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I tempi di esposizione. L’unità del tempo di posa è il secondo. (1 secondo) La variazione in aumento dei tempi di posa si ottiene raddoppiando di volta in volta il suo valore. 1 sec. (Unità) 2sec. 4sec. 8sec. 15sec. 30sec…….. B La variazione in diminuzione si ottiene dimezzando di volta in volta il valore precedente. 1 sec. (Unità) 1/2sec. 1/4sec. 1/8sec. 1/15sec. 1/30sec. 1/60sec. 1/125sec. 1/250sec. 1/500sec. 1/1000sec. 1/2000sec. 1/4000sec. 1/………. Gli apparecchi fotografici indicano nel seguente modo il tempo di posa che si sta usando: per i tempi più brevi del secondo la macchina indica solo il numeretto che sta al denominatore della frazione. Vediamo alcuni esempi: Con l’indicazione 60, non sono sessanta secondi di posa, ma 1/60 secondi ( un sessantesimo di secondo l’indicazione 250 si deve intendere un 1/250 di secondo e cosi via. per i tempi di un secondo e per quelli più lunghi la macchina indica il valore del tempo seguito dal segno internazionale del secondo () Vediamo alcuni esempi: il tempo di posa di 2 secondi sarà indicato 2” il tempo di posa di 15 secondi sarà indicato 15” …..e cosi via. L’intera scala è così rappresentata: (a sinistra i più brevi e a destra i più lunghi) 4000-2000-1000-500-250-125-60-30-15-8-4-2-1-2”-4”-8”-15”-30”….B I valori di questa scala si possono dividere in gruppi in base alla loro durata: Tempi brevissimi: sono 4000 , 2000 e 1000 (cioè 1/4000 di sec., 1/2000 di sec., e 1/1000 di sec), permettono di riprendere scene in forte movimento evitando il cosiddetto effetto mosso. Sono da impiegare solo con condizioni di luce molto forte, es.: ambienti aperti con sole molto diretto, su neve, mare... In caso di condizioni di luce debole, questi tempi “brevissimi” sono usabili solo imponendo valori di sensibilità al sensore molto alti (ISO 1000 2000……) Tempi brevi: sono 500 e 250 (1/500 di sec. e 1/250 di sec.), che permettono di riprendere scene in movimento moderato senza ottenere il cosiddetto effetto mosso. Sono da usare con condizioni di luce forte, in ambienti aperti con sole molto diretto. In questo caso il valore di sensibilità potrà essere di 200 ISO Tempi medi: sono 125 e 60 (1/125 di sec. E 1/60 di sec), possono essere usati senza cavalletto purché la mano del fotografo sia ferma e pure il soggetto da fotografare sia fermo. Sono adatti con condizioni di illuminazione buona in ambienti aperti, con luce naturale. Pure in questo caso il valore di sensibilità 200 ISO, ma anche un valore di 400 ISO può essere adatto.

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Page 1: I tempi di esposizione - Biblioteca Due Carrare · Tempi lunghi: sono 30 e 15 (1/30 di sec. e 1/15 di sec.), devono essere usati col cavalletto (*), non permettono di riprendere scene

I tempi di esposizione. L’unità del tempo di posa è il secondo. (1 secondo)

La variazione in aumento dei tempi di posa si ottiene raddoppiando di volta in volta il suo valore.

1 sec. (Unità) 2sec. 4sec. 8sec. 15sec. 30sec…….. B

La variazione in diminuzione si ottiene dimezzando di volta in volta il valore precedente. 1 sec. (Unità) 1/2sec. 1/4sec. 1/8sec. 1/15sec. 1/30sec. 1/60sec. 1/125sec. 1/250sec. 1/500sec. 1/1000sec. 1/2000sec. 1/4000sec. 1/……….

Gli apparecchi fotografici indicano nel seguente modo il tempo di posa che si sta usando:

per i tempi più brevi del secondo la macchina indica solo il numeretto che sta al denominatore della frazione. Vediamo alcuni esempi:

Con l’indicazione 60, non sono sessanta secondi di posa, ma 1/60 secondi ( un sessantesimo di secondo

l’indicazione 250 si deve intendere un 1/250 di secondo e cosi via. per i tempi di un secondo e per quelli più lunghi la macchina indica il valore del tempo seguito dal segno internazionale del secondo (“) Vediamo alcuni esempi:

il tempo di posa di 2 secondi sarà indicato 2”

il tempo di posa di 15 secondi sarà indicato 15” …..e cosi via.

L’intera scala è così rappresentata: (a sinistra i più brevi e a destra i più lunghi)

4000-2000-1000-500-250-125-60-30-15-8-4-2-1-2”-4”-8”-15”-30”….B I valori di questa scala si possono dividere in gruppi in base alla loro durata:

Tempi brevissimi: sono 4000 , 2000 e 1000 (cioè 1/4000 di sec., 1/2000 di sec., e 1/1000 di sec), permettono di riprendere scene in forte movimento evitando il cosiddetto effetto mosso. Sono da impiegare solo con condizioni di luce molto forte, es.: ambienti aperti con sole molto diretto, su neve, mare... In caso di condizioni di luce debole, questi tempi “brevissimi” sono usabili solo imponendo valori di sensibilità al sensore molto alti (ISO 1000 – 2000……)

Tempi brevi: sono 500 e 250 (1/500 di sec. e 1/250 di sec.), che permettono di riprendere scene in movimento moderato senza ottenere il cosiddetto effetto mosso. Sono da usare con condizioni di luce forte, in ambienti aperti con sole molto diretto. In questo caso il valore di sensibilità potrà essere di 200 ISO

Tempi medi: sono 125 e 60 (1/125 di sec. E 1/60 di sec), possono essere usati senza cavalletto purché la mano del fotografo sia ferma e pure il soggetto da fotografare sia fermo. Sono adatti con condizioni di illuminazione buona in ambienti aperti, con luce naturale. Pure in questo caso il valore di sensibilità 200 ISO, ma anche un valore di 400 ISO può essere adatto.

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Tempi lunghi: sono 30 e 15 (1/30 di sec. e 1/15 di sec.), devono essere usati col cavalletto (*), non permettono di riprendere scene in movimento senza ottenere l'effetto mosso. Sono adatti per condizioni di luce debole, ad esempio in ambienti chiusi con illuminazione artificiale o ambienti aperti in penombra. Il valore di sensibilità potrà essere ancora come nel caso precedente di 200 ISO oppure di 400 ISO in quanto l’uso del treppiede ci garantisce contro il movimento della fotocamera. (*) Il fotografo che, costretto all’uso di questi tempi di posa, non potesse usare il treppiede dovrà scattare in modo “calmo”, appoggiandosi a un sostegno e deve premere lentamente il pulsante di scatto.

Tempi lunghissimi: sono 8 e 4 (1/8 di sec. e 1/4 di sec.), devono assolutamente essere usati col cavalletto e solo su soggetti inanimati. Sono solitamente utilizzati con condizioni di luce molto debole, ad ambienti chiusi con poca illuminazione o ambienti aperti in penombra oscura. Per i valori ISO da impostare, vale quanto detto per i tempi lunghi.

Tempi estremamente lunghi sono: 2 , 1, 2”, 4” …ecc. (1/2 sec., 1sec., 2sec.,4sec.,….ecc.), devono assolutamente essere usati col cavalletto e la scena deve essere assolutamente ferma. Sono adatti per condizioni di luce molto debole es.: ambienti chiusi con pochissima illuminazione o ambienti aperti notturni. Anche in questo caso per i valori ISO da impostare, vale quanto detto per i tempi lunghi.

Il tempo B è la cosiddetta posa, l'apertura dell'otturatore avviene per tutto il tempo in cui il fotografo tiene premuto il pulsante di scatto. Si eseguono, con l'indicazione B, tempi estremamente lunghi anche dell’ordine di decine di secondi o addirittura di minuti. La durata non è più preconfezionata dal meccanismo dell’otturatore, e perciò deve essere controllata dal fotografo con un cronometro.

NOTA: Con l’avvento di apparecchi sempre più moderni (fotocamere analogiche o digitali di ultima generazione) la durata del tempo di posa, ossia il controllo dell’otturatore, non si ottiene più con congegni meccanici, ma con sistemi elettronici, perciò è possibile trovare che la sequenza: 2000 - 1000 - 500 - 250 - 125 - 60 - 30 -15 - 8 - 4 - 2 - 1 – 2” – 4” ……….B Pur rimanendo lo standard di riferimento, non sia più rigidamente rispettata. Cioè tra un valore di tempo e il suo attiguo, non è più rispettato un salto netto di valore del doppio in aumento, o di metà in diminuzione. L’automatismo che decide il tempo di posa (ma anche l’operatore) può impostare, per esigenze di adattamento alle condizioni di luce, anche un valore intermedio tra due valori “classici”. Esempio: se l’automatismo dell’apparecchio, per una certa condizione di luce, valuta che la durata dell’esposizione è qualcosa che sta tra 1/60” e 1/125”, il tempo di posa di scatto potrebbe essere benissimo 1/80”.

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OTTURATORE L’otturatore è il meccanismo preposto a dosare l’intervallo di tempo durante il quale la pellicola oppure il sensore vengono esposti alla luce. La lunghezza di questo intervallo è detta: Tempo di Esposizione L'otturatore può essere di due tipi: centrale (situato all’interno dell’obiettivo) o a tendina (situato nel corpo della fotocamera).

L'otturatore centrale è costituito da una serie di lamelle mobili. Queste lamelle normalmente chiuse prima dello scatto, si aprono a iride, rimangono aperte per il tempo di scatto prestabilito e alla fine si richiudono. Lo troviamo :

1. negli apparecchi non reflex 2. negli apparecchi reflex di medio formato (vedi app. Hasselblad )

L’otturatore a tendina (solitamente impiegato in apparecchi reflex di piccolo formato) è costituito, come preannunciato dal nome, da due tendine. Non sono situate nell’obiettivo, bensì sul corpo della fotocamera e poste vicino alla pellicola o al sensore nel caso degli apparecchi digitali.

Quando si scatta la foto, esse formano una fessura che scorre su tutto il fotogramma o sul sensore, esponendolo alla luce.

Otturatore centrale a lamelle Otturatore a tendina Tempi di posa minimi ottenibili : 1/500” Tempi di posa minimi ottenibili: 1:4000” (e oltre)

Sequenza del movimento delle lamelle di un otturatore centrale

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Sequenza del movimento delle tendine in un otturatore a tendina

Prima tendina nella fase di apertura della finestra del fotogramma

La prima tendina ha completato la fase di apertura, la seconda deve ancora cominciare a chiudere la finestra, in questo momento la finestra del fotogramma è completamente aperta.

Seconda tendina nella fase di chiusura della finestra del fotogramma

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In questa figura si vede il particolare caso in cui la prima tendina (quella di destra) non ha ancora finito di aprire, che già la seconda (quella di sinistra) è in fase di chiusura. Ciò succede nei tempi di posa brevissimi, es. 1/1000 di sec. e oltre. Più breve è il tempo di posa impostato più piccolo sarà il ritardo tra il momento in cui parte la prima tendina per aprire la finestra ed il momento in cui la seconda tendina parte per richiudere. Per tanto con questi tempi brevissimi non ci sarà mai un istante in cui la finestra del fotogramma (o del sensore) sarà completamente aperta. Si formerà perciò una fessura, più ampia o più stretta a seconda della brevità del tempo di posa, che con la sua luce percorrerà la finestra da sinistra a destra.

La figura rappresenta il momento in cui le tendine si riposizionano prima del ciclo di apertura per l’esposizione. Prima e seconda tendina sono agganciate tra loro e assieme si spostano da destra a sinistra pronte per il prossimo scatto.

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La rappresentazione fin qui esposta dell’otturatore a tendina, pur rappresentando il concetto di base del meccanismo, è riferita ad un modello (di otturatore) ormai sorpassato. Nelle ultime versioni di questo meccanismo, le tendine che in passato erano di tessuto, ora sono formate da lamine metalliche. Inoltre il movimento non avviene più da un lato all’altro della finestra, ma dal basso all’alto della stessa.

Il vantaggio di costruire le tendine in metallo e non più in tessuto è quello di ottenere un meccanismo più robusto in grado di sostenere movimenti più veloci.

L’ adozione di un movimento dal basso all’alto è probabilmente dovuto al vantaggio di far percorrere meno strada alle tendine.

Nella foto, una fotocamera analogica con il dorso aperto, dove si può vedere la finestra dell’otturatore a tendina. (Non esistono immagini corrispondenti per le fotocamere digitali in quanto non hanno il dorso apribile).

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DIAFRAMMA

Negli obiettivi esiste un dispositivo meccanico che regola le dimensioni del fascio di luce che lo attraversa. Questo dispositivo si chiama diaframma. La presenza del diaframma è necessaria per :

Per stabilire, in associazione con il tempo di posa, un valore di esposizione (quantità di luce sul sensore o sulla pellicola).

Per stabilire una profondità di campo (ampiezza del campo di nitidezza prima e dopo il soggetto)

Miglioramento della resa ottica dell’obiettivo, quando con il diaframma viene interessata solo la parte centrale delle lenti.

Il diaframma è inserito tra le lenti dell'obiettivo ed è costituito da un certo numero di lamelle disposte a iride in grado di regolare il flusso luminoso che passa attraverso l'obiettivo.

RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA DI UN DIAFRAMMA

Nella prima figura il diaframma è più aperto, nella seconda diaframma è più chiuso

Fino a qualche anno addietro, nelle fotocamere di tipo analogico i valori di apertura di diaframma erano indicati su una ghiera, detta ghiera dei diaframmi, situata negli obiettivi, questa ghiera era anche il sistema di regolazione del diaframma stesso.

Nelle moderne macchine fotografiche (in modo specifico su quelle di tipo reflex) si può predisporre il valore di apertura che il diaframma dovrà avere durante lo scatto, agendo su una rotellina posta in posizione comoda sul corpo macchina

Mentre effettuiamo una inquadratura, il valore del diaframma impostato può essere osservato sia nel mirino della fotocamera, sia nel display del corpo macchina preposto alla visualizzazione dei parametri di scatto.

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Il grado di apertura del diaframma è’ espresso con l’indicazione "f /" seguito da un valore numerico. Esempio : f/2,8 f/8 f/16 ecc.

Ecco qui di seguito la scala dei valori che indicano il grado di apertura f/, internazionalmente standardizzati

Scala dei diaframmi

1

1.4

2

2.8

4

5.6

8

11

16

22

32

Questi valori come vedremo qui sotto non corrispondono a misure del diametro di apertura del diaframma ma sono numeri risultanti dal rapporto tra una lunghezza (focale) di un obiettivo ed il diametro dell’apertura del foro del diaframma con cui operiamo in quel momento. Ecco la formula:

Lunghezza focale dell’obbiettivo (mm) = al valore “f” del diaframma (numero)

Diametro del foro di apertura (mm) Ora un esempio numerico con lunghezza focale 50 mm, e un diametro apertura di 6,25 mm Es. 1 ( Lung. Foc. Obiet.) 50 mm

= 8 (*) Diam. Foro apertura 6,25 mm

Ora stessa lunghezza ma diametro più piccolo Es. 2 ( Lung. Foc. Obiet.) 50 mm

= 11 (*) Diam. Foro apertura 4,5mm

Ancora la stessa lunghezza ma diametro più grande Es.3 ( Lung. Foc. Obiet.) 50 mm

= 4 (*) Diam. Foro apertura 12,5mm

(*) i valori risultanti sono i valori “ f/ “ e non hanno dimensione, la formula ci dice solo quante volte il valore diametro del foro formato dalle lamelle sta nel valore lunghezza focale. Nell’esempio 1 il valore del diametro del foro sta 8 nella valore della lunghezza focale, nell’esempio 2 ci sta 11 volte e nell’esempio 3 solo 4 volte.

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Solo per chi volesse approfondire maggiormente l’argomento Rivediamo il concetto in maniera grafica. Un diaframma regolato ad esempio f/2, indica che in quel momento il diametro del foro del diaframma è pari a 2 volte la lunghezza focale (es. in fig. il foro grande), mentre f/4 indica che è pari a 4 volte (es. in fig. il foro piccolo)

Se a questo punto per nostra curiosità, desideriamo sapere quant'è il diametro del foro d'apertura del valore di diaframma f / 8 su un obiettivo di lunghezza focale di 50 mm. lo possiamo ricavare: (Lung. Foc. = ) 50mm = 6,25 mm. ( = Diametro foro) ( f = ) 8

Vediamo ora come cambia il valore del diametro (in mm ) del congegno diaframma ugualmente impostato sul valore f/8 ma su un obiettivo di lunghezza focale 100mm ( cioè doppia del precedente )

(Lung. Foc. = ) 100mm = 12,5 mm. ( = Diametro foro) ( f = ) 8 e con 200 mm di lunghezza focale

(Lung. Foc. = ) 200mm = 25 mm. ( = Diametro foro) ( f = ) 8

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Scala dei diaframmi e relazione tra i valori numerici

La scala dei diaframmi è standardizzata a livello internazionale e viene espressa da una serie di valori che inizia da 1 (quando il diametro del diaframma è uguale alla lunghezza focale) (*) e procede con indicazioni crescenti.

Scala dei diaframmi

1

1.4

2

2.8

4

5.6

8

11

16

22

32

entra più luce entra meno luce (*) Che io sappia non esistono obbiettivi in commercio con valori f/1, al massimo si possono trovare degli obbiettivi con lunghezza focale “normale” con un valore f/1.1 Solo per chi volesse approfondire maggiormente l’argomento

E’ importante osservare che:

Il diaframma 1.4 fa passare la metà della luce rispetto al diaframma 1; il diaframma 2 fa passare la metà di luce rispetto al diaframma 1.4 e così via.

Si passa dal valore numerico 1 fino al 32 incrementando di 1,4 di volta in volta il valore precedente.

Cioè: 1 x 1,4 = 1,4 1,4 x 1,4 = 1,96 (2) 2 x 1,4 = 2,8 2,8 x 1,4 = 3,92 (4) e cosi via…… fino al 32

Si noti anche che 1.4 (arrotondamento di 1,41) è la radice quadrata di 2 e che i numeri sono alternativamente il doppio dei precedenti (arrotondando il doppio di 5.6 a 11).

Luminosità di un’ obiettivo (o apertura relativa )

La luminosità di un obiettivo dipende da due fattori:

1. dal diametro dell’obiettivo (e quindi dal diametro delle sue lenti)

2. e dalla sua lunghezza focale.

In altre parole il valore del diaframma che stabilisce la massima apertura, stabilisce anche la sua massima luminosità. E’ facile perciò intuire che gli obiettivi più “luminosi” sono quelli che per costruzione hanno le due dimensioni lunghezza fisica e diametro (e perciò di conseguenza anche il diametro di apertura massima del diaframma) con valori molto simili tra loro, e quindi il loro rapporto è un valore vicino all’unità.

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Un obiettivo con queste caratteristiche è l’obiettivo di lunghezza focale “normale”, mentre gli obiettivi lunghi (teleobiettivi) e gli obiettivi corti (grandangolari) sono meno luminosi perché il rapporto tra lunghezza e diametro è un valore diverso dall’unità. Nei teleobiettivi il rapporto è maggiore del valore uno, mentre nei grandangolari è inferiore, che vuol dire che in entrambi i casi è diverso da uno. Lunghezza fisica dell’obiettivo

diametro dell’obiettivo

Conclusione:

Dopo questa lunga sequela di concetti ed esempi sull’importante dispositivo di regolazione del flusso luminoso quale è il diaframma…… …….per tutti riassumo e semplifico in pochi punti, in modo che sia facile da ricordare ciò che sull’argomento serve tener presente:

1. Il diaframma serve per dosare il flusso di luce che entra attraverso l’obbiettivo 2. I numeretti che contraddistinguono i valori dell’ampiezza del foro di apertura sono

standardizzati, quindi gli stessi sono usati su tutte marche e modelli di fotocamere.

3. Che a valori bassi del numeretto (f/) corrispondono fori di apertura ampi.

4. Che a valori (f/) sempre più alti corrispondono fori di apertura sempre più piccoli.

5. Che la quantità di luce che entra determinata da uno specifico valore di diaframma, è uguale in tutti gli obbiettivi indipendentemente dalla loro lunghezza focale.

6. Che usando un diaframma con foro ampio avremo un campo di messa a fuoco ristretto(*), e viceversa con un foro ristretto le foto risulteranno con un campo di messa a fuoco ampio (*).

(*) campo di messa a fuoco o profondità di campo sarà argomento di una prossima spiegazione

Esempio (da ricordare) di un obbiettivo diaframmato in tre modi diversi.

Molto aperto (es. f/1.4) aperto all’incirca a metà (es. f/8) chiuso al massimo (es. f/22)

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PROFONDITA’ DI CAMPO

E’ quella zona di nitidezza (o meglio di nitidezza accettabile) che risulterà davanti e dietro al soggetto che abbiamo messo a fuoco.

Esempio: se facciamo una foto mettendo a fuoco un soggetto distante quattro metri e quando la si visiona si riscontra che (oltre, naturalmente, al soggetto stesso) esiste anche una zona di nitidezza accettabile di un metro prima del soggetto e di altri due metri dopo, si può dire di aver ottenuto una profondità di campo di tre metri.

Diaframma Largo - Poca profondità di campo Diaframma stretto - Molta profondità di campo

L’ampiezza della profondità di campo dipende da i seguenti parametri:

Valori del diaframma (f). La profondità di campo diventa grande se usiamo valori f/ alti ( 11 - 16 - 22 - 32) di diaframma, a cui corrispondono dei fori piccoli di diametro.

Al contrario la profondità di campo diventa piccola se usiamo dei valori di diaframma bassi a cui corrispondono fori ampi, es.1.4 - 2.8 - 4.

Lunghezza focale dell’obiettivo usato. Con l'aumentare della lunghezza focale dell'ottica usata (teleobiettivi), si ha proporzionalmente un calo della profondità di campo, mentre al

contrario con il diminuire della lunghezza focale (grandangolari) si ha un aumento della profondità.

Valore della messa a fuoco. A parità di valore del diaframma quando mettiamo a fuoco soggetti vicini all'apparecchio la profondità di campo è più modesta che non quando mettiamo a fuoco soggetti molto lontani.

Vediamo i due casi estremi: avremo il massimo possibile della profondità di campo quando scattiamo una foto con contemporaneamente:

Valori di f / elevati ( diaframmi chiusi)

Obiettivi con focali corte ( grandangolari )

Una messa a fuoco su un soggetto lontano ( infinito )

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al contrario avremo il minimo possibile della profondità di campo usando contemporaneamente:

Valori di f bassi (diaframmi aperti )

Obiettivi con focale lunga (teleobiettivi )

Una messa a fuoco su un soggetto molto vicino Lettura e controllo della profondità di campo

Solitamente gli apparecchi fotografici (almeno dalla categoria amatoriale in su) danno la possibilità di controllare quanta profondità di campo ci possiamo aspettare nella foto che andremo ad eseguire. Nei “vecchi” apparecchi analogici la profondità di campo può essere letta direttamente sull'obbiettivo. Ai lati del segno su cui fa riferimento la scala di messa a fuoco ci sono le indicazioni dell'ampiezza della profondità in base al valore del diaframma usato.

.

Nelle fotocamere digitali è possibile controllare visivamente l’effetto della profondità di campo, in base al diaframma impostato, premendo l’ apposito pulsante di controllo della profondità. Tutte le fotocamere reflex durante l’inquadratura mantengono la massima apertura del diaframma, con lo scopo di offrire all’operatore, durante questa operazione, la massima luminosità della scena inquadrata. Il diaframma si chiuderà al valore impostato solo al momento dello scatto.

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Ora due utili considerazioni circa l’uso (voluto) della molta o della poca profondità di campo, illustrate da alcune immagini come esempio:

1. molta profondità di campo : preferibilmente nelle riprese di architettura e paesaggio, ritratto ambientato ecc., ottenuta come già detto con ottiche grandangolari, diaframmi poco aperti e messa a fuoco relativamente lontana

Paesaggio Esempio 1 – Molta profondità di campo

Paesaggio Esempio 2 – Molta profondità di campo

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Paesaggio Esempio 3 – Molta profondità di campo

Ritratto Esempio 4 – Discreta profondità di campo

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Ritratto Esempio 5 – Molta profondità di campo

Ritratto Esempio 6 – Molta profondità di campo

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2. poca profondità di campo: da impiegare preferibilmente nei ritratti per isolare ed “staccare” dal fondo il viso del soggetto, o in foto d’ambiente quando vogliamo valorizzare il soggetto in primo piano. L’effetto è ottenuto impostando diaframmi “larghi”, ottiche lunghe (teleobiettivi) e messa a fuoco relativamente vicina.

Ritratto Esempio 1 - Poca profondità di Campo

Ritratto Esempio 2 - Poca profondità di Campo

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Ritratto Esempio 3 - Poca profondità di Campo

Ambiente Esempio 4 - Poca profondità di Campo

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Ambiente Esempio 5 - Poca profondità di Campo

Ambiente Esempio 6 - Poca profondità di Campo

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Da quanto detto e visto possiamo dire che la “giusta” profondità di campo è solo quella che corrisponde al progetto dell’immagine che il fotografo vuol ottenere. Egli, per tanto, prima dello scatto dovrà scegliere obbiettivo, valore del diaframma e punto di messa a fuoco…. a seconda delle proprie intenzioni.

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Cos'è una esposizione equivalente. Si è visto finora che prima di scattare correttamente una foto si deve sempre prima tener conto dei valori

della sensibilità impostata sul sensore (o della pellicola).

del diaframma

del tempo di esposizione

tali da ottenere un risultato che riproduca il più fedelmente possibile la situazione di luce presente al momento della ripresa. Come esempio immaginiamo di avere impostato una sensibilità da 100 ISO, e di voler fotografare alcune persone, poste al sole in uno spazio aperto. E’ probabile che l’automatismo che ci aiuta a decidere i parametri dell’esposizione ci indichi come giusto valore del diaframma un f/11, e con un tempo di esposizione di valore 125 (un centoventicinquesimo di secondo).

Qui di seguito proviamo a legare tra loro questi due parametri mettendo assieme le scale tempi/diaframmi in modo di abbinare a tempi lunghi diaframmi chiusi e viceversa. Tempi 1 2 4 8 15 30 60 125 250 500 1000 2000 4000 Diaframmi 32 22 16 11 8 5,6 4 2,8 2 Dal risultato di questi abbinamenti constatiamo che una volta formata la coppia 125/11 (che è quella corretta) , anche le altre coppie tempo/diaframma sono corrette e sono perciò definite “Esposizioni Equivalenti”. Cioè tutte queste coppie Tempo/Diaframma produrranno immagini con la stessa identica “luminosità” , ma con effetti sulla “profondità di campo” al variare del valore del diaframma, mentre al variare dei tempi potremmo avere risultati diversi su le cose in movimento.