il controllo biologico delle erbe...

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famiglia dei possibili erbicidi biologici. Il fungo prolifera sull'erba infestante generando picnidi (corpi rotondeggianti nella microfoto- grafia elettronica a scansione in alto), ognuno dei quali contiene spore (rigonfiamenti all'estremità dei filamenti nella sezione in bas- so). I picnidi sono ingranditi 31 volte; le spore 305 volte. Le micro- fotografie sono di Wilford Hess della Brigham Young University. 'uomo lotta contro le erbe infestanti almeno fin dagli albori dell'agri- coltura. Si potrebbe addirittura affermare che questa battaglia risale ad Adamo: nel versetto 3:18 del Genesi, uno dei più antichi riferimenti alle piante infestanti, nell'Eden per altri aspetti per- fetto Dio promette ad Adamo «spine e cardi». I giardini in cui le erbe infestanti pro- sperano dove non dovrebbero sono uno degli esempi meno gravi dei danni che queste piante possono provocare. Esse intasano anche i corsi d'acqua, distrug- gono gli habitat naturali e ostacolano l'a- gricoltura. La loro diffusione incontra- stata fa scomparire le aree a pascolo ed è responsabile di un terzo delle perdite di raccolti in tutto il mondo: una deva- stazione che la popolazione umana in continua espansione non può certo per- mettersi. Molte piante utili possono mo- rire perché le erbe infestanti che si in- trufolano tra di esse sottraggono acqua, sostanze nutritive e luce solare, oppure interferiscono con l'irrigazione; anche le operazioni di raccolta possono essere intralciate. Alla necessità di tenere sotto controllo le erbe infestanti su scala mondiale è ve- nuta principalmente incontro l'industria chimica. Gli erbicidi chimici sono spesso efficaci e indispensabili in agricoltura, ma provocano gravi problemi, in parti- colar modo se vengono utilizzati senza uno stretto controllo. Per esempio, que- sti composti tossici o comunque dannosi minacciano la salute dell'uomo e degli animali accumulandosi nelle piante ali- mentari, nella falda acquifera e nell'ac- qua potabile; possono anche mettere di- rettamente in pericolo gli agricoltori che li spargono. In anni recenti l'industria chimica ha introdotto alcuni erbicidi che sono più sicuri dal punto di vista ecologico rispet- to a quelli del passato, in particolare il glifosato, prodotto dalla Monsanto, e una serie di composti, le sulfoniluree, messi a punto dalla Du Pont. Ma le nuo- ve sostanze chimiche non potranno certo risolvere da sole il problema mondiale delle erbe infestanti. Per questo motivo un numero sempre maggiore di ricerca- tori, compresi i miei collaboratori e io alla Montana State University, sta inte- ressandosi ad alternative biologiche che sfruttino le capacità erbicide innate di certi esseri viventi, in primo luogo insetti e microrganismi. G li agenti biologici oggi in uso sono compatibili con l'ambiente e molti hanno in più il vantaggio della specifici- tà; in genere possono essere scelti per la loro capacità di attaccare bersagli ben precisi senza danneggiare altre piante (comprese quelle che potrebbero essere affini alle erbe infestanti prese di mira). Per contro alcuni dei più efficaci erbicidi chimici uccidono pressoché tutte le pian- te con cui entrano in contatto, rispar- miando solo le poche specie che possie- dono una resistenza naturale alla sostan- za impiegata e quelle che sono state mo- dificate geneticamente per essere più re- sistenti. Inoltre diversi agenti biologici possono essere impiegati solo una volta, senza che siano necessarie successive ap- plicazioni, mentre in genere i prodotti chimici devono essere somministrati pa- recchie volte nel corso di una stagione agricola. Può darsi che i metodi biologici non riescano a soppiantare completamente gli erbicidi chimici, ma dovrebbero co- munque consentire di limitarne l'uso e di ridurre i rischi a essi associati. Potreb- bero anche permettere di debellare quel- le erbe infestanti che sfuggono all'azione dei comuni erbicidi. Naturalmente l'uomo è il primo agen- te biologico di controllo delle erbe infe- stanti: per migliaia di anni egli ha taglia- to ed estirpato le erbe infestanti per con- quistare nuove estensioni di terreno col- tivabile , con risultati però non sempre soddisfacenti. La comparsa di chiazze sulle foglie di Cype- rus rotundus è opera di un fungo, Ascochy- ta cypericola, che appartiene alla numerosa Si ritiene che la prima riuscita intro- duzione di un agente di controllo biolo- gico sia avvenuta alla metà dell'Ottocen- to. La cactacea Opuntia vulgaris, una varietà di fico d'India originaria delle Americhe, aveva provocato molti danni in India, ma venne finalmente messa sot- to controllo liberando nell'ambiente un insetto, Dactylopius ceylonicus, che è un suo nemico naturale. Da allora gli insetti sono stati impie- gati per limitare la proliferazione di più di 30 specie di erbe infestanti in varie parti del mondo. Questi interventi han- no aperto la strada alla attuale sperimen- tazione con microrganismi che uccidono o indeboliscono le erbe infestanti. Parec- chi di questi microrganismi sono già di- sponibili in commercio o stanno per es- serlo, mentre decine di altri sono sotto- posti a indagini approfondite in molti la- boratori. La maggior parte dei micror- ganismi studiati è costituita da funghi, che sono i più comuni agenti patogeni delle piante, ma alcuni gruppi di ricerca- tori in tutto il mondo stanno interessan- dosi anche a virus, batteri e nematodi (vermi cilindrici). Per mettere a punto misure di control- lo biologico è necessario raccogliere un gran numero di informazioni su ciascuna erba infestante presa come bersaglio. In particolare occorre conoscerne i nemici naturali e il ciclo vitale, in modo da poter liberare nell'ambiente i suoi antagonisti più potenti nel momento preciso del ci- clo in cui questi agenti siano particolar- mente distruttivi. L'industria chimica sta oggi cercando di produrre erbicidi in maniera egual- mente razionale, progettando certi com- posti in modo che interferiscano con spe- cifici processi chimici di determinate er- be. In passato, invece, molti erbicidi standard nascevano da una ricerca con- dotta un po' alla cieca: i chimici creavano nuovi composti senza avere in mente un particolare bersaglio biochimico; succes- sivamente valutavano le sostanze otte- nute in base ai loro effetti su una vasta gamma di piante. La ricerca dei nemici di un'erba infe- stante ha inizio di solito passando in ras- segna la letteratura scientifica su quella particolare pianta, ma può anche com- portare la ricognizione sul campo alla ri- cerca di antagonisti non ancora identifi- cati. La caccia comincia spesso nell'area di origine della pianta infestante, in quanto lì i suoi avversari tendono a es- sere più abbondanti. Molte piante noci- ve sono assai meno dannose nel loro cen- tro di origine proprio perché altri orga- nismi che si sono evoluti nella stessa re- gione ne limitano la diffusione. Per esempio, spedizioni effettuate nei siti di origine hanno permesso di scoprire promettenti agenti biologici contro il ci- pero odoroso (Cyperus rotundus), una pianta che assomiglia a una graminacea e produce fiori color lavanda. Dalla sua regione d'origine in India si è diffusa nei campi coltivati delle regioni tropicali di tutto il globo: difficile da debellare e sen- za proprietà che la redimano, è conside- rata da molti la peggiore erba infestante del mondo. Altri esempi abbondano. Ricercatori avventuratisi in paesi lontani hanno sco- perto i nemici naturali di erbe infestanti come l'avena selvatica (Avena fatua), diffusasi dal Medio Oriente pressoché in tutte le aree del mondo in cui crescono i cereali; la cannareccia (Sorghum ha- lepense), una pianta originaria dell'area mediterranea che nella maggior parte delle zone agricole è una vera rovina per le colture di sorgo e di granoturco; la canapa indiana (Cannabis sativa), pro- veniente dalle zone dell'Asia a clima Il controllo biologico delle erbe infestanti Combattere le piante dannose all'agricoltura mediante le tossine prodotte dai loro nemici naturali è un'alternativa agli erbicidi chimici che ha il pregio di essere efficace e al tempo stesso compatibile con l'ambiente di Gary A. Strobel 56 LE SCIENZE n. 277, settembre 1991 LE SCIENZE n. 277, settembre 1991 57

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famiglia dei possibili erbicidi biologici. Il fungo prolifera sull'erbainfestante generando picnidi (corpi rotondeggianti nella microfoto-grafia elettronica a scansione in alto), ognuno dei quali contiene

spore (rigonfiamenti all'estremità dei filamenti nella sezione in bas-so). I picnidi sono ingranditi 31 volte; le spore 305 volte. Le micro-fotografie sono di Wilford Hess della Brigham Young University.

'uomo lotta contro le erbe infestantialmeno fin dagli albori dell'agri-coltura. Si potrebbe addirittura

affermare che questa battaglia risale adAdamo: nel versetto 3:18 del Genesi,uno dei più antichi riferimenti alle pianteinfestanti, nell'Eden per altri aspetti per-fetto Dio promette ad Adamo «spine ecardi».

I giardini in cui le erbe infestanti pro-sperano dove non dovrebbero sono unodegli esempi meno gravi dei danni chequeste piante possono provocare. Esseintasano anche i corsi d'acqua, distrug-gono gli habitat naturali e ostacolano l'a-gricoltura. La loro diffusione incontra-stata fa scomparire le aree a pascolo edè responsabile di un terzo delle perditedi raccolti in tutto il mondo: una deva-stazione che la popolazione umana incontinua espansione non può certo per-mettersi. Molte piante utili possono mo-rire perché le erbe infestanti che si in-trufolano tra di esse sottraggono acqua,sostanze nutritive e luce solare, oppureinterferiscono con l'irrigazione; anchele operazioni di raccolta possono essereintralciate.

Alla necessità di tenere sotto controllole erbe infestanti su scala mondiale è ve-nuta principalmente incontro l'industriachimica. Gli erbicidi chimici sono spessoefficaci e indispensabili in agricoltura,ma provocano gravi problemi, in parti-colar modo se vengono utilizzati senzauno stretto controllo. Per esempio, que-sti composti tossici o comunque dannosiminacciano la salute dell'uomo e deglianimali accumulandosi nelle piante ali-mentari, nella falda acquifera e nell'ac-qua potabile; possono anche mettere di-rettamente in pericolo gli agricoltori cheli spargono.

In anni recenti l'industria chimica haintrodotto alcuni erbicidi che sono piùsicuri dal punto di vista ecologico rispet-to a quelli del passato, in particolare il

glifosato, prodotto dalla Monsanto, euna serie di composti, le sulfoniluree,messi a punto dalla Du Pont. Ma le nuo-ve sostanze chimiche non potranno certorisolvere da sole il problema mondialedelle erbe infestanti. Per questo motivoun numero sempre maggiore di ricerca-tori, compresi i miei collaboratori e ioalla Montana State University, sta inte-ressandosi ad alternative biologiche chesfruttino le capacità erbicide innate dicerti esseri viventi, in primo luogo insettie microrganismi.

Gli agenti biologici oggi in uso sono

compatibili con l'ambiente e moltihanno in più il vantaggio della specifici-tà; in genere possono essere scelti per laloro capacità di attaccare bersagli benprecisi senza danneggiare altre piante(comprese quelle che potrebbero essereaffini alle erbe infestanti prese di mira).Per contro alcuni dei più efficaci erbicidichimici uccidono pressoché tutte le pian-te con cui entrano in contatto, rispar-miando solo le poche specie che possie-dono una resistenza naturale alla sostan-za impiegata e quelle che sono state mo-dificate geneticamente per essere più re-sistenti. Inoltre diversi agenti biologicipossono essere impiegati solo una volta,senza che siano necessarie successive ap-plicazioni, mentre in genere i prodottichimici devono essere somministrati pa-recchie volte nel corso di una stagioneagricola.

Può darsi che i metodi biologici nonriescano a soppiantare completamentegli erbicidi chimici, ma dovrebbero co-munque consentire di limitarne l'uso edi ridurre i rischi a essi associati. Potreb-bero anche permettere di debellare quel-le erbe infestanti che sfuggono all'azionedei comuni erbicidi.

Naturalmente l'uomo è il primo agen-te biologico di controllo delle erbe infe-stanti: per migliaia di anni egli ha taglia-

to ed estirpato le erbe infestanti per con-quistare nuove estensioni di terreno col-tivabile , con risultati però non sempresoddisfacenti.

La comparsa di chiazze sulle foglie di Cype-rus rotundus è opera di un fungo, Ascochy-ta cypericola, che appartiene alla numerosa

Si ritiene che la prima riuscita intro-duzione di un agente di controllo biolo-gico sia avvenuta alla metà dell'Ottocen-to. La cactacea Opuntia vulgaris, unavarietà di fico d'India originaria delleAmeriche, aveva provocato molti danniin India, ma venne finalmente messa sot-to controllo liberando nell'ambiente uninsetto, Dactylopius ceylonicus, che è unsuo nemico naturale.

Da allora gli insetti sono stati impie-gati per limitare la proliferazione di piùdi 30 specie di erbe infestanti in varieparti del mondo. Questi interventi han-no aperto la strada alla attuale sperimen-tazione con microrganismi che uccidonoo indeboliscono le erbe infestanti. Parec-chi di questi microrganismi sono già di-sponibili in commercio o stanno per es-serlo, mentre decine di altri sono sotto-posti a indagini approfondite in molti la-boratori. La maggior parte dei micror-ganismi studiati è costituita da funghi,che sono i più comuni agenti patogenidelle piante, ma alcuni gruppi di ricerca-tori in tutto il mondo stanno interessan-dosi anche a virus, batteri e nematodi(vermi cilindrici).

Per mettere a punto misure di control-lo biologico è necessario raccogliere un

gran numero di informazioni su ciascunaerba infestante presa come bersaglio. Inparticolare occorre conoscerne i nemicinaturali e il ciclo vitale, in modo da poterliberare nell'ambiente i suoi antagonistipiù potenti nel momento preciso del ci-clo in cui questi agenti siano particolar-mente distruttivi.

L'industria chimica sta oggi cercandodi produrre erbicidi in maniera egual-mente razionale, progettando certi com-posti in modo che interferiscano con spe-cifici processi chimici di determinate er-be. In passato, invece, molti erbicidistandard nascevano da una ricerca con-dotta un po' alla cieca: i chimici creavanonuovi composti senza avere in mente unparticolare bersaglio biochimico; succes-sivamente valutavano le sostanze otte-nute in base ai loro effetti su una vastagamma di piante.

La ricerca dei nemici di un'erba infe-stante ha inizio di solito passando in ras-segna la letteratura scientifica su quellaparticolare pianta, ma può anche com-portare la ricognizione sul campo alla ri-cerca di antagonisti non ancora identifi-cati. La caccia comincia spesso nell'areadi origine della pianta infestante, inquanto lì i suoi avversari tendono a es-

sere più abbondanti. Molte piante noci-ve sono assai meno dannose nel loro cen-tro di origine proprio perché altri orga-nismi che si sono evoluti nella stessa re-gione ne limitano la diffusione.

Per esempio, spedizioni effettuate neisiti di origine hanno permesso di scoprirepromettenti agenti biologici contro il ci-pero odoroso (Cyperus rotundus), unapianta che assomiglia a una graminaceae produce fiori color lavanda. Dalla suaregione d'origine in India si è diffusa neicampi coltivati delle regioni tropicali ditutto il globo: difficile da debellare e sen-za proprietà che la redimano, è conside-rata da molti la peggiore erba infestantedel mondo.

Altri esempi abbondano. Ricercatoriavventuratisi in paesi lontani hanno sco-perto i nemici naturali di erbe infestanticome l'avena selvatica (Avena fatua),diffusasi dal Medio Oriente pressoché intutte le aree del mondo in cui cresconoi cereali; la cannareccia (Sorghum ha-lepense), una pianta originaria dell'areamediterranea che nella maggior partedelle zone agricole è una vera rovina perle colture di sorgo e di granoturco; lacanapa indiana (Cannabis sativa), pro-veniente dalle zone dell'Asia a clima

Il controllo biologicodelle erbe infestanti

Combattere le piante dannose all'agricoltura mediante le tossine prodottedai loro nemici naturali è un'alternativa agli erbicidi chimici che ha ilpregio di essere efficace e al tempo stesso compatibile con l'ambiente

di Gary A. Strobel

56 LE SCIENZE n. 277, settembre 1991

LE SCIENZE n. 277, settembre 1991 57

I FIORIdd 44af "r

•4' NON SONO FONTEDI SOSTANZEZUCCHERINE

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FORMA ROSETTESPINOSA

NON E APPETIBILEE NON HA VALORE

ALIMENTARE

DIFFUSIONEFACILE

CRESCITAVELOCE

RESISTEAGLI ERBICIDI

In attesa di commercializzazione

Altemaria cassiaenome commerciale: Casst

Colletotrichum gloeosporioides(ceppo diverso da quello del Collego)nome commerciale: BioMal

Cassia obtusifolia

Malva

Colture di soia e di arachidi negli Stati Unitisudorientali; varie colture in Australia

Colture di cereali a seme piccolonegli Stati Uniti e in Canada

Agenti patogeni per le erbe infestanti già in commercio o allo studio

AGENTE PATOGENO

ERBA INFESTANTE

AREE INFESTATE

Già in commercio

Colletotrichum gloeosporioidesnome commerciale: Collego

Phytophthora palmivoranome commerciale: DeVine

Aeschynomene virginica

Morrenia odorata

Risaie nell'Arkansas

Agrumeti negli Stati Uniti sudorientali

Promettenti prove sul campo*

Alternarla helianthi

Alternarla macrospora

Cercospora rodmanii

Colletotrichum coccoides

Sclerotinia sclerotiorum(modificato geneticamente)

* Scelti tra un gran numero di organismi pro ettenti

Colture di soia negli Stati Uniti meridionali;colture in Australia e in Israele

Colture di cotone e soianegli Stati Uniti meridionali

Corsi d'acqua nelle regioni tropicalie subtropicali del globo

Colture di granoturco e di soianegli Stati Uniti centro-occidentali

Campi, pascoli, argini di canali d'irrigazionee colture di cereali a seme piccolonelle zone temperate del globo

Xanthium pennsylvanicum

Anoda cristata

Eichhomia crassipes

Abutilon theophrasti

Cirsium arvense

eb9n494:7

Aeschynomene Morreniavirginica odorata

Cassiaobtusifolia

Malva Xanthium

pusilla pennsylvanicumEichhomia Abutilon Cirsiumcrassipes theophrasti arvense

Anodacostata

LE SCIENZE n. 277, settembre 1991 59

L'erba infestante «ideale» non ha alcun carattere positivo. Brutta e inutile, è sgradevoleo anche tossica per gli animali e non ha sostanze zuccherine che possano essere trasformatein miele. Cresce molto, si diffonde rapidamente e inibisce lo sviluppo di altre piante (al-lelopatia). Scatena anche reazioni allergiche nell'uomo. E non è facile da estirpare: con lalunga radice a fittone e le rosette, resiste alla rimozione meccanica e non teme gli erbicidi.La cactacea Opuntia vulgaris (in basso) è statala prima erba infestante a essere controllata,verso la metà dell'Ottocento in India, da un insetto, Dactylopius ceylonicus (nel riquadro).

58 LE SCIENZE n. 277, settembre 1991

temperato; e infine le dannosissime eampiamente diffuse piante acquatiche dicui il giacinto d'acqua (Eichhornia cras-sipes), originario dell'America Meridio-nale, è il tipico rappresentante (si vedal'articolo Il controllo dell'invasione dipiante acquatiche infestanti di Spencer C.H. Barrett in «Le Scienze» n. 256, di-cembre 1989). In ciascun caso, l'espor-tazione accidentale o imprudente di que-ste piante è costata miliardi di lire per lariduzione che si è avuta nell'entità deiraccolti o per la necessità di ricorrere amisure di controllo, o per entrambe que-ste ragioni.

Sia nella zona di origine sia in quella di adozione di una pianta si possono

identificare potenziali agenti di controllobiologico cercando piante che mostrinosintomi di malattia o di infestazione daparte di insetti. Alcuni sintomi comunisono l'ingiallimento o la caduta delle fo-glie, la marcescenza delle parti fiorali, ildeterioramento delle radici o il danneg-giamento dei fusti (in caso di infezione),oppure la presenza di uova o di insettiadulti (in caso di infestazione). General-mente, a questo punto è possibile isolaregli agenti distruttivi oppure identificarlia partire dalle spore o dalle uova chelasciano sulle piante.

sorprendente la facilità con cui sipossono trovare questi agenti. Per esem-pio, l'anno scorso il mio collaboratoreRajeev K. Upadhyay e io abbiamo sco-perto un agente patogeno fungino diCyperus rotundus, fino a quel momentosconosciuto, semplicemente cercando inIndia piante che avessero macchie ingial-lite o necrotiche. Attualmente stiamoesaminando la possibilità che il fungo,Ascochyta cypericola, possa essere sfrut-tato per tenere sotto controllo questa er-ba infestante.

In generale, i biologi concentrano lericerche soprattutto sugli agenti che at-taccano in modo specifico ed efficaceuna singola erba infestante o una gammalimitata di erbe infestanti affini. Tutta-via questi organismi non potranno esse-re commercializzati liberamente fino aquando non sarà stata eseguita tutta unaserie di esperimenti che includono test inserra seguiti da prove limitate sul campo,in piccoli lotti isolati, e infine da studi sulcampo estesi a zone più vaste.

Nel caso di insetti e agenti patogeniprovenienti da altri paesi, le leggi fede-rali e dei singoli Stati, negli Stati Uniti ein molte altre nazioni, impongono ai ri-cercatori di eseguire tutte le analisi dilaboratorio e i test in serra in condizionidi quarantena, limitando l'ingresso e l'u-scita di persone, aria e acqua. In effetti,per evitare di provocare involontaria-mente epidemie, è necessario trattarequesti organismi con una prudenza stra-ordinaria; in passato turisti e viaggia-tori hanno provocato epidemie proprioliberando accidentalmente nell'ambien-te i microrganismi responsabili della gra-fiosi dell'olmo, del cancro della corteccia

del castagno e di varie malattie degli al-beri da frutto come agrumi, meli, peri ebanani.

Gli organismi prescelti dall'industria odagli enti governativi per il controllo del-le erbe infestanti devono di norma sod-disfare parecchi criteri. Gli insetti devo-no essere in grado di riprodursi rapida-mente, così come i microrganismi pato-geni devono riuscire a generare in ab-bondanza spore o altre strutture che dia-no origine a nuove generazioni. I micror-ganismi devono anche rimanere vitaliquando vengono introdotti in una «for-mula», cioè mescolati con sostanze chene impediscono il disseccamento e ne fa-cilitano l'adesione alle erbe infestanti.Inoltre, tranne quando si vuole agirecontro un ampio spettro di infestanti,

i microrganismi dovrebbero attaccarespecificamente una certa pianta ed esse-re in grado di indebolirla in una grandevarietà di condizioni ambientali. NegliStati Uniti le norme in vigore impongo-no anche ai ricercatori di dimostrare cheun organismo non è nocivo prima di spe-rimentarlo al di fuori del laboratorio e didistribuirlo su vasta scala.

primi organismi patogeni a superarequesti ostacoli scientifici e normativi

hanno cominciato ad aggiungersi ai pro-dotti basati sugli insetti, già presenti sulmercato agli inizi degli anni ottanta (siveda la tabella in questa pagina). Alcunidei prodotti oggi disponibili o che saran-no probabilmente messi in vendita nelprossimo futuro si basano su microrga-

nismi endemici dell'area di applicazione;altri invece sono importati dalla zona diorigine della pianta.

Il comportamento di uno dei primi or-ganismi sfruttati commercialmente, unceppo del fungo Colletotrichum gloeo-sporioides (il cui nome commercialeè Collego), è per certi aspetti tipicodei nuovi erbicidi che impiegano agentipatogeni.

Questo particolare fungo, rappresen-tante della classe di microrganismi ende-miei , proviene dagli Stati Uniti meridio-nali e sta contribuendo a limitare i danniprodotti nelle risaie dell'Arkansas daAeschynomene virginica. Come poten-ziale agente di controllo è stato iden-tificato, e successivamente formulatoe sperimentato, da George E. Temple-

In un campo sperimentale di Anoda cristata, un'erba infestantecomune nella parte orientale degli Stati Uniti, si nota una zona conpiante morte che dimostra il potenziale erbicida del fungo Alterna-ria macrospora. Queste prove limitate sul campo sono necessarieprima di sperimentare gli agenti biologici su scala più ampia. Un

esemplare di Centaurea maculosa (a sinistra nella fotografia quisopra) è stato oggetto di una strategia biologica diversa: è statodanneggiato dalla maculosina, una fitotossina che attacca specifi-camente questa pianta e viene estratta dal fungo Alternarla alter-nata. L'esemplare non trattato (a destra) non reca tracce di danni.

Alcune fitotossine allo studio per il controllo delle erbe infestantiI l gruppo dell'autore ha isolato di recente i composti sottoindicati (da funghi che infettano le erbe infestanti "ospiti» elencate) e ne

ha determinato la struttura; sta ora analizzando la potenzialità er-bicida delle fitotossine elencate e di molte sostanze strettamenteimparentate a esse, come pure di numerose altre fitotossine. Le

più promettenti per uno sviluppo commerciale sono risultate le mo-lecole specifiche per l'ospite (che uccidono in modo efficace un'u-nica specie di erba infestante) o che danneggiano selettivamenteuna gamma limitata di specie. Purtroppo, come indica la tabella,composti così " particolari» sembrano essere relativamente rari.

FITOTOSSINA FUNGOPRODUTTORE

ERBA INFESTANTEOSPITE

AREE INFESTATE COMMENTO

Bipolaroxina

Curvulina

Cipreina

Exseroilone

Gigantenone

Maculosina

Ofiobolina I

Triticoni A e B

Bipolaris cynodontis

Drechslera indica

Ascochyta cypericola

Exserohilum ho/mi

Drechslera gigantea

Alternaria alternata

Drechslera sorghicola

Curvularia clavata

Cynodon dactylon

Portulaca oleracea

Cyperus rotundus

Dactylocteniumaegyptium

Cynodon dactylon

Centaurea maculosa

Sorghum halepense

Varie graminacee

Campi di granoturco, cotone,canna da zucchero e altrecolture in tutto il mondo

Decine di colturein tutto il mondo

Decine di colturein tutto il mondo

Campi di granoturco, cotone,canna da zucchero e altrecolture nelle regioni tropicalie subtropicali

Campi di granoturco, cotone,canna da zucchero e altrecolture in tutto il mondo

Pascoli negli Stati Unitinordoccidentali e nel Canadasudoccidentale

Campi di granoturco, cotonee canna da zuccheronella maggior parte del globo

Prati, campi e pascolinegli Stati Uniti e altrove

Prima fitotossina notaselettiva per l'ospite

Selettiva per l'ospite; agisce benea basse concentrazioni

Non selettiva, ma estremamentetossica per Cyperus rotundus

Non selettiva

Non tossica per le graminacee,ma uccide certe erbe infestantia larga foglia

Specifica per l'ospite;la migliore candidataalla commercializzazione

Non specifica, ma alcune forme affinisembrano specifiche per altri ospiti

Non specifica

Cynodon

Portulaca

Cyperus Dactyloctenium Centaurea

Sorghum

dactylon oleracea rotundus aegyptium maculosa

halepense

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può includere sia molecole innocue siamolecole fitotossiche.

A volte i composti affini agiscono diconcerto: questo dato fa pensare che al-cuni futuri erbicidi basati sulle fitotossi-ne potranno consistere di parecchi mem-bri di una singola famiglia strutturale.Qual è però il ruolo delle sostanze nontossiche? A mio parere i funghi genera-no talvolta molti derivati di un'unica mo-lecola per garantire che almeno uno dan-neggi la pianta ospite e permetta al fungopatogeno di aver libero accesso alle so-stanze nutritive della pianta.

Un dato un poco sconcertante è chesolo una fitotossina, fra quelle isolate dafunghi che attaccano specificamente cer-te erbe infestanti, è essa stessa specificaper l'ospite (un'indicazione che la speci-ficità della maggior parte dei funghi de-riva da altri fattori). Alcune fitotossinesono quanto meno selettive e danneggia-no un gruppo limitato di erbe infestantiaffini. Ma la maggior parte di esse non è

selettiva e potrebbe quindi danneggiarepiante utili se venisse somministrata co-me erbicida. Tuttavia la scoperta anchedi un piccolo numero di fitotossine spe-cifiche o selettive implica che ne esistanoaltre, le quali attendono solo di esserescoperte. In effetti, se si ammette che visiano migliaia di specie di erbe infestantie che ciascuna di esse sia sensibile a forse20 o più agenti patogeni, allora l'elencodei funghi e degli altri organismi patoge-ni ancora da esaminare diventa enorme.

Nell'ultimo decennio sono state deter-minate le strutture di numerose fitotos-sine e di composti a esse affini. Dato chela ricerca sugli effetti erbicidi delle fito-tossine è relativamente recente, nessunosa ancora come la maggior parte di que-sti composti danneggi le piante. C'è peròun'eccezione: il mio collega Doug Ken-field della Montana State University hachiarito perché i triticoni A e B, che de-rivano dal fungo Curvularia clavata, sia-no tossici per parecchie graminacee in-

festanti. Essi inattivano enzimi d'impor-tanza fondamentale per la sopravviven-za delle erbe, combinandosi con gruppisolfidrilici (zolfo e idrogeno) situati neisiti attivi degli enzimi. Così legati, questiultimi non possono interagire in modoefficace con altre molecole.

La tecnica di base adottata dal miogruppo per identificare e analizzare lefitotossine e per affrontare i problemiardui ed entusiasmanti che questa ricer-ca comporta possono essere descritti nelmodo migliore con l'esempio della ma-culosina , una fitotossina che agisce suCentaurea maculosa. Questa pianta, cheproduce fiori rosati maculati di bianco,infesta gli Stati Uniti nordoccidentali e ilCanada sudoccidentale.

Essa è stata probabilmente introdottanegli anni venti, dopo che i suoi semi sierano mescolati con altri importati dal-l'Europa, come i semi di erba medica.Può anche darsi che siano stati apicoltoriprovenienti dall'Europa a introdurre la

ton e collaboratori dell'Università del-l'Arkansas.

I composti chimici (erbicidi fenosside-rivati) che gli agricoltori usano normal-mente contro le erbe infestanti uccidonopressoché tutte le piante di Aeschyno-mene virginica, ma quando vengono ap-plicati senza precauzioni possono dan-neggiare anche il riso, oltre che le colturedi cotone e soia nei campi vicini. Percontro, il «micoerbicida» non danneggiale piante agricole. Impiega più tempoper esplicare la propria azione rispetto aiprodotti chimici standard ed è legger-mente meno potente, dato che uccideforse il 99 per cento dei bersagli. Ma iltempo necessario è ragionevole e la per-centuale di erba infestante eliminata ac-cettabile, dato che non occorre far spa-rire completamente le piante nocive, masolo ridurne la popolazione fino a chenon possano più competere con le pianteutili.

La ruggine Puccinia chondrillina, cheprovoca la comparsa sulle piante di unapatina rugginosa, ha un comportamentoanalogo. Esempio di agente patogenoimportato, sta contribuendo in Australiaa limitare la diffusione di una pianta ori-ginaria dal Mediterraneo, Chondrillajuncea. Come nel caso precedente, que-sto micoerbicida non elimina ogni piantadi Chondrilla juncea, ma riesce comun-que a far risparmiare ogni anno l'equi-valente di miliardi di lire che verreb-bero spesi per gli erbicidi tradizionali eper la manodopera necessaria alla loroapplicazione.

Purtroppo, come accade in molti set-tori della scienza, le promesse inizialinon sempre si traducono in applicazioniutili. In effetti la maggior parte degli in-setti e dei microrganismi che in serra ri-escono a tenere sotto controllo le erbe

infestanti risulta inefficace sul campo,dove sia il clima sia le proprietà del suo-lo sono più variabili e possono esserepresenti imprevisti nemici naturali del-l'agente biologico. Per esempio, PeterHarris dell'Agriculture Canada (l'equi-valente canadese del Ministero dell'agri-coltura) ha notato che, nei test sul cam-po condotti in Australia, solo cinque in-setti sui 51 introdotti per controllareOpuntia vulgaris si sono dimostrati utili.

D'altro canto, i risultati raggiunti finoa oggi dimostrano che gli agenti biologicipossono di fatto essere efficaci e servirecome alternativa ai prodotti chimici.Inoltre, se i protocolli che ho descrittovengono seguiti scrupolosamente, il ri-schio di arrecare per errore danni allepiante utili è basso. Suzanne W. T. Batradell'Agricultural Research Sei-vice delloUS Department of Agriculture ha fattonotare che, degli oltre 100 insetti intro-dotti in tutto il mondo per tenere sottocontrollo le erbe infestanti, nessuno hamodificato le proprie abitudini alimen-tari e ha abbandonato l'erba infestanteospite per nutrirsi di una pianta econo-micamente importante. Né vi è stata al-cuna valutazione scientifica errata degliagenti patogeni che sono stati liberati suvasta scala; nessuno infatti ha comincia-to improvvisamente ad attaccare pianteche non aveva mai danneggiato prima.

T miei collaboratori e io stiamo stu-diando un procedimento biologico

che ci permetta di scavalcare l'esigenzadi liberare nell'ambiente organismi inte-ri, eliminando così anche il minimo ri-schio che gli agenti patogeni possanoinaspettatamente insediarsi in nuovi o-spiti. La nostra strategia si basa, anzichésui microrganismi, sulle sostanze chequesti producono, soprattutto sulle fito-

tossine che danneggiano le erbe infe-stanti. L'impiego di queste sostanze eli-minerebbe anche la necessità di assicu-rarsi che i microrganismi rimangano vi-tali dopo essere stati introdotti in unaformula e immagazzinati oppure appli-cati alle piante.

Lo studio delle fitotossine interessaanche per altre ragioni. Dopo essere sta-te estratte dagli agenti patogeni, questesostanze possono essere analizzate sin-golarmente per stabilire quale sia il mec-canismo esatto con cui gli agenti patoge-ni uccidono le erbe infestanti. La deter-minazione della struttura di queste mo-lecole dovrebbe permetterci di sintetiz-zarle, evitando così di raccogliere o diconservare colonie di agenti patogeniper produrre gli erbicidi biologici. Cosaancora più importante, dovrebbe esserepossibile sintetizzare derivati che miglio-rino l'efficacia delle tossine originali.

Nel mio laboratorio si stanno studian-do da 10 anni, in collaborazione con JonC. Clardy della Cornell University, Fu-mio Sugawara dell'Istituto di ricerchechimiche e fisiche di Tokyo e tutta unaschiera di studenti e laureati di questedue istituzioni, alcune fitotossine danno-se per le erbe infestanti. In realtà un de-cennio è un periodo di tempo relativa-mente breve, considerando che il lavoroprocede lentamente e che solo il nostrogruppo e un pugno di altri laboratoristanno lavorando sulle fitotossine. No-nostante ciò, sono stati fatti importantiprogressi.

Sono stati presi in esame più di 25 fun-ghi nocivi per le erbe infestanti; gli studieffettuati dimostrano che quasi tutti,tranne forse le ruggini e le muffe, pro-ducono fitotossine e insieme a esse an-che famiglie di composti affini dal puntodi vista strutturale. Ogni data famiglia

60 LE SCIENZE n. 277, settembre 1991

LE SCIENZE n. 277, settembre 1991 61

Questo tabellone eretto a nord di Missoula, nel Montana, riflettela preoccupazione delle autorità dello Stato per il fatto che Centau-rea maculosa, un'erba non appetita dagli animali, minaccia la fau-na selvatica infestando i campi e soffocando le piante che servonoda alimento all'alce e ad altri erbivori. Tutti i tentativi compiuti

finora non sono riusciti ad arrestare la diffusione della pianta (chesi vede in _fiore nella fotografia a destra) negli Stati Uniti nordocci-dentali, e neppure ai piedi del tabellone. Si spera che fitotossinecome la maculosina o altri agenti di controllo biologico possanorendere più efficaci i tentativi in corso per controllare la pianta.

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Spotted knapweedchokes out our.

eritage.Amik

ARISTOCRAZIADEL VINO ROSSO

pianta, di cui intendevano servirsi comefonte di miele. Gli insetti producono ef-fettivamente miele dal nettare dei fiori,ma la presenza di materiale zuccherinoè forse l'unica proprietà che possa riscat-tare la pianta.

Nella sua area di adozione infatti Cen-taurea maculosa sloggia rapidamen-

te la maggior parte delle graminacee edelle altre angiosperme, ricoprendo inbreve tempo pendii e prati. Il territoriodiventa così inadatto per il pascolo, datoche il bestiame non si nutre di C. macu-losa . L'infestazione dei pascoli costaogni anno, nel solo Stato del Montana,milioni di dollari ai proprietari terrieri,una cifra che tende ad aumentare di paripasso con l'estensione dell'area in cui lapianta è predominante.

Nella primavera del 1984 Andrea C.Stierle, allora studentessa, mi disse chevoleva unire nella sua tesi di laurea lostudio della chimica a quello della pato-logia vegetale. Io le consigliai di cercaredi isolare e di analizzare fitotossine atti-ve contro C. maculosa. L'impresa sareb-be stata ardua: passando in rassegna laletteratura sulle erbe infestanti, si scoprìche fino a quel momento non era statodescritto alcun agente patogeno attivocontro questa pianta.

Insieme con il marito, la giovane tra-scorse l'estate nei pascoli d'altura delMontana cercando inutilmente esempla-ri malati di Centaurea. Poi, un giornodell'inizio del mese di settembre, su unacollina vicino alla sua casa a Butte, notòinaspettatamente una pianta gravemen-

te deperita, con foglie e steli intaccati damacchie nere che indicavano necrosi deitessuti. Tornata in laboratorio, la Stierleisolò dalle lesioni un agente patogenofungino e dimostrò che esso provocavamacchie simili su piante sane di C. ma-culosa coltivate in serra. L'agente pato-geno risultò essere un nuovo ceppo di unfungo comune, Alternarla alternata.

La Stierle rivolse quindi la sua atten-zione all'aspetto chimico della sua ricer-ca. Nel laboratorio di John H. Cardelli-na II, sempre alla Montana State Uni-versity, ella coltivò il fungo ed estrasse epurificò laboriosamente i composti daesso prodotti. Quindi determinò la strut-tura chimica delle molecole che sembra-vano dannose per Centaurea.

Alcuni dei prodotti attivi erano fito-tossine, che erano già state trovate inaltri funghi. Ma due prodotti tra lorocorrelati erano sconosciuti. Uno di essiera solo leggermente tossico, mentre ilsecondo, che chiamammo maculosina,ci sorprese. Anche applicato in minimedosi, produceva macchie nere sulle fo-glie di C. maculosa e, cosa ancora piùimportante, agiva solo su questa speciee non su altre piante esaminate, tra cuidue molto affini a essa, Centaurea picrise Centaurea diffusa. Era stata così sco-perta per la prima volta una fitotossinaspecifica per questa pianta.

La Stierle produsse in seguito macu-losina sintetica come prima tappa diun'altra fase del nostro lavoro: lo stu-dio del meccanismo d'azione. Sang HoPark, un altro laureando unitosi al pro-getto, ottenne una versione della macu-

losina marcata con isotopi radioattivi edimostrò che in C. maculosa la maculo-sina viene trasformata in almeno tre altriprodotti. Uno o più di questi prodottipotrebbe essere la causa delle lesioni ne-re. Altri colleghi stanno analizzando lastruttura chimica delle varie sostanze,nel tentativo di risalire alle interazionimolecolari che esse hanno nell'ospite.

Nel contempo, stiamo dandoci da fareper capire perché solo Centaurea macu-losa sia suscettibile alla maculosina. Ab-biamo identificato nella pianta parecchirecettori specifici per questa sostanza, ilche fa pensare che il legame della macu-losina a uno o più recettori danneggiCentaurea interferendo con la funzioneche questi ultimi svolgono normalmen-te. Non sappiamo ancora come concilia-re questo risultato con la scoperta dei tremetaboliti da parte di Park, né sappiamose la maculosina o un suo derivato possaservire validamente da erbicida biologi-co. Attualmente stiamo producendo for-me alterate di maculosina nel tentativodi determinare se alcune di esse sianocandidati migliori della sostanza origina-le per prove sul campo.

Oggi il costo della nebulizzazione dienormi tratti coperti da C. maculosa conerbicidi tradizionali è proibitivo, in parteperché sono necessarie ripetute applica-zioni per impedire il ritorno di quest'er-ba molto resistente. Forse un giorno lamaculosina o una sua variante sinteticaancora più potente contribuirà a risolve-re in modo più economico il problema.Come minimo, la scoperta del compostofa sorgere la speranza che altre fitotossi-

NEI RIGOGLIOSIVIGNETI DELVINO NOBILE DIMONTEPULCIANO.

A sud-sud-est di Siena, sui colli digradantida un lato verso la Val di Chiana, dall'altroverso la Val D'Orcia, è il territorio di Mon-tepulciano, uno dei paradisi enologici dellaToscana e patria eletta del Vino Nobile.Se eccelsa è la qualità, addiritura "papale"è la tradizione di questo vino, che può van-tarsi di avere varcato nel '300 le porte pon-tificie per divenire il vino prediletto di S.S.Papa Paolo III° Farnese. Si legge in propo-sito su di un "istrumento" datato il 13 otto-bre 1350: "È perfettissimo tanto il verno che

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TOSCANA.DXI 17,.4.MS0

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FRANCESCO RED141CC4DEMICO DILLA Cltl'IICA

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ANNOTAZIONI.

IN FIRENZE. MOCLXXXV.

Fa Fico:. M3 1r dd 11311 d'o,.

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la state, et meglio è il rosso la state, io nesono certo. Tali vini hanno odore, colore etsapore et volentieri Sua Santità ne bevevanon tanto a Roma dove gli erano portati ifiaschi, ma ancora a Perugia".Ma è grazie a Francesco Redi, scienziato,scrittore e poeta del '600 che il Vino Nobi-le di Montepulciano varca trionfalmente le

soglie della celebrità. È infatti nel suo famo-so ditirambo "Bacco in Toscana", in cui ac-compagna idealmente Bacco e Arianna inun giocoso itinerario alla scoperta dei vinipregiati di Toscana, che il Redi forgia il mot-to oggi a tutti conosciuto "Montepulcianod'ogni vino è Re". Tornando ai giorni no-stri, è per merito di aziende come la Fassa-ti, antica casa vinicola del Chianti, nata nel1913 e incorporata per fusione nel 1990 dal-la Fazi-Battglia S.p.A, che questo preziosovino perpetua la sua illustre tradizione e ot-tiene prestigiosi riconoscimenti. Primo a fre-giarsi nel 1980, fra sei vini italiani, delladenominazione di origine controllata e ga-rantita, il Vino Nobile di Montepulciano"Fassati" nasce a mezza collina nei vignetidi Gracciano, Caggiole, Sanguineto e Cer-vognano, sui terreni migliori per la coltiva-zione di Prugnolo Gentile, Canaiolo Nero,Malvasia del Chianti, Trebbiano Toscano,Pulcinculo e Mammolo, cioè di tutte le uveche entrano con percentuali e "compiti" di-versi nella composizione del Vino Nobile.Per riconoscerne il pregio, basti pensare chela resa massima delle uve non deve supera-re 80 quintali per ettaro di vigneto specia-lizzato e la resa massima delle uve in vinoal primo travaso è del 70% mentre a fine in-vecchiamento non dovrà superare il 65% ...in conclusione, da un ettaro di vigneto si ri-cavano soltanto 50 quintali di Vino Nobilecontro, per esempio, i 65 di un ottimoChianti. E ad accrescere la qualità di questoprodotto straordinario ecco pronte le pregia-te botti in legno di rovere di Slavonia, doveil vino, già ricco di corpo e profumo, ripo-serà due anni per acquistare ancora più for-za e austerità. Dopo un anno di affinamentoin bottiglia, scrupolosamente etichettato se-condo il vigneto di provenienza, non restache versarlo e gustarlo, facendo bene atten-zione che la bottiglia sia stata stappata al-meno due ore prima (in caso di invecchia-mento prolungato se ne consiglia la decan-tazione) e che il bicchiere sia di cristallo fi-nissimo senza sfaccettature o colorazioni,con il calice a forma di tulipano con stelopanciuto in basso e più stretto in alto.Vale la pena di leggerne la scheda:Vino: Vino Nobile di MontepulcianoD.O.C.G.Uve: Prugnolo Gentile (SangioveseGrosso) 50-70%, Canaiolo Nero10-20°/a, Malvasia del Chianti eTrebbiano Toscano 10-20%,Pulcinculo (Greghetto Bianco) e Mammolo

Aspetto: Si presenta con morbidatrasparenza.

Colore: Rosso rubino con riflessi arancione.Con l'invecchiamento tende al rossogranato.Profumo: Vinoso con garbo, tende abouquet persistente e pronunciato in cuidomina la mammola.

Sapore: Asciutto con fondo amarognolo,leggermente tannico; nerbo awertito e stoffaelegante.Ha carattere gradevolmente pieno.Invecchiamento: 2 anni in botti di rovere eun anno di affinamento in bottiglia. È vinoche, conservato in luogo idoneo, può

invecchiare fino a 12 anni ed oltre,raggiungendo l'apice della suaperfezione.Tenore d'alcool: 12,5°.Acidità totale: 4-6,5%0.Produzione annuale: 100-110 milabottiglie da 75 cl. a seconda delleannate.Gastronomia: È un grande vino daarrosto di carni sia bianche che rosse. Siaccosta splendidamente a pollamenobile, cacciagione e selvaggina, ma nondisdegna la compagnia di formaggi rusticie di monte. Per la sua tipicità è classicovino "da meditazione" che può gustarsianche fuori dal pasto.

Casa VinicolaFAZI-BATTAGLIA S.p.A.Stabilimento EnologicoVia Graccianello 3/AMontepulciano - Gracciano (Siena)

INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

62 LE SCIENZE n. 277, settembre 1991

IL SECONDO

PRINCIPIO

FARMACI, DROGHE

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ne specifiche o selettive nei confrontidelle molte erbe infestanti che creanodanni in tutto il mondo possano esseretrovate e impiegate o direttamente o ser-vire da modelli strutturali per nuovi er-bicidi compatibili con l'ambiente.

T .43 studio delle fitotossine può ancheI aprire prospettive di altro genere.La ricerca sta cominciando a fornire in-formazioni su come i funghi provochinomalattie nelle piante: interferendo con lenormali attività di queste ultime, le fito-tossine stanno facilitando la scoperta dinuovi aspetti della fisiologia vegetale. Infuturo, qualcuna di esse potrebbe addi-rittura dimostrarsi preziosa come curaper le malattie dell'uomo.

Per molti anni le indagini sul controllobiologico delle erbe infestanti sono staterelativamente limitate e disorganizzate.Oggi però i progressi nella ricerca sullefitotossine e gli studi sul campo di altriagenti promettenti stanno attirando unmaggior numero di ricercatori e fondipiù cospicui verso questo settore. A ma-no a mano che il lavoro procede, la stra-tegia del controllo «integrato» delle erbeinfestanti, che riunisce misure di inter-vento biologico con pratiche agricolemodificate e un uso ridotto degli erbicidichimici, dovrebbe diventare sempre piùcomune. Questo modo di procederecomporta uno sforzo di programmazio-ne superiore alla norma, ma ritengo chene varrà la pena se questo impegno ser-virà a dare cibi più sani, acque più puree un ambiente più pulito.

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LE SCIENZE