il terzo numero cartaceo di liberaroma

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i laboratori di base, sfida per una nuova informazione Fabio Sebastiani E’ già da un anno che la Federazione della sinistra di Roma stava lavorando in qualche modo a questo progetto. E non solo perché erano già in qualche modo evidenti i segnali drammatici della crisi dell’editoria di sinistra. Ciò che si può speri- mentare e praticare in un territorio metropolitano presenta tante sfide - soprattutto in un’epoca in cui la multimedialità è diventata un im- perativo - ma anche tante opportu- nità. La risposta all’appello lanciato a gennaio è stata molto incoraggiante. Decine di compagni e di compagne hanno espresso la volontà di parte- cipare. Verranno organizzate alcune redazioni locali che serviranno ad alimentare il flusso di notizie in tre direzioni: verso il sito Liberaroma (www.liberaroma.it), verso il gior- nale cartaceo e verso il sito www.controlacrisi.org. Insomma, poniamo le premesse per candidarci ad essere un nodo di una rete, piccola per il momento, che guarda all’informazione sì come terreno di battaglia politica ma si pone anche l’obiettivo di un al- largamento sempre più ampio nel segno dell’informazione parteci- pata. Chiamarli “laboratori”, quindi, e non “corsi di giornalismo” è stato molto naturale e consequen- ziale a una impostazione aperta. In questo concetto vengono a mat- urazione due elementi decisivi della fase sociale, politica e infor- mativa che stiamo attraversando: primo, il forte cambiamento della professione giornalistica; secondo, la trasformazione del lettore-utente da “punto di arrivo” del flusso di informazione a “nodo qualificante” se non addirittura a “fonte pri- maria”. Il perimetro dell’infor- mazione non si va solo allargando ma anche qualificando. Cogliere questo dato da parte della Feder- azione della sinistra rappresenta una ottima premessa nel solco di quel rinnovamento delle modalità della politica che non è più rinvia- bile, soprattutto in vista delle prossime elezioni amministrative a Roma. Questi laboratori possono rappre- sentare una esperienza rigenera- trice. Perché impongono un esame critico di quanto già è stato messo in campo in questi anni per quanto riguarda le forme della parteci- pazione alla politica; e secondaria- mente perché rappresentano il pretesto per un serio ragionamento sui nuovi strumenti della comuni- cazione e dell’informazione. Quando diciamo multimedialità in- tendiamo “tutta la tastiera dell’e- spressione” dei contenuti: dal computer al segno grafico. Quello che ci qualifica e non ci appiattisce sul “mainstream” della propaganda e dell’informazione di consumo è sicuramente il tentativo di legare questa idea a una pratica di lotta sociale. Vogliamo, insomma, che davvero questi laboratori diventino la sede del confronto su come far emergere le lotte in questa città e quindi su come conquistare nuovi spazi di democrazia e di parteci- pazione. Periodico della Federazione della Sinistra di Roma - numero 0/5 del 9 marzo 2012 - prezzo a sottoscrizione - www.liberaroma.it turi: «la crisi piega la città ma lascia intatti i profitti» occuparSi, le tute blu difendono il lavoro Segue a pagina 2 Segue a pagina 2 Segue a pagina 2 Segue a pagina 2 Fabrizio Salvatori Alemanno insiste. A Roma non vuole vedere cortei. Non perde il vizio il “lupo” capitolino. La sua indole profon- damente antidemocratica non ce la fa a chetarsi, nemmeno di fronte alla sen- tenza del Tar. Ora sembra che abbia in- tenzione di scrivere a Monti (chissà per- ché, poi, proprio a lui che della Capitale non gliene importa un fico secco, come ha dimostrato più volte). Vuole, udite udite, “difendere Roma da un'eccessiva alluvione di manifestazioni senza regole e senza capacitá di rispettare il diritto alla mobilità dei cittadini”. Cosa c’entra il diritto alla mobilità con il diritto a manifestare? Cosa spera il sindaco, che il presidente del Consiglio si commuova e annulli con un colpo di bacchetta ma- gica tutte le vertenze, sindacali e non, che interessano i lavoratori e i cittadini di questo paese? E’ proprio un lupac- chiotto il nostro sindaco. Uno di quelli che ululano alla luna e non sanno capire dove sta il problema. Proviamo a spie- garglielo, senza scomodare concetti dif- ficili e complicati da mettere insieme. Prima una domanda: non dovrebbe es- sere compito del sindaco, anche di una città difficile come Roma, garantire il diritto alla mobilità nelle condizioni date? Roma Capitale si prende gli oneri, certo, ma anche gli onori no? E allora che senso ha mettere in contrappo- sizione il diritto alla mobilità con quello a manifestare il proprio pensiero e la propria protesta? Pensi un po’ signor sindaco. Pensi cosa è accaduto con la vicenda della mani- festazione dei metalmeccanici del 9 marzo. E veniamo qui a quella che lei chiama “mobilità”. Trenitalia si è con- Luigi Mazza L’occupazione della RSI (Rail Service Italia), ex Wagon Lits, di Via Partini, prosegue ormai dal 20 febbraio. I 59 operai, 33 metalmeccanici e 26 del- l’indotto Trasporti, addetti alla lavo- razione, alla manutenzione e all’alle- stimento delle carrozze dei treni notte, dopo una già precaria situazione fatta di lavoro a rotazione fino a febbraio 2011, e progressiva dismissione della fabbrica, si ritrovano da sei mesi in cassa integrazione straordinaria, dopo due di ordinaria. La nuova società pro- prietaria, Barletta srl, che rilevò la fabbrica e il terreno circostante nel 2008, non ha alcun interesse, e forse alcuna competenza, a mandare avanti la RSI . Ivan Rovere, uno dei metalmeccanici che occupano la fabbrica, racconta: “La Barletta è entrata con una com- messa di lavoro fra i 75 e i 90 milioni di euro, e da subito ha iniziato a ritar- dare il pagamento dei salari; l’A.D. Nicola Uberti, dopo aver mutato i con- tratti da ‘Trasporti’ in ‘Metalmecca- nici’, annunciò subito che ci avrebbe messi tutti in mobilità. Capimmo che Barletta non ha nulla a che vedere con i trasporti, ma si occupa di edilizia”. Il sospetto, infatti, è che un ampio ter- reno come quello su cui sorge la RSI, poiché non appartenente allo Stato come nel caso di siti simili, possa far Valerio Micheli Qual è lo stato della crisi economica a Roma e provincia? Oggi a Roma abbiamo tutti i settori in crisi: le telecomunicazioni e gli appalti telefonici, l’informatica, le aziende di global service. Aziende di telecomu- nicazione come Italtel, Alcatel Lucent, Nokia Siemens e tutte le aziende che lavorano in appalto per i grandi gestori telefonici, Sirti, Site, Alpitel, sono strozzate della mancanza di mercato e di investimenti e dal continuo tentativo di ribassare i costi attraverso il mec- canismo delle gare al massimo ribasso, che favorisce piccole aziende, poco strutturate. Telecom Italia, che nasce indebitata, ma detiene ancora la vec- chia rete in rame, non investe nella realizzazione delle nuova rete a banda larga perchè dal suo punto di vista non c’è mercato sufficiente; gli altri gestori telefonici fanno lo stesso, gli unici in- vestimenti, pochi, sono nella telefonia mobile, per tentare di fare cassa con il minimo di spesa. Da anni noi metal- meccanici sosteniamo che la rete di tlc dovrebbe tornare nelle mani pubbliche. Dalla privatizzazione di Telecom Italia in poi, infatti, non solo l’occupazione del settore è nettamente peggiorata e, a fronte di migliaia di licenziamenti, ci ritroviamo con il trasferimento del lavoro al subappalto. La stessa rete di tlc oggi è a pezzi, fatiscente, il divario digitale tra le grandi città e i piccoli centri considerati a fallimento di mer- cato è impressionante. In alcune città e alcuni piccoli centri del Lazio le con- nessioni veloci non esistono ancora. Anche nella galassia delle aziende di finmeccanica, che occupano a Roma migliaia di lavoratori e lavoratrici tra Finmeccanica, Alenia, Telespazio, Se- lex Sistemi Integrati e Selex Elsag e dopo wagon litS nuovo preSidio contro trenitalia Fiom a rom a i lupi ululano alla luna il campidoglio torna alla carica contro i cortei “roma è un bene comune” Il 10 marzo l’assemblea con le realtà della società civile la Federazione della SiniStra apre il conFronto programmatico Fabio Alberti La Federazione della Sinistra di Roma ha avviato da quasi un anno un percorso di confronto interno e con diversi in- terlocutori della sinistra politica e so- ciale romana. Prima nella tenda “Libe- rare Roma” a Piazza Sonnino in aprile, poi nella “Festa della città che resiste” al parco Schuster in giugno, infine con il confronto “Un’alternativa per Roma” alla sala di Liegro in dicembre, oltre che in molte sedi di movimento, volto a definire una proposta per un’alterna- tiva per Roma. Il 10 di marzo nella convenzione “Roma è un bene comune” alla sala Esquilino la FdS discuterà una prima sintesi di questo percorso, avviando un confronto con la sinistra politica e so- ciale romana sui caratteri dell’alterna- tiva da costruire ad Alemanno e al mal- governo della destra. Un’alternativa che non si risolva in mera alternanza di po- tere, ma che abbia il chiaro sapore del cambiamento e la capacità di mobilitare la città intorno ad essa, non per tornare a esperienza passate, ma per una nuova stagione politica. Cinque sono gli assi attorno a cui si possono riassumere i ragionamenti con- tenuti nella proposta della FdS. Un governo politico della città. Roma nella crisi deve essere anche un comune anticrisi, contrastando attivamente le ri- cette neoliberiste, se non vuole ridursi a mero esecutore di politiche decise al- trove rinunciando alla difesa della co- munità cittadina. Difesa dei beni co- muni, a cominciare dalle aziende comunali che vanno ripubblicizzate e dagli immobili pubblici da utilizzare per l’infrastrutturazione urbana, conte- stazione del patto di stabilità, politiche fiscali progressive, sono alcuni dei punti su cui Roma deve contrastare le politiche neoliberiste. Una nuova concezione dello sviluppo, che veda nella conoscenza e nella ri- conversione ecologica, e non nella ren- dita, i motori di un rilancio civile ed economico della città. Conoscenza, cul- tura e riconversione e riqualificazione urbana sono gli assi su cui riteniamo debbano essere concentrati gli investi- menti pubblici ed orientate le politiche locali per rispondere alla domanda di vivibilità della città e per contrastare, insieme, il declino occupazionale. Quindi basta con il consumo di suolo, piano “rifiuti zero”, difesa e rilancio dell’agricoltura, riqualificazione delle periferie, riconversione energetica, dif- fusione e sostegno alla produzione e fruizione culturale e al diritto alla cul- tura, sostegno alla scuola pubblica, sono alcuni degli esempi per una nuova po- litica urbana. Una politica mirata alla redistribuzione del reddito, sia attraverso nuove politi- che fiscali locali, la lotta all’evasione fiscale e alla corruzione, sia attraverso il potenziamento dei servizi o l’utilizzo delle case sfitte, per combattere le enormi disuguaglianze che si sono pro- dotte e basando sulla giustizia sociale e sul riconoscimento dei diritti un’idea diversa di sicurezza. “Tassare i ricchi per garantire i servizi” è la chiave per una visione che non parte dalle risorse, ma dai diritti, nel definire le politiche sociali e che, in particolare in questo gola a costruttori e ditte appaltatrici; la mossa potrebbe essere facilitata dal Piano Casa, di Comune e Regione, che permette la riqualificazione di aree industriali dismesse. Secondo gli stessi operai e residenti del quartiere sarebbe già pronto un progetto per edificare appartamenti e far sorgere

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Il terzo numero cartaceo di LiberaRoma

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Page 1: Il terzo numero cartaceo di LiberaRoma

i laboratoridi base, sfidaper una nuovainformazione

Fabio Sebastiani

E’già da un anno che laFederazione della sinistradi Roma stava lavorando

in qualche modo a questo progetto.E non solo perché erano già inqualche modo evidenti i segnalidrammatici della crisi dell’editoriadi sinistra. Ciò che si può speri-mentare e praticare in un territoriometropolitano presenta tante sfide -soprattutto in un’epoca in cui lamultimedialità è diventata un im-perativo - ma anche tante opportu-nità. La risposta all’appello lanciato agennaio è stata molto incoraggiante.Decine di compagni e di compagnehanno espresso la volontà di parte-cipare. Verranno organizzate alcuneredazioni locali che serviranno adalimentare il flusso di notizie in tredirezioni: verso il sito Liberaroma(www.liberaroma.it), verso il gior-nale cartaceo e verso ilsito www.controlacrisi.org.Insomma, poniamo le premesse percandidarci ad essere un nodo di unarete, piccola per il momento, cheguarda all’informazione sì cometerreno di battaglia politica ma sipone anche l’obiettivo di un al-largamento sempre più ampio nelsegno dell’informazione parteci-pata. Chiamarli “laboratori”,quindi, e non “corsi di giornalismo”è stato molto naturale e consequen-ziale a una impostazione aperta. In questo concetto vengono a mat-urazione due elementi decisividella fase sociale, politica e infor-mativa che stiamo attraversando:primo, il forte cambiamento dellaprofessione giornalistica; secondo,la trasformazione del lettore-utenteda “punto di arrivo” del flusso diinformazione a “nodo qualificante”se non addirittura a “fonte pri-maria”. Il perimetro dell’infor-mazione non si va solo allargandoma anche qualificando. Coglierequesto dato da parte della Feder-azione della sinistra rappresentauna ottima premessa nel solco diquel rinnovamento delle modalitàdella politica che non è più rinvia-bile, soprattutto in vista delleprossime elezioni amministrative aRoma.Questi laboratori possono rappre-sentare una esperienza rigenera-trice. Perché impongono un esamecritico di quanto già è stato messoin campo in questi anni per quantoriguarda le forme della parteci-pazione alla politica; e secondaria-mente perché rappresentano ilpretesto per un serio ragionamentosui nuovi strumenti della comuni-cazione e dell’informazione.Quando diciamo multimedialità in-tendiamo “tutta la tastiera dell’e-spressione” dei contenuti: dalcomputer al segno grafico. Quelloche ci qualifica e non ci appiattiscesul “mainstream” della propagandae dell’informazione di consumo èsicuramente il tentativo di legarequesta idea a una pratica di lottasociale. Vogliamo, insomma, chedavvero questi laboratori diventinola sede del confronto su come faremergere le lotte in questa città equindi su come conquistare nuovispazi di democrazia e di parteci-pazione.

Periodico della Federazione della Sinistra di Roma - numero 0/5 del 9 marzo 2012 - prezzo a sottoscrizione - www.liberaroma.it

turi: «la crisipiega la cittàma lascia intattii profitti»

occuparSi, le tute bludifendono il lavoro

Segue a pagina 2

Segue a pagina 2

Segue a pagina 2

Segue a pagina 2

Fabrizio Salvatori

Alemanno insiste. A Roma non vuolevedere cortei. Non perde il vizio il“lupo” capitolino. La sua indole profon-damente antidemocratica non ce la fa achetarsi, nemmeno di fronte alla sen-tenza del Tar. Ora sembra che abbia in-tenzione di scrivere a Monti (chissà per-ché, poi, proprio a lui che della Capitalenon gliene importa un fico secco, comeha dimostrato più volte). Vuole, uditeudite, “difendere Roma da un'eccessivaalluvione di manifestazioni senza regolee senza capacitá di rispettare il diritto

alla mobilità dei cittadini”. Cosa c’entrail diritto alla mobilità con il diritto amanifestare? Cosa spera il sindaco, cheil presidente del Consiglio si commuovae annulli con un colpo di bacchetta ma-gica tutte le vertenze, sindacali e non,che interessano i lavoratori e i cittadinidi questo paese? E’ proprio un lupac-chiotto il nostro sindaco. Uno di quelliche ululano alla luna e non sanno capiredove sta il problema. Proviamo a spie-garglielo, senza scomodare concetti dif-ficili e complicati da mettere insieme.Prima una domanda: non dovrebbe es-sere compito del sindaco, anche di una

città difficile come Roma, garantire ildiritto alla mobilità nelle condizionidate? Roma Capitale si prende gli oneri,certo, ma anche gli onori no? E allorache senso ha mettere in contrappo-sizione il diritto alla mobilità con quelloa manifestare il proprio pensiero e lapropria protesta? Pensi un po’ signor sindaco. Pensi cosaè accaduto con la vicenda della mani-festazione dei metalmeccanici del 9marzo. E veniamo qui a quella che leichiama “mobilità”. Trenitalia si è con-

Luigi Mazza

L’occupazione della RSI (Rail ServiceItalia), ex Wagon Lits, di Via Partini,prosegue ormai dal 20 febbraio. I 59operai, 33 metalmeccanici e 26 del-l’indotto Trasporti, addetti alla lavo-razione, alla manutenzione e all’alle-stimento delle carrozze dei treni notte,dopo una già precaria situazione fattadi lavoro a rotazione fino a febbraio2011, e progressiva dismissione dellafabbrica, si ritrovano da sei mesi incassa integrazione straordinaria, dopodue di ordinaria. La nuova società pro-prietaria, Barletta srl, che rilevò lafabbrica e il terreno circostante nel2008, non ha alcun interesse, e forsealcuna competenza, a mandare avantila RSI . Ivan Rovere, uno dei metalmeccaniciche occupano la fabbrica, racconta:“La Barletta è entrata con una com-messa di lavoro fra i 75 e i 90 milionidi euro, e da subito ha iniziato a ritar-dare il pagamento dei salari; l’A.D.

Nicola Uberti, dopo aver mutato i con-tratti da ‘Trasporti’ in ‘Metalmecca-nici’, annunciò subito che ci avrebbemessi tutti in mobilità. Capimmo cheBarletta non ha nulla a che vedere coni trasporti, ma si occupa di edilizia”.Il sospetto, infatti, è che un ampio ter-reno come quello su cui sorge la RSI,poiché non appartenente allo Statocome nel caso di siti simili, possa far

Valerio Micheli

Qual è lo stato della crisi economicaa Roma e provincia?

Oggi a Roma abbiamo tutti i settori incrisi: le telecomunicazioni e gli appaltitelefonici, l’informatica, le aziende diglobal service. Aziende di telecomu-nicazione come Italtel, Alcatel Lucent,Nokia Siemens e tutte le aziende chelavorano in appalto per i grandi gestoritelefonici, Sirti, Site, Alpitel, sonostrozzate della mancanza di mercato edi investimenti e dal continuo tentativodi ribassare i costi attraverso il mec-canismo delle gare al massimo ribasso,che favorisce piccole aziende, pocostrutturate. Telecom Italia, che nasceindebitata, ma detiene ancora la vec-chia rete in rame, non investe nellarealizzazione delle nuova rete a bandalarga perchè dal suo punto di vista nonc’è mercato sufficiente; gli altri gestoritelefonici fanno lo stesso, gli unici in-vestimenti, pochi, sono nella telefoniamobile, per tentare di fare cassa con ilminimo di spesa. Da anni noi metal-meccanici sosteniamo che la rete di tlcdovrebbe tornare nelle mani pubbliche.Dalla privatizzazione di Telecom Italiain poi, infatti, non solo l’occupazionedel settore è nettamente peggiorata e,a fronte di migliaia di licenziamenti,ci ritroviamo con il trasferimento dellavoro al subappalto. La stessa rete ditlc oggi è a pezzi, fatiscente, il divariodigitale tra le grandi città e i piccolicentri considerati a fallimento di mer-cato è impressionante. In alcune cittàe alcuni piccoli centri del Lazio le con-nessioni veloci non esistono ancora.Anche nella galassia delle aziende difinmeccanica, che occupano a Romamigliaia di lavoratori e lavoratrici traFinmeccanica, Alenia, Telespazio, Se-lex Sistemi Integrati e Selex Elsag e

dopo wagon litS nuovo preSidio contro trenitalia Fiom

a roma i lupi ululano alla lunail campidoglio torna alla carica contro i cortei

“roma è un bene comune”Il 10 marzo l’assemblea con le realtà della società civile

la Federazione della SiniStra apre il conFronto programmatico

Fabio Alberti

La Federazione della Sinistra di Romaha avviato da quasi un anno un percorsodi confronto interno e con diversi in-terlocutori della sinistra politica e so-ciale romana. Prima nella tenda “Libe-rare Roma” a Piazza Sonnino in aprile,poi nella “Festa della città che resiste”al parco Schuster in giugno, infine conil confronto “Un’alternativa per Roma”alla sala di Liegro in dicembre, oltreche in molte sedi di movimento, voltoa definire una proposta per un’alterna-tiva per Roma.Il 10 di marzo nella convenzione“Roma è un bene comune” alla salaEsquilino la FdS discuterà una primasintesi di questo percorso, avviando unconfronto con la sinistra politica e so-ciale romana sui caratteri dell’alterna-

tiva da costruire ad Alemanno e al mal-governo della destra. Un’alternativa chenon si risolva in mera alternanza di po-tere, ma che abbia il chiaro sapore delcambiamento e la capacità di mobilitarela città intorno ad essa, non per tornarea esperienza passate, ma per una nuovastagione politica.Cinque sono gli assi attorno a cui sipossono riassumere i ragionamenti con-tenuti nella proposta della FdS. Un governo politico della città. Romanella crisi deve essere anche un comuneanticrisi, contrastando attivamente le ri-cette neoliberiste, se non vuole ridursia mero esecutore di politiche decise al-trove rinunciando alla difesa della co-munità cittadina. Difesa dei beni co-muni, a cominciare dalle aziendecomunali che vanno ripubblicizzate edagli immobili pubblici da utilizzare

per l’infrastrutturazione urbana, conte-stazione del patto di stabilità, politichefiscali progressive, sono alcuni deipunti su cui Roma deve contrastare lepolitiche neoliberiste.Una nuova concezione dello sviluppo,che veda nella conoscenza e nella ri-conversione ecologica, e non nella ren-dita, i motori di un rilancio civile edeconomico della città. Conoscenza, cul-tura e riconversione e riqualificazioneurbana sono gli assi su cui riteniamodebbano essere concentrati gli investi-menti pubblici ed orientate le politichelocali per rispondere alla domanda divivibilità della città e per contrastare,insieme, il declino occupazionale.Quindi basta con il consumo di suolo,piano “rifiuti zero”, difesa e rilanciodell’agricoltura, riqualificazione delleperiferie, riconversione energetica, dif-

fusione e sostegno alla produzione efruizione culturale e al diritto alla cul-tura, sostegno alla scuola pubblica, sonoalcuni degli esempi per una nuova po-litica urbana.Una politica mirata alla redistribuzionedel reddito, sia attraverso nuove politi-che fiscali locali, la lotta all’evasionefiscale e alla corruzione, sia attraversoil potenziamento dei servizi o l’utilizzodelle case sfitte, per combattere leenormi disuguaglianze che si sono pro-dotte e basando sulla giustizia sociale esul riconoscimento dei diritti un’ideadiversa di sicurezza. “Tassare i ricchiper garantire i servizi” è la chiave peruna visione che non parte dalle risorse,ma dai diritti, nel definire le politichesociali e che, in particolare in questo

gola a costruttori e ditte appaltatrici;la mossa potrebbe essere facilitata dalPiano Casa, di Comune e Regione,che permette la riqualificazione diaree industriali dismesse. Secondo glistessi operai e residenti del quartieresarebbe già pronto un progetto peredificare appartamenti e far sorgere

Page 2: Il terzo numero cartaceo di LiberaRoma

un centro commerciale in un terrenoche, sebbene ad uso industriale, in-clude un’importante quantità di verdee 140 alberi, fra cui 70 pioppi e unnoce centenario, e nel cui sottosuoloscorre una delle tante “marrane” ro-mane, corsi d’acqua interrati nel se-colo scorso e sacrificati al cementodei lavori urbanistici. Ecco perché, adifendere la ex Wagon Lits, sono in-tervenuti non solo i 59 operai, ma an-che studenti, centri sociali -soprattuttolo Strike che confina con la fabbrica-, comitati di quartiere, ambientalisti evarie realtà in lotta della Capitale, dalTeatro Valle occupato all’ex CinemaPalazzo di San Lorenzo. Intanto dallaBarletta srl tutto tace. I lavoratorichiedono che la società trasmetta,come promesso durante le trattative,e come la legge prevede per la retri-buzione della cassa integrazione, il

altre, la situazione è molto critica. Finmeccanica vuole pro-seguire nella dismissione delle attività civili. Le aziendeche erano considerate il fiore all’occhiello della holding,con altissima redditività, sono oggi considerate in forte crisie producono un alto indebitamento. La soluzione propostadai vertici aziendali è quella di vendere o cedere la parte ci-vile di Finmeccanica e fondere in un grande soggetto indu-striale, attraverso una newco, Selex sistemi integrati, SelexGalileo e Selex Elsag. Tutto questo ci preoccupa molto,perchè una fusione del genere produrrà inevitabilmente so-vrapposizioni ed esuberi, con un grande impatto anche peri lavoratori del gruppo Selex di Roma. Solo in Selex Elsagsi parla di 650 addetti, che oggi fanno cassa integrazionestraordinaria a rotazione.

Qual è il vero disegno delle aziende?L’unico disegno delle aziende è risparmiare sui costi. Nonc’è un altro disegno. Per la maggior parte delle aziende sirisparmia sui costi intensificando l’attività lavorativa ed eli-minando quelli che non ce la fanno, i soggetti più deboli eproblematici, dal punto di vista dell’impresa. Non sono tol-lerate assenze, c’è una guerra aperta nei confronti di chi siammala, di chi utilizza i permessi previsti dalla legge 104,i congedi parentali, di chi va in maternità. Ovviamente fapiù le spese di questa situazione sono le madri e i padri, ilavoratori e le lavoratrici con patologie, i lavoratori e le la-voratrici che devono assistere i propri congiunti, visto lostato in cui versa la sanità pubblica. Non tutti possono per-mettersi delle badanti. E per questi motivi si licenzia senzapietà. Qualche mese fa è stata licenziata in Engineering ITuna lavoratrice colpita da un dramma terribile. Il propriocompagno aveva avuto un grave incidente sul lavoro ed erarimasto paralizzato. Per assisterlo, non avendo altri aiuti, lalavoratrice aveva dovuto utilizzare tutte le forme di per-messo retribuito previste dal contratto nazionale. Era statacostretta alcune volte, a causa del cambiamento dei giornidelle terapie, a cambiare l’orario di fruizione di questi per-messi, senza rispettare il preavviso previsto dal contratto,

Periodico della

Federazione della Sinistra

numero 0/5 - ciclinprop

chiuso in redazione il 7/3/2012

Direttore responsabile

Fabio Sebastiani

Grafica e impaginazione

Giorgio Aurizi

Redazione Via Satta 30

00161 - Roma T. 064254045

Stampa: Rotopress srl

via E. Ortolani 33 - 37

00125 - Roma Z.I. Acilia

Intervista a Roberta Turi

Segue dalla prima

OccupaRSI

“Roma è un bene Comune”

ululano alla luna

Claudia Ciabatti

Dall’inizio della sindacatura di Ale-manno le aggressioni e le azioni deineri si susseguono a ritmi sempre piùserrati, un elenco che si apre con gliscontri a Piazza Navona nel corteodegli studenti dell’ottobre 2008, finoall’ultima aggressione avvenuta lanotte del 24 febbraio ad Ostia, quandoun gruppo di giovani stava attaccandodei manifesti sulla festa per i due annidi autogestione del Teatro del Lido esulla manifestazione sui beni comunidel giorno successivo. Già qualchegiorno prima i due gruppi si erano in-crociati durante attacchinaggi e i neofascisti le avevano promesse, sia avoce che con scritte. E dopo la pro-messa, i fatti: artisti e lavoratori delTeatro Lido, giovani appartenenti alcollettivo l’Officina e militanti di Ri-fondazione Comunista sono stati assa-liti da una decina di giovani armati dicaschi, spranghe e bastoni, poi èscoppiata una rissa, terminata conl’arrivo delle forze dell’ordine. Questeultime, giunte a rissa in corso, nonsono state in grado al momento di sta-bilire le dinamiche dei fatti e sia ag-grediti che aggressori sono stati portatiin Commissariato e denunciati per

rissa aggravata. I giovani feriti, che ap-partengono tutti al gruppo degli ag-grediti, sono passati per il ProntoSoccorso per essere medicati prima diessere trasferiti per l’identificazione.Dall’altra parte i neofascisti sosten-gono che sono loro le vittime e chesono stati attaccati mentre affiggevanoi manifesti per le elezioni comunali del2013, ma nessuno di loro quella notteè passato per il Pronto Soccorso del-l’ospedale Grassi per farsi medicareprima dell’identificazione: c’è stato sìun referto per un militante di CasaPound, ma successivo all’identifica-zione della notte. A tutt’oggi comun-que non è ancora avvenuta la notificadegli atti. Le manifestazioni del 24 edel 25 ad Ostia si sono svolte regolar-mente, partecipate e numerose, lacolla e i pennelli hanno vinto contro icaschi e manganelli, come recitavauno slogan sabato 25. Il clima ormaiad Ostia e in tutta la città - ricordiamol’aggressione a novembre a militantidel PD in IV Municipio avvenutomentre anche loro attaccavano mani-festi e ancora a gennaio sempre adOstia ai danni di militanti del PRC - ètesissimo: nonostante gli appelli alsindaco da parte delle forze antifasci-

ste e democratiche per fermare la vio-lenza squadrista dei gruppi neofasci-sti, estremisti e anti costituzionali, nonsi muove nulla. D’altronde una partedell’elettorato dell’attuale maggio-ranza abita anche a Casa Pound e la le-gittimazione sembra essere lo scottoda pagare: tolleranza quindi nei con-fronti delle occupazioni e delle azioniintimidatorie, autorizzazioni a manife-stazioni e proposte storicamente e po-liticamente indecenti come quelladell’intitolazione di una via ad Almi-rante. Ma non solo: Alemanno compraanche la casa di Casa Pound, lo stabile

non avendo alternative. Per questo l’azienda l’ha licenziatain tronco. Engineering non è una piccola azienda, è unagrande azienda dell’informatica e non versa in stato di crisi.Figuriamoci cosa succede altrove, dove il sindacato non ar-riva. L’altro modo per risparmiare è, ovviamente, derogareal CCNL. Molte aziende non stanno pagando gli aumentiprevisti nel contratto separato di Fim e Uilm del 2009. LaSirti non li ha pagati e così altre aziende. Del resto quel con-tratto prevede le deroghe, per questo non lo abbiamo fir-mato. Che senso ha un contratto del genere? Semplicementenon esiste.

Come giudichi il rapporto della Fiom con il movimentoa Roma?E’ un rapporto che c’è da molti anni, è positivo, ma deveconsolidarsi. Anche in occasione di questo sciopero ab-biamo incontrato molte realtà di movimento, collettivi stu-denteschi, centri sociali, gli artisti del Teatro Valle occupato,gli occupanti dell’ex cinema Palazzo e molti altri. Dob-biamo capire come tenere insieme le nostre rivendicazioni.Il nostro non può e non deve rimanere un rapporto estem-poraneo, le nostre lotte devono intrecciarsi, dobbiamo porcidelle domande e sforzarci di mettere in piedi anche delleproposte. Quale nuovo modello di sviluppo vogliamo perquesta città? Quale modello di produzione? Abbiamo delleproposte di politica industriale? E’ molto interessante, a talproposito, l’esperienza di occupazione che stanno portandoavanti i lavoratori metalmeccanici della RSI, azienda di ma-nutenzione dei treni in cassa integrazione, e gli occupantidel centro sociale Strike, che si trova accanto, fisicamente,alla RSI, in zona Portonaccio. Insieme stanno portandoavanti una battaglia per il lavoro, il trasporto pubblico e ilterritorio, visto che la chiusura dell’azienda dovrebbe pre-ludere al cambio di destinazione d’uso di quel terreno percostruire l’ennesimo centro commerciale. Non solo va di-feso il lavoro di quegli operai, va anche salvaguardataquell’area produttiva.

Valerio Micheli

cessa il lusso di chiedere alla Fiom labellezza di quasi 100mila euro per avereun treno che dalla Sicilia li portasse aRoma. Una cifra esosa, per due ordinidi motivi. Primo perché questi povericristi di lavoratori oltre a rimetterci unagiornata secca di lavoro si vedonocostretti a sborsare come un bigliettonormale, diciamo in “gita di piacere”.Secondo, perché Trenitalia disconosce,

proprio come fa il sindaco Alemanno, ildiritto a manifestare. E lo disconosceproprio perché fa valere la sua logica diimpresa privata. Bene. Quello che il lu-pacchiotto “figlio della lupa” GianniAlemanno fa finta di non capire è chein questo modo Trenitalia scarica suRoma la sua libertà di considerarsi im-presa privata. Come? Facile, costrin-gendo la Fiom ad utilizzare i pullmanche, considerando la situazione dalpunto di vista del sindaco, sono un bel-l’impedimento al diritto alla mobilitàdei cittadini romani. Non è difficile da capire vero? L’ave-vamo promesso e l’abbiamo mantenuto.Gentile signor sindaco, se la deve pren-dere con Trenitalia e con tutti quelli che,lei compreso, stanno facendo della mo-bilità dei cittadini un “fatto privato” enon un diritto pubblico. Roma non havia di scampo, o investe nel trasportopubblico o muore. E lei con l’Atac ri-dotta in quelle condizioni non se la stacerto cavando bene.

Fabrizio Salvatori

periodo di crisi, sia in grado di dare unarisposata solidale e di vicinanza in par-ticolare ai ceti maggiormente colpitidalla crisi, superando il razzismo isti-tuzionale che discrimina immigrati erom.Una nuova idea di partecipazione.Il cambiamento necessario è possibilesolo se ne sarà protagonista una vastamobilitazione popolare. E’ necessario,anche per contrastare la crisi della po-litica, realizzare processi partecipativiche non si limitino alla consultazione,ma che diano reale potere alla societàcivile organizzata. Dalla presenza deilavoratori e dell’utenza organizzatanelle aziende pubbliche, all’uso del re-ferendum nei processi partecipativisulle trasformazioni territoriali, vannoindividuati nuovi strumenti che dianopoteri reali ai cittadini a partire dal bassoe dai territori.Il metodo della pianificazione e la di-mensione dell’area vasta metropoli-tana. Il governo della città si è viepiùcaratterizzato in modo episodico, sco-ordinato e affastellato, senza coerenzee senza visione generale dei processi.Le deroghe sono diventate la norma, ladimensione comunale di Roma Capitalela cintura di contenzione. Occorre in-vece rilanciare la pianificazione, connuove forme di partecipazione, e farlosu dimensione metropolitana per cor-reggere gli squilibri che il processo diespulsione della popolazione verso pe-riferie e comuni sempre più lontani hadeterminato in molti settori.

Fabio Alberti

modulo SR 41 all’INPS per sbloccareil pagamento della cassa integrazione.La Regione Lazio, infatti, anticipò tra-mite la BCC 3mila euro per ogni ope-raio, e spetta all’Inps restituire questisoldi (finora ha coperto solo 800 europer operaio) dopo che la società avràtrasmesso tutta la documentazione ne-cessaria. Emiliano Angelè, meccanico rialzistaalla RSI e responsabile sicurezzaCGIL, ci fa visitare la fabbrica, e ci faentrare all’interno delle carrozze cheTrenitalia aveva commissionato allafabbrica, e pagato con soldi dei con-tribuenti, che sarebbero pronte perl’uso ma che non vengono più recla-mate e lasciate ad arrugginirsi. Nellastessa fabbrica, anche Atac aveva com-missionato dei carrelli, di cui non sem-bra intenzionata a entrare in possesso.Come dire? La RSI sembra esser stataboicottata.I 59 operai romani in lotta non sonoun caso isolato: nella stessa situazioneversano 800 addetti ai treni notte in

FdS, la ricettacontrola crisi“10 proposte” della Federazione della

Sinistra per liberarsi dal capitalismo

in crisi

1. La patrimoniale

Tassa sui patrimoni al di sopra del milionedi euro. In Italia l’1% degli ultraricchipossiede una quota di ricchezza pari aquella del 60% di tutti gli altri. 2. Paghino gli evasori

Lotta all’evasione fiscale (oltre 120 mi-liardi di evasione l’anno!), finora favorita.Occorre una tassa sui capitali dei grandievasori che hanno usato lo “scudo fiscale”pagando una tassa ridicola del 5%; si tas-sino invece almeno quanto sono tassati iredditi da lavoro.3. Lotta alla speculazione finanziaria

La Banca Centrale Europea presta soldi(al tasso dell’1,5%) alle Banche privateche a loro volta speculano contro gli Statilucrando sul differenziale degli interessi.La BCE acquisti al tasso di interesse uf-ficiale dell’1,5% i titoli degli Stati sotto-posti ad attacchi speculativi. No alle “ven-dite allo scoperto”. 4. Tassare le rendite finanziarie

I movimenti speculativi del capitale fi-nanziario debbono esere tassati con la co-siddetta “Tobin tax” dello 0,05 sulle tran-sazioni finanziarie. Ciò vale 40 miliardidi euro all’anno.5. Basta con le privatizzazioni

Basta con le privatizzazioni che voglionoancora regalare pezzi di patrimonio pub-blico ai privati. Occorre difendere, e anziestendere, i “beni comuni” (a cominciaredall’acqua, come ha deciso il referendumpopolare); l’AMA e l’ACEA devono es-sere pubbliche, per garantire la gestionerazionale dei rifiuti e la diffusione mas-siccia delle energie alternative. ATAC eCOTRAL da difendere e rilanciare, perriqualificare il trasporto pubblico.6. Basta coi privilegi delle caste

Dimezzare subito gli stipendi dei parla-mentari (non i parlamentari e la demo-crazia!) e abolire tutti i privilegi delle ca-ste; un tetto agli stipendi dei manager (oraGuargaglini di Finmeccanica prende4.712.000 euro, Scaroni dell’ENI4.272.000 euro). Deve finire la vergognadelle “pensioni d’oro” dei grandi dirigentipagate dall’INPS. 7. No spese per la guerra

Dimezzare le spese militari e smetteresubito tutte le guerre (l’Afghanistan costa5 miliardi l’anno); no all’acquisto dei cac-ciabombardieri F35 (che ci costano 13miliardi). Le risorse vadano a scuola, uni-versità, ricerca, precari.8. Basta con le “grandi opere”

Occorre farla finita con le grandi operedevastanti. Senza la Tav Torino-Lione ri-prendiamo 20 miliardi. Si investano percreare nuovi posti di lavoro nel rispar-mio energetico, nelle energie alternative,nelle fonti rinnovabili, per la messa insicurezza idro-geologica del territorio.9. I padroni che scappano restituiscano

il maltolto

Contrastare le delocalizzazioni delle im-prese, obbligando quelle che minaccianodi fuggire all’estero (come la FIAT) a re-stituire i finanziamenti pubblici. Non siesce dalla crisi permettendo ai padroni diricattare e di licenziare.10. Lotta alle banche usuraie

L’Italia deve “ristrutturare” il debito, ga-rantendo per intero i piccoli risparmiatoristrozzati dalla Banche; ciò significa al-lungare unilateralmente i tempi di resti-tuzione e ridurre le cifre da restituire alleBanche usuraie. Vedi il caso Islanda!Dicci cosa ne pensi delle “10 proposte”collegandoti a:htpp://liberaroma.it/word/brevi/le-10-pro-poste/

Un momento della manifestazione antifascista di Ostia

ostia: colla e pennelli vinconocontro caschi e manganelli

occupato in via Napoleone III, laprima occupazione, quella che ne de-creta la nascita, ovviamente con i soldidel Comune. D’altra parte il legame èormai anche familiare: il figlio Man-fredi è stato eletto Consulta provin-ciale degli studenti presentandosi conla lista di Blocco studentesco e l’altrasera è stato fermato e identificatomentre attaccava manifesti del Blocco.Ma Casa Pound alza la posta: infattiha annunciato che presenterà alle pros-sime elezioni comunali un propriocandidato, in quanto non è soddisfattadell’opera di Alemanno.

tutta Italia, licenziati e messi in cassaintegrazione dopo la politica di “ra-zionalizzazione” e tagli impostadall’A.D. di Trenitalia Mauro Moretti,che prevede la progressiva soppres-sione dei treni notte da Nord a Sud ela conversione all’Alta Velocità, innome della quale si tollerano i licen-ziamenti di massa di operai specializ-zati e la devastazione ambientale delterritorio nazionale.

Luigi Mazza

la reazione degli antiFaSciSti dopo le aggreSSioni del 24 Febbraio

Page 3: Il terzo numero cartaceo di LiberaRoma

Elisa Castellucci

All’assemblea pubblica organizzata alCinema Palazzo, 400 persone parlanodi “epurazione” delle realtà del privatosociale, da anni impegnate nel settoredelle tossicodipendenze, che da ungiorno all’altro si sono viste tagliarefuori dai servizi. L’esito dei bandi digara dell’Agenzia capitolina per leTossicodipendenze (13 bandi per untotale di 2 milioni e 519mila euro)parla chiaro. Fuori loro dentro altri.Così ll Cammino, che da 25 anni ge-stisce la comunità di Città della Pieve,dovrà tirarsi indietro. E lo stesso fa-ranno Parsec e la Tenda.A protestare non sono solo le realtà delprivato sociale escluse dai progetti, maanche gli utenti e le loro famiglie. Alloro fianco, diversi politici dell’oppo-sizione, Silvia Ioli e Giuseppe Bortoneper la Cgil, Don Armando Zappolinidel Cnca, A Sud, Federserd, il Forumdroghe e il Roma social club. Le più agguerrite sono le madri dei ra-gazzi ospiti di Città della Pieve, unastruttura gestita fino a oggi, da 25 anni,dalla cooperativa Il Cammino. Comela signora Rita che si chiede: “Doveandranno a finire i nostri ragazzi?Dopo avere lottato tanto per convin-cerli a entrare in comunità, ora ci ritro-viamo al punto di partenza”. Le fa ecola signora Carla: “Mio figlio ha giàdetto che il primo aprile (quando alleattuali cooperative subentreranno lenuove ndr) lascerà la comunità”. Ilperché lo spiega bene Daniele che aCittà della Pieve sta svolgendo un pro-gramma di recupero: “Per noi gli ope-ratori sono come una famiglia, conloro abbiamo instaurato un rapporto ecominciato un percorso, non vogliamoricominciare da capo”.Oltre alla cooperativa Il Cammino,anche La Tenda e Parsec hanno persoi loro progetti e questo perché, nelnuovo bando, i servizi di bassa sogliasono passati da 9 a 4. Tra quelli chescompariranno c’è anche Massimina(in zona Casal Lumbroso), che, comespiega la signora Rita, nel tempo eradiventato un punto di riferimento per iragazzi tossicodipendenti del quar-tiere. Le chiediamo cosa accadrà ora.“Resteranno per strada”, rispondesecca. Stessa sorte per il centro di viadello Scalo San Lorenzo non previstonella riorganizzazione dell’Act. Scom-pare anche il “Telefono in aiuto” diVilla Maraini, “un servizio - spiegaVincenzo Palmieri - che è stato fattopassare per un call center, ma che, aoggi, ha 120 persone in trattamento.Come farò a dire loro che dovremosmettere di aiutarli?”.Perché all’improvviso servizi, che da

25 anni operano bene sul territorio ro-mano con ottimi risultati, vengonoconsiderati improvvisamente conside-

Elio Lauria

Il direttore amministrativo del Policli-nico Gemelli, Marco Elefanti, «imitaSergio Marchionne e minaccia la di-sdetta dei contratti». E’ così che la FpCgil medici, commenta il contenuto diuna lettera datata 23 febbraio 2012, eindirizzata alle organizzazioni sindacaliin cui Elefanti in pratica chiede l’aboli-zione dei contratti aziendali. Una mossain pieno stile Fiat che ha lasciato distucco i sindacati della sanità. «Un'arro-gante e superficiale presa di posizione»,continua la Cgil. «Un caso senza prece-denti - sottolinea Stefano Mele, segre-tario regionale Fp Cgil Medici Roma eLazio - che mortifica la democrazia sin-dacale, una scelta unilaterale presasenza definire quali e quante possanoessere le ricadute sugli operatori, sulla

i bandi dell’act tagliano le realtà più conSolidate. il 31 marzo giornata di lotta

il metodo marchionne applicato al gemelliil direttore chiede la SoSpenSione del contratto aziendale

coop sociali, alemanno distruggeventicinque anni di storia

rati inadeguati all’adempimenti delloro lavoro? Occorre fare qualchepasso indietro. Al posto de “Il Cam-mino”, “Parsec” e “La Tenda” entranoaltri organismi, come Modavi, tra lecui fila è passato il direttore dell’ActMassimo Canu. Una realtà vicinaanche al sindaco Alemanno che latenne a battesimo quando si occupavadi terzo settore per il partito. Tra i vin-citori del bando spunta anche la AsiCiao, che fu, nel 2009, al centro di unapolemica sull’assegnazione di alcunifondi, in cui venne coinvolta l’alloraassessore Laura Marsilio. E non do-vrebbe essere sconosciuta a Canunemmeno Pegaso che ha vinto un pro-getto sulla prevenzione dei comporta-menti a rischio. Lui e il presidenteAlfonso Rossi si sono incontrati al-meno in un’occasione, alla presenta-zione del libro “Legami dolenti”, il cuiautore è appunto il direttore dell’Act.“I bandi seguono la solita metodologiadei finanziamenti a pioggia, segmen-tando servizi per finanziare tantiamici”, aveva dichiarato tempo fa alCorriere.it Vincenzo Palmieri, respon-

sabile del “Telefono in aiuto” di VillaMaraini, servizio tagliato nel nuovobando. Insomma c’è aria di restyling esu questo non ha dubbi il Roma socialpride secondo cui dietro la nuova or-ganizzazione dell’Act c’è “una deci-sione politica stabilita a tavolino perspazzare via realtà indesiderate”. A pa-garne le conseguenze saranno però i50 lavoratori che perderanno l’im-piego, perché non potranno essere ri-collocati dalle cooperative e, insiemea loro, gli utenti. “Come sarà garantitala continuità terapeutica?”, si chiede ilSocial pride. Nella nuova ricetta diCanu uno spazio importante è dedicatoalla prevenzione, con sei nuovi pro-getti. “Ben venga la prevenzione – di-cono dal Coordinamento nazionaledelle comunità di accoglienza (Cnca)– purché non sia a discapito della ridu-zione del danno”. Cosa che, sempresecondo Cnca e Social pride, sta in-vece avvenendo. I centri diurni a bassasoglia (rivolti a persone che fanno usodi droghe, alcol o psicofarmaci) diven-tano 2 per 30 utenti ciascuno, contro iprecedenti 6 che ospitavano massimo

10 soggetti l’uno. La conseguenza èche non saranno distribuiti in modouniforme nella città con il rischio che“i tossicodipendenti, troppo lontanidalle strutture, preferiscano vagare perstrada”, sottolinea Stefano Regio de IlCammino. Al di là di tutto, quello che sottolineail Roma Social pride è un cambio diprospettive: “Le politiche fin qui atti-vate dall’Assessorato politiche educa-tive e dall’Act hanno prodotto unincomprensibile stravolgimento degliinterventi che non rispondono più aireali bisogni della città, ma mettono incampo politiche puramente repressive,securitarie, che riducono sostanzial-mente gli interventi di coesione so-ciale”. Rincara la dose il consiglierePd Daniele Ozzimo: “Nell’ultimoanno e mezzo abbiamo ripetutamentedenunciato un clima di pesante vessa-zione da parte del direttore dell’agen-zia comunale sulle tossicodipendezenei confronti di quelle realtà che daanni operano nel settore”. E prosegue:“Più volte è stato peraltro convocatodalla Commissione trasparenza di

Roma Capitale per fare chiarezza circacomportamenti e prese di posizioniche malcelavano una volontà persecu-toria come nel caso di richieste di ren-dicontazioni ai limiti della farsa. E’ inquesto quadro che gli esiti dell’ultimobando di gara recentemente resi notiappaiono del tutto scontati”. Per que-sto motivo Ozzimo, consigliere del Pd,ha chiesto di accedere urgentementeagli atti. Come risponde Canu?Avremmo voluto sentire anche la suacampana, ma dopo averlo chiamatopiù volte al telefono, abbiamo dovutorinunciare. Dall’Agenzia, però, trapelasdegno per gli attacchi rivolti e si sot-tolinea la correttezza degli atteggia-menti del direttore. Nessunaepurazione, soltanto l’applicazione dicriteri chiari e della legge. L’Agenziadelle tossicodipendenze di Roma ma-nifesta irritazione per l’attacco sferratodal Social Pride nei confronti della di-rezione dell’agenzia. Infatti pure sel’Agenzia ha deciso di non commen-tare ufficialmente il risultato dei bandiné di polemizzare con le cooperative ele associazioni del Social pride che so-stengono di essere state esautorate dalservizio, dagli uffici trapela l’opinioneche le ricostruzioni giornalistiche sonofuorvianti. I bandi, fanno sapere dal-l’Atc, erano pronti già nel 2010 e sonostati approvati soltanto alla fine del2011 (con proroghe mensili a favoredelle coop che in questi anni hanno ge-stito il servizio) perché l’assessore alramo De Palo ha voluto “valutare conpiù attenzione” ogni singolo passaggioe anche “ascoltare anche gli attuali ge-stori” dei servizi. Non solo. Si è lavo-rato, emerge dai commenti in Act,perché “diversamente dalla precedenteesperienza”, ai lavoratori venisse ga-rantito un rapporto di lavoro subordi-nato “più consono al servizio”.Il 31 marzo se la situazione resta im-mutata avverrà il passaggio di conse-gne dalle vecchie alle nuovecooperative. «Bisognerebbe valutare- aggiunge Regio - tra i servizi so-ciali, quali mettere a bando e quali noe istituire un valido sistema di accre-ditamento delle strutture», SecondoCarlo De Angelis del Cnca Lazio “ilsociale subisce da anni un attacco co-stante”. Per questo chiede al Campi-doglio di “sospendere il bando eaprire un confronto con le parti so-ciali su vari temi: dal Piano Nomadi,al Piano regolatore sociale, passandoper la riforma dell’assistenza domi-ciliare”. Il 31 marzo sarà una giornata dedicataa un’iniziativa nazionale presso la co-munità Città della Pieve, come annun-ciato da don Armando Zappolini delCnca per avviare “un tavolo, con leistituzioni preposte, finalizzato ad af-frontare tutte le questioni sollevate du-rante il lungo dibattito”.Il Consiglio Itlaliano dei Rifugiati (CIR) denuncia: “Vogliono chiudere l’ambulatorio del San Giovanni”

tenuta occupazionale e sul manteni-mento dei livelli essenziali di assistenza.Qualunque eventuale fuga in avanti tro-verà la nostra ferma opposizione. La FpCgil medici chiede perciò assoluta tra-sparenza e il rispetto di accordi e con-tratti nazionali. «Al Policlinico Gemellidevono aver pensato di poter utilizzareil metodo Fiat per risparmiare sul per-sonale - aggiunge Massimo Cozza, se-gretario nazionale Fp Cgil medici - maper fortuna Marchionne non ha la re-sponsabilità di amministrare la sanitàpagata con i fondi pubblici».«Purtroppo per uscire dalla grave crisifinanziaria siamo stati costretti a varareun Piano industriale che tra le misurepiù urgenti prevede la disdetta dei con-tratti aziendali» ribatte Elefanti, che inuna nota annuncia: «Abbiamo subitoavviato le trattative con i sindacati e ab-

biamo 90 giorni di tempo per trovarel'accordo sui nuovi termini contrat-tuali». I lavoratori del Policlinico Ge-melli, va detto, sono in stato diagitazione dalla scorsa settimana mentrela sanità romana vede allargarsi alla ge-stione di alcune Asl e ai dipartimentiospedalieri le indagini che la Procuradella Repubblica di Roma sta svolgendosulla situazione dei pronto soccorso. Ledenunce di cittadini e di operatori delsettore sanitario parlano di carenzestrutturali e di scarsità dell'organicononchè di irregolare assegnazione di ap-palti e di altre situazioni negative. In-tanto i pubblici ministeri ElisabettaCeniccola e Rosalia Affinito prose-guono gli accertamenti sull'eccessivoaffollamento dei pronto soccorso, sullaloro precaria situazione e sulla regolaritàdelle gestioni delle risorse.

Sanità negata ai rifugiatiIl 1 marzo ha chiuso l'Ambulatorio per le Patologie Post-Traumatiche eda Stress dell'Ospedale San Giovanni di Roma, centro altamente specia-lizzato, il primo in Italia a garantire cure e terapie specifiche e innovativeper le persone richiedenti asilo e rifugiate sopravvissute a tortura. La de-nuncia viene dal Cir (Consiglio italiano dei rifugiati). Dopo anni, il centroè stato improvvisamente chiuso, senza considerare - lamenta l'organizza-zione - le gravi conseguenze sulle condizioni di salute dei pazienti portatoridi patologie severe e specifiche. Motivo ufficiale della chiusura è che a no-vembre è terminata una convenzione con la Commissione Nazionale Asilo,grazie a cui il San Giovanni riceveva un supporto per l'attività di coordi-namento del Nirast. Contro la chiusura, un gruppo di rifugiati curdi incura presso l'ambulatorio, assieme all'associazione Senza Confini, ha in-detto un presidio contro la chiusura dell'ambulatorio. Il Cir, che da annicollabora con l'ambulatorio ed è tra i promotori della rete Nirast, si è mo-bilitato insieme all'Unhcr scrivendo alle direzione sanitaria dell'AziendaOspedaliera e al presidente della Regione Lazio Renata Polverini.

Page 4: Il terzo numero cartaceo di LiberaRoma

8 marzo 2012 facciamo i conti

Roberta Cecili

Di nuovo l’8 marzo e di nuovo siamoqui a “santificare” quella che è una non-festa provando a farla diventare, annodopo anno, qualche cosa di più diun’occasione di riflessione e di verificaperché di nuovo , alla fine di questagiornata, la riflessione sarà stata sen-z’altro utilissima ma avrà anche ulte-riormente dimostrato che i risultati sonosempre al di là da venire, soprattutto inquesti ultimi anni (o forse un ventenniointero?) che hanno registrato un preoc-cupante e forte regresso della condi-zione femminile in questo Paese.Quello che può essere utile, forse, è pro-vare a spiegare le cose attraverso i nu-meri, perché nulla più dei numeri riescea spiegare in modo immeditato lo “statodell’arte” di un fenomeno. E allora andiamoli a vedere questi nu-meri facendoci aiutare dai dati della Sta-tistica Ufficiale (Istat). Il periodo diriferimento sono gli anni 2009-2010 e idati si riferiscono alle giovani donne inetà compresa tra il 18 e i 29 anni chesono quasi 4 milioni. Le variabili cheprendiamo in considerazione sono il la-voro, la condizione familiare, il titolo distudio e la cultura e, vista l’importanzadell’occasione, per una volta tratteremol’argomento a livello “nazionale”; perla provincia di Roma daremo anche undato sulla condizione occupazionale.

Il lavoroIn Italia le giovani occupate sono il35,4% mentre i maschi occupati sono il48,6%, ben 13 punti in meno: troppi! Il tipo di occupazione delle donne èmaggiormente a tempo determinato ri-spetto a quella degli uomini: 27,4% ledonne, 34,8% gli uomini, 7 punti inmeno.Le donne che lavorano in part-time sonoil 31,2% delle occupate contro il 10,4%degli uomini: 21 punti in più!Le donne che dichiarano di lavorare inpart-time perché non trovano un lavoroa tempo pieno sono il 64%. Ddavverotante. Le donne che non lavorano sonoil 21,1% contro il 18,4% degli uomini.E qui non è da farsi un vanto, il dato èquasi uguale!E nella provincia di Roma? Le occupatesono il 33,6% in linea con la media na-zionale.La famigliaDei quasi 4 milioni di giovani donne il71,4% vive con i genitori e il 13,9% incoppia con figli. Solo il 4% vive da sola.Ma in questa categoria le donne supe-rano gli uomini; infatti questi perl’83,2% vivono con i genitori. I motividel rimanere a casa sono economici (lecase costano troppo e il lavoro non sitrova) però per gli uomini sono anche…”sto bene così”, mentre per le donne ilmotivo principale è “posso continuare astudiare”.

La divisione dei ruoli familiari è a svan-taggio totale delle giovani donne che peruna percentuale doppia rispetto agli uo-mini sono coinvolte nel lavoro fami-liare. E’ chiaro che questo fa si che iltempo libero delle giovani rispetto aquello dei loro coetanei sia molto meno;soprattutto per le giovani che vivono incoppia con figli la durata del lavoro fa-miliare è di 5 ore e 47 minuti al giornocontro 1 ora e 53 minuti per gli uomini,troppe, decisamente troppe.Il titolo di studioUn terzo dei giovani occupati, maschie femmine in totale, ha un titolo di stu-dio più elevato rispetto al lavoro chefa..il fenomeno prende il nome di “sot-toutilizzo del capitale umano”. Laforza femminile è stata, negli ultimianni, maggiormente sottoutilizzatapassando dal 28,5% nel 2005 al 33,8%del 2009. Questo vuole dire che le gio-vani donne pur di lavorare si conten-tano di occupare una posizione dilivello inferiore a quella che spette-rebbe loro visto il titolo di studio con-seguito...di solito la laurea!Un fenomeno molto studiato ultima-mente riguarda i NEET (not in em-ployment, education or training – ossianon lavora non studia e non si formaprofessionalmente). Ebbene le giovaniNEET sono più di 1 milione e di que-ste quasi il 44% ha un titolo di studiobasso, ma un bel 23% sono diplomate

o laureate. Il fenomeno è in ascesa edè molto preoccupante.La culturaLe giovani donne che leggono, neltempo libero, sono il 64,4%, gli uomi-niil 41,3%: 23 punti in più, un vantaggiofinalmente! Le giovani donne visitanopiù musei, mostre e monumenti e vannopiù a teatro mentre al cinema ci vannopiù o meno nella stessa percentuale deiloro coetanei; alle giovani donne piacemolto la musica classica ed ascoltare laradio ed utilizzano le nuove tecnologiein misura analoga ai loro coetanei ma-schi (quasi il 90%). Volendo trarre delle opportune conside-razioni diremo che se è vero che per-mane una realtà femminile ancoramolto legata alla situazione di genereche vede le donne e, quindi, anche legiovani donne, ancora molto condizio-nate da quelli che sono tutti i ruoli fami-liari o ancora non pienamente realizzatenel loro lavoro (si pensi alle istituzionidove le donne con incarichi di rilievosono pochissime, ma si pensi ancora aquanto la stessa gravidanza rimangaspesso un’ostacolo per un’affermazionelavorativa e sociale o almeno così siavissuta dalle stesse donne che non sonocerto socialmente incentivate a farefigli), va anche considerato il fatto chemolti aspetti della vita delle donne ri-sentono fortemente di un lavoro che èancora oggi “in progress”. Quarant’anni

fa le donne rivendicavano “l’emancipa-zione”che non vuole dire altro che “di-ventare autonomi rispetto ad unadipendenza..da qualcuno o da qual-cosa”.In ultimo: i dati sulla violenza femmi-nile non sono molto aggiornati e quindiabbiamo preferito non metterli ma tuttee tutti sappiamo quante donne vengonomaltrattate, stuprate, uccise ogni giorno,sia dentro la loro casa che fuori. Questoè il dato più preoccupante sul quale ve-ramente si deve aprire una grande rifles-sione perché la donna paga ancora unprezzo troppo alto alla società e ai suoimalesseri, a volte anche con la propriavita. Da notare che molto spesso ledonne stesse continuano a non denun-ciare a stare zitte, vittime di un ance-strale pregiudizio! L’orrenda sentenzadella Corte di Cassazione che ha rite-nuto di “svilire” l’evidente gravità dellostupro di gruppo affermando che il giu-dice non è più obbligato a chiedere lacustodia cautelare per ogni indagato nonfa altro che danneggiare maggiormentele donne che sempre più si troverannosole ad affrontare questa emergenza.Quello che è chiaro è che ancora unavolta siamo costrette ad affermare chenon ci può essere nessuna emancipa-zione se non si risolve un problema chespesso è anche culturale....nessuna vio-lenza sul corpo delle donne..nessunotocchi più una sola donna!

Isabella Borghese

Da “I figli delle stelle”, “Stayin’ Alive”, “Per Elisa”,passando per “Gelato al cioccolato”, “Noi ragazzi dioggi”, e per “Bravi ragazzi” e “Just an illusion”. Que-sta colonna sonora anni Settanta fa da sottofondo airacconti di Davide Desario, Storie bastarde (Avaglianoeditore), le cui storie, con atmosfere pasoliniane, sonoambientate nella periferia di Ostia degli anni Settanta.Ma chi sono i protagonisti di Storie bastarde? Sonogiovani, vanno a scuola, giocano a pallone, si innamo-rano, sognano, si drogano, fanno a botte. Sono insegnanti la cui unica e grande soddisfazioneresta incontrare i propri alunni dopo molti anni, sentiredalle loro stesse voci come è proseguita la loro strada.Ma è anche Davide, che nel racconto Lampi di vita, siinnamora a prima vista di Silvia e per parlarle, tutti igiorni, finita la scuola, sceglie di allungare la strada

per farne un pezzo con lei. Si crede innamorato con lavergogna di dichiararsi. Finché decide di cercare il suonumero di telefono sull’elenco per poi digitarlo e at-taccare quando lei non capisce quale Davide lui possaessere. E c’è chi, in Testa o croce, invece di affrontarel’amore si trova costretto a prendere di petto la paurae il rifiuto di fare a botte. Questa è la storia di Alessan-dro che in pineta prende le difese di Giustiniano, unosconosciuto che chiede a un gruppetto di ragazzi dipoter giocare a pallone con loro, ma viene rifiutato.Alessandro cerca di mediare finché uno del gruppo glisputa in faccia con il risultato di fare a botte. Storie bastarde è anche il racconto di un’amiciziaunica, come quella tra Massimo e un suo coetaneo, inSe vuole il cielo. Giocano a calcetto, nella stessa squa-dra. Sono gli unici a non avere i genitori ad accompa-gnarli agli allenamenti né a farsi vedere alle partite.Così spesso va a finire che tra quelli più bravi di loro

e tra i raccomandati i due restano in panchina. MaMassimo è uno ottimista, di quelli che sognano adocchi aperti e che riescono a far sognare anche gliamici. Quando il suo amico è costretto ad interromperegli allenamenti per lo studio Massimo decide di fer-marsi anche lui, ma non si abbatte: “Vedrai – dice al-l’amico - giocheremo in due squadre diverse, ma poici ritroveremo tutti e due nella Lazio”. Appena un annodopo Massimo muore ammazzato da un cornicionekiller. La bellezza delle pagine di Desario sta nel riprodurreatmosfere reali della periferia romana con quel saporecrudo e a tratti dolceamaro della realtà che gli è appar-tenuta.

Storie bastarde di Davide DesarioAvagliano editore prefazione di Giancarlo De Cataldo

più donne in par-time: un dato che naSconde lo SFruttamento

Storie bastarde di generazioni di periferia

il Sapore crudo della realtà cittadina

Foto Tano D’Amico