i buoni di luca rastello, rassegna stampa ragionata

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  • 8/11/2019 I buoni di Luca Rastello, rassegna stampa ragionata

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    Rassegna stampa a cura di Daniele Mosca

    I BUONI di LUCA RASTELLO

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    I Buonidi Luca RastelloRassegna stampa a cura di Daniele Mosca

    In copertina (particolare) e in ultima paginale illustrazioni di Arianna Vairo contenute nel libro

    Raccolta di articoli pubblicati da quotidiani, periodici e siti internettra il 25 marzo e il 29 aprile 2014. Impaginazione a cura di Oblique Studio.

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    Adriano Sofri, Piccola postaIl Foglio, primo 25 marzo 2014 6

    Nicoletta iliacos, Quel don Silvano contiguo al potere peggiore

    Il Foglio, 26 marzo 2014 7 Redazionale, Il romanzo che far discutereaffaritaliani.it, 27 marzo 2014 10

    Alessandro Gnocchi, Quel romanzo che fa a pezzi il prete antimaail Giornale, 27 marzo 2014 11

    Redazionale, Fermi tutti, arrivaI Buonidagospia.it, 27 marzo 2014 12

    Gianluca di Feo, Aldil del buono e del tossicolEspresso, 28 marzo 2014 13

    Mario Baudino, Il maglione diDon Ciotti e gli amori di Fleming

    La Stampa, 28 marzo 2014 13 Marco rabucco, Aza-Lea e don Silvano nella citt dove la bont diventata un businessla Repubblica Torino, 28 marzo 2014 14

    Goffredo Fo, I professionisti del beneInternazionale, 28 marzo 2014 15

    Daniela Ranieri, Per chi non amaI Buoni. Una storia di preti, ultimi e missioniil Fatto Quotidiano, 29 marzo 2014 15

    Nando dalla Chiesa, Per chi non amaI Buoni: un gossip che sbaglia obiettivoil Fatto Quotidiano, 29 marzo 2014 17

    Gian Carlo Caselli, Un romanzo cattivo per colpire I Buoni

    il Fatto Quotidiano, 30 marzo 2014 18 Alessandro Zaccuri, Nessuno tocchi AbeleAvvenire, 30 marzo2014 19

    Simonetta Fiori, La linea dombra che confonde il bene e il malela Repubblica, 31 marzo2014 21

    Luca Rastello, Luca Rastello: La mia verit suI Buonicadoinpiedi.it, primo aprile2014 22

    Stefania Parmeggiani, Editori, sveglia. Amazon rischia di farci sparirela Repubblica, 21 agosto2014 24

    Ogni crociata, pure quella della legalit che non pu mai essere un valore astratto

    necessita di unarma, e larma dei Buoni da sempre la pi pericolosa.

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    Laura Eduati, I finti buoni del volontariato (centra anche don Ciotti?)huffi ngtonpost.it, primo aprile 2014 24

    Redazionale, Il romanzo-denuncia di Luca Rastello: una brutta storia nel mondo de I Buoniredattoresociale.it, 3 aprile agosto 2014 26

    Francesco Forlani, Un libro a lettere chiarenazioneindiana.com, 6 aprile 2014 28 Annarita Briganti, Rastello denuncia il lato oscuro del volontariato

    la Repubblica, 6 aprile 2014 29 Adriano Sofri, La disputa sui buoni

    Il Foglio, 8 aprile 2014 30 Vittorio Giacopini, Come cambiano i buoni se si cambia prospettiva

    Il Sole 24 Ore, 13 aprile 2014 33 Francesco Cataluccio, I Buoni

    ilpost.it, 14 aprile 2014 34

    Angelo Mastrandrea, Il lato opaco degli impegnatiAlias del manifesto, 27 aprile 2014 36 Enzo Ferrara e Luca Rastello, I buoni, i cattivi e i quasi buoni

    Lo Straniero, 29 aprile 2014 37

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    Attorno aiBuoni di Luca Rastello si sviluppata unapolemica molto accesa incentrata sia sulla correttezzadi una critica impietosa quella dellautore a certimeccanismi del mondo del sociale sia sulla presunta

    corrispondenza tra uno dei personaggi del romanzo,don Silvano, e don Luigi Ciotti.Proprio questa interpretazione stata suggerita daAdriano Sofri, sul Foglio, in un articolo pubblicato il25 marzo 2014. Da qui si sono rincorse le specula-zioni e gli attacchi da parte di commentatori ancheautorevoli come Nando dalla Chiesa e Gian CarloCaselli, mentre Luca Rastello, in diverse occasioni (siveda la lettera aperta al Fatto Quotidiano e lintervistapubblicata sullo Straniero) ha sottolineato come non

    fosse sua intenzione giocare con rimandi puntuali apersonaggi e organizzazioni reali, ma piuttosto attin-gere dallesperienza personale per riettere in formaromanzesca sulle dinamiche pericolose e ipocrite cheruotano attorno a onlus costruite su un capo carismati-co in cui la legalit sublimata a valore assoluto inveceche a metodo.

    ..

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    Sar in libreria dopodomani un romanzo di LucaRastello, intitolatoI Buoni(Chiarelettere). dif-cile che passi inosservato. Il fatto che, dopo unantefatto romeno, forte e bello, il passaggio allItaliacostringe il lettore a riconoscere nella vicissitudinenarrata lassociazione di don Luigi Ciotti e i suoidirigenti e animatori. Sono loro i buoni del tito-lo, raccontati per come gli attori di unimposturacolossale. Succede che il libro esca a ridosso didue giornate in cui limpresa di Ciotti ha tenuto la

    scena, nellincontro con le vittime della maa cuipapa Francesco stato guidato per mano dal fon-datore del Gruppo Abele e promotore di Libera, eallindomani nella grande manifestazione di Latina.Prendersi un angolo della scena grandiosa per tirareil proprio sasso, per di pi cavandoselo da una scar-pa, un modo abbastanza ovvio per farsi notare. Ilguaio che Rastello non un schiatore frustrato, oalmeno, niente nel suo passato lo lascia credere. Ionon lo conosco, ma ho letto suoi libri su temi che

    mi sono famigliari, n dal primo: La guerra in casa(Einaudi, 1998), sulla sciagura della ex Yugoslavia.Rastello visse quellesperienza, in Bosnia e a orinoper laccoglienza ai rifugiati, con una sensibilit acutae irritata nei confronti del piacere che lesercizio del-la bont procura ai buoni, e ai disastri che lo zeloriesce a iniggere ai suoi benecati. O il romanzodel 2006, Piove allins(Bollati Boringhieri), unam-biziosa storia dellItalia di chi nel 68 aveva dieci annie dunque venti nel 78 (Rastello nato nel 1961):

    lo riconsiglierei oggi, intendo proprio oggi, mezzoradopo che ho guardato in rete un video di operaie eoperai della Fiat di Mel che ballano al ritmo diImhappy. Altri suoi libri trattano di fatti e misfatti deidiritti umani, o di questioni come la av, raccontata,insieme ad Andrea De Benedetti, facendo davverolintero viaggio da Lisbona a Kiev e mostrando lasurrealt attuale e futura di quellitinerario. A questaragguardevole produzione Rastello aggiunge quella

    giornalistica, dalla collaborazione col settimanaleDiarioa quella attuale con Repubblica; ed statodirettore dellIndice, della preziosa testata onlineOsservatorio sui Balcani, e, precedente pi impor-tante della questione che discutiamo, della rivistamensile fondata nel 1993 da don Ciotti,Narcomae.C un altro dettaglio, chiamiamolo cos, della bio-graa di Rastello che si pu citare senza invadenza,ed lesperienza della malattia che prende in ostag-gio la vita, il modo e il tempo della sua durata.

    Per molte ragioni la lettura deiBuonimi ha lascia-to interdetto. Intanto, Rastello non sembra averscelto la forma del romanzo solo per premunirsi darepliche giudiziarie. Ho detto che il travestimento,nomi propri compresi, appare deliberatamente tesoa rivelare pi che a mascherare. Ma una tensionenarrativa soprattutto evidente nella protagonistadel libro, la ragazza uscita da una fogna di Bucarestcon addosso tutte le cicatrici e gli sfregi che lin-ferno del nostro tempo pu iniggere e il nostro

    tempo lavora bene e nel confronto con lei vilt,miserie, corruzione e infamie di tutti, quasi tutti,gli altri, affi oreranno come storie dinchiostro sim-patico sopra una ammella. Quasi tutti, anche il(parziale) alter ego dellautore. Il quale dunque havoluto scrivere un romanzo, e tuttavia non potevaignorare, anzi deve aver voluto che lettrici e lettorisiano subito trasferiti al riconoscimento in contro-luce di personaggi, luoghi, associazioni reali. Nellaloro descrizione Rastello non risparmia niente, n

    concede ambivalenze. Il bene fatto e proclamato il bene senza se e senza ma si rovescia per inte-ro nel male senza scampo. Inganno e autoinganno,retorica resa stridula dalla ripetizione, sfruttamentodella credulit o del bisogno altrui no allillegalitaperta per esempio nei rapporti di lavoro, tenutisempre in bilico fra lavoro e missione volontaria dicui esser grati rivalit e slealt alimentate settaria-mente, volgarit e coartazioni sessuali, falsicazioni

    Adriano Sofri, Il Foglio, 25 marzo 2014

    Piccola posta

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    Non saprei fare di pi, per il momento. C quelcriterio: chi senza peccatoLuca Rastello, torinese, classe 1961, fa il giorna-lista e per molti anni ha lavorato nel mondo delvolontariato. Ha diretto tra il 2000 e il 2001lIndicedei libri del mese, ha fondato nel 1993 ilComitato torinese di accoglienza ai profughidellex Jugoslavia e nel 1998 ha pubblicato Laguerra in casa, romanzo-reportage sulla guerra de-gli anni 90 nei Balcani. Rastello ha anche lavorato

    nel Gruppo Abele di don Luigi Ciotti no allamet degli anni 90, e ha diretto la rivista Narco-mae. Domani arriva in libreria il suo ultimo libro.un romanzo e si intitolaI Buoni, con la maiu-scola. Lo pubblica Chiarelettere (224 pagine, 14euro) e Rastello lo ha dedicato alle glie, Elena eOlga, perch sfuggano. A che cosa, ce lo spiegalui stesso: A un meccanismo autoreferenziale, au-toalimentante, autoriproduttivo, che in nome delbene chiede ai giovani di rinunciare a certi diritti.

    Un meccanismo che ha bisogno di personalitnarcisistiche e di contiguit con il potere, e chesfocia in meccanismi da setta. Quella contiguit,nel romanzo, la vediamo dispiegarsi nella storiadi Aza: ragazzina rumena diseredata, creatura delsottosuolo che, come ha scritto marted AdrianoSofri sul Foglioparlando del libro, ha addossotutte le cicatrici e gli sfregi che linferno del nostrotempo pu iniggere. per sfuggire allinfernovero che Aza arriva in Italia e nisce, passo dopo

    passo, condotta dallitaliano Andrea conosciutoin Romania, in una comunit guidata da un pretecarismatico in maglione sdrucito. don Silvano, creatore, anima e condottiero dellas-sociazione In punta di piedi, che dalliniziale comu-nit di accoglienza di tossicodipendenti ha allargatolorizzonte alla guerra contro le mae. Una star delbene, che offre a Aza, e a tutti quelli che nisconocon entusiasmo a lavorare con lui, un lasciapassare per

    contabili no a vere distorsioni di denari. utto civa oltre la contraddizione, umana troppo umana,fra il prestigio e il merito pubblico di unimpresacivile e le angustie e i compromessi dentro lappa-rato e il mondo chiuso di cui ha inevitabilmente bi-sogno: la prosa stando alla poesia come i tristi mez-zi giusticati dal ne sacro. Il punto che da sempresta a cuore a Rastello, e che chiunque di noi abbiasperimentato quello che si chiama, spesso abusiva-mente, volontariato conosce, la corruzione che

    il potere, anche quello che scaturisce dal carismadel disinteresse, della santit e dellabnegazione, in-sinua, tentazione dopo tentazione, cedimento die-tro cedimento, nei gesti e nelle parole dei buoni.Questione che riguarda tutti, sia i papa Francescoche don Luigi Ciotti che procedono per mano, eLuca Rastello e me che ne scrivo. Nel suo libro laquestione non riesce, temo, a restare generale, tan-to forte e accanito lanatema contro una impresaparticolare e i suoi personali attori: Rastello vuole

    farne giustizia o trarne vendetta? La sua inesorabi-lit (il libro ha un suo nale furente giorno del giu-dizio) quella che si impiega contro chi avr datoscandalo ai fanciulli. Non so se e come Luigi Ciottie i suoi sceglieranno di rispondere, o di interrogar-si, o di ignorare. Rastello sa senzaltro che c inItalia un automatismo dellinvidia e della volutt didemolizione rispetto a Ciotti e al suo movimentoche non vede lora di appigliarsi a un pretesto. Cnel romanzo la triste storia di una violenza di Ciot-

    ti sopra un giovane del gruppo, nel 2011, che a li-bro gi stampato, allinizio del 2014, era arrivata inrete e sul quotidiano Libero. Don Ciotti aveva datola sua versione, scusandosene, in una lettera.Non ho n recensito il libro, n refutato o confer-mato la sua denuncia: ho solo segnalato la sovrap-posizione fra romanzo e cronaca, e il problema cheapre. Dei meriti di Libera e delle qualit di tantepersone che la animano perno superuo dire.

    Nicoletta Tiliacos, Il Foglio, 26 marzo 2014

    Quel don Silvano contiguo

    al potere peggiore

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    quelluomo e lui non poteva ricambiare, quindi lomettevo in uno stato di minorit. Non posso noncapirlo. E quando istituzionalizzi la relazione di aiutoistituzionalizzi anche la relazione di minorit e deirapporti di potere. da qui che nasce la tentazione di

    fare dellideologia dellaiuto un feticcio. Ma io conti-nuo a occuparmi di rifugiati, perch al fatto di aiutarechi ha bisogno credo ancora. Non sono cattolico maho trovato una dimensione accettabile di lavoro conla curia di orino. Nella chiesa uffi ciale trovi puntidi riferimento meno ideologicamente connotati, enella pastorale dei migranti della curia torinese cun uffi cio diritti che molto pi forte di tutte le ongdel mondo. L si offre aiuto senza bisogno di dovercostruire una setta, un popolo, un partito, unideolo-

    gia. Forse perch c alle spalle una storia millenaria.Ma voglio anche dire che esistono tante piccole as-sociazioni, dal raggio limitato, che riescono a essereeffi cienti, senza ideologia.orniamo ai Buoni, e al tema che quello dellidola-tria delle buone intenzioni Direi che il tema lasostituzione degli idoli allazione civica capace anchedi autocritica. I due feticci pericolosi di cui parlo sonola legalit e la memoria. A un certo punto, nel libro,vediamo che Aza, arruolata nello staff che segue da

    vicino don Silvano, comincia a imparare e a metterein la nella sua testa tutti i luoghi comuni, le sugge-stioni retoriche, i trucchi lessicali e sentimentali alservizio dei feticci: Non dimentica di sporcarsi lemani, metterci la faccia, mettere testa, di non tirarsiindietro, senza se e senza ma, e di guardare avanti,costruire futuro, speranza, e la memoria che si fa im-pegno, a piccoli passi ma con molta forza, e la fatica, ilcammino, il primato della persona, soprattutto la con-divisione, un cammino di condivisione, condivisione

    da costruire, senza se e senza ma, appunto, e il morsoche ti permette di lavorare senza stipendio, la frustadelloltre, e s, anche il passo lento del montanaro, e imuri che parlano e restituiscono memoria, dalla sededei Piedi e dai beni conscati, e soprattutto la legalit,e sempre la memoria.Rastello maestro nel segnalare gli arnesi retori-ci da cui siamo subissati, che creano unatmosferaricattatoria verso linterlocutore. La legalit un

    quel particolare paradiso in terra che la possibilitdi mettersi al suo servizio quindi a servizio del bene senza se e senza ma. Le descrizioni di ambientie personaggi lasciano aperto il sospetto che, stavolta,ogni riferimento a persone e fatti reali non sia affatto

    casuale ma voluto. In particolare, forse voluto il rife-rimento a don Luigi Ciotti e alla sua attivit.Rastello dice di no, non un pamphlet, un ro-manzo. E ogni volta che si fa unoperazione narrativa ovvio far riferimento alla realt. In altri libri housato personaggi che parlavano in prima persona,che dicevano io: esseri tremendi, e anche se sperodi essere migliore di loro, cero dentro. Cos avvie-ne anche nei Buoni. Il mio alter ego Andrea, nonpropriamente un personaggio edicante, e davvero

    spero di essere migliore di lui. Vale per tutti, ancheper don Silvano, che solo don Silvano. Poi chiaro:uso personaggi reali come paradigmi di un mondo,di un sistema di manipolazione, di sequestro dellecoscienze, non come oggetto di denuncia indirizzataa qualcuno in particolare.Nel mondo dei Buonidescritto da Rastello si praticalidolatria, e il feticcio la legalit. Ma prima di par-lare di quel feticcio, Rastello vuole segnalare la molladi disillusione (ma non disperazione, sia chiaro)

    che lo ha spinto a scrivere questo libro: Non solomia ma parte del tessuto sociale in cui viviamo. Einsieme per rivendico il fatto che in me c una bellae forte dose di illusione, se la vogliamo chiamare cos,o comunque di speranza, altrimenti non starei ancoraa scrivere. La disillusione unesperienza comunee fatale di chiunque sia entrato in quel mondo ilmondo dei don Silvano consegnandogli anche iltempo lavorativo, cercando di far coincidere la pro-pria vita con un ne sociale. una disillusione col-

    lettiva e universale. E che c qualcosa di allarmantealla radice, nella stessa relazione di aiuto. Vuol direche diffi cile depurarla dalla tentazione di esercitarepotere? La relazione di aiuto mette immediata-mente una delle due parti in uno stato di minorit.Funziona se pu essere ricambiata. Io mi sono ri-trovato a essere odiato da uno dei tanti bosniaci cheho accolto durante la guerra. Perch ne avevo aiutatitanti, e quindi io non potevo pi essere il fratello di

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    Rastello ribadisce che, al di l delle somiglianze eanalogie con questo o quel personaggio noto, il suoromanzo ha a cuore il disvelamento di un paradigma,loperazione di verit che altri hanno fatto in formagiornalistica, come Valentina Furlanetto, del Sole 24

    Ore, con Lindustria della carit. In quel paradigma,tra laltro, ai giovani si racconta che bastano i simboli,che la vita associata si fa con la retorica, e che il sessi-smo la forma normale del mondo. Il che comportaprendersi molte libert nei rapporti, soprattutto con ipi giovani e meno difesi, mentre magari ci si indignapubblicamente se si critica la Boldrini.Un altro meccanismo messo in luce nel romanzo diRastello quello dellimposizione di un brand deibuoni: Non si dice pi maa ma mae, al plu-

    rale, ed solo un esempio. Anche da qui, da questosaper annusare il marketing, nasce il successo dioperazioni come quella che nel libro ha al centrodon Silvano. E che oggi trionfa perch certi luoghiin cui operano i buoni sono in piena contiguit conil potere, lo conciliano e si mettono al suo servizio,come certi palchi ci dimostrano. La regola : tantopi si enuncia la lontananza dal potere, tanto pi sipratica la vicinanza. Portando vicino a quel potereun maglione sdrucito e le parole giuste, si d al

    potere il lucido per splendere. Le vittime sacricalisono gli operatori, quasi sempre senza diritti. Illibro della Furlanetto lo spiega bene: proviamo avedere il bilancio di una ong. La trasparenza non di quel mondo.Rastello si chiede inne come mai trentanni diquesta antimaa dei simboli, della memoria, dellalegalit come valore non hanno prodotto consensosociale. vero che vanno in piazza in centomila,o che vanno in piazza a Casal di Principe, ma non

    ce ne uno di Casal di Principe. Cosa vuol dire?Che sono tutti prigionieri del demonio, che noncapiscono?. Magari hanno paura Non so se questo. Credo piuttosto che si percepisca lautore-ferenzialit narcisista rispetto a quellazione rifor-mista che ha luminosi esempi e martiri veri. Quic lautoreferenzialit, il simbolo, il lasciate fare ame. Ma allora, ripeto: come mai trentanni di eroinon sono serviti a creare consenso?.

    esempio perfetto: io non posso mica dire di noncredere nella legalit. Ma credo che sia un metodo,non un valore. Dati alcuni valori, concordati tradiversi, come accade nella societ, la legalit diventail metodo per far rispettare quellaccordo. Ma se io

    trasformo la legalit in un valore, con loperazionefeticistica e ideologica che connota quel mondo ilmondo dei don Silvano e non solo che cosa dob-biamo concludere? Che quando vigevano le leggirazziali era giusto denunciare gli ebrei? La legalitcome valore anche Eichmann. Come metodo puessere molto liberatrice, ma nessuno in quei mondila pratica come metodo.Agire in nome del bene ti d il diritto di violare leregole. In uno degli ultimi capitoli, vediamo don

    Silvano parlare alla folla (tutta la citt, in lutto, aisuoi piedi) dopo il terribile incidente sul lavoroche ha ucciso quattro operai. Lo vediamo rievocarele tante battaglie per la sicurezza, per rendere piumana la vita e pi accettabile il lavoro degli umili.Ma tra uno spezzone e laltro della sua affabulazioneedicante, qualcun altro, nella sua comunit, pensaal sodo: Lo sanno gi alla provincia, ma a ognibuon conto tu ricordaglielo: lappalto per la comuni-t daccoglienza lo vinciamo noi. Sicura?. Sicura:

    paghiamo di meno il personale, il nostro lavoromotivato.Rastello pensa che la sistematica messa in minorit,attraverso lo svuotamento dei diritti di chi lavora esta con te, solo laltra faccia di quel procedimentoche chiamo di conciliazione. Di certi eroi del benecome don Silvano hanno bisogno tutti, perch liconcilia con la societ. Ho messo in esergo la frasedi Dostoevskij, quella in cui dice che gli uomini, daquando nascono, cercano di disfarsi della libert che

    maledettamente Dio ha loro concesso. Chi riescea sequestrare meglio la libert degli uomini? Ma chiriesce a conciliare le loro coscienze, chiaro. Lef-fetto di questi eroi civili autoreferenziali e narcisisti di fare quello che Ivan Illich chiamava il lavoroombra: convincerti che stai bene dentro il cocco-drillo che ti sta divorando. un po come scambiarela democrazia con Facebook, clicchi e hai fatto la tuaazione civica.

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    Debutta Narrazioni, la prima collana di narrativadella storia di Chiarelettere. E lo fa con Luca Ra-stello (stimato giornalista torinese classe 61, spe-cializzato in economia criminale e relazioni inter-nazionali): il libro in questione,I Buoni, un testo

    sul male, ed un romanzo sulla tentazione di faredellideologia dellaiuto un feticcio. Come spiegaRastello al Foglio, infatti, i due feticci pericolosi dicui parlo sono la legalit e la memoria.I Buoniracconta con uno stile asciutto e un ritmonarrativo che non cala mai la storia di Aza, unaragazzina che dai bassifondi dellEst Europa, ap-proda in una comunit di recupero per emarginatidel Nord Italia, guidata da don Silvano, prete ca-rismatico che si muove con la scorta e che indossa

    maglioni di lana consumata.Aza, che fugge dalla povert e dalla violenza (daadolescente ha subito stupri e ha abortito), in brevetempo diventer la sua assistente. E scoprir unmondo di buoni pieno di lati oscuri. A ancodelluomo santo, la ragazza sar chiamata dalprete a combattere insieme agli altri adepti laguerra santa in nome della legalit.Per Aza don Silvano il padre che le mancato.Il prete, per, un abile manipolatore, e nella sua

    onlus, dove regna lintimidazione (e dove chi non siadegua viene degradato o allontanato), a volte nontutte le leggi vengono rispettate.Il prete viene anche denunciato per aver picchiato unragazzo. E don Silvano si scusa cos per il suo scattodira: Devo sempre sembrare forte, deciso, ho scel-to, ho scelto anche di nascondere i miei limiti, ma la solitudine lunica cosa che posso offrire agli ultimi.

    Mi pesa, la croce che mi stata data [] Hoperso la pazienza, davvero Chiss, forse in quelmomento esploso qualcosa con cui quel ragazzonon centrava.Rastello, che nella sua carriera di giornalista ha

    viaggiato molto (Balcani, Caucaso, Asia Centra-le, Africa, America del Sud), ha gi pubblicatoromanzi come Piove allins (Bollati Boringhieri,2006) e inchieste comeIo sono il mercato. Teoria,metodi e stile di vita del perfetto narcotraffi cante(Chiarelettere, 2009) e Binario Morto, con AndreaDe Benedetti (Chiarelettere, 2013). Va aggiuntoanche che lautore dei Buoniha lavorato nel Grup-po Abele di don Luigi Ciotti no alla met deglianni 90, e ha diretto la rivistaNarcomae. Sul

    Foglio, Adriano Sofri ha scritto che nella onlus dellibro si potrebbero riconoscere proprio lassocia-zione di don Ciotti e i suoi dirigenti e animatori.Sempre sul quotidiano diretto da Giuliano Ferra-ra, per, Rastello ha chiarito che non cos.Il suo, ha spiegato, non un pamphlet, ma unromanzo, aggiungendo: Don Silvano solodon Silvano. Poi chiaro: uso personaggi realicome paradigmi di un mondo, di un sistema dimanipolazione, di sequestro delle coscienze, non

    come oggetto di denuncia indirizzata a qualcunoin particolare. Si denisce disilluso, lautore:La disillusione unesperienza comune e fataledi chiunque sia entrato in quel mondo il mondodei don Silvano consegnandoli anche il tempolavorativo, cercando di far coincidere la propriavita con un ne sociale. un romanzo coraggio-so,I Buoni.

    Redazionale, affaritaliani.it, 27 marzo 2014Il romanzo che far discutere

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    Alessandro Gnocchi, Il Giornale, 27 marzo 2014Quel romanzo che fa a pezzi il prete antimafia

    Domani arriva in libreriaI Buonidi Luca Rastel-lo. il primo titolo di narrativa pubblicato daChiarelettere, editore pi noto per le inchiestegiornalistiche. La collana Narrazioni, che acco-glier titoli di Gianluigi Nuzzi (sul Vaticano) e

    Luigi Bisignani (sul direttore di un quotidiano,forse ispirato a Ferruccio De Bortoli), in lineacon lo spirito battagliero del resto del catalogo.I Buoni non mancher di fare discutere, perchracconta in modo impietoso il mondo dellas-sociazionismo, del volontariato e soprattuttodellantimaa. La vicenda ruota attorno a donSilvano, prete anti-cosche, uomo santo per de-nizione, (ex) predicatore di strada, paladinodegli ultimi. Ma anche manipolatore, parolaio,

    condiscendente oggetto di idolatria, amico dipolitici e rockstar. Lantimaa esce, dalle paginedei Buoni, come un sistema non troppo dissi-mile, nei ni e nel linguaggio, alla maa stessa.Lassociazione di don Silvano, che amministrai beni sequestrati ai clan, favorisce la maa deipropri amici e utilizza i soldi pubblici per scopiprivati. Mentre don Silvano recita omelie in me-moria dei caduti sul lavoro, i dipendenti della suaonlus sono privati dei diritti elementari. Legalit

    e trasparenza valgono solo per gli altri. In casapropria ci si regola invece secondo convenienza.E se i bilanci sono truccati, amen. Lintimidazio-ne, riassunta nella frase omertosa ci sono coseche non sai, lo strumento per zittire chiunqueosi avanzare una critica. Chi manifesta dubbi,viene liquidato senza cerimonie. il potere deipi buoni, cos come lo cantava Giorgio Gaber,

    costruito sulle tragedie e sulle frustrazioni. Ilnale apocalittico per suggerisce che il castigo(divino?) giunger dalle mani di un criminale (unCattivo, dunque).Il giornalista e scrittore Luca Rastello, tra le al-

    tre cose, ha esperienza di questo mondo, avendolavorato per il Gruppo Abele di don Luigi Ciottiin qualit di direttore della rivistaNarcomafie.Adriano Sofri, sul Foglio, ha gi messo in luce leanalogie tra nzione e realt, tra don Silvano edon Ciotti. I riscontri sono puntuali, dai luoghino allarte oratoria passando per fatti di crona-ca. Rastello in unintervista a Nicoletta iliacos,sul Foglio, ha spiegato che I Buoni un romanzo,non un pamphlet, unoperazione narrativa che

    fa riferimento alla realt. Don Silvano, dun-que, solo don Silvano: Uso personaggi realidice lautore come paradigmi di un mondo, diun sistema di manipolazione, di sequestro dellecoscienze, non come oggetto di denuncia indi-rizzato a qualcuno in particolare. Comunque lasomiglianza con i personaggi reali non passerinosservata, anzi: scatener un uragano che na-sconder i pregi del romanzo. Rastello proponeuna visione anti-retorica della memoria e della

    legalit. Ma pi interessante la riessione sullanostra dipendenza dai simboli e dalle icone. DonSilvano un impostore. Come dice Andrea, unodei protagonisti, abbiamo bisogno di lui per-ch abbiamo bisogno di convivere col male, n-gendo di combatterlo. Don Silvano lalibi, laconsolazione, lanestetico, la foglia di co di unasociet senza slancio e dalla falsa coscienza.

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    Redazionale, dagospia.com, 27 marzo 2014

    In una certa Torino i pettegolezzi, e le ansie, sono gi ai massimi livelli. Le copie-staffetta stanno turbando il dolcetrantran di varie redazioni, specie quelle di sinistra, anche perch lautore un giornalista di Repubblica.Insomma, non certo intestabile alla famigerata macchina del fango

    Fermi tutti, arriva I Buoni, il romanzo politicamente scorrettissimodi Luca Rastello ambientato in una nota onlus torinese narra di Aza,

    ragazza dellest Europa accolta con (troppo?) amore, e di un certo don

    Silvano, prete con il pullover sgualcito e amici magistrati

    Certo, da qui al 10 maggio prossimo, quando Giu-seppe Culicchia e Goffredo Fo lo presenteranno alSalone del Libro di orino, ci sarebbe tutto il tempoper curare e anestetizzare la ferita. Ma il problemadeiBuoni, il nuovo romanzo di Luca Rastello cheChiarelettere manda nelle librerie venerd prossimo, che entra come una lama affi lata nella colombatutta glassa e canditi della sinistra catto-chic. Con

    una storia scandalosa e personaggi ben riconoscibilinon solo a orino, la citt dov ambientato.La protagonista una ragazza di nome Aza, chearriva dallEst europeo e nisce in una onlus dellepi conosciute e apprezzate in Italia. Ad accoglierlatrova don Silvano, un mezzo santo con il maglioneconsumato e lo sguardo dolente, vicino ai poveri eagli emarginati, ma anche al Palazzo, ai politici, aimagistrati e alle rockstar pi in voga.

    ra i due si instaura un rapporto complicato ealtro bene non anticipare, se non che la storianarra anche di ingiustizie e illegalit commesse dapersonaggi insospettabili. Per questo in una certaorino i pettegolezzi, e le ansie, sono gi ai mas-simi livelli.Le copie-staffetta del romanzo di Rastello stannoturbando il dolce trantran di varie redazioni, spe-

    cie quelle di sinistra, anche perch lautore ungiornalista di Repubblicae ha una lunga esperienzapersonale nel mondo del volontariato.Insomma, non sar facile maneggiare il romanzopoliticamente scorretto di uno che non certointestabile alla famigerata macchina del fango.Lunica maniera, forse, sar quella di far nta diniente e continuare a domandarsi chi diavolo sarmai questo don Silvano.

    E quando istituzionalizzi la relazione di aiuto istituzionalizzi anchela relazione di minorit e dei rapporti di potere. da qui che nasce la

    tentazione di fare dellideologia dellaiuto un feticcio.

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    Quanti angeli somigliano ai diavoli? Il mondo del-le onlus beneche descritto da Luca Rastello nelromanzoI Buoni(Chiarelettere, pp 224, euro 14)ha poco del paradiso: una cattedrale di ipocrisie,innalzata su pilastri di interessi venali e giochi dipotere. Il racconto, con cui leditore esordisce nella

    narrativa, parte da un inferno vero, i cunicoli diBucarest popolati da ragazzi senza futuro, per inol-trarsi in una grande comunit italiana con guida re-ligiosa e metodi profani. Al vertice c don Silvano,carismatico e spregiudicato, condente di ministrie magnati, che domina una corte: Ci sono un co-dice palese e un codice occulto. Quello palese si re-cita ogni giorno, come un rosario. Ma sei tanto piin alto nella piramide, quanto pi pratichi ilcodiceocculto. Al primo si attengono gli illusi. Il secondo

    rende peccatori. Dunque perdonabili. E attraverso

    Chi don Silvano nel romanzo di Luca Rastello,I Buoni, che esce per Chiarelettere? un prete

    molto popolare, con ottime amicizie e maglionisdruciti. Capo carismatico di una onlus, si batteper i pi deboli, per la legalit, contro le mae. Maa sua volta ha un lato molto oscuro, il lato oscuro

    il perdono il capo ti possiede. a quel punto chefai davvero carriera. Intorno al don si muovonospeculatori, devoti, carrieristi e glioli prodighi inun intreccio costruito con sapienza, no allepifaniadi un angelo vendicatore venuto dal passato.Una nota avverte: questo libro opera di fantasia.

    Ma non diffi cile incontrare personaggi ricalcatidalla realt, come lex capo della security di unagrande compagnia telefonica. Iniziative e loghidellassociazione, poi, ricordano n troppo unadelle onlus pi stimate: I tossici sono il residuo diunaltra epoca, di un altro mercato: quando erano ledroghe il male assoluto. I gusti sono cambiati. Orase vuoi incarnare il male assoluto, quello che non sidiscute a meno di tradimento, devi combattere lemae. Quanto basta per dare al romanzo una ver-

    ve polemica che, si spera, far discutere.

    dei buoni. Lidentikit non diffi cile. Sul Foglio,Adriano Sofri esplicita: chi senon don Ciotti,

    considerato che lautore ha persino lavorato pro-prio nel Gruppo Abele? Rastello insorge: no, dice, un personaggio di fantasia, anche se altamentesimbolico. Urge nuovo maglione.

    Aldil del buono e del tossico

    Il maglione di don Ciotti e gli amori di Fleming

    Gianluca Di Feo, lEspresso, 28 marzo 2014

    Mario Baudino, La Stampa, 28 marzo 2014

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    Labbiamo delegata agli altri la bont, da tempo.Alle onlus, alle ong, alle cooperative sociali. Stanno li buoni, i protagonisti del nuovo libro di Luca Rastel-lo. Quelli che, per conto nostro, si occupano di droga-ti e puttane, di malati e carcerati, di ultimi del mondoe di nuovi poveri. Di mae nostrane e straniere. Incambio, perch ci tengano lontani il pi possibile dal

    dolore del mondo, gli diamo denaro e fama e ancheimpunit. cos che in quelle associazioni, glie del ma-trimonio tra le secolari attivit caritatevoli dellaChiesa e il riusso dellimpegno politico anni 70,la bont diventata un business. Si mescolata conla politica, con il marketing, con la nanza, con latelevisione. Li ha sfruttati e ne stata sfruttata.Rastello, giornalista di Repubblica, il mondo deibuoni lo ha esplorato tutto. Ha lavorato per anni al

    Gruppo Abele ( stato direttore della rivistaNar-comae), ha viaggiato nei Balcani al tempo delleguerre in Jugoslavia, nel Caucaso, in Asia Centrale,in Africa, in Sudamerica. E lo racconta in questoromanzo con un disincanto che piuttosto rabbia.Due i luoghi: una citt balcanica, nei cui sotterra-nei tutto comincia. E orino, la orino olimpicadelle fabbriche abbandonate, diventate rifugio di

    immigrati e disperati, e quella dei buoni che vivonotra la collina e San Salvario. La orino della trage-dia della Tyssen, della borghesia impegnata, dellasinistra. E due gli eroi: Azalea, la ragazza che arrivadallEst la cui vitalit rivela come in uno specchio ilsenso di morte che emana dal romanzo. E don Sil-vano, leroe nero, prete anti-cosche, paladino degli

    ultimi, ma anche manipolatore, vanitoso, parolaio.Soprattutto spregiudicato, cinico nella convinzioneche ai buoni tutto permesso. Poi i comprimari, ilgiornalista Andrea, Livio Delno e Delia. Magi-strati, signore bene ed ex terroristi. Figure cui sarfacile attribuire nomi reali, anche se Rastello negariferimenti diretti. Inne Adrian, il bandito chesi incaricher del dies iraenale. un libro,I Buoni, destinato a far discutere equindi ad avere successo. A essere strumentalizzato

    (da destra) proprio per il suo coraggio nella de-nuncia della normalit del bene. Il suo pi grandemerito per tutto letterario. nel linguaggio,nelle conversazioni, nei discorsi di don Silvano.Una retorica dellimpegno che ogni giorno da annileggiamo sui giornali, ascoltiamo in tv. E che, dopoquesto libro, non potremo pi tollerare, se mai loabbiamo fatto.

    Marco Trabucco, la Repubblica Torino, 28 marzo 2014

    Aza-Lea e don Silvano nella citt dove la bont diventata un business

    un libro, I Buoni, destinato a far discutere e quindi ad averesuccesso. A essere strumentalizzato (da destra) proprio per il suo

    coraggio nella denuncia della normalit del bene. Il suo pi grandemerito per tutto letterario.

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    Ci sono libri che tutti dovrebbero leggere. Oggi, peresempio, per interrogarsi sulle ambiguit o storturedel sistema che ci stritola, tra i non-romanzi Galli-no, La congiura contro i giovanidi Laffi , Critica dellavittimadi Giglioli, Utopie letalidi Formenti. In unastagione ricca di analisi inne radicali, eccoI Buoniche un romanzo ma anche, a suo modo, un saggio

    storico, losoco.Rastello ha scritto il libro pi serio sul nostro com-portamento di fronte alle guerre nella ex Jugoslaviae di recente il pi utile a capire le battaglie del Noav; qui, in forma letterariamente ambiziosa ematura, racconta i professionisti del bene, il volon-tariato diventato mestiere, e scava nei modi in cuioperano le grandi associazioni. Ma non per banaledenuncia: per fame e sete di verit, anche a rischiodi sembrare ingiusto, eccessivo.

    Ci sono i Grandi Fondatori e i loro Amici (giudici,politici, giornalisti, artisti) ma ci sono anzitutto iloro protetti, esseri umani destinati a perdere, chenei buoni hanno creduto di trovare sostegno: c illoro dolore, la loro fragilit, anche la loro vendetta.Sar diffi cile dimenticare Aza e Adrian, venuti dalontano, come Delia e Mauro e Andrea e il lorocarismatico prete-leader. Sul nostro oggi sconvolto,questo un romanzo sconvolgente e unico, incan-descente, che costringe a guardarsi allo specchio e

    che ha per modello Dostoevskij.

    La Parigi lurida dei nuovi miserabili sta oggi neisotterranei della metro di Bucarest. un popolodi reietti, creature degli scoli, annusatori di colla,ragazzine sventrate al quarto mese di gravidanza.Luca Rastello li racconta assediati dal demonedel degrado e da quello, molto pi subdolo, dellasalvezza, nel suoI Buoni (Chiarelettere). utti

    devastati dallAids, unica eredit in terra; visitatida gente della supercie: falsi samaritani che ven-gono a dire colla ti fa male, prendono ragazza,dicono vieni e invece picchiano. ra questi, iBuoni, operatori sociali venuti a redimere la lorovita di spine. Uno di loro porta Aza, ragazza dalcorpo segnato dal grasmo delle ferite, in Italia,nel rivitalizzante orire di progetti della ong percui lavora. la parola magica, progetto: lopera dibene che si trasforma in marketing, in start-up, nel

    generale passaggio dalla benecenza allindustriadella carit. La accoglie don Silvano, prete-leadercinto dallaura del carisma, impegnato nella lottaalle mae e nella torsione delle coscienze sottoletichetta di buono di professione. Dei miserabili padre e padrone, oltre che dio che agita il feticciodella compassione: il fardello del prestigio che gifu delluomo bianco; il crocisso brandito comeunarma del bene che invece fa il male, faustiana-mente; la logica annichilente del Grande Inquisitore

    di Dostoevskij, non a caso citato in epigrafe. Daltanfo della fogna i miserabili accedono al falsobiancore di quello scandalizzare i fanciulli a cuila tonaca ha offerto spesso la migliore copertura.Qui, come si conf al clero pop e barricadero, la to-naca un maglione scucito, che fa il paio col tonoda rapper evangelico e un narcisismo da toreri delbene. Diffi cile non vedere nella gura di don Silva-no il travestimento letterario di don Ciotti, con cui

    Daniela Ranieri, il Fatto Quotidiano, 29 marzo 2014

    Per chi non ama I Buoni.

    Una storia di preti, ultimi e missioniGoffredo Fofi, Internazionale, 28 marzo 2014

    I professionisti del bene

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    anche buono, oltre che cattivo. Ma non tutti imezzi per contrastarlo sono leciti: il male minore un alibi dei sistemi totalitari. Lencomio perle battaglie di legalit, spesso condotte coi toniassolutisti e perci violenti di chi sa di avere laverit in tasca, occulta che la complessit dei rap-

    porti tra una societ disillusa e cinica e la psichespesso divorata dalla cocente volont di piacere edi autoassolversi, porta, come scriveva Nietzsche,a indossare la pi scontata e feroce delle masche-re: quella delleroe civico, del compassionevolefurbo. Cos don Silvano nel bel libro di Rastellomaneggia il potere attraverso la creazione di unapotente retorica dei valori: la speranza, il futuro,la responsabilit, lazione. utti tesi a ricattaree colpevolizzare chi non si sporca le mani, chi

    vive una vita di non-militanza o che non com-bacia con lassolutismo maiuscolo e trafelato delfondatore. Di colui che, apparentemente in pacecon la propria coscienza, ingaggia una lotta indi-viduando un nemico, prende posizioni eterodosserispetto a una qualche dottrina uffi ciale o creauna setta che lo riconosce come capo. Luso deimedia, del corpo, della tv, di internet, perfezionala credibilit del santo in vita, del paladino delbene che urla la propria apologia insieme a quella

    dei deboli che vuole salvare e assorbire. La stessaparola missione ha squadernato la sua ambi-guit nel secolo dellimperialismo e della conver-sione coatta di selvaggi. Ogni crociata, purequella della legalit che non pu mai essere unvalore astratto necessita di unarma, e larmadei buoni da sempre la pi pericolosa.

    Rastello ha collaborato negli anni di volontariatopresso il Gruppo Abele, allontanandosene poi condelusione. Che Rastello abbia levigato il sasso del-la sua esperienza facendone una storia nera unasupposizione che il lettore fa sulla base della suabiograa anche se non sarebbe autorizzato a farlo,

    come avvisa lautore attribuendo tutto alla fantasia.Ma non si pu non sentire lattuale che strilla le sueanalogie. Negli ultimi anni lattivismo sociale si concentrato attorno a gure di leader telegenici; lasantit ha scoperto la via del glamour. Si creatauna linea al di qua della quale i buoni operano esono incriticabili, e al di l si staglia la massa de-gli indifferenti e dei complici. Oltre la tradizione,poggiando sullegemonia consolidata delloratorioe dellaiuto ai poveri, si fonda una nuova mitologia

    dissidente, popolare, apparentemente meno scal-trita della istituzione su cui fonda la sua credibilit,ma anche pi croccante e seducente. Che spesso sipersegua il bene (o la sua faccia imbiancata) facen-do il male non appartiene solo allepica. Gli abusisuscitano riprovazione, ma poche volte si sottolinealambiguit della denuncia e dello sdegno. Di chisi dichiara buono, e avanza tutto bianco contro ilnero, tutto integro contro la corruzione. Lha fattoSciascia, parlando dei professionisti dellantimaa.

    Rastello scrive dei mestieranti della carit, santi diuna missione prt--porterche se produce reali elodevoli opere buone, sostiene anche quel dispo-sitivo dellindignazione a comando che nisce peranestetizzare e fornire alibi alla cattiva coscienza.Il male pu essere assoluto. Lacido che sciogliei bambini vittime della maa non pu essere

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    Una premessa. Anche se c di mezzo un prete, nes-suna guerra di religione. Il prete don Luigi Ciotti,protagonista (con il nome di don Silvano) del libroIBuonidi Luca Rastello. Il quale ha voluto raccontarela Grande rete della legalit attraverso la storia pri-ma del Gruppo Abele e poi di Libera, le creature del

    prete torinese. Per riuscirci ha attinto alle sue me-morie di osservatore partecipante del Gruppo Abelee della rivistaNarcomae. E ha poi indagato, talorafrugato, la vita di Libera di orino, la sua citt. Ne uscito un ritratto per nulla piacevole di un mondopur carico di meriti e di riconoscimenti sociali. E quisi impone lo sguardo laico.Perch proprio su queste pagine scrissi giusto tremesi fa un articolo intitolatoIl circo dellantimaa.Non per caso. Ma perch vedevo crescere nelle

    associazioni e tra i protagonisti dellantimaa unatendenza alla millanteria, alla supercialit, alvittimismo eroico, una qualche propensione allaf-farismo a n di bene. Non credo affatto (e non locrede don Ciotti) che Libera sia del tutto immuneda questi vizi, sul cui rischio si tenuta una impor-tante assemblea nazionale lo scorso febbraio.Che cosa dice di nuovo, dunque, Rastello? Raccontacon bravura stilistica ci che esiste in ogni organiz-zazione carismatica: il fascino e talora il mistero del

    leader, la corte dei fedeli (il cerchio magico, si diceoggi), le promozioni e le retrocessioni improvvise diruolo e di funzione, le rivalit di carriera e damore,laffermazione di una speciale retorica, scimmiottatasu quella del leader. Insomma quel che esistito nelPci di Berlinguer, in Lotta continua o nei movimen-ti giovanili delle contestazione (chi non ricorda Porcicon le ali?) o nel Partito radicale, il pi antipartitodella prima Repubblica. Roba non bella, spesso

    comica o disgustosa, ma ineliminabile. E che nontrasforma in impostura nessuna di quelle esperienze.Ineliminabile anche nei buoni, a meno che non sipensi che essi debbano essere non buoni ma santi.Anzi, la stessa eventuale storia di un amore segreta-mente provato da don Ciotti per una delle ragazze

    impegnate con lui, adombrata nel libro, se fossevera mi renderebbe la sua gura ancora pi grandee romantica. Si esalta piuttosto nel libro il temadei contributi non versati o degli stipendi giuntifaticosamente per diversi operatori. Non ha sensoqui ricordare gli identici costumi dei partiti o dellegrandi associazioni degli anni 80. Era comunqueuna pessima abitudine. Semmai serve ricordare ilvero ciclone di urgenze che il Gruppo Abele dovettefronteggiare, tra droga e Aids, le mille richieste di

    essere prese per un lavoro provenienti da personebisognose di aiuto e di reinserimento (e ovviamentenon sempre qualicate) a cui il gruppo dava rispostepositive non per spirito di sfruttamento, ma per unasolidariet che spesso (magari con incoscienza) sal-tava ogni ostacolo. In realt chi ha frequentato donCiotti in questi anni sa con quanta forza egli abbiaposto i problemi che oggi il libro di Rastello vorreb-be consegnare come provocazione irrituale. Le asso-ciazioni antimaa come primi nemici dellantimaa,

    la legalit come parola vuota se non premessa digiustizia sociale, la generosit verso le fragilit altrui,e viceversa lintransigenza verso s stessi e verso letentazioni del divismo. Di pi. Oggi Libera forselunica, senzaltro una delle pochissime associazioniantimaa con un bilancio pubblico accessibile a tut-ti. E nessuno vi lavora in nero. Chi fa uninchiestasullassociazione lo dovrebbe sapere, soprattutto sedecide di arrivare ai giorni nostri per raccontarne

    Nando dalla Chiesa, il Fatto Quotidiano, 29 marzo 2014

    Per chi non ama I Buoni.

    Un gossip che sbaglia obiettivo

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    cerie di un assortimento di orride nefandezze che sa-rebbero la regola, no a creare un dio che chiamanolegalit, il loro vitello doro che dona carriere eonori, mentre molti crimini sono migliori di que-sta legalit e molti criminali sono migliori dei suoisacerdoti. Sar pure un romanzo, ma francamentesconcertano abbordaggi cos prevenuti di percorsiche certamente possono aver avuto momenti diffi cili,ma che in una valutazione complessiva non possono

    essere liquidati con arrogante presunzione.Rastello sa scrivere bene, ma questa volta le paginedel libro come dire sembrano sfuggirgli di manoe trasformarsi in una sorta di manganello da teppistiprodighi di scomuniche che preludono a roghi puri-catori (lo psicopatico che chiude il romanzo). La storiadel Gruppo Abele e di Libera storia per tutti diun impegno costante, faticoso, intelligente e produtti-vo. Su vari versanti: accoglienza e ascolto delle personein diffi colt; cultura (Universit della strada, Centro

    studi, Casa editrice, percorsi di legalit nelle scuole);mobilitazione politica su temi sensibili per i diritti e lagiustizia sociale (dalla droga alla corruzione); coope-rative sociali di lavoro; iniziative allestero. Come capodella procura di Palermo dopo le stragi del 92, possotestimoniare limportanza decisiva che Libera ha avutonel contrasto alla criminalit organizzata. Che tuttidicono non essere delegabile esclusivamente a poliziae magistratura; ma poi nessuno faceva niente, mentre

    lanno, disse una volta Falcone). Certo mala tem-pora curruntper Libera, almeno in certi ambienti (labattaglia per il reato di autoriciclaggio, per il voto discambio politico-maoso). Il libro non nasce perquesto ma sta dentro un vento, che ricorda quello

    della celebre polemica sui professionisti dellantima-a. E purtroppo abdica alla responsabilit della con-tro-inchiesta travestendosi da romanzo. In un paeseche ha portato il senso di responsabilit ai minimistorici, anche questo ci pu stare. Ogni epoca ha isuoi generi letterari. Compreso il romanzo gossip.

    le poco nobili imprese sessuali di alcuni giovaniesponenti torinesi. Resta su tutto (ma non nel libro)il fatto che centinaia e centinaia di familiari di vit-time hanno trovato con Libera una propria dignitdopo decenni di abbandono; che i beni conscati

    ai maosi hanno una destinazione sociale e stannooriginando una nuova economia; che sono sorte lepi imponenti scuole di educazione alla legalit pergiovani e insegnanti; che il paese capace di mobili-tarsi contro le mae sempre e non solo a ridosso deigrandi delitti (dovremmo avere un morto eccellente

    Gian Carlo Caselli, il Fatto Quotidiano, 30 marzo 2014

    Un romanzo cattivo per colpire I Buoni

    Luca Rastello ha scritto per Chiarelettere un librocattivo (I Buoni) contro Luigi Ciotti. Un attaccospietato alla persona, al suo pensiero e alle sue opere.Praticamente non si salva nulla. Dilagano ovunquenequizie e ipocrisia. In realt, proprio lipocrisia ildifetto del libro. Si premette che corretto consi-derare le vicende narrate nel romanzo come imma-ginarie, ma il velo farisaico di un nome ttizio (donSilvano) serve a niente. Il prete santo, laureato in

    scienze confuse, che da bambino per difendere unocompagno lanci in faccia alla maestra un portapen-ne, per qualunque lettore che non sia del tutto scemonon pu che essere ed certamente Luigi Ciotti. Delquale mi onoro di essere amico e sar per questo chefatico a comprendere come dallo scritto di Rastellopossa straripare una tempesta di livore cos violenta.Ipotizzo un risentimento personale profondo, tantche la narrazione si conclude con luccisione di uncollaboratore di Ciotti e la feroce aggressione di un

    altro a opera di uno psicopatico ammalato, che poisi costituisce convinto di poter attirare nella sua cellaquel sacerdote della strada che certamente non sinegher a un prigioniero moribondo che ha chiestocome ultima grazia di incontrarlo. La condanna acarico di Ciotti, nella logica narrativa delle vicendeimmaginarie, forse la pena di morte?Quasi mezzo secolo di vita del Gruppo Abele e qua-si ventanni di Libera di fatto spariscono sotto le ma-

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    lavorano a questi beni, producendo ad esempio olio,pasta e vino che sono diventati un vero e propriobaluardo contro i ricatti e le umiliazioni dei maosi;il costante e concreto sostegno alle vittime di maa;la straordinaria partecipazione annuale alla Giornata

    della memoria e dellimpegno, culminata il 21 marzoscorso con la suggestiva consacrazione di Libera daparte di papa Francesco: ecco unimponente sequen-za di prove che vanno nella direzione di un bilanciofortemente positivo. Svilire tutte queste esperienze aGrande Rete Giovanile che crea un ambiente or-monale, consentendo di accumulare un capitale diga, volgare e squallido. E soprattutto ingiusto.

    proprio Libera ha aperto la strada dellantimaasociale e dei diritti, indispensabile gi trentanni faper Carlo Alberto dalla Chiesa: Assicuriamo aicittadini i loro elementari diritti; togliamo alla maail potere di trasformarli in favori; facciamo dei suoi

    dipendenti i nostri alleati (frase denita nel librocome una delle citazioni preferite di don Silvano/Ciotti; ed vero, ma il riferimento a Ciotti nel librodiventa anche fonte di dileggio).Il milione di rme che provoc lapprovazione dellalegge del 1996 per la destinazione ad attivit social-mente utili dei beni conscati ai maosi; lorganizza-zione di cooperative di giovani che coraggiosamente

    Alessandro Zaccuri, Avvenire, 30 marzo 2014Nessuno tocchi Abele

    Il Grande Inquisitore, daccordo. Ci mancherebbealtro che, di questi tempi, non si colga loccasioneper citareI fratelli Karamazov, specie in aperturadi un romanzo per il quale la quarta di copertinaannuncia un nale alla Dostoevskij. Ma il fattostrano che il libro di Luca Rastello si intitolaI

    Buoni(Chiarelettere, pp 224, euro 14), annoveraun sacerdote tra i personaggi principali, ma nonsembra tenere in alcuna considerazione quantoGes afferma a proposito della bont. Vangelo diLuca, capitolo 18: a chi gli si rivolge chiamandolomaestro buono, il Signore risponde bruscamenteche nessuno buono, se non Dio. La fragilitdellessere umano, le contraddizioni che la attraver-sano, lincapacit di perseguire il bene senza com-promettersi in qualche modo con il male sono le

    componenti dellafelix culpanella quale, sulla scortadi santAgostino, la Chiesa riconosce da semprela premessa irrinunciabile della redenzione. Nonavremmo bisogno di essere salvati, se non fossimotutti, in diversa misura, peccatori. Che fa, la buttain teologia? Uno scrive un libro severo, di denun-cia, come questo di Rastello, e in tutta rispostaandiamo a ricordare il peccato originale? In realt lautore stesso a scegliere il terreno di gioco, specie

    nella parte nale, quandoI Buonisembra abbando-nare il clich del romanzo a chiave per spostarsi de-nitivamente sul piano dellelaborazione letterariae per lappunto della disputa teologica. Accu-sando, nella fattispecie, il carismatico don Silvanodi aver sostituito la fede in Dio con ladorazione ri-

    servata allidolo della legalit. Per capire di che cosastiamo parlando basterebbe aggiungere qualcheelemento della biograa di Rastello: torinese, classe1961, attivo negli anni 90 nei Balcani sia come re-porter sia come volontario, stato fra laltro diret-tore della rivistaNarcomaee ha ricoperto incarichidi responsabilit allinterno del Gruppo Abele. Perquanto si voglia tenere distinte realt dei fatti e in-venzione romanzesca, il suo don Silvano con ognievidenza don Luigi Ciotti, e lo in ogni minuto

    dettaglio: il maglione sdrucito al posto della tonaca,limpegno antimaa, la scorta, le amicizie di rango(dal presidente della Repubblica a Gad Lerner,senza tenere conto di quanti appaiono nel libro congeneralit di fantasia), perno certi vezzi linguisti-ci, come il ricorso continuo allespressione met-terci la testa. E la rete di attivit che dal GruppoAbele arriva no a Libera, una galassia di iniziativeche forse la vera protagonista del romanzo e alla

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    senza via duscita, tant vero che a un certo pun-to Aza sparisce bruscamente di scena per lasciarespazio alluomo che gi laveva salvata in Romania.Adrian, detto il bandito, diventato nel frattempolettore ossessivo della Sacra Scrittura, oltre che giu-stiziere spietato sul modello, pi che degli assassinidostoevskijani, del non dimenticato Jules di PulpFiction: Leggi la Bibbia? Ascolta questo passoche conosco a memoria. Latto daccusa du-

    rissimo, inappellabile. Ma quello che pi colpisce che nei Buoninon affi ori mai il bench minimoapprezzamento per il bene che, al di l della retori-ca, i Piedi possono aver fatto. utto, dal recuperodei tossicodipendenti allimpegno contro le orga-nizzazioni criminali, si riduce a un circo cinico e asua volta criminale. Non pi questione di peccatooriginale, qui, ma di inferno sulla terra. Un inferno,sostiene Rastello, camuffato da paradiso. Non sia-mo pi nellambito della provocazione, tanto meno

    in quello del dibattito. Questa una sentenza, chea leggere bene il famoso nale non esclude neppureil plotone di esecuzione. Come se non fosse ancorasuffi ciente,I Buoniarriva in libreria a pochi giornidi distanza dalla manifestazione romana con lefamiglie delle vittime di maa di cui don Ciotti stato protagonista a anco di papa Francesco. Unacoincidenza, sia pure. Ma quale sia lutilit, in fon-do, di una condanna cos inessibile un misteroche lambizione stilistica di Rastello lascia purtrop-

    po inesplicato.

    quale Rastello affi bbia linsegna, subito sprezzante,di In punta di piedi. Per brevit, i Piedi. Delli-denticazione tra don Silvano e don Ciotti fa parteanche la rievocazione di un episodio risalente al2011, ma divenuto di pubblico dominio solo dapoco, e cio lesposto di un giovane collaboratoresiciliano che affermava di essere stato malmenatodal sacerdote. La lettera di scuse che appare neiBuonicoincide, quasi alla lettera, con quella effetti-

    vamente inviata da don Ciotti. Romanzo a chiave,si diceva, anche se in effetti questo pi che altroun romanzo chiavi in mano: racconta un mondo e,insieme, fornisce le istruzioni per interpretarlo. Lofa assumendo il punto di vista di Aza, diminutivodi Azalea (ma don Silvano la ribattezzer Lea),una ragazza che viene dalle fogne di Bucarest eche in Italia vorrebbe riscattarsi da un passato diterribile degradazione. Accolta tra i Piedi, scala ab-bastanza rapidamente la gerarchia interna di quella

    che, pagina dopo pagina, assume sempre di pi lecaratteristiche di una raccapricciante holding delbene, con tanto di fondi occulti e comportamentiantisindacali. La requisitoria di Rastello si basaprincipalmente sul trattamento riservato ai dipen-denti: sottopagati, o addirittura non pagati, oggettodi continue pressioni, di ricatti morali che sfocianonel mobbing, sono privi in denitiva delle pielementari tutele che pure, dal palco delle varie ma-nifestazioni alle quali freneticamente partecipa, don

    Silvano non si stanca di invocare. Una situazione

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    Raramente un romanzo atteso con tanta febbrici-tante partecipazione. SintitolaI Buoni ed rmatoda Luca Rastello, giornalista torinese che scrive suRepubblica, autore di romanzi e reportage molto ap-prezzati. Volontario nel mondo della solidariet, halavorato in passato nel Gruppo Abele di don Ciotti eoggi con la curia di orino. Il suo libro esce da Chia-relettere, marchio connotato per il suo impegno suitemi della legalit e della giustizia (oltre che editore

    del Fatto Quotidiano). Perch tanta sovreccitazione?Perch il libro racconta il male travestito da bene, ilcrimine nascosto dietro i nuovi idoli della legalite della lotta alle mae. Insomma, lorrore dei buoni.Uno spietato affresco del malaffare, della volgarit,dei carrierismi, dello sfruttamento, delle turpitudinianche sessuali che corrompono il tentacolare mondodella solidariet. Una realt incarnata nel romanzodallassociazione torinese In punta di piedi, di cui padrone assoluto un prete, don Silvano.

    Fermiamoci un momento su don Silvano. Indossagolf consumati, ha mani da contadino che accarez-zano laria, gli occhi arrossati dalla passione. cari-smatico, sa di esserlo. Ha un suo linguaggio moltoriconoscibile. E poi s occupato di tossicodipen-denza, oggi di maa. Chiama per nome i potenti,ha amici tra i giornalisti. Impossibile non ricono-scerlo: don Ciotti, il fondatore di Libera e di tan-te altre iniziative importanti, il prete di strada chedi recente ha condiviso laltare con papa Francesco.

    Che cosa dice di don Silvano-don Ciotti questoromanzo? Un Satana travestito da uomo di pace.Un mostro che si dimenticato di esserlo. Unmanipolatore di anime che non si ferma davantia niente. lui il motore di questa scuola di em-piet in cui simbatte Aza, potente personaggiofemminile che proviene dalle fogne di Bucarest,conosce il male, ne rimane vittima prima nel mon-do underworld rumeno poi nel regno fasullo della

    solidariet. attraverso i suoi occhi e quelli diAndrea, alter ego dellautore che osserviamoquesto inferno iniquo-solidale, che non riconoscei diritti del lavoratore, licenzia le donne incinte(accompagna nel gergo di don Silvano), saffi daai traffi ci di manager loschi, difende la bandieradelletica dallesterno per poi violarla al suo interno.Con tutta una fauna di magistrati imbolsiti, dameeleganti, dive televisive e direttori di giornale che

    vendono lanima a don Silvano per convivere conil male ngendo di combatterlo.Fin qui il feroce jaccuse di Rastello, nella forma sug-gestiva e anche protettiva del romanzo. Festeggiatodal Foglio per aver nalmente mostrato la malvagitdel bene sotto le ingannevoli insegne della legalit,Rastello dice che il suo un romanzo, non un pam-phlet. Che la legalit non pu diventare un valoreassoluto perch anche Eichmann ne era un simboloe dunque dovremmo giusticare il massacro degli

    ebrei. E che don Silvano non don Ciotti, anche se ovvio far riferimento alla realt.Finzione e realt, lui non lui,

    dico e non dico.Ma la materia troppo seria per permettersi ambi-guit. Se una ction, metafora del nostro tempo,perch rendere cos riconoscibili il protagonista e lasua associazione per poi ricoprirli di fango? Se lin-tento era fare chiarezza, perch nascondersi dietrolo schermo del romanzo, che pu evocare il maleassoluto senza doverlo dimostrare? Il rischio corso

    dallopera di Rastello proprio quello di creareconfusione, travolgendo i veri buoni equiparati aicriminali che combattono. Con gran diletto dellamaa (che esiste), odi chi ama sparigliare tra benee male o di chi si delizia con il gioco salottiero deiriconoscimenti. Risultati certamente estranei allasensibilit dello scrittore, che sembra agire pereccesso di passione perdendosi nel labirinto unpocontorto delle sue stesse buone intenzioni.

    Simonetta Fiori, la Repubblica, 31 marzo 2014

    La linea dombra che confonde il bene e il male

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    Caro direttore, ci tengo davvero a ringraziare ilFatto Quotidianoper lattenzione che ha volutodedicare al mio romanzoI Buoni, e sono lusingatoper la lettura attenta e profonda di Daniela Ranieri.Sento per il bisogno di rispondere, sia pure som-mariamente, agli attacchi di Nando dalla Chiesa e

    Gian Carlo Caselli che sorprendentemente trovoscomposti. I loro articoli su di me sono ricchi diallusioni e insinuazioni sgradevoli, veri e propriinsulti (ipocrisia, velo farisaico gi nellincipit,volgare, squallido, arrogante, presuntuosoqua e l) e per di pi si appoggiano a riferimentitestuali del tutto scorretti, e in qualche caso addi-rittura immaginari, che mi costringono a ripetereun vecchio e trito adagio: prima di parlare di unlibro conviene leggerlo, e tanto pi se si vuole esse-

    re effi caci nel distruggerlo. Addirittura Dalla Chie-sa inventa una storia damore fra un sacerdote e unadonna che nel libro proprio non c. Capisco lin-tento polemico: deve ridurre il libro a una massamaleolente di pettegolezzi (lui dice gossip). Midispiace perch stimo Dalla Chiesa per le sue bat-taglie civili e politiche, ma scivoloni come questomi danno agio per rispedire al mittente il gossip: una forma mentis che forse appartiene a lui, nona me. Quanto a Gian Carlo Caselli, fa nire il ro-

    manzo con unaltrettanto inventata feroce uccisio-ne di un collaboratore di Ciotti da parte di unopsicopatico (lunico che muore un personaggioappartato, per me il portatore dei valori pi positividel romanzo, e muore per mano di un amico).Diffi cile non pensare che il libro sia stato loro rac-contato in maniera assai approssimativa. Ci nonesime per lex procuratore dalla psicoanalisi incontumacia: Ipotizzo un risentimento privato

    profondo. E perch? Quali torti avrei subito? O larequisitoria intende sostenere che lo psicopaticosono io? utta laggressivit di cui sono oggettonasce da uninterpretazione suggerita da AdrianoSofri sul Fogliocon unoperazione a mio parere ec-cessivamente meccanica di identicazione fra un

    personaggio del romanzo (non il protagonista) edon Luigi Ciotti. Un attacco nelloratoria diCaselli alla persona, al suo pensiero, alla suaopera. vero che, una volta pubblicato, un libroappartiene al lettore, e Sofri lo , che ha il diritto dioffrire la sua chiave, ma da qui a voler fare del ro-manzo uninchiesta travestita, per codardia o altriloschi e occulti intenti, ne corre assai. Ovviamentenessuno tenuto a conoscerlo, ma credo che tuttoil mio passato possa parlare per me: quando ho vo-

    luto fare inchiesta (che fosse su guerra, maa, nar-cotraffi co, alta velocit, servizi segreti o serial killer)lho fatta, guardando tutti negli occhi e facendo inomi delle persone coinvolte, a chiarissime lettere.E quando ho voluto scrivere un pamphlet (peresempio sugli scrittori che dissertano di democraziasui giornali) lho fatto con nomi e cognomi in chia-ro. Molti sassi ho lanciato, mai nascosto la mano,mai fatto velo con eufemismi, travestimenti o reto-riche. La scelta di scrivere un romanzo tuttaltra

    cosa: la scelta di affrontare temi generali, se nonuniversali, che riguardano prima di tutto i lati oscu-ri di chi scrive. Ho voluto raccontare un male che ovunque e che io per primo porto dentro (se c unpersonaggio a chiave neiBuoni forse il solo An-drea, costruito su di me e sulle mie potenzialit pinegative). Credo che una condizione decisiva perscrivere qualcosa di interessante, oltre che di mo-ralmente sorvegliato, sia partire sempre dallanalisi

    Luca Rastello, cadoinpiedi.it, primo aprile 2014

    Luca Rastello: La mia verit su I Buoni

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    impietosa di s stesso. Cos, ascoltando la lezionedi giganti a cui non intendo paragonarmi, possodire ad alta voce e a fronte alta: don Silvano sonoio. E credo che don Silvano lo siamo tutti, almenoin potenza, non importa se personaggi pubblici eprivati. Certo, la mia vita, le mie esperienze, ci

    che ho visto, vissuto entrano a far parte della mate-ria con cui costruisco una storia. cos per chiun-que scriva narrativa. Ad esempio nel romanzo pre-cedente era centrale la gura di mio padre, senzache il libro ne fosse una biograa. Il dibattito lette-rario sul non ction novel data ormai da mezzo se-colo (caro Dalla Chiesa: non ho inventato niente,purtroppo), ma anche prima di ruman Capote gliautori facevano delle loro vite materia narrativa. Si-gnori, mi dispiace ma stavo scavando in me, nel

    mio lato oscuro. falso che io abbia voluto raccon-tare la storia di Libera, ho scritto e vedo uscire que-sto libro in una fase molto diffi cile della mia vita,una fase in cui si fanno i conti con s stessi e noncon la cronaca. Con s stessi e con ci che si lasciaai gli. Il dottor Caselli, che pure dimostra di averletto la nota delleditore (eh s, delleditore) in aper-tura, non ha colto nella stessa pagina la dedica(questa in effetti mia) alle mie glie, perch sfug-gano. Al male connaturato agli umani, che tanto

    pi pericoloso per i ragazzi che generosamente siespongono in quelle realt dove lincontro fra otti-me intenzioni, carisma, narcisismo, potere, relazio-ne di aiuto e modello impresa crea una miscela pe-ricolosa e in certi casi letale su cui bene teneresempre uno sguardo critico. Quanto a Libera, hodedicato per pi di quattro anni tutto il tempo dellemie giornate e molte notti, con passione e grandi re-sponsabilit, alla sua nascita (anche se oggi il ritocco

    sovietico alla foto uffi ciale mi qualica osservatorepartecipante, secondo la denizione involontaria-mente umoristica di Nando dalla Chiesa) e vi ho in-contrato alcune delle persone migliori della mia vita.Niente secondi ni, cari amici, niente provocazioneintellettuale o baggianate simili: non mi apparten-

    gono e meno che mai mi interessano in questo mo-mento. Una cosa vera la dice Nando dalla Chiesa:che quel che racconto nei

    Buoni vero di tantissimerealt organizzate, antiche come il Pci e Lotta conti-nua, cos come contemporanee. E addirittura nonscorge la contraddizione in cui lui stesso cade an-che quando ricorda sul suo blog (ed giusto che losi ricordi) che proprio quel don Ciotti che secondolui dovrebbe essere loggetto della mia presunta cri-tica ha appena urlato a Latina le stesse cose che

    penso io e che emergono dal mio racconto a propo-sito delle associazioni. Ma tant, lo scatto irriessodellinsulto indica che ho toccato qualcosa di mol-to, molto permaloso, vedo. Fin troppo facile parla-re di nervi scoperti. Se la coda di paglia che bruci,ma non mai per una amma accesa da me. Capitad autori ben pi grandi di me, come Bianciardiche dovette scontare no alla ne dei suoi giorni lacattiva coscienza di Gian Giacomo Feltrinelli chesi era voluto riconoscere nel Moro raccontato nella

    sua Vita agra. Non indispensabile che il dottorCaselli abbia una buona opinione del libro, n chelo legga, n che intervenga sulle sue questioni difondo, ma almeno avrebbe potuto dire qualcosa suitemi che anche don Ciotti affronta e che, sia purein supercie, nel romanzo ci sono. Per esempio le-sistenza di una carit operosa e discreta a anco enelle crepe degli imperi caritatevoli, o il drammadel marketing e della professionalizzazione che

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    possa pagare una miseria gli operatori, truccarei bilanci e sbattere la porta in faccia a coloro chehanno ricevuto la promessa di un posto di lavoroallinterno della onlus. E sar letto voracemente an-che dagli indifferenti, da chi odia la sinistra e trovainsopportabili i buoni e i caritatevoli, i pasoliniani.Eppure Rastello giura e spergiura che don Silvano,

    uno dei personaggi del romanzo, non affatto ilfondatore del Gruppo Abele. E lo ha ribadito an-che a Gian Carlo Caselli e Nando dalla Chiesa, chenei giorni scorsi lo hanno ferocemente criticato sulFatto Quotidianoper aver sporcato limmagine diun uomo buono e giusto.Se avessi voluto fare uninchiesta giornalistica nonavrei avuto problemi a fare nomi e cognomi, mispiega Rastello, che in passato ha scritto inchieste

    Nelle redazioni arrivato un romanzo che nessunoprende per ction, bens come uninchiesta gior-nalistica mascherata sulloperato (malevolo) di donLuigi Ciotti e dellassociazione antimaa Libera. Ilromanzo si intitolaI Buoni nel senso: i nti buoni e il suo autore, il giornalista torinese Luca Rastel-lo, ha davvero lavorato per Libera (ma ventanni

    fa) e Adriano Sofri ha scritto che quel sacerdotedal maglione sdrucito a capo della ong descritta nellibro proprio don Ciotti.Per questo motivo molto probabilmenteI Buoni(Chiarelettere, pp 224) andr a ruba nelle librerie,e diventer la lettura sbigottita di coloro che nonavrebbero mai immaginato che unicona del mondodel volontariato, che soltanto qualche giorno fapasseggiava mano nella mano con papa Francesco,

    lettura dietrologica anche di questa replica. Anchese si rinnoveranno attacchi e sarcasmi non aggiun-ger altro. La violenza dellinsulto confortata darme importanti ha gi iniziato a trasformarsi suisocial network in espressioni di vero odio e addirit-

    tura non manca chi incita allazione nei miei con-fronti. Eppure il dottor Caselli accusa me di invoca-re manganelli, roghi e manifestare nella gura di unpersonaggio del romanzo che lui denisce tout courtpsicopatico certe oscure volont di vendetta (ripe-to: contro che cosa?). Ovviamente non richiesta albagaglio professionale di un magistrato la capacitdi capire le metafore. Ma il nale del romanzo, cheGian Carlo Caselli (forse con un riesso, questo s,professionale) legge come unistigazione al linciag-

    gio, invece una metafora che ora posso a cuore sal-do applicare a me stesso e ai miei illividiti accusato-ri: arriva per tutti, immancabilmente, un dies irae. Ilmio non neanche fra molto e io so, con coscienzaserena e pulita, che il loro sar peggiore.

    scavalcano le motivazioni etiche e la gratuitdellimpegno, le manomissioni linguistiche e reto-riche, i rituali di sottomissione delle comunitchiuse dove anzich la religione o la morale laica sicelebrano culti pagani del Capo. Cose cos. Ma lui

    preferisce usare a sproposito la battuta volgarissi-ma pronunciata da un mio personaggio (serve aconnotarne il maschilismo ed volutamente grot-tesca) per insinuare surrettiziamente che essa rap-presenti il punto di vista dellautore sul mondo cheracconta. Mah. Sono peccatore, reo confesso ecome tale non in grado di fare la morale a nessuno,ma mi impegno a non soffocare mai i dubbi, in pri-mo luogo su me stesso. una questione di ginna-stica mentale e morale e un metodo per non asso-

    migliare ai dottori della legge che sprofondanosempre pi nella loro cecit interiore, privi di umil-t e di dubbi di cui proprio domenica, commen-tando il vangelo di Giovanni, ha parlato papaFrancesco. Spero almeno mi sia risparmiata una

    Laura Eduati, huffingtonpost.it, primo aprile 2014

    I finti buoni del volontariato

    (centra anche don Ciotti?)

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    potere di cambiare la loro vita. anche questopaternalismo ad aver inltrato il volontariato, laconvinzione che le vittime da aiutare non hannovoce in capitolo sul proprio destino e devono sol-tanto ubbidire senza ribellarsi. Chi si avvicinatoal mondo del volontariato conosce bene questadinamica di infantilizzazione delle vittime, che

    siano rom, donne maltrattate, rifugiati o poveri,raramente resi protagonisti delle battaglie sociali,al loro posto parlano i buoni, gli organizzato-ri della carit, e le motivazioni sono implicite: ibisognosi sono e devono rimanere deboli per ali-mentare il potere di coloro che spendono la vitaper aiutarli.Quello di Rastello un colpo potente anche alla(falsa) buona coscienza della sinistra. Di quellasinistra che si impegna in prima linea per un

    altro mondo possibile: Siamo stanchi dellasinistra che ci dice cosa dobbiamo pensare e cispiega quello che giusto pensare, come se fossi-mo bambini senza criterio. Bambini che parlanoe pensano male come se non conoscessimo la lin-gua, come fossimo tutti rifugiati appena sbarcatia Lampedusa, odiati dalla destra che ci vede comeclandestini e coccolati dalla sinistra che ci vorreb-be tutti buoni.

    vere e importanti sulla av e la guerra in Bosnia.E allora, viene da pensare, se quelluomo di chiesacon le mani da contadino e le modalit maosenon don Ciotti, la faccenda ancora pi grave.Rastello decide di non collocare geogracamentelonlus malandrina perch il marcio presente inmolti templi del volontariato nostrano.

    Lo aveva descritto con effi cacia il libro di Valenti-na Furlanetto, Lindustria della carit.I Buoni ilracconto letterario di quella disillusione: Il maledel romanzo accade quando le buone intenzioniincrociano il narcisismo, il marketing e il modello-impresa. E sono dinamiche che scattano ovunque.Ma la mia, dice Rastello, non una operazionedistruttiva. Non voglio dire che il volontariato siatutto malato, ma adoriamo idoli che dobbiamoavere il coraggio di abbattere per fare posto a una

    azione davvero caritatevole e discreta, non auto-ritaria n totalitaria. Dobbiamo poter criticare ilmondo solidale che funziona secondo criteri neoli-beristi, devoto al marketing e al protto, che vendeun brand come fosse unazienda.Molte onlus sono gestite senza chiarezza, dove glioperatori non hanno orario, la paga misera e ilprete amico di attori e rockstar riceve i bisognosifacendo intendere di avere un potere speciale, il

    Dobbiamo poter criticare il mondo solidale che funziona secondocriteri neoliberisti, devoto al marketing e al profitto, che vende un

    brand come fosse unazienda

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    Redazionale, redattoresociale.it, 3 aprile 2014

    Originale, inquietante, documentato, il libro edito da Chiarelettere un viaggio senza speranza dentro unesperienzadi volontariato professionale, dove operano quasi solo illusi o peccatori. E dove il leader don Silvano assolve unruolo di cui tutti abbiamo bisogno

    Il romanzo-denuncia di Luca Rastello: una brutta storia nel mondo de I Buoni

    Dal punto di vista letterario, il romanzoI BuonidiLuca Rastello (Chiarelettere) unopera di grande va-

    lore. Una trama originalissima; una conoscenza profon-da dei temi trattati; uno stile di scrittura denso e febbri-le, pieno di scarti ma sempre controllati; unatmosferainquietante e tesa, che resta tale no allultima riga.Ma a pochi giorni dalluscita (il 27 marzo), ha ge-nerato una vivace discussione soprattutto per il sog-getto scelto dallautore e per lobiettivo che il libroesplicitamente persegue: la denuncia dei difetti delvolontariato professionale, la critica di ci che nonfunziona nelle attivit no prot e in generale nel

    mondo di coloro che vengono chiamati i buoni.Una denuncia che Rastello, uno dei pi affermatigiornalisti e scrittori dinchiesta italiani, fa dimo-strando di conoscere bene lambiente di cui parla.Il romanzo comincia in una citt dellEst europeo,nellinferno dei ragazzi delle fogne. Aza (Azalea) una giovane che ne appena uscita, con tutte lesue cicatrici, grazie allintervento di unassociazione.Loperatore umanitario Andrea la attira a s, no adiventarne lamante, nel Nord Italia, in una citt mai

    nominata eppure mirabilmente descritta: una cittbastonata, che aveva difeso con orgoglio il suo so-gno di industria e che ora vive un nuovo sogno []un futuro terziario promesso ogni sera e rimandato.La porta in una ex fabbrica, ora piena di plexiglase box in cartongesso, che stata donata come sedeallassociazione In punta di piedi onlus. Un imperocaritatevole che si occupa di tossicodipendenti, ma-lati di Aids, prostitute, detenuti, guidato da un prete

    carismatico dallo sguardo sofferente, don Silvano, cheincarna potere e noncuranza, gira con la scorta per-

    ch combatte le mae, amico dei pi grandi politici,giornalisti, magistrati, architetti, comici, rockstar.Aza, intelligente e pura, sale con rapidit la scala deiPiedi, no a diventare la persona di massima duciadi don Silvano. E scopre nel corso del romanzo tuttoci che in questa parte del mondo dei buoni appareincomprensibile: lautoritarismo e il narcisismo deicapi, la non coincidenza tra parole e azioni, la spre-giudicatezza e la gestione disinvolta degli aspettieconomici

    Aza interiorizza il lessico particolare dei Piedi lumil-t, lo sporcarsi le mani, la memoria che si fa impe-gno, il seminare futuro, i piccoli passi, il rispetto, ilmetterci testa, la fatica, il cammino, il primato dellapersona, la condivisione, la frusta delloltre Maimpara anche a maneggiare i due codici che percorro-no lassociazione: quello palese che si recita ogni gior-no come un rosario e quello occulto, tanto pi prati-cato quanto pi sei in alto nella piramide. Al primo siattengono gli illusi. Il secondo rende peccatori.

    Ci conduce in un mondo dove gli equilibri del potereinterno cambiano in continuazione, dove i dipendentinon vengono licenziati, ma accompagnati e invitatia guardarsi intorno. Dove si resiste al massimo dueanni, oppure si rimane per tutta la vita. Dove si puprecipitare dalla propria posizione gerarchica per unaparola sbagliata; dove la gestione degli stipendi, deicontributi e dei bilanci stessi nasconde varie irregolarit;dove ci si affi da a un manager che poi nisce in carcere;

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    dove il dipendente che rivendica i diritti minimi dellavoro rimproverato di sindacalismo, perch qui sicondivide un progetto di vita, non sono i soldi che con-tano. Dove insomma la retorica della legalit si scontracon la prassi e dove la morale spesso doppia.

    Quanto sa il prete-leader di tutto ci? A don Sil-vano spettano i princpi, si legge in una pagina.E se vero che lui conosce tutti i meandri del suoimpero, in effetti la conduzione effettiva e minutasembra sfuggirgli di mano, o non interessarlo. Spe-cie con lavvento della Grande rete per la legalit,linsieme di associazioni che il sacerdote mette in-sieme nella lotta contro le mae. Il romanzo di Ra-stello tocca qui un altro aspetto cruciale del mondodei buoni: la successione ai fondatori, il passaggio

    ai nuovi dei valori etici e delle consuetudini. E sifa ancora pi impietoso: nella descrizione dei gio-vani rampanti che promuovono e amministrano laGrande rete; nella critica della sua studiata dialettica(Chi non con noi contro di noi. E quindi con lemae). La Grande rete diventa la nuova cosmesidel sudario dei caduti e un culto dei morti.Mentre il protagonista continua a girare, a com-memorare, a celebrare, diventando un personaggiosempre pi popolare e di cui i giornalisti sono golo-

    si, lassociazione vive una crescente diffi colt e il ro-manzo arriva alle pagine pi sconvolgenti. La prima lomelia di don Silvano ai funerali di una grandetragedia sul lavoro: le sue frasi commoventi e le sueinvettive contro lavidit il protto a tutti i costisono alternate alle parole di gestori e amministratoridei Piedi: uno spiega perch la cooperativa vincerlappalto (paghiamo di meno il personale, il nostro lavoro motivato); un altro ha trovato il modo diannullare i contratti a tempo indeterminato (nel

    sociale si pu tutto); un terzo, a funerali niti, do-manda cinicamente se gli operai sono poi risorti.La seconda pagina quella che d il senso al romanzo,in quanto opera che intende (anche) mostrare le pro-fonde contraddizioni e le derive delluniverso dei buoni.Mentre Aza, ormai disorientata, scompare, Andreaspiega alluomo che dalla citt delle fogne venutoa vendicarla qual la vera funzione di persone comedon Silvano, e perch cos amato: Perch abbiamo

    bisogno di lui. utti. Abbiamo bisogno di conviverecon il male, ngendo di combatterlo. Abbiamo biso-gno di accettare un mondo inaccettabile che ci stritola,e abbiamo bisogno di abitarlo sotto anestesia Maabbiamo bisogno anche di ngere di combattere, e di

    amare la lotta. Don Silvano garantisce che far il lavoroal posto nostro. utti lo amano. Perch lui cavalca conle insegne del bene. [] Combatte lui la battaglia chenoi non abbiamo il tempo di combattere: non vinceraimai con lui, e neppure gli toglierai la maschera. []Noi siamo lacqua in cui cresce la pianta, amico mio: lodifenderemo no alla morte, pieni di gratitudine per ilvelo che mette tra noi e il mondo.Il libro di Luca Rastello pu dare una lezione validaper tutti, che siano cittadini comuni o operatori

    del no prot. Il discorso pubblico attorno a questomondo, cos importante per la tenuta sociale, macos appesantito da unenfasi retorica a volte insop-portabile, deve ripartire con urgenza coinvolgendonon solo gli addetti ai lavori.I Buoni, insieme alrecente Contro il non protdi Giovanni Moro, e an-che a Lindustria della caritdi Valentina Furlanetto(2013), pu aiutare in tal senso chi non lo vorr con-siderare soltanto un romanzo pregevole.Ma con una avvertenza: questo un libro su/contro

    un preciso modello di azione sociale. Per quantosignicativo e seguito da altre organizzazioni, esso solo un capitolo di quella storia rivoluzionaria dellim-pegno sociale che rimane, in gran parte, da scrivere.Una storia che non fatta solo dai don Silvano.Se non si pu chiedere a un romanzo comeI Buonidiparlare di tutto il resto, dunque opportuno leggerlotenendo conto che il resto composto da moltissimiuomini e donne, religiosi e laici, che usano altri lin-guaggi, lavorano tenendosi lontano dai microfoni e

    dai palazzi, non coltivano troppo le amicizie potenti,continuano a inventare risposte ai problemi sociali e aimparare dagli errori, rispettano nelle loro associazionii diritti dei collaboratori, adottano gestioni democrati-che, tengono i conti in ordine e senza scorciatoie.La ricerca dellintreccio giusto tra la bont e la quo-tidianit una delle sde pi diffi cili che luomopossa affrontare. Raccontarla oltre le santicazionie le crocissioni resta una sda ancora pi diffi cile.

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    Francesco Forlani, nazioneindiana.com, 6 aprile 2014

    Un libro a lettere chiare

    Dalla casa editrice milanese fondata nel 2007 e

    con un catalogo allinsegna della sua vocazione,saggistica e dinchiesta, la nuova collana di nar-rativa, Narrazioni, ha fatto in questi giorni il suodebutto nel nostro panorama letterario. da pocoapprodato in libreria il primo titolo di Chiare-lettere,I Buonidi Luca Rastello, cui seguirannoaltri due titoli: La glia del Papadi Dario Fo eIldirettoredi Luigi Bisignani. Leccellente prova nar-rativa di Luca Rastello rischia di passare tuttavia insecondo piano rispetto alla polemica che in questi

    giorni scoppiata coinvolgendo diverse testate eautorevoli rme, perlopi di opinionisti e perso-naggi del mondo politico e sociale. ranne raricasi, su tutti quello di Goffredo Fo, non si sonolette critiche squisitamente letterarie; si trattato iltesto piuttosto come pretesto per difendere, duffi -cio perlopi, personaggi e associazioni riconoscibilinel romanzo e protagonisti di tutte quelle contrad-dizioni presenti nel mondo delle associazioni e divolontariato impegnate in cause umanitarie e prin-

    cipalmente intorno al tema della legalit. E questosarebbe davvero il torto maggiore che si possa farea uno dei migliori libri di narrativa scritti in questianni.I Buoniracconta una vicenda che si sviluppa at-traverso tre parti, Luomo dal paradiso, Scuoladi empiet e Luomo dallinferno, tre tempidifferenti a cavallo del passaggio di secolo e so-prattutto della frontiera tra Oriente e Occidente,con paragra veloci e prime righe in maiuscoletto a

    scandire il passo. La prima stilisticamente effi cacenel descrivere lunderworld dei ragazzi di stradarumeni costretti a vivere e a drogarsi con colla divernice nelle fognature di Bucarest, nelle vicinanzedella celebre Gare du Nord; ragazzi ostinati a vive-re nonostante la violenza che subiscono e da cui possibile difendersi solo affi liandosi a bande dai co-dici stabiliti e ferrei come quelle di piccoli esercitiin guerra: la regola di Adrian lavarsi.

    La protagonista, insieme ai due giovani italiani An-drea e Mauro che la trarranno in salvo portandolain Italia, Aza. Labbiamo incontrata in aperturadel libro attraverso la bella illustrazione di AriannaVairo in una doppia pagina che ha per titolo Pro-

    scenio. Scapigliata, smunta, era ricorda davveroquelle piccole facce dangelo che furono catapultatenelle televisioni di mezzo mondo occidentale dopola caduta di Ceauescunel 1989. Nellimmagine seduta su un tombino aperto e sembra sapere che larinascita avverr di l a poco. Nella seconda parte, inuna citt del Nord, lincontro con il capo carismati-co della comunit avviene con uno dei passaggi pibelli. Alla proposta di don Silvano di lavorare conloro: Lei continua a inghiottire, morde allingi le

    lacrime che salgono alla gola, la vita che le sta facen-do unofferta. Sembra di rivivere con lei lo stato digrazia del protagonista dickensiano diAmerica, quel-la stessa meraviglia che Kafka gli fa provare davantial Gran eatro di Oklahoma.E davvero sembra poco, tutto molto piccolo, fragilecome il cartongesso che separa le stanze degli unidagli altri, quanto con lenergia del migliore Bian-ciardi, e unabilit nei dialoghi, Luca Rastello de-scrive in una fenomenologia della banalit del bene

    che senza sconti; questo accade non perch vi sia-no coinvolti gli uni o piuttosto gli altri; in una co-munit a Occidente che un liberalismo selvaggio haridotto a societ a responsabilit limitata, perno iltitolo di ultimo deve essere in qualche modo paga-to. Dalla seconda parte in poi infatti, e nella terza inmodo incisivo, si sente pagina dopo pagina, eventodopo evento, una mutazione di prospettiva che sarproprio Aza a offrire al lettore, come certi poetidellEst che nella semplicit di un verso, di unim-

    magine riescono a dire di noi stessi pi di quanto lenostre stesse parole non sappiano pi dire.Del controcanto che anima le pagine dei Buoni,dunque, solo gure autentiche, contraddittorie, al dil di ogni morale preconfezionata potevano diven-tarne gli interpreti; lautore le chiama Personae, esono descritte nelle sezioni che anticipano ognunadelle tre parti; dramatis personae le maschere deldramma, tolte le quali non vi rimane pi nulla.

  • 8/11/2019 I buoni di Luca Rastello, rassegna stampa ragionata

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    la signora Bovary, di disfarla, dopo averla fatta:Madame Bovary sono io. Lasciamo che esistano,don Silvano e Emma B., e la Aza di Rastello, senzadissolverli dentro lautore e tanto meno nel comunelato oscuro. Penso che Rastello, che mostra una

    sensibilit irritata e commovente, abbia voluto al-lontanare da s dentro di s, prima il sospettodi maramaldeggiare con difetti e vizi del prossimosuo, di farsene pubblico accusatore e vendicatore, eabbia rincarato la propria correit: un male che ioper primo mi porto dentro. Io per primo certounesagerazione, forse una superbia.Vediamo che cosa hanno detto i suoi accusatori.Gian Carlo Caselli ha denito il libro, dunque i