giornalino gennaio 2013
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Giornalino Scolastico gennaio 2013TRANSCRIPT
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n° 9 Febbraio 2013
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I MURII MURII MURI COME DIVISIONI SOCIALICOME DIVISIONI SOCIALICOME DIVISIONI SOCIALI
ABBATTIAMOLI!ABBATTIAMOLI!ABBATTIAMOLI! CONTRO TUTTI I TIPI DI MURI CHE CI DIVIDONO!CONTRO TUTTI I TIPI DI MURI CHE CI DIVIDONO!CONTRO TUTTI I TIPI DI MURI CHE CI DIVIDONO! Nel corso della storia umana alcuni muri sono diventati simboli di divisione tra popoli influenzando profondamente il contesto sociale, politico e ambientale in cui sono stati innalzati. Nella maggior parte dei casi il loro significato è negativo. Alcuni muri per fortuna sono stati abbattuti ma il loro ricordo rievoca anco-ra oggi un passato triste e doloroso. Imponenti costruzioni furo-no innalzate per separare, dividere, allontanare persone e cul-ture. Altri muri invece sono stati costruiti per ricordare eventi storici che non dovrebbero mai essere dimenticati. Tra i muri più tristemente celebri ricordiamo il Muro di Berli-no, che portò a una divisione della città in due parti: Berlino est e Berlino ovest. Con la guerra fredda i movimenti da Berlino est verso Berlino ovest vennero limitati al massimo proprio at-traverso la costruzione del muro. I lavori iniziarono nella notte
QUESTO MESE: Abbattiamoli pag. 3 I muri tra i giovani pag. 4 I muri della fede pag. 5 Vivi e conosci pag. 6-7 The Green Dream pag. 8 Angeli silenziosi pag. 9 1° compleanno de IL perché pag. 10-11 Quinsanero, da bambine a donne pag. 12 Yoga a scuola pag. 13 Amici a quattro zampe pag. 14 Personaggio del mese pag. 15 Dillo con un fiore pag. 16.17 Sportivamente pag. 18-19 Facce da copertina pag. 20-21 IL perché: Cinema pag. 22 Scelta per voi da “Il Perché” pag. 23 Scotti e bruciati pag. 24
I muri tra giovaniI muri tra giovaniI muri tra giovani “I primi a doversi accettare siamo noi”“I primi a doversi accettare siamo noi”“I primi a doversi accettare siamo noi”
Tra i ragazzi vi sono sempre più vittime del “muro”… Quando
si parla di “muro” s’intende alludere, metaforicamente, alle
barriere che spesso vengono innalzate tra i giovani e che non
consentono, al più debole, di inserirsi nel gruppo dei pari.
Spesso infatti non si viene subito accettati dal gruppo, all’in-
terno del quale vi sono delle dinamiche e delle gerarchie che
condizionano le decisione degli altri. Sarà il consiglio dei “capi-
gruppo” a decidere se accettare o no un nuovo membro, limi-
tando così pesantemente la libertà di espressione individuale.
Uno dei principali problemi tra i giovani, nel rapportarsi gli
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Redazione: Daniela Fiorentini (direttore) Silvia Sessa (caporedattore) Bochicchio Alessandra, Caberlon Giorgia,
Caldato Luca, Calisi Luca, Capasso Fabiana, Cappelletto Petra, Carnali Marika, D’Am-brosio Luca, Della Corte Fabio, Di Bella Marika, Di Razza Mirko, Franceschetti Chiara, Guido Giulia, Ianni Noemi, Lusuar-di Andrea, Romani Elisa, Torrao Arianna, (redattori)
Responsabili del Progetto: Prof.ssa Cristiana Angiello
Prof. Claudio Cappelletto (grafica) Collaboratori:
Stefano Trichei Assistenza tecnica:
Mauro Coppotelli
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dal 2002. Per Israele il muro è solo una barriera temporanea di sepa-razione per dividere la West Bank (Cisgiordania) dallo Stato d’Israele allo scopo di prevenire gli at-tentati suicidi palestinesi con-tro i cittadini israeliani. Per i palestinesi invece si tratta di un “muro di apartheid” che li rende prigionieri, all’interno delle proprie terre. Altri celebri muri, che divisero e che dividono ancora, sono la Peaces Line di Belfast, una serie di muri di separazione situati in Irlanda del Nord, costruiti per dividere la comu-nità cattolica da quella protestan-te. E poi c’è il muro messicano che divide la povera Tijuana dalla ricca San Diego o anche la barrie-ra del 38° parallelo che separa la Corea del Nord dalla Corea del Sud. Da ricordare il Muro del pianto,
ovvero l’unica parte rimasta del Tempio di Gerusalemme, distrutto dai Romani e mai più ricostruito. La sua distru-zione ha segnato profondamente il popolo di Israele, rimasto privo di un au-
tentico luogo di culto che rappre-sentava l’unità e la fede degli Ebrei con Dio. I muri che gli uomini hanno innal-zato tra di loro non sono altro che muri mentali, manifestazioni d’in-sicurezza, paura, odio, disprezzo, ignoranza. Tutti questi muri e molti altri sparsi nel mondo sono simboli vergognosi da abbattere.
Ma i veri muri da demolire non sono quelli fatti di mattoni, ce-mento, filo spinato, bensì quelli che offuscano la nostra mente e il
nostro cuore e che non ci consento-no di accogliere il diverso. Sono simbolo di luoghi comuni, di dot-trine errate, di opinioni distorte che molto spesso influenzano la nostra ragione e le nostre idee. I muri mentali sono sinonimo di ignoranza, vanno abbattuti solo aprendosi alle opinioni degli altri, al dialogo, alla possibilità di vive-re esperienze nuove che hanno il potere di ampliare le nostre menti e aprire i nostri cuori. Sono passati moltissimi anni dalla costruzione di alcuni muri, ma quelli della mente hanno radici ancora più antiche, che devono essere sradicate giorno dopo gior-no da ognuno di noi, con la spe-ranza di eliminarne ogni traccia. Tutto ciò dovrebbe partire proprio da noi giovani, dalle nuove gene-razioni che devono impegnarsi seriamente per impedire che que-ste barriere invadano anche i loro pensieri. Noi siamo la vera spe-ranza per il futuro perché tutti possano godere di una libertà au-tentica, spensierata e soprattutto degna di una società civile.
Daniela Fiorentini (3° B P.I.)
ABBATTIAMOLI!ABBATTIAMOLI!ABBATTIAMOLI! CONTRO TUTTI I TIPI DI MURI CHE CI DIVIDONO!CONTRO TUTTI I TIPI DI MURI CHE CI DIVIDONO!CONTRO TUTTI I TIPI DI MURI CHE CI DIVIDONO!
tra il 12 e il 13 agosto del 1961. Il muro, eretto in una sola notte e lungo inizialmente 155 chilome-tri, col passare del tempo venne sempre più perfezionato. Nel 1962 fu creata la cosiddetta “striscia della morte” per rendere impossibile la fuga verso la Ger-mania ovest. Nel 1965 venne co-struita un’ulteriore parte di muro e ancora, nel 1975, venne realiz-zata la “quarta generazione” del muro protetto, nella ”striscia del-la morte”, da recinzioni, trincee anticarro, più di 300 torri di guardia, bunker e una strada continuamente illuminata per il pattugliamento. Nonostante i controlli, si verificarono circa 5000 fughe coronate da successo, 240 morti e molti arrestati. Il muro divise in due la città di Berlino per 28 anni. Bisognerà attendere il 9 novembre 1989 perché il governo tedesco-o r i e n t a l e decreti l'a-pertura del-le frontiere con la Re-p u b b l i c a f e d e r a l e . Nei giorni e nelle setti-mane suc-cessive mi-gliaia di persone con-tribuirono ad abbattere il muro. Ora ciò che ne resta sono solo parti espositive, ormai diventate veri e propri monumenti decorati e variopinti da pitture murali di artisti di tutto il mondo. Da ricordare è anche il muro che divide lo Stato d’Israele dalla Palestina, un altro simbolo della VERGOGNA, costruito a partire
uni con gli altri, è il soffermarsi su
aspetti puramente esteriori e su-
perficiali, sulla base dei quali si ha
poi la pretesa di giudicare i propri
coetanei. Gli adolescenti cercano
di creare un’immagine di sé che
sia vincente
nel mondo
esterno. A vol-
te neanche
loro la gradi-
scono, ma per
essere accetta-
ti, sono dispo-
sti a indossare
una maschera che li renda graditi
agli altri. Coloro che invece rifiu-
tano di indossare quella maschera
e preferiscono mostrarsi per ciò
che sono realmente, vengono
esclusi, sottovalutati, non conside-
rati, messi in disparte… E per i
ragazzi più fragili questa può es-
sere una condizione molto difficile
da sopportare e da accettare, so-
prattutto nella fase adolescenzia-
le. Anche a scuola, a volte, si veri-
ficano queste situazioni che creano
veri e propri stati di tensione, di
disagio e di solitudi-
ne difficili talora da
confessare.
Ma quali sono le
cause principali alla
base di atteggiamen-
ti discriminatori tra
i ragazzi? Certamen-
te molti muri sono
legati ad aspetti,
come già detto, pu-
ramente esteriori e
superficiali: l’essere alla moda, l’a-
vere un look vincente, l’essere di
aspetto gradevole… Altre cause
potrebbero addirittura radicarsi
all’interno dell’educazione ricevuta
in famiglia; si può discriminare un
compagno per ragioni religiose,
razziali, culturali…Talora solo per-
ché non è di nostro gradimento e
quindi si fa di tutto per emarginar-
lo, prenderlo in giro o comunque
farlo sentire a disagio. Tutto ciò fa
capire chiaramente quanto le per-
sone possano essere superficiali.
Questo avviene perché in molti
prevale l’egoismo, la banalità, l’ar-
roganza di sentirsi migliori degli
altri. Tali atteggiamenti sono spes-
so sollecitati anche dai modelli che
purtroppo, sempre più spesso, la
società ci offre. Oggi tutto è imma-
g ine , e s t e r i o r i tà , f o r za…
esattamente le stesse dinamiche
che troviamo all’interno dei gruppi
e che finiscono per far alzare i mu-
ri. Spesso i giovani si trovano da-
vanti a queste
situazioni, dal-
le quali non è
facile uscirne
da soli ma si
dovrebbe chie-
dere aiuto.
Alcuni decido-
no di prendere
altre strade, purtroppo spesso sba-
gliate. Se si è fortunati e abba-
stanza saldi per reagire, ci si rivol-
ge ad altre amicizie, più sane e
adatte a noi. Per i più deboli la
soluzione al problema può rivelar-
si complicata, difficile, ardua a tal
punto da lasciarsi andare.... Molti
ragazzi sembrano solo apparente-
mente forti, ma in realtà sono fra-
gili, incapaci di abbattere quei
muri che albergano soprattutto
nel loro animo. I primi a doversi
accettare siamo noi, ognuno nella
propria originale unicità! Abban-
doniamo la maschera pirandellia-
na, abbattiamo i muri dell’ipocri-
sia! Solo allora saremo davvero noi
stessi!
Chiara Franceschetti & Fabiana Capasso (4°G Chi.)
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I muri tra giovaniI muri tra giovaniI muri tra giovani “I primi a doversi accettare siamo noi”“I primi a doversi accettare siamo noi”“I primi a doversi accettare siamo noi”
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Asia Bibi è una donna cristiana cattolica condannata a morte in Pakistan con l'accusa di aver offeso il profeta islamico Maometto. La sentenza è stata emessa nel 2010. In Pakistan la blasfemia è un reato punibile con la condanna a morte. La vicenda risale al giugno 2009 quando ad Asia Bibi, una lavoratri-ce agricola, viene chiesto di andare a prendere dell'acqua. A quel punto un gruppo di donne musulmane l'avrebbe respinta sostenendo che lei, in quanto cristiana, non avrebbe dovuto toccare il recipiente e si sono quindi rivolte alle autorità soste-nendo che lei nella discussione avrebbe offeso Maometto. Asia Bibi, picchiata, chiusa in uno stanzino, stuprata, infine arrestata pochi giorni dopo nel villaggio di Ittan-walai, ha negato le accuse e ha re-plicato di essere perseguitata e di-scriminata a causa del suo credo religioso. Noi de Il Perché vogliamo riporta-re la lettera che Asia Bibi ha scrit-to dal carcere, nella speranza che la sua voce possa essere ascoltata e che la giustizia umana impedisca che nel 2013 si possa ancora morire per il proprio credo religioso. “Se mi convertissi sarei libera, pre-ferisco morire cristiana. Scrivo da una cella senza finestre Mi chiamo Asia Noreen Bibi. Scrivo agli uomini e alle donne di buona volontà dalla mia cella senza fine-stre, nel modulo d’isolamento della prigione di Sheikhupura, in Paki-stan, e non so se leggerete mai que-sta lettera. Sono rinchiusa qui dal giugno del 2009. Sono stata con-dannata a morte mediante im-piccagione per blasfemia contro il profeta Maometto. Dio sa che è una sentenza ingiusta e che il mio unico delitto, in questo mio grande Paese che amo tanto, è di essere cattolica. Non so se queste parole usciranno da questa prigio-ne. Se il Signore misericordioso vuo-le che ciò avvenga, chiedo agli spa-gnoli (il 15 dicembre, il marito di Asia ritirerà a Madrid il premio
I muri della I muri della I muri della fedefedefede Cristiani perseguitatiCristiani perseguitatiCristiani perseguitati
dell’associazione HazteOir, ndr) di pregare per me e intercedere presso il presidente del mio bellissimo Paese affinché io possa recuperare la libertà e tornare dalla mia famiglia che mi manca tanto. Sono sposata con un uo-mo buono che si chiama Ashiq Masih. Abbiamo cinque figli, benedizione del cielo: un maschio, Imran, e quattro ra-gazze, Nasima, Isha, Sidra e la pic-cola Isham. Voglio soltanto tornare da loro, vedere il loro sorriso e riportare la serenità. Stanno soffrendo a causa mia, perché sanno che sono in prigione senza giustizia. E temono per la mia vita. Un giudice, l’onorevole Naveed Iqbal, un giorno è entrato nella mia cella e, dopo avermi condannata a una morte orribile, mi ha offerto la revoca della sentenza se mi fossi convertita
all’islam. Io l’ho ringraziato di cuore per la sua proposta, ma gli ho risposto con tutta onestà che preferisco morire da cristiana che uscire dal carcere da musulmana. «Sono stata condannata perché cristiana – gli ho detto –. Credo in Dio e nel suo grande amore. Se lei mi ha condannata a morte perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificare la mia vita per Lui». Due uomini giusti sono stati assassi-nati per aver chiesto per me giustizia e libertà. Il loro destino mi tormenta il cuore. Salman Taseer, governatore della mia regione, il Punjab, venne assassinato il 4 gennaio 2011 da un membro della sua scorta, semplice-mente perché aveva chiesto al governo che fossi rilasciata e perché si era op-
posto alla legge sulla blasfemia in vigore in Pakistan. Due mesi dopo un ministro del governo nazionale, Shahbaz Bhatti, cristiano come me, fu ucciso per lo stesso motivo. Circon-darono la sua auto e gli spararono con ferocia. Mi chiedo quante altre persone debbano morire a causa della giustizia. Prego in ogni momento per-ché Dio misericordioso illumini il giudizio delle nostre autorità e le leg-gi ristabiliscano l’antica armonia che ha sempre regnato fra persone di dif-ferenti religioni nel mio grande Paese. Gesù, nostro Signore e Salvatore, ci ama come esseri liberi e credo che la libertà di coscienza sia uno dei tesori più preziosi che il nostro Creatore ci ha dato, un tesoro che dobbiamo pro-teggere. Ho provato una grande emo-zione quando ho saputo che il Santo Padre Benedetto XVI era intervenuto a mio favore. Dio mi permetta di vive-re abbastanza per andare in pellegri-naggio fino a Roma e, se possibile, ringraziarlo personalmente. Penso alla mia famiglia, lo faccio in ogni momento. Vivo con il ricordo di mio marito e dei miei figli e chiedo a Dio misericordioso che mi permetta di tornare da loro. Amico o amica a cui scrivo, non so se questa lettera ti giungerà mai. Ma se accadrà, ricor-dati che ci sono persone nel mondo che sono perseguitate a causa della loro fede e – se puoi – prega il Signore per noi e scrivi al presidente del Paki-stan per chiedergli che mi faccia ri-tornare dai miei familiari. Se leggi questa lettera, è perché Dio lo avrà reso possibile. Lui, che è buono e giu-sto, ti colmi con la sua Grazia”. Asia Noreeen Bibi - Prigione di Sheikhupura, Pakistan Per non dimenticare Asia e quanti cristiani ogni giorno soffrono o muoio-no a causa della propria fede, dome-nica 24 marzo in occasione della Giornata di digiuno e di preghie-ra per i martiri missionari, alle ore 20,30 le campane di tutte le chiese della diocesi di Latina-Terracina-Sezze–Priverno suone-ranno a festa.
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VIVI E CONOSCIVIVI E CONOSCIVIVI E CONOSCI Idrovore Idrovore Idrovore --- Localita’� “Mazzocchio” Localita’� “Mazzocchio” Localita’� “Mazzocchio” --- PontiniaPontiniaPontinia
Il progetto VIVI E CONOSCI continua. Presso il Semiconvitto del nostro Istituto va avanti il corso ideato e organizzato dall’e-ducatrice, Giovanna Mulè. Esso si propone di creare una concreta relazione tra i ragazzi del Semi-convitto e le varie realtà del Ter-ritorio pontino. Attraverso un ci-clo di lezioni informative, gli stu-denti vengono via via preparati ad affrontare, in modo consapevo-le, le diverse visite sul Ter-ritorio. Questa volta è toc-cato alle idrovore dello sta-bilimento di Pontinia, loca-lità Mazzocchio. Il 4 dicem-bre 2012, arrivati in loco, abbiamo incontrato la no-stra guida che ci ha subito introdotto a comprendere la funzionalità di queste ‘’macchine’’: si tratta di un impianto attivo ininterrot-tamente tutto l’anno! Qui l’acqua, che proviene dalle sorgenti natu-rali (Sermoneta e Terracina), de-ve essere sollevata e trasferita, per superare il dislivello di 2 me-tri s.l.m. In totale esistono 22 impianti idrovori, ma quello che abbiamo visitato noi è il più importante e grande. Si trova a una distanza di circa 22 km dal mare e utilizza 6
pompe. L’impianto venne ideato nel gennaio del 1934, costruito in soli 10 mesi e inaugurato il 19 dicembre dello stesso anno. Gra-zie al suo corretto funzionamento è possibile prosciugare circa 10mila ettari di terreno che, altri-menti, tornerebbero a vivere nello stato di palude. Gli effetti impres-sionanti di un simile malfunzio-namento sono già stati vissuti negli ultimi anni della guerra,
quando l'esercito tedesco, per al-largare il fronte e mettere in diffi-coltà lo sbarco delle truppe statu-nitensi, optò proprio per il blocco delle 6 pompe dell'impianto di Mazzocchio, con effetti devastanti per il Territorio. L’idrovora è composta da una ba-se, una parte motoristica e dalle eliche. Al momento della sua inaugurazione, nel 1934, era la
pompa ad elica più potente d'Euro-pa. A pieno regime poteva pompa-re fino a 42.000 litri d'acqua al secondo, a una profondità di 2,5 m. CGE è la ditta appaltatrice della parte elettrica mentre RIVA è quella appaltatrice della parte meccanica. Ogni pompa ha una potenza di 560 cavalli. In totale tutti i 22 impianti hanno una po-tenza di 10.170 cavalli, quindi l’impianto di Mazzocchio ne rap-presenta il 40%. Ogni pompa solle-va 6000 litri al secondo e ha un funzionamento automatico, attra-verso il galleggiante, o manuale, attuato dall’idrovorista, ovvero l’addetto tecnico all’impianto. D’e-state funziona una sola pompa, per 7-8 ore al giorno, mentre nel periodo invernale sono in funzione anche tutte e sei le pompe contem-poraneamente. Il canale che de-fluisce le acque all’impianto si chiama Canale Selcella ed è lun-go 19 Km. Subito prima dell’im-
pianto, abbiamo notato, sulla riva del corso d’ac-qua, lo sgrigliatore, un grande raccoglitore rastrel-latore che ha il compito di pulire il canale da alghe, canne e altri tipi di residui. La fauna che abbiamo os-servato è costituita da vari tipi di pesci come carpe e tinche, ma anche da vongo-le, nutrie etc… In origine
le idrovore dello stabilimento era-no ben sette ma in seguito alla seconda guerra mondiale, i tede-schi rubarono tutte le pompe e le portarono in Germania. Nel 1947 le pompe furono ritrovate al confi-ne con l’Austria, ma sei e non più sette!
Fabio Della Corte (4°B Agr.)
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E via di nuovo in tour per l’Agro Pontino! 14 dicembre 2012, que-
sta volta con destinazione Cister-
na: Museo Palazzo Caetani. Ad attenderci c’era una giovane guida, che ci ha accompagnato per
tutto il nostro percorso all’interno
del museo. Il Palazzo Caetani si può definire un sintetismo cinque-centesco. Dopo la seconda guerra
mondiale, molto del Palazzo è sta-
to distrutto e perso e molti pezzi si trovano oggi a Latina. La nostra visita si è focalizzata principal-
mente sul museo del buttero. Pri-ma però abbiamo fatto una breve
visita al resto del com-plesso che è diviso in 2
parti: sala del buttero e arte contemporanea. Abbiamo visitato diverse stanze, affrescate con bellissime raffigurazioni,
delle quali oggi si posso-no ammirare solo i resti.
Abbiamo appreso anche un po’ della storia di Ci- ILILIL PERCHE’
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VIVI E CONOSCIVIVI E CONOSCIVIVI E CONOSCI Complesso monumentale Museo Palazzo Caetani Complesso monumentale Museo Palazzo Caetani Complesso monumentale Museo Palazzo Caetani
Famiglia Frangipane (Cisterna di Latina)
sterna e scoperto ad esempio che il suo nome è dovuto al fatto che
in antichità vi erano tre cisterne importanti che raccoglie-
vano le acque e le distri-buivano nel territorio. Sia-
mo quindi giunti al Mu-seo del Buttero.
Ma chi era il Buttero? … La nostra guida ci ha spie-
gato che si trattava dell’uomo che attraversa-
va la palude con il marem-mano. Era un mandriano
che si prendeva cura degli animali, li assisteva ed era attento a non perderli,
in caso fosse accaduto, si proponeva di recuperarli.
Il buttero era una persona burbe-ra, che sapeva dove portare a pa-
scolare gli animali in una situa-zione al quanto difficile a quei
tempi. Cisterna è stata anche la “patria
dei butteri”!
Profilo aquilino con indosso un cappello a cencio ed un mantello
di saio, il buttero era un rude mandriano temprato dalle avver-
sità atmosferiche e dalla malaria che quotidianamente mieteva vit-
time. Ma era anche un ardito cavaliere e un au-
dace domatore. Proprio come lo era Augu-
sto Imperiali, l'eroe di tutti i butteri. Buttero
della Casata Caetani, “Augustarello” (ogni but-tero aveva un soprannome
o nomignolo e questo era quello di Augusto Impe-
riali) fu il protagonista della cele-bre sfida contro il leggendario
Buffalo Bill e i suoi cowboys del-lo spettacolo itinerante "Wild
West Show" del febbraio 1890.
I due si sfidarono, dimostrando la loro abilità di domatori. Il con-fronto avvenne l'8 marzo 1890. Di
fronte ad un foltissimo pubblico, la vittoria andò al buttero cister-
nese, Augusto Imperiali!
Fabio Della Corte (4°B Agr.)
Palazzo Caetani
(Cisterna di Latina)
Augusto Imperiali
Statua del Buttero
Le visite didattiche effettuate il 16 novembre scorso al cimitero inglese di Beach Head e ai Giardi-ni della Landriana nei pressi di Nettuno, con alcune classi del no-stro istituto, presentano come obiettivo l’immersione nella sto-ria, nella cultura e nel pensiero inglese. Attraverso di esse siamo riusciti infatti a concentrarci sull’atten-zione e l’accuratezza che gli ingle-si dedicano alla relazione con la natura. Osservando i giardini del-la Landriana, ideati e curati dal famoso architetto paesag-gista inglese Russell Page ne-gli anni ‘50, possiamo vedere vari spazi, ognuno caratteriz-zato da cocktail di colori che rendono il paesaggio incantato tra piante mediterranee, au-straliane ed esotiche. In questi giardini notiamo co-me la natura venga lasciata libera di espandersi ma allo stesso tempo,”guidata” per suscitare una sensazione di ordine: è lo stile inglese di landscape architecture, l’architet-tura del paesaggio. Nella zona inferiore troviamo un laghetto artificiale che crea l’illu-sione di trovarsi in ambienti tipi-camente inglesi; come del resto è la sensazione che ci trasmette il cimitero inglese situato lì presso, in cui troviamo sepolte 2.312 per-sone tra soldati e colonnelli di va-rie nazionalità del Commonwealth – l’organizzazione internazionale delle ex colonie britanniche - quali canadesi, neozelandesi , australia-ni, inglesi e americani. Entrare nel cimitero è stato quasi come entrare in un altro mondo. Sono stato subito colpito dalla di-sposizione delle lapidi, che sem-bravano spostarsi per creare un corridoio dietro all’altare centrale; questa sorta di “navata” puntava ad un’imponente croce di marmo circondata da ghirlande. Il contra-sto fra il bianco acceso delle lapidi e il verde dell’erba, reso brillante dalla brina mattutina, rendevano l’atmosfera surreale. Come ulte-
riore macchia di colore, spuntava-no qua e là papaveri di plastica, di un vivace color rosso. Ciò che colpisce di questo cimitero inglese è la grazia con cui viene curato dal punto di vista estetico; esso presenta un prato sempre ver-de e ben tagliato avvolto da piante e fiori ornamentali che affiorano tra le fogliose pensiline e i pergola-ti che attraversano il cimitero. Un altro elemento che sicuramente suscita attenzione è la giovane età - da un minimo di 18 anni ad un
massimo di 24 - delle persone lì sepolte. In fondo ad esso troviamo una grande croce ai piedi della quale erano deposte delle ghirlan-de di papaveri di plastica, simbolo del Remembrance Day celebrato, come ogni anno, l’11 di novembre per ricordare inizialmente la fine formale delle ostilità della Prima Guerra Mondiale e in seguito tutti i soldati. Le ghirlande di papaveri vengono utilizzate come simbolo del Re-membrance Day perché sono citate nella poesia scritta dal colonnello canadese John McCrae In Flanders Fields in memoria della morte del suo amico e commilitone Alexis Helmer; inoltre il loro colore rosso ricorda il sangue versato dai solda-ti durante la Prima Guerra Mon-diale ed essi erano i fiori che sboc-ciavano più numerosi nei campi di battaglia delle Fiandre, dove ebbe-ro luogo sanguinosi scontri più del conflitto. Sulle lapidi troviamo delle frasi molto significative; quella che mi è piaciuta di più è stata: His presen-
ce we miss, his memorial we che-rish, ovvero “La sua presenza ci manca, in sua memoria lo ricorde-remo”. Queste semplici parole ci fanno capire quanto sia stata du-ra la guerra e quante persone sia-no state strappate dalle loro vite per proteggere la patria. Inoltre una frase ancor più bella e signifi-cativa è quella scolpita sull’altare posto davanti all’ingresso del ci-mitero, sul quale leggiamo: Their name liveth for evermore, ossia “Il loro nome vivrà per sempre”; que-
sta frase racchiude tutta l’im-portanza dei caduti in guerra e la certezza che il loro ricordo rimarrà vivo in eterno. Alla Landriana, gli infiniti ac-coppiamenti fra piante diverse mi hanno colpito molto perché mi hanno fatto capire quanto possa essere bella e interes-sante la natura e soprattutto mi hanno fatto riflettere sul fatto che non esistono più luo-ghi belli e curati come i Giardi-ni della Landriana e che quin-
di stiamo perdendo uno dei beni più preziosi che abbiamo: il con-tatto e quindi l’amore per la natu-ra. Russell Page è riuscito – attraver-so la propria sensibilità artistica, visto che era anche un pittore – a trasformare i giardini in un Bosco Incantato, con il fine di inebriare l’uomo dei suoi stessi averi. I giar-dini rimasti nel mio cuore sono quelli inglesi, pieni d’atmosfera e di colori vivaci, lì dove la natura non presenta un intervento “invasivo” dell’uomo, bensì viene lasciata libera di esprimersi e solo “aiutata” a risaltare in tutto il suo rigoglio. Le visite d’istruzione sono state una guida ad una più profonda comprensione della cultura anglo-sassone ed un’esperienza formati-va sia a livello mentale che a livel-lo spirituale.
Miriana Alonzi Vladimir Gurov Alessio Pernite
5° F Professionale Chimico
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“““The Green Dream…”The Green Dream…”The Green Dream…” l’Inghilterra dietro l’angolol’Inghilterra dietro l’angolol’Inghilterra dietro l’angolo
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Ci rendiamo conto di alcune realtà che ci circondano, solo quando le viviamo in prima persona. È pro-prio per questo motivo che, nel mese di Gennaio, noi - de Il Per-ché - abbiamo cercato di avvici-narci a un mondo estraneo ai più, quello dei "senzatetto".
Ci siamo infatti recati presso due dormitori presenti nella provincia di Latina. Entrambi dispongono di vari posti letto ma sono preposti a funzioni diverse l’uno dall’altro.
Il primo, in via Via Aspromonte, alle spalle del Palazzetto dello Sport, conta 21 posti letto, più 4 in caso di emergenza; il secondo, in via Bassianese, dispone di 65 po-sti letto. Parlando con gli operato-ri e visitando i luoghi, abbiamo compreso il motivo di tale notevole differenza nel numero delle dispo-nibilità. Il primo dormitorio ospita solamente casi inviati dal Servi-zio Sociale del Comune di Lati-na, i vari soggetti vengono aiutati a inserirsi nella maniera migliore nel contesto sociale; il secondo dormitorio invece è aperto pratica-mente a chiunque non abbia un posto dove trascorrere la notte. Purtroppo la maggior parte dei casi non è di facile gestione. Circa il 50-60% dei “senzatetto” sono alcolisti, per questo motivo all'in-terno dei centri vigono rigide leggi che sono però alla base di una buona convivenza civile: niente sostanze stupefacenti, alcol e armi di qualsiasi tipo, pena l'espulsio-ne. Un assistente sociale, nel pri-mo dormitorio, ci ha spiegato co-me all'entrata dell'edificio venga sempre richiesto di svuotare il borsone o qualsiasi contenitore.
Tale prassi dà modo di eseguire un primo controllo visivo, necessa-rio a garantire a tutti adeguate condizioni di sicurezza all’interno del dormitorio. Va anche detto che al personale non compete eseguire alcun tipo di “perquisizione”. Per la sicurezza di tutti inoltre, i locali esterni e interni ai dormitori, escluse ovviamente le zone desti-nate al riposo e i bagni, sono mu-niti di videocamere di sorveglian-za. Ogni giorno viene anche comu-nicata alla Polizia di Stato l'i-dentità dei nuovi residenti, a tute-la degli ospiti e degli assistenti.
La differenza basilare tra il dormi-torio di Via Aspromonte e quello di via Bassianese è che il primo è collocato all'interno di un edificio, mentre il secondo è costituito da tende internamente riscaldate, fornite dalla Protezione Civile. Essendo il pri-mo situato all'interno di una struttura fissa, l'ambiente risulta certa-mente più caldo e curato: sala di ritrovo con tavo-lo, lavatoio dove poter detergere a turno i propri indumenti, doc-ce (obbligatorio il loro utilizzo all'entrata), ar-madietto perso-nale e dormitori separati da ten-de. In entrambi i centri abbiamo riscontrato però alcuni elementi comuni, come il fatto che i posti letto delle donne siano separati da quelli degli uomini e che la prima colazione sia fornita agli ospiti tutti i giorni.
La tristezza che si prova nell'en-trare in questi centri è davvero grande, soprattutto per chi, come noi, è abituato ad avere tutto. So-prattutto vedere persone anziane, costrette a usufruire di questo lo-devole servizio, trasmette un sen-
so di profonda e umana pietà. E' proprio questo però che spinge e motiva le persone che operano all'interno di tali dormitori.
Il pur breve contatto avuto con lo-ro, ci ha resi consapevoli di cosa accomuni tutti, assistenti, opera-tori e volontari: una grande di-sponibilità e un’incredibile forza di volontà. Doti queste che andrebbe-ro riconosciute come eroiche. Noi, de Il Perchè, siamo rimasti im-pressionati da tutte le persone che abbiamo incontrato in queste strut-ture ma soprattutto dalla “nostra” Giulia Fusti. Dico “nostra” perché si tratta di una studentessa del San Benedetto, che frequenta il 5°D Chimico. L’abbiamo trovata lì per caso, senza sapere che da tem-po Giulia opera come volontaria all’interno del dormitorio. Una ra-gazza come noi, ma che a differen-
za di molti di noi, pone parte del pro-prio tempo al servi-zio dell’altro.
Sono tanti gli “angeli silenziosi”, i volontari che s’im-pegnano ad aiutare il prossimo, celati dalla discrezione e dall'o-scurità delle nostre ombre egoiste. Par-liamo di Terzo Mon-do e di povertà come di un qualcosa a noi distante ed estranea. Doniamo soldi ad associazioni che ope-rano in paesi lontani
centinaia di chilometri da noi, ma non siamo capaci di vedere tutta la povertà e il bisogno che quotidiana-mente ci circonda. Persone che, a un passo da noi, non hanno nem-meno la sicurezza di un pasto caldo domani…
Vogliamo ringraziare tutti gli an-geli silenziosi che con coraggio, discrezione e spirito caritatevole, si adoperano per alleviare il disagio dei meno fortunati.
Luca Calisi e Mirko Di Razza (4°G Chi.)
AngeliAngeliAngeli silenziosisilenziosisilenziosi Volontariato e solidarieta’Volontariato e solidarieta’Volontariato e solidarieta’
1°1°1° Compleanno del Compleanno del Compleanno del
Numero 9 Pagina 10 IIILLL PERCHE’
portati avanti nell’I.I.S. San Bene-
detto con interviste a docenti e
studenti coinvolti nelle varie atti-
vità. Attraverso rubriche fisse,
sono stati valorizzati i talenti dei
nostri ragazzi nei campi più sva-
riati: sport, musica, canto…
Il palato ha avuto soddisfazione
nella rubrica “Scotti e bruciati” e
anche gli amanti di
piante e animali
troveranno, a parti-
re da questo mese,
la loro pagina spe-
ciale. E ancora tro-
verete una rubrica
dedicata al cinema,
Il Perché: cinema, che vi consi-
glierà film di qualità, scelti in li-
nea con gli argomenti via via af-
frontati.
Tanto il lavoro ma tante le soddi-
sfazioni, arrivate soprattutto dal
calore dei ragazzi e dall’entusia-
smo con il quale si sono tuffati
nell’avventura de Il Perché. I no-
stri giornalisti hanno saputo fare
proprio un bellissimo progetto,
Il 18 gennaio 2013 Il Perché ha
spento la sua prima candelina!
I ragazzi della Redazione si sono
ritrovati per festeggiare, insieme
ai professori responsabili del Pro-
getto, prof.ssa Cristiana Angiel-
lo e prof.re Claudio Cappellet-
to, questo importante traguardo,
segnato da tanta fatica ma soprat-
tutto costellato da molte soddisfa-
zioni. Erano presenti il prof.re
Stefano Trichei, preziosissimo
collaboratore de Il Perché, ovvia-
mente il Dirigente Scolastico,
prof.re ing. Nicola Di Battista,
nonché il prof.re Enzo Dapit,
Collaboratore della presidenza, e
la dott.ssa Patrizia Peruzzi,
DSGA.
Di fronte a un’ottima torta e a un
frizzante bicchiere di spumante, si
è fatto un bilancio del lavoro svolto
a partire dal 18 gennaio 2012: ca-
denza mensile, 8 numeri di circa
28 pagine ognuno, più un numero
speciale in occasione dell’occupa-
zione studentesca dell’Istituto del
mese di novembre 2013. Grande
varietà di argomenti affrontati:
tematiche giovanili, ambientali,
sociali, storico-politiche…
Sono stati curati tutti i Progetti
dimostrando capacità collaborati-
ve, senso critico e notevoli doti re-
lazionali.
Il Perché ha dato inoltre modo di
scoprire i talenti speciali del San
Benedetto: coloro che, tra studenti
e docenti, operano nel sociale e
prestano la propria umanità al
servizio dell’altro. Proprio in que-
sto momento di bilanci, vogliamo
ricordare i nomi di colore che Il
Perché ha portato alla luce…
Classe 5°E Tcb, anno scolastico
2011/2012: i ragazzi hanno dedica-
to un intero sabato pomeriggio di
novembre a servire pasti caldi
presso la Mensa di Sant’Egidio
a Roma;
Stefano Romani, 5° C Agrario,
esperienza di volontariato in Alba-
nia, estate 2012;
Domenico Grossi, 5° B Agrario,
esperienza di volontariato presso
l’Ospedale Cottolengo di Torino,
estate 2012;
Gruppo della Redazione de Il
Perché, esperienza di solidarietà
in Albania e consegna del contri-
buto raccolto tra studenti, docenti
IIILLL PERCHE’
Numero 9 Pagina 11
e benefattori esterni;
Giulia Fusti, 5°D Chi., volon-
taria presso il dormitorio per
senzatetto di Latina.
Cogliamo l’occasione per ricor-
dare anche l’opera e i meriti di
alcuni professori del San Bene-
detto. Il prof. Stefano Trichei
che da 14 anni è impegnato co-
me volontario in Albania dove
opera presso l’Istituto per por-
tatori di handicap di Durazzo,
vari Orfanotrofi della stessa
città e realtà difficili in villaggi
limitrofi. Il prof Trichei ogni
estate, con un gruppo di volon-
tari di età compresa tra i 16 e i
70 anni, trascorre un mese in
Albania tra i sorrisi di gratitudi-
ne di chi ogni anno lo aspetta.
La prof.ssa Marina Bellia che,
a Roma in data 8 gennaio 2013, è
stata tra le 76 donne premiate
per l’impegno dimostrato in am-
bito lavorativo. Le eccellenze
appartenevano ai più svariati
ambiti professionali: università,
moda, mondo cattolico, arte, cul-
tura, associazionismo… la nostra
collega, prof.ssa Bellia, è stata
riconosciuta tra le eccellenze
nell’ambito dell’associazionismo
dimostrando, assieme alle altre
premiate, che quella di oggi è
una donna dinamica, capace di
conciliare gli impegni quotidiani
con la propria attività lavorati-
va.
Il Perché è anche questo: sco-
prire e valorizzare i meriti di chi
lo merita.
Ringraziamo il Dirigente per le
parole di stima e di incoraggia-
mento pronunciate nei nostri
confronti, la Vicepresidenza,
per la disponibilità dimostrata
sempre verso gli impegni extra
aula dei nostri redattori. Un
ringraziamento va anche alla
collaboratrice della presidenza,
prof.ssa Pina Cochi che, seb-
bene assente per impegni inde-
rogabili, ha fatto comunque per-
venire la propria stima e ap-
prezzamento per il lavoro de Il
Perché.
Cogliamo l’occasione per ringra-
ziare tutti i colleghi per la dispo-
nibilità dimostrata a lasciare
uscire dall’aula i nostri giornali-
sti e ci scusiamo per gli eventua-
li disagi. In particolare però il
nostro grazie va al prof.re Pie-
ro Lergetporer che, fin dall’i-
nizio della nostra avventura, ci
ha sostenuto e incoraggiato.
Ringraziamo anche il Sig. Mau-
ro Coppotelli per la preziosa
collaborazione.
Noi, de Il Perché, continueremo
a lavorare con sempre più cre-
scente entusiasmo!
1°1°1° Compleanno del Compleanno del Compleanno del
ILILIL PERCHE’
Prof.re Stefano Trichei
Prof.ssa Marina Bellia
Numero 9 Pagina 12
QuinsaneroQuinsaneroQuinsanero DaDaDa bambinebambinebambine a a a donne donne donne
IIILLL PERCHE’
In Sud America c’è una tradizione
molto antica la cui origine è ancora
sconosciuta: il Quinsañero. È una
festa per tutte le ragazze che com-
piono 15 anni e che celebrano così il
passaggio dal mondo di bambine a
quello di donne. Cos’ha di speciale
il Quinsañero? Innanzi tutto le
ragazze indossano un abito bellissi-
mo, lungo o corto, e tacchi. La pre-
parazione alla festa è molto artico-
lata: il giorno prima si va a fare la
manicure e si sceglie per le unghie
un colore adatto a quello del vesti-
to. Quindi si va dal parrucchiere
per farsi fare una bella pettinatura,
rifinita anche da una stupenda co-
roncina.
La mia mamma è sud americana,
quindi io mi reco in Perù all’incirca
ogni 5 anni. Quest’anno è il mio
quindicesimo compleanno, dunque
sono stata io la Quinsañera!
È stata una bellissima esperienza!
Sono tanti i momenti indimentica-
bili del Quinsañero. Innanzitutto
ci deve essere una dama “aiutante
della Quinsañera” che la assiste
nell’uscita dall’auto. Il ballo uffi-
ciale della festa è il Valzer ed io ho
dovuto impararlo in occasione del
mio Quinsañero. Proprio il ballo
è un aspetto fondamentale della
festa: è prevista una coreografia
con 5 ragazzi bellissimi ma solo
uno di loro sarà il così detto
Ciambellano, cioè colui che ac-
compagnerà la Quinsañera per
tutta la festa e che la scorterà tra
un tavolo e l’altro. È la Quin-
sañera inoltre che, con un piccolo
cenno, autorizza le altre coppie a
ballare.
Anche la scelta del Ciambellano
avviene in modo particolare: un
po’ come accade nei matrimoni, la
festeggiata, a metà festa, lancia il
suo bouquet verso i 5 ragazzi, chi
di loro lo afferra, diventa il suo
Ciambellano.
Il Quinsañero si festeggia diver-
samente di paese in paese. In Pe-
rù abbiamo l’Ora Loca: è un mo-
mento molto vivace della festa,
esso dura 55 minuti e vede la pre-
senza di pagliacci che lanciano
coriandoli e creano un vero e pro-
prio scompiglio.
Questa è una bellissima tradizio-
ne Sudamericana che manca in
Italia dove si festeggiano solo i 18
anni. Io mi sento molto onorata
della festa che mi è stata riserva-
ta a dicembre in Perù. Inoltre ho
ricevuto molti regali e ascoltato
tanti bei discorsi dai miei zii che
mi hanno dato consigli utili e di-
mostrato infinito affetto. Il regalo
più bello per me è stato il “mi
Quinseaños”, ovvero il mio al-
bum di fotografie con i momenti
più emozionanti del mio Quin-
sañero.
Questa esperienza meravigliosa
rimarrà per sempre indelebile nel
mio cuore…
Arianna Herrera Torrao (1°B Tc)
IIILLL PERCHE’
Numero 9 Pagina 13
Da circa un mese, nella palestra del nostro Istituto, ha avuto inizio un corso settimanale di Yoga po-meridiano, gratuito, tenuto dal prof Salvatore Spataro ogni lunedì pomeriggio. Noi della Reda-zione de Il Perchè, ovviamente incuriositi, ci siamo subito iscritti per vedere di cosa si trattasse. La prima cosa che abbiamo fatto però è stata quella di capire in cosa consistesse di preciso lo Yo-ga? Ci è venuto in soc-corso il prof Spata-ro che ci ha dato molte delucidazio-ni: “Lo Yoga è una disciplina costitui-ta da un insieme di insegnamenti teori-ci e tecniche prati-che. Pur nella loro diversità, esse han-no, per il pratican-te, un obiettivo principale: svilup-pare la capacità di ricercare ed essere se stessi quanto più profon-damente possibile, esprimendo il massimo delle proprie possibilità e fornendo la risposta più adeguata nelle varie situazioni della vita. Lo Yoga permette di conoscersi davve-ro e insegna a gestire al meglio le
proprie emozioni”. “Per praticare lo Yoga - ci spiega an-cora il prof Spataro - bisogna innanzi-tutto avere una forte apertura mentale e ed essere disponibili al cambiamento. Pertanto può essere considerato un me-todo educativo per lo sviluppo di una personalità equili-
brata e armoniosa, uno strumento al servizio di un’educazione evolu-tiva, che consenta di affrontare al meglio il presente e il futuro, facen-do tesoro dell’esperienza del passa-to. Lo Yoga è scuola di se stessi e di vita. Costituisce un percorso utile a fornire un metodo, un atteggiamen-to per affrontare qualsiasi situazio-ne e crescere, trovando di fronte le
difficoltà, la rispo-sta migliore proprio in se stessi. Lo Yoga mira a ricostruire un nuovo equili-brio, al mutare del-le situazioni e a realizzare appieno le proprie potenzia-lità. È proprio questo il motivo che ha spin-
to il professor Spataro ad avvici-narsi allo Yoga; in un particolare momento della sua vita egli ha sentito forte l’esigenza di ritrovare un benessere fisico e psicologico e lo Yoga è stata la risposta giusta. Il professore inoltre si è spinto per-fino a diventare lui stesso inse-gnante della disciplina ed ora sono ben ventisei anni che è maestro di Yoga! Abbiamo quindi cercato di capire quali siano le principali tecniche e pratiche utilizzate nella disciplina
ed eccole a voi! -Tecniche di respirazione, con le quali si impara a respirare cor-rettamente e a rifornirsi di un’a-deguata quantità di aria e di energia; si apprende a distingue-re le differenti funzioni della re-spirazione toracica (tonificante) e di quella addominale (rilassante). Il respiro lento e profondo, infine, influisce positivamente sulla tranquillità emotiva e mentale. -Posizioni, grazie alle quali si migliora l’equilibrio psico-fisico e si ottiene scioltezza, forza e legge-rezza. Tramite la loro pratica, di norma organizzate in sequenze, si apprendono anche le corrette po-sture (in piedi e seduti). -Rilassamento, che è la parte principale della disciplina dello Yoga. In questa fase gli organi stressati trovano benefico riposo e il sistema di autoregolazione energetico, se alterato dalle ten-sioni, ripristina un armonioso funzionamento; si apprende come usare il minimo delle forze e quindi della tensione, necessaria per ogni diversa attività. -Abitudini salutari e igiene, si apprendono consigli utili circa l’esposizione al sole, che fatta con moderazione e controllo, l’idrata-zione dell’organismo e soprattutto si apprende come far riposare l’or-ganismo, se si è sottoposti a un elevato stress fisico o mentale. Noi, della Redazione de Il Per-ché, abbiamo sperimentato alcu-ne lezioni di Yoga. E ci siamo tro-vate molto bene! Sentiamo di averne tratto sensibili benefici sia fisici che mentali e speriamo viva-mente che la disciplina si diffonda anche tra noi giovani. Il referente del Progetto Yoga, presso il San Benedetto, è il prof Leonardo Rizzo .
Alessandra Bochicchio (4°E Agr.)
prof Leonardo Rizzo informa-zioni e delucidazioni, contattan-d o l o a n c h e a l n u m e r o 334-6269434
Prof. Salvatore Spataro
YogaYogaYoga a scuolaa scuolaa scuola
IIILLL PERCHE’
Pagina 14 Numero 9
In questa nuova rubrica de Il
Perchè affronteremo il vastissi-
mo e complesso Mondo degli
animali costituito da quasi due
milioni di specie, che occupano il
cielo, la terra e il mare.
Questa rubrica mira soprattutto
a informare i nostri lettori sulle
necessità, sulle abitudini, sulle
esigenze dei nostri amici ani-
mali in modo da imparare a ri-
spettarli al meglio. Capiremo an-
che quanto possa essere impor-
tante la presenza di un animale
nella vita dell'uomo, soprattutto
in casi di disabilità o di solitudi-
ne. Vogliamo dunque iniziare a
parlare della Pet therapy.
Il termine Pet-therapy è oggi
entrato nel linguaggio comune ed
è noto il suo significato generale
anche a coloro che non si occupano
in modo specifico del lavoro con
persone svantaggiate. Si tratta di
una forma di terapia basata sullo
stabilirsi di una relazione fra un
soggetto e un animale da compa-
gnia, solitamente il cane ma anche
il gatto, il cavallo o altri piccoli
animali da affezione quali coni-
glietti, furetti…
La psicologia ha “riscoperto” il rap-
porto tra uomo e animale ricono-
scendo a esso una valenza
“terapeutica”. Si fa concordemente
risalire l’inizio della Pet-therapy
alla pubblicazione, nel 1961, di un
lavoro dal titolo “Il cane come co-
terapeuta”, dello psichiatra Boris
Levinson. Concretamente era ac-
Amici a Amici a Amici a quattroquattroquattro zampezampezampe
caduto che lo psichiatra, durante le
sedute con un bambino affetto da
disturbi psichici, aveva avuto modo
di osservare che il piccolo paziente si
dirigeva spontaneamente verso il
cane del dottore ed interagiva con lui
in maniera spontanea e ludica, cosa
che non faceva mai con le persone.
Incuriosito dalla circostanza, Levin-
son iniziò a fare del rapporto bambi-
no-cane l’oggetto delle sue osserva-
zioni e concluse che la presenza
dell’animale aveva facilitato la rela-
zione tra medico e piccolo paziente.
Ne dedusse che l'animale fosse un
mediatore utile a ristabilire i contatti
sociali. Da quel momento Levinson
usò il cane in maniera sistematica
nella relazione psicoterapeutica con i
suoi piccoli pazienti ottenendo risul-
tati soddisfacenti. stesso. Attraverso
studi successivi anche altri ricercato-
ri conclusero che la presenza di un
animale da compagnia incrementi la
longevità e diminuisca il rischio di
malattie.
“Grandezza e progresso mora-le di una nazione si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali”
Gandhi
Giorgia Ferraioli &
Martina Lalli (1°C Tc)
IIILLL PERCHE’
Numero 9 Pagina 15
Personaggio del mesePersonaggio del mesePersonaggio del mese
Da quanto tempo è
in questa scuola e
come ti trovi nell’ambito lavora-
tivo?
Questo è il secondo anno consecuti-
vo, e mi trovo bene!
Che opinione ge-
nerale ha della
scuola?
Il San Benedetto è un’ottima scuola
e anche molto bella. I grandi spazi
però esigerebbero che ognuno di noi
curasse il posto in cui si trova. Gli
studenti dovrebbero gettare le carte
nel cestino, i fumatori - docenti e
studenti – dovrebbero utilizzare gli
appositi raccoglitori e noi dipen-
denti dovremmo dare l’esempio,
con il nostro comportamento, di
rispettare per l’ambiente.
Come si compor-
tano, secondo il
suo parere, gli studenti
rispetto all’ambiente
che li circonda?
Il linea di massima si com-
portano bene, ma sono con-
vinto che, con l’impegno
individuale e il nostro
esempio, si potrebbe giun-
gere a risultati migliori!
Come è nata
l’idea di ab-
bellire e curare le aiuole
all’entrata della zootec-
nia?
Per un semplice motivo: dob-
biamo vivere la scuola quasi
tutti i giorni. E’ un po’ come
se fosse casa nostra! Quindi,
con buona volontà, dobbiamo
cercare di mantenere l’ambiente
pulito, accogliente, con il risultato
che tutti sono più felici e ben dispo-
sti a vivere la scuola. Trovarsi in
un luogo ben tenuto, con questi
giardini pieni di fiori e armonia,
mette in armonia anche lo spirito.
Cosa potrebbe fare
la scuola per avvi-
cinare gli studenti all’educa-
zione e al rispetto dell’ambien-
te?
‘’Ora et labora’’ avrebbe detto San
Benedetto! L’ambiente, come dono
ricevuto da Dio, va mantenuto e
rispettato. Ognuno nel suo piccolo
può contribuire a farlo.
Fabio Della Corte (4°B Agr.)
Nome Cognome: Sergio Di Raimo
Professione: Collaboratore scolastico reparto
zootecnia
ILILIL PERCHE’
ILILIL PERCHE’
ILILIL PERCHE’
ILILIL PERCHE’
ILILIL PERCHE’
Numero 9 Pagina 16 IIILLL PERCHE’
A partire da questo mese, Il Per-
ché darà avvio a un’altra rubrica
che vi accompagnerà nel corso di
tutto l’anno scolastico, “Dillo con
un fiore”. In questa sezione del
giornale, ci occuperemo di piante e
fiori, così da rendere più belli i no-
stri terrazzi, giardini e interni. Ci
avvarremo dei preziosi consigli di
Stefano Campagna e della sig.ra
Italia Mancini che, di volta in
volta, ci illustreranno come mante-
nere al meglio un determinato tipo
di pianta o fiore.
Sarà anche un modo per esplorare
il vivaio del San Benedetto!
Questo mese inizieremo con la
Pansè o Viola del pensiero.
Nome: Pansè
Famiglia: Violaceae
Specie: Viola del Pensiero
Nom. scient.: Viola tricolor
Zona di diffusione: Europa, zo-
ne tropicali, Continente ameri-
cano
Caratteristiche: la Viola del
pensiero o Panse è un fiore cono-
sciuto da tutti e molto adatto a
essere trapiantato nel periodo au-
tunnale, fino a quello invernale.
Cure:
Le viole non necessitano di cure
molto particolari e si adattano be-
nissimo a qualsiasi tipologia di
terriccio. Possono essere trapianta-
te direttamente in giardino nelle
aiuole, oppure in vasi singoli, o
semplicemente in fioriere nel vo-
stro balcone. Durante l'inverno le
viole non temono particolarmente
il freddo purché il terriccio
(specialmente in fioriere o vasi)
non si geli per lunghi periodi, in
questo caso si potrebbe verificare
la moria di qualche pianta per
mancanza d' acqua. Nei periodi
autunnali e primaverili bisogna
porre attenzione a non irrigare le
viole in eccesso, come la maggior
parte delle piante fiorite anche
loro temono la subirrigazione. La
concimazione deve essere effettua-
ta durante tutto il periodo coltura-
le fatta eccezione per le settimane
di gelo, con un concime ad alto
contenuto di fosforo e potassio.
Origine:
La Panse ha origine sui Pirenei
ma si è poi naturalizzata anche su
altre montagne europee. Tutte le
viole del pensiero nascono dalle
classiche violette; sono pianticelle
molto resistenti anche alle basse
temperature, compresi neve e
ghiaccio. Le Panse più piccole sono
le più diffuse e sono chiamate
“cornutelle” (nome lat. Williamsia-
num). Esse hanno il vantaggio di
produrre una fioritura molto ab-
bondante e appariscente che resi-
ste fino all’inizio della primavera.
La varietà dei colori, anche per
questa specie, è molto ampia: dal-
la tinta unita al bicolore, per arri-
vare alla varietà sfumata dalle
tonalità del rosa, lilla, rosso, blu e
viola.
Storia:
Le Panse venivano utilizzate già
nel 1500 per decorare i giardini
ma la loro massima diffusione si
ebbe nel XIX secolo quando, in
Inghilterra, iniziarono le prime
ibridazioni. La viola del pensiero
divenne, nel Sogno di una notte
di mezza estate di Shakespeare,
la chiave di tutta la commedia.
Mito:
la mitologia greca associa la viola
alla bellissima ninfa fluviale Io. Di
lei s’innamorò perdutamente Zeus
Dillo con un fioreDillo con un fioreDillo con un fiore I consigli di Italia & StefanoI consigli di Italia & StefanoI consigli di Italia & Stefano
Italia Mancini e Stefano Campagna
IIILLL PERCHE’
Numero 9 Pagina 17
e questo suscitò la terribile ira del-
la moglie Era. Zeus, per nasconde-
re il suo tradimento, tramutò la
ninfa Io in una bellissima giovenca.
Il padre degli Dei, vedendola co-
stretta a errare senza potersi nutri-
re e temendo che morisse, fece na-
scere dalla terra la viola mammola
o viola odorata, che la ricordava nel
nome íon, ed essa divenne il suo
cibo.
Linguaggio dei fiori:
il significato comunemente attri-
buito alla viola è quello del ricordo.
La viola mammola o viola odorata
nel linguaggio dei fiori rappresenta
la modestia, l’onestà, il pudore.
I CONSIGLI DELL'ERBORISTA
Come si prepara per la conser-
vazione
I fiori si essiccano all'aria rapida-
mente e si conservano in scatole di
cartone.
Per cicatrizzare le piaghe
far bollire per 3 minuti, in un litro
di acqua calda, 30 g di fiori. Filtrare
e lavare con cura le piaghe al matti-
no e la sera.
Contro i reumatismi
versare in un litro di acqua calda 3
cucchiai di fiori e far bollire per un
minuto. Filtrare e berne 3 tazze al
giorno, con
l'aggiunta di
miele.
Contro
l’acne
versare un
cucchiaio di
fiori in una
tazza da tè di
acqua calda.
Coprire e lasciare in infusione per
10 minuti. Filtrare e berne una taz-
za al mattino a digiuno e una alla
sera prima di coricarsi. La cura va
continuata per lungo tempo.
Un tonico contro l’acne
far macerare in mezzo litro di acqua
calda 50 g di fiori per 30 minuti.
Filtrare, spremere bene con un telo
e usare mattino e sera dopo la nor-
male pulizia. È opportuno conserva-
re nel frigorifero.
Contro un’indigestione
versare un cucchiaio di fiori in una
tazzina da caffè di acqua calda e
coprire. Filtrare dopo 5 minuti e
berne, ben caldo, 2, 3 tazzine al gior-
no.
Costituenti chimici
Saponine; Vitamine (in particolare vita-
mina C); Tannini; Flavonoidi (rutina, violantina,
vitexina); Olio essenziale; Antocianosidi; Mucillagini; Carotenoidi; Triterpeni; Violina (sostanza amara)
Luca D’Ambrosio (3°B P.I.)
Dillo con un fioreDillo con un fioreDillo con un fiore I consigli di Italia & StefanoI consigli di Italia & StefanoI consigli di Italia & Stefano
ILILIL PERCHE’
SportivamenteSportivamenteSportivamente
Marika Carnali VS Simone Cortiula
Intervista a Nome e Cognome: Marika Carnali
Età: 16 anni
Classe: 3°B P.I.
Sport: Judo
Da quanto tempo pratichi questo
sport? Sono già 4 anni che pratico Judo e devo dire che sono stati anni molto impegnativi.
In quale categoria gareggi?
Sono cintura blu, gareggio nella categoria juniores.
Per te il Judo rap-presenta un hobby
o una vera passione? È una passione nata per caso, non avrei mai pensato che mi sarei tro-vata a praticare questo genere di sport. Prima di iniziare Judo, fre-quentavo un corso di danza ritmica! Un po’ diverso, direi! Poi un giorno, vedendo un allenamento di Judo, ho pensato che avrei potuto provare e ho finito per appassionarmi.
Il tuo non è uno sport di squadra.
Pensi che questo sia un limite del
Judo? No, anzi il fatto che non ci siano ruoli, dà a tutti le stesse possibilità di esprimersi. Siamo considerati tutti allo stesso modo e quando combatti, ci sei solo tu e l'avversa-rio.
Quante volte a settimana ti alle-
ni? Normalmente mi alleno 3 giorni a settimana per un'ora e mezza, ma quando si avvicinano le gare, ci alleniamo molto di più.
Il Judo ti dà molte soddisfazioni?
Sì, mi dà molte soddisfazioni, so-prattutto quando il maestro nota il mio impegno e mi incita a fare sempre meglio. Quando mi alleno, mi rilasso e riesco a scaricare tutto lo stress accumulato durante la giornata.
Hai fatto gare? Avrei dovuto farle ad aprile del 2011
ma purtroppo, a causa di un infor-tunio ai tendini, ho dovuto rinun-ciare. Sono stata 4 mesi ferma sen-za potermi allenare! Quest'anno comunque ho ripreso e spero di ri-mettermi il prima possibile per affrontare le varie competizioni.
Segui una parti-colare alimenta-
zione in relazione alla pratica sportiva? In genere seguo un'alimentazione normale e soprattutto sana. Se però c'è bisogno di raggiungere un certo peso poter gareggiare in una determinata categoria, allora se-guo un'alimentazione più adegua-ta e attenta. Questo è importante, altrimenti si gareggia in una ca-tegoria superiore e diventa più complicato vincere.
C'è qualcosa che non ti piace di
questo sport? No, non c'è niente in particolare che non mi piaccia, si lavora sem-pre bene.
Cosa ami di più di questo sport?
Sicuramente il bel clima che si viene a creare sia con gli altri membri del gruppo che con gli insegnanti. C'è un’aria, che defi-nirei, familiare e questo è molto bello!
ILILIL PERCHE’
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ILILIL PERCHE’
Sportivamente Sportivamente Sportivamente
Simone Cortiula VS Marika Carnali
Mi alleno 3 volte a settimana per 3 ore.
Il Judo ti dà molte soddisfazioni? Moltissime! Soprat-
tutto quando vinco una gara! Allo-ra capisco che i miei sacrifici sono serviti a qualcosa.
Hai fatto gare? Sì, ormai non ricor-do nemmeno quante
ne ho fatte! In una, in particolare, i Campionati italiani under 23, sono riuscito a prendere la cintura nera.
Segui una partico-lare alimentazione in relazione alla
pratica sportiva? In realtà mangio un po’ di tutto e seguo un'alimentazione regolare e sana.
C'è qualcosa che non ti piace di questo sport?
Esso comporta molto sacrifici e molta forza volontà. Impegna la gran parte del mio tempo e questo un po’ mi pesa. Un'altra cosa che non mi piace è quando perdo qual-che gara perché, ogni volta, so che avrei potuto fare di meglio.
Cosa ami di più di questo sport? La cosa che amo di
più è che il Judo mi regala molte
Intervista a Nome e Cognome: Simone Cortiula
Età: 17 anni
Classe: 3°B Agr.
Sport: Judo
Da quanto tempo pratichi questo
sport? Sono 12 anni ormai, ho iniziato che avevo 5 anni e non ho più smesso.
In quale categoria gareggi? Gareggio nei 55 chili,
categoria juniores. Per te il Judo rap-presenta un hobby o una vera passione?
Per me è uno stile di vita! Questo sport richiede molto impegno e molta passione. Insegna a gestire il proprio carattere e le proprie emozioni.
Il tuo non è uno sport di squadra. Pensi che questo sia un limite
del Judo? No, non è un limite! Semplicemente, essendo uno sport individuale, nessu-no ha un ruolo preciso.
Quante volte a setti-mana ti alleni?
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soddisfazioni, anche se è iniziato tutto per gioco. Sono arrivato fino ad oggi ottenendo tutti i risultati per i quali mi ero impegnato. Oltre al fatto che sto molto bene insieme ai miei compagni.
Silvia Sessa & Luca D'Ambrosio (3°B P.I.)
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Nome e Cognome:
Arianna Messini Età:19 anni
Classe: 4°A Chi.
Puoi descrivere il tuo carat-tere in due parole? Sono molto timida, però mi con-sidero anche solare, giocherello-na e a volte lunatica e rompisca-tole. Ma una volta presa confi-denza con qualcuno, divento an-che molto socievole!
Qual è il tuo rapporto con i ragazzi? Come ho detto, sono molto timi-da…comunque sono fidanzata da tre anni. Il mio ragazzo si chiama Alessandro e in futuro mi piacerebbe avere una bella famiglia con lui.
Cosa ti piace fare nel tempo libero? Nel tempo libero mi piace uscire con le amiche o tenermi in forma facendo attività fisica. Poi ci so-
no giorni in cui sono particolar-mente stanca, e allora preferisco stendermi sul letto a leggere un bel libro. Ti piace il tuo aspetto fisi-co? E come ti curi? No, non molto... Ho molti difet-ti, anche se i miei amici conti-nuano a ripetermi che sono una bella ragazza.
Cosa odi di te? Il mio sedere! Lo trovo un pò... inadeguato. Ed un'altra cosa che odio è che divento molto scontrosa con tutti, quando mi arrabbio...
Cosa ami di te? Caratterialmente amo la mia sincerità, mentre fisicamente mi piace molto il taglio dei miei occhi e soprattutto i miei capelli che curo ogni giorno!
Qual è il tuo rapporto con la scuola e lo studio? Diciamo che lo studio non è il mio forte... Ma cerco sempre di impegnarmi al massimo e met-tercela tutta, come in ogni cosa
che faccio!
Pratichi sport? Attualmente no, ma fino a qual-che mese fa andavo in palestra ad allenarmi. Ogni tanto però, durante la settimana, faccio un po’ di jogging.
Cosa vorresti fare dopo aver preso il diploma? Mi piacerebbe iscrivermi all'u-niversità e continuare nell’am-bito biologico. Mi piace molto la biologia e vorrei proseguire gli studi in tal senso anche dopo essermi diplomata.
Quali sono i valori fonda-mentali della tua vita? La famiglia al primo posto, poi il mio ragazzo e per ultimi, ma non meno importanti, i miei mi-gliori amici, senza i quali non sarei mai riuscita ad andare avanti in situazioni difficili...
Luca Caldato (4°G Chi.)
Facce da copertina…?Facce da copertina…?Facce da copertina…?
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Nome e Cognome:
Luca Calisi Età: 17 anni
Classe: 4°G Chi.
Puoi descrivere il tuo carat-tere in due parole? Penso di essere simpatico, molto testardo, spesso orgoglioso ma sempre disponibile per le perso-ne a me care. Qual è il tuo rapporto con le ragazze? Ho un ottimo rapporto con le ragazze! Mi piace però essere cercato piuttosto che cercare, in modo da capire se c'è realmente un interesse da parte loro. Cosa ti piace fare nel tempo libero? Nel tempo libero solitamente esco con gli amici e cerco di fre-quentare sempre posti e persone nuove, proprio perché odio pas-sare pomeriggi monotoni.
Già dalle medie ho sempre pre-ferito le materie scientifiche a quelle letterarie poi, il fatto di frequentare un professionale che mi avrebbe preparato fin da subito ad affrontare il mon-do del lavoro, mi ha convinto a operare questa scelta. Hai detto che pratichi atti-vità fisica. Quale in parti-colare? Oltre alla palestra, pratico sport solo con gli amici, come forma di sfogo e di divertimen-to. Quali sono i valori fonda-mentali della tua vita? La famiglia sopra di tutto, non meno importanti sono però gli amici, con i quali ho condiviso praticamente tutto e per que-sto motivo posso considerarli “fratelli” non di sangue ma di scelta.
Silvia Sessa e Marika Carnali (3°B P.I )
Ti piace il tuo aspetto fisico? E come ti curi? Sì, sono abbastanza soddisfatto del mio aspetto fisico, soprattut-to perché ne ho cura facendo at-tività fisica e seguendo un'ali-mentazione abbastanza corretta. Cosa pensi che piaccia alle ragazze di te? Penso che possa piacere il mio carattere: sono molto comprensi-vo e cerco sempre di venire in-contro a tutti, anche se ogni tan-to mi rendo conto di risultare pesante su alcune cose. Qual è il tuo rapporto con la scuola e lo studio? Nello studio ho sempre dato il massimo, proprio perché nella vita provo sempre a dare il cento per cento in tutto. Non ho mai avuto problemi con lo studio in quanto sono dell'idea che, a que-st'età, una delle cose più impor-tanti da fare sia pensare a co-struirsi un futuro. Quali sono i motivi che ti hanno spinto a scegliere l'in-dirizzo chimico?
Facce da copertina…?Facce da copertina…?Facce da copertina…?
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Numero 9 Pagina 21
American American American History XHistory XHistory X
Trama:
In un tema in classe il giovane
Danny tratta argomenti ispirati al
'Mein Kampf' e il preside, Swee-ney, per punirlo, lo obbliga a pre-parare una relazione sul fratello
maggiore Derek. Quest'ultimo proprio quel giorno é uscito dal
carcere dopo aver scontato alcuni anni per l'uccisione di due ragazzi
neri che gli stavano rubando l'au-tomobile. All’epoca dei fatti, De-rek aveva il ruolo di leader in un
gruppo giovanile neonazista che si riconosceva in Cameron Alexan-
der, proprietario di una casa edi-trice che promuove libri e gruppi
musicali che inneggiano al-la supremazia bianca. Danny, che
aspettava con ansia il ritorno del fratello, vuole subito mettersi 'ai suoi ordini' ma non sa che Derek
in carcere ha riflettuto su se stes-so e ha maturato la convinzione di
voler cambiare vita…
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Genere: Drammatico
Regia: Tony Kaye
Sceneggiatura: David McKenna
Attori: Edward Norton, Edward Furlong, Elliot Gould, Jennifer Lien, Avery Brooks, Fairuza Balk, Beverly D'Angelo, Stacy Keach
Distribuzione: Medusa Film
Paese: USA 1998
Durata: 128 min.
Formato: Colore
1999 Premio Oscar
Nomination Miglior attore protagonista a Edward Norton
1999 - Saturn Award
Nomination Miglior attore protagonista a Edward Norton
1999 - Chicago Film Critics Association Award
Nomination Miglior attore protagonista a Edward Norton
1998 - Satellite Award
Miglior attore in un film drammatico a Edward Norton
Nomination Miglior attrice non protagonista a Beverly D'Angelo
Nomination Migliore sceneggiatura originale a David McKenna
1998 - Southeastern Film Critics Association Award
Miglior attore protagonista a Edward Norton
Commento: Che dire di questo film? Semplicemente ben realizzato e stupendo. Ci comunica il suo messaggio attraverso una violenza scioccan-te, carica di pietà, di amore e odio. Il regista è stato capace, girando intor-
no alla tematica dell'odio razziale, di farci riflettere sulle conseguenze delle nostre azioni e, soprattutto, sul dolore che esse provocano...
Proprio dagli errori più grandi, possono derivare i più importanti inse-gnamenti.
Luca Caldato (4°G Chi.)
Il perche’: Il perche’: Il perche’: cinemacinemacinema
SCELTA PER VOI DA SCELTA PER VOI DA SCELTA PER VOI DA
Another Brick in the Wall Pink Floyd
The Wall è il titolo del progetto più ambizioso e inter-nazionalmente noto della band inglese dei Pink Floyd: ne fanno parte l’album, il tour e il film. L'album è un'opera rock incentrata sulla storia di un personaggio inventato: Pink. Egli, a causa di una serie di traumi psicologici, arriva a costruirsi un “muro" mentale die-tro al quale si isola. I disagi infantili che portano Pink a questa scelta drammatica sono:
la morte del padre nella seconda guerra mondiale; la madre iperprotettiva; i maestri eccessivamente autoritari;
i tradimenti della moglie, in età adulta. L’idea nasce dal bas-sista del gruppo, Ro-ger Waters, spinto a un’attenta autoanali-si sui fallimenti e i traumi personali che,
inesorabilmente, l’hanno condotto ad alzare il muro. Il cosiddetto muro è simbolo dell’incomunicabilità e del sentimento di rottura con i suoi fan, e più general-mente, rappresenta l’esigenza dell’uomo di crearsi una barriera difensiva da ciò che lo circonda, è un muro di protezione ma anche di solitudine. I metaforici “mattoni del muro” corrispondono alle esperienze che provocano malessere nell’uomo. Tutto potrebbe essere riconducibile alla figura dello stesso Waters e dell’amico Syd Barrett, ex membro dei Pink Floyd, devastato dalla droga e dalla depressione. Percorrendo con criticità il suo passato, Pink riscopre quali siano i primi bricks, fondamenta della barrie-ra: ormai adulto è ancora frustrato per la mancanza di suo padre, morto nella battaglia di Anzio, al quale chiede “che cosa mi hai lasciato?” Un altro mattone è a carico della fin troppo presente madre che, con il suo atteggiamento morboso e iperpro-tettivo, non consente al figlio di svezzarsi né di affer-marsi. Lei lo tiene al sicuro “sotto la sua ala”, lo accu-disce e lo coccola ma, se pur in modo inconsapevole, lo cresce inculcandogli le sue stesse paranoie. Nel brano Mother, R. Waters impersona il protagoni-sta cantando ‘’Madre, dovrei aver fiducia nel governo?’’ oppure “Pensi che lei vada bene? Mi spezzerà il cuore?’’; e la genitrice, impersonata vocalmente da David Gil-mour, lo rassicura dicendo di non piangere e che si oc-cuperà lei di tutto… “Oh, piccolo, naturalmente la mamma ti aiuterà a costruire il muro”. Il brano più famoso dell’album, invece, racconta delle violenze psicologiche e dei soprusi negli anni del dopo-guerra inflitti dagli insegnanti sugli allievi. Il loro com-pito era infatti di schernire i ragazzi mettendone a nu-do debolezze e fragilità allo scopo di limitare ogni loro atto di creatività e di libertà personale. Another brick in the wall (parte 2), oltre ad essere
una chiara denuncia verso chi esercita tirannica-mente il potere, è un urlo di ribellione per rivendica-re i diritti fondamentali di ognuno di noi, spesso schiacciati dal sistema dell’omologazione. Questo brano è stato utilizzato come slogan in numerose manifestazioni e lotte sociali per la potenza e l’im-mediatezza del suo messaggio: We don't need no education We don't need no thought control No dark sarcasm in the classroom Teachers leave them kids alone Hey teacher, leave us kids alone All in all it's just another brick in the wall All in all you're just another brick in the wall Noi non abbiamo bisogno d’istruzione Noi non abbiamo bisogno di controllo del pen-siero Di sinistro sarcasmo in classe Insegnanti, lasciate stare i ragazzi Ehi, maestro lascia stare noi ragazzi Dopo tutto è solo un altro mattone nel muro Dopo tutto sei solo un altro mattone nel muro Il protagonista del film, Pink, personaggio in cui ognuno di noi può riconoscersi, è costretto ad affron-tare le sue più radicate paure e a riempire gli empty spaces interiori con disperati tentativi di realizzazio-ne personale tipici del sistema consumistico. Non è, infatti, abbastanza forte da anestetizzare il dolore e il sentimento di solitudine che lo caratteriz-zano sin dall’infanzia e con l’ausilio della droga e del sesso facile, si ritrova rinchiuso in un muro ancora più alto e desolante. Un matrimonio finito: un giorno dopo l'altro, l'amore diventa grigio, l'entusiasmo iniziale sparisce, ma ha bisogno di lei per sfoggiarla con gli amici e per pic-chiarla il sabato sera. D'altra parte è questo il linguaggio che gli è stato insegnato: sopruso, violenza, la ragione del forte. Solo, si chiede se esista qualcun altro al di là del mu-ro: ora, solo ora, si accorge che la sua solitudine na-sce proprio dalla mancanza di AMORE. Con questa consapevolezza diventa una persona nuova e riesce finalmente ad abbattere il muro. I Pink Floyd ci raccontano di come nascano i pre-supposti per edificare una solida barriera, the wall, ma soprattutto dell’importanza di distruggerla. Nonostante, dunque, i macigni che ognuno di noi porta con sé, é indispensabile lasciar filtrare luce e speranza nel muro per trovare così la forza di abbat-terlo.
…TEAR DOWN THE WALL!
Doriana Costanzo (3°B P.I.)
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SSScotti e cotti e cotti e bbbruciatiruciatiruciati Frappe o Frappe o Frappe o
ChiacchereChiacchereChiacchere
Ingredienti
500 gr di farina
30 gr di burro
50 gr di zucchero
Zucchero a velo qb
2 uova
Buccia di limone grattugiata
Succo di 2/3 arance
1 bicchierino di grappa
1 cucchiaio di lievito per dolci
1 pizzico di sale
Olio per friggere
Procedimento:
Sulla spianatoia disporre la fari-
na a montagnola, creando un cra-
tere nel centro. Versare lo zucche-
ro, il burro ammorbidito, le uova,
la buccia di limone grattugiata, la
grappa e il sale. Lavorare con la
punta delle dita gli ingredienti
umidi, amalgamandoli grossola-
namente tra loro, incorporare ma-
no a mano la farina setacciata e
aggiungere il succo delle arance.
Lavorare fino a ottenere una mas-
sa liscia e omogenea, che pulisca
il piano di lavoro e sia abbastanza
elastica. A questo punto, lasciare
riposare per almeno un’ora (non
in frigo ma in un luogo fresco) così
che la pasta si ammorbidisca e si
possa poi stendere con più facili-
tà.
Stendere la sfoglia con il matta-
rello o la macchinetta stendipasta
(impostare all’ultimo buco). Lavo-
rare fino a ottenere una sfoglia il
più possibile sottile. Con la rotella
dentellata ricavare rettangoli di
circa 5×10. Incidere ogni rettan-
golo al centro con un piccolo taglio.
Questo migliorerà la cottura e au-
menterà la fragranza. Friggere in
abbondante olio, non bollente. Co-
spargere infine con zucchero a ve-
lo.
Quanti nomi per un solo dolce!
Le chiacchiere sono preparazioni
tipiche del periodo di Carnevale e
vengono chiamate con nomi diver-
si a seconda delle regioni di prove-
nienza: chiacchiere e lattughe in
Lombardia, cenci e donzelle in
Toscana, frappe e sfrappole in
Emilia, cròstoli in Trentino, ga-
lani e gale in Veneto, bugie in
Piemonte, così come rosoni, lasa-
gne, pampuglie, ecc..
Le chiacchiere o frappe hanno
un’antichissima tradizione che
probabilmente risale a quella delle
frictilia, dolci fritti nel grasso di
maiale che nell'antica Roma ve-
nivano preparati proprio durante
il periodo di Carnevale; questi dol-
ci venivano prodotti in gran quan-
tità poiché dovevano durare per
tutto il periodo della Quaresima.
Le chiacchiere sono conosciute con nomi differenti nelle diverse regioni italiane: bugie (Genova, Torino, Asti, Imperia), italianizzazione del ligure böxie cenci o crogetti (Toscana) struffoli (zona Grosseto, Massa Marittima (Toscana)) chiacchiere (Basilicata, Sicilia, Campania, Lazio, Umbria, Puglia, Calabria, a Milano, Sassari e Parma) cróstoli o cróstołi o gròstoi (Ferrara, Rovigo, Vicenza, Treviso, Trentino, Friuli, Venezia Giulia) crostoli o grustal (Ferrara) cunchiell' o qunchiell (Molise) frappe (Roma, Viterbo, Perugia e Ancona) gałàni o sosole (Venezia, Verona, Padova) guanti (Caserta) gròstołi o grostoli (Trento) intrigoni (Reggio Emilia) maraviglias (Sardegna) sfrappe (Marche)
e ancora stracci, lasagne, pampuglie, manzole, garrulitas. Possono anche essere coperte da miele, cioccolato e/o zucchero a velo, innaffiate con alchermes