il riformista - coronavirus in procura la caccia all ......re un passo indietro per farne due...

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Direttore Piero Sansonetti Mercoledì 15 aprile 2020 · Anno 2° numero 75 · 2,00 · www.ilriformista.it · Quotidiano · ISSN 2704-6885 Redazione e amministrazione via di Pallacorda 7 – Roma – Tel. 06 32876214 Sped. Abb. Post., Art. 1, Legge 46/04 del 27/02/2004 – Roma € 2,00 in Italia solo per gli acquirenti edicola e fino ad esaurimento copie 9 772704 688006 00415 Porti chiusi La rabbia di Renzi: “Salvate i profughi!” Aldo Torchiaro e Enza Bruno Bossio a pagina 6 P erquisizioni a tappeto al Pio Albergo Trivulzio, a Cesano Boscone e in altri tre centri di assi- stenza agli anziani della Lombardia. Sono arrivate le auto della Finanza, mandate dai Pm, e hanno sequestrato tutto. Si cercano gli untori. Chiamiamoli così, per semplicità, visto che il reato che viene loro contestato è molto simile a quello per il quale, nel Seicento - ce lo rac- conta Manzoni - furono passati alla ruota della tortura e poi uccisi e poi esposti al ludibrio pubbli- co diversi chimici, e farmacisti e calzolai che erano stati beccati mentre diffondevano la peste. Il reato, oggi, si chiama “epidemia colposa”, non si sa bene da quanto tempo esista nel nostro codice penale e perché nessuno abbia mai pensato a cancellarlo. È un reato che potrebbe essere accosta- to a quello di jattura. E non escluderei che, adoperando la dottrina Caselli-Ingroia, e associando il reato di epidemia all’articolo 110 del codice penale, possa nascere il reato di concorso esterno in epidemia colposa. È molto probabile che succederà. Ormai stiamo diventando un Paese nel quale non esiste problema, piccolo o gigantesco, che non venga affidato, per la soluzione, alla magistra- tura. La quale non si lascia pregare, fa la faccia seria e interviene immediatamente anche dove non ci capisce niente di niente. Stavolta nemmeno glielo puoi far pesare di non capirci niente, perché nessuno ci capisce niente. Nessuno sa niente di questo virus. E il reato è quello: non ne sai niente, quindi hai diffuso il contagio. Poi dietro c’è come sempre un obiettivo politico. Stavolta l’obiettivo, al momento, è il presidente della Lombardia, Fontana. Vogliono la sua pelle. Poi si muoveranno al- tri magistrati e troveranno altri obiettivi politici. Anche opposti. Voi vi stupite? Non vi ricordate che per il terremoto dell’Aquila furono mandati sotto processo fior di scienziati colpevoli di non aver- lo previsto? Dagli, dagli, dagli all’untore. Prèndilo, scànnalo. Oh povero Manzoni, inutile scrittore. Altoprati e Cimini a pagina 5 Piero Sansonetti L Italia è già commissariata. A decidere del futuro sanitario ed economico di tutti noi ci sono commissioni per ogni palato: c’è il comitato tecnico-scientifico che si occupa di supportare la Protezione Civile su questioni di carattere epidemiologico; c’è il commissario straordinario per l’emergenza Borrelli, che si oc- cupa di coordinare e organizzare il lavoro della S i parla troppo spesso di un nuovo piano Marshall, dimenticando le politiche neo- liberiste che l’hanno duramente accom- pagnato. Sarebbe meglio riferirsi al New deal di Roosevelt dopo la crisi del ’29. In una contesa che non è mai del tutto vinta né del tutto per- sa ci sono però dei passaggi stretti, molto inci- denti sulla prospettiva. Questo sugli Eurobond La troika è gia qui: Colao, Borrelli, Arcuri Cara Europa, ora ti servirebbe Roosevelt Deborah Bergamini Fausto Bertinotti Protezione Civile; c’è l’altro commissario straor- dinario per l’emergenza, Domenico Arcuri, che si occupa dell’approvvigionamento delle forniture sanitarie; e da ultimo c’è Vittorio Colao, chiama- to a guidare la task force che si occuperà di im- maginare, insieme ad altri, la cosiddetta fase 2, e cioè la ricostruzione economica del Paese dopo la guerra al virus. Ecco fatto: la troika è già qui. è uno di questi. L’Eurogruppo, i governi europei avrebbero già dovuto decidere, siamo ancora invece nel guado, ma purtroppo l’esito è pres- soché pregiudicato. Il rinvio sugli Eurobond ha una pesante palla di piombo al piede che dà un forte potere di decisione al fronte neoconserva- tore. E dell’accordo sul Mes conosciamo la sua pessima storia e l’incertezza del suo uso utilizzo. a pagina 11 a pagina 2 LA CACCIA ALL’UNTORE È PARTITA (POVERO MANZONI...) Coronavirus in Procura

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  • Direttore Piero SansonettiMercoledì 15 aprile 2020 · Anno 2° numero 75 · € 2,00 · www.ilriformista.it · Quotidiano · ISSN 2704-6885

    Redazione e amministrazionevia di Pallacorda 7 – Roma – Tel. 06 32876214Sped. Abb. Post., Art. 1, Legge 46/04 del 27/02/2004 – Roma

    € 2,00 in Italiasolo per gli acquirenti edicolae fi no ad esaurimento copie

    9 772704 688006

    00415

    Porti chiusi

    La rabbia di Renzi: “Salvate i profughi!”Aldo Torchiaro e Enza Bruno Bossio a pagina 6

    Perquisizioni a tappeto al Pio Albergo Trivulzio, a Cesano Boscone e in altri tre centri di assi-stenza agli anziani della Lombardia. Sono arrivate le auto della Finanza, mandate dai Pm, e hanno sequestrato tutto. Si cercano gli untori. Chiamiamoli così, per semplicità, visto che il reato che viene loro contestato è molto simile a quello per il quale, nel Seicento - ce lo rac-

    conta Manzoni - furono passati alla ruota della tortura e poi uccisi e poi esposti al ludibrio pubbli-co diversi chimici, e farmacisti e calzolai che erano stati beccati mentre diffondevano la peste. Il reato, oggi, si chiama “epidemia colposa”, non si sa bene da quanto tempo esista nel nostro codice penale e perché nessuno abbia mai pensato a cancellarlo. È un reato che potrebbe essere accosta-to a quello di jattura. E non escluderei che, adoperando la dottrina Caselli-Ingroia, e associando il reato di epidemia all’articolo 110 del codice penale, possa nascere il reato di concorso esterno in epidemia colposa. È molto probabile che succederà. Ormai stiamo diventando un Paese nel quale non esiste problema, piccolo o gigantesco, che non venga affi dato, per la soluzione, alla magistra-tura. La quale non si lascia pregare, fa la faccia seria e interviene immediatamente anche dove non ci capisce niente di niente. Stavolta nemmeno glielo puoi far pesare di non capirci niente, perché nessuno ci capisce niente. Nessuno sa niente di questo virus. E il reato è quello: non ne sai niente, quindi hai diffuso il contagio. Poi dietro c’è come sempre un obiettivo politico. Stavolta l’obiettivo, al momento, è il presidente della Lombardia, Fontana. Vogliono la sua pelle. Poi si muoveranno al-tri magistrati e troveranno altri obiettivi politici. Anche opposti. Voi vi stupite? Non vi ricordate che per il terremoto dell’Aquila furono mandati sotto processo fi or di scienziati colpevoli di non aver-lo previsto? Dagli, dagli, dagli all’untore. Prèndilo, scànnalo. Oh povero Manzoni, inutile scrittore.

    Altoprati e Cimini a pagina 5

    Piero Sansonetti

    L’Italia è già commissariata. A decidere del futuro sanitario ed economico di tutti noi ci sono commissioni per ogni palato: c’è il comitato tecnico-scientifico che si occupa di supportare la Protezione Civile su questioni di carattere epidemiologico; c’è il commissario straordinario per l’emergenza Borrelli, che si oc-cupa di coordinare e organizzare il lavoro della

    Si parla troppo spesso di un nuovo piano Marshall, dimenticando le politiche neo-liberiste che l’hanno duramente accom-pagnato. Sarebbe meglio riferirsi al New deal di Roosevelt dopo la crisi del ’29. In una contesa che non è mai del tutto vinta né del tutto per-sa ci sono però dei passaggi stretti, molto inci-denti sulla prospettiva. Questo sugli Eurobond

    La troika è gia qui:Colao, Borrelli, Arcuri

    Cara Europa, orati servirebbe Roosevelt

    Deborah Bergamini Fausto BertinottiProtezione Civile; c’è l’altro commissario straor-dinario per l’emergenza, Domenico Arcuri, che si occupa dell’approvvigionamento delle forniture sanitarie; e da ultimo c’è Vittorio Colao, chiama-to a guidare la task force che si occuperà di im-maginare, insieme ad altri, la cosiddetta fase 2, e cioè la ricostruzione economica del Paese dopo la guerra al virus. Ecco fatto: la troika è già qui.

    è uno di questi. L’Eurogruppo, i governi europei avrebbero già dovuto decidere, siamo ancora invece nel guado, ma purtroppo l’esito è pres-soché pregiudicato. Il rinvio sugli Eurobond ha una pesante palla di piombo al piede che dà un forte potere di decisione al fronte neoconserva-tore. E dell’accordo sul Mes conosciamo la sua pessima storia e l’incertezza del suo uso utilizzo.

    a pagina 11 a pagina 2

    LA CACCIAALL’UNTOREÈ PARTITA(POVEROMANZONI...)

    Coronavirus in Procura

  • 2 Mercoledì 15 aprile 2020

    “La montagna ha partorito il to-polino”, si dice in genere, in oc-casioni come queste, quando un appuntamento importante

    dà luogo a un risultato deludente. Rispet-to alle recenti decisioni dell’Eurogruppo, penso che sia una formula inadeguata e fuorviante, perché oscura cos’era e ancora cos’è la posta in gioco di queste decisioni. Essa si può riassumere in questo frangente in una questione che illustra tutte le altre e che decide su quali strade scelga l’Europa per l’uscita dalla crisi prodotta dal Corona-virus, a partire dalla risposta da dare alla dura recessione già annunciata. La que-stione sono gli Eurobond: la cruna dell’a-go attraverso la quale si può pensare di affrontare la sfi da. Gli Eurobond sarebbero, infatti, la messa in comune tra diversi Pae-si del debito necessario per un programma comune di investimenti per una ripresa qualifi cata. Sarebbero, cioè, l’inizio – solo l’inizio, ma signifi cativo – di un percorso per la messa in comune di una parte di bi-lancio europeo, l’avvio di un cambiamento di rotta rispetto all’Europa reale, imprigio-nata nel modello globale del “fi nanzcapi-talismo”, per dirla con Luciano Gallino, e svuotata dal concerto governativo. La scel-ta avrebbe potuto essere favorita da quel-la già operata dalla Bce, con la temporanea uscita dall’austerity e con la sospensione degli “stupidi” ma ferrei vincoli sul debito dei Paesi membri, e con una politica mo-netaria che, portando a oltre 100 miliar-di l’ombrello europeo sui debiti sovrani dell’Eurozona, mette i singoli Paesi nella possibilità di indebitarsi. La Bce, con una scelta opportuna, ha rive-lato così la forza e il limite strutturale del suo agire, per andare oltre ci vorrebbe la politica. Appunto, l’Europa politica, ma qui è ricascato l’asino. Gli Eurobond dovreb-bero servire a una politica di investimen-ti comuni che, fronteggiando l’emergenza del coronavirus e contrastando la reces-sione, possano gettare le basi, se le scelte politiche di indirizzo di spesa lo sapranno fare, di una svolta nella politica economi-ca per la lotta alle povertà e alle disegua-glianze, per una riconversione ecologica, per un nuovo Stato sociale in scuola, sa-nità e reddito per tutti. Gli Eurobond sono solo l’apertura di una possibilità che do-vrebbe essere qualifi cata da scelte politi-che riformatrici, ma un’apertura decisiva per il futuro europeo. Strategicamente un vantaggio sia per i Paesi del sud dell’Euro-pa, che per la sua potenza mercantilista, la Germania. Cosa vi si oppone? Il fronte neoconser-vatore europeo che ricorre alla demoniz-zazione della mutualizzazione del debito, che si appella all’egoismo degli interessi immediati di chi si considera formica con-tro la cicala, che teme l’insolvenza di qual-cuna di queste ultime e che si fa scudo di un interesse minore, ma immediatissimo. Il debito dell’Eurobond, infatti, paghereb-be un tasso di interesse determinato dal-la media dei Paesi che lo garantiscono, cioè superiore a quello della Germania e dell’Olanda. Non sarebbe molto se non

    EUROBOND A OGNI COSTOL’EUROPA DI FRONTE A UNA SVOLTA DECISIVA

    prestano a conquistare spazi crescenti del mercato mondiale e non solo del merca-to. L’Europa può farvi fronte solo con una svolta nel suo modo di essere, nelle sue politiche economiche, nell’assetto delle sue istituzioni, nella sua vita democrati-ca. Altrimenti, neppure l’Unione europea reggerà. Per andare in questa direzione, per aprire la partita, c’è ora, non domani, il passaggio per la cruna dell’ago, la messa in atto degli Eurobond, l’avvio di un bilan-cio comune, la messa all’ordine del giorno di un piano europeo, di una programma-zione per un diverso modello economico, sociale, ecologico, democratico. Si parla troppo spesso di un nuovo piano Marshall, dimenticando le politiche neo-liberiste che l’hanno duramente accom-pagnato, e che esso venne dall’esterno. Forse, sarebbe meglio, se proprio si vuo-

    In altoFausto Bertinotti

    In bassoSpesso si parla di piano Marshall per aff rontare la crisi post Covid-19. Sbagliato. Il riferimento deve essere il New Deal di Roosevelt

    Quello raggiunto dall’Eurogruppo è stato un pessimo accordo imprigionato nella sua dura costituzione materiale. Serve invece l’avvio di un bilancio comune e la programmazione di un diverso modello economico. Sennò vinceranno i sovranisti

    le trovare un ascendente a ciò che si de-ve fare, riferirsi al New deal di Roosevelt dopo la crisi del ’29. In una contesa che non è mai del tutto vinta né del tutto per-sa ci sono però dei passaggi stretti, mol-to incidenti sulla prospettiva. Questo sugli Eurobond è uno di questi. L’Eurogruppo, i governi europei avrebbero già dovuto decidere, siamo ancora invece nel gua-do, ma purtroppo l’esito è pressoché pre-giudicato. Il rinvio sugli Eurobond ha una pesante palla di piombo al piede che dà un forte potere di decisione al fronte ne-oconservatore. Le altre misure adottate hanno un impatto marginale rispetto al-la gigantesca perdita di reddito prevista nell’anno e hanno una modalità di attua-zione incerta e tempi insicuri. Quello che sta accadendo in Italia sulle provviden-ze del governo, rispetto a chi ne dovreb-be fruire e ne avrebbe già dovuto fruire, ne è una spia drammatica ed evidente. Lo stesso Sure, quello per cassa integrazione e disoccupazione, entrerà in vigore dopo che sarebbe ratifi cato dai 27 Stati. Del Mes, conosciamo la sua pessima storia e l’am-biguità è il limite dell’ultima sua formula-zione, l’incertezza del suo uso. La palla è stata fatta correre nell’inse-guimento del recovery plan, un piano di rilancio proposto dalla Francia, di cui l’ac-cordo dice poco e male. Né si capisce co-me quel che è stato rifiutato ieri possa essere accolto domani, dopo che il fronte degli Stati che si era costituito per ottene-re gli Eurobond si è disunito. La Francia di Macron è tornata a privilegiare il suo asse storico, l’alleanza con la Germania e perfi -no la Spagna del governo delle sinistre si è ritirata dalla contesa. Il governo italiano ha fi n qui mantenuto la richiesta che era quella comune di tutto il fronte, ma è ri-masta isolata e al suo interno si vede af-fi orare la tendenza di accettare “quel che passa il convento”, provando a mitigarne le conseguenze più allarmanti. Il rinvio sulla discussione sul recovery plan non è peraltro neppure neutrale, in-fatti bisognerebbe ora risalire alla cor-rente che ha portato al pessimo accordo dell’eurogruppo in una condizione politi-ca nel rapporto tra gli Stati più diffi cile di quello che lo ha preceduto. È l’Europa re-ale che prende ancora una volta il soprav-vento sull’Europa possibile e ora, alla luce dell’emergenza, persino assolutamente necessaria. Se quest’ultima risultasse sconfitta, bisognerebbe riprendere la ri-flessione sulla struttura dell’Ue, sul suo defi cit democratico, sulle sue forme di go-verno e sulle sue esclusioni. Si allunghe-rebbe, così, certamente, il cammino, ma è inevitabile, dopo una sconfi tta. Se si è dovuto pensare al ricorso agli Eurobond è anche perché la Bce, diversamente dal-la Federal affair e dalla Banca d’Inghilter-ra, non stampa moneta, e perché l’Europa patisce le conseguenze politiche della se-parazione della Banca centrale del Tesoro. Dunque, può essere che sia necessario fa-re un passo indietro per farne due avan-ti, senza dimenticare però che il passo indietro non è una scelta, ma è imposto da una sconfi tta, e che i due passi avan-ti sarebbero tutti da fare e certo non in una condizione politicamente favorevole. Se l’Europa possibile e necessaria, anche in questa occasione, risultasse sconfitta - come purtroppo sembra probabile - bi-sognerà ragionare a fondo anche sulle sue ragioni, sul perché possa darsi una così drammatica contraddizione tra la matu-rità storica di una svolta e la sua negazio-ne nella realtà concreta. Sarà necessario farlo anche per sottrarsi all’occupazione dell’intera scena politica europea di una dialettica regressiva tra i neoconservatori dell’Europa reale e i sovranisti di ogni ge-nere e specie alla ricerca di uno Stato na-zionale sovrano che non c’è mai stato, né può esserci, se non all’interno di un de-terminato e storicamente defi nito confl it-to di classe. Forse allora a un nuovo ciclo di quest’ultimo su scala europea ci si do-vrebbe rivolgere e ci si dovrebbe pensare. © RIPRODUZIONE RISERVATA

    Fausto Bertinotti

    UN NEW DEAL PER RILANCIARE IL PROGETTO DELL’UE

    poggiasse sulla ideologia della continuità dell’Europa reale, eppure essa vacilla e la crisi del virus ne accentua le fragilità e la espone al rischio di un suo disfacimento. È quel che ha avvertito dal fronte interno, Mario Draghi. È quello che ha avvertito an-che una parte importante della stessa so-cietà civile tedesca, da fi losofi e pensatori, quali quelli guidati da Habermas, a varie sinistre interne, al Dgb (il potente sindaca-to tedesco), fi no a fi gure istituzionali come il Presidente del Parlamento. Ma ora, il ri-schio si fa più acuto, dopo il pessimo ac-cordo dell’Eurogruppo, accordo che resta imprigionato nella sua dura costituzione materiale. Ogni Paese dovrà, se le cose re-steranno queste, affrontare l’uscita dall’e-mergenza scoperto, in una contesa che si farà sempre più mondiale. Le grandi po-tenze, la Cina, l’America, la Russia, si ap-

  • 3Mercoledì 15 aprile 2020

    puter e possono seguire le video-le-zioni, e quelli che non possono. Mi lasci aggiungere che sempre Macron è stato cooperativo e solidale con l’I-talia nella trattativa con Bruxelles sui Coronabonds. Vedremo se manter-rà questo atteggiamento il 23 aprile al Consiglio d’Europa.

    La “guerra” al virus non dovrebbe portare alla conclusione che la sa-nità è un fondamentale, vitale be-ne comune?Assolutamente sì. La sanità è stata la-sciata nelle mani non solo del merca-to ma anche delle mafi e che spesso, privati e mafi a, hanno agito di comu-ne accordo per spolpare, sfruttare,

    «Nell’ultimo mese l’im-magine che l’Europa ha dato di sé è di auto-distruzione e di follia.

    Siamo sull’orlo del baratro, ma molti dei leader europei sembrano non ac-corgersene». A sostenerlo è una del-le più autorevoli giornaliste e saggiste francesi: Marcelle Padovani, storica corrispondente in Italia del Nouvel Observateur.

    L’Europa al tempo del Coronavirus. Quale immagine sta dando di sé?Una immagine di autodistruzione e anche di follia. Pensiamo a quel che è successo in Gran Bretagna, con un premier, Boris Johnson, che prima mi-nimizza il pericolo, poi si becca la ma-lattia e successivamente si allinea su posizioni moderate. Qualcuno ma-lignamente potrebbe dire che non ci sarebbe potuto attendere altro da chi ha cavalcato la Brexit... Solo che l’al-larme scatta quando a essere “conta-giata” dal virus “antieuropeista” è la persona che meno te l’aspetti e che, anzi, per lungo tempo è stata vista co-me la paladina dell’Europa...”.

    A chi si riferisce?Alla cancelliera tedesca Angela Mer-kel. Non si tratta di alimentare vec-chi pregiudizi anti-tedeschi, ma certo è che le ultime posizioni assunte dal-la Merkel non vanno certo nel raf-forzamento di una Europa solidale e compatta nell’affrontare una crisi così drammatica e pervasiva. L’unico che si comporta bene, a mio avviso, è il primo ministro spagnolo, Sanchez. Credo che la cosa si spieghi anche col fatto che in Spagna c’è uno Stato che esiste e che permette a chi ha re-sponsabilità di guidare il Paese di po-ter agire, cosa che non è comune a molti altri Stati europei. Ma per resta-re alla metafora della “follia”, abbiamo piccoli Paesi “pazzi”, come l’Ungheria, la Polonia, l’Austria, anche se con alti e bassi, persino l’Olanda che pensava-mo potesse entrare a far parte di que-sto poco nobile consesso.

    E l’Italia? Un Paese che lei conosce benissimo...Un mese fa ho scritto un pezzo lun-ghissimo per il magazine di Nouvel Obs, dal titolo Le laboratoire italien, dove cercavo di raccontare quello che mi aveva sorpreso, in positivo, va-le a dire la straordinaria autodiscipli-na degli italiani. Il “laboratorio” è stato anche un esecutivo capace di prende-re decisioni di interesse generale. Par-lando con varie personalità italiane, provenienti da mondi professionali diversi e da diverse ispirazioni cultu-rali e politiche, è emersa l’immagine degli italiani che nei momenti più dif-fi cili sanno dare il meglio di loro stessi.

    Tutto bene, dunque?Beh, non è proprio così. Un mese do-po da quella pubblicazione, vedo il capo del governo che si lascia anda-re alla polemica, in un contesto istitu-zionale e non, come sarebbe stato del tutto lecito, in una intervista, contro

    i due leader della destra più perico-losa, Matteo Salvini e Giorgia Melo-ni, facendo loro un regalo insperato. In ultima analisi, si può giungere alla conclusione che il “laboratorio italia-no” di fronte alle grandi emergenze può dare il meglio e il peggio di sé.

    E la sua Francia?Emmanuel Macron ha un capita-le di popolarità molto basso, attorno al 30%. Ieri sera (lunedì per chi leg-ge, ndr) ha fatto il suo quarto discor-so presidenziale dall’inizio della crisi sanitaria. Devo dire che pur non es-sendo una sua estimatrice, quel di-scorso mi ha colpito positivamente. Lui che era un uomo bersagliato dai “gilet gialli” e dai lavoratori della sanità e della scuola, ha fatto un discorso di grande umiltà, pieno di volontà di ca-pire, il contrario della sua solita arro-ganza da tecnocrate. In momenti così diffi cili come quelli che stiamo viven-do, un leader politico, uno statista, de-ve mostrare una grande capacità di ascolto e di empatia con l’opinione pubblica. In quel discorso, Macron ha annunciato la prima vera misura in-telligente: la riapertura delle scuole l’11 maggio, che rappresenta un atto di fi -

    ducia nel futuro e, soprattutto, un rifi uto delle discriminazioni tra gli alunni che hanno un com-

    svuotare questo settore, con un gi-ro di affari miliardario. Sulla salute ci vorrebbe una “nazionalizzazione eu-ropea”. Ma le resistenze sono fortissi-me, e tenderanno ad esserle ancora di più oggi, perché c’è chi pensa ed ope-ra per trarre profi tto da questa emer-genza planetaria.

    In questi tempi di pandemia, non c’è il rischio che vada in quarante-na la democrazia?Siamo sempre sull’orlo del baratro, perché il pericolo è sempre in aggua-to. C’è però da dire che la storia in-segna che dal secondo dopoguerra ad oggi, c’è sempre stata, per fortu-na, una reazione positiva dell’Europa ai momenti di maggiore crisi. Finora gli antidemocratici in defi nitiva sono stati sconfi tti. Non dico che si siano dimostrati delle tigri di carta, ma l’Eu-ropa non è stata travolta da un’ondata populista. Semmai, è la nostra debo-lezza che fa la loro forza, perché in sé non ne hanno.

    Da più parti si sente ripetere che nulla sarà più come prima dopo il

    “flagello” del Covid-19. Messa in positivo, cosa potrebbe o dovreb-be cambiare in meglio?Mi auguro che la scoperta dell’e-cologia, della natura, del rispet-to della terra. Emerga con forza da questa crisi, perché ci rendiamo tut-ti conto che si vive meglio senza inquinamento, senza stress lavora-tivo e una corsa sfrenata al profitto.© RIPRODUZIONE RISERVATA

    INTERVISTA A MARCELLE PADOVANI (NOUVEL OBSERVATEUR)

    «SIAMO SULL’ORLO DEL BARATRO, MA I LEADER FANNO FINTA DI NULLA»

    «Il Vecchio Continente sta dando una brutta immagine di sé, in cui prevalgono autodistruzione e follia. Eppure ce la possiamo fare. Nei momenti di crisi abbiamo sempre reagito»

    Umberto De Giovannangeli

    In altoLa giornalista

    francese Marcelle Padovani

    In bassoda sinistra

    Il premier ingleseBoris Johnson,

    la cancelliera tedesca

    Angela Merkel, il presidente

    francese Emmanuel Macron

    e il premier spagnolo

    Pedro Sanchez

    «Bene Conte anche se non doveva attaccare

    Salvini e Meloni durante la conferenza stampa sul covid. Sta facendo bene Macron, che ha messo da parte la sua solita arroganza e sta riaprendo le scuole

    da maggio »

    I governipire, il contrario della sua solita arro-ganza da tecnocrate. In momenti così diffi cili come quelli che stiamo viven-do, un leader politico, uno statista, de-ve mostrare una grande capacità di ascolto e di empatia con l’opinione pubblica. In quel discorso, Macron ha annunciato la prima vera misura in-telligente: la riapertura delle scuole l’11 maggio, che rappresenta un atto di fi -

    ducia nel futuro e, soprattutto, un rifi uto delle discriminazioni tra gli alunni che hanno un com-

  • 4 Mercoledì 15 aprile 2020

    Caro detenuto, pare dire il ministro, anche se hai una condanna lieve, da scontare in pochi mesi, anche se so che (purtroppo) tra poco saresti sta-to completamente libero. Anche se il decreto che sono stato costretto a fi rmare ti consente di andare a casa, agli arresti, ti voglio anche umiliare mettendoti la palla al piede, cioè il braccialetto elettronico.© RIPRODUZIONE RISERVATA

    La polemica dura da giorni e non sem-bra venir meno, anche perché si discu-te di questioni non da poco: la libertà di stampa, la censura, l’uso delle con-

    ferenze stampa istituzionali come propagan-da politica. I fatti. Nella comunicazione di sabato, in cui il capo del governo Giuseppe Conte ha annunciato l’estensione al 4 maggio del lockdown, ha ac-cusato Matteo Salvini e Giorgia Meloni di dire bugie sul Mes e sull’accordo con l’Europa. Non pochi si sono lamentati, non tanto nel meri-to delle accuse, quanto nel metodo: non era quella l’occasione per affi lare le armi contro l’opposizione. La conferenza era stata indet-

    ta per comunicazioni sul Covid e come tale è stata trasmessa da moltissime emittenti: Rai1, Rainews, Skytg24, Tgcom, oltre la diretta face-book. Tra le tv che hanno dato spazio alla co-municazione del presidente del Consiglio (ed è una lista parziale) c’era anche il Tg di La7. Ma a Enrico Mentana un uso così personale della diretta istituzionale non è proprio andato giù ed è sbottato dicendo: se lo avessi saputo, non lo avrei trasmesso. Apriti cielo! Ancora oggi ci sono persone pronte a gridare allo scandalo, non per l’abuso di Conte, ma per l’insofferen-za del direttore di La7. La sua, secondo alcu-ni, sarebbe stata una censura, una violazione della deontologia professionale, una scelta di disinformazione. Ma non è così, è esattamen-te il contrario. Mentana, non è certo questione di oggi, ha sempre fatto un tg molto orientato. Invece di

    far fi nta di fare informazione cosiddetta ogget-tiva, esibisce il punto di vista, lo mette in gioco, si mette in gioco. Uno stile che può piacere o non piacere, ma che ha usato fi n da subito, nei confronti di tutti: destra e sinistra, alti e bassi, grassi e magri. Eppure mai come questa volta è stato subissato di critiche. Come mai? Com-plice molto probabilmente l’emergenza con-tagio, è come se si volesse vedere a tutti costi in Conte il premier perfetto, l’uomo della sal-vezza, colui che ci porterà fuori dalla crisi. In questa visione è vietato protestare, critica-re, sottolineare ciò che non va. La conferenza stampa di venerdì doveva avere una scaletta diversa e la battaglia tra governo e opposizio-ne non doveva esserci. La vicenda crea infatti un precedente pericoloso per il futuro, quan-do forse chi comanderà sarà ancora più forte e l’opposizione più debole. Mentana ha solleva-

    to questa questione e ha fatto del buon giorna-lismo, perché il buon giornalismo non fa mai da cassa di risonanza del potere. È il suo ca-ne da guardia, è il suo pungolo. Come ha det-to lo stesso direttore dell’informazione di La7 bastava fare un post su facebook, oppure un vecchio e ormai obsoleto comunicato. Ma così Conte non ha fatto ed è dovere di chi fa infor-mazione non farsi trascinare, non farsi usare. Quello che avrebbe voluto dire a Salvini e Me-loni, il premier lo avrebbe potuto far sapere in mille altri modi. Quello che invece è più diffi -cile da fare è arginare la messa in discussione delle istituzioni, il loro decadimento. Cose di poca importanza? Lo vedremo quando invece di Conte che piace tanto, ci sarà qualcuno che non è apprezzato allo stesso modo dall’attuale maggioranza. Scommettiamo? © RIPRODUZIONE RISERVATA

    “Cara Cedu ti scrivo”. O ti offro braccialetti elet-tronici? Ieri mattina alle nove e cinquanta, die-

    ci minuti prima che scadessero i termini concessi dalla Corte Euro-pea dei Diritti dell’Uomo, il ministro di Giustizia italiano. Alfonso Bona-fede, ha spedito la lettera di spiega-zioni su come intende risolvere il problema di un detenuto di Vicenza costretto alla convivenza in una cel-la molto piccola che gli impedisce di mantenere la distanza che lo sal-vaguardi dal pericolo di contagio da Covid-19. Ma, poiché il sovraffolla-mento delle carceri italiane è cronico e diffi cilmente risolvibile se non con provvedimenti di amnistia e indulto o quanto meno con molte scarcera-zioni di coloro che sono in fi ne pena, la Cedu vuol sapere come il Guarda-sigilli intenda affrontare il problema del distanziamento fi sico tra detenuti. Oppure dell’apertura di porte e por-toni in modo da ridur-re drasticamente il numero dei prigionieri e di conseguen-za aumen-tare gli spazi

    vitali negli istituti di pena.Non sappiamo cosa ha scritto Bo-nafede nella risposta alla Cedu, per-ché il ministro non ha voluto rendere pubblica la sua risposta. Evidente-mente lui non considera il problema delle carceri un problema politico da discutere pubblicamente. Il Coronavirus abita ormai il mondo intero, e la gran parte degli Stati si è premurata di evitare che l’epidemia faccia strage all’interno delle carce-ri. Si sono aperti i cancelli delle pri-gioni in Francia e negli Stati Uniti, ma anche in Marocco piuttosto che nello Zimbawe, con provvedimenti anche di grazia o di amnistia. Ieri persino il regime di Erdogan ha battuto in de-mocrazia il governo Conte, e anche le nostre Camere. Il Parlamento turco ha infatti votato a larga maggioranza un disegno di legge che tra amnistia e libertà condizionata scarcera 90.000 detenuti. Solo chi è stato condanna-to per i reati più gravi, come quelli di terrorismo (in cui purtroppo rientra-no i dissidenti politici), droga, omici-dio o violenza sessuale sarà escluso dal provvedimento. Che è stato volu-to dallo stesso Erdogan come misu-ra per affrontare il Coronovirus, che in Turchia ha raggiunto 60.000 per-sone e ne ha uccise 1.296, e impedir-ne la diffusione nelle carceri, dove si contano già 17 persone infettate e tre

    decedute. Mi fi do di voi, ha detto il presidente nell’aprire le porte.Una preoccupazione che non pare turbare i sonni di Alfonso Bonafe-de. Avremo 4.700 braccialetti elet-tronici in più, ha annunciato serafi co e festante due giorni fa, dopo che il commissario Arcuri si era preoc-cupato di stipulare un contratto con Fastweb, visto che il governo Con-te vuole gli uomini o prigionieri in-tramurari o a casa ma con la palla al piede. E si devono ringraziare sol-tanto i tribunali di sorveglianza se in questo momento nelle carceri italia-ne ci sono “solo” diecimila detenuti in eccesso rispetto alla capienza. A nulla sono valse finora le accorate e ripetute parole di papa Francesco e neanche l’appello del Procuratore generale di Roma Salvi perché si ap-

    plichino le leggi che consentirebbero di dare un po’ di respiro e di spazio a tutti coloro che lavorano o che so-no reclusi all’interno degli istituti di pena. Né sono stati suffi cienti i qua-ranta contagiati né i morti, sia tra i detenuti che tra gli agenti e i medici penitenziari. Bonafede pare impassi-bile, mai una goccia di sudore è sta-ta vista attraversare la sua fronte, né una ruga gliela ha fatta aggrottare per la preoccupazione delle condizioni di salute del popolo delle carceri. Persi-no il timido decreto Cura Italia del 17 marzo, che peraltro era solo una mo-desta rimasticatura di provvedimenti precedenti, ha sortito effetto alcuno. Per la questione della palla al piede.

    CARCERI: BONAFEDERISPONDE IN SEGRETOALL’EUROPA

    Ieri è fi nito il tempo concesso dalla Cedu. Il ministro ha risposto alla Corte con una mail top-secret spedita 10 minuti prima della scadenza

    “Se avessi saputo che il premier usava la conferenza stampa per attaccare Salvini e Meloni non lo avrei trasmesso”: così il direttore del tg di La7, accusato di censura. Polemica che continua

    VIRUS E SOVRAFFOLLAMENTO

    Tiziana Maiolo

    Angela Azzaro

    Mentana antilibertario?No, su Conte ha ragione

    In altoIl ministro Alfonso BonafedeIn bassoEnrico Mentana

    Il ragionamento del Guardasigilli è chiaro: caro detenuto, se sono costretto a scarcerarti

    ti lascio la palla al piede perché se esci

    devo umiliarti

  • 5Mercoledì 15 aprile 2020

    Gli anni passano, i governi an-che, ma in Procura a Milano a fronteggiare la “malasanità” c’è sempre lei: Tiziana Sici-

    liano. Nominata nel 2017 procurato-re aggiunto, lo scorso anno candidata non eletta al Csm come indipendente nella lista progressista Area, da alme-no due decenni è in prima linea nel-la battaglia contro i presunti illeciti nel sistema sanitario lombardo.Ieri mattina ha ordinato la maxi per-quisizione al Pio Albergo Trivulzio e ad altre Rsa milanesi al fi ne di accerta-re eventuali carenze nei protocolli in-terni e nei dispositivi di sicurezza che avrebbero determinato un impenna-ta di morti per Covid-19 fra i degenti nell’ultimo mese. Il direttore genera-le del Pio Albergo Trivulzio, Giuseppe Calicchio, è già iscritto nel registro de-gli indagati dalla scorsa settimana per epidemia colposa e omicidio colposo.Nel mirino di Tiziana Siciliano non è tanto Calicchio ma la giunta regiona-le guidata dal leghista Attilio Fontana, fi rmataria della delibera dell’8 marzo con cui chiedeva alle Rsa lombarde,

    se avessero potuto, di accogliere pa-zienti ex Covid-19 dimessi dagli ospe-dali per liberare posti letto in terapia intensiva e sub intensiva. Posti neces-sari per fronteggiare il grande affl usso di malati in quei giorni.All’invito della Regione, oltre al Trivul-zio, avevano aderito 14 strutture sulle 700 presenti in Lombardia.La Regione aveva chiesto, come più volte ricordato dall’assessore alla sa-nità Giulio Gallera (FI), di ospitare pazienti solo in presenza di padiglio-ni separati e con personale dedica-to. I sindacati, da sempre molto attivi al Trivulzio, avevano invece fatto no-tare che non erano stati predisposti protocolli adeguati per fronteggiare l’emergenza. All’inizio del mese, in particolare, scarseggiavano masche-rine e dotazioni di protezione. Accuse respinte da 90 medici della struttura che in una lettera aperta hanno di-chiarato che le mascherine erano sta-te distribuite al personale fi n dal 23 febbraio. La “Baggina”, come viene chiamata a Milano la storica casa di riposo, è una delle residenze per anziani più grandi d’Europa. Prima che la pandemia col-pisse duramente, i suoi ospiti erano

    MAXI PERQUISIZIONE AL TRIVULZIOSIAMO ALLE SOLITE: SMANIA DI MANETTE

    La procura in questi anni ha passato ai raggi X tutti i principali ospedali privati. La prima grande inchiesta è del 2003 nei confronti del gruppo San Donato, fi nita poi nel nulla. Oggi il direttore del Pio Albergo è accusato di epidemia colposa

    A CAPO DELL’OPERAZIONE LA PM TIZIANA SICILIANO

    Giovanni Altoprati

    Come e anzi più che in altre tappe dell’infi nita emergen-za italiana, l’aspetto penale nella tragica vicenda del co-

    ronavirus è sicuramente quello me-no interessante e importante. Intanto perché distoglie l’attenzione genera-le dalle responsabilità politiche dan-do una mano a chi teorizza che “non è questo il momento delle polemi-che” come se ne esistesse uno pre-defi nito deciso non si sa da chi.A questo livello il ruolo dei giornali e dei tg appare fondamentale in ne-gativo, perché come al solito le iscri-zioni al registro degli indagati, le acquisizioni di documenti, per non parlare delle intercettazioni audio, vengono enfatizzate e il direttore ge-nerale del Pio Albergo Trivulzio in-sieme ad altri amministratori di case

    di riposo viene in pratica presentato come già colpevole.Insomma il classico capro espiato-rio all’italiana. E prima molto pri-ma che sia individuato il nesso di causalità tra i comportamenti degli amministratori e i decessi. Le impu-tazioni di epidemia colposa e omici-dio colposo non sembrano facili da supportare.E l’enfatizzare oltre misura l’aspet-to giudiziario blocca la discussione sulle responsabilità politiche molto ,diverse da quelle penali perché ov-viamente c’è chi “ciurla nel manico” sostenendo che bisogna attendere i risultati delle inchieste che arrive-ranno tra anni.Le inchieste intendiamoci sono do-verose ma non risolvono mai i pro-blemi. Va registrato poi che stiamo assistendo al solito protagonismo della magistratura, con procurato-ri della Repubblica e ex procuratori

    formalmente in pensione ma in ser-vizio permanente effettivo che scri-vono in prima pagina per mettere sul tavolo le loro pesantissime opinioni su decreti e decretini. Tanto per non fare nomi: Greco, Melillo e dulcis in fundo Caselli. Caselli chiama in cau-sa addirittura la Germania che non farebbe a suo parere “la lotta alla ma-fi a perché interessata a ricevere i fi -nanziamenti della ‘ndrangheta”. Cioè se non fosse in pensione, Caselli, par di capire avrebbe indagato la Merkel per concorso esterno in associazio-ne mafi osa...Nel quadro generale va considera-to che la politica appare sempre più debole e meno credibile. Da un lato perché governando a botta di decreti il Parlamento sembra praticamente inutile. Dall’altro lato è stata costi-tuita l’immancabile task force pie-na di economisti e manager, peraltro espressione del capitalismo finan-

    ziario. I cosiddetti tecnici che fini-scono per sostituirsi alla politica la cui opera di mediazione scompare del tutto.Poi c’è la politica che grida denun-ciando, a parole senza fatti, i rischi di infiltrazione della criminalità orga-nizzata approfi ttando delle diffi coltà delle imprese causa coronavirus. E la politica che è stata incapace di con-trastare i focolai del virus attacca con toni roboanti i pericoli derivanti da “focolai di gruppi estremisti pronti a soffi are sul fuoco del disagio sociale”.Per cui le parole del ministro dell’In-terno Lamorgiese hanno prodotto l’attacco con gli idranti a una cin-quantina di persone che con le ma-scherine sul volto e a debita distanza tra loro rendevano l’estremo saluto a Salvatore Ricciardi, ex Br morto a 80 anni in seguito a una caduta nel ten-tativo di sistemare uno striscione a favore dei detenuti.

    Questo mentre si continua a non sa-pere nulla di 15 reclusi deceduti du-rante le rivolte di marzo e delle botte da orbi con cui sarebbero stati tratta-ti i sopravvissuti delle proteste. L’agi-tare ancora una volta il fantasma del passato a oltre quarant’anni dal ten-tativo fallito di rivoluzione è la cilie-gina velenosa su una torta sempre più indigesta. Intanto mancano sempre i braccia-letti elettronici che sarebbero servi-ti a mandare a casa un po’ di reclusi per decongestionare le carceri e non si vede l’ombra di provvedimenti adeguati allo scopo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

    MAGISTRATI, EX MAGISTRATI, REATI FANTASIOSI, GOGNE:SEMPRE LORO ALLA RIBALTA

    Frank Cimini

    Che cos’è l’epidemia colposa? È giusto linciare degli amministratori prima di avere un fi lo di indizio su eventuali loro colpe? Cambieremo mai?

    A sinistraIl magistrato Gian Carlo Caselli

    In altoTiziana Siciliano

    circa mille. La struttura è retta da un Comitato d’indirizzo che ha sostituito il precedente Consiglio d’amministra-zione. Cinque i componenti: tre nomi-nati dal Comune e due dalla Regione. Il sindaco di Milano provvede alla no-mina del presidente e dà l’intesa per la scelta del direttore generale. Repubblica ed il Fatto Quotidiano fanno apertamente il tifo per la Pro-cura sperando che questa sia la volta buona per dare, Comune di Milano a parte, il colpo di grazia all’amministra-zione di centrodestra che governa la Regione da oltre un quarto di secolo e che proprio sulla sanità ha creato gran parte del proprio consenso. 165.000 i non residenti che lo scorso anno sono andati in Lombardia dalle altre Regio-ni italiane per farsi curare.Di diverso avviso la Procura che in questi anni ha passato ai raggi X tutti i principali ospedali privati: San Raffa-ele, San Carlo, San Donato, Sant’Am-brogio, San Giuseppe, Santa Rita e San Pio X. Ad indagare, oltre a Tiziana Si-ciliano come detto, Grazia Pradella, ora aggiunto ad Imperia e Sandro Rai-mondi, attuale procuratore di Tren-to. La prima maxi inchiesta partì nel 2003. Vennero sequestrate 8 milioni

    di carte cliniche. L’accusa principale era quella di aver falsifi cato le cartel-le per ottenere rimborsi non dovuti. Fra gli allora indagati eccellenti Giu-seppe Rotelli, proprietario di un impe-ro ora presieduto dall’ ex promessa di Forza Italia Angelino Alfano. 18 ospe-dali, 16.000 dipendenti, oltre 5000 po-sti letto, un miliardo e sessantacinque milioni di euro il fatturato, i numeri del gruppo San Donato. L’inchiesta aperta nel 2009 con grande clamore media-tico è fi nità però in nulla. Dopo anni di indagini, decine di consulenti tecnici, fu la stessa Procura a chiedere l’archi-viazione del procedimento che aveva fatto fi nire sul registro degli indagati una settantina di persone, tra ammi-nistratori e medici, accusate di falso e truffa ai danni del servizio sanita-rio nazionale per avere gonfiato, tra il 2004 e il 2007, i rimborsi delle pre-stazioni, facendo passare per ricoveri semplici attività ambulatoriali.“Infondatezza della notizia di reato”, “completamente sfornita di prova”, perché “gli elementi acquisiti non ap-paiono idonei a sostenere l’accusa” in un eventuale processo, le parole del pm Maria Letizia Mannella.© RIPRODUZIONE RISERVATA

  • 6 Mercoledì 15 aprile 2020

    «L’Italia può soccorrerle ed è responsa-bile di lasciare 55 persone morire a po-che miglia dalla sue coste. Speriamo siano vivi», twittano.Intanto sulla Alan Kurdi sono trascorse nove nottate al largo delle coste trapa-nesi per i 149 migranti soccorsi in mare. Saranno trasferiti su una nave passeg-geri, su cui passeranno la quarantena con l’equipaggio, fa sapere la ministra delle infrastrutture e trasporti Paola De Micheli, sottolineando che il gover-no non ha alcuna intenzione di abdica-re al suo ruolo, né si vuole arrivare ad un braccio di ferro con le Ong. Il com-missario per l’emergenza coronavi-rus, Angelo Borrelli, ha reso noto di aver nominato come soggetto attuatore il capo dipartimento delle Libertà civili e dell’Immigrazione, prefetto Di Bari, che sta lavorando per individuare delle so-luzioni per fare la quarantena sulle navi o trovare altre strutture a terra, proprio in risposta al dramma dei migranti in mare. «Siamo in fase di valutazione di misure sul campo», ha ricordato Bor-relli, «anche con l’utilizzo di una speci-fi ca nave di cui si è parlato oggi, ed è al vaglio del soggetto attuatore». Eppure di migranti avremmo bisogno anche per far ripartire il Paese, come ha sottolineato il fondatore della Co-munità di Sant’Egidio, Andrea Riccar-di: «C’è bisogno di loro sia per le attività nelle campagne sia per l’assistenza agli anziani». «In Italia – ha spiegato Ric-cardi - ci sono 600 mila immigrati irre-golari che vivono ai margini e possono alimentare focolai di infezione. Occorre regolarizzarli prevedendo permessi di

    Dopo la decisione del gover-no di chiudere i porti, tra le voci più dure contro l’esecu-tivo troviamo Matteo Renzi

    che ieri nella sua e-news ha sparato a zero: «Nei giorni di Pasqua, nell’Italia che ha inspiegabilmente chiuso i por-ti – nel silenzio di tutti quei media che accusavano me di essere la stessa co-sa di Salvini – alcuni gommoni hanno richiesto l’aiuto delle Ong e dei nostri marinai. Io penso quello che ho sem-pre pensato: serve una strategia di aiu-to alla cooperazione in Africa. Ma se uno è in mare, si salva, punto. Si salva-no gli esseri umani, si salvano». Una dichiarazione che entra nel merito an-che dell’accoglienza in sicurezza: «Se

    le autorità hanno paura per le condi-zioni fi siche dei migranti - scrive infat-ti Renzi - credo giusto che si attrezzino tutti i controlli necessari e si obblighi-no i migranti alla necessaria quarante-na. Giustissimo. Ma le persone in mare si salvano. Chiedevo “Restiamo Umani” quando c’era Salvini. Ma lo chiedo an-che oggi. Oggi che tanti partiti tacciono, che tanti giornalisti tacciono, che tan-ti opinionisti tacciono. Io invece conti-nuo a parlare. Perché per me l’Italia non lascia morire la gente in mare facendo fi nta di nulla. L’Italia che conosciamo noi i porti li tiene aperti. O sbaglio?».La chiusura del governo non ha sco-raggiato gli sbarchi. Un gommone con

    77 persone a bordo è arrivato lunedì nel sud est della Sicilia, a Portopalo di Ca-po Passero. Un secondo, sul quale era-no accalcati in 101, ha invece toccato terra a Pozzallo. Tutti i passeggeri so-no stati controllati nei porti e trasferiti in strutture isolate dove trascorreranno la quarantena. Una terza nave, con 47 persone a bordo e situata nella zona Sar di Malta, è sta-ta raggiunta e soccorsa dalla Ong ba-sca Salvamento Maritimo Humanitario. Una quarta imbarcazione, con 55 per-sone, sarebbe invece stata localizzata e seguita a distanza da un aereo di Fron-tex. Alarm Phone fa squillare il telefo-no ma dal Viminale scatta la segreteria.

    soggiorno temporanei: dobbiamo farlo per garantire la salute di tutti e la tenu-ta sociale del Paese. Questi stranieri so-no fondamentali per il settore agricolo e per i servizi alla persona: nella fase 2 ci sarà ancor più bisogno di loro».Il leader leghista, Matteo Salvini, dal canto suo, si affi da alla provocazione: «Il governo non manda le mascherine alle Regioni ma cerca alberghi per l’ac-coglienza degli immigrati». Forza Ita-lia, con il senatore Gasparri, punta ai traffi canti di esseri umani: «I mercan-ti di schiavi si sono rimessi all’opera nel Mediterraneo esponendo centina-ia di persone a rischi gravissimi. Vanno bloccati subito». Matteo Orfi ni prova a rimettere il boccino del suo partito nel solco della sinistra dell’accoglienza. Po-stando su Facebook il video di un au-dio raccolto ieri da Alarm Phone, scrive: «Quella che sentite in questo video è una donna di 21 anni, incinta, a bor-do di una dei gommoni in avaria che stiamo lasciando alla deriva nel Me-diterraneo. È con suo fi glio. Ha 7 anni e rischia di non farcela. Ieri abbiamo scritto con alcuni parlamentari al pre-sidente Conte. Nessuna risposta né da lui né da altri ministri». Quindi, Orfi-ni continua: «Tutti sono pronti a cita-re le parole del Papa, a elogiarle. Ma poi di fronte alle parole di una ma-dre che invoca aiuto guardano altro-ve. Non c’è ragione - conclude - che giustifichi questo comportamento”. © RIPRODUZIONE RISERVATA

    LA RABBIA DI RENZI SUI MIGRANTI: «GLI ESSERI UMANI SI SALVANO»

    L’intervento durissimo dell’ex premier contro la decisione del governo e contro il silenzio di giornalisti, partiti, intellettuali. Ma il governo non risponde neanche all’appello dei 30 parlamentari

    IL LEADER DI IV CONTRO “I PORTI INSPIEGABILMENTE CHIUSI”

    Aldo Torchiaro

    Enza Bruno Bossio*

    In altoIl leader di Italia viva Matteo Renzi

    Non riuscivo a credere ai miei occhi quando ho letto il de-creto, fi rmato da tre ministri di sinistra di questo Gover-

    no, in cui testualmente si afferma : “Per l’intero periodo di durata dell’e-mergenza sanitaria nazionale derivan-te dalla diffusione del virus Covid-19, i porti italiani non assicurano i neces-sari requisiti per la classificazione e defi nizione di Place of Safety (porto sicuro)..per i casi di soccorso effettua-ti da parte di unità navali battenti ban-diera straniera”.La domanda che, di conseguenza, c’è da porsi è: quindi? Li facciamo mo-rire in mare? Torniamo ai decreti sicurezza?Vero è che non li abbiamo ancora dav-vero cancellati e forse questo è an-che il motivo per cui i nostri ministri vogliono, in questo modo, evitare un nuovo caso Diciotti. Soluzione pre-ventiva semplice: lavarsi le mani del problema, fi ngere che non esiste. Ma i porti non si chiudono mai perché a nessuno e in nessun caso può esse-re negato il soccorso e la protezione

    dai rischi della navigazione. Qualun-que uomo di mare lo sa, qualunque capitano di questo popolo di naviga-tori lo sapeva. Anche i giudici, quelli che hanno giudicato Carola Rackete, lo hanno sentenziato.Forti di questa convinzione l’abbiamo urlato a Salvini, quando ci siamo op-posti ai suoi decreti disumani.E adesso? Anche i nostri ministri di-chiarano: i porti non sono sicuri! Quindi sono chiusi. E con loro i nostri cuori.Perché, conseguentemente, in virtù di questo assurdo ragionamento ar-ticolato nel decreto, è invece sicura la Libia, dove anche con la nostra conni-venza di comodo, abbiamo pagato la guardia costiera per tenere chiusi nei lager migliaia di esseri umani? E adesso che poche centinaia di loro riescono a scappare dai lager libici, noi che facciamo? Li rispediamo indietro?Dobbiamo assistere impotenti all’en-nesima tragedia che si sta consuman-do davanti ai nostri occhi?Nessuna emergenza sanitaria nel no-stro Paese ci autorizza a dimenticare

    gli obblighi legali e morali nei confron-ti della vita umana. Non possiamo rivendicare solidarietà nei nostri confronti e voltarci dall’altra parte mentre persone innocenti che fuggono dalla fame, dalle guerre, dalle torture, rischiano di morire sotto i no-stri occhi.Oggi, come ieri, la salvaguardia dei di-ritti umani deve restare la barra della nostra azione politica. Ed anzi, a dirla tutta, è proprio l’estrema condizione di sofferenza in cui siamo precipitati che è chiamata ad interpellare le no-stre coscienze - prima ancora che le nostre responsabilità istituziona-li - e spingerci verso soluzioni dettate dall’umanità, da un sentimento di so-lidarietà e accoglienza. Insieme a decine tra parlamentari, eu-rodeputati e consiglieri regionali ho firmato due appelli per chiedere al Governo di revocare, senza più alcun indugio, il decreto.Chiudere i nostri attracchi, abbando-nare al proprio destino centinaia di migranti in mezzo al mare non ci li-bererà dal Coronavirus: è un concetto

    semplice nella sua banalità ed è para-dossale che non venga inteso dal Go-verno italiano.Ed è per questo che con il nostro ap-pello ci rivolgiamo direttamente al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Sia, in prima persona, il capo del Governo ad assumersi la respon-sabilità di soccorrere subito le perso-ne in mare, adottando tutti i protocolli di sicurezza necessari per effettuare il

    Sinistra, che stiamo facendo? Li anneghiamo?L’indignazione di una deputata del Pd di fronte al decreto fi rmato dai ministri di centrosinistra che vieta gli sbarchi e condanna centinaia di profughi a vagare nel mare e molti di loro a morire

    SopraLa deputata Enza Bruno Bossio

    salvataggio.C’è una questione di cornice e di fondo che merita di essere precisata, senza lasciarsi trascinare dall’emotività del-la pandemia in atto, anzi facendone te-soro. Assistere i più deboli e dare piena realizzazione al diritto alla vita, non so-no opzioni negoziabili ma strade mae-stre da imboccare senza esitazione, sia che in ballo vi sia un’emergenza sani-taria, sia che a lanciare l’SOS siano dei migranti in mare.Morire affogati a causa del Covid 19 o perché risucchiati dalle onde non deve, non può avere differenza.Ed è proprio su questa linea di confi ne che ci giochiamo la nostra esistenza. Ora abbiamo la possibilità di dimostra-re che il dramma che stiamo vivendo, che i morti che stiamo piangendo nel-le corsie dei nostri ospedali, che l’eroi-smo dei nostri operatori sanitari non ci lascia indifferenti ma ci trasmette un insegnamento profondo sul valore dell’essere umano. I medici non scel-gono chi salvare, salvano tutti. E così i governi democratici.

    * Deputata del Pd

  • 7Mercoledì 15 aprile 2020

    “Ministri e banchieri centrali” del G7 “favorevoli alla moratoria sul debito dei paesi più poveri”. Ad annunciarlo in un tweet è il commis-sario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni, dopo la videoconferenza del G7.Nel documento diffuso dal Tesoro Usa al termine del meeting virtuale si legge che i ministri delle Finanze del G7 e i governato-ri delle banche centrali «hanno ribadito il loro impegno a fare tutto il necessario per ripristinare la crescita economica e pro-teggere i posti di lavoro, le imprese e la so-lidità del sistema fi nanziario». «I ministri e i governatori delle banche centrali del G7 - si legge - restano impegnati ad utilizzare

    tutti gli strumenti disponibili per consegui-re una crescita forte, sostenibile, equilibra-ta e inclusiva». Frattanto però non arrivano buone notizie per il Belpaese. Fra le grandi economie mondiali l’Italia potrebbe paga-re il prezzo più alto alla crisi provocata dal coronavirus con un Pil che quest’anno po-trebbe crollare a -9,1% per poi registrare un limitato rimbalzo nel 2021 a +4,8%. È la sti-ma formulata dal Fondo Monetario Inter-nazionale nel World Economic Outlook, in cui peggiora di 9,6 punti la previsione for-mulata appena tre mesi fa (che prevedeva per l’Italia una crescita dello 0,5%).L’emergenza porterà in alto il tasso di di-soccupazione in tutte le economie mondia-

    li: per l’Italia nel 2020 la stima è del 12,7% (2,7 punti in più rispetto all’anno prece-dente) seguita da un calo al 10,5% nel 2021. In Europa l’impatto sul mercato del lavo-ro dovrebbe essere limitato in Germania (dove la disoccu-pazione passereb-be dal 3,2 al 3,9%) mentre in Francia il tasso potrebbe toccare il 10,4%. Ma le ripercussio-ni più gravi sono attese in Spagna dove dal 14,1% del 2019, quest’anno si potrebbe passa-re al 20,8% per poi scendere legger-mente al 17,5% nel

    I LEADER DEL G7: STOP AL DEBITO DEI PAESI PIÙ POVERIIl Fondo monetario internazionale lancia l’allerta Italia:

    «Nel 2020 perderà più del 9% di Pil, +3% di disoccupati»

    I GRANDI DELLA TERRA DECIDONO UNA MORATORIA PER LA CRISI

    2021. Tasso raddoppiato anche nel vicino Portogallo con una stima dal 6,5% del 2019 al 13,9% quest’anno.

    «Milioni di americani vogliono la rispo-sta a una semplice domanda: qual è il

    piano per riaprire in sicurezza l’A-merica?», Joe Biden apre così il suo articolo pubblicato dal New York Ti-mes proprio nel giorno di Pasqua. È la prima uscita pubblica uffi ciale, dopo la rinuncia a correre del suo avversario Bernie Sanders. Questa volta non parla più il candidato per le primarie democratiche ma lo sfi -dante del presidente in carica. Negli ultimi mesi, nel confronto con il coronavirus, Donald Trump ha collezionato una serie di giravolte. Prima ha sottovalutato l’emergenza e poi ha dovuto arrendersi in gravis-simo ritardo all’evidenza. Ha comin-ciato seminando fake news e poi si è affidato agli scienziati. Si è dato poteri da “presidente di guerra”, ma ha lasciato ai governatori la respon-sabilità di scegliere. Un tira e molla dissennato che include le bizze del presidente nei briefi ng con la stam-pa, le sue indecisioni circa la fase 2 (che l’America dovrà affrontare do-po le misure di restrizione sociale) e il travagliato rapporto con il virologo di origini italiane Anthony Fauci, re-sponsabile scientifi co della task for-ce presidenziale anti Covid-19, che rischia di essere silurato un giorno sì e l’altro pure. Di fronte alla confusione irrespon-sabile e carnevalesca del presidente,

    il piano di Biden per la ripresa sem-bra un’ancora di ragionevolezza e di moderazione. «Non possiamo resta-re a casa e aspettare solo che arrivi il vaccino. Dobbiamo costruire un ponte da qui a lì», avverte il candi-dato democratico. Ovviamente, «la distanza sociale deve continuare e le persone in prima linea devono ot-tenere le forniture e le attrezzature di cui hanno bisogno», spiega, ma il presidente Trump deve fi nalmente darsi una mossa: «usi tutti i suoi po-teri, ai sensi del Defense Production Act, per combattere la malattia con tutti gli strumenti a nostra disposi-zione. Deve organizzare la risposta federale e smettere di inventare scu-se. Perché più americani tornino al lavoro, il presidente deve fare me-glio il suo». Biden chiede un ampio uso dei test e una strategia di tracciamento dei contatti che, allo stesso tempo, pro-tegga la privacy. Viceversa, «un re-cente rapporto del Department of Health and Human Services di Tru-mp ha chiarito che siamo lungi dal raggiungere questo obiettivo». A questi test andrebbero affiancati degli «esami sierologici rapidi per stabilire chi è già stato infettato dal coronavirus e ha anticorpi». Biden accusa Trump di brancolare nel buio: «sono passati ormai diversi mesi dall’inizio di questa crisi, e an-cora questa amministrazione non ha affrontato il “peccato originale” che sta alla base del suo fallimento: l’in-capacità di testare». In effetti, sulle ormai famose “3 T” - test, trace and treat: testare i conta-

    gi, tracciare i contatti e trattare i casi - la paralisi della Casa Bianca sembra totale. Al punto che, in questi giorni, i governatori di alcuni Stati america-ni cominciano a muoversi in ordi-ne sparso: un fenomeno che ricorda molto la confusione del regionali-smo italiano. Molto più rapide, ov-viamente, le grandi compagnie tech statunitensi. Apple e Google, proprio pochi giorni fa, hanno annunciato

    una collaborazione senza preceden-ti per abilitare i loro sistemi opera-tivi iOS e Android al tracciamento automatico dei contatti fi nalizzato a contenere la pandemia nel rispetto della privacy. Ma nel piano di Biden non poteva mancare una voce sul rafforzamen-to della tanto discussa sanità ame-ricana. «Dobbiamo assicurarci che i nostri ospedali e il nostro sistema sanitario siano pronti per le riacu-tizzazioni della malattia che posso-

    no verificarsi quando ricomincerà l’attività economica». Sul punto c’è pure un calcolo politico-elettora-le. La riforma del sistema sanitario è stata infatti uno dei punti di forza di Bernie Sanders. L’avversario di Bi-den si è ritirato dalla corsa proprio la settimana scorsa, ma resta il deten-tore di un pacchetto di delegati che può determinare la linea del Parti-to democratico. Con il suo notevole pacchetto di voti, Sanders sarà de-terminante per sconfi ggere Trump a novembre. Ecco perché, proprio giovedì scorso, Joe Biden ha rilanciato alcune pro-poste del programma del suo avver-sario: abbassare a 60 anni l’età per l’ammissione alla sanità pubblica

    – oggi il limite è di 65 – e ridurre (o abolire) i debiti degli studenti prove-nienti dalle famiglie più disagiate. È un esplicito appello all’ala progressi-sta del partito. «Il senatore Sanders e i suoi sostenitori possono essere or-gogliosi: il loro impegno è stato de-cisivo per dare basi a queste idee», ha dichiarato Biden. Ma l’ex vicepresidente non si ferma qui. «Mi concentrerei come un laser sulle disparità razziali nei casi Co-vid-19», ha scritto, ricordando così che l’epidemia non colpisce tutti al-lo stesso modo. Nelle classifi che dei morti e dei contagiati negli Stati Uni-ti, i soggetti più colpiti sono sempre i cittadini afroamericani e latini. Le condizioni economiche e sociali più critiche rendono questa parte della popolazione più fragile. Neri e ispa-nici hanno meno soldi per curarsi e questo signifi ca patire malattie non

    curate e cronicità pregresse che, con l’aggiunta dell’infezione da corona-virus, diventano letali.Il piano di Biden si conclude con una serie di proposte puntuali, set-tore per settore, per la riapertu-ra delle imprese, sempre sulla base del principio di sicurezza. «Men-tre ci prepariamo a riaprire l’Ame-rica, dobbiamo ricordare cosa ci ha insegnato questa crisi: l’incapacità dell’amministrazione di pianifica-re, preparare, valutare onestamente e comunicare la minaccia alla na-zione ha portato a risultati catastro-fici. Non possiamo ripetere quegli errori», scrive Biden sul New York Times. A guardarlo dall’Italia, il piano del candidato democratico ricorda tan-tissimo quello proposto per primo da Matteo Renzi. D’altra parte, lo sta-to confusionale di Donald Trump ha molto in comune con quello di Giu-seppe Conte. Ecco perché il piano di Biden dice qualcosa anche al nostro Paese. «Un piano effi cace per scon-fi ggere il virus è la risposta defi nitiva alle domande sulla ripresa della no-stra economia. Dovremmo smettere di pensare alle risposte sanitarie ed economiche come separate. Non lo sono». Nel tempo dell’incompeten-za al potere, sembra davvero un ma-nuale pratico del buon governo.© RIPRODUZIONE RISERVATA

    IL COVID SCHIAFFEGGIA TRUMP,BIDEN LO METTE ALLE CORDE:«RIAPRIAMO TUTTO!»

    Lo sfi dante attacca The Donald sul New York Times: “Deve smetterla di inventarsi scuse, non possiamo restare a casa e aspettare il vaccino”. E pensa anche alla riforma sanitaria per le minoranze etniche, le più colpite dal virus

    Vittorio Ferla

    È troppo indeciso. Prima ha sottovalutato l’emergenza e dopo si è arreso al ritardo. Poi ha diffuso fake news e ora si circonda di scienziati. Il caos dilaga anche tra

    gli altri governatori.Sembra quasi il nostro

    Conte...

    Tycoon nel pallone

    A sinistraIl candidato dem Joe Biden che, dopo il ritiro di Bernie Sanders, è rimastol’unico in corsa per le presidenziali

    In fotoIl commissario Ue Paolo Gentiloni

  • 8 Mercoledì 15 aprile 2020

    IL DIBATTITO SUI SOFTWARE PER TRACCIARE I MOVIMENTI FIGLIO DELL’ODIO PER LA SCIENZA DI CERTI INTELLETTUALI

    Imbecille chi le snobba:le app sono il futuroIl progresso è genio e talento: da sempre

    Tira un’ariaccia da pogrom contro la tecno-logia, le macchine, la scienza, gli scienzia-ti e aumentano gli zombi che scatarrano in televisione sul dualismo fra materia e spi-

    rito, scienza e fede, perché un vento di ignoranza di default – “io la matematica non l’ho mai capita, ma a scuola ero bravo in italiano” – per cui gli in-tellettuali non sanno distinguere fra l’uso di una padella e quello di un iPad reclamando il profumo della pagina di carta così come il mercante di Ve-nezia Shyilock rivendicava la sua oncia di carne. Se permettete, un piccolo passo indietro, please.Noi umani come lo siamo oggi, nell’ultima ver-sione sapiens-sapiens, appena apparsi sulla Ter-ra, siamo roba di appena centomila anni fa: prima giravano per valli e savane progetti e tentativi poi scartati di ominidi tutti estinti, anche se do-po qualche festoso aperitivo con regalini geneti-camente reciproci di Dna. Ieri mattina, ci siamo trovati all’alba del Neolitico scomposti, affama-ti, predatori sanguinari capaci solo di consumare e rapinare: ammazzavamo, predavamo, ripuliva-mo un chilometro quadrato prima di spostarci sul successivo. Poi, prima di cominciare a lasciarci Sms nelle caverne (ti amo, c’è un bestione, c’è ro-ba da mangiare…) qualcuno disse: fermiamoci un attimo. Ognuno sa fare una cosa diversa dall’altro, proviamo a far fruttare le abilità: mungiamo quella maledetta capra, alleviamo le galline e facciamoci qualche broccolo nell’orto. Nacquero più fi gli, cit-tà, asole ai pantaloni, minestre decenti, cibo secco per i mesi d’inedia e fuoco per le notti di gelo. Fu un attimo e volammo, eravamo su treni a vapore, trasmettevamo la voce col telefono, col videotele-fono, allungavamo la vita fi no a ottant’anni, siamo andati a frugare sulla Luna e moriamo dalla voglia di Marte. E dovunque crescono e si producono ri-medi ai mali, l’organizzazione della vita comune è una scienza come i collegamenti.Quando sento quelli che loro - per carità - vorreb-bero tornare all’inchiostro, li rispedirei in gita nel Giurassico, ma solo perché diventai un ragazzi-no positivista dopo aver letto sia Ventimila leghe sotto i mari che L’Isola Misteriosa di Jules Verne, il resto venne da sé. Oggi cominciamo ad avere macchine straordinarie e siamo all’inizio. Sappia-mo, troppo tardi, che la cosa più giusta da fare per sbarrare la strada al virus sarebbe stata tracciare i contagiati sani e individuarli col telefonino lungo scie in movimento e non è mai troppo tardi. Del resto io vedo sul mio cellulare (e con il loro con-senso) come si spostano i miei fi gli che vivono in America e loro vedono me.Mio padre era un ingegnere della vecchia scuola e quando arrivò questa roba elettronica e l’avven-to delle macchine pensanti, sentì che la sua epoca era fi nita. Gli ingegneri avevano allora nel taschino, là dove Conte tiene il fazzoletto) un righello bian-co con un cursore mobile con cui calcolavano tut-to. Ma con approssimazione. Se chiedevo a mio padre quanto facesse sette per otto, lui da tecnico che non è tenuto alle tabelline, tirava fuori il regolo e dopo un paio di equazioni rispondeva “fra cin-quantacinque e cinquantasei”. Questo potere di-screto della mentalità tecnica mi faceva impazzire. Quando, per una mia falsa partenza alla facoltà di Medicina detti l’esame di fi sica con Edoardo Amaldi (un mostro di scienza, allievo di Fermi e antagonista di Oppenheimer, per via della bomba atomica) dopo due ore di interrogatorio mi bocciò, con uno sguardo sorridente e feroce allo stesso tempo. Avevo risposto impeccabilmente su tut-to e in particolare sul valzer degli elettroni intorno a un magnete, ma avevo omesso di pronunciare

    quattro paroline rituali obbligatorie: “per unità di volume”. E quando chiesi disperato di risparmiar-mi la bocciatura, mi rispose che, essendo io un ot-timo studente di fi sica bisognava tenere “la biada alta per i cavalli di razza”. Poi ho studiato fi loso-fi a della scienza, logica formale e intanto facevo il cronista per vivere, ma il mio rapporto con scien-za e scienziati è rimasto quello e con un elemen-to distintivo di cui mi sono accorto col tempo: gli scienziati, i medici, i fi sici, biologi, astrofi sici, sono in genere persone coltissi-me in storia dell’arte, mu-sica e letteratura.Da mio padre che costru-iva ferrovie ho imparato a cinque anni a distinguere il barocco dal romanico, e il gotico dal gotico cister-cense. I letterati. in genere

    – con non molte eccezio-ni – sono delle vere bestie, in fatto di scienza e tecno-logia e del resto a scuola non si studia più in fi loso-fi a la distinzione fra scien-ze deduttive ed induttive, fra scienze sperimentali e scienze cosiddette esatte, benché Galileo e Newton siano stati messi in crisi da Einstein, il quale era furioso con Planck e la fisica quantistica che mandava a puttane la relatività ristretta. Oggi, con la modesta peste Covid che l’incuria e l’inettitudi-ne dei politici di mezzo mondo ci hanno infl itto come un fl agello (uno dei milioni che la venerata madre natura ci regala da quando siamo al mon-do) noi grazie alla tecnologia siamo in condizio-ni infi nitamente migliori rispetto a quelle in cui si trovavano i nostri nonni di fronte alla Spagnola (ne abbiamo scritto ieri) che ammazzò fra i cinquan-ta e i cento milioni di esseri umani, storpiando-li anche nel sistema nervoso. Mio nipote Elio, di

    cinque anni, quando lo chiamo, sbuffa: “Basta vi-deochiamate! Per favore, non vedete che sto leg-gendo?”. Ma intanto siamo tutti appollaiati sui social che non sono propriamente la tecnologia, ma un uso di connessione grazie al quale ci vedia-mo, parliamo, ci azzuffi amo e ci amiamo, almeno fi nché siamo connessi.Pochi di voi ricorderanno quando i russi lanciaro-no nello spazio una sfera di latta con dentro una radio che emetteva dei bip. Era lo Sputnik e i po-

    eti come Salvatore Qua-simodo si scatenarono in un’apoteosi dell’homo faber, poi replicato dal-le imprese spaziali di Yu-ri Gagarin e German Titov (di soli 25 anni) prima che gli americani si lanciasse-ro con il loro programma Apollo che portò l’uomo sulla Luna. Che l’uomo avesse creato un satelli-te e poi cento mille cento-mila con cui far rimbalzare ogni impulso e verso e no-ta e suono è un’emozione subito perduta, come tutte. Se ne avessi la forza, alme-no quella della disperazio-

    ne, vorrei solo urlare: smettete, in nome del vostro Dio, della ragione, del vostro interesse, della civil-tà e del principio del bene collettivo e individuale, di parlare male della tecnologia e ripetere in preda a lividi conati nei talk show televisivi (senza con-traddittorio) che la tecnologia è la scienza, che non è vero. Che la tecnologia è arida e materialistica. Che tutto ciò che è spirituale è estraneo alla ma-teria e dunque alla scienza e non parliamo della tecnologia.C’è un mondo che si rifi uta di considerare alme-no in via di ipotesi, che la Fisica dei quanti, quel-la della relatività e la conoscenza in genere hanno

    da tempo mostrato l’equivalenza della materia e dell’energia e se volete anche dello spirito che si manifesta attraverso i fenomeni. La tecnologia non è in competizione con la natura umana, così come non lo sono i robot e l’intelligenza artifi ciale, per-ché nessun manufatto umano è consapevole di se stesso, non è in grado di provare dolore e sfuggirlo e non è in grado di sperimentare il piacere e cer-carlo e di temere la morte come fi ne esistenzia-le irrimediabile. Tutto ciò appartiene e apparterrà all’uomo e non esistono confl itti fra una lavastovi-glie, per quanto complessa, e il pensiero di Imma-nuel Kant e anche della signora del piano di sotto. Un mio caro amico fi sico appena scomparso, il professor Gino Garrefa sfi dava gli studenti: se vi lancio questo mazzo di chiavi e vi fornisco i dati dell’accelerazione, distanza, peso e traiettoria, sie-te capaci di calcolarla in un decimo di secondo? La risposta era sempre: no. Allora lui lanciava il maz-zo di chiavi che veniva colto al volo da una mano e spiegava che nessun computer oggi e per molto tempo sarà in grado di calcolare istantaneamente un mazzo di chiavi. Oggi le applicazioni sono di-ventate le condizioni dello sviluppo dell’intelletto e i bambini insegnano ai genitori l’uso delle picco-le macchine e certamente fanno anche molti gio-chi cretini, ma che saranno sempre meno cretini dei giochi con le biglie di terracotta che facevo io alla loro età.Lancio un mio petardo contro il luogo comune secondo cui la Natura è buona e saggia, costretta a reagire oltraggiata contro le corruttele e le vio-lenze dell’uomo, invariabilmente egoista, avido di denaro, spogliatore di ricchezze, parassita e inqui-natore. Provate a rovesciare il binocolo e guarda-te il mondo dal punto di vista opposto: la Natura, produttrice di ogni dolore, virus, tsunami, istin-to predatore, veleno, agguato, terremoti, epide-mia carestia e biblici fl agelli, ha prodotto l’essere umano, questo vermetto su due piedi nudi e pri-vo di pelliccia, che per conto dell’intero mondo ha cominciato a comprendere come il mondo è fat-to e come migliorarlo con le tecniche, WiFi come le irrigazioni, satelliti come lo Sputnik che ormai trasmettono i segnali di tutti i pensanti con tutti i pensanti, con le medicine che nascono nei labo-ratori, con le macchine complesse che collegano i nervi di un arto tagliato con una protesi che per-mette di camminare e di vivere. Gli esempi sono troppi e dunque noiosi. Ma noi oggi, proprio oggi in mezzo al Covid e tutte le cazzate di un gover-no di improvvisatori, possiamo dire che il nostro è un governo di incapaci perché altri governi, co-me quello della Corea del Sud, Taiwan e anche la Germania di Angela Merkel, hanno sperimentato come usare la tecnologia della tracciabilità, i movi-menti della malattia e di chi ne è portatore, mentre in alcuni nidi d’aquila lavorano dei modesti mate-matici che creano modelli statistici e li passano al

    Paolo Guzzanti

    Grazie alla tecnologiaci siamo difesi dall’universo

    che a differenza di quello che vuole la retorica ha inondato

    il mondo di fl agelli.Grazie alla tecnologia

    la Corea del Sud ha ridotto al minimo i danni, mentre noi oppositori della tecnica non smettiamo di contare i morti

    La cruda verità

  • 9Mercoledì 15 aprile 2020

    Va bene, è tutta colpa nostra. Il Covid-19 è conseguenza della urbanizzazione, del-la deforestazione, del so-

    vraffollamento, degli allevamenti intensivi, della velocità degli spo-stamenti, della distruzione siste-matica dell’ambiente, della civiltà industriale (che tanto piaceva a Marx ed Engels, al netto dell’in-giustizia sociale), del turbocapi-talismo. Ce lo meritiamo. E anche se ho letto in Rete che per qual-che virologo il salto di specie del virus (lo spillover zoonotico) esi-ste da sempre, che il coronavirus si è sviluppato da un antenato che potrebbe circolare tra noi da un secolo, etc., è evidente che la glo-balizzazione non può che alimen-tare fenomeni del genere. Ora, non ho dubbi sul fatto che noi siamo la prima civiltà apparsa sulla faccia della Terra a non avere elaborato un senso del limite, a coltivare l’i-dea perversa di crescita illimitata (per l’economia i beni della natu-

    ra sono gratis e illimitati, co-me leggo nell’utile libretto

    Biosfera, l’ambiente che abitiamo, di E. Scan-

    durra, I. Agostini, G. Attini). Però vorrei sommessamente ricordare a chi di-ce che noi umani costituiamo una

    minaccia per il pia-neta, che dunque

    non siamo la solu-zione ma il problema,

    etc., che anche il pia-neta è da sempre una

    minaccia per noi, e per tutte le specie che nel

    tempo si sono estinte! E che, soprattutto, la natu-

    ra è un ecosistema fonda-to non solo un equilibrio

    dinamico ma sulla guerra di tutti gli organismi contro

    tutti! Il Covid-19 ha pur sem-pre origini naturali, non nasce

    da manipolazioni di laborato-rio. E la natura, come sappia-

    mo noi italiani che abbiamo studiato a scuola Leopardi, è indifferente agli individui e causa di infelicità per tutti gli esseri; oltre ad avere la sgra-devole propensione a elimi-nare brutalmente i deboli e i

    L’UMANITÀ RESPONSABILE DI TUTTI I MALI? NON È PROPRIO COSÌ

    Basta esaltarla, ha ragione Leopardi: la natura è matrigna!

    Sì, siamo forse noi il virus principale e più invasivo. Ma, statene pur certi, se scomparissimo, il pianeta che lasceremmo non sarebbe un giardino ridente

    Filippo La Porta

    meno adatti. Proviamo a rileggere la pagina dello Zibaldone, del 1826, sul giardino ridente, e proprio nella più mite stagione dell’anno: «Voi non potete volger lo sguardo in nessuna parte che voi non vi troviate del pa-timento». Da qui Leopardi passa a

    un elenco impietoso: «Là quella ro-sa è offesa dal sole che gli ha dato la vita; si corruga, langue, appassi-sce. Là quel giglio è succhiato cru-delmente da un’ape, nelle sue parti più sensibili, più vitali. Il dolce me-le non si fabbrica dalle industriose, pazienti, buone e virtuose api sen-za indicibili tormenti di quelle fi bre delicatissime, senza strage spietata di teneri fi orellini. Quell’albero è in-festato da un formicaio, quell’altro da bruchi, da mosche, da lumache, da zanzare; questo è ferito nel-la scorza e cruciato dall’aria o dal sole che penetra nella piaga; quel-lo è offeso nel tronco, o nelle radi-ci; quell’altro ha più foglie secche; quell’altro è ròso, morsicato nei fi o-ri; quello trafi tto, punzecchiato nei frutti. Quella pianta ha troppo cal-

    do, questa troppo fresco; troppa lu-ce, troppa ombra; troppo umido, troppo secco. L’una patisce inco-modo e trova ostacolo e ingombro nel crescere, nello stendersi; l’al-tra...» per concludere che «ogni giardino è quasi un vasto ospitale, luogo ben più deplorabile che un

    cemeterio» (Zi-baldone, 4175). Cui si aggiun-ge, certo, an-che l’intervento della «donzel-letta sensibile e gentile», che «va dolcemen-te sterpando e infrangendo steli». Ecco, un brano del ge-nere, del pessi-mista-vitalista Leopardi , an-drebb e fatto presente a chi

    si commuove sul canto festoso de-gli uccellini al mattino e poi duran-te il giorno si abbandona a violente geremiadi contro la colpevole hy-bris umana (cioè contro la donzel-letta gentile, che in fondo non fa altro che adeguarsi al quadro gene-rale) Ripeto: al mondo può anche far bene fermarsi per un po’, e cer-to l’economia, ancor prima del ca-pitalismo, non considera tra i suoi costi la distruzione delle risorse na-turali (limitate), come sottolinea il libro prima citato (e il fatto che in Italia i Verdi sono al 2% la dice lun-ga sulla nostra coscienza ecologi-sta). Però meditiamo sulla pagina leopardiana: la natura è un ospeda-le permanente, fatto di distruzioni, stragi, patimenti, offese, strazi. Ora, per mettere in sicurezza il piane-ta, almeno in modo definitivo, oc-correrebbe l’estinzione della specie umana (come auspicano i torvi an-tinatalisti, discendenti degli antichi gnostici). Siamo probabilmente noi il virus principale e più invasivo. Ma, statene pur certi, il pianeta che la-sceremmo incontaminato non sa-rebbe un giardino ridente.© RIPRODUZIONE RISERVATA

    Chi si commuove con il canto degli uccelli,

    colpevolizzando gli uomini, dovrebbe leggere lo Zibaldone. L’ecosistema è fatto di stragi, patimenti,

    offese e strazi

    Disastro naturale

    computer per creare confronti, osservare varia-zioni, inventare e inventare. È fi nito il mestiere del maniscalco che ferrava i cavalli, è fi nito anche il giornalaio che vendeva giornali e le librerie hanno i giorni contati perché i libri si stampano nell’etere e si leggono sui tablet, così come il sovrano stru-mento che è il pianoforte, è ormai un attrezzo da museo perché nuove macchine musicali sanno fare ciò che nessuno prima avrebbe osato imma-ginare e l’immaginazione è continuamente sfi da-ta, messa sotto stress e superata là dove lavorano gli sceneggiatori delle serie televisive costretti ad anticipare i tempi, abbre-viare i punti morti, co-gliere il segno del nuovo per rinnovare le librerie e offrire un oggetto nuo-vissimo che deve già essere vecchio quando viene al mondo perché è superato dal prossimo modello., non per fame-licità materialistica, ma perché così funziona il progresso ed è il progres-so che, fra tentativi erro-ri e correzioni di errori, ci allunga la vita, ci allunga il pensiero, la speranza, l’amore, la passione e – sì – la spiritualità di cui molti seguitano a parlare come se fosse un universo fi abesco riservato agli intel-letti superiori che non possono restare ancorati al-la Terra. Il novanta per cento della materia oscura che compone l’universo è ignota ma attiva e non si sa che idee abbia. Ciò che accade dentro e oltre un buco nero, è ignoto. La divisione fra presente, passato e futuro è vecchia. Le macchine, i nostri occhi stanno indagando e seguiteranno ad inda-

    garle. E intanto stase-ra vediamoci via

    Skype.© RIPRODUZIONE RISERVATA

    Con le invenzioni la realtà è migliorata: abbiamo medicine, abbiamo rigenerato

    gli arti, riusciamo a far vivere chi dovrebbe

    avere i piedi nella fossa

    In alto Il poeta Giacomo Leopardi interpretato da Elio Germano nel fi lm “Il giovane favoloso”

    A fi anco Paolo Guzzanti

    Al centroUn paziente ricoverato in terapia intensiva per coronavirus.Utilizza il touchscreen di un robot per il monitoraggio dei valori clinici

  • 10 Mercoledì 15 aprile 2020

    La crisi economica fi glia del lockdown che stiamo mettendo in atto per limitare il più possibile il contagio da Coronavirus e cer-care di tornare il prima possibile alla nor-

    malità, apre due grandi questioni che guardano al cuore del nostro attuale modello di sviluppo e ci spingono a ridisegnarlo su nuovi presuppo-sti. Si discute in questi giorni di quanto chi è più ricco – per meriti o per rendita pregressa – pos-sa svolgere una funzione sociale atta a limitare le diseguaglianze, ma si discute anche di come si dovrà rilanciare una produzione industriale così duramente colpita nel rispetto delle esigenze di un pianeta sofferente che non può più soppor-tare le nostre emissioni, le nostre plastiche, il no-stro utilizzo talvolta scellerato del suolo.Partiamo dalla prima questione. C’è una propo-sta del Partito Democratico per un contributo di solidarietà a carico dei redditi più elevati per il 2020 e il 2021. C’è chi erroneamente l’ha defi nita una “patrimoniale”, ma in realtà si tratterebbe di una misura una tantum che riguarderebbe solo i redditi superiori agli 80mila euro (circa 800mila contribuenti) e non i patrimoni, incidendo sulla parte eccedente tale soglia. In pratica, si chiede-rebbero alcune centinaia di euro a chi ha stipen-di molto alti per arrivare a cifre più importanti per quei pochissimi che guadagnano oltre un milione di euro l’anno. Sbaglia chi semplifi cando cerca di bollare la pro-posta come una “tassa sulla ricchezza”, perché utilizza argomentazioni desuete da sterile pole-mica politica quando in gioco c’è la tenuta so-ciale del Paese: la crisi economica in atto ha fatto precipitare nella povertà migliaia di famiglie che non riescono più ad acquistare generi di prima necessità. Oltre un milione di bambini rischiano di subire gli effetti dell’impoverimento sulla lo-ro pelle, con ricadute anche sul loro diritto allo studio a causa del digital divide, ovvero l’impos-sibilità di accedere a strumenti e connessioni internet oggi più che mai necessari per la con-tinuità didattica.

    La vera questione è la solidarietà. Chiedere oggi un piccolo sforzo economico a chi ha di più per aiutare i più bisognosi a non cadere in un baratro vuol dire tenere insieme un popolo e fonderlo in un intento comune: quello di rialzarsi e di ripar-tire tutti insieme. E di solidarietà ha parlato an-che Papa Bergoglio nel suo messaggio pasquale: l’alternativa ad essa – cito le sue testuali parole

    «Il successo è la capacità di passare da un fallimento all’altro senza perde-re l’entusiasmo,sosteneva Winston Churchill. Questo sembra ispirare il

    Premier Conte che, nonostante i vari fallimen-ti, alla ricerca di un illusorio successo perso-nale, pare non abbia mai perso il proprio fervore social. Il Pre-sidente, non suffi-cientemente conscio del pessimo modo di informare gli italia-ni, continua a sovver-tire anche i crismi del diritto costituziona-le, oltre che del buon senso. La bizzarra strate-g i a co m u n i ca t iva di Conte, che prima annuncia via social l’adozione di misu-re draconiane e so-lo successivamente stilla il relativo de-creto, suscita più di una perplessità e ri-schia di affiancare all’emergenza sani-taria quella psicolo-gica dei cittadini che non hanno più fonti certe e vivono “so-spesi” cercando l’in-terpretazione delle temute conferenze stampa di Palazzo Chigi.Senza il relativo decreto, le parole di Conte possono essere soggette a interpretazioni e un uomo di legge, come il Premier è solito evidenziare (a proposito non si era definito “avvocato del popolo”?), dovrebbe ricono-scere la fondamentale importanza del prin-cipio della autenticità. Ma le basilari regole del diritto sembrano sfuggire al Governo!Certo si potrebbe ritenere che, in tempi di pandemia, l’urgenza estrema possa costi-tuire un’esimente, ma essa non può però essere utilizzata per esautorare le funzio-ni e le garanzie costituzionali. Anzi proprio provvedimenti così eccezionali richiedo-no ancor di più il coinvolgimento continuo di Camera e Senato. Un raccordo quello tra Governo e Camere che invece manca, di-versamente da quanto accade in altri Pae-si, quali Spagna e Francia, dove esso è stato garantito.Non è solo la Presidente del Senato, Sena-trice Elisabetta Casellati, a evidenziare la difficoltà del Parlamento di svolgere le pre-rogative affidate dalla Carta Costituzionale, ma anche illustri costituzionalisti.Le modalità social scelte da Conte stanno poi svilendo anche il ruolo dei professioni-sti dell’informazione, chiamati a rincorrere le dirette del Premier su quelle piattafor-me le quali finora, sfruttando le ampie zo-ne d’ombra della regolamentazione, che imbrigliano solo gli operatori tradiziona-li, hanno affossato il settore delle news di

    qualità. Anche questa allora è una scelta dell’attuale Governo: premiare gli OTT, ca-paci fino ad adesso di utilizzare in modo utilitaristico il lavoro giornalistico per trar-ne profitto, a scapito delle testate che la-vorano con impegno e professionalità per garantire al Paese l’attendibilità delle fonti.Una strategia che scontenta tutti: dall’Or-dine dei Giornalisti, all’Associazione Stam-

    pa Parlamentare, all’Usigrai che lamentano una violazione del diritto costituzionale dei cittadini a essere informati, previsto dall’ar-ticolo 21.Resta quindi da chiedersi cosa si nascon-de dietro la scellerata modalità informativa. In questa “illogica” scelta comunicazio-nale, degna di un confessionale del Gran-de Fratello, sembra celarsi (neanche poi così velatamente) l’intenzione di rafforza-re la figura del Premier, intento a sfrutta-re sempre più i canali social con obiettivi personali. Ecco che allora se da un lato si cerca di esautorare il Parlamento delle fun-zioni costituzionalmente garantite, da un altro si vuole - quasi disperatamente - uti-lizzare un’emergenza sanitaria per rinvigo-rire il consenso; in questo modo non solo si minano più volte le certezze della Carta Costituzionale, ma si manifesta una perico-losa tendenza verso un ambiguo presiden-zialismo, non in linea con quella forma di governo parlamentare propria della nostra Repubblica. Attenzione allora! Il rischio è di porre le basi di quel governo dispotico defi-nito da Nicolas Chamfort, in cui il superiore è vile e l’inferiore avvilito.© RIPRODUZIONE RISERVATA

    Qualcuno ha parlato della proposta Pd come di una tassasulla ricchezza. Niente di più falso. Si tratta solo di un attodi solidarietà verso gli italiani che usciranno a pezzi dalla crisi

    Non pago di sovvertire i crismi del diritto costituzionale con annunci da sovrano assoluto, il premier affi da a Fb le comunicazioni. Un anticipo di Grande Fratello. Quello vero

    Chi ha di più aiuta i più poveri: giusta l’idea dem

    Social e decreti, sono prove di dispotismo

    INTERVENTI

    Roberto Morassut* Antonio Martusciello– “è solo l’egoismo degli interessi particolari e la tentazione di un ritorno al passato, con il rischio di mettere a dura prova la convivenza pacifi ca e lo sviluppo delle prossime generazioni”.Lo Stato ha iniziato a fare la sua parte, con un pri-mo intervento da 400 milioni di euro a cui ne seguiranno altri. E anche l’Europa, al netto del-le discussioni sul metodo, sarà decisiva. Sul ruo-lo dell’Europa sorge spontanea una rifl essione: una piccola nazione come l’Italia, che fonda la sua economia sulle eccellenze e sulla piccola e me-dia impresa, di fronte a una crisi di questa porta-ta sarebbe tecnicamente fallita e avrebbe dovuto svendersi ai grandi colossi economici per sfama-re la popolazione. Lo scudo dell’Europa, malgra-do gli egoismi di alcuni Paesi e di alcune correnti politiche, sarà la nostra salvezza. Mai come oggi appare chiaro quanto il cosiddetto “sovranismo” sia una colossale idiozia.La seconda gigantesca questione che si è aper-ta riguarda il come ripartire quando l’emergenza sarà superata. Prima che il “nemico invisibile” ci costringesse a fermarci, il Governo e le istituzio-ni europee stavano mettendo in campo impor-tanti provvedimenti per convertire vasti comparti di produzione e renderli meno dannosi per il pia-neta. L’abbattimento delle emissioni di CO2, cau-sa del surriscaldamento globale, la tutela degli oceani e il contenimento del consumo di suolo

    – questione enorme in un Paese come il nostro, sempre più minacciato dal cambiamento clima-tico e dall’azione antropica – erano già al centro della nostra azione. Anche qui, la miopia dei cosiddetti “sovranisti” si è palesata nella surreale lettera inviata dal parti-to di Giorgia Meloni alla Presidente della Com-missione Europea, Ursula Gon der Leyen, per “dirottare” i fondi per il Green New Deal. Sarà proprio la nostra capacità di utilizzare il “nuovo inizio” per veicolare un modello di sviluppo al-ternativo basato su una strategia di economia cir-colare, su produzioni sostenibili e sul riutilizzo dell’esistente la chiave di quel boom economi-co che tutti auspichiamo. Il New Deal di Roose-velt degli Anni Trenta aveva tra i suoi programmi iniziali il “Civil Conservation Corp”, ovvero un gi-gantesco programma di opere civili per la messa

    in sicurezza del territorio ame-ricano, ancora in gran parte allo stato naturale ma in fase di cre-scente antropizzazione. Occor-revano dighe, ponti, strade ma soprattutto interventi di messa in sicurezza dalle frane e dalle al-luvioni, riforestazione di grandi territori per contrastare la deser-tifi cazione e le zone aride inter-ne. Il Green New Deal in Italia e in Europa deve avere tra i suoi obiettivi centrali questo stesso tipo di programma ed ispirar-si in qualche modo al New Deal originario. Da questa grande cri-si usciremo più forti se saremo in grado di cambiare parte delle nostre abitudini, del nostro mo-

    do di vivere, di produrre e di consumare. Se sare-mo in grado di mutare noi stessi e il nostro essere società, paradossalmente ne usciremo più forti e più resistenti. Ironico che in natura a far questo si-ano proprio i virus.

    *Sottosegretario all’AmbienteDeputato del Partito Democratico

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  • 11Mercoledì 15 aprile 2020

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    Il Dopo. Una parola si sta imponendo nell’ordine del giorno. Il Dopo che, anco-ra più stressando sui tempi, diventa la Fa-se 2, l’Inizio… la ripartenza.

    Vogliamo una data, che qualcuno indichi un termine sul calendario, perché dobbia-mo - letteralmente - uscirne fuori. Come se avessimo già superato il tempo (e i discor-si) delle mascherine, delle terapie intensive, dei bollettini della Protezione Civile. Sia-mo, vogliamo essere già oltre, certo anche per la necessità psicologica di esorcizzare la reclusione. Questa urgenza purtroppo ha un limite che forse non possiamo più permetterci, l’a-bitudine diventata cultura (e viceversa) del correre - anche in questa immobilità - sull’onda emotiva del qui-e-ora. Un limite che ha una radice nel modo in cui abbiamo organizzato questa nostra società, nel mi-to dell’effi cienza e dell�