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Il Counselling Situazionale

Capitolo 9

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Pentole, Pentoloni e pranzetti cucinati

Una metafora semplice solo in apparenza

Nel nostro sesto incontro abbiamo incontrato un oggetto, una metafora alla luce della quale sondare,

osservare, interpretare la dimensione del conflitto. La metafora era rappresentata dal Calderone, quel

grosso contenitore nel quale le tribù cannibali cuocevano nel nostro immaginario gli inesperti e

avventati esploratori.

Ed in effetti la storia di tutti noi è un po’ così. Quando non abbiamo competenza, conoscenza e

familiarità con gli aspetti che contribuiscono a creare un conflitto e alle modalità per gestirlo al meglio,

rischiamo di finire “cotti e poi mangiati”.

In genere il primo boccone, quello più prelibato, è il fegato, il primo che anche noi ci “smangiamo” quando

le cose non funzionano come desideriamo.

In realtà, rimanendo costantemente in ambito culinario, il modello del Calderone in quell’incontro

l’abbiamo solo annusato, guardato da distante come si fa per le leccornie esposte nelle vetrine di una

gastronomia, una sorta di “infarinatura”. Non l’abbiamo affatto azzannato, rimandandone la

degustazione in là nel tempo. E nel frattempo, a qualcuno potrebbe anche essere venuta fame.

The Cauldron Method, il metodo del Calderone, questo modello di comprensione e poi gestione del

conflitto, è di per sé molto semplice in apparenza. Si tratta di dare a sè e agli altri del tempo per

comprendere quali sono gli ingredienti che entrano a far parte della ricetta, che convergono e danno

origine alla situazione conflittuale, quali sono gli elementi che alzano o abbassano la fiamma, cioè la

temperatura emozionale delle persone coinvolte, ed infine cercare tutte le possibili via d’uscita, le

differenti pietanze da servire in tavola, cercando di non scottarsi ed esserne bruciati.

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Tutto questo in teoria. Semplice. La teoria è quasi sempre semplice, quando la si capisce. Ma considerato

che la nostra vita noi la viviamo in pratica, e non in teoria, per comprenderne la reale applicazione

dobbiamo partire da esempi facili, da riconoscere comunemente nelle nostre relazioni.

Possiamo iniziare dal rapporto di coppia, esperienza che la maggior parte di noi conosce in prima

persona, con un bis di primi e secondi piatti, una o più repliche più o meno indigeste.

Gli ingredienti del conflitto

(adattamento del dialogo tratto dalla ricetta “Frittata” presente nel libro Cento ricette per Genitori

Efficaci)

-E’ stata qui anche oggi tua mamma…!”-

-E’ solo la ottava volta in questa settimana! Perché ? Cosa c’è che non va ?-

-Vive più a casa nostra che a casa sua… Dobbiamo cambiare i nomi del citofono…”-

-Sarà perché si trova bene…-

-Ci credo, si piazza lì sul divano e non si schioda più. Quello di casa sua ha le molle a espulsione come nei film di

James Bond… che la catapultano direttamente a casa nostra!!

-Cos’hai contro mia mamma…?!-

-Mi guarda come il saraceno che ha rapito la principessa dalla torre, la tiene come schiava e la maltratta… -

-Tu piuttosto, che quando entra a casa nostra la guardi con quella faccia come se di colpo fosse apparso

un mostro…

- Togli pure il “Come se”… Per mettere il fondotinta chiama l’imbianchino… Ha l’eyeliner che parte da sotto

l’occhio e le arriva all’orecchio… sembra il cantante dei Kiss!

-Perché devi distruggerla così… E’ la mia mamma…-

-Mammina, mammina… ma dì un po’… hai sposato me o hai sposato lei ?! A me le cose a tre non sono mai

piaciute. Il triangolo no, non l’avevo considerato… lo dice anche Renato Zero…!

-Se non vuoi lei allora non vuoi neanche me…-

-Dove devo firmare?-

Il rapporto con suocere, distacchi, emancipazioni e cordoni ombelicali è un archetipo. Forse.

Cos’è un archetipo ? Ci vorrebbe Carl Gustav Jung per spiegarlo bene, la mia di spiegazione potrebbe

essere molto approssimativa e riduttiva, e ne chiedo venia, ma potremmo intendere l’archetipo come

qualcosa che viene prima di tutto, qualcosa di innato e predeterminato nel cosiddetto inconscio umano e

che ci riguarda tutti, indipendentemente dalla età, dal sesso, dal ceto sociale, dalla capacità di cucinare

oppure no. Ci riguarda come esseri umani. Quasi tutti, perché Adamo non aveva suocere, per quanto ne

sappiamo.

L’esperienza del distacco, tutti noi la viviamo per prima cosa a partire dal taglio più o meno drastico che

qualcuno fa, a nostra insaputa, di quel tubo che ci collega e nutre dal ventre di nostra madre.

La “suocera”, scherzosamente parlando, è una sorta di archetipo. Basta pronunciarne il nome per vedere

comparire sorrisi o nubi sul volto delle persone. Di tutte quelle che ovviamente sono passate per il

rapporto di coppia con un partner non orfano.

L’archetipo permette di riconoscersi, accomuna e ci permette di capire, perché fa parte di noi. La suocera

rappresenta molti aspetti di tipo archetipico. Non a caso la dinamica viene ripresa anche nel Vangelo ,

anche se in forma parziale: “L’uomo lascerà sua padre e sua madre e i due saranno una sola carne”

(Marco 10,7).

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Forma parziale perché forse Marco non ha trascritto le frase per intero, come detta nella versione

originale: “L’uomo lascerà sua padre e sua madre (che dovranno lasciarli andare senza rompere i

maroni), e i due saranno una sola carne” (Roberto, 2, 5, 2016)

Ora, se è facile giocare sull’equivoco dell’archetipo per mettere in luce una dinamica collegata al

matrimonio o all’essere coppia, molto frequente, è altrettanto vero che non tutte le ciambelle escono col

buco, non tutte le suocere sono invadenti, così come non tutti i mariti sono gelosi. Ce n’è di peggio.

Il rapporto con la suocera mette in luce ogni volta un modo di vivere, concepire e gestire un rapporto

molto privato e personale, molto soggettivo.

Non tutte le coppie discutono e litigano per lo stesso motivo, quando si tratta di suocera.

Ecco che il modello del pentolone inizia a complicarsi. Nel pentolone ognuno di noi mette ingredienti

particolari, frutto della propria esperienza di vita, della propria fase di crescita, dei propri desideri, delle

proprie esigenze, del proprio stato evolutivo e di maturazione, della propria stabilità o vulnerabilità.

Per questo motivo gli ingredienti vanno studiati di volta in volta. Per questo motivo è utile darsi del

tempo per non reagire ad arco riflesso alle cose che capitano, ma renderle comprensibili, cercare di

renderle maneggiabili, manipolabili, gestibili.

Possiamo spezzare il dialogo prima riportato, quello tra marito e moglie, frase per frase, per coglierne il

significato intrinseco.

-E’ stata qui anche oggi tua mamma…!”-

Ecco l’inizio di una possibile situazione conflittuale. Ovviamente non è il contenuto della frase che

sollecita la possibile situazione conflittuale. Ciò che fa la differenza, per molti versi, è quanto in questo

scritto non è possibile osservare ed ascoltare: il tono di voce, l’espressione viso, la postura del corpo di

chi la pronuncia. Possiamo immaginare tutto questo, semplicemente a partire da alcuni indicatori

presenti nella frase:

• la parola “anche”

• i puntini di sospensione

• il punto esclamativo

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Questi tre indizi sono sufficienti per indicare la presenza di emozioni negative, scocciatura, fastidio,

irritazione. Quindi, un ingrediente che viene introdotto nel pentolone, sono le emozioni che ogni persona

prova. Ma le emozioni non sono un ingrediente principale, primitivo, come abbiamo visto trattando

l’argomento “Emozioni-Sentimenti”.

Il nostro sistema nervoso, quando non risponde agli eventi in modo automatico, si attiva in funzione del

significato e della lettura che noi facciamo di quanto succede.

Per dovere di cronaca e aiuto nella strada della consapevolezza, riporto una frase già citata in quello

stesso incontro.

“Tutte le nostre emozioni e sentimenti sono legittimi, in quanto ci appartengono,

ma non tutti i nostri sentimenti sono funzionali, cioè indice di una buona salute”.

Anche le fobie muovono sentimenti, ma tali sentimenti sono frutto di una patologia, quindi non

propriamente un indicatore di buona salute.

Per quale motivo il marito si sente irritato dalla presenza della suocera ? Cosa lo disturba ? E’ la sola

presenza, per cui il reale problema è una questione di territori o di privacy infranti ed invasi, oppure è

geloso della moglie e quindi è in una lotta tra proprietari terrieri, latifondisti confinanti con striscia di

mezzo denominata “terra di nessuno”, oppure la suocera gira per casa facendo pulizie, commentando

ogni cosa che trova fuori posto, denigrando la scelta degli arredi, facendo la spesa secondo i suoi di

criteri e stabilendo il menù della settimana ?

Definire e comprendere i reali ingredienti del conflitto, è il primo passo per non finire cotti o

bruciacchiati nel pentolone, o per non farci finire nel pentolone suocera, moglie e matrimonio. Che per

qualcuno potrebbe anche essere la soluzione ideale per ritrovare la libertà.

-E’ solo la ottava volta in questa settimana! Perché ? Cosa c’è che non va ?-

La risposta della moglie è naturale, quasi scontata. Poi il tentativo di ironia presente nella frase, amplifica

il numero di volte della inquietante presenza, ma la sintesi seria è che il messaggio difensivo pone di

fronte alla differente percezione della situazione: “Per te otto volte in una settimana rappresenta un

problema ? Per me non lo rappresenta. Dove sta il problema ?”.

Questa risposta fa virare il baricentro del conflitto, perché a sua volta il marito innesca una serie di

affermazioni che tendono a far cambiare di parere la moglie, e rincara così la dose, per farle capire che il

problema c’è ed è reale, tenta quasi di farlo diventare “oggettivo”, indiscutibile.

-Vive più a casa nostra che a casa sua… Dobbiamo cambiare i nomi del citofono…”-

-Sarà perché si trova bene…-

-Ci credo, si piazza lì sul divano e non si schioda più. Quello di casa sua ha le molle a espulsione come nei film di

James Bond… che la catapultano direttamente a casa nostra!!

-Cos’hai contro mia mamma…?!-

Il botta e risposta fa salire inevitabilmente il tono emozionale, lo si intuisce appena dallo scritto, e la

reiterazione di descrizioni più o meno carnevalesche fa nascere nella moglie il sospetto: “C’è del marcio

in Danimarca o nella CIA”, “Qui gatta ci cova”, “Mio marito odia mia mamma”.

Il dialogo non sembra abbassare i toni, al contrario, la frase “Cos’hai contro mia mamma”, è la

rappresentazione di un fatto quasi assodato: ormai marito e suocera sono contendenti, nemici e

battaglieri, l’un contro l’altro armati per difendere la preda, il trofeo, la proprietà.

Ma di mezzo non ci sta solo la multiproprietà o la proprietà condivisa, la moglie/figlia, ci sta di mezzo

anche una questione di scarsa stima e riconoscimento reciproco.

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-Mi guarda come il saraceno che ha rapito la principessa dalla torre, la tiene come schiava e la maltratta… -

-Tu piuttosto, che quando entra a casa nostra la guardi con quella faccia come se di colpo fosse apparso

un mostro…

- Togli pure il “Come se”… Per mettere il fondotinta chiama l’imbianchino… Ha l’eyeliner che parte da sotto

l’occhio e le arriva all’orecchio… sembra il cantante dei Kiss!

Se non puoi combatterli, fatteli amici. Se non puoi farteli amici, cerca di distruggerli, ecco la via maestra

che alza in modo rilevante la fiamma sotto il pentolone. I rivali in amore vanno messi in cattiva luce,

denigrati e svalutati, per cercare di far emergere le proprie qualità, ed essere maggiormente valutati

positivamente per un futuro insieme.

-Perché devi distruggerla così… E’ la mia mamma…-

-Mammina, mammina… ma dì un po’… hai sposato me o hai sposato lei ?! A me le cose a tre non sono mai

piaciute. Il triangolo no, non l’avevo considerato… lo dice anche Renato Zero…! (canticchiata)

-Se non vuoi lei allora non vuoi neanche me…-

-Dove devo firmare?-

Il dialogo è ovviamente ironico ed esasperato. Ma in fin dei conti neanche tanto, considerando che il

rapporto con generi, suoceri e nuore, ha mietuto molte vittime nella storia dell’umanità.

Quando apro gli incontri nei corsi di preparazione al matrimonio per chi decide di sposarsi in chiesa,

inizio quasi sempre con questa frase: “Le coppie non si separano perché non dicono il Padrenostro, non

fanno la Comunione o non vanno in Chiesa regolarmente, le separazioni si generano nella vita

quotidiana, in quei piccoli dettagli che apparentemente sembrano insignificanti, ma che sommati l’uno

all’altro e non elaborati, creano l’accumulo che porta alla distanza, alla demotivazione, alla crisi”. Più

facilmente le persone si separano per le bollette non pagate, per gli abbracci non dati, per le

responsabilità non condivise, per desideri non soddisfatti, per mancanza di intenzione nell’incontrarsi,

per un bisogno di riconoscimento non soddisfatto, per scelte che mettono altri o altro come priorità, per

la mancanza di parole e intimità, per la spesa, lo shopping, gli amici, il Centro Commerciale, la gestione

dei soldi comune o separata.

Ed ecco gli altri dialoghi che incontreremo nel nostro week end. Una ghiotta occasione per mettere alla

prova la nostra capacità di analizzare e comprendere gli ingredienti che in ogni situazione sono la fonte

di conflitto.

Riconoscimento

-Sei cambiato… Non ti riconosco più!-

- I pantaloni erano macchiati… ma se vuoi ti faccio vedere la carta di identità… ho anche il PIN di

riconoscimento… -

-E’ inutile parlare con te…. Non mi capisci…-

-Ma se non hai ancora detto niente, cosa c’è da capire ?-

-Ecco vedi ?! E’ proprio questo. Tu da solo non lo capisci… Non ci arrivi… Sono due mesi che non ci parliamo…-

-Non è vero, ti saluto tutte le mattine quando esco… E anche la sera quando rientro… Non puoi dire

così…-

-Insensibile… E poi ormai sono diventati più importanti quei quattro del bar…-

-Aaah… ancora con sta storia?! Per prima cosa sono più di quattro. E poi, non sono più libero di rilassarmi

nel mio tempo libero ? -

-Ecco vedi ?! Il “tuo” tempo libero… Io non esisto-

-Perché, adesso è tuo anche il mio di tempo libero ? E poi non esisto, non esisto… Ma cos’hai stasera, la

sindrome della “Donna invisibile…” ?!-

-Non ti interessi più di me…-

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-Settimana scorsa ti chi chiesto “Come va?”, è vero o no ?! (pausa) E poi ti ho portata anche al cinema

sabato scorso…-

-Ecco sì, hai detto bene… portata… e tu sei andato a giocare a calcetto…-

-Vedi che allora i miei amici sono più di quattro! Per giocare a calcetto bisogna essere almeno in 5… E

comunque sono tornato giusto quando è finito il film. Puntuale, non puoi dire che non sei importante….

-Una donna sola… in una sala cinematografica.. piena di maniaci…-

-Hanno rischiato grosso eh…-

-Così mi tratti ?! Basta! Non posso più dormire con te, nello stesso letto… -

-Giusto! Perché non provi il divano di tua mamma ?-

Lavori di casa

-Hai sistemato il rubinetto ?-

-No, non ancora…-

-Sono quattro mesi che mi dici non ancora !-

-Però… come passa il tempo…-

-Se non lo fai tu allora telefona all’idraulico..-

-Va bene… Basta che non chieda altro, con gli idraulici non si sa mai… Ti distrai un attimo e ti ritrofi con

un altro figlio a immagine e somiglianza…. dell’idraulico… -

-Hai telefonato ?!-

-Ma me l’hai appena detto… finisco e poi cerco il numero…-

-C’è sempre qualcos’altro di più importante vero ?-

-Ma sono in bagno, è una faccenda impegnativa, devo uscire col toscano a metà ?!-

-Hai sempre la scusa pronta tu…-

-Va beh.. passami dentro il telefono…-

-Mi hai preso per una serva ?!! Esci e lo prendi…-

-Ma ho i pantaloni calati… sono seduto sulla tazza… e senza cucchiaino… -

-Sentimi bene… se non vuoi sistemare questa cosa dillo subito chiaro ?!! Tu te ne freghi di questa casa… !!! Non

fai mai niente per la casa, se non ti dico di raccogliere un pezzo di carta neanche te ne accorgi, la carta igienica

non la cambi mai…

-A proposito…. mi passi un rotolo !-

Ma con cosa ti puliresti se non ci fossi io ?!! Eh ?!

-Mancano anche gli asciugamani…-

Fosse per te vivremmo in un bidone di spazzatura, con le bucce di banana in testa e i vestiti appiccicati

addosso… Gli asciugamani rimarrebbero in piedi da soli e con la muffa come il formaggio…

-Beh, non sarebbe male… risparmio su carta igienica, affitto, detersivi, energia elettrica…-

-Ah.. io non resisto, se vuoi una mamma chiama la tua e tornaci, così ti accudisce come il suo bambino…

-Chiamo prima l’idraulico o mia mamma ?

Il Centro Commerciale

-Sei arrabbiato ?-

-Noo..-

-Con quella cera lì ? Figurati…-

-E allora sì, va bene… sono arrabbiato, sei contenta ? Basta poco per far felici le persone….-

-Non è che devi fare contenta me… se sei arrabbiato sei arrabbiato… inutile far finta di niente… lo si vede

lontano un miglio quando una persona è arrabbiata… se è arrabbiata è arrabbiata… potresti anche

essere più sincero… anziché tenere quel muso lì tutte le volte…. Stai in silenzio e con il muso… bisogna

sempre tirartele fuori con il gancio le parole… E poi che esempio dai ai tuoi figli… Che poi a scuola mi

fanno chiamare le insegnanti… e devo sentirle io poi…-

-Ne hai ancora per molto ?-

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-Due o tre negozi-

-Mi riferivo alla predica…-

-Cosa vorresti dire ?-

-Lascia perdere … lo chiederò domenica a Don Dario…-

-Ecco, vedi ? Se hai qualcosa da dire dillo no… Hai qualcosa da ridire ?!! Stai in silenzio vero ? Bisogna

sempre farti l’interrogatorio ?! Allora rispondi ?! Cosa hai da dire ? Perché stai in silenzio ? E perché

adesso mi guardi in quel modo ?!

- Metto le cuffie… (con sarcasmo) La domanda numero uno era ? Quanto tempo ho a disposizione per la risposta

?-

-Ecco, prima il muso e il silenzio, adesso il sarcasmo… la prossima volta vengo da sola al Centro

Commerciale…-

-Fammi segnare la data, che la aggiungo al 25 aprile !!! 12 ottobre, festa della liberazione dal Centro

Commerciale…. Altre buone notizie ?

Una cosa in particolare accomuna tutti i dialoghi sino ad ora descritti.

Nessuno dei “contendenti” fa qualcosa per abbassare la fiamma sotto il pentolone, nessuno dei due fa un

qualsiasi gesto, utilizza una sola parola, per abbassare il tono emozionale e deporre le armi. Al contrario,

sembra che ogni gesto o affermazione venga pronunciata per incrementare il tono e infiammare le folle.

Qualsiasi pietanza cotta a fiamma alta per troppo tempo finisce per bruciarsi. L’acqua si consuma,

evapora, i cibi cominciano a surriscaldarsi, compaiono il primi segni di scuro e bruciato, poi compare il

fumo, acre e denso al punto che, neppure dopo aver aperto le finestre per tre ore se ne va.

Quando gestito male, il conflitto lascia il segno, e soprattutto la puzza di bruciato, che fa tossire.

Oggettività e Soggettività

Due termini che abbiamo già incontrato nel nostro sesto incontro a proposito del ritardo nell’inizio di

svolgimento delle attività d’aula: “Oggettivamente perdiamo tempo”, “Oggettivamente siamo in ritardo

con il programma”.

Il tentativo è legittimo e naturale. Chi di noi nella propria vita non ha tentato questo escamotage per

rendere più credibile quanto affermato ? Cercare e affermare la oggettività di una questione.

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Otto volte di “introduzione suocera” in casa propria in una settimana è “oggettivamente” troppo, fuori

norma, fuori controllo. Questo per il marito. Per la moglie no, cavolo. Come la mettiamo ? Quella dannata

moglie, come fa a non riconoscere che “oggettivamente” è troppo ?

Chiaro potremmo obiettare, è sua mamma, le vuole bene e si sente ancora protetta e coccolata, come

può darle fastidio la sua presenza ?

L’oggettività sta nei numeri, nella misura, nelle cose che si possono toccare, conteggiare, riprendere con

una telecamera. Il marito conta il numero di accessi durante la settimana pensando di installare un “pass”

con fotocellula, registra orari e attività su di un diario di bordo, fotografa di nascosto la lunghezza

dell’eyeliner che va da orecchio a orecchio.

Dà per scontato che l’oggettività sia inconfutabile. Per questo si inalbera ancor di più quando la moglie

sembra non percepire il problema allo stesso modo: “Ma come fai a non infastidirti come il sottoscritto ?”.

In ogni conflitto, elementi oggettivi e soggettivi entrano a far parte degli ingredienti della pietanza che

nel pentolone si sta cuocendo, a fuoco più o meno vivo. E una volta entrati si mischiano, si confondono,

perdono la loro originale suddivisione, ammesso che possa riconoscersi.

E quindi il ritardo e la perdita di contenuti in quell’arco di tempo non utilizzato, si trasforma subito o

poco oltre in mancanza di rispetto.

E la discussione si trasforma, degenera, travalica il confine della oggettività e sconfina irreparabilmente

nella soggettività e in tutto quanto la riguarda: “Tu non mi ami!”, “Tu non mi capisci”.

Ma non solo. Non si parla più del bisogno di privacy, di spazi di vita familiare autonoma, con presenze

calmierate della suocera, ma si parla del chi è più importante, si parla di chi mi sta più sui coglioni, si

scende sulla connotazione personale: “Sei orribile”, “Sei mammona”, “Sei insensibile”, “Ragioni con

l’utero”, “Ragioni con il cazzo”.

Processi di escalation, così vengono definiti in letteratura. E la fiamma si alza sino a far traboccare il

contenuto del pentolone. Ognuno di noi ha conosciuto almeno una volta nella vita questa situazione, il

conflitto scappa di mano e degenera.

Sarebbe interessante e per molti versi opportuno rimanere a parlare di fatti, di cose concrete, di quanto

intralciano l’una o l’altra parte, e di come uscirne senza troppe ferite. Sarebbe interessante e per molti

versi opportuno, ma per essere fatto richiede competenze che non sempre fanno parte del nostro

normale bagaglio di vita.

Sino a quando non ci diamo il tempo per osservare a bocce ferme quanto accade nelle nostre relazioni, è

facile che ognuno di noi metta in atto comportamenti maturati nella propria vita familiare, ricevuti da

genitori, fratelli, zii o parenti, parroco, insegnante, benzinaio. Una sorta di reiterazione inconsapevole di

modelli di gestione dei conflitti più o meno funzionanti, più o meno funzionali.

Ma ancor di più potremmo porci la domanda su quanto il nostro “strumento di misura” sia affidabile. E’

realmente oggettivo o è condizionato inevitabilmente dal nostro modo di attribuire significato alle varie

situazioni ? Perché in realtà, anche gli strumenti tecnici o tecnologici che cercano di misurare la

oggettività, sono fallaci e opinabili. Non a caso fare esami del sangue dallo stesso prelievo in laboratori

differenti, fornisce esiti differenti, in più o in meno. Anche le analisi strumentali come una

ecocardiografia, fatti allo stesso soggetto in un arco di tempo ravvicinato con apparecchi differenti o da

persone differenti, forniscono informazioni differenti.

Insomma, la parola “oggettività” e la conseguente possibilità di spostare l’ago della bilancia dalla parte di

chi la dimostra maggiormente, rischia di andare in soffitta ad impolverarsi. Non per tutti i casi, ma per

moltissimi di questi proprio sì.

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Questo significa che il conflitto inevitabilmente si gioca nella e sulla relazione, sulla capacità delle

persone di renderla meno distruttiva possibile.

Prima di tutto lettura, e poi il resto

Togliere di mezzo la oggettività, e quindi la possibilità di avere “oggettivamente” ragione, pena il finire

nella ricerca affannosa di qualche tribunale che la legittimi, significa focalizzare il primo passo per la

cosiddetta “gestione del conflitto”: possibilità e responsabilità che ognuno di noi ha di dare spazio alla

comprensione delle emozioni sollecitate e delle preziose informazioni che queste ultime forniscono di

noi, dei nostri bisogni, delle nostre esigenze, ma anche delle nostre attribuzioni di valore e dei nostri

costrutti.

Il primo comandamento è dunque riassunto nella parola “Lettura”, inteso in questo caso come sinonimo

di comprensione, una comprensione che renda esplicito e consapevole ciò che normalmente è implicito e

inconsapevole. Per sé e per gli altri.

La comprensione degli ingredienti che entrano nel pentolone è e deve essere a doppio senso, non a

senso unico. Sembra una affermazione categorica e per alcuni forse scomoda quella che segue, ma in

ogni conflitto, come in moltissimi incidenti stradali, è quasi sempre questione di “concorso di colpa”. Per

questo motivo la “comprensione” o lettura “deve” essere a doppio senso.

Sarebbe narcistico pensare che, in un conflitto, gli altri debbano occuparsi di soddisfare esclusivamente i

nostri desideri ed esigenze, per colmarli in modo appagante ed estinguere velocemente la dinamica

conflittuale.

Gli ingredienti che entrano nel pentolone sono certamente i fatti, i comportamenti, le parole delle

persone che hanno sollecitato in noi uno stato di disagio, insoddisfazione o rabbia, ma allo stesso tempo

entra la decodifica che facciamo di questi primi ingredienti, a partire dalle nostre emozioni e

proseguendo con bisogni, valori e costrutti. Tutta questa seconda parte, come direbbe la ricerca sociale

di tipo etnometodologico, è normalmente implicita, mai verbalizzata, almeno inizialmente, molte volte

proprio inconsapevole.

Ora, un medico, un bravo medico, viene considerato tale per prima cosa non solo o non quando guarisce

una persona, ma quando riesce a farle una corretta e buona diagnosi.

La diagnosi, nella “gestione del conflitto”, potrebbe occupare l’80 per cento dello spazio e delle energie

di tempo investite nella dinamica. Quando un medico ha la diagnosi, la cura è semplice, basta ricorrere ai

protocolli, alla letteratura in materia, agli esperimenti fatti in precedenza con casi simili, alla

collaborazione con il paziente.

La capacità di diagnosi nel conflitto fa la differenza nella sua gestione. Abbassa di per sé il tono

emozionale, suddivide immediatamente la responsabilità in modo più o meno equo tra i vari contendenti,

indirizza e orienta i possibili comportamenti futuri nella relazione, soprattutto in casi simili.

Ma torniamo alla nostra lite tra marito e moglie, cercando di operare una buona diagnosi.

Quali potrebbero essere le esigenze del marito e i suoi lati di vulnerabilità (giusto per dire che nella

diagnosi ci rientra anche questo) ? Quali potrebbero essere le esigenze della moglie e i suoi lati di

vulnerabilità ?

Marito: potremmo individuare inizialmente il disagio per la presenza ripetuta della suocera, e quindi un

bisogno di privacy, autonomia, gestione separata del territorio familiare, libertà nel dire, fare, baciare,

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lettera e testamento. In seguito la avversione è data da un desiderio di maggiore riconoscimento e

valorizzazione o comprensione delle sue esigenze e istanze. Il suo elemento di vulnerabilità è forse

rappresentato dalla difficoltà di condividere un affetto, quello con la moglie, con altri. Chi troppo vuole

nulla stringe, direbbe il detto.

Moglie: potremmo riconoscere il bisogno di affettività e sicurezza che la madre indubbiamente soddisfa

con la sua presenza. Allo stesso modo, anche la moglie desidererebbe veder valorizzata maggiormente la

propria madre da parte del marito. Il suo elemento di vulnerabilità, potrebbe essere rappresentato dalla

difficoltà di vivere la nuova dimensione familiare come a sé stante dal nucleo di origine, con conseguente

ritrosia ad un maggiore distacco dalla propria madre.

Ora, se mettessimo a confronto, ovvero su due piatti della bilancia, le diagnosi ora descritte,

riconosceremmo facilmente la impossibilità di soddisfare entrambi i coniugi contemporaneamente,

fermo restando le cose.

Tornando a citare per l’ennesima volta Albert Einstein, il modo di risolvere un problema deve essere

certamente differente dal pensiero che l’ha generato.

Veniamo quindi alla pietanza da preparare con questi ingredienti difficilmente amalgamabili tra di loro.

Le pietanze del conflitto: primo, secondo, contorno, caffè e ammazzasuocera

Le due vie principali per non trasformare un conflitto in un bagno di sangue o, proseguendo con la

metafora culinaria, in un soufflè floscio e penosamente svuotato, sono ancora e sempre le seguenti:

• Soluzione

• Cambiamento

La parola “soluzione” si riferisce a tutte le possibilità pratiche, tecniche, strutturali, organizzative,

comportamentali, che le persone possono scegliere in alternativa a quanto ha creato la situazione di

disagio.

La parola “soluzione” non mette in campo e non va a sfiorare la presa in carico delle “vulnerabilità”, dei

costrutti e dei valori con i quali ognuno colora i fatti alla origine del conflitto, non prende in

considerazione gli eventuali aspetti disfunzionali o di scarsa salute che ognuno porta con sé.

La parola “soluzione” si riferisce a tutto quanto sul piano pratico permette di cucinare una pietanza “al

meglio possibile”.

La parola “soluzione” adattata al nostro solito esempio potrebbe essere così sintetizzata con alcune

ipotesi da verificare in termini di fattibilità.

• Si stabiliscono con certezza gli orari di presenza della suocera, e in alcuni di quei momenti della

settimana (se l’orario combacia), il marito si incontra con gli amici.

• Si modificano gli orari di presenza della suocera in modo che combacino il più possibile con la

permanenza del marito in ufficio.

• Anziché essere la suocera ad andare dalla figlia, per la metà delle volte sarà la figlia che si recherà

a casa della mamma (quando e come questo sarà possibile).

Ma per arrivare ad ipotizzare queste possibili vie di gestione del conflitto, è necessario fare un passo

indietro, parlare cioè di “motivazione”.

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Perché la parola “soluzione” è direttamente collegata ad altre due così descritte: “mediazione o

negoziazione”, che ne richiamano una terza, “motivazione” appunto.

Promuovere e proporre quelle tre soluzioni prima elencate, è frutto di un processo di negoziazione e poi

mediazione, che entrambe le parti si impegnano a seguire, per trasformare la guerra in pace,

possibilmente di lunga durata.

Ma non è detto che entrambe le parti siano enormemente motivate a fare questo.

Nel nostro dialogo non viene minimamente espressa una qualsiasi intenzione di avviare un processo di

negoziazione tra le parti, sembra piuttosto che ognuno voglia incidere e persuadere l’altro al

cambiamento del proprio modo di vedere le cose. Il che risulta e risulterà essere la strada più difficile e

complicata da percorrere, proprio perché ognuno dei due ha le proprie motivazioni ben radicate nella

storia personale e della relazione.

A volte le persone non sono disposte alla mediazione o alla negoziazione, proprio perché non “vogliono

darla vinta” all’altra parte, e vedono in questa opera o in questo processo, un cammino perdente.

Vediamo quindi cosa può incidere, quali sono le ragioni per le quali una o più persone in conflitto,

possono scegliere di incamminarsi verso un processo di mediazione o negoziazione che porti ad una

soluzione sufficiente all’esaurire la dinamica del conflitto.

Nec-Ozium: il luogo di scambi o alternative

Nei mercati di un tempo, l’acquisto delle materie prime per il fabbisogno di cibo domestico, si reggeva

sullo scambio e lo scambio sulla negoziazione. Ti dò un utensile in cambio di una gallina. Anzi, prima

prendo l’utensile e uccido la gallina, perché poi se lo dò a te, devo strozzarla con le mani.

Nei mercati di un tempo la attività di contrattazione era frenetica, molto più che oggigiorno, perché il

prezzo non era fisso o fissato con un cartello, ma mobile, dipendente dalle parole dette, dagli sguardi

lanciati, dalla abbondanza o carenza della materia prima in un dato momento. Frenesia e movimento,

cioè “niente ozio”, da qui l’origine di negozio e negoziazione.

Negoziare significa contrattare, discutere, scambiare pareri, offerte e possibilità. La negoziazione

significa necessariamente mediazione, perché risulta chiaro sin dall’inizio, che ognuno dei due

contrattanti non può pretendere di soddisfare la sue iniziali richieste, ma deve accettare di giungere ad

un accordo che stia più o meno “nel mezzo”.

Negoziazione e Mediazione. Una azione che contratta e una azione che sta nel mezzo.

Marito e moglie possono sedersi ad un tavolo, mettere sul piano le proprie istanze, cercare insieme cosa

è possibile dare e ricevere, acquistare e perdere, perdere per acquistare. Bella quest’ultima frase che

sembra un paradosso, ma contiene la chiave della terza parola: “motivazione”.

Perché una persona dovrebbe rinunciare al suo iniziale punto di partenza, per avviarsi ad un punto di

mediazione tramite azioni di negoziazione ? Perché dovrebbe perdere qualcosa ?

Ogni negoziazione sorretta da mediazione perde qualcosa per guadagnare altro.

Il marito perde un po’ di libertà e privacy, ma guadagna maggiore serenità nel rapporto con la moglie, che

“gliela dà” una sera in più alla settimana.

Triennio Counsellor Professionista

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Pag. 362

La moglie perde un pò di affettività e sicurezza nel sentirsi costantemente accudita dalla madre, ma

guadagna maggiore pace nel rapporto con il marito che si rilassa, guarda tranquillo la partita, e non

“gliela chiede” per due sere alla settimana in più, perché gode in altro contesto.

Eccoci quindi a confronto con la terza parola: mediazione. L’esempio di marito e moglie descritto, dice

che la motivazione principale deriva dal guadagno che entrambi i coniugi ricavano dal nuovo accordo,

anche se costringe a modificare i desideri iniziali e quindi corrisponde ad una perdita.

L’armonia coniugale diventa prevalente rispetto al bisogno di privacy o di affettività e sicurezza, diventa

elemento di motivazione sufficiente ad accettare la mediazione. Se l’armonia coniugale non attirasse la

motivazione di entrambi, andrebbe cercata un’altra motivazione.

Ecco un possibile elenco di motivazioni cui appellarsi o che possono stare alla base della spinta positiva

alla negoziazione e alla successiva mediazione.

• Affetto

• Convenienza

• Conseguenze

• Valori

• Scopi sovraordinati

Ed ecco una minima descrizione di ogni singola voce, rammentando che stiamo ancora parlando della

parte di conflitto relativa alla parola “soluzione”, aspetto che potremmo meglio comprendere riportando

la nostra attenzione a questi due brevi ma significativi ed eccezionali riepiloghi visivi.

Il Pentolone: Figura “A”

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Pag. 363

Il Pentolone: Figura “B”

Affetto:

L’amore, l’affetto, la dimensione sociale di appartenenza, comunanza, assenza di solitudine è un buon

motivo che spinge ad accettare, sopportare, tollerare, accogliere situazioni non soddisfacenti in modo

completo ed esaustivo.

L’amore per la propria moglie, può fare da leva alla accettazione di quel malsano rapporto che ha con la

madre.

L’amore per il proprio marito, può fare da leva alla accettazione di quel malsano sentimento di gelosia e

proprietà privata.

L’amore muove molte cose, sino a quando dura. In ogni caso nelle relazioni affettive, molto più che in

quelle professionali, è un forte fattore che induce alla mediazione.

L’amore è un forte motore di motivazione, sino a quando viene alimentato. Quest’ultima frase

meriterebbe di essere ripetuta più volte per essere capita nel suo profondo significato.

Convenienza:

“Piuttosto che niente, meglio piuttosto”, così si potrebbe sintetizzare questa voce in modo

sufficientemente chiaro. Piuttosto che perdere mia moglie, meglio accettare la suocera. Piuttosto che

perdere mio marito, meglio lasciare a casa mia mamma.

La convenienza mette due aspetti differenti sui due piatti della bilancia, e ci fa riflettere sul loro valore e

sul loro peso. Quello che pesa di più, ovviamente, è quello verso il quale dirigiamo le nostre energie,

consapevoli di quanto perdiamo.

Anche la negoziazione e il conseguente passaggio di mediazione, segue la logica degli acquisti fatti nella

“Bottega delle meraviglie”: qualsiasi acquisto ha un prezzo.

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Pag. 364

Conseguenze:

La separazione non ha solo conseguenze negative dal punto di vista affettivo ed emotivo. Gli uomini

separati, in particolare, sono stati fatto oggetto di ricerche che hanno definito la loro situazione e messo

in luce parecchi casi di vicinanza alla soglia di povertà.

Certo, in un rapporto affettivo, o ex affettivo sostituito dall’odio, non è questo il fattore maggiormente

motivante al rimanere insieme. Le persone spesso si separano, anche a costo di pagare conseguenze

negative rilevanti.

Il timore delle conseguenze può però risultare un deterrente in altri contesti, un aspetto che pone a

riflettere e ad accettare decurtazioni, diminuzioni di stipendio, ridimensionamenti, accordi non

soddisfacenti, situazioni spiacevoli.

Capisco che possa essere considerato fattore “debole” come elemento motivazionale, ma è indubbio

riconoscerne l’esistenza. Molte mediazioni, forse soprattutto in ambito lavorativo, sono frutto di un

timore legittimo per le conseguenze.

Valori:

Chi crede nel principio della giustizia, nel valore della equità e della collaborazione, della suddivisione

equa di risorse e vantaggi, ha un forte elemento ideologico che guida le sue azioni e le sue scelte.

“E’ giusto che ognuno abbia il diritto di esprimere le proprie istanze ed è giusto che ognuno abbia legittimate le

proprie aspirazioni !”.

Questi valori, costrutti, ideali, principi che guidano e orientano l’agire di alcune persone, sono un

fortissimo elemento motivazionale. In qualsiasi occasione e in qualsiasi contesto lo mettano in pratica.

Anche a costo di perdere qualcosa dei propri privilegi, della propria posizione, dei propri di diritti.

Il valore attribuito alle altre persone, incarnato nella parola “rispetto” o “diritto”, spinge all’ascolto, alla

accoglienza, alla ricerca del meglio per entrambi, alla ideazione creativa di qualcosa che unisca più che

dividere, all’investimento di energie nella ricerca di alternative efficaci.

Scopi Sovraordinati:

Questo è un termine utilizzato in psicologia sociale, per evidenziare un fattore dinamico nei gruppi e

nella contrattazione o negoziazione sociale.

Prendiamo un semplice esempio per comprenderne il significato. Per via della suocera invadente, alla

fine quel marito e quella moglie si separano. Sin qui niente di male, se la separazione porta maggiore

serenità e benessere ad entrambi. Il problema subentra nella maggior parte dei casi quando la pace

successiva non arriva proprio per niente, un po’ perché permangono sentimenti di risentimento, se la

separazione non è giunta in modo consensuale e naturale, un po’ perché quando ci sono di mezzo i figli, la

dinamica con la suocera ritorna a piene mani, anche se orientata verso altre persone più piccole. Anche i

figli seguono il concetto di proprietà, da preservare e mantenere il più possibile per sé.

E quindi lotte e insulti e denunce e intralci ed ostacoli messi all’altro, per impedire o ridurre i contatti,

con le creature che da innocenti subiscono tutto questo, senza poterlo capire sino in fondo.

Ed ecco che arriva il termine di questo paragrafo. Lo scopo sovraordinato, cioè il figlio e il suo bene, è

quel fattore di motivazione che potrebbe e forse dovrebbe muovere i coniugi alla negoziazione e alla

mediazione, a costo di perdere una parte più o meno rilevante della propria proprietà.

Lo scopo sovraordinato è altro rispetto alle istanze personali.

Soluzione: concludendo

Sì va beh, ma queste sono solo chiacchiere ed elucubrazioni, come si fa concretamente ? Cosa devo fare

praticamente per uscire dal conflitto in questo modo ?

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Pag. 365

Lo so, le persone si aspettano sempre indicazioni di comportamento concrete, ricette pronte da mettere

nel pentolone, non hanno voglia e forse motivazione per capire che la parte della diagnosi, cioè della

comprensione, è un aspetto da praticare per prima cosa con se stessi, non con gli altri.

Questo è il vero potere personale: tutto ciò che noi possiamo fare con noi stessi per chiarire al meglio i

contorni di quanto avviene fuori e dentro di noi.

E’ sciocco e ingenuo pensare di risolvere un conflitto con formule magiche da applicare in modo

meccanico in qualsiasi situazione, o tecniche di comunicazione apprese con esercizi e schede.

Ma se proprio vogliamo semplificare ed andare in aiuto di chi a tutti i costi ha bisogno dello schemino e

della indicazione pratica, allora semplifichiamo, collegandoci agli argomenti di questo primo anno.

La comprensione ci dà modo di “maneggiare” quanto ci riguarda, ci consente di avere chiarezza di motivi

e scopi, di legami tra i fatti e gli aspetti di oggettività della situazione e il nostro modo di colorarli, di

interpretarli, ci fornisce informazioni sui nostri scopi, sui nostri valori e costrutti, sui nostri desideri e

sulle nostre aspettative più o meno funzionali, ci dota di tutto quanto occorre per poter esser assertivi.

La assertività è la forma che ci consente di mostrare il nostro patrimonio di informazioni agli altri, nella

forma più chiara e diretta possibile, nel modo che ci concede la nostra competenza verbale e la nostra

fase evolutiva esistenziale. La assertività, mostra agli altri contendenti del conflitto quello che ci sta a

cuore, e contemporaneamente esprime la intenzione di giocarci tutto questo nella relazione, con la

disponibilità all’incontro e la non intenzione di scontro, con la chiara consapevolezza che tutto non andrà

secondo i nostri desideri infantili ed egocentrici.

La assertività è la forma che ci consente di rivolgere il nostro ascolto e la nostra attenzione allo stesso

modo e nella stessa forma a chi ci sta di fronte, in attesa di ricevere le sue di informazioni, i suoi valori,

scopi, esigenze. Allo stesso modo, alla pari.

Per questo la assertività è una scelta riferita ad un modo di essere, più che di fare o di dire.

Ed è una scelta che orienta il modo di porsi nelle situazioni conflittuali. Alla pari, sullo stesso piano,

ognuno con le proprie ragioni, ognuno con le proprie rivendicazioni, ognuno con le proprie intenzioni.

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Pag. 366

Le prove di assertività, le faremo concretamente nella nostra amata aula.

Cambiamento: cominciando

Mentre la parola “soluzione” e la via verso cui conduce si può concludere felicemente, a patto di

rispettare le condizioni descritte, la parola “cambiamento” è una porta aperta sull’ignoto, una parola che

sembra facile da pronunciare ma molto articolata e complessa da vivere.

Il cambiamento non è la prima cosa che noi desideriamo e cerchiamo nella vita, anche se chi si rivolge a

percorsi formativi sembra dichiaratamente di volerla perseguire. Non è così. Nella maggior parte dei casi

le persone vorrebbero imparare ma senza cambiare qualcosa di sé. Perché farlo ? Perché farlo se sto

bene così? Sono gli altri ad essere nel torto quando arrivano in ritardo e penalizzano il tempo dedicato

all’apprendimento, qualcuno potrebbe pensare.

Il cambiamento parte da un presupposto senza il quale non è possibile proseguire: la presa d’atto delle

proprie vulnerabilità, dei propri difetti, del proprio essere ontologicamente difettosi, a partire da quel

peccato originale che ha contribuito in modo determinante alla corruzione della nostra specie.

Se noi partiamo dal presupposto di essere perfetti, questa parola, “cambiamento”, non ha alcun senso.

Noi siamo imperfetti, e il cambiamento è un fattore evolutivo ed esistenziale. Nasciamo imperfetti,

entriamo in contatto con persone imperfette, e tutto questo non fa altro che amplificare le nostre

imperfezioni.

Perché quel marito dovrebbe cambiare qualcosa di sé? Perché dovrebbe prendere coscienza delle sue

vulnerabilità, del suo essere fatto male ?

Perché quella moglie dovrebbe cambiare qualcosa di sé ? Perché dovrebbe prendere coscienza delle sue

vulnerabilità, del suo essere fatta male ?

Già, perché ?

Senza una risposta sufficiente e convinta, questa strada non verrà mai percorsa, e tutta la vita verrà

spesa a cercare di convincere e persuadere gli altri del loro essere sbagliati, difettosi, inadeguati. Ed ogni

situazione conflittuale verrà vissuta ed affrontata come una battaglia, con nemici ed oppositori da

sconfiggere, e le parole assumeranno il tono adeguato: ricerca di oggettività, appello a ragioni di stato o

di religione, attacchi personali e non, svalutazioni, denigrazioni, insulti. Tutto ne consegue.

La parola cambiamento non si può esaurire, apre la porta al cammino della coscienza e alla introspezione

riflessiva.

Ma prima di tutto bisogna dare risposta a quella domanda tanto semplice quanto complessa. “Perché ?”.

Anche per questa parte faremo qualche applicazione pratica nella nostra cara aula, ma credo che in

realtà sarà un fronte che ci accompagnerà per tutta la vita, sino a quando avremo la voglia e la intenzione

di incontrare gli altri.

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Pag. 367

Schede di Lavoro

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Pag. 369

Scheda 025: Osservazione e Feedback

Scopo: Utilizzare la Scheda per aumentare la propria competenza nel dare un feedback descrittivo

e non giudicante come forma di supporto e allargamento della percezione personale.

Istruzioni: Durante il dialogo o il video, osservate e prendete nota di alcune frasi o momenti

particolari e descriveteli nel dettaglio. Inoltre aggiungete nel caso sia utile l’impatto che

quelle parole hanno avuto, sempre riferendovi a ciò che avete osservato, ed

eventualmente aggiungete una domanda che vi aiuti a chiarire la dinamica.

Esempio

Parole - Frasi Impatto Domande / Ipotesi

Quando lei hai detto:”Ora mi

tocca”, tu hai aggiunto:

“Questo è un momento di

scelta e passaggio nella tua

vita”

Lei è rimasta in silenzio per un

paio di minuti, e poi ha

aggiunto: “Non sempre le

nostre scelte dipendono da

noi”

Per quale motivo hai detto

quelle parole ?

Osservazioni

Parole - Frasi Impatto Domande / Ipotesi

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Pag. 370

Appunti e Note

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Pag. 371

Scheda 042: Conflitti coniugali 1

Scopo: Applicare le riflessioni sul modo di affrontare i conflitti.

Istruzioni: Leggete il dialogo e con un lavoro di gruppo cercate di completare la scheda in tutte le sue

parti.

-E’ stata qui anche oggi tua mamma…!”-

-E’ solo la ottava volta in questa settimana! Perché ? Cosa c’è che non va ?-

-Vive più a casa nostra che a casa sua… Dobbiamo cambiare i nomi del citofono…”-

-Sarà perché si trova bene…-

-Ci credo, si piazza lì sul divano e non si schioda più. Quello di casa sua ha le molle a espulsione come nei film di

James Bond… che la catapultano direttamente a casa nostra!!

-Cos’hai contro mia mamma…?!-

-Mi guarda come il saraceno che ha rapito la principessa dalla torre, la tiene come schiava e la maltratta… -

-Tu piuttosto, che quando entra a casa nostra la guardi con quella faccia come se di colpo fosse apparso

un mostro…

- Togli pure il “Come se”… Per mettere il fondotinta chiama l’imbianchino… Ha l’eyeliner che parte da sotto

l’occhio e le arriva all’orecchio… sembra il cantante dei Kiss!

-Perché devi distruggerla così… E’ la mia mamma…-

-Mammina, mammina… ma dì un po’… hai sposato me o hai sposato lei ?! A me le cose a tre non sono mai

piaciute. Il triangolo no, non l’avevo considerato… lo dice anche Renato Zero…!

-Se non vuoi lei allora non vuoi neanche me…-

-Dove devo firmare?-

Marito: Ingredienti del conflitto Moglie: ingredienti del conflitto

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Soluzioni

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Cambiamento

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Pag. 372

Appunti e Note

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Pag. 373

Scheda 043: Conflitti coniugali 1

Scopo: Applicare le riflessioni sul modo di affrontare i conflitti.

Istruzioni: Leggete il dialogo e con un lavoro di gruppo cercate di completare la scheda in tutte le sue

parti.

-Sei cambiato… Non ti riconosco più!-

- I pantaloni erano macchiati… ma se vuoi ti faccio vedere la carta di identità… ho anche il PIN di

riconoscimento… -

-E’ inutile parlare con te…. Non mi capisci…-

-Ma se non hai ancora detto niente, cosa c’è da capire ?-

-Ecco vedi ?! E’ proprio questo. Tu da solo non lo capisci… Non ci arrivi… Sono due mesi che non ci parliamo…-

-Non è vero, ti saluto tutte le mattine quando esco… E anche la sera quando rientro… Non puoi dire

così…-

-Insensibile… E poi ormai sono diventati più importanti quei quattro del bar…-

-Aaah… ancora con sta storia?! Per prima cosa sono più di quattro. E poi, non sono più libero di rilassarmi

nel mio tempo libero ? -

-Ecco vedi ?! Il “tuo” tempo libero… Io non esisto-

-Perché, adesso è tuo anche il mio di tempo libero ? E poi non esisto, non esisto… Ma cos’hai stasera, la

sindrome della “Donna invisibile…” ?!-

-Non ti interessi più di me…-

-Settimana scorsa ti chi chiesto “Come va?”, è vero o no ?! (pausa) E poi ti ho portata anche al cinema

sabato scorso…-

-Ecco sì, hai detto bene… portata… e tu sei andato a giocare a calcetto…-

-Vedi che allora i miei amici sono più di quattro! Per giocare a calcetto bisogna essere almeno in 5… E

comunque sono tornato giusto quando è finito il film. Puntuale, non puoi dire che non sei importante….

-Una donna sola… in una sala cinematografica.. piena di maniaci…-

-Hanno rischiato grosso eh…-

-Così mi tratti ?! Basta! Non posso più dormire con te, nello stesso letto… -

-Giusto! Perché non provi il divano di tua mamma ?-

Marito: Ingredienti del conflitto Moglie: ingredienti del conflitto

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Soluzioni

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Cambiamento

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Appunti e Note

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Scheda 044: Conflitti coniugali 2

Scopo: Applicare le riflessioni sul modo di affrontare i conflitti.

Istruzioni: Leggete il dialogo e con un lavoro di gruppo cercate di completare la scheda in tutte le sue

parti.

-Hai sistemato il rubinetto ?-

-No, non ancora…-

-Sono quattro mesi che mi dici non ancora !-

-Però… come passa il tempo…-

-Se non lo fai tu allora telefona all’idraulico..-

-Va bene… Basta che non chieda altro, con gli idraulici non si sa mai… Ti distrai un attimo e ti ritrofi con un

altro figlio a immagine e somiglianza…. dell’idraulico… -

-Hai telefonato ?!-

-Ma me l’hai appena detto… finisco e poi cerco il numero…-

-C’è sempre qualcos’altro di più importante vero ?-

-Ma sono in bagno, è una faccenda impegnativa, devo uscire col toscano a metà ?!-

-Hai sempre la scusa pronta tu…-

-Va beh.. passami dentro il telefono…-

-Mi hai preso per una serva ?!! Esci e lo prendi…-

-Ma ho i pantaloni calati… sono seduto sulla tazza… e senza cucchiaino… -

-Sentimi bene… se non vuoi sistemare questa cosa dillo subito chiaro ?!! Tu te ne freghi di questa casa… !!! Non fai

mai niente per la casa, se non ti dico di raccogliere un pezzo di carta neanche te ne accorgi, la carta igienica non la

cambi mai…

-A proposito…. mi passi un rotolo !-

Ma con cosa ti puliresti se non ci fossi io ?!! Eh ?!

-Mancano anche gli asciugamani…-

Fosse per te vivremmo in un bidone di spazzatura, con le bucce di banana in testa e i vestiti appiccicati addosso… Gli

asciugamani rimarrebbero in piedi da soli e con la muffa come il formaggio…

-Beh, non sarebbe male… risparmio su carta igienica, affitto, detersivi, energia elettrica…-

-Ah.. io non resisto, se vuoi una mamma chiama la tua e tornaci, così ti accudisce come il suo bambino…

-Chiamo prima l’idraulico o mia mamma ?

Marito: Ingredienti del conflitto Moglie: ingredienti del conflitto

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Soluzioni

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Cambiamento

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Appunti e Note

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Scheda 045: Conflitti coniugali 3

Scopo: Applicare le riflessioni sul modo di affrontare i conflitti.

Istruzioni: Leggete il dialogo e con un lavoro di gruppo cercate di completare la scheda in tutte le sue

parti.

-Sei arrabbiato ?-

-Noo..-

-Con quella cera lì ? Figurati…-

-E allora sì, va bene… sono arrabbiato, sei contenta ? Basta poco per far felici le persone….-

-Non è che devi fare contenta me… se sei arrabbiato sei arrabbiato… inutile far finta di niente… lo si vede

lontano un miglio quando una persona è arrabbiata… se è arrabbiata è arrabbiata… potresti anche essere

più sincero… anziché tenere quel muso lì tutte le volte…. Stai in silenzio e con il muso… bisogna sempre

tirartele fuori con il gancio le parole… E poi che esempio dai ai tuoi figli… Che poi a scuola mi fanno

chiamare le insegnanti… e devo sentirle io poi…-

-Ne hai ancora per molto ?-

-Due o tre negozi-

-Mi riferivo alla predica…-

-Cosa vorresti dire ?-

-Lascia perdere … lo chiederò domenica a Don Dario…-

-Ecco, vedi ? Se hai qualcosa da dire dillo no… Hai qualcosa da ridire ?!! Stai in silenzio vero ? Bisogna

sempre farti l’interrogatorio ?! Allora rispondi ?! Cosa hai da dire ? Perché stai in silenzio ? E perché

adesso mi guardi in quel modo ?!

- Metto le cuffie… (con sarcasmo) La domanda numero uno era ? Quanto tempo ho a disposizione per la risposta

?-

-Ecco, prima il muso e il silenzio, adesso il sarcasmo… la prossima volta vengo da sola al Centro

Commerciale…-

-Fammi segnare la data, che la aggiungo al 25 aprile !!! 12 ottobre, festa della liberazione dal Centro

Commerciale…. Altre buone notizie ?

Marito: Ingredienti del conflitto Moglie: ingredienti del conflitto

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Soluzioni

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Cambiamento

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Appunti e Note

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Scheda 046: Escalation – De-escalation

Scopo: Focalizzare e raccogliere comportamenti appartenenti alle due categorie.

Istruzioni: Pescando dalla vostra esperienza personale, descrivete tutti gli elementi che nelle vostre

situazioni conflittuali hanno consentito di attivare processi di de-escalation, che

riducevano il tono emotivo e i comportamenti che, al contrario, lo alzavano innescando

l’escalation. Descrivete le voci in modo “Concreto” e non “Vago”. Descrivete quelli più

importanti, i principali, quelli che possono fare la differenza.

Escalation De-Escalation

1 .................................................................................................... 1.........................................................................................................

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2 .................................................................................................... 2.........................................................................................................

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3 .................................................................................................... 3.........................................................................................................

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5 .................................................................................................... 5.........................................................................................................

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Appunti e Note

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Scheda 047: Mettiamo in pratica

Scopo: Applicare le riflessioni sul modo di affrontare i conflitti.

Istruzioni: Leggete il dialogo e con un lavoro di gruppo cercate di completare la scheda in tutte le sue

parti.

Situazione

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Conflitto “A”: ……………………………………………………….

Fattori Strutturali Fattori Funzionali Fattori Processuali

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Soluzioni

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Cambiamento

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Pag. 383

Situazioni da scegliere

1)

Contesto: Relazione interpersonale Conosco Angela ad ottobre. Decidiamo di stare insieme e fino a Natale credo di vivere una storia

d’amore. Poi, un brusco risveglio. Angela, nell’affezionarsi sempre più, almeno credo, inizia ad assumere

atteggiamenti che mi danno fastidio, che mi imbestialiscono, che mi fanno perdere la calma. Il suo

“mondo della coppia” è fatto di regole precise, di giusto e sbagliato, di immutabili modalità di

comportamento.

Naturalmente queste regole coincidono con i suoi comportamenti, nel modo e nella quantità di

telefonate, nei gesti d’affetto, nella gestione degli appuntamenti, nel modo di stare con gli amici. Cerco di

spiegarle che il mio punto di vista è completamente diverso, io rifiuto di conformarmi a delle regole, e

non accetto la distinzione tra giusto e sbagliato.

Cerco di spiegarle che le sue regole sono, appunto, le sue, e non stanno scritte su una tavola delle leggi.

Le faccio presente che io non posso accettarle, non mi piacciono, non mi convincono, mi soffocano. Lei

non capisce, continua a scalpitare iniziando i suoi ragionamenti con la frase “E’ normale…” Io mi

innervosivo non poco e lei è aggressiva.

Quando si discute alza di molto il tono della voce, e non riesce ad ascoltare.

Ogni volta grida, è un fiume in piena, non c’è spazio per l’altro. E quando decido di rompere la relazione,

inizia a perseguitarmi. Prima telefonate piene di pianti, recriminazioni e accuse. Poi richieste di incontri

nei quali dopo le recriminazioni e le accuse, cerca di sedurmi.

2)

Contesto: Azienda Privata – Ufficio Personale

Eleonora, impiegata da sette anni in una azienda commerciale, dopo l’astensione per maternità rientra in

servizio con contratto part-time.

Dopo pochi giorni chiede un appuntamento col Responsabile del Personale.

Quando viene ricevuta, fa la richiesta di una ulteriore riduzione dell’orario e chiede di essere assegnata d

un altro ufficio.

“Siamo spiacenti, debbo comunicarle che nel suo ufficio siamo in sofferenza di personale, anche per la

nuova articolazione di part-time richiesto, non è possibile assecondare il suo desiderio di ridurre

ulteriormente l’orario e cambiare di ufficio.

“Ma non è vero, le mie colleghe ce la possono benissimo fare, e poi so bene che l’ufficio nel quale chiedo di

essere trasferita ha necessità di un aiuto”

“Vede, le sue informazioni sono molto differente da quanto la Direzione ritiene sia opportuno fare, e poi

non è una questione che compete a lei la distribuzione o la revisione degli organici. Il suo ufficio è già in

difficoltà in conseguenza della sua prima richiesta di cambiamento d’orario, figuriamoci lo spostamento”.

A questo punto l’impiegata scoppia e piangere e inizia ad accusare: “Lo so, anche se non l dice, questa è

solo una punizione per aver deciso di mettere al mondo un figlio, è discriminazione bella e buona, è

ingiusto questo trattamento dopo tanti anni di onorato servizio in questa ditta”.

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Pag. 384

Situazioni da scegliere

3)

Contesto: Poliambulatorio Cinque o sei persone anziane sedute, alcune sono accompagnate. Il medico è in ritardo 15 minuti e le persone

iniziano a spazientirsi. I'infermiera cerca di tranquillizzarle e assicura che il medico sarà stato trattenuto in corsia

per un caso urgente. Gli animi si placano un pò ma dopo 40 minuti di ritardo alcuni accompagnatori manifestano

apertamente il loro disappunto sull'organizzazione: “E’ sempre la solita storia a noi tocca sempre aspettare, poi se

siamo noi in ritardo di 10 minuti rischiamo che non ci visitino perché abbiamo superato il tempo.."e così via .

L'infermiera di nuovo cerca di calmare e giustificare il ritardo del medico . Va alla ricerca del medico che con 50

minuti di ritardo arriva in ambulatorio. La prima persona, accompagna in ambulatorio una persona anziana la porta

rimane aperta e si sente il dialogo.

“Gentile dottore visto che è in ritardo potrebbe almeno scusarsi con le persone che l'aspettano".

Guardi non credo proprio di dovermi scusare con nessuno.....”

“Ah no??? Vuol dire che il suo tempo è più importante che il mio?”

“Veda un pò lei"

A quel punto l’accompagnatore si gira verso l'infermiera che in quel momento sta per entrare in ambulatorio e la

chiama in causa.

“Senta, dica anche lei al dottore cosa diceva la gente fuori in sala d'attesa"

Il medico sbotta un pò dicendo: “Vuole che la visiti o preferisce far notte..."

La porta viene chiusa ma si sente ancora che discutono animatamente. E quando esce, l’accompagnatore

commenta: "Sempre peggio ...sanità pubblica".

4)

Contesto: Colloqui a Scuola In occasione di Assemblee o ricevimento dei genitori per colloqui programmati, nel Regolamento di

Istituto è prevista una voce che prevede per i Genitori il divieto di portare con sé i figli. Alcuni Genitori

non rispettano questa regola, portano con sé figli, dicendo come motivazione il fatto di non avere alcuno

cui lasciarli, e rassicurando sul fatto che: “Mio figlio sta tranquillo, non disturba”. Il che avviene solo per i

primi dieci minuti. Altri Genitori, quelli che facendo “salti mortali” o facendo ricorso alla baby sitter,

rispettano la regola, se ne risentono e discutono tra loro oltre a far presente le loro ragioni sia ai Docenti

che al Dirigente Scolastico, nel giorno successivo.

Anziché esaminare la situazione degli alunni, I Docenti utilizzano parte del tempo per accogliere e

mediare le legittime recriminazioni, ma allo stesso tempo devono cercare di non creare troppe fratture

nel gruppo Genitori. Nel primo incontro programmato, il Dirigente Scolastico rimprover4a i Docenti,

facendo presente che l’Istituzione Scolastica perde autorevolezza se non riesce a far rispettare e

rendere credibile quanto scritto nel Regolamento Scolastico, sia nei confronti dei genitori che nei

confronti degli alunni e a queste parole i Docenti lamentano il fatto di non essere in grado di fare i

poliziotti, non avendone né il mandato né la competenza.

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Pag. 385

Scheda 048: Esempio professionale

Scopo: Applicare le riflessioni sul modo di affrontare i conflitti.

Istruzioni: Leggete il dialogo e con un lavoro di gruppo cercate di completare la scheda in tutte le sue

parti.

Situazione

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Conflitto “A”: ……………………………………………………….

Fattori Strutturali Fattori Funzionali Fattori Processuali

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Soluzioni

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Cambiamento

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Conflitto “B”: ……………………………………………………….

Fattori Strutturali Fattori Funzionali Fattori Processuali

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Soluzioni

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Cambiamento

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Appunti e Note

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IMR – Italian Medical Research

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