra giovani e sport. Qualcosa cambierà apartire dal prossimo anno scolastico, quando glistudenti, alla fine della terza media, potranno

Lo sport offre innegabili benefici sociali e sanitari, soprattutto per i più piccoli. Ma in Italia sempre meno adolescenti fanno sport. E spessoi rapporti con le società dilettantistiche sono difficili

I mondiali di calcio 2014, Expo 2015 e le Olimpiadi 2016. Tre tappe importanti, tre occasioni per parlare di sport comestrumento di riscatto, integrazione e lottaalla povertà. È questo il senso del percorsointrapreso da ActionAid, coinvolgendo ancheil Coni e il Segretariato Sociale Rai. «Oltrealla partnership triennale col Coni – dichiara

il Segretario generale di ActionAid Marco De Ponte – abbiamo siglato protocollid’intesa con diverse federazioni sportive, dal nuoto al rugby, passando per l’atleticaleggera. Sarà un modo per avvicinare i tantiappassionati di sport, ma anche permostrare i risultati concreti dei nostriinterventi nel mondo».

Il percorso di ActionAid

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IL VALORE DELLO SPORT

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SOUMI DAS / ACTIONAID

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iscriversi al liceo sportivo. Si tratta di una brancadel liceo scientifico che prevede tre ore settimana-li di educazione fisica e sostituisce latino e storiadell’arte con diritto ed economia dello sport.

Dopo le sperimentazioni condotte in autono-mia da alcuni istituti paritari, da settembre i liceisportivi saranno un centinaio in tutto il Paese. Traqualche anno si potrà fare un bilancio, ma senzadubbio si tratta di un’esperienza ben diversa dalmodello francese che, al contrario, prevede l’alfa-betizzazione sportiva per le scuole di ogni ordinee grado (vedi ). La possibilità di praticare conregolarità sport a scuola, gratuitamente e fin dallatenera età, si rivelerebbe ancora più preziosa inquesto periodo in cui la crisi conclamata costrin-ge le famiglie a tirare la cinghia su tutto. Compre-sa la spesa per lo sport, che per il 75% è a loro ca-rico, visto che l’investimento pubblico (quandoc’è) è destinato soprattutto all’impiantistica.

QUEL LEGAME DIFFICILE DA SCIOGLIEREMa ad allontanare i ragazzi dallo sport possono es-sere anche l’insicurezza e le incomprensioni congli allenatori, che rischiano di avere conseguenzeben più gravi, portandoli a fare uso di sostanze permantenersi competitivi (vedi a pag 8). Pergiunta, quando un adolescente non si trova piùbene nella propria società sportiva, cambiare nonè semplice e immediato come si potrebbe pensa-re. In base alle regole vigenti, infatti, il calciatorerimane tesserato in una squadra dilettantistica dai15 ai 25 anni: e fino al 2002 il vincolo era a vita. Ciòsignifica che, se vuole andarsene, deve chiedere ilvia libera alla propria società. Non è una questio-ne di poco conto, visto che riguarda i 2.200 calcia-tori che in Italia militano nelle categorie Allievi eJuniores, come rivela il Corriere della Sera in un ar-ticolo dello scorso dicembre.

Non stupisce dunque che i contrasti più volteabbiano varcato le soglie dei tribunali o, cosa an-cora più grave, abbiano costretto le famiglie a pa-gare sottobanco la squadra pur di rientrare in pos-sesso del tesserino. Una pratica tassativamentevietata dalla Figc, ma che – rivelano al quotidianoalcune fonti che preferiscono mantenere l’anoni-mato – è ancora all’ordine del giorno. A cercare dimantenere lo status quo sembrano essere soprat-tutto i presidenti delle società, per il timore di per-dere introiti che si rivelano preziosi per il settoredilettantistico. Quello che però in molti non san-no è che già esiste una possibile via d’uscita, anchese parziale: in base all’articolo 108 della normati-va Figc il giocatore può sottoscrivere un accordo,controfirmato dalla società, che a luglio riconse-

gna nelle sue mani il cartellino. Una procedurache potrebbe risolvere in modo indolore tantecontroversie. Ma che, ad oggi, è ancora troppo po-co conosciuta. ✱

bOx

ARTICOLO

SCUOLE D’OLTRALPE A TUTTO SPORTPer rilanciare l’insegnamento dell’educazione fisica nelle scuole basterebbeprendere esempio dai nostri vicini di casa. In Francia, infatti, già dagli anni Ot-tanta le scuole elementari e medie e i licei pubblici seguono il Programme EPS.La sigla sta per Education Physique et Sportive e indica una delle esperienze piùavanzate di “alfabetizzazione motoria”. Qualche esempio: oltre alle tre ore di educazione fisica alla settimana (108 all’an-no), ogni istituto ha la propria associazione che garantisce agli studenti attivitàsportive facoltative nel pomeriggio, a basso costo o del tutto gratuite. Andando an-che al di là delle attività di base come atletica e nuoto, la scuola diventa il luogo do-ve sperimentare gradualmente lo sport a 360 gradi. Partendo dai classici giochi disquadra come pallavolo, calcio, basket e pallamano, si passa alle discipline di com-battimento, a quelle artistiche come danza e ginnastica, e infine a tennis, badmin-ton o tennis tavolo. Laddove le condizioni geografiche lo consentono, c’è spazioanche per le attività che aiutano i ragazzi a interfacciarsi con la natura: orientee-ring, arrampicata, ciclismo e pattinaggio, fino ad arrivare a sci, vela e canoa/kayak.

IL VALORE DELLO SPORT

IL DIFFICILE CAMMINO PER UNO SPORTARCOBALENOLuana giocava a calcio fin da piccola e per nessuna delle sue compagne di squa-dra la sua omosessualità era un problema: «Fondamentalmente non se ne parla-va». Quando, da preparatrice atletica di una formazione femminile, ha una rela-zione con una delle atlete, la cosa non può più essere taciuta. La risposta da partedella dirigenza è un sms nel quale le si chiede di andarsene, seguito da una riu-nione con le ragazze (molte delle quali minorenni) accompagnate dai genitori.«Nessuno metteva in dubbio il mio operato come preparatore atletico – racconta –quello che i genitori non accettavano era che una persona dichiaratamente omo-sessuale avesse a che fare con le loro figlie. Quando sono arrivati a minacciare difar concludere il campionato a una formazione di sole otto atlete, buttando via isacrifici fatti fino a quel momento, ho dovuto rinunciare al mio incarico». Questa storia è ambientata nel civilissimo Nordest, solo pochi anni fa. E dimostrain modo eloquente come sul tema dell’omofobia, all’interno dello sport, pesi an-cora la preoccupante cortina del non detto. Certo, se n’è inevitabilmente parlato inoccasione delle Olimpiadi invernali di Sochi. All’interno dei confini del Belpaese,pochi mesi fa ha avuto un buon risalto la campagna #Allacciamoli!, ideata da Pad-dy Power e Fondazione Cannavò in collaborazione con Arcigay e Arcilesbica. Maquello che, a detta di molti, ancora manca è una sensibilità diffusa. Quella sensi-bilità che permetterebbe agli atleti a tutti i livelli di parlare apertamente, come me-glio credono, della propria identità. Se infatti ormai sono passati quasi 25 anni dal-la tragica storia del calciatore inglese Justin Fashanu, duramente criticato eisolato per il suo coming out e morto suicida nel 1998, solo a febbraio dell’annoscorso l’ex calciatore del Leeds Robbie Rogers, dichiaratosi omosessuale, si è ri-tirato dalla carriera professionistica a soli 25 anni temendo di non riuscire a reg-gere la pressione. È tornato sui suoi passi qualche mese dopo, trasferendosi dal-l’altra parte del pianeta per vestire la maglia dei LA Galaxy. Finora, Fashanu eRogers sono gli unici due calciatori inglesi nella storia ad aver dichiarato pubbli-camente la propria omosessualità. Gli ostacoli sono ancora troppi: la paura di di-scriminazioni, l’attenzione morbosa di certi media e, in alcuni casi, il divieto impo-sto dai contratti o dagli accordi con gli sponsor.

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La partita più difficile

C ompetizione, passione, relazioni sane. Maanche denaro, tanto, e la possibilità diconquistarsi consenso politico, economi-

co e sociale. Lo sport è tutto questo. L’hanno capi-to fin troppo bene le organizzazioni mafiose. Perloro è il mezzo ideale per inserire i propri capitalinel ciclo economico legale. Magari facendo levasulla cosiddetta “borghesia mafiosa”, quegli inso-spettabili che, forti della propria fedina penale pu-lita, non esitano a mettersi al servizio delle orga-nizzazioni criminali.

L’INTERESSE DELLE MAFIE A mostrarsi più vulnerabile non a caso è il calcio,lo sport più amato e praticato del Belpaese. Nel2013 la Figc censisce 1.360.000 tesserati e 14.451società, di cui 119 professionistiche, 11.260 dilet-tantistiche e 3.072 giovanili e scolastiche. Le ma-fie si interessano soprattutto ai campionati mino-ri, più lontani dalla ribalta mediatica, ma piùvicini al territorio. Campionati in cui i club nongodono dei fatturati miliardari delle big di serie Ae quindi, in certi casi, fanno più fatica a dire di noal denaro di dubbia provenienza. Tanto più inquesto periodo di crisi.

«Purtroppo mancano anche le regole, cosa bendiversa altrove: perché le società non pubblicano ibilanci e certificano i flussi finanziari antiriciclag-gio?», aggiunge Alessandro De Lisi, direttore del

Centro Studi Sociali contro le mafie-Progetto SanFrancesco. La criminalità organizzata, così, riescea farsi avanti con le sponsorizzazioni fittizie, lacollusione con alcune fasce di ultras, la gestionedei bar, della biglietteria e del merchandising, finoal match fixing. Secondo il dossier Le mafie nelpallone, pubblicato da Libera nel 2010 e diventatoun libro di Daniele Poto, sarebbero circa una tren-tina i casi in cui i clan controllano, in modo più omeno diretto, i club.

UN SQUADRA PER LA LEGALITÀEra fra questi la Quarto Calcio fino al 7 maggio2011, quando, nel blitz per l’operazione Polvere,viene arrestato il suo presidente e azionista, Ca-strese Paragliola. La squadra, che militava in Ec-cellenza, dopo il sequestro disputa un campiona-to disastroso che si chiude con la retrocessione. Aquel punto la procura la affida a Luigi Cuomo, re-sponsabile dell’associazione per la legalità SOSImpresa. «Ho il compito di fare l’opposto di ciò chefaceva il clan: da strumento per affermare il ruolodella mafia, la squadra deve diventare una leva perla legalità», spiega. Da quel momento, tante sod-disfazioni e tanti traguardi. Come la cavalcatatrionfale in campo, con la vittoria del campionatodi Promozione, e la conquista dei playoff in Eccel-lenza. Ma, ancor più, l’onore di ospitare allo stadioGiarrusso l’allenamento degli azzurri di Prandellia ottobre 2013. «Non è comune che una squadracome la nostra giochi con i propri idoli. Abbiamodimostrato che, con la legalità e la correttezza, sipossono realizzare obiettivi all’apparenza impos-sibili. Se abbiamo vinto questa scommessa, riusci-remo anche nella nostra sfida più grande», auspi-ca Cuomo: quella di consegnare la squadra a unacordata di imprenditori quartesi che offrano ga-ranzie di trasparenza.

La strada in questa direzione è stata intrapresa.Ma è in salita. «Il primo anno – racconta – abbiamo

Attorno allosport, anchequello minore,ruotanodenaro, potere e consenso. La criminalitàorganizzata lo sa bene e sfrutta ognioccasione. Per “ripulire”denaro sporco eper controllareil territorio

Gli azzurri di Prandelli ospiti della Quarto per un allenamento nell’ottobredel 2013.FOTO EMANUELE D’ANGELO

IL VALORE DELLO SPORT

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fatto fronte di continuo a raid, intrusioni e dan-neggiamenti, i cui responsabili non sono mai statiindividuati. Quest’anno sono passati alla delegitti-mazione con la frase detta a mezza bocca e lachiacchiera al bar. È una criminalità impalpabile,che pervade i settori più fragili e conservatori diquesta città. Cerchiamo di resistere allargando gliorizzonti: da sola Quarto non può liberarsi da uncondizionamento mafioso radicato per decenni».Se, quindi, a Quarto c’è ancora chi ha paura di farsivedere troppo spesso allo stadio a tifare una squa-dra che fa dell’antimafia la propria bandiera, a riem-pire gli spalti sono tante persone che arrivano dalontano. Persone che, insieme «allo straordinariosostegno della procura e della parte sana della cit-tà», sono state l’elemento che ha fatto la differenzarispetto ad altre esperienze che hanno avuto un epi-logo ben più opaco.

Come quello della Rosarnese, divenuta AC Li-bertas per poi fondersi col Cittanova nell’Inter-piana. La formazione calabrese, che militava nel-la categoria Dilettanti, è stata per decenni sotto ilcontrollo del clan Pesce. Dapprima ne teneva leredini Salvatore Pesce: dopo il suo arresto la ge-stione è passata a Marcello, per poi finire al cugi-no Francesco che, dopo averne vestito la maglia,ne è stato dirigente dal 2004 al 2010. Francesco Pe-sce, stando agli inquirenti, ne sarebbe stato ancheil finanziatore occulto: nelle casse della squadrasarebbero finiti i proventi dell’estorsione perpe-trata ai danni delle piccole imprese locali. La fa-miglia nel 2005 aveva anche tentato invano dimettere le mani sul Cosenza, all’epoca in serie B, el’anno successivo aveva piazzato per qualche me-se Marcello Pesce come direttore generale del Sa-pri. La parabola dei Pesce si conclude il 21 aprile2011 con l’operazione All Clean, condotta dal so-stituto procuratore della Dda di Reggio Calabria,Alessandra Cerreti, che mette i sigilli a beni per 190milioni di euro e confisca la squadra. Una rinasci-ta come quella del Quarto, però, non arriva. I tifo-si spariscono, l’Interpiana non ha più uno stadiodi casa, i finanziatori non si trovano. I giocatori,dopo settimane passate ad allenarsi in campetti diterra battuta senza l’acqua calda negli spogliatoi,nel 2012 se ne vanno uno dopo l’altro. L’anno incui la formazione di Rosarno torna alla legalità,quindi, è anche l’anno del suo tramonto. Una sor-te simile tocca all’Albanova, società calcistica diCasal di Principe finita sotto sequestro con unblitz nel 1995, quando militava al secondo postodel campionato di C2. Le indagini ricostruisconopresunti rapporti tra i vertici della società e il clandei Casalesi, allora guidati da Francesco Schiavo-

ne, detto Sandokan. Da allora, la squadra sprofon-da nelle serie inferiori, facendo emergere un peri-coloso parallelismo tra la fine delle sue fortune e lafine del regime mafioso.

DAL CAMPO MESSAGGI MAFIOSIPer una cosca, infatti, spiega De Lisi, la squadradi calcio di un paese di provincia è innanzitutto«una porta d’ingresso al sistema sociale del terri-torio». Non stupisce l’allarme suscitato dagli epi-sodi di deferenza ai boss arrivati dai campi dacalcio. Come il lutto al braccio portato da tre gio-catori del San Luca, squadra calabrese di serie D,come segno di deferenza per Antonio Pelle detto“Gambazza”. Morto il 4 novembre 2009, era unesponente storico della ’ndrangheta, protagoni-sta della faida di San Luca a cui è legata la stragedi Duisburg del 2007. La società, presieduta dalprete anti-’ndrangheta don Pino Strangio, ha su-bito preso le distanze dall’iniziativa. Ma ciò non èbastato a evitare un’ammenda, la squalifica di se-dici giocatori e il Daspo (il divieto d’accesso allemanifestazioni sportive) per un anno per il vice-presidente Giuseppe Trimboli. Ha dovuto sconta-re dieci mesi di squalifica anche il capitano delMazara calcio che, il 22 marzo 2009, nella partitadi Eccellenza contro il Marsala, ha dedicato il pro-prio goal a “Nino e Vito”, che una settimana primaerano stati arrestati nell’ambito dell’operazione“Eolo” condotta dalla direzione distrettuale anti-mafia di Palermo. Pochi mesi dopo GioacchinoSferrazza, presidente della formazione di Eccel-lenza siciliana Akragas, avrebbe dedicato una vit-toria “all’amico fraterno Nicola Ribisi”, all’epocadetenuto in regime di custodia cautelare per as-sociazione mafiosa.

Ma l’episodio più clamoroso è arrivato mentrescrivevamo questo inserto, con gli uomini delleforze dell’ordine costretti a chiedere il permesso digiocare la finale di Coppa Italia Fiorentina-Napolia Gennaro De Tommaso, meglio conosciuto comeGenny ’a carogna, capo della curva A e figlio di unaffiliato al clan Misso del rione Sanità. ✱

La Quarto nel 2013 ha ospitatola nazionale italiana.FOTO EMANUELE D’ANGELO

IL VALORE DELLO SPORT

Pierluigi Marzorati chiedepunizioni più severe contro chiinfanga lo spirito sportivo. Ma i violenti negli stadi nonrappresentano lo sport italiano

Un passato sul campo, come bandieradella Pallacanestro Cantù dal 1969 al 1991, eun presente ai vertici di Coni Lombardia, do-ve da subito si è speso in prima persona suitemi della trasparenza e dello sport pulito.Abbiamo intervistato Pierluigi Marzorati, po-

chi giorni dopo la finale di Coppa Italia Napo-li-Fiorentina, una serata buia dominata, nondall’agonismo, ma dai violenti scontri dentroe fuori dallo stadio. Ecco la strada che propo-ne per dare risalto alla parte sana dello sport.

Parliamo di sport, trasparenza e legalità: untema delicato, a pochi giorni di distanza daifatti successi alla finale di Coppa Italia…Bisogna fare i dovuti distinguo: non è unmomento critico per lo sport, è un momen-to critico per il calcio, che – per quanto prio-ritario – è solo una delle 45 discipline dello

sport italiano. Certo, fa più rumore unapianta che cade rispetto a milioni di pianteche crescono giorno per giorno. Proprio ieriho assistito alla partita di volley tra Cantù eMonza, una sorta di derby per la promozio-ne in A1, e lo spettacolo era totalmente di-verso: i tifosi incitavano la propria squadra,ma nulla a che vedere con i cori offensivi eviolenti che si ascoltano altrove.

“REGOLE, REGOLE, REGOLE”LA RICETTA DEL CONI LOMBARDIA

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Sulla pelle degli atleti

U n giro d’affari da 800 milioni di euro, cheinteressa a vario titolo circa 500 mila italia-ni e macina tassi di crescita vertiginosi, che

arrivano addirittura al 25% annuo. Se stessimo par-lando di un’azienda sana, si tratterebbe di un fioreall’occhiello per l’imprenditoria del nostro Paese.Peccato che siano i numeri del doping. Un fenome-no di rilevanza planetaria che, partendo dall’erro-nea convinzione di migliorare le prestazioni sporti-ve, finisce per distruggere i presupposti alla basedello sport in sé.

Abbiamo ancora tutti negli occhi le lacrime diAlex Schwazer nella conferenza stampa dell’agosto2012 in cui confessava di aver fatto ricorso all’EPO

perché non riusciva più a reggere alla pressione e aidurissimi allenamenti. L’atleta che, solo quattro an-ni prima, esultava per il record olimpico nella 50km di marcia, sventolando la bandiera italiana, eradiventato un uomo sconfitto, che chiedeva soltan-to una vita normale e un lavoro normale.

LA “NORMALITÀ” DEL DOPINGEpisodi così eclatanti, che gettano ombre sulle vit-torie che poco prima erano un vanto nazionale, so-no soltanto la punta dell’iceberg. Un iceberg fattodi 370 milioni di dosi di sostanze dopanti che circo-lano ogni anno nel nostro Paese, per essere assun-te da almeno 220 mila persone. Sorvegliate specia-

Il doping è un mercato da 800 milioni di euro che coinvolge 500 milaitaliani, dagli atleti famosi alle palestre di quartiere. Un mercato chenon riguarda solo gli sportivi, ma anche il mondo che li circonda

Pierluigi Marzorati,ex cestista italiano,icona della PallacanestroCantù, da luglio 2010 è presidente del Comitato RegionaleLombardo Coni.

IL VALORE DELLO SPORT

Quindi ciò che è successo a Roma non èrappresentativo?Diciamo che è rappresentativo, ma in nega-tivo. E dimostra che, evidentemente, c’èqualcuno a cui fa comodo che le squadre ab-biano un seguito di questo livello, maschera-to da tifo. Tanto, quando succede qualcosa,il polverone mediatico dura una decina digiorni e poi è destinato a spegnersi senzache nulla cambi davvero. L’Italia in questodovrebbe prendere esempio dagli Usa: bastipensare alla NBA, che ha radiato a vita il pre-sidente dei Los Angeles Clippers che avevapronunciato alcune affermazioni razziste.

Dare meno peso al calcio potrebbe essereuna soluzione?In Italia sarebbe abbastanza un’utopia, ma

è chiaro che bisogna iniziare a punire. Se lasi obbliga a disputare cinque o dieci partitesenza pubblico, e si tocca così il suo porta-fogli, una società è indotta a regolarsi diconseguenza. In sintesi, bisogna mettere daparte il buonismo e iniziare ad applicare re-gole, pensate per il bene della società e nonper salvaguardare determinati interessieconomici. Lo sport, d’altronde, non inse-gna a essere buonisti: col buonismo non sivincono né i trofei sportivi né le partite del-la vita.

Si vocifera che il governo Renzi abbia inten-zione di tagliare i fondi per lo sport. Cosa nepensa? Secondo me è una scelta positiva perchéandrebbe a scovare lo sperpero di risorse

all’interno di certe Federazioni. Sicuramen-te è un lavoro lungo, ma lo sport vero, chemette in campo progetti seri, è perfettamen-te in grado di trovare i finanziamenti che gliservono.

Lei è presidente di Coni Lombardia ormai datre anni e mezzo, arrivando da una storiasportiva importante. Può fare un bilanciodella sua esperienza?Ho trovato un ambiente in cui tante perso-ne lavorano con onestà perché credono inprima persona nello sport. Dall’altro lato,bisogna ancora cambiare tante cose, per-ché c’è anche chi cerca di sfruttare il loro lavoro per farsi strada. Ma lo sport è meri-tocrazia: a vincere medaglie è chi si allenaduramente.

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li, le palestre di body building: si stima che circa 69mila dei loro frequentatori ricorrano al doping.

Ma, per intercettare i giri di sostanze illecite,non ci si può fermare a chi ne fa uso. Come ricordala World Anti Doping Agency (WADA), quello deldoping è un universo che coinvolge anche gestorie istruttori di palestre, promotori commerciali diintegratori, farmacisti e medici, dirigenti e allena-tori, addetti alla sicurezza come i buttafuori. Fino alambire addirittura chi, per il ruolo che ricopre, do-vrebbe essere saldamente schierato all’altro latodella barricata: ovvero rappresentanti delle Forzedell’ordine e impiegati delle farmacie ospedaliere.Le sacche di penetrazione più pericolose, quindi,sono proprio quelle che tendono a restare fuori dairiflettori. Sono quelle delle discipline che difficil-mente si conquistano le prime pagine dei giornali,monopolizzate dal calcio. E sono quelle dei dilet-tanti e dei giovani che, spesso perché impreparati,rischiano di ricorrere a scorciatoie sbagliate pur diraggiungere il risultato. Una recente analisi, che fauna sintesi di diversi studi epidemiologici, stimache l’incidenza del doping sia compresa tra il 3 e il5% dei bambini che praticano sport.

UNA PRATICA DIFFICILE DA DEBELLARECiò non significa che manchi l’attenzione delleistituzioni. Anzi, l’Italia è stata in assoluto uno deiprimi Paesi ad attivarsi nel contrasto al doping, apartire dagli anni Cinquanta (vedi ). Ma illungo iter legislativo intrapreso dal nostro Paesenon è bastato a fermare in modo davvero efficacele pratiche illecite. Difficile scovare le grandi quan-tità di farmaci che vengono rubati giorno dopogiorno (si stima che il loro valore, dal 2006 ad oggi,sia di 18 milioni di euro) per poi essere smerciatisui 30 mila siti web che offrono medicinali sconta-ti o contraffatti. Ancora troppo bassa la quantità disostanze dopanti intercettata dalle Forze dell’ordi-ne: ad oggi è ferma solo al 3% del totale. I test anti-doping, d’altronde, vengono effettuati soprattuttodurante le gare, ma molto più raramente nel corsodella preparazione: in questo modo, oltre a risulta-re prevedibili, lasciano un’area pericolosamentescoperta. Senza contare che, anche quando si rie-sce ad arrivare a un processo, nella maggior partedei casi si ferma tutto con la prescrizione. Lascian-do il Belpaese in un pericoloso ritardo rispetto aglialtri Stati europei. ✱

INFOGRAFICA

Emanata la prima leggeitaliana che punisce tanto gli atleti quanto chi fornisce loro le sostanze illecite

Emerge il fenomeno dell’emotrasfusione:se ne interessano il Parlamento e il ministero della Sanità. L’AssociazioneNazionale dei Medici di Famiglia segnala la crescente richiesta di steroidianabolizzanti da parte dei giovani atleti e dei loro genitori

CINQUANT’ANNI DI LOTTA AL DOPING: LE TAPPE

1961

1971

ANNI ’80 Si inizia

a parlare di EPO(eritropoietina)

ANNI ’90 L’Italia rende

esecutiva la Convenzioneantidoping del Consigliod’Europa

1995 Emanata

la legislazionepenaleantidoping

2000 L’Italia ratifica

la convenzioneUNESCO controil doping nello sport

2007Apre il primo

laboratorio di analisi a Firenze

IL VALORE DELLO SPORT

Il gigante delle scommesse on lineBetfair dichiara guerra alla truffae lancia un monitoraggio dei flussidi denaro. A coordinarlo un ex ufficiale di Scotland Yard

Un team di sei esperti, con sede a Londra, coordinati da un ex ufficiale di Scotland Yard. Illoro compito è quello di seguire, tramite avanza-ti strumenti informatici e statistici, i flussi di de-naro che vengono scommessi quotidianamentesugli eventi sportivi in tutto il mondo. E, una vol-ta scovate eventuali anomalie, reagire di conse-guenza. È la scelta di Betfair, uno dei giganti glo-bali nel panorama delle scommesse legali on line(nel 2013 ha contato su un giro d’affari da 387milioni di sterline, con 4 milioni di utenti registra-ti e 1.800 dipendenti). Fondata nel 2000, alla finedel 2002 ha dato avvio alla propria struttura dimonitoraggio. Alla base, un principio che dovreb-be essere molto più condiviso: è interesse di tut-ti che lo sport sia esente da tentativi di manovrae combine. È interesse degli sportivi, delle fede-razioni e di chi scommette legalmente.

Per questo l’attività di ogni utente rimane trac-ciata: dal momento in cui accede al sito, alla sin-gola puntata, alle telefonate. Sulla base di questidati, l’Integrity Team prende in esame le anoma-lie. «Un episodio inusuale non si traduce neces-sariamente in un episodio sospetto», spiega il ca-po del team. «Nella valutazione entrano in giocole caratteristiche del campionato di riferimento ela nostra esperienza. Le transazioni che si posso-

no definire sospette non sono certo co-sa di tutti i giorni». Quando accadonoscatta la segnalazione in tempo reale auna delle 58 autorità sportive compe-tenti con cui sono stati siglati accordi dicollaborazione. Tra di esse ci sono UEFAe FIFA, ma anche l’ATP per il tennis, laSei Nazioni, la Liga Spagnola, il CIO(Comitato Internazionale Olimpico). LeFederazioni italiane, però, mancano al-la lista. «Abbiamo preso alcuni contat-ti in passato ma non siamo purtroppo

mai riusciti a siglare nessun accordo.Sarebbe sicuramente una possibilitàinteressante», continua, specificandoche, quando serve, si provvede comun-que ad allertare il regolatore italiano.Chi prende accordi con Betfair può an-che usufruire di Bet Monitor, un soft-ware che permette di tracciare in tem-po reale (tutelando l’anonimato delloscommettitore) tutte le puntate di va-lore superiore ai mille euro e, se neces-sario, far partire un’indagine.

SCOMMESSE E TRASPARENZA:MISSIONEPOSSIBILE

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IL “NO” DEL PALERMO

Abbiamo già raccontato come le squadre delle realtà più periferiche rischino diessere preda dei clan. Ma non è stata immune da un tentativo di attacco nem-meno una formazione blasonata come il Palermo che, mentre scriviamo, ha ap-pena riconquistato la serie A. Questa vicenda, che risale al 2008, si è però risol-ta positivamente perché la dirigenza della squadra ha preso saldamente inmano la situazione, opponendosi ai clan.A tentare di mettere le mani sul vivaio rosanero sarebbe stato il clan dei Lo Pic-colo, per mano del suo legale e factotum Marcello Trapani, reinventatosi procu-ratore. Gli inquirenti hanno indagato su una serie di ipotesi: dal traffico di bigliettiomaggio al tentativo di “spingere” la carriera di alcuni giovani protetti, anchequando erano privi di reali capacità tecniche, in modo tale da poterli cedere adaltre squadre intascando le plusvalenze e guadagnando il rispetto delle loro fa-miglie. Tutto questo a costo di dover mettere in atto pressioni ai danni degli or-gani societari. Quando nel 2007 l’allora direttore sportivo Rino Foschi è oggettodi vere e proprie minacce mafiose, che vanno dalle telefonate anonime alla te-sta di capretto mozzata recapitatagli per Natale, Zamparini prende in mano lasituazione, denunciando l’accaduto all’allora procuratore antimafia Pietro Gras-so, suo amico e grande tifoso del Palermo. Ne nasce l’indagine Face off della di-rezione distrettuale antimafia di Palermo, che porta nel 2008 all’arresto di Tra-pani (che dopo un mese decide di collaborare con la giustizia) e GiovanniPecoraro, per anni responsabile delle formazioni under 18, che nel frattempo eragià stato allontanato da Zamparini. Il procedimento penale contro Pecoraro èstato archiviato a marzo 2010 dal Gip del Tribunale di Palermo.

IL VALORE DELLO SPORT

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IL NOVARA RIPARTE IN CONTROPIEDECoppa Italia, 30 novembre 2010: Chievo Verona-Novara 3-0.Campionato di serie B, 2010-2011: Novara-Ascoli 1-0, Siena-No-vara 2-2. Queste le partite su cui si sono concentrate le indaginiper lo scandalo del calcioscommesse, che nel 2011 ha coinvoltodecine di squadre italiane. Vicende che hanno pesato come ma-cigni su quella che, fino ad allora, sembrava la bella favola del No-vara. La formazione piemontese, dopo quasi tre decenni passatitra la C1 e la C2, tra il 2009 e il 2011 aveva completato in temporecord la propria marcia alla massima serie, che si sarebbe bru-scamente conclusa dopo un solo campionato. Uscito a pezzi dal-le vicende giudiziarie che hanno coinvolto alcuni suoi tesserati, edi conseguenza la società per il meccanismo della responsabili-tà oggettiva, il Novara decide di fare diversi passi avanti per la le-galità e la trasparenza. Dopo aver adottato un Codice antifrode,nel 2012 sigla un accordo con Federbet, un ente no profit belgaspecializzato nel monitoraggio del match fixing. Federbet moni-tora costantemente le quote di 5mila bookmaker internazionali,incrociandoli con quelli dei suoi 150 affiliati. In questo modo rie-sce a segnalare eventuali anomalie. La società da parte sua si im-pegna ad allertare immediatamente gli osservatori FIGC presentisul campo, inviare una segnalazione alla Procura Federale e av-vertire i propri tesserati e i dirigenti della formazione avversaria.È un deterrente per i giocatori, che sanno di essere controllati, eun paracadute per la società, che in caso di tentativi di illecito ri-sulta più tutelata. Nei mesi successivi anche Udinese e Sampdo-ria hanno stretto un accordo con Federbet.

GIOVANI MIGRANTI, GIOCARE È PER POCHI Erano 34 ragazzi della Costa d’Avorio.Per loro la prospettiva di gio-care in una società europea era l’unica speranza di riscatto. Ma sisono ritrovati in Mali, a lavorare in condizioni di schiavitù. Questastoria, raccontata al Fatto Quotidiano da Becky Harvey del movi-mento Stop The Traffik, purtroppo non è un caso isolato. Una ricer-ca dell’università di Neuchâtel rivela che solo il 13% degli africaniche emigra in Europa per giocare a calcio riesce a migliorare le pro-prie condizioni. E per i duemila di loro che militano nelle squadreprofessionistiche, afferma l’associazione Foot Solidaire, sono diecivolte tanti i minorenni convinti a lasciare il loro Paese da falsi pro-curatori che, dopo aver intascato i soldi dalle famiglie, li abbando-nano a destinazione. Per contrastare il fenomeno, la FIFA ha adot-tato una normativa severa, che vieta i trasferimenti internazionali diminorenni. Ma la soluzione non può essere solo quella di inasprirei vincoli alla circolazione dei giovani atleti. Perché lo sport, quandoè sano, è un fondamentale veicolo di integrazione. «Dall’Afghani-stan, dove facciamo uscire le ragazze di casa portandole a giocarea pallavolo, fino a Torino, dove usiamo il calcio e l’hip hop per moti-vare i NEET (Not in Employment, Education or Training, ragazzi chenon studiano né lavorano)», ci conferma il Segretario generale diActionAid Marco De Ponte. L’integrazione deve essere una priorità.Si parla sempre più spesso di ius soli sportivo: la possibilità per leFederazioni di considerare italiani gli atleti di origine straniera natinel nostro Paese. La federazione del pugilato, dell’hockey e del cric-ket hanno già introdotto la norma, battendo sul tempo la politica.

Un Integrity Tour in tuttaItalia, per insegnare ai ragazziil valore della legalità

37 città visitate in nove mesi per incon-trare 4.800 persone tra arbitri, calciatori, al-lenatori, giovani e dirigenti. Sono le cifre del-l’edizione 2013/2014 dell’Integrity Tour dellaLega Pro (nella ), che si è concluso loscorso 29 aprile ad Ascoli. Un percorso chela Lega Pro (che l’anno prossimo tornerà achiamarsi Serie C) ha intrapreso dal 2011, ilsuo anno più difficile, che l’ha vista travoltadallo scandalo del calcioscommesse.

Quali sono le sanzioni penali e sportiveper i tesserati coinvolti nelle frodi legate allescommesse? Come mettersi in contatto conle autorità se si viene avvicinati per un ten-tativo di corruzione? Cosa prevede il CodiceEtico adottato dalla Lega Pro a partire dal2011? Su questi e altri temi si concentra il

percorso formativo, condotto dagli esperti diUISS (Unità Informativa Scommesse Sporti-ve), GISS (Gruppo Investigativo ScommesseSportive) e Sportradar, l’agenzia che è stataincaricata di monitorare in ogni momento lescommesse su tutte le partite di campiona-to e Coppa Italia. Un giro d’affari che, per ilterzo campionato italiano, vale ogni anno240 milioni di euro, con picchi di 240 milaeuro per la singola partita. E in cui le infiltra-zioni criminali si fanno sempre più sofistica-te. «Non siamo certo noi a doverci occuparedi indagare sugli attacchi criminali: è compi-to della magistratura. A noi interessa che,qualunque sia l’irregolarità, i ragazzi la de-nuncino», ci spiega il direttore generale del-la Lega Pro Francesco Ghirelli.

I risultati, lentamente, sembra che stia-no arrivando. «All’inizio – continua Ghirelli –il nostro compito principale era l’alfabetiz-zazione. Passo dopo passo, stiamo cercan-

do di rompere il muro di silenzio e di omer-tà. Tempo fa, ad esempio, mi è capitato diprendere da parte un nostro giovane calcia-tore per ringraziarlo di aver denunciato untentativo di corruzione. Lui mi ha rispostoche non c’era motivo per ringraziarlo, per-ché aveva fatto soltanto una cosa normale.Ecco, questa per me è stata la soddisfazio-ne più grande».

E a novembre scorso i rappresentanti diLega Pro hanno esposto questo progetto alPalazzo delle Nazioni dell’Onu a Ginevra.

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LA LEGA PRO A SCUOLA DI LEGALITÀ

IL VALORE DELLO SPORT