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Guerra e
propaganda
Prof. Giovambattista Fatelli
Guerra e propaganda
Organizzazioni
Propaganda britannica
Propaganda tedesca
Tecniche
Demonizzazione
Reclutamento
Eventi
Propaganda e industria culturale
Usa
Dibattito
La prima guerra mondiale
La prima guerra mondiale è la prima guerra “totale” dell’era moderna e offre occasioni importanti per lo sviluppo della comunicazione, di cui finisce per costituire un definitivo punto di svolta.
Svolta comunicativa
• Viene sperimentata per la prima volta su vasta scala la propaganda di tipo moderno
• Progrediscono notevolmente le tecniche di comunicazione ad ampio raggio
• Si inizia ad apprezzare, perfino troppo, il valore “politico” della circolazione delle informazioni.
Progresso tecnologico
Se sono le esigenze militari a sollecitare il progresso
tecnologico della comunicazione, è la necessità di
“governare” organizzazioni molto complesse e tenere
unite grandi popolazioni alle prese con una guerra lunga
e sfibrante a svelarne l’enorme valore “politico” su vasta
scala, rendendolo esplicito in circostanze drammatiche.
Il ruolo della comunicazione risulta infatti decisivo nell’orientamento dell’opinione pubblica in relazione a obiettivi vitali come la mobilitazione del “fronte interno”, la cattura del consenso popolare, la difesa della propria causa presso altre nazioni, il mantenimento del proprio morale e la demolizione di quello nemico.
Opinione pubblica
«Delle tante conclusioni da trarre rispetto alla prima guerra mondiale, una delle più significative è quella che l’opinione pubblica non poteva più essere trascurata come fattore determinante nella formulazione delle politiche pubbliche».
(Michael Sanders, Philip Taylor)
Philip M. Taylor, 1954-2010
Morale della nazione
La resistenza della nazione alle asperità della guerra e le possibilità di vittoria stavolta non dipendono solo dal valore dell’esercito e dei comandi militari o dalla risorse materiali disponibili, ma anche da quanto rapidamente le reclute si arruoleranno e alla quota di comodità e serenità cui i cittadini saranno disposti a rinunciare.
Fatto nuovo
Dal punto di vista comunicativo, il fatto veramente nuovo è la comparsa della propaganda. La manipolazione strumentale dell’informazione non era sconosciuta né alla stampa né alla fotografia: durante la Comune di Parigi, ad esempio, erano state diffuse false immagini di massacri di sacerdoti ad opera degli insorti. Inoltre, l’“innocenza” dei media è già stata messa in discussione da un nuovo modo di fare giornalismo, più rampante, disinvolto, aggressivo, che ha già dato prova di saper indirizzare l’opinione nella direzione voluta.
Una vignetta del Puck, 1894
Fatto nuovo
Ma la grande guerra offre alla propaganda l’occasione per uscire dalla fase pionieristica e assumere dimensioni mai viste. Grazie al contesto di grande mobilitazione, la comunicazione diventa un comportamento sistematico, sotto l’egida dei governi, che promuovono iniziative e organismi appositi, coinvolgendo intellettuali e giornalisti, utilizzando le tecnologie più avanzate, cercando di trasformare per la prima volta i media in «armi di persuasione di massa».
Fatto nuovo
Vengono testati metodi «pubblicitari» che fanno leva sulle pulsioni più profonde della psicologia collettiva (il terrore per un nemico “disumano”, l’insofferenza per la mediocrità della propria condizione, il bisogno di identificarsi in un’entità superiore come la nazione), adottando su vasta scala quel modello di comunicazione festosamente intrusivo che più tardi verrà paragonato dagli studiosi a un ago ipodermico.
Consapevolezza
Un tale dispiegamento di energie consente infine il
maturare di una nuova consapevolezza delle potenzialità
della comunicazione di massa che produrrà nei decenni
successivi notevoli risultati in termini di dibattito culturale,
riflessione teorica e ricerca delle applicazioni pratiche.
Il fronte interno
Compiti
La scoperta del fronte “interno”
assegna a tutti i Paesi, sebbene
in modo variabile a seconda del
livello di sviluppo, i medesimi
compiti comunicativi:
Gestire le informazioni
sull’andamento del conflitto;
Rappresentare e legittimare
l’impegno della nazione in
guerra;
Motivare la popolazione al
combattimento.
Obiettivi
Anche gli obiettivi cui queste azioni rispondono vengono
sostanzialmente a coincidere:
Tenere alto il morale della nazione e ottenere il
sostegno allo sforzo bellico, soprattutto esaltando lo
spirito patriottico e le ragioni della lotta;
Conservare un’immagine positiva sul piano
internazionale, anche per attrarre nuovi alleati.
Strumenti
Perfino gli strumenti usati in quasi tutti i paesi per
risolvere la questione appaiono simili:
Imposizione di un severo regime di controllo sulle
notizie, gestito perlopiù dall’esercito;
Creazione di strutture sempre più centralizzate
deputate alla diffusione di materiale propagandistico.
Evoluzioni
Pur seguendo gli stessi schemi di fondo, l’evoluzione
degli apparati propagandistici sconta, a livello sincronico,
le differenze dei contesti socioculturali, le peculiarità dei
sistemi di comunicazione e il grado di sviluppo dei vari
paesi, mentre altri importanti cambiamenti si verificano a
livello diacronico, in concomitanza con i “punti di svolta”
della guerra.
Fasi del conflitto
I turning point del conflitto che influenzano la
propaganda sono tre:
1. L’ondata patriottica iniziale, che stimola la fioritura
degli apparati e nasconde i problemi sotto il tappeto
dell’entusiasmo;
2. La stagnazione della guerra nelle trincee, che obbliga
a una nuova taratura degli strumenti comunicativi;
3. La fine delle ostilità, che orienta lo spirito nazionale in
base all’esito della guerra e profila la riconversione
“pacifica” della comunicazione propagandistica e le
prime riflessioni sulla sua efficacia e sul suo valore.
Ondata patriottica
Ondata patriottica
All’inizio del conflitto nessuno sembra avere un’idea precisa di quello che succederà in seguito. Sul piano militare tutti pensano a un’avventura rapida e gloriosa; sul piano sociale domina un entusiasmo irragionevole che fomenta l’esaltazione dei giovani e soffoca con estrema facilità le rare voci contrarie alla guerra.
L’esordio dell’attività di propaganda, in un contesto che
sembra perfino suggerire l’inutilità di apparati imponenti,
è contrassegnato perciò da una frettolosa alacrità in cui
spiccano inesperienza, estro e spontaneità.
Ondata patriottica
Obiettivi & metodi
Pur essendo percepito come uno snodo sensibile dell’azione bellica (secondo solo a quelli politico-militari e produttivi), l’uso dei mezzi di comunicazione cade in un terreno professionale ancora vergine, la cui esplorazione - fra mille cautele e qualche impudenza - viene condotta da militari, burocrati e funzionari dei servizi segreti che, almeno nei contesti più avanzati, sollecitano presto la collaborazione di persuasori più accreditati come giornalisti, scrittori, artisti e intellettuali. Douglas Haig (1861–1928)
Obiettivi & metodi
L’impostazione iniziale delle attività
si impernia sugli obiettivi reputati
più urgenti: ribadire le proprie
ragioni e scaricare le responsabilità
della guerra sul nemico, confortare
i cittadini, sollecitare l’aiuto di nuovi
alleati. Per raggiungere il traguardo
si ricorre ai metodi con cui si ha più
consuetudine, in un contesto in cui
la comunicazione è generalmente
considerata più come un impaccio
che come una risorsa.
Obiettivi & metodi
Non essendoci ancora una piena contezza di quali siano i mezzi più adatti al compito, e con idee ancora vaghe sulle sinergie possibili, le proposte di propaganda “positiva” si limitano a innestare sul tronco di una comunicazione sostanzialmente «ufficiale» gli stimoli pescati nella nascente pubblicità e nelle strategie di gestione dell’informazione usate nello spionaggio. Carl Hans Lody, fucilato come
spia tedesca il 6 novembre 1914
Obiettivi & metodi
La priorità è infatti quella di impedire
ai mezzi d’informazione, ritenuti già
decisivi nella formazione dell’opinione
pubblica, di raccontare la guerra a
modo loro o d’intralciare l’azione del
governo. Ma in tutti i regimi sembra
anche spuntare l’ambizione di
costruire una “propria” comunicazione,
diretta e mirata, ricorrendo ai canali
ufficiali delle amministrazioni
pubbliche e a quelli, più discreti, offerti
dalla diplomazia e dai servizi segreti.
Risorsa
In quest’ottica l’informazione non viene più vista come un
dovere verso i cittadini, e neppure come una merce da
far circolare liberamente, bensì come una risorsa da
poter gestire con oculatezza, in vista di un profitto
psicologico. Ad ogni modo, risulta chiaro che è la stampa
l’arma ritenuta più potente e più ambita.
L’età della stampa
È così la stampa, in
primis quella
quotidiana ma anche
quella periodica, il
principale oggetto del
desiderio, il banco di
prova decisivo per la
messa a punto e il
collaudo di una
macchina
propagandistica
veramente efficace.
Copertina de L’Ecri de Paris, 23 gennaio 1898
stampa
Strumenti
La prima fase della guerra è
dunque contrassegnata dalla
entente cordiale tra i governi e
gli ambienti della stampa che
sostituisce l’informazione –
letteralmente requisita dai
militari - con esortazioni al
combattimento e insulti al
nemico, cronache immaginose
e illusioni di vittoria. Ma subito
un nuovo mezzo è pronto a
inondare la scena. Sono gli ultimi colpi per
completare la vittoria!
I Pamphlets
Al controllo dei mezzi d’informazione si aggiunge infatti la produzione di materiali originali destinati a rafforzare la presa sull’opinione pubblica, per disinnescare il suo eventuale contatto con le ragioni del nemico e contemporaneamente diffondere le proprie argomentazioni presso i paesi neutrali.
I Pamphlets
La gran parte di questi materiali è costituita da scritti pubblicati perlopiù in formato minuscolo (fascicoletti, volantini, pieghevoli) che trovano il loro veicolo privilegiato in libelli astiosi e impulsivi chiamati pamphlet. Sono i tedeschi, all’inizio, i più svelti a raggiungere i paesi neutrali con questo tipo di pubblicazioni.
Slogan
La circostanza spaventa la propaganda britannica e la induce ad accelerare i tempi e a battere strade nuove, dal momento che i pamphlet rivelano presto i loro limiti di penetrazione, raggiungendo solo gli strati più alfabetizzati. Quando l’evento bellico si complica, imponendo l’appello a tutta la popolazione, in gran parte solo sommariamente alfabetizzata, emerge il potere sintetico ediretto della suggestione visiva e dello slogan.
Sono quindi i manifesti e le cartoline postali a salire ben presto alla ribalta, rivelandosi lo strumento più importante ed efficace dell’attività propagandistica, ancor più dei film, che non assicurano ancora una presenza massiccia, sono più complessi da elaborare e richiedono una concentrazione maggiore.
I Poster
Il reclutamento
Informazione di guerra
Il clamore dell’informazione di
guerra, sovraccarico, enfatico e
assordante, copre ogni riflessione
e ogni verosimiglianza, dispensa
spiegazioni dei motivi della
guerra (per chi ne ha bisogno)
superficiali e a senso unico e
viene usato come uno sperone
da ficcare nella pancia della
bestia, per indurre ad arruolarsi,
a lottare con determinazione, a
odiare l’avversario.
Contenuti
In questa fase, il ruolo della stampa è decisivo, mentre l’attività delle organizzazioni espressamente dedicate alla propaganda è ancora esitante e dilettantesca. In Inghilterra la stampa di massa esercita un’influenza massiccia, eccita gli animi e riesce subito a imporre alcune «chiavi di lettura» seducenti, come quella di una Germania senza onore, guidata da un pazzo, che molesta il “piccolo Belgio coraggioso”.
F. H. Townsend, Punch Magazine (Agosto 1914)
La forza della propaganda
«Una delle principali domande che si pongono sul ruolo dei giornali in questo conflitto è se il loro modo di riflettere le notizie abbia contribuito in maniera rilevante alla scelta americana per l’impegno militare. Tradizionalmente si è sostenuto che i potenti proprietari di giornali abbiano provocato l’intervento americano promovendo un’atmosfera di isteria nazionale e che questo sia stato uno dei primi esempi di coinvolgimento dei media in questioni militari».
Gorman-McLean, Media e
società nel mondo
contemporaneo, pp. 26s.
Modello britannico
Si afferma così il «modello britannico», forte di un
sistema informativo più sofisticato e maturo e di un’idea
di propaganda più vivace e brillante, che
• riesce a esercitare forme di controllo meno brutali (e
quasi a nascondere la censura);
• rivela una particolare efficacia nello sfruttare le
circostanze favorevoli;
• propone immagini semplici e persuasive;
• ha successo nell’etichettare il nemico come un misto
di codardia e bestialità.
Il risultato più brillante
è l’«etichettamento»
del nemico come un
barbaro sanguinario
che travolge le
sparute cautele iniziali
e non conoscerà più
soste fino alla fine
della guerra e oltre.
Louis Raemaekers, Gettata ai maiali:
l’infermiera martirizzata (1915)
atrocità
Nel corso del 1915, mentre
quasi tutti i Paesi ancora si
attardano a pubblicare libelli
dove spiegano puntigliosamente
le loro ragioni, la stampa inglese
(che ambisce a portare in guerra
gli Stati Uniti), si dimostra molto
abile nello sfruttamento di alcuni
episodi negativi mediante
campagne “mirate” che
consentono di mettere ancor
meglio a punto una poderosa
«macchina» propagandistica.
Sacco di Lovanio agosto 1914
Angeli di Mons aprile 1915
Lusitania maggio 1915
Rapporto Bryce maggio 1915
Edith Cavell ottobre 1915
La Corpse factory aprile 1917
La propaganda
L’ampliamento degli strumenti a disposizione e delle strategie persuasive, pur non alterando il ruolo fondamentale della stampa per la gestione del consenso in tutti i Paesi in guerra, induce comunque dappertutto ad allestire organismi di propaganda - più o meno improvvisati, più o meno efficaci – deputati a svolgere un ruolo di amplificazione e diffusione delle politiche e delle istanze governative.
Nel corso della guerra questi apparati diventeranno delle macchina capaci di implementare una visione «professionale» della persuasione su vasta scala che prefigura una parte importante del successivo percorso della comunicazione di massa.
La propaganda
È soprattutto nei Paesi più avanzati,
come la Gran Bretagna e Stati Uniti,
che questi apparati troveranno le
modalità più agguerrite ed efficaci. I
motivi sono molti, legati in parte alle
circostanze, a una determinazione
diversa e a una visione politica più
lungimirante; ma decisivo in ogni caso
appare l’elevato livello di sviluppo, sia
del sistema dei media che del
contesto sociale, caratterizzato da
un’attenzione diffusa e non banale per
la comunicazione di massa.
Fleet Street, Londra
Livelli di efficacia
Le differenze che affiorano durante il conflitto, in merito all’organizzazione della propaganda, all’evoluzione delle tecniche e della mentalità che le ispira, forse non determinano in modo diretto l’esito della guerra, ma certamente ne influenzano il corso in modo consistente attraverso il dispiegamento di gradi di efficacia diversi.
Fino al 1918 la propaganda
inglese si attiene nelle grandi
linee agli «obiettivi per la pace»
fissati da Asquith il 9 novembre
1914: la ricostruzione del Belgio,
la protezione della Francia da
«future aggressioni tedesche», il
riconoscimento dei «diritti dei
piccoli Stati», la «fine del
predominio militare prussiano
sulla Germania».
Contenuti
Anche sul piano dei contenuti si registra un’evoluzione
verso modalità per così dire “semplificate”: l’illustrazione
delle proprie ragioni si traduce in un vigoroso appello a
partecipare con ogni mezzo allo sforzo bellico,
sottraendosi a ogni onere di prova e abbandonandosi
alla pura e semplice «demonizzazione» del nemico, di
cui si reclama la completa distruzione, e incentivando
una particolare cultura dell’odio.
Demonizzazione
Differenze
• Contenuto Ideologia e cultura che motivano
la scelta dei temi
• Stile Struttura e confezione del
messaggio
• Potenza Disponibilità di strumenti
comunicativi e amplificazione
• Canale Mezzi e tecniche di distribuzione
• Target Attenzione nei confronti del
pubblico, diversificazione.
Riferimenti
• Paul Fussell, The Great
War and Modern Memory,
New York-Oxford, 1975.
• M. L. Sanders, Philip M.
Taylor, British
Propaganda during the
First World War,
Macmillan, London 1982.
• Philip M. Taylor, Munitions
of the Mind. A History of
Propaganda, Manchester
University Press, 20033.
Riferimenti
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• Arthur Conan Doyle, The German War and To Arms!, Cambridge Scholars Publishing, 2009
• Aaron Delwiche, “Of Fraud and Force Fast Woven: Domestic Propaganda during the First World War”, (marzo 2007) in www.firstworldwar.com/features/propaganda.htm>.
Riferimenti
• Jacques Ellul,
Propaganda.
The Formation
of Men’s
Attitudes, Knopf,
1968
• Garth
Jowett, Victoria
O’Donnell,
Propaganda and
Persuasion,
SAGE, 2006
Riferimenti
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• Robert Cole, Propaganda
in twentieth century war
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bibliography, Scarecrow
Press, 1996
Riferimenti
• Anthony R. Pratkanis, Elliot Aronson, Age of Propaganda. The Everyday Use and Abuse of Persuasion, Freeman, W. H. & Company, 1991
• Stanley B. Cunningham, The Idea of Propaganda. A Reconstruction, Greenwood Publishing Group, 2002
• Simon Adams, Propaganda in War and Peace, Heinemann Library, 2005
• András Szántó, What Orwell didn’t know: propaganda and the new face of American politics, PublicAffairs, 2007
Stagnazione
Centralizzazione
Il protrarsi delle ostilità toglie ogni illusione su una guerra breve e facile. Tutti i governi capiscono che una gestione entusiasta e improvvisata della comunicazione non basta più. Ovunque si avverte l’insufficienza della sola censura e la necessità di riorganizzare in qualche modo la propaganda, perfezionando i sistemi di controllo e cercando di eliminare confusioni e inefficienze.
• Gestione più soft dell’informazione;
• Centralizzazione e coordinamento degli apparati;
• Cambiamento di prospettive.
Centralizzazione
Tra il 1915 e il 1916 in Germania e in Francia la censura e la propaganda vengono rispettivamente riunite nel Kriegspresseamt (Ufficio stampa di guerra) e nella Maison de la presse. Nel 1917 l’Austria trasforma l’autonomo Kriegsüberwachungsamt (Ufficio di sorveglianza di guerra) in una Kommission del Ministero della guerra.
Centralizzazione
La Maison de la presse sorge
all’inizio del 1916, per impulso del
Presidente del Consiglio Aristide
Briand, dalla trasformazione del
Bureau de la presse in Direction
des relations avec la presse da
inserire in un insieme più vasto.
Tutti i servizi d’informazione –
privati o pubblici, militari o civili – si
adeguano alla tendenza alla
centralizzazione che questo tipo di
attività impone.
Centralizzazione
In Gran Bretagna l’originario Press Bureau viene rimpiazzato nel 1916 da uno speciale Press Censorship Office e nello stesso tempo il Governo converte il Secret Service Bureau, varato nel 1909, nello MI (Military Intelligence), sotto l’egida del Ministero della Guerra, affidando alla sezione 7 la propaganda e la censura per gli affari militari.
La propaganda spontanea che lega le speranze di
vittoria alla mancanza di notizie e ai proclami di
vittoria deve cedere il passo a una diffusione degli
stimoli molto più meditata.
Dal punto di vista dello stile e dei contenuti, si prende atto che l’ingenuo ottimismo sprizzato all’inizio da ogni pagina è ormai troppo naïf, e perfino controproducente poiché di fronte a una guerra chiaramente lunga e dolorosa la proclamazione di un rapido e glorioso cammino verso la vittoria non intercetta più l’esperienza né di chi sta al fronte né di chi sta a casa.
Balle
Come puntualizza Olivier Forcade sottolineando le difficoltà del lavoro dei censori, se è vero che le informazioni negative possono spaventare i lettori, l’ottimismo esagerato può invece condurre alla delusione. Se ogni giorno si guadagna terreno, perché la vittoria non arriva mai?
Le notizie ottimiste, dette dai francesi bobard (“bufale”,
oggi si direbbe fake news) iniziano a generare scetticismo
e minano la fiducia di civili e soldati verso le fonti ufficiali.
Intuendo il pericolo, il sistema presta maggior attenzione
alle informazioni palesemente mendaci e tende ad
accompagnare alla censura una propaganda con finalità
più sottili e raffinate, rendendo talvolta più nebbiose le
differenze tra censura e propaganda.
Istituzionalizzazione
Il carico di sofferenze e sacrifici causato dal prolungarsi
della guerra pone, insieme alla gestione più organica
dell’informazione, anche una seconda necessità: quella
di elaborare, se possibile, una politica dell’informazione
più complessa, che coordini il lavoro dei propagandisti e
quello della stampa, che produca strategie comunicative
più duttili e diversificate. Questi processi non
raggiungono ovunque la stessa intensità o risultati
uniformi, ma mettono comunque in rilievo
l’«istituzionalizzazione» della propaganda.
I risultati risentono delle
situazioni belliche, della
malleabilità dei mezzi e della
fiducia del pubblico, lasciando
emergere le difficoltà e i
problemi connessi al
bilanciamento di verità e
menzogne, di obbligo e di
persuasione.
Tenaglia manipolatoria
L’insufficienza della disciplina militaresca nel sollecitare in modo convincente e capillare un pubblico diventato improvvisamente di massa induce i “propagandisti” a riconvertire la loro attività in senso «propositivo». Ciò richiede un nuovo tipo di organizzazione e la sperimentazione di tecniche nuove, alimentando nei loro confronti un clima di fiducia che avrà profonda influenza nel dopoguerra sul modo di interpretare la comunicazione di massa.
Tenaglia manipolatoria
Quando gli apparati si trovano a dover riconsiderare gli effetti
sul pubblico di un nuovo assetto della comunicazione, inizia a
emergere in modo embrionale, accanto al ruolo di censore
gatekeeper, quello di manager dell’immaginario collettivo, di
«amministratore» degli umori e delle speranze del pubblico. Si
viene così a formare, nel corso della guerra, una specie di
“tenaglia manipolatoria” che, accanto al freno della
“repressione”, rende disponibile anche l’acceleratore della
“persuasione”.
Tenaglia manipolatoria
Da una parte abbiamo così l’informazione di guerra (controllo delle notizie, elasticità del concetto di verità, uso intensivo dell’enfasi); dall’altra il perfezionamento di quell’“epos narrativo” avviato dalla stampa che consegue effetti quasi miracolosi, soprattutto laddove la comunicazione è più fluida e più intensa la collaborazione tra giornali e governo.
I funerali di Edith Cavell, 1919
La propaganda usa con grande efficacia una delle
nuove tendenze dell’anteguerra: la pubblicità. Le
persone sono già sensibilizzate al linguaggio visivo e
al product placement e i manifesti di propaganda
dell’epoca coinvolgono artisti già utilizzati nel settore
e usando motivi simili. I messaggi sono semplici:
sostieni il tuo paese, i tuoi soldati, la tua famiglia,
arruolati, contribuisci, lavora.
Gli ingenui sogni di gloria
iniziali cedono perciò il
passo a una più aspra
«etica del sacrificio» che
all’audacia velleitaria e
all’eroismo fine a se
stesso antepone le doti di
resistenza, di pazienza, di
sopportazione e tenacia.
e promuove sulla stampa figure di
«eroi positivi» come gli assi
dell’aviazione , le donne che
lavorano, le infermiere…
Storie di atrocità
Per risvegliare queste qualità e motivare
tanto la risolutezza dei soldati quanto la
perseveranza della popolazione civile, si
agita lo spettro del nemico, ricorrendo alla
sua demonizzazione.
Per rafforzare l’odio pubblico nei confronti
del nemico, entrambe le parti si sono
anche rivolte alla propaganda delle
atrocità, diffondendo storie di stupri,
omicidi e torture per assicurare che i civili a
casa continuassero a chiedere la guerra
contro i "selvaggi Unni" o "cani britannici".
La Prima Guerra Mondiale istituzionalizza l’uso e la diffusione di informazioni di propaganda attraverso organismi governativi ufficiali come il Ministero dell’Informazione britannico diretto da Lord Beaverbrook, il Comitato Creel in America e la BUFA in Germania. Queste organizzazioni hanno tutte cercato di influenzare l’opinione pubblica usando manifesti, notizie e nuovi mezzi come il cinema.
Alla fine della guerra, la conquista dell’opinione pubblica sarà ritenuta importante come una vittoria in battaglia e la propaganda sarà diventata parte integrante di ogni azione politica e militare.
Fine delle ostilità
Germania
Dalla metà del 1917 l’organizzazione del consenso e l’accettazione
della guerra si affidano assai più alla repressione del dissenso che
alle iniziative di propaganda esplicita. Le potenze in guerra devono
ormai affrontare il problema sempre meno latente della stanchezza
dei propri popoli e del malcontento verso la guerra. La propaganda
e la censura vengono rafforzate ancora, ma la penuria di generi
alimentari e il loro razionamento non possono essere nascosti,
provocando inevitabili tumulti e manifestazioni che finiscono per
rivelare la disorganizzazione della censura, che viene aggirata dai
giornali con la pubblicazione graduale delle notizie nel corso dei
giorni successivi. In <Germania la propaganda assume toni
deliranti, continuando a ainseguire una promessa di vittoria sempre
più assurda, specialmente di fronte alla percezione delle privazioni.
In definitiva la propaganda finisce per «inciampare» sulle
resistenze della società, sostengono Rouzeau e Becker,
potendo l’azione dei governi limitare e vietare certi contenuti,
ma non crearne ex novo contenuti per mobilitare l’opinione
pubblica. Furono gli individui a generare i temi della
propaganda, in un processo orizzontale di invenzione di
oggetti e produzione d'immagini che non furono altro che
l'espressione dell'adesione delle società in guerra. Questi
comportamenti, uniti all'esperienza del combattimento al
fronte e alla mobilitazione delle retrovie, configurò una cultura
di guerra che venne usata dalla propaganda per
rappresentare l'immagine del nemico, che nacque dalle idee
che il popolo e i soldati percepivano.
Così mentre i francesi rappresentavano i tedeschi come
animali; agli occhi dei tedeschi la Francia-Marianna, frivola e
decadente, mischiava la propria identità con i popoli
dell'impero coloniale francese. Questa propaganda
spontanea non annullò i tentativi della propaganda ufficiale -
che si affinò con il tempo - di influenzare l'opinione pubblica,
ma anzi rafforzò la capacità intrinseca della società di
accettare la guerra. Gli autori polemizzano contro una visione
sterilizzata della storia, incapace di affrontare quanto in essa
vi è di più inaccettabile. In questo caso, furono soprattutto la
densità della morte nello spazio e nel tempo e le forme seriali
della sua produzione ad apparire destabilizzanti. Ciò dipese
dalla smisurata potenza dei mezzi distruttivi e di quelli
produttivi che fecero da supporto allo scontro, cambiando il
corso della guerra e anche della morte.
Di questo grande macello, le masse europee non furono solo
vittime, ma anche attrici, contagiate da sentimenti identitari
fondati sulla contrapposizione amico-nemico, esposte alla
forza di violente emozioni, profondamente coinvolte dallo
spirito di crociata. Non si apprezza appieno la gravità del
disastro se non si concentra l'attenzione sulla forza di
trascinamento delle idee da cui prese le mosse.
Il peso del rifiuto non riuscì a soverchiare quello dei consensi.
Gli effetti velenosi della lunga contrapposizione e
dell'interiorizzazione dell'odio, di una violenza debordante
esercitata contro i civili e degenerata in forme di brutalità
gratuita e genocidio ebbero il tempo di depositarsi, aprendo
una delle stagioni più buie della moderna storia europea.
Questa visione della Grande Guerra come una crociata si è evoluta all'inizio della guerra, come propaganda dell'atrocità, lungi dall'essere imposto dall'alto, ha trovato a autentico risveglio nella cultura popolare. Per i partecipanti su tutti i lati, la guerra divenne rapidamente una battaglia contro la barbarie, una visione che molti intellettuali hanno promosso con entusiasmo. Questo clima, in cui i combattenti capivano la guerra in termini fortemente binari, severamente diminuita la capacità di organizzazioni neutrali come il Vaticano o la Croce Rossa per funzionare efficacemente come arbitri. Gli autori sono particolarmente interessato al ruolo della religione, che ha favorito e visione escatologica della guerra e aiutato l'ideale del conflitto come sacra lotta per permeare tutti i livelli europei società. Questo fervore religioso, sostengono, fu dimenticato dopo 1918, mentre gli europei cercavano spiegazioni razionali per la violenza. Tuttavia, gli odi della guerra sacra non potevano essere smobilitati con gli eserciti dopo il 1918 e presentarono un calice avvelenato al generazione che sperava che la prima guerra mondiale sarebbe stata l'ultima Conflitto europeo
Il problema con questo approccio è che minimizza il molto reale
crepe che apparivano nelle società combattenti man mano che la
guerra progrediva. La mobilitazione del sentimento religioso non
solo ha avuto la capacità di infiammare le passioni nazionali ma
anche esacerbare le regionali differenze. Mentre il 1917,
"Lutherfeier", contribuì indubbiamente "Dimostrare la validità della
causa della Germania" nel cuore protestante del paese, si potrebbe
mettere in discussione la sua efficacia tra i tedeschi sostanziale
popolazione cattolica (pagina 117). Gli autori anche in gran parte
ignorare le tendenze potenzialmente contrarie. Certamente entro il
1917, propaganda sempre più influente diretta contro la guerra o
aspetti della coscrizione bellica hanno apertamente preso in giro il
surriscaldato linguaggio religioso della propaganda del tempo di
guerra.
the different reactions to censorship: self-censorship,
accommodation, criticism, manoeuvres to outwit and circumvent it,
and, last but not least, the way in which censorship was
manipulated in order to discredit or even ruin political enemies.
Censorship of the press was a complex field of tasks and
reconsiderations. To the army, newspapers were a twofold threat.
First, the press could publish — inadvertently or intentionally —
information on military capabilities and plans. Second, newspapers
might be used by the enemy as a medium for the transmission of
coded messages. Box number advertisements, crosswords, and
chess problems were banned from the papers. Control over
advertisements became a major element of censorship; the press
department of the Acting Commanding General in Berlin alone
screened 6.000 to 8.000 advertisements per day.[10]
Newspapers were considered the key source of information for the
enemy. Therefore the most important task for the Higher
Censorship Department was to prevent any reports on military,
political, and economic affairs that could be useful to the enemy.
Furthermore, weather forecasts were kept under strict censorship.
The reason was not the censors’ overzealousness, but rather the
understanding that these reports could affect military operations
significantly.[11]
In Germany, by the end of 1916, censorship authorities had issued
about 2,000 regulations. A 134-page reference book published by
the Higher Censorship Department summarized the most important
regulations alphabetically, from “Aalandfrage” (question of the
Aaland Islands) to “Zweifel” (doubt). It was an A-Z not only of
censorship but also of Imperial Germany at war.[13]
Controllo della posta
In all armies, sooner or later postal control was introduced. Its aim was to look for disclosure of military secrets, to test the morale of the soldiers, and to find out about “subversive ideas”; but, at least in the British and the Austrian army, also to remedy the problems.[21] In Russia it had already been introduced in July 1914 through the above-mentioned decrees. It was comprehensive and in some districts was also concerned with civilian correspondence. In Italy only the correspondence between the soldiers and their families in the so-called “war zones”, that is, border zones and areas with strong socialist influence, was centrally controlled, but by the end of 1917 it was extended to civilian letters as well.[22] In the French army central postal control started in January 1915, and from July each army corps had a commission of twenty members who opened the letters. “Subversive” paragraphs in letters were “caviardés” by the censors – deleted with ink and aniline pencil – and a significant number not transmitted at all.[23] It seems that there was no postal control in the American army but the French censors took care of its soldiers as well, destroying their postcards and censoring their letters.[24] The quantity of controlled letters is estimated for the French army at 180,000 out of 5 to 7 million letters per week.[25]
Controllo della posta
Nevertheless, Rosie Kennedy’s remark about central postal control
in Britain characterizes well the situation in the other countries
except Russia: “The vast bulk of correspondence meant that
censorship was at best patchy.”[26] In the German and British armies
censorship of the soldiers’ correspondence was at first handled by
their own officers. Even when central censorship was introduced
the secrecy of correspondence was still violated, at least in the
German army: “[…] even intimate family letters are divulged and
trasformate in zimbello”.
Controllo della posta
In Italy, France, Germany, and Austria soldiers could be punished and even court-martialled for letters containing supposedly “exaggerated and false information”.[28]In Italy, some servicemen were even executed on the spot under the draconian regime of General Luigi Cadorna (1850-1928).[29] In order to escape control, soldiers in all armies sometimes asked comrades on leave to post their letters at home, but in the German army such voluntary “postmen” were sometimes controlled on the trains and severely punished.[30] In Britain, civilian correspondence was also censored and in 1918 between 4,000 and 5,000 persons were busy with it. Their most important prey was war opponents such as Bertrand Russell (1872-1970) and Edmund Dene Morel (1873-1924), who tried to place articles abroad and were thus jailed for “evasion of censorship”.[31] In Austria, civilian letters to the soldiers mentioning food shortage and hunger were confiscated so as not to “endanger the discipline of front troops and negatively affect their spirits”. In France, the correspondence of “suspect” civilians was controlled by police after September 1915 but not intercepted.[32]
Controllo spettacolo
The censors also invited themselves to numerous entertainments. Theatre plays, films, chansons, cabarets, and circus performances in Britain, Germany, and Austria had already been censored before the war, whereas in France censorship had been abolished in 1906 and was now reintroduced immediately.[33]
For this task special services stepped in: in Germany and Austria the police; in Berlin the Theaterpolizei (Police of the theatres); in Paris the Commission Spéciale at the Préfecture de Police (Paris police headquarters), which censored films, 4,583 stage plays, and more than 50,000 chansons; and in Britain, five private censorship bodies – for theatre plays, music halls, films, novels, and posters.[34]
In Germany, film scripts had to be submitted to preventive censorship, but even if they passed, it could happen that a film could later be refused and had to be destroyed.[35] In France, the manuscript of a stage-play had to be submitted a fortnight before the first performance. On average, 17 percent of these plays were forbidden.[36] As far as films are concerned, in 1916, 145 of them were forbidden, and in 1917, 198 forbidden or curtailed.
Differenze
La maggiore complessità dei regimi democratici provoca
invece qualche cautela in più ma anche il ricorso a
strategie più sofisticate.
Si segnala l’apparato agit-prop sovietico che parte con uno slancio
davvero rivoluzionario in un clima vivace e creativo per poi subire
un’evoluzione dottrinale e burocratica e spegnersi infine in una grigia
routine amministrativa
Germania
In Germania, quando Hindenburg e Ludendorff
assunsero il comando del gran quartier generale, i
poteri di quest'ultimo, via via rafforzatisi nel corso
della guerra, conferirono loro il controllo assoluto del
paese, e la propaganda venne grandemente
rafforzata.
Centralizzazione
L’Oberzensurstelle (sovrintendenza alla censura) a
Berlino nel febbraio 1915 , subordinato al Comando
supremo;
Francia 1917
La Francia introdusse severi controlli sulla posta in
entrata e in uscita, con lo scopo di controllare il
morale delle truppe ed evitare la diffusione di idee
pericolose al fronte,
Gran Bretagna
mentre diversa fu la posizione della Gran Bretagna,
la quale non essendo attaccata direttamente in
patria, mantenne una politica abbastanza
permissiva[242].
II fase
Il cedimento del giornalismo di guerra alla tentazione
propagandistica ne ridimensiona la credibilità,
determinando nelle opinioni pubbliche occidentali
una perdita di fiducia nel sistema dell’informazione
che richiederà anni per essere riguadagnata.
Il Medaglione sul Lusitania è un eccellente esempio della propaganda al
lavoro. Una produzione tedesca che originariamente dava una visione
negativa degli Stati Uniti, criticandone la decisione di permettere alla
Lusitania di navigare nonostante gli avvertimenti del consolato tedesco
sulla guerra sottomarina, viene corredato con un testo esplicativo che
sottolinea al contrario la bestialità dei tedeschi e il loro compiacimento per
l’uccisione di civili.
Le linee guida della comunicazione a sostegno del fronte
interno provengono da una weltanschauung molto
radicata che si ispira alla «volontà di potenza» e a una
imprecisata missione della Germania nel mondo.
Doppio alibi maschile
La donna è diabolicamente fonte di desiderio
La sfrontatezza della nuova donna moltiplica la
spinta al peccato e doppiamente attenta alla
virtù dell’uomo.