gentile - che cosa è il fascismo

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  • 8/14/2019 Gentile - Che cosa il Fascismo

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    Giovanni GentileConferenza tenuta a Firenze, nel Salone dei Cinquecento, l8marzo 1925 e pubblicato nel volume Che cosa il fascismo,Firenze, 1925.

    CHE COSA ILFASCISMO

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    La presente edizione telematica del testo stata curata e realizzata da AVGVSTO

    (http://augustomovimento.blogspot.com/) [2009]

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    Signori,

    devo confessarvi che non prendo a parlare senza una certa preoccupazione. Venivo aFirenze per tenere una lezione al Circolo di Cultura Fascista, dove si legge, si studia, si

    discute tra fascisti desiderosi di riflettere e chiarire le proprie idee; e avevo perci in menteun discorso adatto a quel luogo e a quelluditorio. Invece, con mia grande sorpresa, mitocca di parlare a migliaia di ascoltatori variamente preparati e disposti, in questaulasolenne e magnifica di memorie e di glorie, dove non si potrebbe venire a tenere unalezione senza dar prova di troppo cattivo gusto, n certo si possono tollerare parole chenon riecheggino lalto suono della storia e non preconizzino una fede generosa dellapatria. Per fortuna, largomento stesso del mio discorso di quelli che suscitano passioniardenti e universali che destano e alimentano in tutti linteresse provocando ladesione o lapolemica e mettendo in moto lanimo e la mente verso i problemi essenziali del propriopaese e della stessa vita in generale. E insieme con la qualit dellargomento, la vostraaccoglienza cordiale mi anima a parlarvi sinceramente, schiettamente, di quelle cose cheintorno al fascismo ho a lungo meditate e sento vivamente nel profondo del cuore, nellasperanza di riuscire anche qui a essere inteso da tutti, o almeno a non essere frainteso.Dov sincerit, ivi pure buona disposizione a comprendere oltre quel che si dice e si pudire, scorgendo il punto giusto dei motivi che ispirano chi parla. Comprendere in buonafede: ci che non sempre accade di ottenere. Del resto, quello che io devo chiedere a voi,avrei pur dovuto chiederlo alla breve cerchia degli amici che avrei trovati nel Circolo dicultura. Anche parlando del fascismo a fascisti io, come ogni altro fascista, avrei avuto

    bisogno di fare unavvertenza preliminare. E dire: badate, il fascismo di cui io parlo ilmio fascismo. Lessere infatti un movimento cos largo, che stringe insieme intorno a unastessa bandiera e in una fede comune centinaia di migliaia ditaliani, ed essere per tutti unsolo movimento, e quindi una stessa via, uno stesso ideale, non toglie che ognuno che viaderisce non lo veda coi suoi occhi, non lintenda con la sua intelligenza, non lo senta colsuo animo. Lunit risulta da questa molteplicit, da questa infinit di temperamenti epsicologie e sistemi di cultura e concezioni della vita. La forza del fascismo deriva daquesta ricchissima inesauribile fonte dispirazioni e connessi bisogni ed energie spirituali.Ed esso si essiccherebbe e inaridirebbe nella monotonia meccanica delle formule vuote sepotesse definirsi e restringersi negli articoli di un credo determinato. Del resto, il nostro

    grande Gioberti in quel suo libro frammentario ma sparso di pensieri geniali, con cuimirava a indurre la Chiesa Cattolica a quelle riforme che a lui parevano indispensabili perrinnovare e ravvivare il millenario meraviglioso istituto, anche del Cattolicesimo che iltipo delle religioni costituite con caratteri rigidamente obbiettivi, diceva giustamente cheogni cattolico ha il suo. Ma il Papa si poteva obbiettare non di questa opinione.Ebbene il Gioberti replicava quello appunto che io dico. E non era sofisma. Perchper quanti sforzi si faccia di rinunziare alla propria personalit e aderire a un credocomune, questo credo non sar accettato mai se in qualche modo non si sar inteso; eintendere non si pu, a cominciare dalle stesse parole in cui le idee sono espresse, se non

    servendosi della cultura e dei sentimenti e delle tendenze e, insomma, di tutto il complessodegli elementi in cui si organizza e concreta la nostra personalit. Intorno al fascismo,come intorno a qualche cosa di ben determinato e individuato, che tutti egualmente sanno

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    che cosa sia, siamo tutti raccolti a lavorare e lottare quanti siamo italiani del nostro tempo:pro o contro, non importa. Anche gli avversari sono stati costretti dalla stessa intensit delmovimento fascista a prender posizione verso di esso. Ognuno ne avr unidea chiara odoscura, e pi e meno oscura: ma tutti, esaltandolo o condannandolo, parlano egualmente

    del fascismo; tutti, volenti o nolenti, vanno innanzi al problema che largomento diquesto discorso: che cosa il fascismo? Ma i fascisti certamente concepiscono il fascismo inmodo molto diverso dagli avversari; e per la stessa ragione, quantunque la diversit siaincomparabilmente minore da fascista a fascista quel concetto varia; e la soluzione delproblema centrale, a cui tutti lavorano, riesce sensibilmente diversa. Dissimulare onascondere queste differenze, come ogni ipocrisia o menzogna, sarebbe indizio di scarsafede e di ottusa intelligenza della vita che propria dogni grande movimento spirituale.Giacch la vita sempre svolgimento e perci cambiamento continuo incessante: quindiunit, ma anche variet, e conflitto interno di elementi discordi, dal quale la vita promossa a nuove forme. E dove calma dacqua stagnante, laria sammorba e la vita sispegne. Il che pu suonar male allorecchio di chi grossolanamente rappresenta ladisciplina dun partito o la saldezza duna scuola come labbrutimento degli uomini cheaderiscano a quello o a questa. Ma n i bruti n gli uomini abbrutiti hanno fatto mai storia.E tutto ci che grande nel mondo degli uomini, programma politico o dottrina filosofica, stato sempre a quel modo stesso in cui mi rappresento il fascismo: una strutturafondamentale, un nucleo, che unidea viva, e quindi una direzione di pensiero,unispirazione e una tendenza, in cui gli spiriti si incontrano e saffiatano e partecipano auna stessa vita tanto pi vigorosa e possente quanto maggiore il numero di quelli che viconcorrono; e intorno a quel nucleo, per germinazione spontanea dei tanti semi dipensiero che nella storia si vengono ad ora ad ora maturando, un fiorire svariato diriflessioni e sistemi, che sono nuovi organi onde lorganismo centrale sirrobustisceaccogliendo e appropriandosi dallatmosfera, in cui esso vegeta e vive, sempre nuoveenergie. In quel nucleo lunit e la fede. L lessenziale, la radice della vita e della forza.Io vengo al fascismo dagli studi, dalla storia, dalla filosofia. Altri dallarte. Altri dallosquadrismo della lotta politica quotidiana. Altri dalla polemica del giornalismo. Altridallarte del giuoco parlamentare. Altri da altre origini. Ognuno con la sua anima, con lasua cultura, le sue abitudini, la sua vita, la sua personalit. Ma tutti giungono allo stessopunto, e sincontrano tutti sulla medesima via: che la via in cui oggi il fascismo viene

    combattendo la sua bella battaglia in Italia e nel mondo per dare una sua forma allo Stato,e attraverso lo Stato a tutto lo spirito. Tutti: anche quelli che come me vissero sempre nellascuola e negli studi e meditarono, fuori della politica militante di tutti i giorni, i probleminazionali attraverso la storia e la filosofia. Giacch c filosofia e filosofia, o Signori. Equella antica, famosa e venuta in proverbio, del filosofo che guardava il cielo e non vedevala terra su cui camminava e perci casc dentro la fossa, quella filosofia, di cui daAristofane in poi gli uomini di senno hanno fatto la satira e riso di cuore, fuori della vitaed estranea alla lotta in cui la vita consiste, senza occhi aglinteressi che alimentano questalotta e per cui tutti gli uomini vivono, gioiscono e sperano, o soffrono e si tormentano, e

    sanno che la vita fatica, sforzo, sacrificio di s, abnegazione, passione e brama inesaustadella mta sempre da raggiungere e non raggiunta mai; questa filosofia morta ormai daun pezzo. La nostra filosofia s pensiero, ma perch la vita pensiero; riflessione sulla

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    vita, ma perch la vera vita riflessione su se stessa, attivit luminosa, la quale si spiegaper la via che sua, perch essa consapevolmente se la fa, sapendo dove va e in che modopu giungervi. Tutta la vita umana per noi, fin dalle sue pi umili forme, filosofia. Equella che oggi sar filosofia degna del nostro tempo non potr essere una vita impoverita

    o snaturata e quasi svanita nel pallido riflesso dun pensiero astratto; anzi sar la vitastessa pi intensa, pi energica, quasi potenziata ed esasperata dalla coscienza vigilantedelle proprie leggi. Lasciate, dunque, che io cerchi di rispondere a modo mio alladomanda, che ci siamo proposta, che cosa sia il fascismo. E cerchiamo di avvicinarciinsieme a quello che si potrebbe dire, come ho accennato, il nucleo vivo ed unico delfascismo, a cui tutti guardiamo e che tutti abbiamo comunque interesse di vedereesattamente.

    Le due Italie

    E per cominciare, vinvito a considerare se non si possa dire che dalla storia ci venganoincontro come due distinte e differenti immagini dellItalia, che noi vi cerchiamo. Tutti, inverit, la cerchiamo. La storia non un passato che interessi soltanto gli eruditi: essa presente, viva negli animi di tutti. Quanti sono italiani, lo sentono: sentono di appartenerea questa Italia,che non soltanto lazzurro del suo cielo, dei suoi colli e delle sue marine,n la desolata o alpestre terra che salterna ai suoi piani ubertosi e ai suoi ridenti giardini.Chiudiamo gli occhi, facciamo astrazione dagli orizzonti dei suoi paesaggi cos vari di

    bellezza e di luce: e lItalia ci resta nellanimo, anzi si ingrandisce e giganteggia nella gloriadi quel che essa nella mente e nei cuori di tutti gli uomini civili, che le rendano giustiziao almeno la riconoscano come la nazione dellintelligenza e della millenaria cultura nonmai tramontata e dellarte e dei pensatori solitari e della travagliata vita civile tra ledifficolt interne, di una nazionale lenta nel suo processo laborioso di organizzazione eunificazione e tra le esteriori potenze lottanti nel pi vasto processo organizzativodellEuropa moderna. Tutti, vedendo pi o meno, e pi o meno penetrando e intendendoe sentendo, hanno in s, senza potersene distaccare, questa Italia storica, viva, ma di unavita che si prolunga e saffonda con le sue radici nei secoli, e gi lItalia, con i caratterinazionali che si faranno sempre pi evidenti, intorno al Mille, quando pullulanodallImpero disfatto i Comuni con limpeto delle loro libert e delle loro arti, e preparanoquel Rinascimento, che sar la pi geniale creazione dello spirito italiano, splendido faroagli uomini dogni parte del mondo, che gli italiani stessi del Rinascimentoraddoppiarono, cercanti il porto della nuova scienza, della nuova arte, del nuovo pensiero,della nuova fede, e insomma dellet moderna. Questa Italia, che tutti rechiamo nel cuore,e che forma infatti la sostanza del nostro essere e del nostro carattere nel mondo, se laguardiamo oggi intensamente, con lo sguardo fatto pi acuto dalla nostra odiernapassione di una pi alta e forte vita nazionale, da questa passione che ci cova dentro dopo

    le prove della Grande Guerra, da quando provammo langoscia della sconfitta e lorgogliodella vittoria, noi questa Italia la vediamo ora presentarcisi in un aspetto, e ora in un altro

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    molto diverso. Noi vediamo due Italie innanzi a noi: una vecchia e una nuova: lItalia deisecoli, che la nostra gloria ma anche una triste eredit, che ci grava le spalle e ci pesasullanima: ed pure diciamolo francamente la vergogna, di cui noi vogliamo lavarci,di cui dobbiamo fare ammenda. Ed appunto quella grande Italia, che ha cos gran posto

    come dicevo nella storia del mondo. La sola Italia, si pu dire, che sia conosciuta estudiata e indagata da tutti i popoli civili, e la cui storia non sia una storia particolare, maunepoca della storia universale: il Rinascimento. Nel quale tanta luce, s, e sono tantititoli di vanto nazionale per glitaliani: ma pur tanta ombra. Giacch il Rinascimento pur let dellindividualismo, che trasse la nazione italiana attraverso i sogni splendididella poesia e dellarte allindifferenza, allo scetticismo, allimbelle neghittosit degliuomini che nulla hanno da difendere intorno a s, nella famiglia, nella patria, nel mondodove si riversa e si impianta ogni umana personalit conscia del proprio valore e dellapropria dignit, perch in nulla credono che trascenda il libero e lieto giuoco della propriafantasia creatrice. Donde la frivolezza dun costume che viene decadendo e corrompendosia mano a mano che si smarrisce il sentimento attivo della nazionalit e gli animisinfiacchiscono; una letteratura in cui canti carnevaleschi e bizzarrie burlesche dognisorta si mescolano a una commedia che trae dalla novellistica beffarda, faceta e cinica lasua materia e il suo spirito; una commedia che non perci mai vera arte, la quale anchesotto il riso faccia sentire il pianto, ossia la seriet dello spirito che sa la miseria dei difetti,onde gli conviene liberarsi a fatica per ascendere a quellideale, in cui solo pu vivere; e leaccademie si trasformano in radunanze di ingegni colti ma oziosi, in cui la dissertazionedecade a cicalata; i nomi, una volta coniati nel metallo antico dellingenuo ma serio eprofondo umanismo, gareggiano in argutezze e stranezze dinvenzioni, allusioni eanalogie ridevoli; la religione diventa forma esteriore ed esanime, la filosofia perseguitata con la tortura ed i roghi, e la scienza illanguidisce nellesercitazioneintellettualistica, capace daccendere le passioni dei letterati (come anche gli scienziati sichiamavano), ma inetta a scuotere gli animi e gettarvi dentro il pungolo di quei problemi,in cui luomo sarma di tutte le sue forze per muovere incontro al mistero ed al destino.Letteratura vuota, superficiale, senzanima.Sonetti, canzoni a bizzeffe: ma un uomo, che canti ed esprima la sua passione, mai.Accademie paiono mascherate. Cultura quanta se ne vuole; ma infeconda e morta. Gliuomini senza volont, senza carattere; la vita senza programmi, che non siano quelli del

    particolare individuo che pensa a s, ma niente di pi. LItalia perci degli stranieri, e nondegli italiani. Glitaliani senza fede, e perci assenti. Non questa la vecchia Italia delladecadenza?

    I residui della vecchia Italia

    QuellItalia, per noi, morta; e ce n unaltra, grazie al cielo. E si pu dire in certo senso,

    come chiarir or ora, che la prima sia morta da duecento anni. Ma non cos morta, chenoi a volte non ce la troviamo innanzi anche oggi, in questanno di grazia

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    millenovecentoventicinque. C ancora troppa gente in Italia che non crede a nulla e ridedi tutto, e sospira per larcadia e le altre accademie; e se la piglia astiosamente con chi gliturbi la digestione. Vi ricordate della tremenda vigilia italiana della Grande Guerra,quando i pochi che credevano trascinarono i molti che alzavano le spalle ripetendo la

    vecchia ingiuria straniera che glitaliani non si battono? Quando i giovani si sentivanofremere nel petto un oscuro istinto e vi si abbandonavano sicuri, ciecamente confidandonel fato nazionale, nelle forze della stirpe, nella necessit di una grande prova cruenta checomunque cementasse la recente unit nazionale, pi pensata che creduta o pi credutache sperimentata e realizzata, e temprasse nelle lotte, a cui ogni libero popolo devesserepronto sempre, la fibra deglitaliani? E gli uomini maturi, i savi sorridevano e calcolavano,e inorridivano al pensiero di sacrifici inutili come dicevano, e tremavano dei pericoli, chein virt di calcoli non sono stati mai affrontati, e che non si affrontano da chi non siaanimato da una indimostrabile fede? Oggi quel pavido miope e scettico neutralismo sinonimo, per moltissimi almeno deglitaliani, di inettitudine a italianamente sentire iproblemi italiani; non vero? Ma quella specie di temperamento spirituale vecchio stile,che non osa perch non crede, rifugge dallardimento perch non vede vantaggio nelsacrificio, misura la fortuna nazionale dal benessere individuale, e ama perci semprecamminare sul sodo, non compromettersi, non riscaldarsi mai, e cede ai poeti, alle donne otuttal pi ai filosofi lideale, e mette volentieri da parte ogni questione che possa metterein pericolo la concordia e il quieto vivere, e si compiace di scherzare su tutto e su tutti, egettare sempre lacqua fredda della prosa sugli entusiasmi della poesia, e raccomanda lamoderazione a ogni costo, e ostenta un sacro orrore per le polemiche e le violenze, einculca nel prossimo tutte le massime dellegoismo, e riflette, studia, capisce, e la sa lungacome la quintessenza dellaccorgimento e della sapienza; questo non ancora per troppi ilnon plus ultra della finezza tutta propria deglitaliani? Ci sono i massoni, i quali si sa hanno piantato il chiodo della famosa laicit, che non per la religione n contro lareligione; ma, anche non massoni, quanti italiani non preferiscono oggi tacere di cosereligiose, e hanno ritegno e pudore di scoprire e difendere i propri convincimenti, quandone hanno? Tutto ci la vecchia Italia, lItalia dellindividualismo, lItalia delRinascimento; quando anche il martirio dei filosofi era infecondo perch non onorato, einonorato perch conforme alla logica delle loro stesse dottrine, tutteindividualisticamente rinchiuse in un mondo senza rapporti con quella vita, in cui era la

    concreta realt e in cui si urtava perci necessariamente, e vi sincontrava quindi ilmartirio. Luomo allora non sentiva la sua personalit innestata nel mondo sociale a cuiciascuno appartiene, in cui soltanto pu vivere con i suoi interessi umani, con la suafamiglia, con la sua fede di uomo morale che ha dei doveri, un programma da realizzare,una verit da professare. Giacch niente vive nel segreto dellanimo nostro che non citragga ad uscire di dentro, a predicare quello che la nostra verit, a comunicarla altrui, apotenziarla di tutte le energie che vi possono concorrere per la collaborazione, per laconvivenza, per laccomunamento della nostra vita morale. Ogni fede accomuna gliuomini.

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    Litaliano del Rinascimento fino a Galilei

    Luomo del Rinascimento, o Signori, pot s grandeggiare nellarte, perch larte sogno

    che astrae dalla realt, in cui pure gli altri uomini e il mondo a cui legata la nostra vita econ cui facciamo tuttuno, e spazia nel libero mondo della fantasia dove lindividuo creatore e signore assoluto delle proprie creature. Grandezza di artisti, che il suo difetto;poich in questa libera vita che ci scioglie da ogni legame, si perde il duro sentimento diquella che pu dirsi la realt storica, dov la nostra famiglia, che ha tanti bisogni, che sonopure bisogni nostri poich a noi tocca di soddisfarli e moralmente non possiamo farne ameno; e ci sono tutti gli altri uomini, con cui la stessa necessit di soddisfare i nostri

    bisogni ci stringe in un indissolubile vincolo, con doveri comuni in un sociale organismo acui la persona avvinta e a cui sono pure legate tutte le nostre fortune e per la cui salvezza

    ci conviene pertanto fare ogni sforzo ed esporre perfino la vita. E per questi nostri poetied artisti e pensatori, uomini colti e raffinati, non sentirono la patria. E gli italiani poteronoessere ammirati e insieme disprezzati; e le loro citt poterono essere conquistate col gesso;e fu possibile ad esempio una disfida di Barletta, perch aglitaliani non manc il valorepersonale e anche nellarte di addestrare e condurre gli eserciti si seppe eccellere, e famosifurono molti dei nostri capitani: ma un esercito italiano non si ebbe mai, non ci fu mai una

    battaglia che si potesse dir vinta dagli italiani. Larte stessa infine doveva decadere. Perchneanche larte pu vivere fuori di quel mondo morale, che diciamo ideale: quel mondo cheluomo attua con lo sforzo del suo spirito, ponendosi al disopra della vita che egli sarebbeportato a vivere naturalmente insieme con tutti gli altri viventi; e lo attua perch cominciaa vagheggiarlo come quella migliore realt, che non esiste ma che egli pu far esistere edeve: tanto pi, quanto pi alto ne il valore. Ora tutti i valori nessuno li scorge edapprezza ed idoleggia come qualcosa che appartenga al chiuso segreto della sua coscienza;

    bens sempre come qualcosa di universale, a cui tutti aspirano, e che certamentepatrimonio di tutti. Larte stessa perci diventa giuoco; e spetta alla letteratura italianaquel genere che nel Cinquecento ebbe tanta fortuna: la poesia bernesca. E fin dalQuattrocento arte e cultura poterono ritenersi vanit: quelle vanit a cui si ribellalanima eroica di Savonarola, che pag qui in piazza con la vita la sua ripugnanza allospirito frivolo e scettico del Rinascimento. Troppo egli pigliava la vita sul serio, quando ditutti gli uomini rappresentativi dello spirito italiano nessuno la pigliava davvero sul serio.Troppo egli voleva dalluomo, quando luomo mancava. E manc per secoli, luomo,mentre dilagava laccademia. Di cui, ripeto, non riusciamo ancora a guarire. Non unaccademico, un letterato, anche il grande Galilei? Al cui genio innovatore, al cui pensierorigorosamente scientifico noi cinchiniamo. Ma quando ne studiamo la vita trepida eguardinga, quando ne leggiamo quelle lettere cos ossequiose, quando lo vediamo, egli, ilpi grande italiano tra i coetanei, prosternarsi innanzi ai signori che gli danno lo stipendioe lagio di studiare, o destreggiarsi ed infingersi ai piedi degli Inquisitori purch lo lascinomeditare e scrivere e coltivare la sua gloria letteraria, e mai un accenno o un gesto

    sdegnoso a quei diritti, che in lui si conculcavano, mai una fiera rivendicazione dellapropria dignit di pensatore e di uomo, mai una qualsiasi allusione alla tristezza dei tempi

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    e della patria, mai un generoso sentimento per i grandi pensatori perseguitati, morti oviventi, al cui pensiero il suo tuttavia si annodava, allora non possiamo non sentire cheanche in questo grande italiano qualche cosa di ci che essenziale mancava: e luomo erainferiore allo scienziato. E anchegli indulge alla frivolezza dei cosiddetti poeti

    contemporanei; e scherza e ride in capitoli berneschi contro i suoi avversari scientifici.Neanche in lui c una fede.

    Vico e il suo tempo

    Tra Galilei e Vico quale abisso! A distanza di meno di un secolo ecco spuntare uno spiritonuovo. Paragonato a Galilei, che pure ammira, ed a tutto il Rinascimento, al quale per tanti

    rispetti si riconnette anche lui, Giambattista Vico pare che appartenga a un altro popolo, aunaltra storia. Vuole essere anche lui un letterato ed gelosissimo della sua glorialetteraria; ma non sa concepire altro fine agli studi che coltivare una specie di divinitnellanimo nostro. Il suo pensiero, la sua vita, tutto luomo assorto in una visionereligiosa della storia, che il nuovo mondo scoperto dalla sua filosofia. Filosofo oscuro,strano agli occhi dei pi, scrittore di libri che egli stesso oscuramente sentiva portare unarivoluzione in tutto ci che si era sempre pensato, e iniziare unepoca nuova nello spiritoumano, ma che nessuno gli voleva stampare, e quando egli li stampava con gravesacrificio suo e della sua numerosa famiglia, nessuno capiva, e coloro tra i suoi stessi amicie colleghi, a cui egli li regalava, non gliene facevano cenno, e scantonavano quandosimbattevano nellautore, per non essere costretti a parlargliene. Poi per lungo tempoammirato bens, talvolta per i lati meno importanti del suo pensiero, ma incompreso:solitario, come torre altissima in un deserto. Intorno a lui nessuno spirito fraterno, checollabori e intenda e illustri qualche parte almeno del suo sistema. Ed egli non ride mai.Quando tenta il riso, la satira gli si trasforma in invettiva, e si sente la grande amarezzadellanimo turbato da meschini avversari inintelligenti dellalta sua visione del divino, acui nessun uomo si volse mai ridendo. Con Vico risorge la coscienza religiosa italiana, sicomincia a sentire che la vita va presa sul serio: si comincia a udire una voce che, quandoverr ascoltata, scender profondamente negli animi, e li porr di fronte a problemi chenon sentivano pi da secoli in Italia.

    Alfieri

    Vico gi secolo XVIII, bench si possa dire che egli sia contro tutto il secolo XVIII: ilsecolo dellastratto razionalismo, dellilluminismo, del materialismo, dellindividualismo.Nella seconda met dello stesso secolo ecco un altro grande spirito solitario e deccezione:un altro precursore o profeta (come egli stesso si definisce) di unItalia opposta a quella delRinascimento: Vittorio Alfieri. Un altro italiano che non ride: e scrive satire e commedie,

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    ma non meno fiere delle sue tragedie; e ha il culto anche lui delle lettere, ma perrisolvere questo problema, che il suo problema e il problema dellItalia della fine delSettecento e dellalba del secolo seguente: il problema delluomo. Egli sente che non puessere letterato chi non uomo, un carattere, una volont. Volere, essere s stesso, perci

    affermarsi fieramente, accamparsi nel mondo con la propria coscienza, nella gelosa tutela edifesa di s medesimo, con un proprio pensiero, anche oscuro, e un proprio programma,anche modesto: porsi come una persona libera e padrona di s, nel proprio essereparticolare, ma anche nella propria coscienza di cittadino, di italiano, e cos di uomo chesia veramente uomo: questo il problema letterario di Alfieri, che anche il problemamorale di tutti gli uomini, e il problema deglitaliani che cominciano a riscuotersi dallatorpida soggezione spirituale agli stranieri, a sentirsi italiani, e ad avvertire quel che adessi occorre per non restare al di sotto delle altre nazioni: non restarvi moralmente, pernon restarvi politicamente. Linfluenza della personalit e dellinsegnamento dellAlfierisulla generazione successiva, che poi la generazione del 21, grandissima.

    Cuoco e il risveglio della coscienza nazionale

    Ma gi nei primi del secolo XIX, a Milano, centro della nuova vita italiana, sotto limpulsoche la Rivoluzione e Napoleone hanno dato alla coscienza nazionale, c uno scrittore, finoa pochi anni fa non conosciuto e non apprezzato in misura adeguata alla sua importanzastorica: uno scrittore, che non riusc in nessuna opera a dare forma matura ed intera al suopensiero, ma con un saggio storico mirabile di acume politico, di profondit filosofica e disenso storico dellanima italiana, con una specie di romanzo storico, artisticamentesbagliato ma ricco di pensieri eloquentemente espressi, e soprattutto con unattivitgiornalistica di copiosa vena, di alta ispirazione e di grande efficacia, riusc a piantare nelcervello e nel cuore deglitaliani suoi contemporanei a cominciare dai sommi, Foscolo eManzoni il concetto e il sentimento di una nuova Italia. La quale gi albeggiavaallorizzonte, ma si poteva promuovere con una nuova educazione morale, politica,militare, e insieme filosofica e letteraria. UnItalia consapevole del passato glorioso, nonper insuperbirne vanitosamente, ma per trarne argomento e nuove speranze, e a virilipropositi di risorgimento a dignit di nazione. Vincenzo Cuoco, storico, pensatore,scrittore, riprende il pensiero del Vico, ne schiarisce e volgarizza alcuni concettifondamentali, illumina con essi la mente dei contemporanei, ne fa strumento di un nuovoideale morale e politico del popolo italiano; e accende una grande fiaccola a capo della via,su cui sincamminer nel secolo nuovo il popolo vaticinato dallAlfieri. Dopo di lui ilproblema soprattutto morale dellastigiano si fa politico: e diventa il segreto del nostroRisorgimento. Rifare la tempra, la coscienza, il carattere degli italiani; i quali non potrannomai ottenere quello che non avranno meritato e conquistato da s. Glitaliani, che conNapoleone avevano imparato a combattere, cominciano a sentire come si possa dare anche

    la vita per vivere; almeno per vivere quella vita che necessaria alluomo che la pigli sul

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    serio. Risorge il sentimento religioso. I nostri patrioti, in un modo o nellaltro,concepiscono religiosamente la vita.

    Mazzini

    Signori, il tipo del patriottismo italiano, che ci ha dato una patria; quegli a cui noi cirivolgeremo sempre con animo reverente e grato, perch egli fu il profeta pi alto e pivero del Risorgimento, lEzechiele della nuova Italia, che per lui finalmente risorta tra lenazioni, ed in piedi ormai, e sa e afferma che c anche lei nel mondo, con i suoi doverima anche coi suoi diritti, e non cadr, non giacer pi, poich la vecchia Italia di cuiabbiamo parlato, se non ancora tutta morta, deve morire: fu Giuseppe Mazzini. Egli

    insegn aglitaliani come si ama, e come si acquista una patria; insegn che cos la vita incui la patria si pu amare e acquistare, e quali sono perci i doveri degli uomini. Orbene,egli (come un suo zibaldone giovanile ci ha test rivelato) lesse, trascrisse e medit gliarticoli pi italianamente ammonitori di Vincenzo Cuoco, senza neanche saperne fautore.E forma con lui una catena. La quale unisce tutti gli artefici del nazionale Risorgimento,poich tutti risentirono direttamente o indirettamente linflusso del suo spirito olavorarono sopra una base che egli con lardore della sua fede e col fervore della suainstancabile operosit cre, dando un principio, un orientamento e un concretoprogramma ai cospiratori pullulanti per tutta Italia prima di lui. E giunge fino a noi, estringe e conclude in unidea e in una fede tutta la storia di questa Italia nuova che sicompie a Vittorio Veneto, sfolgorando e annientando il suo antico avversario. Ora, ilvangelo mazziniano sopravvive alla meraviglia del Risorgimento, poich la fededellItalia che ne sorta; di quella giovane Italia che il Mazzini evoc. il vangelo fascista, la fede della giovent del 1919, del 22, doggi: della giovent ideale di questItalia, che fatta e deve essere ancora fatta; e rimane perci giovane anche nel cuore dei canuti, chesentano la verit della fede che fu preconizzata da Giuseppe Mazzini. Sono pochi gliarticoli di questa fede; e perch pochi, e sparsi, non avvolti nelle maglie dun laborioso esolido sistema filosofico, da prender tutto o tutto lasciare, poterono essere afferratifacilmente e compresi da moltitudini di spiriti ben disposti. E sappresero a migliaia dicuori giovanili e vi misero radici, e germogliarono e fruttificarono, sicch molti giovanipoterono poi staccarsi da Mazzini per quelle cose accessorie, che tante volte gli uominisintestardiscono a considerare essenziali; e poterono dimenticare dessere stati una voltamazziniani; ma ne riportarono il cuore rifatto e il petto fortificato.

    Il concetto mazziniano della Libert

    Il primo articolo era ed : combattere il materialismo. Il Mazzini, senza essere un filosofodi professione, come un Rosmini o un Gioberti, combatt tutta la vita tenacemente,

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    fieramente, efficacissimamente il materialismo. Era infatti la prima radice di tutte ledebolezze e magagne di cui si dovevano liberare gli italiani per sentire veramente la patriae fare quindi unItalia. La patria legge e religione, che richiede lassoggettamento delparticolare a un interesse generale e perenne, a una idealit superiore a tutto ci che c

    stato e c, neglindividui passati e presenti, e che per ogni singolo individuo tutto quelche esista o abbia valore. Ma per il materialista non c altro che lindividuo particolare, coisuoi istinti, col suo attaccamento alla sua vita particolare, come a bene supremo e assoluto,col suo bisogno di godere; di godere lui stesso, e gli altri in quanto il loro godimentorientri nel suo e lo aumenti: il particolare, di cui parlava il vecchio Guicciardini, luomosavio del Rinascimento, litaliano vecchio stampo. E il Mazzini sent che questomaterialismo indegno delluomo che pensa; sent che nessun uomo veramente puvivere vita degna di chiamarsi umana ispirandosi al materialismo, che fu per lui sinonimodindividualismo. In verit, o Signori, anche torcendo gli occhi per vile desiderio delproprio comodo dagli alti ideali della patria, del dovere, dei vincoli morali di fratellanzache avvincono a una stessa vita tutti gli uomini, chi che possa anche chiudersipigramente nellangusto ambito dei suoi pensieri e della sua egoistica vita di passionegretta e misantropa senza pensare, per lo meno, e confidare a s medesimo i propripensieri? E si pu pensare, senza tenere per ferma la verit di quel che si sta pensando? Eci pu essere per alcuno verit cos soggettiva che non valga se non per lui che se necontenta, senza che gli dia diritto di affermarla e proclamarla quando che sia, come quellaverit in cui chiunque debba consentire, almeno se la guardi dal suo stesso punto di vista?E si pu dire parola, anche nel silenzio dellanimo nostro, la quale, se pronunziata, nonabbia o sia per avere mai significato per altri? O non sentiamo tutti piuttosto il contrario? Ilpensiero prorompe irresistibilmente e safferma e sespande e propaga; perch noi lopensiamo, ma come pensiero di tutti, che unisce infatti nella verit uomini di luoghi etempi lontani. E la parola non ci suona dentro senza tendere da s a pronunziarsi esuscitare intorno sempre pi vasta onda di moto spirituale, di cui essa sia lespressione oforma vivente. E quella stessa parola che ci resta chiusa nel segreto del cuore un anello diuna catena: parte di un discorso da tempo iniziato e che sar proseguito, e fu espresso daaltri e sar, se non altro lasciando una traccia (al pari di tutte le parole che facciamo sonareallorecchio altrui) nellanimo nostro, dove non si canceller pi ancorch si dimentichi, eriechegger in altre parole e azioni, con cui ci rivolgeremo agli altri uomini. Cos sempre la

    parola ci lega insieme, come cosa nostra e non nostra: nostra e degli altri. Degli altri che cisono e ci saranno; e degli altri che ci sono stati; poich la parola ha una storia, nazionale,ossia di tanti che non parlano se non per la nostra lingua. Dunque? Lindividuo particolare un prodotto dellimmaginazione, mediante la quale ognuno di noi si rappresenta sstesso come uno dei tanti, nella folla, circoscritto dentro gli estremi limiti della nascita edella morte e nel breve confine della sua persona fisica. Laddove quel che ognuno di noi,egli lo sente bene dentro s stesso in quanto ha un diritto da affermare, un sentimento daesprimere, un ricordo da rammentare, una parola da dire, unimmagine luminosa dagettare nel canto, nel suono, nel colore e insomma in una forma eterna: e in generale una

    fede, una qualunque fede, alta o umile, a cui afferrarsi per palpitare nel ritmo incessantedella vita spirituale, da cui impossibile, per giuochi dimmaginazione, estraniarsi maitotalmente. Anche al tempo del Mazzini cerano i liberali che mettono lindividuo a capo

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    di tutti; i liberali che noi abbiamo ancora tra i piedi, e ricalcitrano e si oppongono almovimento irresistibile della storia. E il liberalismo levava al tempo del Mazzini unafiammante bandiera, quella bandiera della libert che anche Mazzini adorava, e per cuianchegli combatteva. E la libert era allora, politicamente, bisogno della nazione verso gli

    stranieri e bisogno dei cittadini verso lo Stato; era la questione principale. Ma gi Mazzinidiceva che la vera libert non quella del liberalismo individualistico, che non conoscenazione al disopra degli individui, e non intende perci la missione che spetta ai popoli, nil sacrificio a cui sono tenuti i singoli. E contro questo liberalismo egli lanciava laccusadellesecrato, cieco ed assurdo materialismo.

    Il concetto di Nazione

    Libert, s, diciamo oggi anche noi, ma nello Stato. E lo Stato nazione; quella nazione chepare qualche cosa che ci limiti e ci assoggetti a s, e ci faccia sentire e pensare e parlare eprima di tutto essere a un certo modo: italiani in Italia, figli dei nostri genitori e dellanostra storia, che ci sta alle spalle e ci mette un cuore in petto, e in bocca una favella, a quelmodo stesso che la natura, in generale, con le sue leggi, ci fa nascere con una certa forma efigura e destina a una certa vita ben definita e fondamentalmente irriformabile. Pare, ma altro. Un altro degli articoli della fede mazziniana, altra gloria immortale del Mazzini, questo concetto: che una nazione non unesistenza naturale, ma una realt morale.Nessuno la trova perci dalla nascita, ognuno deve lavorare a crearla. Un popolo nazione non in quanto ha una storia, che sia il suo passato materialmente accertato, ma inquanto sente la sua storia, e se lappropria con viva coscienza come la sua medesimapersonalit; quella personalit, alla cui edificazione gli tocca di lavorare giorno per giorno,sempre; che perci non pu dir mai di possedere gi, o che esista come in natura esiste ilsole o il monte o il mare; ma piuttosto prodotto di volont attiva che sindirizzacostantemente al proprio ideale; e perci si dice libera. Un popolo nazione se conquista lasua libert, apprezzandone il valore e affrontando tutti i dolori che pu richiedere taleconquista e raduna la sue membra sparse in un corpo solo, e si redime, e fonda uno Statoautonomo, e non presume ma crea il proprio essere con lassistenza di Dio che si rivela edopera nella sua stessa coscienza.Questo lalto concetto mazziniano della nazione, che pot infatti riscuotere il sentimentonazionale deglitaliani, e porre il nostro problema nazionale come problema di educazionee di rivoluzione: di quella rivoluzione, senza la quale neanche Cavour sarebbe stato ingrado di fare lItalia. Questa la nazione, per cui glitaliani non potranno non sentirsisempre affiliati della Giovine Italia mazziniana e oggi si dicono fascisti. La nazione s,veramente, non geografia e non storia: programma, missione. E perci sacrificio. Enon , n sar mai un fatto compiuto. Non sar mai quel grande museo che era lItalia unavolta per glitaliani, che lo custodivano e lo sfruttavano, e per gli stranieri che venivano a

    visitarlo, gettando un po di monete in mano ai custodi. S, musei, gallerie, monumentidantica grandezza e splendore: ma a patto di sentircene degni, a patto di volerne essere

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    degni, e non cacciar farfalle sotto larco di Tito n sedere smemorati a feste ecommemorazioni accademiche in Campidoglio; a patto di stare fieramente a difesa dellememorie con opere che riprendano le tradizioni pi vetuste e il passato nobilitino nelpresente e nellavvenire. E le memorie siano patrimonio da difendere non con

    lerudizione, ma col nuovo lavoro, e con tutte le arti della pace e della guerra, che quelpatrimonio conservino rinnovandolo e accrescendolo. Ed ai monumenti aggiungiamoneanche dei nuovi, se vi piace. Innalziamoli sulle nostre piazze a ringagliardire la tempra, adonorare i vivi pi dei morti nella consacrazione delle memorie recenti, pi glorioseveramente di quante ne abbia la storia italiana, e per elevare nellammonimento di ricordigenerosi la nostra coscienza di liberi cittadini di una grande nazione. Poich, ove sintendacos la nazione, anche la libert pi che un diritto un dovere: unalta conquista, che nonsi ottiene se non attraverso labnegazione del cittadino pronto a dare tutto alla sua patriasenza nulla chiedere.

    Ritorno del Fascismo allo spirito del Risorgimento

    Anche questo concetto della nazione, sul quale oggi noi insistiamo, non uninvenzionefascista. lanima di quella nuova Italia, che a poco a poco deve aver ragione dellavecchia. Il fascismo, col suo vigoroso sentimento dello slancio nazionale che trasseglitaliani al fuoco della Grande Guerra e fece loro sostenere vittoriosamente la tragicaprova, con la sua energica reazione ai materialisti di ieri che tentavano annientare il valoredi quella prova e prostrare lanima dei cittadini nello scoraggiamento disperato dellastanchezza e dellansia di un benessere tanto pi impazientemente bramato quanto pidifficile ad ottenersi; il fascismo agita innanzi agli occhi del popolo la grandezza e la

    bellezza del sacrificio compiuto come il suo pi grande patrimonio per lavvenire. E cosha scosso unaltra volta con mano possente la coscienza deglitaliani affinch siricordassero desser figli dItalia e si ricordassero delle condizioni, che resero possibilequesta Italia, fin dal suo primo Risorgimento; delle condizioni che diedero ai nostri padri ilmodo di vergognarsi dellantico servaggio, uscire dallinerzia, liberarsi dal vecchio abitodella retorica e della letteratura, cominciare a parlare seriamente di libert. Il fascismo ritornato allo spirito del Risorgimento con quel maggior vigore che poteva derivare dallacoscienza nuova della grande prova compiuta con tanto onore dal popolo italiano e dallacertezza della sua capacit di battersi e di vincere e contare insomma nella storia delmondo. Vi ritornato con un impeto insofferente di ogni fiacchezza e di ogni vilt, in unardore irrefrenabile di ridestare la nazione dal recente e certo momentaneo oscuramento eassopimento della sua coscienza, perch il frutto dellimmenso sacrificio non andassedisperso, perch il posto finalmente meritato e gi quasi raggiunto di grande potenza,ossia di nazione che ha una sua volont, non si perdesse affatto di vista, anzi diventasseoggetto di questa volont, per essere conquistato e mantenuto saldamente.

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    La violenza fascista

    In questo ardore impetuoso il fascismo, quando lo ha creduto necessario, ricorso alla

    violenza. Della qual cosa gli uomini della vecchia Italia a un certo punto hanno mostratodi scandalizzarsi. A un certo punto; perch in un primo tempo quella violenza serv aqualche cosa anche per essi: quando lo Stato pareva andare in sfacelo, e non era pi ingrado di garantire lordine pubblico. Il che, com naturale, presentava qualcheinconveniente anche per chi fosse disposto a lasciar disperdere e calpestare gli stessi valorimorali della guerra, e a continuare a sorridere della religione mazziniana della nazione,purch lindividuo avesse dai poteri pubblici la sicurezza della vita, dal lavoro al pensiero,per tutta la serie delle libert naturali; in altri termini, purch ogni galantuomo chepensasse a s e alla sua famiglia fosse lasciato vivere, una buona volta, dopo tutte le

    privazioni e le corves della guerra! E per quel primo tempo anche i manganelli deglisquadristi parvero una grazia di Dio. Ma, una volta riordinato lo Stato, riacquistata lasicurezza della vita normale, dimenticate tanto facile dimenticare le noie passate! lecause che resero necessaria quella violenza, non bast che il Capo del Governo fascistadichiarasse che ormai il manganello andava riposto in soffitta, e che cera ormai lo Stato,uscito dal fascismo, a promuoverne e difenderne glideali; non bast che lo squadrismodiventasse una milizia regolare, quantunque volontaria, dello Stato; non bast protestareogni giorno che tutto il fascismo non voleva pi essere una forza fuori dello Stato: ilmanganello, nella sua brutalit materiale, divenne il simbolo della violenta anima fascistafuori da ogni legge. E con malvagia perfidia si sfrutt ogni delitto, ogni sopruso, ogniprepotenza che si perpetrasse da delinquenti di parte fascista (poich un partito che tendea investire e permeare, e cos a educare le masse, e conta pi centinaia di adepti, non meraviglia che comprenda nel suo seno anche dei delinquenti, dei profittatori, deiprepotenti, sul cui conto esso possa ingannarsi, e che riesca a conoscere ahim troppo tardie con suo proprio danno) per colpire moralmente questo fascismo che ormai diventavaunira di Dio. Ed ecco una predicazione di francescana dolcezza e carit del prossimo, chenon sera mai sentita in Italia. Ecco un quaccherismo di cui gli italiani non avevano avutoesempio. Ecco la solita questione morale, con cui in Italia s cercato sempre di scrollare igoverni forti, che avessero una certa consapevolezza di quel che sia lo Stato, che se non forte, non Stato. Non voglio insistere su questo punto. La vecchia Italia questa volta deveaver pazienza e nella questione morale aspettare il giudizio della storia. Il fascismo non siconfonde cogli uomini che, qua o l, oggi o domani, possono rappresentarlo: unidea, unmovimento spirituale, che trae la forza da s medesimo, dalla propria verit, dalla propriarispondenza a bisogni profondi, storici e nazionali. E quello che oggi ognuno pu notare questo fatto curioso: che gli avversari sapendo che il fascismo unidea, non se la piglianocon questo o quel fascista, ma con tutti i fascisti, senza distinzione. O almeno con quelliche si fanno avanti e lottano per il fascismo. Contro di essi questi predicatori difrancescana carit che ora si dicono liberali! scaraventano dalla mattina alla sera botte

    da orbi: ridicolo, invettive, accuse fantastiche, diffamazioni, calunnie che sanno di essertali. Una violenza di linguaggio e un cinismo calcolato dei mezzi di combattimento da

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    degradarne un brigante. E nessuno di costoro se ne fa scrupolo: neanche i letterati e filosofiche pullulano, per ovvie ragioni, nellantifascismo, come pullularono sempre nella vecchiaItalia contro cui il fascismo insorto. Dire a un galantuomo tu sei una bestia, o unprofittatore o un violento, un appaltatore di delitti o un istigatore di malefatte, questo per

    i nostri liberali innocentissimi non violenza. Purch, stampata, la violenza non violenza. Tanta la magia del sincerissimo culto per la libert di stampa. Ora, o Signori,diciamolo chiaro ancora una volta per tutti gli uomini di buona volont. C violenza eviolenza; e nessun fascista mai, degno di marciare sotto un gagliardetto, le ha maiscambiate. E chi le avesse scambiate, non degno di stare con noi; e sar espulso, quandosar scoperto. C la violenza del privato, che arbitrio, anarchia, disgregazione sociale; ese il fascismo non una parola vuota di senso ci che neanche gli avversaripretenderanno nessun nemico codesta violenza ha trovato mai pi risoluto, pi schietto,pi formidabile del fascismo. Ma c unaltra violenza, che voluta da Dio e da tutti gliuomini che credono in Dio e nellordine e nella legge che Dio certamente vuole nel mondo:la violenza per cui tra la legge e il delinquente non c parit; e non possibile ammettereche questi liberamente si persuada ad accettare o meglio a chiedere quella pena, che pure,come giustamente osserv un grande filosofo, un suo diritto. La volont della leggeannulla la volont del delinquente: cio una santa violenza. E gli uomini, a cominciare daGes, ad atti di violenza ricorsero, sempre che ritennero fermamente che essirappresentassero la legge, o un interesse superiore ed universale. Nella Chiesa Cattolicanon solo i domenicani, ma anche i seguaci di San Francesco. Nello Stato sempre tutte leforze armate. Quando lo Stato fu in crisi, sempre gli uomini della rivoluzione che linstaurazione di un nuovo Stato. Il fascismo una rivoluzione? La sua idea certamenterivoluzionaria. A negargli il carattere rivoluzionario sono coloro che parlano con unenorme sproposito dei modi pacifici, e vogliono forse dire incruenti, della marcia su Roma,ma sono tutti i giorni impegnati a deplorare e a denunziare urbi et orbi la violenzasanguinaria e irriducibile del fascismo.

    La ricorrente barbarie di Vico

    Noi abbiamo ricordato tra gliniziatori memorandi della nuova Italia il grande filosofonapoletano Giambattista Vico. Ebbene, sorrideranno forse i nostri profondi contraddittoria sentire che il buon filosofo cattolico della Scienza nuova tra i maestri spirituali delfascismo. Ma io li rimando allo studio della morale eroica del Vico propria nell'et incui, sotto il terrore degli di, i primi uomini abbandonano per pudore la Venere vaga e conla forza e le violente passioni conformi ai disegni della Provvidenza fondano le famiglie equindi la societ e lo Stato; li rimando alla sua dottrina della ricorrente barbarie onde ineterno (e perci non soltanto in epoche determinate, ma sempre che occorra e per quantooccorra) si torna alla forza violenta per riordinare e far risorgere gli Stati degenerati e

    corrotti dalla libert propria delle nazioni pi civili dove la ragione tutta spiegata abbia viavia prodotto un regime di assoluta eguaglianza civile. Quante volte il fascismo non stato

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    accusato con inintelligente malevolenza di barbarie? Ebbene s: intendete il significatogiusto di questa barbarie, e noi ce ne vanteremo, come di sane energie frantumatrici diidoli fallaci e funesti, e restauratrici della salute della nazione nella potenza dello Statoconsapevole dei suoi sovrani diritti, che sono i suoi doveri. La nostra barbarie sdegner la

    falsa cultura intellettualistica traviatrice e falsificatrice, prona e indulgente alle velleitindividualistiche e agli egoismi anarcoidi, come sdegner la falsa piet e la ipocritafratellanza e perfino le regole del galateo che divezzino dalla rude e sana franchezza eavvezzino al reciproco inganno e a tutte le intollerabili tolleranze; ma accenderemonellanima italiana una sete inestinguibile del sapere che fatica e riforma interioredelluomo e conquista di mezzi morali e materiali per una vita sempre pi alta, sempre pifeconda, al particolare e alla nazione, anzi allumanit e al mondo, che nostro, o Signori,poich in esso viviamo e di esso; ed educheremo i nostri figli, i giovani che ci stannointorno vibranti dentusiasmo, a sentire che la vita non piacere, ma dovere, e che si amail prossimo non procurandogli e agevolandogli il quieto vivere anzi aiutandolo eallenandolo al lavoro, al sacrificio. Cos i genitori amano davvero i figliuoli: non carezze emoine, ma premura operosa vigile austera e preveggente, affinch ognuno sia pronto epari alle necessit della vita, alle leggi del mondo, al dovere.

    Dottrina fascista dello Stato

    Dalla nostra mazziniana coscienza della santit della nazione, come realt che si attuanello Stato, noi traiamo i motivi di quellesaltazione che siamo soliti fare dello Stato.Esaltazione che pare una nuova retorica agli scettici vecchio stile, che ci guardano,ammiccano, sorridono, tra lo scemo e il furbesco: e ripetono mormorando: statolatria! lasolita fissazione del liberalismo, che il Mazzini diceva individualistico e materialistico! Mitorna in questo momento al pensiero quel che diceva nel 1882 un valentuomo, che fuanche lui un liberale, ma un liberale di buona lega, uno di quelli che credevano davveronella libert, e lamavano seriamente. Noi siamo a questo diceva egli lamentando idisordini del parlamentarismo e le prepotenze dei radicali contro lo Stato da essi ridottostrumento dei loro capricci e delle volubili pretese delle folle o delle cricche ; noi siamo aquesto, che dello Stato in Italia s smarrito perfino il ricordo della sua etimologia. LoStato, rispetto almeno allarbitrio individuale, deve stare: deve reggere, come qualcosa difermo, saldo, incrollabile. Legge e forza: legge che si faccia valere e non ceda ogni volta cheal singolo non piaccia o non torni a favore di questa o quella categoria. E perch sia questaforza, deve essere potenza, interna ed esterna: capace di realizzare la propria volont.Volont razionale, o ragionevole, come tutte quelle che possono non rimanere allo stadiodi semplice velleit, ma tradursi in atto e trionfare; ma volont che non ne pu ammetterealtre che la limitino. Quindi, volont sovrana, assoluta. La volont legittima dei cittadini quella che coincide con la volont dello Stato che si organizza e si manifesta per mezzo dei

    suoi organi centrali. Rispetto alle relazioni esterne ed internazionali, la guerra, in ultimaistanza, sperimenta e garantisce la sovranit dello Stato singolo nel sistema della storia, a

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    cui tutti gli Stati concorrono. E lo Stato dimostra nella guerra la propria potenza, che come dire la propria autonomia.

    Stato etico

    Questo Stato che vuole, anzi la sola volont concreta, poich tutte le altre si possonodire volont solo astrattamente, in quanto si prescinde dai rapporti indissolubili onde ogniindividuo legato alla societ e ne respira quasi latmosfera come lingua, costume,pensiero, e interessi, aspirazioni questo Stato, dico, non sarebbe volont, se non fosse unapersona. Giacch per volere bisogna avere coscienza di quel che si vuole, dei fini e deimezzi; e per aver una tale coscienza, bisogna prima di tutto aver coscienza di s,

    distinguersi dagli altri, affermarsi nella propria autonomia, come centro di attivitconsapevole; insomma, essere persona. Ma chi dice persona, dice attivit morale; dice unaattivit che vuole quel che deve volere, secondo un ideale. E lo Stato che coscienzanazionale e volont di questa coscienza, attinge da questa coscienza lideale a cui esso mirae indirizza tutta la sua attivit. Perci lo Stato non pu non essere una sostanza etica.Consentitemi questa terminologia filosofica. Il significato trasparente, se ognuno di voi siappella alla propria coscienza e vi sente la santit della Patria che comanda, con ordine chenon si pu discutere, di essere servita senza esitazioni, senza eccezioni, fino alla morte. LoStato ha per noi un valore morale assoluto, come la persona in funzione della quale tutte lealtre hanno un valore, che coincidendo con quello dello Stato pur esso assoluto. Ponetemente: la vita umana sacra. Perch? Luomo spirito, e come tale ha un valore assoluto.Le cose sono strumenti, gli uomini fini. Eppure la vita del cittadino, quando le leggi dellaPatria lo richiedano, deve essere sacrificata. Senza queste verit evidenti e perci piantatenel cuore di tutti gli uomini civili, non c vita sociale, non vita umana. Stato etico? Iliberali adombrano. Non si rendono chiaro conto di questo concetto; e perci levano le pialte proteste, e si appellano a tradizioni, i cui princpi sono la negazione dogni realtmorale, quantunque derivino da una preoccupazione di ordine morale; e precipitano inquel materialismo, che fu proprio del secolo in cui la dottrina liberale classica venneformulata. I liberali oppongono che la moralit attributo dellindividualit concreta, che la sola vera volont, la sola personalit nel senso proprio della parola; e lo Stato non senon il limite esterno delle libere personalit individuali, le cui attivit deve conciliareimpedendo che luna si realizzi a danno delle altre. Questo concetto negativo e vuoto delloStato, il fascismo respinge risolutamente; non gi perch presuma di porre uno Stato al disopra dellindividuo; ma perch, secondo linsegnamento gi ricordato di Mazzini, non possibile concepire lindividuo in un astratto atomismo che lo Stato poi dovrebbecomporre in una sintesi impossibile. Noi pensiamo che lo Stato sia la stessa personalitdellindividuo, spogliata dalle differenze accidentali, sottratta alla preoccupazione astrattadeglinteressi particolari, non veduti e non valutati nel sistema generale in cui la loro

    realt e la possibilit della loro effettiva garanzia; personalit ricondotta e concentratanella loro coscienza pi profonda: dove lindividuo sente come suo linteresse generale, e

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    vuole perci come volont generale. Questa profonda coscienza che ognuno di noi realizzae deve realizzare dentro di s come coscienza nazionale nel suo dinamismo, con la suaforma giuridica, nella sua attivit politica, questa base stessa della nostra individualit,questo lo Stato. E concepirlo al di fuori della vita morale, privare lindividuo stesso

    della sostanza della sua moralit. Lo Stato etico del fascista non pi sintende lo Statoagnostico del vecchio liberalismo. La sua eticit spiritualit: personalit che consapevolezza; sistema che volont. E sistema vuol dire pensiero, programma. Vuoldire storia dun popolo raccolta nel fuoco vivo di una coscienza attuale e attiva. Vuol direconcetto di quel che si , si pu e si deve essere: vuol dire missione e proposito, in generalee in particolare, remoto e prossimo, mediato e immediato, tutto determinato. Lo Stato lagrande volont della nazione; e perci la grande intelligenza. Nulla ignora; e non si ritieneestraneo a nulla di ci che tocca linteresse del cittadino, che il suo interesse: neconomicamente, n moralmente. Nihil humani a se alienum putat. Lo Stato non n unagrande facciata, n un vuoto edificio: luomo stesso; la casa costruita e abitata e avvivatadalla gioia e dal dolore del lavoro e di tutta la vita dello spirito umano.

    Contro laccusa di statolatria

    statolatria? la religione dello spirito, che non sia precipitato nellabietta cecit delmaterialismo. la fiaccola agitata dal giovanile pugno fascista per accendere un vastoincendio spirituale in questa Italia che si riscossa ripeto e combatte per la propriaredenzione. Ma non si potr redimere se non restaura nel suo interno le forze morali, senon si abitua a concepire religiosamente tutta la vita, se non si addestra nella semplicitvirile del cittadino pronto sempre; senza esitazione, a servire lideale, a lavorare, a vivereed a morire per la Patria, posta in cima ai suoi pensieri, veneranda, santa; e se non ama lamilizia e la scuola che fanno potenti i popoli, e il lavoro come fonte dogni prosperitnazionale e privata, palestra di volont e di carattere.

    Fascismo e classi lavoratrici

    E il fascismo, ribelle nella maniera pi intransigente ai miti e alle menzogne del socialismointernazionalista dei senza patria e senza doveri, esasperatore del sentimento del diritto equindi dellindividualit in nome di un astratto e vuoto ideale di fratellanza umana, ilfascismo, che questo Stato forte etico concepisce non come plumbea cappa soffocatricedogni germe che fermenti nella vita spontanea della nazione, anzi come la forma supremae lunit cosciente e possente di tutte le forze nazionali nel loro maggiore svilupposuccessivo, non torna a cacciare dalla scena politica il proletariato che vi fu introdotto edesaltato dal socialismo. Lo Stato etico deve scaturire dalla stessa realt e perci aderirvi; eda questa aderenza derivare la sua forza e la sua potenza. Perci oggi il fascismo si

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    travaglia a riorganizzare sopra un fondamento nazionale e in perfetto accordo col suoconcetto morale dello Stato le masse lavoratrici; e vagheggia una forma di ordinamentoche, sottraendo lo Stato alla menzogna convenzionale del vecchio Parlamento deipoliticanti di professione, vi componga in assetto tanto pi durevole e solido quanto pi

    dinamico tutte le forze sociali, economiche ed intellettuali, onde si generano le sane eschiette correnti politiche del paese. Non entrer in particolari, che potranno esserecorollari della dottrina fascista, ma non sono il fascismo. Non sono i corollari che dannosignificato storico al nostro movimento. La sua importanza nellidea, nello spiritoanimatore; quello contro il quale, ne siamo certi,portae inferi non praevalebunt.

    II Fascismo religione

    Signori, il fascismo un partito, una dottrina politica. Ma il fascismo, e questa la suaforza, lo sappiano quelli che ancora non se ne sono capacitati; questo il suo gran merito, eil segreto del prestigio che esercita su tutti gli animi che non sono vittima del chiacchieriomaligno e interminabile di certi giornali in tanto un partito, una dottrina politica, inquanto prima di tutto una concezione totale della vita. Non si pu essere fascisti inpolitica e non fascisti, come ricordavo test alla Sezione del Fascio, in scuola, non fascistinella propria famiglia, non fascisti nella propria officina. Come il cattolico, se cattolico,investe del suo sentimento religioso tutta la propria vita, e, parli ed operi, o taccia e pensi emediti nella propria coscienza, o accolga e nutra dei sentimenti, se veramente cattolico, eha senso religioso, si ricorder sempre del pi alto monito della sua mente, per operare epensare e pregare e meditare e sentire da cattolico; cos il fascista, vada in Parlamento, o sene stia nel Fascio, scriva sui giornali o li legga, provveda alla sua vita privata o conversicon gli altri, guardi allavvenire o ricordi il suo passato e il passato del suo popolo, devesempre ricordarsi di essere fascista! Cos si adempie quella che veramente si pu dire lacaratteristica del fascismo, di prendere sul serio la vita. La vita fatica, sforzo, sacrificio, duro lavoro; una vita in cui sappiamo bene che non c da divertirsi, non si hail tempo di divertirsi. Innanzi a noi sta sempre un ideale da realizzare; un ideale che non cid tregua.Non possiamo perder tempo. Anche dormendo, dobbiamo rispondere dei talenti che cisono stati affidati. Dobbiamo farli fruttare, non per noi che non siamo niente, ma per ilnostro paese, per la Patria, per questa Italia che ci riempie il cuore con le sue memorie econ le sue aspirazioni, con le sue gioie e con i suoi travagli, che ci rampogna per i secoliche i nostri padri perdettero, ma che ci riconforta con i recenti ricordi, quando lo sforzoitaliano apparve un miracolo; quando lItalia tutta si raccolse in un pensiero, in unsentimento, in un desiderio di sacrificio. E furono appunto i giovani, fu la giovine Italia delProfeta, che fu pronta, corse al sacrificio, e mor per la Patria. Mor per lideale per cuisoltanto gli uomini possono vivere, per cui gli uomini possono sentire la seriet della vita.

    E pensando a questi ricordi recenti in cui si concentrano tutte le memorie della nostrastirpe, in cui e da cui prendono le mosse tutte le speranze del nostro avvenire, noi che

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    abbiamo coscienza di italiani, coscienza fascista, noi sentiamo di non potere i nostriseicentomila morti non vederli sempre innanzi a noi, risorti ad ammonirci che la vita deveessere presa sul serio, che non c tempo da perdere, che lItalia deve essere fatta grandecome essi la videro nel loro ultimo sogno, come grande deve essere e sar se anche noi per

    essa ci sacrificheremo, giorno per giorno, sempre.