"il grande rimpasto di obama per il suo secondo mandato", in "l'opinione delle...

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Direttore ARTURO DIACONALE Fondato nel 1847 - Anno XVIII N.8 - Euro 1,00 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 - DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale Venerdì 11 Gennaio 2013 delle Libertà L’incognita della crisi reale sui piani dei partiti idea di Pier Luigi Bersani per il dopo elezioni prevede un Pd vincitore sia alla Camera che al Senato che si apre magnanima- mente alla collaborazione con il centro di Mario Monti offrendo al Professore non la presidenza della Repubblica, come era stato ipotizzato in passato, ma un sem- plice incarico ministeriale. L’idea di Silvio Berlusconi per il dopo elezioni ipotizza che il Pdl, dopo aver imposto il pareggio al Pd al Senato e ridimensionato il disegno di Monti di conquistare il ruolo di dominus centrale della politica italiana, sia disponibile ad una trattativa per una grande coali- L’ zione o, in alternativa, si rinserri all’opposizione in attesa del pre- vedibile collasso di una eventuale coalizione sinistra-centro incapace di fronteggiare la crisi. L’idea di Mario Monti, invece, è di impe- dire la vittoria piena del Pd, di li- mitare al massimo il recupero del Pdl e di cercare di trasformare l’area centrista non nella “stam- pella” della sinistra ma nell’asse centrale della politica come ai bei tempi del sistema tolemaico de- mocristiano. Le tre idee hanno in comune un chiaro schematismo politolo- gico e la totale sottovalutazione di una incognita che potrebbe sconvolgere non tanto l’andamen- to di una campagna elettorale bre- vissima, quanto proprio quel do- po elezioni su cui puntano gli occhi i leader dei tre principali schieramenti politici. Questa in- cognita è la situazione reale del paese. Che, a dispetto delle trion- falistiche dichiarazioni di chi as- sicura che il governo tecnico ab- bia salvato l’Italia dal baratro, sono sempre più pesanti, dram- matiche, potenzialmente esplosive. Finita l’overdose elettoralistica, che sopisce in qualche modo le tensioni che montano dentro la società nazionale, la realtà tornerà a far sentire i suoi effetti devastan- ti. Perché nel frattempo la crisi non sarà diminuita ma aumenta- ta, la recessione non sarà regredita ma crescita, i consumi non saran- no tornati ai livelli degli anni pre- cedenti ma avranno subito un ul- teriore calo, l’occupazione non avrà avuto alcuna ripresa ma sarà precipitata ulteriormente, le dif- ficoltà delle aziende e dei lavora- tori non saranno diminuite ma aumentale ed il peso dell’apparato burocratico dello stato sul citta- dino rappresentato da una pres- sione fiscale insostenibile non si sarà allentata ma avrà subito una ennesima impennata. Continua a pagina 2 La sinistra parabola di un’ex confindustriale e pensavate di averle viste tut- te, mettetevi comodi e arma- tevi di pop-corn. Questa campa- gna elettorale che pare ormai una guerra di figurine (e figuranti) ci riserverà ancora moltissime sor- prese, alcune belle, altre meno. Nella top ten delle cose (e del- le facce) da ricordare c’è senza ombra di dubbio la discesa in campo di Giampaolo Galli, diret- tore generale di Confindustria prima con Emma Marcegaglia e poi con Giorgio Squinzi. È perso- na preparata e stimatissima tra- sversalmente ma, come accade spesso a chi sta dalle parti di viale dell’Astronomia, soffre di leggero S strabismo politico. All’inizio del 2012, Galli era salito agli onori della cronaca per un’affermazione decisamente con- divisibile da qualsiasi persona di buonsenso. «Ad un certo punto - aveva affermato alla trasmissione di La7 Omnibus - dovremo porci anche la prospettiva del licenzia- mento degli statali». Apriti cielo. Di rimbalzo la segretaria della Fp-Cgil, Rossana Dettori aveva definito Galli «senza idee», de- scrivendolo come uno che «pre- ferisce raschiare il fondo facendo pagare il costo interamente ai ceti meno abbienti, puntato il dito contro il solito capro espiatorio, il pubblico impiego». Sibillina la posizione ufficiale del sindacato di Susanna Camusso: «Confindu- stria deve stare più attenta a quel che dice». Galli è sempre stato un diret- tore generale di Confindustria ab- bastanza presente. E così, tra un’ospitata a Ballarò e l’altra, a marzo del 2012, con il dibattito sulla riforma Fornero in pieno svolgimento, il nostro torna a bomba sul tema del lavoro. «Re- stiamo un paese in cui licenziare è particolarmente difficile e co- stoso», spiegava sicuro interve- nendo ad un incontro organizzato dal Pdl a Milano. Non pago di questo suo presenzialismo quan- tomeno singolare, il direttorissi- mo finisce anche tra i primi fir- matari del manifesto gianninano di “Fermare il Declino”. A meno di 12 mesi di distanza da quelle prese di posizioni e sconfessando tutto quanto detto e fatto da Confindustria in questi anni, Galli lascia il Team Squinzi e vola verso un seggio sicuro a Montecitorio. Continua a pagina 2 di SIMONE BRESSAN La carrozza che porterà Giampaolo Galli a sedere in Parlamento ha l’insegna del Pd, è guidata da Bersani e ha stretto una solida alleanza con Vendola. Lo stesso partito che in Campania ha scelto Epifani di ARTURO DIACONALE L’idea del presidente del Consiglio di tagliare le “ali estreme” degli schieramenti bipolari è diventata una pia illusione. Con una situazione sociale incandescente, saranno proprio loro a menare le danze Palermo, la procura vota Ingroia K I pm di Palermo non ci stanno. Ed entrano, anche se indirettamente, in campagna elettorale, facendo un fa- vore al loro collega “in sonno” Antonio Ingroia. Per loro «la trattativa Stato- mafia ci fu e partì da un preciso input politico». La regia di questo tentativo di trovare un’intesa con Cosa Nostra per mettere fine alle stragi, insomma, si trovava ai massimi vertici delle isti- tuzioni. Non fu dunque iniziativa iso- lata di «pezzi dello Stato», come affermano le conclusioni della com- missione antimafia, ma di alti espo- nenti delle istituzioni. Con i carabinieri del Ros a svolgere il ruolo di braccio operativo. Al termine della loro requisi- toria nell’aula bunker dell’Ucciardone, la procura ha chiesto il rinvio a giudi- zio di tutti gli imputati. Tra questi, l’ex ministro Nicola Mancino, l’ex ministro Calogero Mannino, il senatore Marcello Dell’Utri e i boss Leoluca Bagarella, Totò Riina, Giovanni Brusca e Anto- nino Ciná. Stessa richiesta anche per tre alti ufficiali dei Ros, i generali Mario Mori e Antonio Subranni e l’ex colon- nello Giuseppe De Donno.

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Barack Obama Hillary Clinton John O. Brennan Chuck Hagel John F. Kerry Dipartimento di Stato Ministero della Difesa (USA) CIA Hamas Hezbollah

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Direttore ARTURO DIACONALE Fondato nel 1847 - Anno XVIII N.8 - Euro 1,00

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 - DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale

Venerdì 11 Gennaio 2013

delle Libertà

L’incognita della crisi reale sui piani dei partiti idea di Pier Luigi Bersani per

il dopo elezioni prevede unPd vincitore sia alla Camera cheal Senato che si apre magnanima-mente alla collaborazione con ilcentro di Mario Monti offrendoal Professore non la presidenzadella Repubblica, come era statoipotizzato in passato, ma un sem-plice incarico ministeriale. L’ideadi Silvio Berlusconi per il dopoelezioni ipotizza che il Pdl, dopoaver imposto il pareggio al Pd alSenato e ridimensionato il disegnodi Monti di conquistare il ruolodi dominus centrale della politicaitaliana, sia disponibile ad unatrattativa per una grande coali-

L’ zione o, in alternativa, si rinserriall’opposizione in attesa del pre-vedibile collasso di una eventualecoalizione sinistra-centro incapacedi fronteggiare la crisi. L’idea diMario Monti, invece, è di impe-dire la vittoria piena del Pd, di li-mitare al massimo il recupero delPdl e di cercare di trasformarel’area centrista non nella “stam-pella” della sinistra ma nell’assecentrale della politica come ai beitempi del sistema tolemaico de-mocristiano.

Le tre idee hanno in comuneun chiaro schematismo politolo-gico e la totale sottovalutazionedi una incognita che potrebbe

sconvolgere non tanto l’andamen-to di una campagna elettorale bre-vissima, quanto proprio quel do-po elezioni su cui puntano gliocchi i leader dei tre principalischieramenti politici. Questa in-cognita è la situazione reale delpaese. Che, a dispetto delle trion-falistiche dichiarazioni di chi as-sicura che il governo tecnico ab-bia salvato l’Italia dal baratro,sono sempre più pesanti, dram-matiche, potenzialmente esplosive.Finita l’overdose elettoralistica,che sopisce in qualche modo letensioni che montano dentro lasocietà nazionale, la realtà torneràa far sentire i suoi effetti devastan-

ti. Perché nel frattempo la crisinon sarà diminuita ma aumenta-ta, la recessione non sarà regreditama crescita, i consumi non saran-no tornati ai livelli degli anni pre-cedenti ma avranno subito un ul-teriore calo, l’occupazione nonavrà avuto alcuna ripresa ma saràprecipitata ulteriormente, le dif-ficoltà delle aziende e dei lavora-tori non saranno diminuite maaumentale ed il peso dell’apparatoburocratico dello stato sul citta-dino rappresentato da una pres-sione fiscale insostenibile non sisarà allentata ma avrà subito unaennesima impennata.

Continua a pagina 2

La sinistra parabola di un’ex confindustriale e pensavate di averle viste tut-

te, mettetevi comodi e arma-tevi di pop-corn. Questa campa-gna elettorale che pare ormai unaguerra di figurine (e figuranti) ciriserverà ancora moltissime sor-prese, alcune belle, altre meno.

Nella top ten delle cose (e del-le facce) da ricordare c’è senzaombra di dubbio la discesa incampo di Giampaolo Galli, diret-tore generale di Confindustriaprima con Emma Marcegaglia epoi con Giorgio Squinzi. È perso-na preparata e stimatissima tra-sversalmente ma, come accadespesso a chi sta dalle parti di vialedell’Astronomia, soffre di leggero

S strabismo politico.All’inizio del 2012, Galli era

salito agli onori della cronaca perun’affermazione decisamente con-divisibile da qualsiasi persona dibuonsenso. «Ad un certo punto -aveva affermato alla trasmissionedi La7 Omnibus - dovremo porcianche la prospettiva del licenzia-mento degli statali». Apriti cielo.Di rimbalzo la segretaria dellaFp-Cgil, Rossana Dettori avevadefinito Galli «senza idee», de-scrivendolo come uno che «pre-ferisce raschiare il fondo facendopagare il costo interamente ai cetimeno abbienti, puntato il ditocontro il solito capro espiatorio,

il pubblico impiego». Sibillina laposizione ufficiale del sindacatodi Susanna Camusso: «Confindu-stria deve stare più attenta a quelche dice».

Galli è sempre stato un diret-tore generale di Confindustria ab-bastanza presente. E così, traun’ospitata a Ballarò e l’altra, amarzo del 2012, con il dibattitosulla riforma Fornero in pienosvolgimento, il nostro torna abomba sul tema del lavoro. «Re-stiamo un paese in cui licenziareè particolarmente difficile e co-stoso», spiegava sicuro interve-nendo ad un incontro organizzatodal Pdl a Milano. Non pago di

questo suo presenzialismo quan-tomeno singolare, il direttorissi-mo finisce anche tra i primi fir-matari del manifesto gianninanodi “Fermare il Declino”.

A meno di 12 mesi di distanzada quelle prese di posizioni esconfessando tutto quanto dettoe fatto da Confindustria in questianni, Galli lascia il Team Squinzie vola verso un seggio sicuro aMontecitorio.

Continua a pagina 2

di SIMONE BRESSAN

La carrozza che porteràGiampaolo Galli a sedere in Parlamento ha l’insegna del Pd, è guidata da Bersani e ha stretto una solidaalleanza con Vendola. Lo stesso partitoche in Campania ha scelto Epifani

di ARTURO DIACONALE

L’idea del presidente del Consiglio di tagliare le “ali estreme” degli schieramenti bipolari è diventata una pia illusione.Con una situazione sociale incandescente, saranno proprio loro a menare le danze

Palermo, la procura vota IngroiaK I pm di Palermo non ci stanno.Ed entrano, anche se indirettamente, incampagna elettorale, facendo un fa-vore al loro collega “in sonno” AntonioIngroia. Per loro «la trattativa Stato-mafia ci fu e partì da un preciso inputpolitico». La regia di questo tentativodi trovare un’intesa con Cosa Nostraper mettere fine alle stragi, insomma,si trovava ai massimi vertici delle isti-tuzioni. Non fu dunque iniziativa iso-lata di «pezzi dello Stato», comeaffermano le conclusioni della com-missione antimafia, ma di alti espo-nenti delle istituzioni. Con i carabinieridel Ros a svolgere il ruolo di bracciooperativo. Al termine della loro requisi-toria nell’aula bunker dell’Ucciardone,la procura ha chiesto il rinvio a giudi-zio di tutti gli imputati. Tra questi, l’exministro Nicola Mancino, l’ex ministroCalogero Mannino, il senatore MarcelloDell’Utri e i boss Leoluca Bagarella,Totò Riina, Giovanni Brusca e Anto-nino Ciná. Stessa richiesta anche pertre alti ufficiali dei Ros, i generali MarioMori e Antonio Subranni e l’ex colon-nello Giuseppe De Donno.

di CLAUDIO ROMITI

n questo inizio di campagna elet-torale scendono in campo i pa-

gliacci di ogni schieramento poli-tico. Clown di un sistema che tassae spende ben oltre metà del redditonazionale pronti a giurare il taglioo l’eliminazione di questa o quellaimposta.

Persino Monti, dopo aver por-tato il carico tributario ad un li-vello mai raggiunto prima, sta rac-contando che è possibile invertirela folle tendenza in atto. E se a de-stra Berlusconi promette di elimi-nare l’Imu sulla prima casa aumen-tando le tasse sui giochi, lesigarette e gli alcolici, a sinistra iteorici dell’attuale welfare strac-cione che costa un occhio della te-sta come Bersani, Fassina e Ven-dola propongono di ridurre leimposte su chi lavora tartassandoi ricchi peggio del loro collegad’Oltralpe Hollande. Ma nessunodi questi personaggi da circo ha ilcoraggio di rilevare che nel corsodegli ultimi 20 anni la mano pub-blica ha raggiunto un tale livellodi costi e di intrusività che nessunpannicello caldo, nessuna partitadi giro e nessun giochino delle trecarte potrà risultare efficace.

Il declino di una democraziasempre più stritolata da un collet-tivismo strisciante che distrugge lalibera iniziativa, premiando semprepiù chi non produce nulla, avrebbebisogno di ben altre risposte peressere contrastato.

Secondo gli ultimi dati la pres-sione fiscale media sulle impresein Italia è di oltre 20 punti supe-riori a quella della Germania, oltre30 rispetto a Stati uniti e Gran Bre-tagna. Ebbene, senza una tagliodrastico di una spesa corrente cheha oramai raggiunto gli 800 mi-liardi di euro la “nuova” riparti-

I

zione delle imposte portata avantidal fronte delle sinistre potrà almassimo alleggerire la produzionedi qualche risibile decimale. Maper ridurre la mostruosità di unprelievo che sfiora il 70% non ba-sta far piangere qualche presuntoriccone, come minaccia l’irrespon-sabile demagogia di Vendola &company.

Quando il 94% di questa enor-me massa di risorse serve solo perfar funzionare la macchina statale,riservando il resto delle briciole al-la spesa per investimenti, risultapiù che evidente che qualunquenuova entrata non può che serviread alimentare un sistema impazzi-to. E sebbene al circo Barnum delleelezioni vanno in scena gli illusio-nisti di tutti i colori, se non si ab-batte il soviet della spesa pubblicasiamo destinati a breve a raccoglie-re cicoria nei campi.

di MARCO RESPINTI

l secondo mandato presidenzialedi Barack Obama, che si ri-in-

sedierà ufficialmente il 21 gennaio,inizia con un rimpasto di governo.Tre sono gli avvicendamenti: JohnF. Kerry andrà al Dipartimento diStato al posto di Hillary Clinton;John O. Brennan salirà al verticedella Cia in sostituzione del dimis-sionario generale David Petraeus;e Charles Timothy “Chuck” Hagelcapitanerà il ministero della Dife-sa. Con la sola eccezione del Te-soro (Timothy Geithner potrebbelasciarne presto la guida), il restorimane esattamente com’è dal gen-naio 2009, compresi gabinettichiave quali la Giustizia affidataa Eric Holder (campione dei “di-ritti civili”), l’Educazione in manoad Arne Duncan (fiero sostenitoredel “matrimonio” omosessuale) ela Salute guidata da Kathleen Si-belius, sostenitrice granitica diquella riforma sanitaria obamianache obbliga i datori di lavoro a pa-gare ai dipendenti mutue com-prensive anche dei metodi di con-trollo delle nascite (contraccezione,aborto, sterilizzazione).

La nomina di Kerry fu vocife-rata subito dopo le elezioni del 6novembre 2012; poi entrò in giocòla candidatura dell’attuale amba-sciatrice americana all’Onu, SusanRice, ma l’onda lunga dell’assas-sinio dell’ambasciatore J. Christo-pher Stevens a Bengazi l’11 set-tembre mandò tutto a monte ametà dicembre; e così alla fineKerry è tornato in gioco e in sella.

L’unica cosa certa da sempre èstata la partenza di Hillary. In mo-do che possa tornare a pensare, sevuole, alla Casa Bianca, ricomin-ciando da dove tutto s’interruppenella primavera del 2008 allorchéla matematica – e il favore dei capi

Idel Partito Democratico – la co-strinsero a gettare la spugna pro-prio nei confronti di Obama.

Ovviamente è assolutamenteprematuro dire se la Clinton cer-cherà l’elezione presidenziale nel2016, ma se decidesse di farlo ècerto che l’essere stata per temposciolta da incarichi di governol’aiuterà. Potrà infatti presentarsiun poco più da “indipendente”,sganciarsi alquanto dagli aspettipiù imbarazzanti della politicaobamiana e persino provare a ri-ciclarsi come personaggio se nonesattamente nuovo almeno oppor-tunamente decantato.

Con tutta probabilità, invece,questi stessi motivi maturerannodall’arrivo di Kerry l’effetto oppo-sto: taglieranno cioè definitiva-mente fuori l’ex front runner De-mocratico da ogni velleitàpresidenziale.

Il secondo nome di Kerry è datempo quello di “trombato”. Persenel 2004 contro George W. Bushfiglio con un numero di voti infe-riore persino a quelli ottenuti nel2008 dallo sconfitto (da Obama)John McCain. Del resto la sua de-bolezza politica maggiore è semprestata proprio la politica estera (dicui invece da Segretario di Statodovrà cibarsi quotidianamente) eil suo passato da figlio dei fiori pa-cifista (e filocomunista, assieme al-la nota attrice Jane fonda) non gliha mai giovato. Bilanceranno, pe-rò, i suoi tentennamenti (sosten-gono molti) i due “duri” che Oba-ma ha voluto mettergli al fianco:un Repubblicano piuttosto di de-stra come Hagel alla Difesa e il ve-terano dello spionaggio Brennanalla CIA.

Il primo è infatti un veteranodecorato della Guerra del Vietname il secondo è stato fino a oggi acapo di quell’antiterrorismo che

tra l’altro ha eliminato Osama binLaden.

Ma non tutto è esattamente co-me appare. Brennan, infatti, finoa oggi senatore del Nebraska, è sìun Repubblicano alquanto con-servatore, ma appartiene graniti-camente alla corrente “isolazioni-sta”: quella “scuola di pensiero”,cioè, contraria per principioagl’impegni militari statunitensiall’estero, sempre e comunque im-pegnata a ridurre le spese militarie costantemente favorevole al ri-tiro unilaterale delle forze armateda qualsiasi fronte di guerra. Ben-ché poggi su fondamenti culturaliben diversi, al lato pratico è cioèuna mentalità spesso indistingui-bile dalle politiche invocate e pra-ticate della Sinistra. E se i suoi ef-fetti concreti dentro unacompagine di governo non menoanche se (assai) diversamente con-servatrice possono essere di un cer-to tipo, dentro un contesto di po-tere di sinistra essi finiscono peressere ben diversi. Per di più Hagelce l’ha smaccatamente da semprecon Israele e con quella che defi-nisce la “lobby israeliana” negliStati Uniti.

Quanto a Brennan, nonostantei delicati incarichi di sicurezza na-zionale riscoperti, da anni ha famadi essere un “amico” di Hamas edi Hezbollah. Lo affermano organidi stampa conservatori come peresempio Front Page Magazine eThe Weekly Standard, da tempopure una testata che si autodefini-sce «la nave ammiraglia della Si-nistra» quale The Nation e sottosotto anche algidi specchi dei “solifatti” come The Economist.

Al tempo dell’Obama-bis, in-somma, la politica interna statu-nitense resterà la stessa sin qui co-nosciuta. Quella estera sarà inveceanche peggio.

IIPOLITICAII

segue dalla prima

L’incognita crisisui piani dei partiti(...) In queste condizioni l’idea del presi-dente del Consiglio di tagliare le ali estremedegli schieramenti bipolari diventare unapia illusione. Perché, con una situazione so-ciale diventata incandescente, saranno pro-prio le ali estreme a menare le danze dellapolitica italiana. Già si parla, ad esempio, di una possibileseparazione della componente di Sel dalloschieramento bersaniano e di una sua pos-sibile convergenza con i giustizialisti rivo-luzionari di Antonio Ingroia. E non è af-fatto difficile ipotizzare che di fronte allaentrata in vigore di quel redditometro in-ventato dai burocrati dalla cultura paupe-rista ma dai portafogli personali pieni, l’in-tero Nord su cui grava il peso maggioredella pressione fiscale, possa spingere la Le-ga e lo stesso Pdl a compiere gesti clamorosidi protesta e di rottura.La crisi e la sua sottovalutazione da partedi chi ragiona solo in termini politicisti, insostanza, rappresentano una incognita chese dovesse scattare stravolgerebbe ogni ge-nere di piano studiato a tavolino. E rende-

rebbe o obbligatoria, come una sorta di ul-tima spiaggia, il ricorso alla grande coali-zione o trasformerebbe le ali estreme in ci-cloni diversi ma convergenti destinati amandare tutto in pezzi. Come nelle prima-vere arabe che si sono presto rivelate delle

estate segnate da vampate di furia incon-trollata ed incontrollabile.Chi pensa alle liste, oggi, non si pone que-sto problema. Ma presto o tardi lo dovràaffrontare. E c’è il serio rischio che aven-dolo ignorato non sappia farlo.

ARTURO DIACONALE

La sinistra paraboladi Giampaolo Galli(...) C’è un particolare non irrilevante: lacarrozza che porterà Giampaolo Galli inParlamento ha l’insegna del Pd, è guidatada Pier Luigi Bersani e ha stretto una so-lida alleanza con Nichi Vendola. In Cam-pania, per far capire il clima, il capolistasi chiama Guglielmo Epifani, è stato se-gretario generale della Cgil e ha sempredetto l’esatto contrario di quel che ha so-stenuto sin qui Galli.Adesso Bersani farebbe bene a spiegarci,se ci riesce, chi tra Epifani e Galli ha cam-biato idea e chi, tra Cgil e Confindustria,suggerisce la linea al Pd. L’Italia Giustamerita di saperlo.

SIMONE BRESSAN

Il grande rimpasto di Obamaper il suo secondo mandato

Il Circo Barnumdei politici italiani

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L’OPINIONE delle Libertà VENERDÌ 11 GENNAIO 20132