gennaro tedesco - terre di confine tra bisanzio e bagdad

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  • 8/2/2019 Gennaro Tedesco - TERRE DI CONFINE tra Bisanzio e Bagdad.

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    G T

    G B

    Glocal University Network

    http://www.glocaluniversitynetwork.eu/

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    G B

    Glocal University [email protected]

    www.glocaluniversitynetwork.eu

    All rights reserved

    Distributed under license Creative CommonsPrima Edizione, Novembre 2011

    Copertina:Stemma Bizantino

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    Da anni parliamo della comunicazione e di una societ costruita attorno alla comunicazione.

    In pochi vivono dentro la comunicazione.

    Vivere dentro la comunicazione significa pensare per connessioni, imparare dai problemi, sviluppare eformalizzare il pensiero. Vivere nella comunicazione significa avere un progetto didascalico.

    Nel corso degli ultimi anni lo sviluppo dellinformatica e della telematica ha aperto una nuovadimensione alla comunicazione visiva e alla fruizione dei testi: quella dellinterazione ciberneticamediata da oggetti grafici.

    Tutto cambia: cambiano gli artifici visivi, la interazione relazionale; cambiano i tempi, gli spazi, iprocessi di significazione, la partecipazione, le sensazioni, le riflessioni; cambia la politica, leconomia, laprogettazione, la programmazione, i linguaggi; cambiano gli stimoli percettivi, in dispositivi semiotici,

    gli oggetti duso; cambia infine la scrittura in un lessico fatto prevalentemente di interfacce grafiche,iconiche, da quando cursori e pulsanti hanno sostituito penne e calamai popolando ormai il nostrospazio operativo di nuove funzioni Touch Screen. Ormai siamo definitivamente nella comunicazione,dentro la florida e incessante dinamica della ipermedialit.

    Ma non cambiamo noi. Cambiano molto pi lentamente le nostre capacit cognitive e culturali.Apprendiamo con le vecchie metodologie, le scuole e le universit continuano ad ignorare i processi diapprendimento nuovi della societ della comunicazione. Tra la vita scolastica istituzionale, pubblica e

    privata, e i processi di apprendimento della societ della comunicazione c un vuoto in cui crollanoquasi tutte le professioni.

    Il Glocal University Network ha la grande ambizione di coprire quel vuoto, di entrare nellacomunicazione globale con una serie di strutture universitarie locali, organizzate in sintonia con lamultimedialit della nuova didattica

    Liliana Montereale

    EDITORIALE

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    BIOSHORT GENNARO TEDESCO

    ATTUALMENTE RICERCATORE PRESSO LANSASNTLMILANO, AGENZIANAZIONALE PER LO SVILUPPO DELLAUTONOMIA SCOLASTICANUCLEO TERRITORIALE DELLA LOMBARDIAMILANO E IN PRECEDENZARICERCATORE PRESSO LEX IRRELOMBARDIA E IRRSAELOMBARDIA AMILANO.

    LAUREATO SIA IN FILOSOFIA CHE IN LETTERE CLASSICHE CONNUMEROSI PERFEZIONAMENTI POSTUNIVERSITARI IN DIDATTICAIN VARIE SEDI UNIVERSITARIE DELLA PENISOLA, STATO ASSISTENTEVOLONTARIO NON RETRIBUITO PRESSO LA CATTEDR A DI FILOLOGIABIZANTINA DELLUNIVERSIT DI SALERNO, ACCUMULANDO, DOPOLOTTENIMENTO DELLE DUE LAUREE, NUMEROSI ANNI DI RICERCA TRALUNIVERSIT DI SALERNO, DELLA CALABRIA E IL PONTIFICIO ISTITUTO DISTUDI ORIENTALI DEL VATICANO.

    F

    REUENTATORE DEL CENTRO STUDI BIZANTINI DEL PROFESSORANDR GUILLOU A BARI HA VISTO UESTULTIMO PARTECIPARE A

    UN SUO PROGETTO DI RICERCA SULLA CIVILT BIZANTINA IN ITALIA.COLLABORATORE DI NUMEROSISSIME RIVISTE ITALIANE ALLE UALIHA CONTRIBUITO E CONTRIBUISCE CON UNA NUTRITISSIMA SERIE DIARTICOLI DI STORIA E DI RICERCA EDUCATIVA E DIDATTICA, NELLULTIMODECENNIO HA PUBBLICATO DUE SAGGI DI BIZANTINISTICA DI CUI LULTIMOENTUSIASTICAMENTE RECENSITO DAL PROFESSOR EDWARD LUTTWAK

    PROFILO BIOGRAFICO

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    TERRE DI CONFINE

    TRA BISANZIO E BAGDAD

    IDENTITA ITALIANA E GLOBALIZZAZIONE

    Sicura fende londa la prua della galea,

    un ramo di ciliegio portato dalle onde

    E luccica la pelle di schiavi rematori,

    il ritmo del tamburo scandisce la fatica

    Terra di Bisanzio, terra dambra e doro,

    trema sotto il passo di eserciti latini

    E brillano le spade dei principi templari,

    la danza delle ombre ancora si ripete

    Donne dalle labbra color di melograno

    offrono lamore a stanchi cavalieri

    E notte di Bisanzio, di pesco profumata,

    la spada di Venezia,

    la terra ritrovata.

    Il testo che qui si propone un primo tentativo di offrire un quadro di riferimento policentrico inuna comunit educativa in cui ancora domina, a parte forse alcune lodevoli dissonanze, un notevoleapproccio latinocentrico.

    Nel momento in cui le fiamme dei Balcani e i roghi del Medio Oriente ancora bruciano allorizzontedel cos detto Occidente, unEuropa, che si accinge a divenire sempre pi balcanica e orientale, insieme

    alla sue istituzioni formative, non pu che guardare sempre di pi al suo passato per riscoprire, leggere,interpretare il suo presente e rilanciare il suo futuro, gettando il suo cuore oltre le macerie del nostrotempo contro la freddezza dei suoi burocrati.

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    IDENTITA ITALIANA E GLOBALIZZAZIONE

    In che modo la Scuola, soprattutto quella italiana, pu contribuire a ridefinire i confini di un processo

    identitario nazionale ed europeo nel momento in cui essa sottoposta allimpatto di una Riforma

    scaturita, in parte non piccola, dal rullo compressore della globalizzazione in corso, a diversi livelli,

    nella totalit dellecumene?

    Domanda difficile e complessa, eppure inevitabile e soprattutto ineludibile. Non vogliamo investire laScuola italiana di missioni palingenetiche e perci impossibili, ma non ci pare che, al momento, altreagenzie educative e formative nazionali, come la televisione o la stessa stampa quotidiana e periodica,si diano da fare per affrontare il problema.

    Al contrario ci sembra che esse addirittura non contribuiscano a diradare le nebbie, accrescendo ilbuio oltre la siepe e producendo un rumore di fondo e un fastidioso polverone propagandistico cheindottrina e strumentalizza lopinione pubblica.

    Le prime vittime di questo pericoloso gioco al massacro delle idee sono proprio gli adolescenti e igiovani, irretiti dalle facili, ideologiche e demagogiche contrapposizioni dello scontro delle civilt.

    Come rimediare, se ancora possibile, con qualche barlume di speranza, a questa preoccupante erischiosa semplificazione ideologica della realt? Come uscire dalla logica devastante degli oppostiestremismi, dallambiguo e deleterio Ritorno dello Spirito delle Crociate? Come deideologizzaree decontaminare le ataviche e ancestrali relazioni tra Occidente e Oriente?

    Perch evidente, a questo punto del discorso che la globalizzazione si riduce anche e soprattuttoallesito dello scontro tra un Occidente americanizzato, guidato dal puritano condottiero dellImpero

    del Bene, George Bush contro il luciferino e diabolico Anticristo, signore fondamentalista dellImperodel Male, Bin Laden.

    A noi sembra che tutto questo e altro ancora sia il motivo dominante ormai sulla scena mondiale enella vita quotidiana di molti adolescenti e giovani, ma anche di tanta parte dellopinione pubblicanon solo italiana.

    La scuola italiana pu fare qualcosa per uscire da questa paralizzante, sconcertante e soprattuttodiseducativa situazione che si venuta a creare in questi ultimi anni, esasperando ed avvelenando ilclima generale, inasprendo e incancrenendo i rapporti internazionali?

    elementi di verit, stemperando polemiche assurde e pretestuose.

    Forse, mai come in questi ultimi disastrosissimi anni, la Scuola, attraverso la Didattica della Storia,pu contribuire e inserirsi nel tentativo di ridefinire le conoscenze storiche, il loro utilizzo, la loro

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    capacit di azione nella realt quotidiana degli adolescenti e dei giovani, cercando di introdurre alcunielementi di verit, stemperando polemiche assurde e pretestuose.

    In funzione di questo obbiettivo storico-didattico, come gruppo di ricerca costituitosi allIrreLombardia, abbiamo deciso di puntare la nostra attenzione sul Mediterraneo e lItalia in epocamedioevale. La Didattica della Storia, anche e soprattutto in funzione del nostro obiettivo, depotenziarela polemica Occidente-Oriente e ridefinire qualche tratto dellidentit nazionale, non si pu ridurreallambito del Medioevo, ma deve sempre presupporre un continuo e permanente confronto analogicotra varie epoche, tra passato e presente. E ovviamente tale arduo compito non pu prescindere dallaconsiderazione strategica della trasformazione epocale che proprio la globalizzazione in corso haimposto, volenti o nolenti, anche ai modi e alle forme dellinsegnamento-apprendimento.

    La telematica, linformatica, internet con la sua infinita Biblioteca Virtuale, la posta elettronica, hannoorizzontalizzato la didattica e forse, a maggior ragione, la didattica della storia. Essa, la didattica dellastoria, ha sviluppato un proprio dinamico campo dazione, la microdidattica del territorio e dellasua evoluzione storica, quasi una reazione locale, in qualche caso localistica, alla globalizzazione

    didattico-storica per via informatica.

    Ai docenti non rimane che inserirsi in questa onda lunga della storia contemporanea per integrare ipropri allievi in questo ecumenico laboratorio, o, meglio, atelier aperto al mondo. uesta integrazione

    laboratoriale degli allievi sarebbe utile per assecondare la digestione e la metabolizzazione dellastraripante e debordante accumulazione di una massa critica di dati contenuti nella Biblioteca Virtuale.Sollecitando e consolidando linteresse e la motivazione degli allievi allo studio ed eventualmentealla ricerca, il laboratorio didattico li renderebbe protagonisti consapevoli di un processo continuo ecritico di apprendimento, personalizzato, e, possibilmente, individualizzato.

    Il ridimensionamento, se non la rottura, ad opera soprattutto della informatica e della telematica, maanche del cos detto pensiero complesso, della linearit e della sequenzialit logico-didattica, rendesempre pi obsoleto e impraticabile lapproccio verticalistico dellinsegnamento frontale.

    Ma il colpo di grazia, le potenti iniezioni di disarticolante e dirompente stricnina alla verticalizzazionedellinsegnamento lo hanno dato e lo continuano a dare, incrementandone anzi le dosi venefichee mortali, proprio gli adolescenti e i giovani delle Superiori. Essi, gli adolescenti, nel loro disagiosempre pi evidente e crescente, nel loro rifiuto del claustrofobico riduzionismo dellaula sordae grigia, ristretta e restrittiva e dellottica devastante dellallievo a una dimensione, sempre di pinegano lunidimensionalit e lunilateralit del canto del cigno del maestro, retore e oratore diuna monodia unilineare e perci monotona ed ideologica: un maestro, a sua volta, prigioniero di unadidattica e di un mondo vecchio e al tramonto, che non pu pi appartenere ad allievi la cui aulanon pi e non pu essere pi laula di cemento armato, ma il palcoscenico virtuale del mondo da

    Oriente a Occidente.Essi, gli allievi, viaggiatori e navigatori neo-odisseici delle rotte virtuali di Internet, non hanno pinulla a che vedere e a che fare con la didattica unilineare. Essi sono i figli o i nipoti, (finalmentesvezzati, si spera, e liberi dal professore padrone), di un Dio Maggiore che li ha resi finalmente

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    protagonisti del loro processo personale ed individuale di apprendimento. Le loro rotte di navigazioneapprenditrice, educativa e formativa sono frutto della rottura degli schemi della sequenzialit logico

    didattica di tipo aristotelico.

    La logica informatica, il montaggio cinematografico e televisivo, un certo ritmo narrativo e dellavita quotidiana, rotto, franto, frammentato, parcellizzato, scisso, scismatico, dicotomico, ritorto econtorto, con una sola parola schizofrenico, ha inserito gli adolescenti in un universo apprenditivo,esperienziale, interattivo e non lineare che rende sempre pi difficile accettare la lezione frontaledel maestro o professore cantore che sembra sempre di pi coincidere con una specie di pensierounico globalizzato e standardizzato, o, peggio, con una specie, forse pi insostenibile e ignobile, dimessaggio profetico ed ideologico.

    E se gli adolescenti, tra laltro nella fase pi acuta della ricerca di una propria identit, sono sempremeno disposti a divenire strumenti ciechi e passivi di volont altrui, acritici fedeli del Verboprofetico, amorfi ricettori di messaggi obsoleti, univoci e insostenibili, figuriamoci quanto menoancora lo sarebbero e lo sono eventuali allievi orientali, islamici.

    Sempre di pi per questi allievi maomettani la nostra Scuola, e a ragione, si proietterebbe e apparirebbecome una Scuola della Dottrina Occidentale. E allora, forse proprio le possibilit dialogiche edinterattive, fornite da Internet, ci possono aiutare a inserire anche gli allievi islamici nel contesto virtualedi un atelier storico-didattico, atto ad orizzontalizzare e a smitizzare lapproccio e il confronto,

    o peggio ancora, lo scontro tra le civilt. La predisposizione e la costituzione di un atelier virtualestorico-didattico, rompendo e abbattendo le barriere divisorie delle aule e delle classi, inviterebbe einvoglierebbe gli adolescenti a ricercare, senza pregiudizi e liberamente, ricorrendo il meno possibilealla guida e allarbitraggio dei docenti, le fonti storiche comuni, rileggendole e reinterpretandole,nello sforzo incessante della comune ricerca della verit, adoperando gli inesauribili scaffali dellasterminata ed infinita Biblioteca universale e virtuale fornita da Internet.

    Ma soprattutto gli allievi italiani, forse pi di quelli islamici, molto discretamente o il meno possibilepresi per mano dai docenti, meglio, da una equipe interdisciplinare di docenti, scoprirebbero

    nella ricchissima e immensa storia nazionale del loro Paese verit perdute e mai immaginate perchoscurate e calpestate dal grande, sconfinato e hollywoodiano circo Barnum mediatico e globaleche, come una immensa e colossale idrovora, risucchia e stritola qualsiasi frammento, grande opiccolo, di verit storiche divergenti. Ma contro questo drago onnivoro, dalle mille teste, sputafuocoe incendiario, che tenta di inglobare e globalizzare qualsiasi oggetto e soggetto incontri davanti a snella sua marcia trionfale e distruttrice di ogni memoria proibita e pericolosamente alternativa, unaScuola, attrezzata come laboratorio o atelier virtuale, senza la disastrose e claustrofobiche barrieredivisorie delle aule di cemento armato e alla ricerca del contatto umano e apprenditivo orizzontale,grazie alluso intelligente e sapiente di Internet, pu disporre dei suoi cavalieri, ammazza drago, senza

    macchia e senza paura, cio i suoi allievi, alla guisa di redivivi San Giorgio, armati dei loro potenti eprepotenti computer in rete.

    Allora gli allievi italiani delle Superiori, scavando tra le polveri elettroniche della Biblioteca UniversaleVirtuale, si imbatteranno nel corpo ancora vivo e palpitante di una Terra di confine: lItalia del Sud,

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    senza escludere Venezia, nel Medioevo tra Longobardi, Franchi, Normanni, Arabi e Bizantini inun Melting pot senza precedenti nella storia dellumanit. Una civilt di confine, completamente

    dimenticata o comunque scarsamente indagata dagli stessi manuali di storia delle Scuole Superiori.

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    E i maggiori protagonisti di questostupendo e civilissimo mosaicomultietnico e multiculturale delpassato, i Bizantini e gli Arabi,oggi sono completamente sparitinella logica globalizzante. Essisono caduti nelloblio riservato atutti i grandi protagonisti dellaStoria vinti. Essi sono divenutianche brutti, sporchi e cattiviperch nel frattempo divenutianche poveri. Perch se oggi iGreci, tra i discendenti diretti diBisanzio, tra immani difficolt,sono quasi del tutto riusciti asuperare il loro quasi atavicoretaggio turcocratico che li

    aveva sottoposti a un duro e avvilente servaggio politico ed economico, non si pu dire la stessa cosadegli Arabi, ancora profondamente e maledettamente avviluppati nella logica devastante di un brutalee quasi totale sottosviluppo, a parte qualche notevole e meritoria eccezione, la Turchia. Allora eccola prima domanda che nascerebbe spontanea nellanimo degli allievi: la maledizione delleconomiacontemporanea o la Storia che marchia gli uomini e le civilt?

    Ovviamente, pi degli Arabi, nellItalia medievale, hanno inciso, lasciando tracce indelebili dellaloro presenza, i Bizantini. Ma i Bizantini, forse pi degli Arabi, appartenendo al mondo dei vinti,prima ancora della loro decapitazione e della loro damnatio memoriae, operata dai vincitori, i

    Normanni, gli uomini venuti dal freddo del Nord, hanno scontato e subito gli effetti devastanti di unapropaganda papale senza precedenti nella storia dellumanit, paragonabile per entit e per portata,solo agli effetti della propaganda spagnola nel Nuovo Mondo, tesa, dopo il grande massacro dei Maya,degli Aztechi e degli Inca, ad occultare, anzi a distruggere qualsiasi traccia della splendida e rigogliosacivilt dei vinti. Negli allievi scatterebbe immediatamente una seconda inevitabile ed ineludibiledomanda: ma chi erano questi Bizantini, quale misfatto, quale delitto, quale colpa hanno commessoper ricevere tanta inusitata attenzione, e soprattutto per riscuotere tanto interesse e violenza permeritare una cos terribile punizione?

    Gli allievi, da tali domande, saranno indotti a interrogare sempre di pi la rete, i suoi documentivirtuali, ma anche, sollecitati dai docenti, a verificare lacune e carenze dei manuali di storia su questascismatica e subdola genia di falsi e abietti cristiani nella propaganda degli Occidentali, dei Latini,cio Normanni, Franchi e Papato.

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    Gli allievi e i docenti constaterebbero che le fonti occidentali, quando menzionano i Bizantini, lofanno solo per distorcere tendenziosamente i fatti e le loro azioni che sono sempre marcate col giglio

    dellinfamia, della corruttela, dellabiezione, della effeminatezza, della ambiguit e della perversionemorale e religiosa: insomma la rappresentazione a tinte fosche di un mondo in cui, malgrado tutto,ci si rispecchia, deformandolo, perch non lo si riesce a capire e soprattutto, pur nella artificiosa einconsistente propaganda della fraseologia anti-orientale, perch lo si ammira e lo si invidia, cercandomolto spesso di imitarlo non solo nelle manifestazioni pi vistose ed eclatanti della sua insuperabile eaffascinante scenografia autocratica.

    Ed proprio nel Sud della penisola che, paradossalmente, la provincia bizantina meno importanterispetto ai bastioni micro-asiatici dellImpero bizantino, che gli Occidentali, i Latini, tra cui anche

    i Longobardi (gli Arabi essendo considerati dal Basileus meno lontani rispetto ai Franchi e pivicini al mondo romano-orientale) entrano a contatto e fanno esperienza di quellaltro mondo,quello romano-orientale, bizantino, cos diverso dal loro, eppure cos attraente e magnetico da farimpazzire la bussola occidentale.

    Bisanzio, come la storiografia pi recente ha dimostrato, ha sempre considerato lOriente il suo fronteprimario e strategico: qui con il nemico-amico islamico che si sono giocati i destini incrociatidelle due civilt a contatto, quella greco-ortodossa e quella islamica. E qui che i due Imperi, pi chein Occidente, si sono scontrati e incontrati con un esito del tutto imprevedibile, una contaminazione

    non solo culturale su cui solo oggi gli storici pi avvertiti, sia bizantinisti che arabisti, cominciano aincontrarsi e soprattutto a interrogarsi. E a maggior ragione si dovrebbero interrogare i nostri allievi,i docenti e gran parte dellopinione pubblica non solo nazionale.

    Ma torniamo al Sud della penisola. Certo, nel Sud, la politica imperiale e occidentale di Bisanzio, voltaalla globalizzazione ortodossa, rapida e non violenta, se possibile, delleterogeneo mosaico di etnie,anche non ortodosse, che in esso sono presenti e operanti da secoli, (non dimentichiamo inoltre lecos dette Repubbliche marinare come Amalfi, Napoli, Sorrento e Gaeta) si attua nella consapevolezzastrategica della esiguit e della carenza di mezzi e risorse disponibili impegnate soprattutto ad Oriente.E in questo chiaro e limitante quadro di riferimento politico che si spiegano le abili e avvolgenti

    manovre, mosse e contro-mosse degli infaticabili strateghi bizantini. ueste manovre sono spessodettate dalla capitale, comunque con ampli e significativi margini di libert da parte degli ufficialibizantini locali, ma soprattutto dettate dalle necessit, con le limitate risorse disponibili, di adattarsialla mutevole, variegata e variopinta realt locale in un complesso, complicato e sofisticato gioco disnervanti ed estenuanti equilibri ed equilibrismi. uesti non sono per nulla compresi dalle fontioccidentali locali, essendo scambiati assai spesso per debolezza, codardia, vigliaccheria e soprattuttoper doppiezza e immoralit (il calco abusato e usurato nei secoli dei Graeculi effeminati e corrotti).Ma Bisanzio guardava ad una prospettiva globale e mondiale, gli altri, gli Occidentali, i Barbari chebalbettano il greco, non guardavano e non erano in grado di guardare oltre il cortile del loro ristrettoe angusto spazio locale. Ed allora ecco che di necessit si fa virt: Bisanzio non pu e non devedispiegare tutto il suo immenso potenziale militare nel Sud e in Italia, lImpero romano-orientale,che gi di per s una mediazione vivente tra Occidente latino e Oriente islamico , potenzia proprionel Sud tale particolare caratteristica, cio la mediazione, adoperando quellarte della politica, quella

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    capacit di adattarsi alle diverse e mutevoli situazioni, senza perdere per le sue connotazioni essenziali.

    La capacit, tutta ed esclusivamente bizantina in Italia di tollerare e dialogare, allinterno degli incertie conflittuali confini della sua ricca provincia, il Catepanato, con i soggetti e le etnie pi varie, daiLongobardi agli Arabi, dagli Ebrei, ai Bulgari e agli Armeni, si scontra con gli interessi e una mentalitoccidentale, abituata a concepire e praticare non solo nel Sud e in Italia (si rifletta sul fenomenosuccessivo delle Crociate) le relazioni con laltro, diverso da s, solo ed esclusivamente in termini dioplitismo, cio di aggressione frontale e totale.

    Le categorie della mediazione e conseguentemente larte millenaria, faticosa ed estremamentecomplessa e raffinata, della mediazione, o, se si preferisce, della diplomazia (i Bizantini parlerebberodi capacit, divenuta anche necessit, di adattarsi alle infinite pieghe e alle asperit del terreno,derogando qualche volta dalla regola, dalla norma) sono al servizio di un obbiettivo strategico e politicoatto a perseguire, raggiungere e gestire un delicato e complicato processo di pacificazione, nel contestoe allinsegna di una egemonia culturale ed economica prima che religiosa e politica. Un approccio allarealt del Sud e dellItalia completamente diverso e opposto allapproccio immediatamente e anchefisicamente predatorio e vessatorio degli uomini venuti dal freddo del Nord, i Normanni. Dietroi Normanni si nascondeva il progetto altrettanto predatorio e brutalmente religioso di revancheromano-cattolica nei confronti di un Sud greco-ortodosso tanto pi pericoloso proprio perch la suafede saldamente e profondamente ortodossa era l a due passi dalla capitale religiosa del mondo latino

    a testimoniare la forza sconcertante e sconvolgente di un modello romano-orientale alternativo,non solo nella sfera cristiana, al primitivismo romano-cattolico, ammantato e gravato dalla rozzezzamilitaresca dei Normanni.

    La capacit di adattamento mentale ed intervento pratico in una realt storica multietnica,multireligiosa e multilaterale era adottata, ben interpretata, incisivamente e proficuamente attuataproprio dai quei monaci italo-greci, di rito ortodosso che assumevano su di s le caratteristichedelleroe per antonomasia nella societ bizantina significativamente permeata di radicati e radicalisentimenti mistico-cristiani. Essi, i monaci italo-greci, rappresentavano anche il prototipo produttivoin cui si rispecchiava lelemento rurale, i contadini. uesti ultimi seguivano i monaci nel dissodare e

    coltivare le terre al servizio di Dio e delluomo.

    Pur in un quadro politico generale che non escludeva il confronto militare, Bisanzio riusc a farinteragire o comunque a garantire un relativo equilibrio di forze che rese possibili contatti e scambicon etnie, culture e civilt che, altrove, esclusa Venezia e la frontiera microasiatica, non sarebbe statopossibile neanche lontanamente immaginare.

    E malgrado questo bello e fragile edificio fosse pi tardi, dalla fine dellXI secolo, malamente ebrutalmente abbattuto dai Normanni che, tra laltro, introdussero nel mondo greco-bizantino lapratica feudale, ignota ai liberi proprietari contadini del Catepanato, lamalgamazione interetnica einterculturale, iniziata e promossa dai Bizantini nel Sud, giunse alla pi alta e matura manifestazionedi s nei secoli successivi. Dai Normanni agli Svevi, agli Angioini e anche oltre, fino a giungere allaPrimavera del Rinascimento, il destino imperiale, cio romano-orientale e quindi interetnico,inter-religioso ed interculturale, che aveva contrassegnato i secoli precedenti, continu a imprimere

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    Fino ad ora abbiamo evitato diriportare una inutile e sterileenciclopedia di nomi e personaggi,ma un nome, a questo punto, vaassolutamente citato, quello delgrande e poliedrico filosofobizantino, Giorgio Gemisto Pletone,del quale, solo da poco e con grandedifficolt, gli studiosi contemporanei

    ne stanno sondando e riconoscendolinestimabile e misconosciutocontributo alla storia della civilt.

    E probabile che, a questo punto delnostro percorso didattico, gli allievicomincerebbero a percepire unleggero fastidio. Infatti, questo loro(e nostro) viaggio, si spera non troppoallucinante e pesante, alle radici ealle fonti vive della nostra identit,che apparir sempre meno nostra e

    occidentale e sempre pi orientale, pu correre il rischio di divenire troppo virtuale e quindi tropposegregato nel contesto di un laboratorio bello ed affascinante, ma avulso da agganci e rapporticon il mondo della realt non solo didattica. E allora sarebbe necessario, oltre che didatticamente eformativamente salutare e proficuo, ritornare a qualche contatto meno tecnologico e pi attento alledinamiche realistiche della storia: un bel viaggio distruzione a Venezia consentirebbe agli allievi eai docenti di ritrovare una dimensione pi immediata e un approccio pi diretto e anche pi emotivo.

    Se infatti la dimensione ludica dellapprendimento per via informatica, interattiva ed esperienziale una delle manifestazioni pi evidenti e significative del mondo adolescenziale, lemotivit alla basedellapprendimento adolescenziale, il cui immaginario saturo di simboli ed analogie, di ritualit,mitologie passionali, comunitaristiche, fortemente identitarie e coinvolgenti.

    il suo marchio e il suo impulso dinamico a una societ intera, quella dellItalia tutta questa volta, colcontributo rilevante della stessa Venezia, la Costantinopoli occidentale, la quarta Roma.

    La nostra penisola, dislocata come al centro delle rotte mediterranee e allo stesso tempo cernierastrategica e terra di confine tra Occidente e Oriente, fino al XV secolo, non solo attraverso il Sud,ma anche attraverso il profondo, prolungato e diretto contatto con Bisanzio, fu punto di attrazione,diffusione, appropriazione, interpretazione e rielaborazione originale della cultura bizantina. Talecultura, a sua volta, si caratterizzava per la insuperabile capacit di mediazione, filtrava e trasformavalimmenso potenziale umano e ideale proveniente dallaltro Oriente arabo, turco, persiano,mesopotamico, indiano e cinese, su cui solo oggi e da poco i bizantinisti e gli arabisti cominciano aporre la loro attenzione.

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    In quelle circostanze, visive, tattili e olfattive, dellesperienza diretta del sito (che possiamo definirearcheologico) vivente e in parte ancora pulsante delle calli e dei campielli della Venezia attuale e

    contemporanea, essi, opportunamente preparati e formati nel laboratorio virtuale, divenuto a maggiorragione atelier informatizzato di preparazione, si avvicineranno alla realt palpitante del mondoveneziano.

    Essi vivranno unesperienza comunitaria e protagonistica, personalizzata ed individuale, anchegrazie allautonoma e creativa elaborazione di attrezzati percorsi cartografici finalizzati alla praticadelluniverso veneziano, utili alla comunit degli apprendisti-studenti a muoversi nel labirintodellOriente veneziano. Essi confronteranno con ricerche, carte e mappe alla mano, da lorostessi progettate e prodotte, le tracce del passato con levoluzione del presente. E allora gli allievi

    scoprirebbero, direttamente e in prima persona, la totalizzante esperienza dei moduli e delle formebizantine nellarchitettura, nellarte e, su un altro versante solo apparentemente e relativamentediverso, nella tecnologia veneziana (per esempio lArsenale).

    E non solo gli allievi scoprirebbero queste contaminazioni bizantine interne allanima estetica dellaSerenissima, ma essi, sulle loro mappe, prodotte con le loro mani, avvertirebbero nella configurazioneperimetrale dei confini della Repubblica di San Marco la materializzazione di una marca di confine. Diuna Terra di confine, come era gi accaduto con il Catepanato del Sud, forse pensata e progettatadagli stessi Bizantini quando erano i diretti signori del minuscolo territorio lagunare in formazione,

    per fungere da cuneo di penetrazione economica e culturale, rivolto al tentativo di bizantinizzazionedellappendice occidentale adriatica del loro immenso Impero, appendice che avrebbe consentito dicoinvolgere nella loro rete globale i popoli barbari dellEuropa occidentale.

    Ma se la marca veneziana pu essere stata concepita per un tal fine strategico, altrettanto vero cheVenezia, nelle sue terre di confine della Terraferma, non esit a turcizzare le valli pi strategichee a rischio-invasione, popolandole anche di Turchi, prigionieri o schiavi, rinverdendo unanticatradizione sia romana che bizantina.

    E nella efficace ed efficiente macchina burocratica veneziana con le sue diramazioni fiscali,

    diplomatiche, dei Servizi Segreti e di spionaggio mondiale, gli allievi scoprirebbero non pochi indizidel loro retaggio bizantino, come del resto nella spregiudicatezza diplomatica e commerciale dellaSerenissima nei confronti del Turco e quindi la disponibilit, quanto meno indiretta, a una certacontaminazione e assimilazione di chiari ed evidenti elementi non solo medio-orientali (il Moro diVenezia).

    E sarebbe relativamente facile per gli allievi, per immediata analogia, cogliere nel Catepanato delSud, simili connotazioni e caratteristiche, anche se accentuate, nella direzione di un maggiormeticciamento non solo culturale e mentale, ma anche etnico ed antropologico. Le Terre di confinedel Sud, compresa la Sicilia e la Sardegna, sono, pi di Venezia, della sua laguna e della sua Terraferma,un laboratorio interetnico, religioso e sociale, oltre che economico, senza precedenti.

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    I Bizantini, con la loro elasticit mentale e culturale e con un minimo di sforzo militare, per lo pi navale,preservano e sviluppano, (non si sa fino a che punto involontariamente, ma conoscendo le sofisticate

    e complesse strategie diplomatiche e politiche di Costantinopoli e della sua elite dirigente, senzaltrosi pu e si deve sospettare una qualche forma di pianificazione centralizzata), un avamposto pocofortificato e poco costoso, una specie di Nuova Inghilterra americana o di piccolo Brasile portoghese,un porto franco in cui convergono gli stessi interessi dei Saraceni Siciliani i quali, malgrado divieti,censure, embarghi, veti papali ed imperiali, sono e si sentono inseriti, in qualche modo, in questoconflittuale, demoniaco, vario e variopinto mondo meridionale, veramente eretico ed eterodosso, nelsuo complesso, intricato e incomprensibile labirinto.

    uesto inesausto e quasi inesauribile poliedrico policentrismo meridionale, per quanto brutalmente

    unificato e riordinato dal feudalesimo accentratore dei Normanni, continuer a fermentare e aproliferare, incubando e disseminando le pi varie e straordinarie esperienze: dalla Scuola MedicaSalernitana alla Scuola Siciliana, dallarchitettura e dallarte arabo-bizantina alla corte orientale,arabo-bizantina dei Normanni, dallesoterismo alleterodossia eretica e satanica orientaleggiantedi Federico II. Insomma unamalgamazione, in qualche modo possibile e riuscita, di esperienze erealt apparentemente tra di esse lontane e contraddittorie, anzi, agli antipodi e pure, alla fine, fusein un impareggiabile mosaico di genti e popoli perfettamente, se la perfezione esiste, integratisi, purconflittualmente, nella lunga ed enorme distanza dei secoli, ma sul breve respiro di modesti e limitatispazi geografici e proprio per questo, a maggior ragione unavventura umana veramente unica ed

    irripetibile, straordinaria.Ma i nostri allievi rimarrebbero ancora pi stupiti se, attraverso una opportuna e guidata (dai docenti)navigazione in Internet, si imbattessero in un Oriente meno scontato e lontano della Sicilia Araba conla sua ingombrante e vigorosa presenza nel Sud, un Oriente, meno esotico, pi domestico e prossimo.Potremmo trasformare i nostri allievi, ovviamente con il loro consenso e con quello dei genitori e deidocenti (al seguito), opportunamente preparati in un apposito laboratorio informatizzato, non solocartografico, interdisciplinare e storico-didattico, ma anche alpinistico ed escursionistico, addestrati,attrezzati ed equipaggiati al meglio, perch no, anche con un breve corso di sopravvivenza, comunque

    utile e proficuo, si diceva, potremmo trasformare i nostri studenti in esperti acrobati (esageriamo)della montagna, dei piccoli apprendisti e praticanti dellarte funambolica e spericolata di IndianaJones. Probabilmente servirebbe molto meno (ma non si pu mai dire) delle doti magico-fisiche delnostro eroe cinematografico americano, ma un addestramento fisico e pratico, volto allaffrontare esuperare le asperit improvvise e per nulla minimizzabili di valli, fiumi, montagne e torrenti.

    Tale addestramento sarebbe comunque richiesto e gradito per renderli protagonisti di scoperteveramente interessanti e significative, tanto pi particolari e indelebili, perch raggiunte dagliadolescenti con un duplice sforzo fisico ed intellettuale, ripagato da una grande emozione apprenditiva,forse unica nella loro vita. Gli allievi, una volta raggiunta una di queste valli, di cui abbiamo parlato inprecedenza, dislocabile nellItalia nord-occidentale, interagirebbero direttamente e in prima personacon un territorio sottoposto ad una attenta, filologica ed archeologica osservazione, analisi e letturadei propri segni e reperti.

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    Cos i ragazzi leggerebbero nei toponimi dei luoghi attraversati, nel dialetto diligentemente raccoltotra i valligiani, riportato e interpretato, nella fisiognomica, nei tratti e nei volti degli stessi uomini

    della montagna, testimonianza vivente (per chi, adeguatamente preparato e predisposto, voglia esappia porsi in ascolto delle tracce di un passato persistente ed evoluto), la realt storica, non si sa finoa che punto involontariamente cancellata dalluomo, di una presenza araba ed islamica in unarea dellanostra penisola sempre ritenuta immune da contaminazioni e completamente assimilata ad unasempre meno definita identit italiana monolitica. Identit italiana, a sua volta, determinata e sigillatain una torre davorio, a pieno titolo inserita in quella categoria dello spirito della cos detta civiltoccidentale, propagandata dai mass-media globalizzati, come completamente decontaminata eautoreferenziale.

    Un po alla volta gli allievi si accorgerebbero che la tanto millantata identit italiana ad unadimensione, di tendenza e profilo occidentalizzante, non poi cos del tutto occidentale, anzi, graziealle loro elettroniche, alpinistiche ed avventurose indagini, sembra rivelarsi sempre meno occidentale,per riassestarsi e definirsi un po pi orientaleggiante, un po pi tinta di rossa porpora bizantina etrapuntata del verde colore del Profeta.

    Sono state le Crociate che hanno diviso definitivamente il mondo cristiano. Da una parte, adOccidente, in Italia, la Chiesa cattolica gi si era impadronita con le armi (dei Normanni) e conla propaganda anti-ortodossa, delle ingenti risorse del Catepanato bizantino. Essa prefer, pur nelconflitto con lIslam, cercare un contatto diretto con il mondo arabo, oscurando Bisanzio. Dallaltraparte il pianeta greco-ortodosso sub il contrattacco latino. Gli Occidentali, una volta conquistataCostantinopoli, tentarono, riuscendoci, di ridimensionare o, addirittura, di eliminare la scismaticae diabolica mediazione bizantina, cos pericolosamente vicina alle sottigliezze della altrettantoinsondabile mentalit orientale degli Arabi. Le due societ, quella bizantina e quella islamica, sirivelavano sempre pi assimilabili tra di loro, ma indistinte, aliene e incomprensibili agli occhi deiLatini.

    Ma il nemico da abbattere, per la sua indiscutibilecapacit di insinuarsi religiosamente eculturalmente in un contesto ritenutocattolico e latino (i monaci italo-greci stavanol a testimoniarlo una volta per sempre) e per lasua profonda ed eretica tendenza al dialogo eal compromesso con gli infedeli Saraceni, era erimaneva il subdolo imperatore bizantino diuna corrotta, immorale e decadente megalopoliorientale.

    Loccupazione di Costantinopoli da parte

    dei Crociati produsse uninsanabile fratturatra i due mondi. Niceta Coniata, uno dei pigrandi storici di Bisanzio, , ci ha lasciato unquadro raccapricciante e indimenticabile delle

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    nefandezze e delle stragi dei Latini, in una Costantinopoli divenuta teatro dei pi esecrabili misfatti.Nella cattedrale di Santa Sofia i soldati abbatterono laltare e spogliarono il santuario delloro

    e dellargento, caricando i loro trofei sui muli e cavalli che scivolavano e cadevano sul pavimentodi marmo lasciandolo rigato del loro sangue, mentre una prostituta danzava sul trono del patriarcacantando canzoni oscene. Niceta Coniata mette a confronto la selvaggia sfrenatezza di questiprecursori dellAnticristo a Costantinopoli con la moderazione dei Saraceni, che a Gerusalemmeavevano rispettato la chiesa del Santo Sepolcro e non avevano fatto alcun male alle persone o ai benidei Cristiani vinti. (D. M. Nicol, Venezia e Bisanzio, Bompiani 2001, p.193)

    Da allora in poi il senso di estraneit, per non dire di avversione, tra i due mondi, tra Occidente edOriente non poteva che accrescersi. E cos stato. Prima delle Crociate, prima degli Scismi, prima

    del violento processo di latinizzazione del Sud, sarebbe stato molto difficile delineare e definire conesattezza e con precisione dove cominciasse lidentit latina e dove quella bizantina.

    Se Venezia riusc a compiere un suo originale e brillante percorso storico e civile, il Catepanatobizantino del Sud non ebbe altrettanta fortuna. La sua felice evoluzione, nel contesto greco-ortodosso,fu bruscamente e malamente interrotta dallaggressione congiunta delle soldatesche normanne e dellapropaganda papale.

    Spesso e volentieri laffermazione di una nostra presunta e granitica identit nazionale, cosfortemente e diligentemente pubblicizzata non solo dai mass-media, ma anche e non poco da gran

    parte dei nostri obsoleti manuali di storia, fa a meno (per ignoranza? Per oblio? Per leggerezza?)di illuminare, con i riflettori della Storia e della ribalta, la memoria di unimmane tragedia.Lesplicitazione e la comprensione di questa tragedia rimane determinante in un tentativo, purminimo ma necessario, di rivisitazione e ridefinizione, non di revisionismo, di unidentit italianaoscurata e lacerata da ataviche e devastanti miopie storiche, incalzata e compressa da un processo diglobalizzazione sempre pi unidimensionale e standardizzante. La immane tragedia a cui si allude la programmatica e consapevole eliminazione di ogni traccia della religiosit greco-ortodossa. Nelrito greco-ortodosso, ricco di potenzialit partecipative, si riconosceva tutto un popolo e un Impero,quello bizantino. Espressione di questo rito, lImpero bizantino tollerava, inglobava e globalizzava

    (nel senso di unidentit al plurale) tutte le diversit non solo etniche e culturali, integrandolepositivamente e dinamicamente, purch si accettasse il credo greco-ortodosso. Tanto vero chelidentit bizantina del Sud, come degli altri temi dellImpero, non fu mai monolitica, statica eunilaterale, ma persistentemente e proficuamente variegata e vivificata dal contributo di innumerevolicivilt e popolazioni.

    Il brutale e violento processo di latinizzazione forzata, reazione fondamentalista esasperata adun analogo processo di bizantinizzazione, al contrario filtrato e diffuso con i mezzi della cultura,della religione e delleconomia, fu deciso e imposto da una Curia romana in cerca di mezzi finanziari

    per la sua politica unilaterale ed egemonica e in cerca di una Pre-Crociata per un ritorno rapido, madoloroso del Sud nellalveo del cattolicesimo romano. uesta attenzione romano-cattolica fu fataleper un Catepanato bizantino che, per la sua ricchezza e per il suo diffuso benessere, attir anche lemire espansionistiche degli Uomini Boreali, i Normanni, venuti dal freddo del Nord.

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    La non fortuita congiunzione astrale di queste due forze, luna presunta celeste, laltra un po menoe decisamente pi terrestre e terrena, riusc a seppellire la voce, limmagine e la fede di unintera

    nazione e del suo popolo, destinati a non pi sopravvivere se non attraverso ultraframmentati emicroscopici relitti vaganti e affioranti sporadicamente alla superfice della storia.

    Le pretese anomalie di un Sud estraneo, se non ostile, ad una presunta compatta, univoca e latino-occidentale identit nazionale sono quindi, a pieno titolo, laltra faccia della nostra identit, quelladimenticata, ma pur sempre viva e dinamica, delle nostre radici orientali. Vale ancora la pena azzerarlequeste radici? O invece diremo ai nostri ardimentosi cacciatori di identit, gli allievi, che la caccia aperta, continua ed essi sono tra i primi sulle orme di unambitissima preda? Preda che consisterebbenella riscoperta e nella valortizzazione di un passato che sempre pi presente e futuro. uesta caccia

    consentirebbe loro di approfondire le nostre complesse e contaminate origini. Essa consentirebbeloro di porsi nella condizione unica e privilegiata di poter avvicinare e capire laltro, slavo, greco,islamico, cinese, indiano, non guardandolo pi come un estraneo o come qualcuno venuto per sottrarciqualcosa, ma accogliendolo come un antico fratello o amico col quale in passato si condiviso untratto di strada, consapevoli che la sua presenza, nella nostra societ, pu essere preludio per un lungoe difficile viaggio comune il cui approdo finale, se esiste, pu essere una graduale ibridazione e uncomune arricchimento.

    Non siamo riusciti, non diciamo ad approfondire, ma neanche a dare un rapido sguardo dinsieme

    al cinema islamico contemporaneo, anche perch operazione non facile che si rimanda e si affida adaltri.

    Se invitassimo i nostri allievi a spulciare quanto le cronache bizantine ci riferiscono sui Saraceni inItalia nel Medioevo, essi si ritroverebbero di fronte ad uno stereotipo gi vivo e operante presso iLongobardi per descrivere i Bizantini. I cronisti romano-orientali ci lasciano unimmagine di Saracenisubdoli, perfidi, dissimulatori, ingannatori, ambigui e fraudolenti, gli stessi luoghi comuni, topoi, che iLongobardi usano a piene mani per consegnare alla memoria storica, diremo meglio, alla propaganda,Greci logorroici e pronti alluso del falso e facile discorso per gabbare e ingannare.

    I nostri adolescenti, di fronte a questi testi, anche elettronici, testimonianza di un lontano passato,intuirebbero, con dati e con confronti diretti alla mano, che lartificiosit della propaganda al serviziodi una ideologia della intolleranza e della divisione tra i popoli, antica quanto il mondo e la televisionee la stampa contemporanea molto spesso corrispondono quasi esattamente alle cronache bizantine olongobarde: dietro la fuorviante e perniciosa retorica propagandistica della diversit come pericoloe irriducibile alterit, si nasconde un vuoto di idee e probabilmente un lucido gioco di interessi cheoscurano la realt universale delluomo.

    Con i nostri studenti-ricercatori, una volta verificato che i manuali di storia delle Superiori sonoappena un po pi informati o meno disinformati della televisione e della stampa quotidiana eperiodica, che sembrano annaspare nel vuoto pneumatico pi assoluto, avvertiremmo la necessit,prima che didattica, antropologica, di analizzare qualche reperto cinematografico su Bisanzio persmontarlo e rimontarlo nel nostro laboratorio virtuale. Esso potrebbe trasformarsi in laboratorio, atutti gli effetti, multimediale, ma anche digitale, per una rielaborazione digitale quanto si voglia del

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    tutto sperimentare e iniziale e per un montaggio digitale di un documentario minimo sugli argomentiin questione, partendo proprio dalla spettacolarit e dal fascino del cinema e ovviamente disponendo

    dellapposita attrezzatura informatica.

    I reperti filmici dedicati a Bisanzio, veramente pochi e ripetitivi, apparirebbero concentrati suglielementi pi spettacolari, scenografici, coreografici, mitologici, mitopoietici e hollywoodiani, dagliinizi del cinema, su un personaggio ultra-simbolico e intrinsecamente divistico quale Teodora e il suoconsorte, limperatore Giustiniano, non a caso la quintessenza dellImpero bizantino. Ovviamentein queste pellicole dominano le tinte forti e fosche dellintrigo, del complotto, della corruzione,della perversione, del tradimento, del lusso sfrenato, delleccesso, del peccato, dellerotismo e di altroancora.

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    Potremmo quasi ridefinire questa convulsae ridondante sequela cinematografica comeunanteprima dei nostri serial televisivi, lesoap-opera, naturalmente con una maggiorericchezza scenografica e un enorme dispendiodi effetti speciali, di mezzi e risorse finanziarie.

    uesti film storici agiscono sugli spettatorie sugli allievi allo stesso tempo in due modi

    intrecciati e circolari: essi costituiscono uncerto modello decadentistico di Bisanzioin un processo standardizzato di un certoimmaginario adolescenziale e giovanile,non sempre consapevole dellambiguite della duplicit della non-sequenzialitcinematografica.

    I nostri allievi, se hanno veramente saputo

    approfittare delloccasione storica dellaboratorio virtuale e se sono diventati davveroprotagonisti e padroni del loro processodi apprendimento, non dovrebbero averedifficolt, nella loro officina virtuale dimontaggio e rimontaggio, a cogliere il ritualismoretorico e propagandistico di un certo cinemache contribuisce a leggere ed interpretare lastoria di Bisanzio come uneterna decadenza,

    occultando, consapevolmente o meno, laprofondit storica, lo spessore culturale, lacomplessit istituzionale ed economica dellacivilt romano-orientale.

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    Gli stessi allievi, inoltre, dovrebbero essere in grado di rintracciare, tra questi documenti cinematografici,i primi segni e segnali di un mutamento nel processo di elaborazione di nuovi alfabeti e linguaggi

    non lineari, che saranno e sono alla base dellapprendimento adolescenziale per via informatica, nontrascurando di evidenziare come gi il cinema, con questi film storici su Bisanzio, se ne impadroniscaper affascinare e baloccare, ingannandoli, gli adolescenti.

    Pi dei manuali di storia e forse meno del cinema, ma non detto, alcuni romanzi storicicontemporanei, dedicati a Bisanzio, Il fuoco greco di Luigi Malerba, Un berretto di porporadi Maro Duka e Il Bizantino di N. Spasskiy, sono molto utili per avvicinare gli allievi adolescential mondo romano-orientale. Tutti e tre i testi citati sprigionano una straordinaria forza emotiva esuggestiva, che coinvolge, anche se contribuisce, pur con grande sapienza dei particolari e delle

    scenografie, alla ulteriore radicalizzazione mitografica di Costantinopoli.

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    Soprattutto N. Spasskiy, con Il Bizantino, coglie ed enfatizza un elemento chiave, per noididatticamente molto pregnante, quello della individuazione di Venezia come il pi temibile avversariodel mondo greco-ortodosso, pi temibile dello stesso Turco. Non solo, ma in Venezia si scorge anchelerede immediata e diretta di tutta una tradizione bizantina, quella peggiore. E il protagonista delromanzo di Spasskiy, Il Bizantino, muore per mano di sicari prezzolati da Venezia, proprio perch non

    smette di tessere e tramare un lungo, intricato, nodoso e complesso filo di Arianna, teso a mantenerevivo e forte il mai sopito e prepotente sentimento di una Bisanzio risorta e rigenerata, straordinariae possente Mediazione tra Oriente e Occidente.

    A questo punto, con un cauto slittamento progressivo di tipo analogico, i docenti solleciteranno gliallievi ad osservare una carta geografica dellex Jugoslavia e a scorgervi la faglia che attraversa la terra diconfine che la divide in due: da una parte le regioni occidentali, latine, e dallaltra le regioni orientali,greco-ortodosse, la Croazia e la Serbia: Roma e Bisanzio, i Franchi e i Bizantini. Nulla di nuovo sottoil sole. Niente di nuovo sul fronte occidentale e su quello orientale.

    Si moriva nel Medioevo in quella faglia della marca slava come si muore oggi sotto le bombe americanee allombra della Crociata serba, greco-ortodossa.

    Alla fine, ancora una volta, lOccidente ha scelto il contatto diretto con lIslam (lAlbania, il Kossovo, la Bosnia-Erzegovina), tagliando fuori, eliminando la mediazione greco-ortodossa.

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    A Cipro, unaltra antica zona di faglia, gli Inglesi e gli Americani, i Latini di oggi, gli Occidentaliscelgono la Turchia islamica, marginalizzando i Greci di Cipro. La storia si ripete?

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    Il processo di latinizzazione, progettatodal Papato ed attuato dai Normanni nelSud della nostra penisola, non coinvolseovviamente solo la provincia bizantinapeninsulare, ma anche, e non con minoreviolenza, la Sicilia islamica. Anche qui iconquistatori non usarono le mezze misure;la latinizzazione fu capillare e assoluta.

    Di questi tratti orientali, bizantini e islamici,quando si parla di unidentit nazionale,da ridefinire soprattutto in relazione allaglobalizzazione, si perduta del tutto ognitraccia non solo nella memoria collettiva,ma anche in quella consegnata e affidataai nostri manuali di storia ed veramenteparadossale che, mentre ancora possibilecogliere nel tessuto storico e quotidiano

    e nello stesso patrimonio delleterogeneo e meticciato popolo italiano le presenze attive di questedue civilt orientali, nelle nostre scuole si indichi nellislamico in carne ed ossa che infastidisce conla sola sua presenza, un perfetto sconosciuto, proveniente da un altro ed esotico mondo col quale, perla prima volta e con difficolt, bisogna confrontarsi. Ed allora ecco che da anni nelle nostre scuoleproliferano corsi e lezioni di intercultura, di accoglienza, di educazione alla mondialit, approccie scenari veramente preoccupanti ed allarmanti perch, per mezzo di essi, in una dimensione solopsico-sociologica, e quindi attualistica, si ritiene di potere, se non risolvere il problema, ammessoche sia possibile in questi termini, almeno tentare di capirne lorigine per poi affrontarlo. In questaprospettiva, come la televisione, la stampa e il cinema, la scuola si misura sul terreno sdrucciolevole,infido e minato della dimensione del pronto intervento terapeutico che nulla ha a che vedere e a chefare con la profondit conoscitiva ed analitica della Storia, anzi della Didattica della Storia.

    La Didattica della Storia non ritiene di dover fornire soluzioni immediate al problema, al contrario,ritiene di poter offrire il suo contributo alleventuale comprensione dellaltro, attraverso unadeguatae coerente strumentazione critica, che poi, ci sembra, malgrado tutto, il sentiero stretto, ma maiinterrotto di una scuola che persegue, con pacatezza e caparbiet, al di l delle facili mode e della fragilee superficiale relazionalit attualistica, lobiettivo di un apprendimento basato sul tentativo, da partedellallievo, dimpadronirsi di un proprio, personale ed individuale metodo verso la conoscenza.

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