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Il recesso dal contratto di lavoro

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Page 1: Il recesso dal contratto di lavoro Le ipotesi minori di estinzione del rapporto di lavoro a) Risoluzione consensuale o per mutuo consenso; b) Maturazione

Il recesso dal contratto di

lavoro

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Le ipotesi “minori” di estinzione Le ipotesi “minori” di estinzione del rapporto di lavorodel rapporto di lavoro

a)a) Risoluzione consensuale o per Risoluzione consensuale o per mutuo consenso;mutuo consenso;

b)b) Maturazione del termine nei Maturazione del termine nei rapporti a scadenza finale;rapporti a scadenza finale;

c)c) Morte del lavoratore;Morte del lavoratore;

d)d) Impossibilità sopravvenuta della Impossibilità sopravvenuta della prestazione.prestazione.

Page 3: Il recesso dal contratto di lavoro Le ipotesi minori di estinzione del rapporto di lavoro a) Risoluzione consensuale o per mutuo consenso; b) Maturazione

L’esercizio del potere di L’esercizio del potere di recesso dal rapporto di recesso dal rapporto di

lavorolavoro

Si tratta della causa di estinzione del rapporto Si tratta della causa di estinzione del rapporto di lavoro più rilevante dal punto di vista di lavoro più rilevante dal punto di vista normativo e sociale.normativo e sociale.

A seconda del contraente che pone in essere la A seconda del contraente che pone in essere la decisione “unilaterale” di recedere dal decisione “unilaterale” di recedere dal rapporto, si distinguono:rapporto, si distinguono:

1)1) Le dimissioni (da parte del lavoratore);Le dimissioni (da parte del lavoratore);2)2) Il licenziamento (da parte del datore di Il licenziamento (da parte del datore di

lavoro).lavoro).

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L’impostazione originaria, ancora in parte presente

nel codice civile

L’istituto giuridico del recesso dal rapporto

di lavoro nella filosofia dei codici

liberali: ognuna delle due ognuna delle due

parti può parti può liberamente liberamente recedere dal recedere dal

rapporto di lavoro rapporto di lavoro alle alle

medesime condizionimedesime condizioni

Il principio generale della c.d.

libera recedibilità

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La libera recedibilità nel codice civile del 1942:il recesso “ad nutum”

“Ciascuno dei contraenti può recedere dal

contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel

termine e nei modi stabiliti…”

(art. 2118 cod. civ.)(art. 2118 cod. civ.)

Ciascuno dei contraentipari significato giuridico

di dimissioni e

licenziamento

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L’unico limite imposto alle parti:

IL PREAVVISO

o la corrispondenteindennitàsostitutiva

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In alcuni casi viene meno anche il limite del preavviso

“ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto….

senza preavviso qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione,

anche provvisoria, del rapporto” (2119 c.c.)

La “giust

a causa

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1) Perché il licenziamento con preavviso ex art. 2118 c.c. rimane assolutamente

insindacabile dal giudice (è

sufficiente dare il preavviso o

corrispondere l’indennità sostitutiva)

2) Perché la mancanza di giusta causa ex

art. 2119 c.c., anche ove accertata dal

giudice, lascia comunque libero il

datore di licenziare, con l’unico limite della indennità sostitutiva del

preavviso

Pertanto, nel sistema del codice civileprevale la “libertà di licenziare”

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Le dimissioni del lavoratore creano al

datore di lavoro il mero fastidio di una sostituzione

Il licenziamento comporta invece

per il lavoratore la perdita della fonte

del proprio sostentamento

La diseguaglianza sostanziale dei contraenti

“Il contratto di lavoro

riguarda l’avere per il datore ma l’essere per il lavoratore”

(F. Santoro Passarelli)

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qual è il compromesso più accettabile per comporre il contrasto tra

libertà dell’iniziativa economica privata (art. 41 Cost)

e diritto al lavoro (art. 4 Cost)?

Dopo la Costituzione

La progressiva riduzione della libera recedibilità da

principio ad eccezione residuale

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La tendenza evolutiva dell’ordinamento italiano: tre

pilastri e due principi

I pilastri normativi: La legge 604 del

1966 L'art. 18 dello

Statuto La legge 108/1990

1. Selezionare le ipotesi

di legittimo recesso

del rapporto

per iniziativa del datore

2. Sottoporre il giudizio

di legittimità del recesso

al controllo

giurisdizionale

I DUE PRINCIPI

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La disciplina del licenziamento oggi: due tipologie di normative

(quando si può legittimamente

licenziare?)

Giusta causa e

giustificato motivo

(quali sono le conseguenze del

licenziamento illegittimo?)

Risarcimento o reintegra nel posto di

lavoro

(I) I LIMITI (II) I RIMEDI

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(I) I LIMITI SOSTANZIALI

Il licenziamento come recesso “vincolato”

LA GIUSTA CAUSA CAMBIA FUNZIONE

Non più finalizzata al mero riconoscimento

del preavviso Ma elevata ad

elemento di legittimità del licenziamento

(a partire dalla legge n. 604/1966)

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GIUSTA CAUSA(2119 c.c.)

Giustificato motivo(l. n. 604 del 1966):

SoggettivoNotevole inadempimentodegli obblighi contrattuali

Oggettivo: ragioni attinenti alla attività produttiva,

all’organizzazione del lavoro e al regolare

funzionamento di essa

Il principio della causalità del recesso

Gravissimo inadempimento

delle obbligazioni contrattuali

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(A) LA NOZIONE DI GIUSTA CAUSA

Solo “gravissimo” inadempimento contrattuale o anche circostanze

esterne al sinallagma contrattuale?

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Il principio generaleUna condotta di norma irrilevante ai fini della lesione del rapporto fiduciario tra dipendente e datore di lavoro, può integrare giusta causa di licenziamento qualora fatti e comportamenti

estranei alla sfera del contratto siano tuttavia tali da far venire meno quella fiducia che

costituisce il presupposto essenziale della collaborazione tra datore e prestatore di lavoro.

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(B) Il giustificato motivo di licenziamento

Oggettivo: ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del

lavoro e al regolare funzionamento di essa

Soggettivo: notevole inadempimento degli obblighi contrattuali I rapporti con la nozione

di giusta causa: il confronto “quantitativo” fra le modalità dell’inadempimento

Insindacabilità di fondo delle scelte datoriali, Insindacabilità di fondo delle scelte datoriali, mitigata solo damitigata solo da:

Verifica “minima” circa la veridicità della ragione addotta Verifica del nesso di causalità tra scelta imprenditoriale e

conseguenza Osservanza dell’obbligo di “ripescaggio” in altra mansione

(licenziamento come extrema ratio)

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(C) Fattispecie di licenziamento invalido, diverse dalla annullabilità

(mancanza di giusta causa o giustificato motivo)

Il Il licenziamenlicenziamen

to nulloto nullo Discriminatorio, Intimato durante

il periodo di malattia o maternità

In occasione di matrimonio della lavoratrice

Il licenziamento Il licenziamento inefficaceinefficace

Privo delle forme prescritte

1) Comunicazione per iscritto 2) Possibilità di richiedere i motivi entro 15 giorni

3) Obbligo di rispondere entro 7 giorni

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L’impugnativa del licenziamento

Art. 6, l. 604/1966:

Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni

dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta;

ovvero della comunicazione, sempre in forma scritta, dei motivi ove questa non

sia contestuale a quella del licenziamento.

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L’impugnativa può essere:

GIUDIZIALE EXTRAGIUDIZIALE

qualsiasi atto scritto idoneo a rendere nota la volontà del

lavoratore

impedisce, in ognicaso,

la decadenza

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Le novità introdotte dalla l. 183/2010 (c.d. collegato lavoro)

In caso di impugnativa extragiudiziale, questa e' inefficace se non e' seguita, entro il successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.

Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo. (art. 32, comma 2, l. n. 183 del 2010)

La disposizione si applica anche al “recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalita' a progetto, di cui all'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile”. (art. 32, comma 3, l. n. 183 del 2010)

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(II)I RIMEDI

(quali sono le conseguenze del licenziamento illegittimo perché privo di

giusta causa o giustificato motivo?)

RISARCIMENTO o

EFFETTIVA REINTEGRA nel posto di lavoro

Tutelaobbligatoria

Tutelareale

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Unità produttive

fino a 15 dipendenti

Unità con più

di 15 o datoricon più di 60

dipendenti

Area della stabilitàobbligatoria

Area della stabilità reale

L’intensità L’intensità della tutela della tutela

dipende dipende dalle dalle

dimensioni dimensioni dell’unità dell’unità produttiva produttiva

ove avviene ove avviene il recessoil recesso

Tutele e “dimensioni” dell’azienda

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1) COSA SI INTENDE PER “TUTELA OBBLIGATORIA”

(art. 8 l. 604/1966)

Quando risulti accertato che non

ricorrono gli estremi del

licenziamento per giusta causa o per

giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di

lavoro

…o, in mancanza, a risarcire il danno

versandogli un’indennità di

importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità

dell’ultima retribuzione globale di fatto (elevabile a

fino a 10 o 14 mensilità per lavoratori con

anzianità di servizio superiore a 10 o 20

anni)

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Una norma pragmatica…

Nell’ambito della tutela obbligatoria, il licenziamento privo di giustificazione è illegittimo, ma è

ugualmente idoneo a produrre i suoi

effetti

La finta alternativa tra riassunzione e

pagamento dell’indennità

La monetizzazione di fatto del

licenziamento

…e un po’ ipocrita

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2) La “TUTELA REALE”

(art. 18 l. 300/1970)

il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il

licenziamento o annulla il licenziamento intimato senza

giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità, ordina al datore di lavoro di

reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.

inefficaceannulla

nullità

reintegrare

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La sanzione risarcitoria accessoria alla“TUTELA REALE” (art. 18 l. 300/1970)

Il giudice con la sentenza di cui al primo comma condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore stabilendo un'indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione e al versamento dei relativi contributi assistenziali e previdenziali; in ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto

dal giorno del licenziamentosino a quello dell'effettiva reintegrazione

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Tutela reale: la novella della legge n. 108 del 1990

ha previsto l’indennità sostitutiva della reintegra

“Il lavoratore ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in

sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità

pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto”

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La differenza fra tutela reale e obbligatoria

Tutela reale: comporta la reintegrazione del lavoratore, dunque il licenziamento illegittimamente intimato è considerato “tamquam non esset”

Tutela obbligatoria:Tutela obbligatoria:

Comporta la semplice Comporta la semplice “riassunzione” del “riassunzione” del lavoratore, con lavoratore, con costituzione costituzione ex ex novonovo di un rapporto di un rapporto di lavoro.di lavoro.

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3) Area in cui si applica ancora il principio della libera recedibilità

(art. 2118 cod. civ.)

I lavoratori domesticiI lavoratori domestici I lavoratori I lavoratori

ultrasessantacinquenni in ultrasessantacinquenni in possesso dei requisiti per la possesso dei requisiti per la pensione, salvo che non abbiano pensione, salvo che non abbiano optato per la prosecuzione del optato per la prosecuzione del rapporto rapporto

I lavoratori in provaI lavoratori in prova I dirigenti (salva la I dirigenti (salva la

“giustificatezza” del recesso se “giustificatezza” del recesso se prevista dal CCNL)prevista dal CCNL)

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Due casi in cui si applicano discipline sanzionatorie peculiari

PRIMA IPOTESI Casi in cui, anche nelle piccole imprese e anche

nell’area del licenziamento ad nutum, si applica

SEMPRE la tutela reale

SECONDA IPOTESICasi in cui si applica

SEMPRE la tutela obbligatoria, con

esclusione di quella reale

IL LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO

LE ORGANIZZAZIONIDI TENDENZA

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Definizione di “LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO”

L’art. 3, legge n. 108 del 1990 lo identifica mediante rinvio all’art. 4, l. n. 604 del 1966 e all’art. 15,

st. lavoratori

“discriminazione per motivi sindacali, politici, religiosi, razziali, di lingua, di sesso, di handicap, di età, basati sull’orientamento sessuale o sulle convinzioni personali”.

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Definizione di “organizzazione di tendenza”

“datori di lavoro non imprenditori che svolgono

senza fini di lucro attività di natura politica, sindacale,

culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto”

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Il recesso da parte del lavoratore: le dimissioni volontarie

Si applica al caso delle dimissioni la disciplina civilistica: esercizio

di un diritto potestativo (atto unilaterale recettizio)

esercitando il quale si determina, unilateralmente, il momento

terminale di un contratto stipulato a tempo indeterminato (artt. 1373, comma 2 e 1334 cod.

civ.)

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Il preavviso e il caso delle dimissioni “per giusta causa”

-Ai sensi dell’art. 2118 cod. civ., è normalmente dovuto, da parte del lavoratore, il preavviso o l’indennità sostitutiva nella misura prevista dai CCNL (in questo secondo caso, mediante trattenuta sul TFR).

- Ai sensi dell’art. 2119, 1° comma, ultima parte, cod. civ., “al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l’indennità per mancato preavviso”.

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Il caso del “vizio del consenso”

Corte di Cassazione 18 marzo 2008, n. 7292:

“Ai fini dell’annullabilità dell’atto di dimissioni del lavoratore subordinato per lo stato di incapacità ex art. 428 c.c. occorre provare che il dichiarante si trovasse in uno stato di incapacità di intendere o di volere, per qualsiasi causa, anche transitoria”

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Il caso delle dimissioni della lavoratrice madre

Art. 55, comma 4, d. lgs. n. 151/2001:

“la richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino…deve essere convalidata dal servizio ispettivo del ministero del lavoro, competente per territorio. A detta convalida è condizionata la risoluzione del rapporto di lavoro”

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Il licenziamento collettivo e la specificità della disciplina di tutela (essenzialmente

procedurale)

LEGGE 23 luglio 1991, n. 223 (traspositiva di una direttiva comunitaria), modificata da:-legge n. 236/1993 -d. lgs. n. 151/1997-d. lgs. n. 110/2004

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Cosa si intende per licenziamento collettivo

La legge n. 223 del 1991 fissa un duplice criterio:

a) Criterio numerico – quantitativo

b) Criterio qualitativo

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Criterio quantitativo

Datore di lavoro con più di 15 dipendenti che intenda effettuare:

• almeno 5 licenziamenti

• nell’arco di 120 giorni

• in ciascuna o più unità produttive nell’ambito del territorio di una stessa provincia

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Criterio qualitativo

Il licenziamento collettivo ricorre quando è conseguenza di una “riduzione o trasformazione di attività o di lavoro”

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La distinzione dal licenziamento per g.m.o.

La distinzione non attiene alle causali del licenziamento, bensì semplicemente alla “soglia quantitativa”.

Si può avere dunque il caso del licenziamento plurimo per g.m.o., che non rientra nel campo di applicazione della l. n. 223/91

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Il collegamento fra disciplina del licenziamento collettivo e la CIGS

E’ possibile ricorrere alla procedura di licenziamento collettivo:

1) In via diretta (esubero irreversibile di personale)

2) In via indiretta (dopo avere inutilmente fatto ricorso all’intervento della cassa integrazione guadagni straordinaria)

In ambedue i casi, il licenziamento collettivo è accompagnato dalla iscrizione nella c.d. “lista di mobilità”, che costituisce una sorta di “anticamera del licenziamento”

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La procedura per la dichiarazione di mobilità, propedeutica alla decisione di

licenziare

La prima fase c.d. SINDACALE (obbligatoria, da esaurirsi entro 45 gg.):

A) Comunicazione scritta alle RSU e ai sindacati di categoria …..

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Il contenuto della comunicazione Motivi che determinano la situazione di eccedenza Motivi tecnici, organizzativi o produttivi, per i quali si

ritiene di non potere adottare misure idonee a porre rimedio alla situazione ed evitare, in tutto o in parte, la dichiarazione di mobilità

Numero, collocazione aziendale e profili professionali del personale eccedente nonché del personale abitualmente impiegato

Tempi di attuazione del programma di mobilità Eventuali misure programmate per fronteggiare le

conseguenze sul piano sociale della attuazione del programma medesimo

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La procedura per la dichiarazione di mobilità, propedeutica alla decisione di licenziare

B) Richiesta di esame congiunto inoltrata dalle OO.SS. al datore di lavoro………

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Il contenuto dell’esame congiunto Esame cause che hanno contribuito a determinare

l’eccedenza di personale Possibilità di reimpiego di tutto o di parte del personale

eccedente (anche mediante contratti di solidarietà e forme flessibili di gestione del tempo di lavoro)

Possibilità, in caso di accordo, di stabilire, anche in deroga all’art. 2103 c.c., l’assegnazione dei lavoratori a mansioni diverse da quelle svolte

Possibile ricorso a misure sociali di accompagnamento ai licenziamenti (misure volte alla riqualificazione e riconversione dei lavoratori licenziati)

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La procedura per la dichiarazione di mobilità, propedeutica alla decisione di

licenziare

La seconda fase c.d. AMMINISTRATIVA (eventuale, da esaurirsi entro 30 gg.):

a) La Direzione provinciale del lavoro – ricevuta la comunicazione di esito negativo - convoca le parti per un nuovo esame della situazione

b) formula proposte per la realizzazione di un accordo

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La dichiarazione di messa in mobilità (ovvero il licenziamento collettivo), entro 120 gg. dalla

conclusione della procedura

L’individuazione dei lavoratori deve avvenire in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri previsti da contratti collettivi, ovvero, in mancanza di questi contratti, nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso tra loro: a) carichi di famiglia; b) anzianità; c) esigenze tecnico-produttive ed organizzativi.

I criteri contrattuali, se previsti, prevalgono sui primi, e possono essere ispirati a una logica finanche opposta (per es. il caso dei criteri che “penalizzano” i lavoratori più anziani, in quanto più vicini all’età pensionabile)

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Le comunicazioni relative ai licenziamenti

L’attuazione del licenziamento collettivo va contestualmente comunicata per iscritto a:

1) I lavoratori interessati, con osservanza del termine di preavviso;

2) Alla Direzione regionale del lavoro e ai sindacati di categoria, con puntuale indicazione delle modalità di applicazione dei “criteri di scelta”.

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Il regime delle sanzioni

Violazione procedure: inefficacia

Violazione criteri di scelta:annullabilità (da impugnarsi

entro 60 gg. dalla comunicazione)

Tutela reale (art. 18 L. 300/1970)

• reintegrazione nel posto di lavoro•risarcimento del danno (indennità commisurata alla retribuzione globale di fattodalla data del licenziamento a quella dell’effettiva reintegrazione)•pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali(dal momento del licenziamento fino all’effettiva reintegrazione)•in alternativa alla reintegrazione, facoltà del lavoratore di richiedere un’indennità pari a 15 mensilità della retribuzione

In caso di reintegrazione, possibilità di procedere al licenziamento di un numero di lavoratori pari al numero di quelli reintegrati senza dovere esperire una nuova procedura (art. 17 L. 223/91)

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La collocazione in mobilità del lavoratore

L’iscrizione nella lista di mobilità che si forma si base regionale comporta due conseguenze:

1) Chi assume lavoratori in mobilità fruisce di rilevanti sconti contributivi

2) I lavoratori collocati in mobilità percepiscono una indennità erogata dall’INPS per un periodo che va da 1 a 4 anni (a seconda dell’età e della collocazione geografica).