il seme dell’universo donato a gaia dall’amoreuniversale

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Il Seme dell’Universo

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Donato a Gaia dall’amore Universale

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volume due

La battaglia degli dei

Avanza con un clic

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Cosa ci nasconde ancora la nostra Terra?

Resti di antichi templi di antiche civiltà, bisogna ancora cercare e soprattutto esaminare ogni tipo di testimonianza,

ogni tipo di documento per comprendere la nostra natura. Molti uomini del passato hanno raccontato di terre

fantastiche, di civiltà oggettivamente e culturalmente avanzate, ma poco rimane

a noi di questo..Bisogna far chiarezza e soprattutto far luce ad antichi misteri che avvolgono

l’umanità da tantissimo tempo.

Di seguito, una testimonianza di quando abitatori evoluti di altri mondi, si

manifestavano liberamente ai popoli primitivi terrestri.

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Seguito del volume uno

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Guerre nell'Universo

• I testi antichi trattano tutti di battaglie tra gli dei. Gli "dei" sconfitti fuggono a bordo di un veicolo spaziale per rifugiarsi su un azzurro pianeta: il nostro. Quante sono le stelle circondate da pianeti sui quali fiorisce una vita intelligente? • Dove ebbe origine, per la prima volta, la vita? L'ipotesi di Lord Kelvin • Intelligenze aliene simili all’"Uomo sapiens"? I cosmonauti extraterrestri avevano una tecnologia più progredita di quella che noi possediamo oggi • Evidenti prove di una progettazione razionale nel sistema di gallerie sudamericane Il mito della creazione è in realtà uno solo per tutti i popoli. Alcuni scienziati americani credono nella possibilità di stabilire una comunicazione con intelligenze extraterrestri. La religione come "compenso".

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Quasi trent'anni fa in un'aula della scuola elementare di Sciaffu-sa, ancora bambino udii, per bocca dell'inse gnante di religione, raccontare della grande battaglia avvenuta, in un tempo incre-

dibilmente lontano, tra le schie re celesti.

Frequentavo la seconda elementare, ma ricordo ancora perfetta-mente la vivace descrizione della scena: l'arcangelo Lucifero si

era un giorno presentato davanti a Dio, il Signore supremo, dichi-arandogli: "Noi non intendiamo più servirti!"; tutta una

parte degli angeli si ribellava.

Dio allora ordinò al forte arcan gelo Michele di annientare Lucife-ro e gli altri angeli ribelli con la Spada di Fuoco. La leggenda,

cosi presentata, non poteva non apparire suggestiva. Oggi, dopo aver studiato a fondo i testi biblici, so che i primi libri dell'Antico

Testamento non fanno affatto parola di Lucifero.

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Lo stesso nome costituisce un'incongruenza: se si ammette che la leggendaria figura di Mosè riassuma e sim boleggi il gruppo di autori che hanno steso i primi libri della Bibbia, e se la data pre-sumibile per questa stesura è il 1200 a.C. circa, non è assoluta-

mente possibile che nel contesto si ritrovi un nome di chiara derivazione la tina.

Lucifero deriva da lux e levo e dunque significa Co lui che porta la luce; non può non sembrare curioso che la tradizione cristiana abbia accettato per indicare il dia volo briccone e tentatore pro-

prio un nome tanto splen dente e, diciamolo pure, allettante.

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Nella Bibbia non mancano però altri cenni a una bat taglia svol-tasi nei cieli. Nel Libro di Isaia (la cui figura può essere collocata

tra il 750 e il 700 a.C.) si leggono varie profezie e de scrizioni dettagliate di avvenimenti storici.

Tra i 66 ca pitoli del libro profetico, merita di essere "riletto' il quat tordicesimo; al versetto 12 sta scritto: "Come sei caduto dal cielo, Tu, Stella lucente del Mattino! Come sei pre cipitato sulla Terra, Tu, Vincitore dei Popoli! Avevi detto a te stesso: 'Voglio salire al Cielo, voglio erigere il mio trono sopra le stelle di Dio,

voglio dominare la montagna divina'...

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Anche nel Nuovo Testamento e precisamente nel l'Apocalisse di San Giovanni non mancano accenni a que sta "caduta"; nel dodi-cesimo capitolo, al versetto 7, al cune frasi riportano inequivoca-bilmente della battaglia ce leste: "E scoppiò una guerra nel Cielo, cosicché Michele e i suoi angeli combatterono contro il dragone. E guer reggiarono ferocemente anche il dragone e i suoi angeli;

ma non poterono prevalere e non ci fu più posto per essi nel Cielo''.

 

Di lotte e guerre nel cielo si parla in molti testi delle più antiche civiltà. Nelle cripte dei monasteri tibetani è stato per mil lenni

cu-stodito il Libro di Dzyan, una raccolta di inse gnamenti iniziatici.

Forse il testo originario di questo Li bro non esiste più, ma gli insegnamenti in esso contenuti sono stati copiati, di

generazione in generazione, e inte grati con notizie di tempi più recenti e nuove cognizioni degli iniziati.

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Così come avviene per molti frammenti di autori della nostra classicità, che ci sono conservati sotto forma di citazione da

autori posteriori, anche del Libro di Dzyan si ritrovano frammenti in migliaia di altri testi redatti in sanscrito e gli

studiosi hanno potuto conclu dere che la redazione originale doveva contenere una de scrizione completa dell'evoluzione

dell'uomo (o, se vo gliamo essere più precisi, della specie umana) lungo una vicenda durata vari milioni di anni.

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Nella sesta lassa del Libro si legge questo passo:

"Nel quarto (mondo) venne ordinato ai Figli di creare esseri simi-li a loro stessi. Un terzo dei Figli si rifiutò; due terzi ubbidirono:

la maledizione venne allora pronunciata.

Le Ruote eterne girarono facendo salire ciò che era in basso e cadere ciò che era in alto. Il grembo materno poté così compire

il tutto.

Grandi lotte si ebbero tra il Crea tore e il Distruttore e lotte per lo Spazio; il Seme com parve e comparve ancora, rinnovato.

Fai bene i tuoi cal coli, Lanoo, e saprai qual è la vera età della tua Ruota..."

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Nel Libro dei Morti, o più esattamente, secondo la di zione egizia-na, il Libro dell'uscire di vita, si hanno precisi accenni al compor-

tamento di chi si trova nel mondo dell'Aldilà.

I papiri contenenti questo Libro erano po sti nelle tombe presso i defunti mummificati, quasi una "guida" del regno sconosciuto.

Nel testo si dice che Râ (o Re), il potente dio del Sole, "lotta con-tro i figli ribelli nell'Universo" e, durante la battaglia, non lascia mai l'uovo universale, dono del dio creatore Thoth, da cui emer

se il primo Sole. 

Passiamo a testi classici. Ovidio, il grande poeta latino (43 a.C.-17 d.C.) è noto a noi posteri per la sua Ars amatoria, ritenuta

prototipo dei testi cochon e letta più per questa ragione che per ricercarne gli effettivi va lori d'invenzione poetica.

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Non si deve però dimenticare un'altra sua opera ponderosa: i quindici libri delle Meta morfosi, una sorta di compendio di tutte le narrazioni mitologiche della classicità ellenica e poi romana.

Mi interessa particolarmente citare, in questa selva di bellissimi esametri, la parte che narra di Fetonte (co lui che illumina,

secon-do l'etimologia, che deriva dal gre co). L'audace fanciullo richiese a suo padre, il dio del Sole Elios, di poter guidare, per

un giorno solo, il ful gente carro dell'astro.

Ottenuto il permesso, Fetonte si accinse alla corsa nei cieli, ma non riuscì a reggere lo sfrenato, selvaggio galoppo dei destrieri, che subito si accorsero di essere guidati da una mano inesperta: il gio vane precipitò e il carro proseguì la corsa rovinosa incendi-

ando intere regioni della Terra.

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Nella mitologia greca i dodici figli di Urano (il Cielo) di Gea (la Terra) hanno una parte assai importante: creature spaventose, questi dodici Titani, si vollero oppor re, con la loro forza selvag-gia, all'ordinamento del mondo e insorsero contro Zeus, re di tut-ti gli dei. I Titani assali rono l'Olimpo e furono cacciati da

Zeus che si servì con tro di essi di un'arma micidiale, i fulmini.

Esiodo (vissuto tra l'VIII e il VII secolo a.C.), "collega" greco di Ovi dio e sua probabile fonte per gli argomenti mitologici, nella Teogonia, descrive l'origine degli dei e del mondo e ci racconta

che uno dei Titani, Prometeo, riuscì a ru bare a Zeus una scintilla del fuoco celeste per portarla in dono, forse per vendicarsi, alla

schiatta degli esseri legati a vivere sulla Terra, agli uomini.

L'orgoglioso Titano do veva egli stesso finire legato a un picco roccioso, con il famoso avvoltoio piantato nel fianco, a rodergli il

fegato.

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Zeus, così abile nel punire, non ebbe però vita facile per delimita-re i confini della sua regione di competenza e lunghe

lotte si svolsero tra lui e i suoi fratelli Poseidone e Ade.

Anche se in genere, essendo ai due fratelli rimasti rispettivamen-te il mare e il mondo sotterraneo, a Zeus si

associa il concetto di divinità della Luce, Omero (IX-VIII secolo) descrive il re dell‘-Olimpo come signore delle nubi e del tuono,

un essere litigioso e collerico che interviene contro i suoi avversari con grazia elefan-tina, servendosi del fulmine per

volgere a proprio favore l'esito delle con tese.

Il fulmine come arma invincibile compare anche nelle leggende dei Maori. Anche in questi miti si accenna a una rivolta scoppiata in cielo dopo la quale il dio Tane ha provveduto all'ordinamento

delle stelle.

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La leggenda riporta tutti i nomi dei ribelli che non vollero più seguire Tane e dice chia ramente che il dio è intervenuto con il fulmine per sgo minare gli insorti "precipitandoli sulla Terra".

Da quel momento sulla Terra ci sono sempre state lotte tra uomo e uomo, tra popolo e popolo, tra animale e animale.

Le cose non vanno meglio per il dio Hinuno, nelle saghe degli indiani nordamericani Payute: dopo aver da to inizio a una seces-sione di alcuni dei contro gli altri, vie ne anch'egli precipitato con

i suoi seguaci dal Cielo. L'Accademia Internazionale per gli Studi Sanscriti, con sede a

Mysore, in India, ha recentemente avuto il co raggio di pubblicare un testo del Maharshi Bharadvaja, un vate delle

origini, sostitu-endo molti vocaboli tradizio nali, rimasti immutati nei secoli, con parole appartenenti all'insieme di concetti cui

siamo abituati noi uomini mo derni. Il risultato è sorprendente: le antichissime legg-en de diventano una perfetta relazione tecnica,

quale la si potreb-be leggere in un manuale moderno.

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Con le dovute cautele uso lo stesso procedimento, e sostituisco nei testi finora citati soltanto la parola "cie lo" con la parola

"cosmo" annettendo a quest'ultima il va lore che adesso siamo abituati ad attribuirle; le leggende i miti riguardanti le lotte

degli dèi del cielo, diventano in un sol colpo relazioni su gigantesche battaglie svoltesi nel cosmo tra due fazioni

nemiche. Ulteriori indizi di un valore "storico" dei racconti leg gendari vengono ancora dalla Bibbia.

Helen Petrovna Blavatskij (1831 - 1891), che fon dò nel 1875 a Londra la Società Teosofica, scriveva nel suo massiccio trattato in sei volumi Die Geheimlehre [La Dottrina segreta] pubblicato

nel 1888: "Uno dei nomi che sono attribuiti al Jahvé ebraico, Sabaoth, interpretato come 'Signore degli eserciti' (Tsabaoth), appartiene alla tradizione dei Sabei (o Tsabei) della Caldea e ha come radice la parola tsab che significa 'carro', 'nave' con il suf

fisso che indica 'armata'.

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Sabaoth significa quindi letteral mente 'armata della nave' o 'del-le navi', cioè 'equipaggio' anche 'squadriglia di navi'."

Personalmente ritengo che alla "creazione" abbiano partecipato più "divinità"; e penso sia alla "creazione" della Terra sia a

quella dell'Uomo. 

Il mito della creazione contenuto nel Popol Vuh, il poema che costituisce la Teogonia dei Maya-Quiché dice:

"Si narra che quelli furono creati e modellati; essi non avevano madri, non padri, e furono chiamati uomini. Non nacquero da

donna, non furono concepiti da creatori plasmatori, né da Alom, né da Caholom: con un mira colo, con una potente magia, essi

furono creati e for mati..."

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Il popolo Maya, la cui improvvisa entrata nella Sto ria ufficiale è fissata approssimativamente qualche secolo dopo l'inizio nella

nostra era, viveva in un primo tempo nella foresta vergine, ucci-deva la selvaggina con armi ru dimentali, era cioè ben lontano

dalla "civiltà".

Le menti di questi indigeni d'America non erano ancora state toc cate dalla scintilla di un complesso di conoscenze più elevate.

Ma, inspiegabilmente, i miti del Popol Vuh, anche se ci sono stati conservati in una redazione assai più tarda, risalgono proprio a

questo periodo di grigia preistoria.

Sembra davvero strano che immagini che hanno della for mula rituale, come: "... non avevano madri, non padri... non nacquero da donna... con un miracolo, con una po tente magia, essi furono creati e formati..." possano es sere state "inventate da genti che

vivevano ancora il proprio Paleolitico.

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L'insieme di questi dati sembra assai contraddittorio e, sì, dicia-molo pure, pazzesco! Non torna il conto se queste testimonianze

vengono calate nella matrice di pen siero cui siamo abituati ad attenerci.

 Ma è forse possibile tentare di dare un nuovo corso, almeno

sotto forma ipotetica, a tutte le varie teorie che interpretano i miti e a quelle che tentano di darci una spiegazione delle nostre

origini.

Supponiamo che davvero ci siano state titaniche bat taglie nel cosmo; certamente, come in ogni guerra, anche allora ci devono

esser stati vincitori e vinti.

I primi po terono rimanere incontestati sul loro pianeta; i secondi dovettero fuggire.

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Costretti a dirigersi il più velocemente possibile verso un altro pi-aneta, essi si servirono di una delle navi spaziali rimaste

intatte dopo la battaglia.

Come sappiamo, in un veicolo spaziale le riserve di energia e i mezzi di sostentamento sono calcolati in modo da essere suffici-

enti per un tempo che comunque è limitato.

Il vincitore poté disporre di questo tempo, relativamente breve, per annientare il nemico mentre il vinto, allon tanandosi a veloci-

tà enormemente grande, ebbe la possi bilità di sfruttare la dilata-zione del tempo.

Non si trat ta di ipotesi fantastiche poiché il fenomeno è dimostr-ato scientificamente: in un veicolo spaziale che si muove a velo-

cità di poco inferiore a quella della luce, il tempo pas sa più lenta-mente che sul pianeta da cui la nave è partita.

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Il vincitore della grande battaglia non vuole che al cuno dei vinti sopravviva: fortunosamente soltanto una coppia dei perseguitati riesce a raggiungere una meta si cura dove può dare origine a di-

scendenti e formare un popolo che, prima o poi, si occuperà della vendetta.

La coppia dei fuggitivi dispone di conoscenze scientifiche e in particolare padroneggia la biologia molecolare al pun to da poter intervenire sulla vita primitiva del pianeta cui si stanno avvici-

nando, mutandone l'andamento evoluti vo.

In gara con il tempo i vinti giungono sul terzo pia neta del Sole, la nostra Terra, lontana 28.000 anni luce dal centro della

Galassia.

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È possibile che le cose si siano svolte realmente così?

La Terra è stata il porto d'attracco dei vinti di una battaglia cosmica lontanissima nel tempo?

Se vogliamo dare una certa solidità alle basi di que sta teoria dobbiamo ammettere che la patria degli esuli sia stata in

qualche modo simile, nelle caratteristiche es senziali, alla Terra: in parti-colare il lontano pianeta avreb be dovuto avere una

distanza dal proprio sole non troppo diversa da quella esistente tra la Terra e il nostro; di mensioni e quindi forza gravitazionale

anch'esse simili a quelle della Terra e naturalmente anche la sua atmosfe ra avrebbe dovuto essere, come la nostra, ricca di

ossigeno.

Come si vede si tratta di fare un calcolo statistico.

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In fraterna amiciziaa cura di:

Volume duedi sette

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