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IL GIUDIZIO DI DIVISIONE EREDITARIA E LA DIVISIONE DEL TESTATORE ASPETTI SOSTANZIALI E PROCESSUALI a cura di Alessandra Arceri

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IL GIUDIZIO DI DIVISIONE EREDITARIA

E LA DIVISIONE DEL TESTATORE

ASPETTI SOSTANZIALI E PROCESSUALI

a cura di Alessandra Arceri

LA DISCIPLINA

• Il procedimento di divisione è regolato dal titolo V del libro IV del

codice di procedura civile. Si tratta degli artt. 784-791 c.p.c.

• Alla divisione si riferiscono anche alcune norme di carattere

sostanziale contenute nel codice civile di estremo rilievo, quali:

� art. 733, 734, 735 c.c.;

� art. 1113 c.c.

� art. 1120 c.c.

� art. 1115 c.c.

NATURA GIURIDICA

� PROCESSO ESECUTIVO

� PROCEDIMENTO DI ATTUAZIONE DI DIRITTI POTESTATIVI

� PROCEDIMENTO DI VOLONTARIA GIURISDIZIONE

� PROCEDIMENTO CONTENZIOSO ORDINARIO

� PROCEDIMENTO NON CONTENZIOSO SUI GENERIS

� PROCESSO A STRUTTURA APERTA, DESTINATA A CONFIGURARSI DIVERSAMENTE, A SECONDA DEL CONCRETO ATTEGGIAMENTO ASSUNTO DALLE PARTI DURANTE IL PROCESSO. SI TRATTA, COMUNQUE, DI UN PROCEDIMENTO CUI DEVONO ESSERE APPLICATE TUTTE LE REGOLE ORDINARIE DEL CONTENZIOSO, IVI COMPRESA LA DISCIPLINA DELLE PRECLUSIONI (Cass. S.U. 20 giugno 2006, n. 14109, Corr. Mer. 2006, 1427).

STRUTTURA

Pur avendo una natura complessivamente unitaria, il procedimento di divisione è suddiviso in tre fasi ben distinte:

- fase di accertamento del diritto del condividente e di assificazione (individuazione dei beni in comunione);

- fase di determinazione delle quote e delle concrete modalità di attuazione del diritto alla divisione;

- fase di concreta attribuzione delle porzioni o distributiva (solo secondo alcuni).

V. Cass. 4 marzo 2011, n. 5266.

PROVVEDIMENTO DI CHIUSURA DELLE SINGOLE FASI

• Il provvedimento di chiusura delle singole fasi muta natura giuridica a seconda che esistano contestazioni o meno da parte dei singoli condividenti.

• Se non sussistono contestazioni, il passaggio da una fase all’altro è segnato da provvedimenti ordinatori (ordinanze).

• L’insorgenza di contestazioni fa sì che la fase interessata dalle stesse debba essere definita con sentenza.

LE FASI CHIUSE CON ORDINANZA

Discussa è la natura giuridica delle fasi

divisorie che si chiudono con ordinanza, sul

presupposto dell’accordo tra le parti o della

mancanza di contestazioni.

A seconda dell’idea di fondo che si ha del

procedimento, la stessa assumera’ valenza

negoziale o giurisdizionale, con ogni

conseguenza del caso sugli strumenti di

invalidazione/impugnazione.

SENTENZE PARZIALI O NON DEFINITIVE?

• TESI DELLA SENTENZA NON DEFINITIVA: poichétutte le sentenze emesse nel corso della divisione portano al risultato finale dell’attribuzione delle porzioni, esse hanno natura di sentenza non definitiva. Si tratta della tesi prevalente in giurisprudenza.

• TESI DELLA SENTENZA DEFINITIVA (PARZIALE) O NON DEFINITIVA, a seconda del tipo di domanda decisa, ovvero della qualificazione data dal giudice alla pronuncia che non esaurisce il procedimento.

PERDITA D’INTERESSE ALLA QUALIFICAZIONE

• Nonostante l’estrema difficoltà di

qualificazione di cui si è accennato, ed il

dibattito che ne è conseguito in dottrina e

giurisprudenza, il problema ha perso molta

importanza dopo che, con recente legge, la

riserva di appello, contro le sentenze parziali,

è divenuta facoltativa.

NATURA DICHIARATIVA O COSTITUTIVA DELLA

SENTENZA DI DIVISIONE

• La tesi della natura dichiarativa della divisione prende spunto dal

disposto dell'art. 757 c.p.c.: una volta pronunciato la divisione, la

comunione si considera come mai esistita. L'effetto della divisione, in

altri termini, è retroattivo.

• La tesi della natura dichiarativa è tuttavia in moltissime occasioni

smentita, tanto dall'apparire discutibile.

• Si rileva, in primo luogo, che il diritto del condividente, prima

soltanto ideale, subisce una variazione quantomeno qualitativa.

• L’incapace deve essere “autorizzato” al giudizio di divisione,

considerato a tutti gli effetti come una operazione straordinaria, sul

presupposto che la divisione sia idonea ad incidere sulla consistenza

e sulla composizione del patrimonio dell’incapace.

• Il condividente ha diritto alla corresponsione, pro quota, dei frutti

della cosa comune, anche se gli stessi provengano da un bene che

non gli è stato concretamente assegnato

QUALI AUTORIZZAZIONI?

• Se si tratta di interdetto o inabilitato:

TRIBUNALE (art. 375 lett. C c.c.);

• Se si tratta di beneficiario di amministrazione

di sostegno: GIUDICE TUTELARE (art. 411, 375

c.c.) salva diversa previsione del decreto di

nomina (art. 405 c.c.)

• Se si tratta di minore: G.T. ex art. 320/3 c.c.;

se si tratta però di beni provenienti da

successione, occorre distinguere.

MINORE E BENI PROVENIENTI DA SUCCESSIONE

• Il minore non può accettare l’eredità se non con il beneficio di inventario, osservate le formalità di cui agli artt. 320, 321 c.c. (art. 471 c.c.); se ciò non avviene, l’acquisto della qualità di erede, con conseguente “confusione” tra patrimonio dell’erede e patrimonio del de cuius, si verifica solo se, dopo un anno dal compimento della maggiore età, il minore non abbia ancora perfezionato l’inventario (art. 489 c.c.).

• Stessa disposizione riguarda l’interdetto/inabilitato: il termine è un anno dalla cessazione dello stato di interdizione/inabilitazione (art. 489, 374 c.c.).

LE AUTORIZZAZIONI SONO DIVERSE….

• A seconda che sia terminata o meno la cd. fase di “crisi ereditaria”, ovvero sia terminata la fase di liquidazione dei creditori dell’eredità.

• Se la fase di crisi è ancora in corso, competente a concedere l’autorizzazione è il giudice della successione (art. 747 c.p.c.).

• Se la fase di crisi ereditaria è esaurita, competente è il Giudice Tutelare, ex art. 320/3 c.c.

• Cfr. Cass. SS. UU. 18 marzo1981, n. 1593, Giust. Civ. 1981, I, 2277.

LA POSIZIONE DELLA GIURISPRUDENZA

• La giurisprudenza ritiene che la sentenza

abbia una natura mutevole, a seconda della

misura della quota di beni attribuita al

singolo condividente.

• Se la stessa eccede la misura della quota

ideale, la sentenza ha natura costitutiva.

• Se la quota “materiale” corrisponde a quella

ideale, la sentenza ha natura dichiarativa.

• Il previgente art. 48 dell'ordinamento giudiziario prevedeva

la riserva di collegialità per i giudizi ex art. 784 e ss. c.c.

• Ora detta riserva di collegialità è stata eliminata per i giudizi

di divisione dal D.LGS. 51/98 istitutivo del giudice unico, ma

sussiste per un serie di questioni incidentali che in detto

giudizio può essere necessario definire, come per esempio:

1. IMPUGNAZIONI DI TESTAMENTI

2. AZIONI DI RIDUZIONE

COMPETENZA

COMPETENZA PER TERRITORIO

• DIVISIONE EREDITARIA (art. 22 c.p.c.): luogo

di apertura della successione, individuato ex

art.456 c.c.

• DIVISIONE ORDINARIA (art. 23 c.p.c.): luogo

dove si trovano i beni da dividere o la

maggior parte di essi.

LITISCONSORZIO NEL PROCESSO DI DIVISIONE

• Il procedimento di divisione è un tipico processo a

litisconsorzio necessario.

• L’art. 784 c.p.c. menziona i comunisti e i creditori opponenti.

• I creditori opponenti sono coloro che abbiano trascritto un

atto di opposizione prima dell’instaurazione del

procedimento di divisione.

CHI SONO I CONDIVIDENTI IN CASO DI …..

• Cessione di quota: la giurisprudenza applica un principio opposto a quello che pare scaturire dall'art. 111 c.p.c. Parte necessaria è il cessionario, non il cedente;

• Usufrutto universale mortis causa: secondo la giurisprudenza piùrecente, è erede, quindi la domanda va proposta necessariamente nei suoi riguardi;

• Coniuge usufruttuario ex lege (art. 540 c.c.): la giurisprudenza gli attribuisce la qualità di litisconsorte necessario.

• Coniugi in regime di comunione legale (da tener presente che la Cass. 26 febbraio 2010 n. 4757, nel caso in cui si stia procedendo a divisione tra coniugi in comunione legale, ha immutato i terminidella proponibilità dell’azione, ritenendo che la stessa possa essere incardinata prima dello scioglimento della c.l.).

LITISCONSORTI PROCESSUALI

• Alcuni soggetti devono intervenire nel procedimento di divisione solo per motivi di opportunità

• Essi sono creditori e aventi causa.

• Intervento a meri fini di opponibilità o litisconsorzio?

• Creditori opponenti che abbiano trascrittoprima della divisione sono litisconsorti necessari secondo la giurisprudenza.

DIVISIONE E PROCESSO ESECUTIVO

• L’art. 181, disp. att. c.p.c., comma secondo, come modificato dalla L. n. 80/2005, attribuisce alla competenza del giudice dell’esecuzione il procedimento di divisione cui abbia dato impulso detto giudice d’ufficio, o i creditori esecutanti, surrogandosi (art. 2901 c.c.) nella posizione del loro debitore.

• Il g.e. in alcuni tribunali provvede all’integrazione del contraddittorio con ordinanza, che deve avere contenuto identico all’atto di citazione introduttivo di un giudizio di divisione (art. 163 c.c.).

• Altri tribunali invece delegano tale incombente agli avvocati, che devono provvedere alla notifica di atto di citazione.

REQUISITI DELL’ATTO INTRODUTTIVO DEL GIUDIZIO

Si ritiene che l’atto introduttivo del giudizio

debba a pena di nullità contenere gli elementi di

cui all’art. 163 c.c., e dunque, specificare i fatti

costitutivi della domanda, i beni in relazione ai

quali si chiede lo scioglimento della comunione

(se si tratta di comunione ordinaria, perché se si

tratta di comunione ereditaria, sarà sufficiente

fare riferimento ai beni caduti in successione).

LA DOMANDA DI COLLAZIONE

• In caso di divisione ereditaria, è usuale la richiesta di collazionare le donazioni, dirette o indirette, ricevute dai condividenti durante la vita del de

cuius.

• Sovente, la collazione delle donazioni vale ad evitare la necessità di agire in riduzione.

• La giurisprudenza ritiene che nel caso in cui le donazioni siano menzionate in atto introduttivo, sia implicita la richiesta di collazione delle stesse (Cass. 18 luglio 2005, n. 15131).

NON INTEGRITA’ DEL CONTRADDITTORIO

• Chi deduce la non integrità del contraddittorio ha l’onere rigoroso di dimostrare il fondamento dell’eccezione,indicando i soggetti pretermessi.

• La non integrità del contraddittorio produce un vizio deducibile:

1. Nel caso di ordinanza, l’accordo tra condividenti è affetto da nullità, da farsi valere in via di cognizione ordinaria;

2. Nel caso di sentenza, il vizio è da farsi valere mediante impugnazione, successivo annullamento e rimessione al primo giudice ex art. 354 c.p.c.

3. Nel caso in cui la sentenza sia passata in giudicato, i terzi litisconsorti potranno esperire il rimedio ex art. 404 c.p.c.

ALCUNI ATTI NEGOZIALI INCIDENTI

SULL’ASSIFICAZIONE

• MASSE PLURIME: comprendere nella massa da dividere beni con provenienza diversificata (diverse successioni, diversi acquisti, magari inter vivos e mortis causa, ecc.) richiede un preventivo negozio di unificazione, al quale devono prestare adesione tutti i condividenti.

• DIVISIONE A STRALCIO: anche il limitare la divisione ad una parte del patrimonio comune (singoli beni, singole quote) richiede il consenso di tutti i condividenti.

DIVIETO DI NOVA: PORTATA

• Secondo alcune tesi, la particolare natura del giudizio di divisione non tollera il sistema di decadenze e preclusioni proprie dell’ordinario giudizio di cognizione (v. per es. la recente Cass. 17 aprile 2013, n. 9367).

• Le Sezioni Unite della Cassazione, invece, reputano che detto sistema sia applicabile anche al giudizio che occupa, quanto meno alla fase dell’ an dividendum sit e della cd. “assificazione” (Cass. SS. UU. 20 giugno 2006, n. 14109, in Corr. Mer. 2006, 1427).

• La consolidata giurisprudenza reputa invece che non costituiscano domande nuove, per esempio, quelle che riguardano le modalità della divisione, come si verifica qualora il condividente, che abbia in un primo momento richiesto la vendita all’incanto del bene, sul presupposto della non divisibilità, chieda in seguito l’assegnazione del bene ai sensi dell’art. 720 c.c. (non pacifico: v. per es. Trib. Napoli, 2 dicembre 2004, ined., in un caso di richiesta di assegnazione durante le operazioni di vendita all’incanto), o chieda l’assegnazione di beni diversi da quelli originariamente indicati, purché compresi nello stesso

IN CONCLUSIONE….

….possono essere liberamente modificate tutte le domande che vengono proposte nella fase del processo più propriamente “esecutiva –attuativa” del diritto alla divisione (Cass. 19 aprile 2013, n. 9655, relativa ad un caso in cui la divisione è avvenuta sulla scorta di un progetto di divisione diverso da quello originariamente invocato. La Cassazione ha reputato che la composizione delle quote non muti la causa petendi, né l’oggetto del giudizio).

Costituiscono invece “mutatio libelli”….

• …le richieste di comprendere nella divisione beni che inizialmente non vi erano stati compresi (Cass. 13 dicembre 2005, n. 27410)

• …richieste di riduzione o di collazione di donazioni che inizialmente non erano state contemplate (v. però, in senso contrario, Cass. 20 febbraio 2003, n. 2568, in Giur. It. 2004, 1396, che ha reputato ammissibile la domanda di simulazione di una compravendita posta in essere dal de cuius proposta in corso di causa, dopo la scadenza dei termini ex art. 183 c.p.c.);

• ….eccezione di inammissibilità della domanda per aver usucapito il bene comune (Cass. 5 dicembre 1974, n. 4001).

FORMAZIONE E APPROVAZIONE DEL

PROGETTO

• La formazione del progetto viene solitamente delegata ad un esperto, che verifica la consistenza dei beni comuni e appronta una ipotesi divisoria.

• La fissazione di udienza di discussione è superflua se, una volta depositato l’elaborato, le parti mostrino di contestarlo e non condividerlo.

• Se il progetto di divisione viene invece espressamente approvato, il giudice lo dichiara esecutivo con ordinanza, che secondo la prevalente giurisprudenza, ha natura negoziale ove venga emessa in presenza dei presupposti di legge (Cass. 7 marzo 1996, n. 1818).

PRINCIPI GENERALI IN TEMA DI DIVISIONE

Il tecnico incaricato ha il compito di predisporre un progetto nel rispetto dei principi stabiliti dagli artt. 718 e 727 c.c., ovvero verificare se ricorra una situazione di indivisibilità ex art. 720 c.c.

La giurisprudenza riconosce la bontà della tesi che vuole evitare eccessivi frazionamenti, giudicando corretta la formazione di lotti che comprendano beni distinti, purchè omogenei (Cass. 22 novembre 2000, n. 15105).

Interessante Cass. 9 novembre 2004, n. 21294 (Giust. Civ. 2005, 1519), che ha accolto la richiesta di attribuzione svolta da un comunista che si era reso acquirente da un condividente della quota ideale su singolo bene.

APPROVAZIONE DEL PROGETTO

NONOSTANTE CONTESTAZIONI

• Le contestazioni mosse al progetto devono essere serie, concrete ed effettive, non potendosi risolvere in doglianze generiche.

• Qualora l’ordinanza che dichiara esecutivo il progetto sia emessa in presenza di contestazioni, la giurisprudenza ha, in un primo tempo, affermato che alla stessa era attribuibile natura sostanzialmente decisoria e sia impugnabile con il ricorso ex art. 111 Cost. (Cass. 1 settembre 1993, n. 9247, Giur. It. 1994, I, 1, 568).

• Successivamente, la Cassazione a Sezioni Unite (2 ottobre 2012, n. 16727) ha ritenuto che tale provvedimento, erroneamente emesso in forma di ordinanza, ma avente natura e sostanza di sentenza, è impugnabile mediante appello.

APPROVAZIONE DEL PROGETTO E

CONTUMACE

• Le soluzioni nel caso di condividente contumace mutano, in relazione alla udienza di discussione del progetto, a seconda che si privilegi la natura contrattuale o giudiziale del procedimento di divisione.

• Inizialmente, la Cassazione riteneva non necessaria l’evocazione del contumace in vista della discussione del progetto di divisione, valorizzando la natura giurisdizionale del procedimento e il disposto dell’art. 292 c.p.c. (Cass. 3 settembre 1993, n. 9305, GCMass. 1993, 1361),

• Successivamente, altra tesi ha valorizzato l’aspetto negoziale dell’approvazione, affermando che l’ordinanza che dichiari esecutivo il progetto nonostante un condividente contumace non sia stato convocato per l’udienza di discussione, non è impugnabile con il ricorso ex art. 111 Cost. , in quanto non assumerebbe un carattere decisorio (Cass. SS. UU. 1 marzo 1995, n. 2317, in Foro It. 1996, I, 3462).

LE TESI PIU’ RECENTI SULLA QUESTIONE

• Le sezioni semplici della Cassazione si sono

immediatamente discostate dalle SS.UU.,

riconoscendo la possibilità di impugnare per

Cassazione l’ordinanza emessa senza previa

notificazione al contumace dell’udienza di

discussione del progetto (Cass. 7 marzo 1996, n.

1818; Cass. 4 aprile 1997, n. 2913; Cass. 3

settembre 1997, n. 8441).

LA CORTE COSTITUZIONALE….

….ha chiarito, con una sentenza interpretativa di

rigetto, i termini della questione, assumendo

che l’art. 789 c.p.c. ha natura integrativa del

disposto dell’art. 292 c.p.c., per cui è necessaria

la notifica al contumace dell’udienza di

discussione del progetto di divisione (Corte

Cost. 29 ottobre 2009, n. 276).

E così la recente giurisprudenza di legittimità….

…ritiene viziata l’ordinanza che approvi il

progetto in mancanza di previa notifica al

contumace, vizio che travolge tutti gli atti

successivi alla dichiarazione di esecutività del

progetto (Cass. 25 ottobre 2010, n. 21289).

MA QUALE RIMEDIO?

• Dopo le modifiche apportate all’art. 50 bis c.p.c. dal D. Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, il procedimento di divisione è di competenza del Giudice Unico.

• Ciò ha condotto i giudici di legittimità a ritenere che l’ordinanza dichiarativa di esecutività del progetto emessa in mancanza di convocazione del contumace abbia natura e sostanza di sentenza, e sia impugnabile mediante appello, e non con ricorso ex art. 111 Cost. (Cass. 22 febbraio 2010, n. 4245; n. 23840/2010; n. 22663/2010; 7665/2011).

DIVISIONE EREDITARIA

• Si parla di divisione ereditaria sia in presenza di comunione ereditaria incidentale (la comunione che si determina per effetto della successione di più eredi in una massa di beni non divisi), sia in presenza di una particolare disposizione successoria, genericamente denominata “divisione del testatore”.

• Nella divisione ereditaria, è essenziale il concetto di quota ereditaria, come misura fissa ed immutabile in cui trova attuazione il diritto del coerede.

LA QUOTA EREDITARIA

• Ciascun coerede può disporre della propria quota ereditaria, salvo il diritto degli altri coeredi al retratto successorio (art. 732 c.c.).

• Ciò che il coerede non può fare è disporre della quota ideale su singoli cespiti compresi nella successione, o di singoli cespiti.

• La consolidata giurisprudenza di legittimità ritiene infatti che gli atti di disposizione della quota su beni singoli, o su singoli beni, abbiano valenza esclusivamente obbligatoria, essendo subordinatial cd. “esito divisionale” (Cass. 16 agosto 1990, n. 8315; Cass. 29 novembre 1996, n. 10629).

• Unica eccezione è costituita dalla vendita da parte di uno dei coeredi della quota ideale dell’unico bene caduto in successione: in tal caso, la vendita ha effetto traslativo immediato ed il compratore pro quota subentra nella comproprietà del bene comune (Cass. 10 dicembre 2014, n. 26051).

NORMATIVA DI RIFERIMENTO E

FATTISPECIE

• Art. 733 c.c.: il testatore si limita a dettare regole

per la divisione tra i propri eredi.

• Può nominare un soggetto che provveda ad attuare

la divisione secondo le sue direttive (parallelo con

la figura dell’esecutore testamentario).

• Art. 734 c.c.: il testatore provvede con il

testamento ad attuare la divisione tra gli eredi.

• Art. 734/2 c.c.: ciò che non è compreso nella

divisione operata dal testatore, si divide in …………

DIVISIONE EREDITARIA E INSTITUTIO

EX RE CERTA

• Non è agevole comprendere la differenza tra divisione del testatore e institutio ex re certa

• l’opinione prevalente ritiene che la differenza sia costituita dal fatto che l’institutio ex re certa èprecipuamente un criterio interpretativo, alla luce del quale occorre appuare se il testatore ha voluto istituire il beneficiario di un determinato lascito erede o successore a titolo particolare

• la divisione del testatore o assegno qualificato ex art. 734 c.c. presuppone l’istituzione di erede, non la attua.

IN REALTA’ LE FATTISPECIE GENERICAMENTE

NOTE COME DIVISIONE EREDITARIA…

….esprimono fenomeni del tutto differenti.

Con la “divisione” ex art. 733 c.c. il testatore si limita a dettare criteri sulla scorta dei quali attuare la futura divisione tra i suoi eredi. All’apertura della successione, sussiste la comunione ereditaria.

Con la “divisione” ex art. 734 c.c. il testatore designa i propri successori e provvede a formare le loro porzioni. All’apertura della successione, non sorge alcuna comunione.

La divisione di cui all’art. 734 c.c. ha effetto traslativo immediato (Cass. 14 luglio 2011, n. 15501).

LA GIURISPRUDENZA….

• Reputa che ricorra l’ipotesi di cui all’art. 733

c.c. ogni qualvolta il testatore, pur avendo

destinato alcuni beni specifici a formare

oggetto delle porzioni destinate ai propri

successori, preveda poi margini indefiniti per

l’integrazione delle quote, o lasci beni indivisi

da dividere secondo altri criteri (cfr. Cass. 20

agosto 2009, n. 18561; Cass. 11 maggio 2009,

n. 10797).

APPORZIONAMENTO CON BENI NON

EREDITARI

• La giurisprudenza di legittimità è consolidata

nel ritenere che il testatore non possa, pur

nell’esercizio dell’autonomia che gli è

riconosciuta, apporzionare un legittimario

con beni non facenti parte dell’asse

ereditario (Cass. 12 marzo 2003, n. 3694). La

conseguenza è la nullità dell’attribuzione.

TUTTAVIA E’ PACIFICO…

…che nel formare le porzioni, il testatore non

sia vincolato al principio di omogeneità delle

porzioni stabilito, in materia di divisione

ritengono che il coerede non possa disporre

della quota parte di singoli beni o dei singoli

beni compresi nella successione, se non all’

“esito divisionale”, ovvero a condizione

sospensiva dell’effettiva assegnazione

ALTRI PRINCIPI VINCOLANTI…

• Proporzione tra valore della quota e valore dei beni assegnati (da valutarsi al momento di apertura della successione – applicabilità per analogia dell’art. 763 c.c.).

• Dovere di non pretermettere i legittimari e gli eredi istituiti con testamento: si tratta di limite quantitativo, non qualitativo (divisione soggettivamente parziale; divisione oggettivamente parziale).

• Obbligo di collazione.

• Obbligo di apporzionamento con beni ereditari (art. 760 c.c.).

• Apposizione di termini o condizioni.

PRETERMISSIONE E NULLITA’ DELLA

DIVISIONE

• Il mancato apporzionamento di un erede o di un legittimario istituito comporta ai sensi dell’art. 735 c.c. la nullità della divisione (non è nulla, invece, la istituzione di erede contenuta nel medesimo testamento).

• E’ valida la divisione soggettivamente parziale, purché sia anche oggettivamente parziale, e purché i beni residuati dopo l’apporzionamento degli altri eredi siano sufficienti a soddisfare l’erede non apporzionato (Cass. 23 marzo 1992, n. 3599).

• La divisione è invece, sempre, oggettivamente parziale, perché pressoché mai il testatore è in grado, al momento della confezione del testamento, di spartire tutti i beni che saranno presenti nel suo patrimonio al momento dell’apertura della successione.

COMUNIONE EREDITARIA E RETRATTO

SUCCESSORIO

• L’art. 732 c.c. detta una disposizione a tutela

della comunione ereditaria.

• Esso consente a ciascun coerede di invalidare la

cessione a terzi della quota ereditaria.

• Non opera tra coeredi, perché lo scopo è il

mantenimento della comunione ereditaria.

• Non opera se il testatore ha escluso il sorgere

della comunione ereditaria (art. 734 c.c.).

IL RETRATTO PRESUPPONE QUINDI…

….che oggetto della cessione a favore di terzi sia la quota ereditaria intesa come tale, ovvero come porzione ideale dell’universum jus defuncti. Va esclusa la sua azionabilità quando, dalle circostanze del caso di specie, il giudice si convinca che oggetto della cessione è una cosa a sé stante, senza che il cedente abbia voluto sostituire a sé il cessionario nella comunione ereditaria (Cass. 23 aprile 2010, n. 9744).

Si ritiene che oggetto della cessione sia la quota ereditaria quando il coerede aliena la propria quota sull’unico bene caduto in successione (Cass. 28 ottobre 2010 n. 22086).

ASPETTI SOGGETTIVI DEL RETRATTO

• Il retratto postula la permanenza del contesto di comunione ereditaria anche dal punto di vista soggettivo.

• Opera dunque nei confronti dell’erede del coerede, perché si tratta di soggetto diverso dagli originari componenti della comunione ereditaria, che subentra a titolo derivativo (Cass. 12 marzo 2010, n. 6142);

• Non opera, secondo qualche opinione, nei confronti di chi, invece, subentra al comunista premorto per rappresentazione, in quanto il rappresentante subentra nella medesima posizione giuridica del rappresentato.

CONCORSO DI CAUSE DI PRELAZIONE

• La prelazione stabilita dall’art. 732 c.c. a favore del coerede prevale sul diritto di prelazione stabilito dall’art. 8 della L. 26 maggio 1965 n. 590 a patto che anche il coerede sia coltivatore diretto (Cass. 7 novembre 2013, n. 25052).

• Il diritto di prelazione spettante al conduttore ex art. 38 L. 27 luglio 1978 n. 392 non opera qualora il coerede alieni la sua quota a persona estranea alla comunione ereditaria, e sia esercitata prelazione da parte di altro coerede (Cass. 9 giugno 2010, n. 13838).