file unico 03.12-07

39
Jacopo Torzo 03/12/2010 Prof. Tona CLINICA, DIAGNOSTICA E TERAPIA DELLE CARDIOMIOPATIE Prendiamo in considerazione le due classificazioni più importanti di cardiomiopatie: - secondo AHA (american heart association) - secondo ESC (società europea di cardiologia) Come si definiscono le cardiomiopatie (AHA definition) ? Malattie del miocardio , cioè del muscolo cardiaco (questo porta ad escludere tutta una serie di patologie che sono proprie del cuore ma non del muscolo cardiaco) che si associano ad una disfunzione meccanica (concetto già inserito nella definizione di cardiomiopatia risalente al 1980) e/o elettrica (nuovo criterio, aggiunto solo recentemente, nella definizione del 2006). Esempi di disfunzioni elettrica sono alla base di alcune particolari tipologie di cardiomiopatia, note anche con il nome di canalopatie, come la sindrome del QT lungo, Brugada, ecc… In queste patologie ci sono delle alterazioni microscopiche, su base strutturale, a carico dei canali ionici dei cardiomiociti. Continuando la definizione di cardiomiopatia, bisogna aggiungere necessariamente anche l’evidenza di una inappropriata ipertrofia o dilatazione ventricolare . Cosa intendiamo con il termine “inappropriata” ? Si consideri un’insufficienza aortica, valvulopatia che causa la dilatazione più ingente del muscolo cardiaco (non a caso, in passato, si parlava di cor bovinum)→ in questo caso non si può parlare di cardiomiopatia perché tale dilatazione cardiaca è comunque giustificata da squilibri emodinamici secondari all’incontinenza della valvola. “Inappropriata” = assenza di qualsiasi motivo emodinamico che spiega l’ipertrofia o la dilatazione del ventricolo. Passiamo ora alla ESC definition: le cardiomiopatie sono malattie del miocardio, in assenza di coronaropatia, ipertensione (in questo caso l’ipertrofia ventricolare è adeguata all’aumento del post carico e quindi non si può parlare di cardiomiopatia), valvulopatie (per il motivo precedentemente menzionato), di malattie congenite (ad esempio l’ipertrofia ventricolare destra nella tetralogia di Fallot). Tutte queste patologie vanno escluse oppure , se sono presenti, bisogna dimostrare che queste non siano sufficienti a spiegare l’ipertrofia/dilatazione . Esempio: in corso d’insufficienza aortica grave,

Upload: abraham-alba-garcia

Post on 28-Jun-2015

849 views

Category:

Documents


1 download

TRANSCRIPT

Page 1: File Unico 03.12-07

Jacopo Torzo03/12/2010Prof. Tona

CLINICA, DIAGNOSTICA E TERAPIA DELLE CARDIOMIOPATIE

Prendiamo in considerazione le due classificazioni più importanti di cardiomiopatie:

- secondo AHA (american heart association) - secondo ESC (società europea di cardiologia)

Come si definiscono le cardiomiopatie (AHA definition) ?Malattie del miocardio, cioè del muscolo cardiaco (questo porta ad escludere tutta una serie di patologie che sono proprie del cuore ma non del muscolo cardiaco) che si associano ad una disfunzione meccanica (concetto già inserito nella definizione di cardiomiopatia risalente al 1980) e/o elettrica (nuovo criterio, aggiunto solo recentemente, nella definizione

del 2006).

Esempi di disfunzioni elettrica sono alla base di alcune particolari tipologie di cardiomiopatia, note anche con il nome di canalopatie, come la sindrome del QT lungo, Brugada, ecc… In queste patologie ci sono delle alterazioni microscopiche, su base strutturale, a carico dei canali ionici dei cardiomiociti.

Continuando la definizione di cardiomiopatia, bisogna aggiungere necessariamente anche l’evidenza di una inappropriata ipertrofia o dilatazione ventricolare. Cosa intendiamo con il termine “inappropriata” ? Si consideri un’insufficienza aortica, valvulopatia che causa la dilatazione più ingente del muscolo cardiaco (non a caso, in passato, si parlava di cor bovinum)→ in questo caso non si può parlare di cardiomiopatia perché tale dilatazione cardiaca è comunque giustificata da squilibri emodinamici secondari all’incontinenza della valvola. “Inappropriata” = assenza di qualsiasi motivo emodinamico che spiega l’ipertrofia o la dilatazione del ventricolo.

Passiamo ora alla ESC definition: le cardiomiopatie sono malattie del miocardio, in assenza di coronaropatia, ipertensione (in questo caso l’ipertrofia ventricolare è adeguata all’aumento del post carico e quindi non si può parlare di cardiomiopatia), valvulopatie (per il motivo precedentemente menzionato), di malattie congenite (ad esempio l’ipertrofia ventricolare destra nella tetralogia di Fallot).Tutte queste patologie vanno escluse oppure, se sono presenti, bisogna dimostrare che queste non siano sufficienti a spiegare l’ipertrofia/dilatazione. Esempio: in corso d’insufficienza aortica grave, c’è una naturale tendenza da parte del cuore a dilatarsi ma, se si considera un’insufficienza lieve in presenza di ventricolo sinistro molto dilatato con funzione di pompa depressa, non possiamo considerare la valvulopatia aortica come unico primum movens del quadro clinico cardiaco ma dovremmo necessariamente postulare l’esistenza di un’ulteriore patologia primitiva del miocardio.

CLASSIFICAZIONE delle CARDIOMIOPATIE

Nell’arco dei decenni, le classificazioni proposte sono state numerose perché molte sono le possibilità di definire la patologia sulla base di criteri genetici, fenotipici, clinici…Quella più accettata è la classificazione su base eziologica (riportata nella pagina successiva) delle cardiomiopatie primitive (primitive perché non sono presenti altre malattie che possano spiegare la disfunzione del ventricolo).

L’AHA le divide in: genetiche : poi suddivise in base al fenotipo. - HCM è la cardiomiopatia ipertrofica- ARVC/D è la cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro o displasia del ventricolo destro- LVNC o ventricolo sinistro non compatto

Page 2: File Unico 03.12-07

- Malattia d’accumulo di glicogeno (questa è un po’ una contraddizione perché, in base a quanto detto in precedenza, le cardiomiopatie sono malattie primitive del muscolo cardiaco)

- Canalopatie con presenza di alterazioni strutturali nei canali ionici dei cardiomiociti (forme prevalentemente aritmogene come la sindrome di Brugada o quella del QT lungo)

eziologia mista :- DCM o cardiomiopatia dilatativa (la più frequente tra le cardiomiopatie). La dilatazione del cuore post

IMA non è una cardiomiopatia dilatativa perché secondaria all’originario insulto ischemico che ha causato l’infarto

- Cardiomiopatia restrittiva (la restrittività è un quadro emodinamico che vede la difficoltà del ventricolo a riempirsi come conseguenza della sua rigidità. La restrittività può essere primitiva idiopatica o secondaria, come nell’amiloidosi)

acquisite :- cardiomiopatia infiammatoria che sfocia nella miocardite (la miocardite è un’infiammazione del cuore ma

non è equivalente ad una cardiomiopatia infiammatoria. In alcune circostanze si possono presentare dei quadri di cuore dilatato in cui è evidente un processo infiammatorio definito ma tale da non giustificare la denominazione di cardiomiopatia infiammatoria)

- cardiomiopatia da stress o Tacotsubo (questo è il nome giapponese del vaso utilizzato dai pescatori nipponici per catturare il polipo; esso presenta una forma sovrapponibile a quella assunta dal ventricolo in questa cardiomiopatia)

- cardiomiopatia peri partum (nel range temporale compreso tra tre mesi prima e dopo il parto)- cardiomiopatia indotta da tachicardia…

La classificazione della società europea di cardiologia è più complicata. (Il prof dice che è sufficiente sapere la prima riga della classificazione):

- cardiomiopatia ipertrofica o HCM - cardiomiopatia dilatativa o DCM - displasia o cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro - cardiomiopatia restrittiva - cardiomiopatie non classificabili

Page 3: File Unico 03.12-07

Si noti come la nuova classificazione (rispetto alla vecchia suddivisione del 1986 è stata aggiunta unicamente la cardiomiopatia aritmogena) della società europea di cardiologia sia essenzialmente su base fenotipica e non tanto emodinamica.Le forme più frequenti sono la dilatativa e l’ipertrofica, seguono la forma restrittiva, l’amiloidosi, l’aritmogena e il miocardio non compatto.

In questa vecchia classificazione degli anni ’80 la cardiomiopatia aritmogena non è contemplata.

Morfologia del cuore e delle sue cavità, in corso di sistole e diastole, nelle tre forme di cardiomiopatia:

-ipertrofica → cuore ipertrofico. Molti definiscono “ipertrofia” un ispessimento della parete del ventricolo, ma in realtà essa vuole indicare unicamente un aumento del peso del cuore. Ad esempio il cuore della cardiomiopatia dilatativa è ipertrofico perché il suo peso è aumentato ma lo spessore parietale non è incrementato. La definizione è in realtà più complessa

perché dovrebbe prendere in considerazione il concetto d’ipertrofia concentrica ed eccentrica: la cardiomiopatia ipertrofica presenta un’ipertrofia concentrica senza dilatazione mentre la dilatativa un’ipertrofia eccentrica con dilatazione del muscolo cardiaco e ridotta funzione di pompa.

- restrittiva: cuore di dimensioni normali o addirittura più piccole e con una ricorrente dilatazione degli atri sia in sistole che in diastole (questo è dovuto al fatto che il cuore è rigido ed è quindi emodinamicamente ostacolato sia nel riempimento che nello svuotamento).

Con l’ecocardio non è difficile individuare delle alterazioni nella morfologia cardiaca ascrivibili ai diversi tipi di cardiomiopatia ipertrofica/dilatativa/restrittiva, complessa è invece l’identificazione dell’effettiva eziologia alla base dell’anomalia strutturale.

Un ruolo importante nella diagnostica di queste patologie è quello della biopsia endomiocardica che fornisce un contributo indispensabile nella definizione delle diverse presentazioni patologiche, soprattutto quelle più sfumate, nella previsione del quadro evolutivo (ad esempio l’ipertrofica si traduce in dilatativa nel tempo e la biopsia può aiutarci a capire se effettivamente la dilatazione cardiaca rilevata sia primitiva o piuttosto l’evoluzione di un’iniziale cardiomiopatia ipertrofica)…

Nel 2007 si sono stabilite le indicazioni per l’esecuzione di una biopsia endomiocardica innanzi ad un quadro di cardiomiopatia; menzioniamo solo le più importanti (le prime due nello schema sopra riportato):

- eventi di scompenso cardiaco, a recente insorgenza, che durano meno di due settimane, che sono associati ad un cuore normale o dilatato e con compromissione emodinamica

- eventi di scompenso cardiaco della durata variabile da due settimane a tre mesi, associati alla presenza di un ventricolo di sinistra dilatato e alla comparsa di aritmie ventricolari ipercinetiche o ipocinetiche (come il BAV) o fallimento delle usuali terapie mediche entro una-due settimane.

Quindi la biopsia è molto utile per la definizione dell’eziologia del problema ma, ai giorni nostri, sono disponibili anche altri strumenti d’indagine, meno invasivi ma gravati da una sensibilità inferiore (soprattutto la

Page 4: File Unico 03.12-07

risonanza magnetica e la PET), che possono indirizzare la ricerca del medico verso la causa effettiva della patologia ma non forniscono diagnosi di certezza.Esempio: la risonanza magnetica può far capire al medico se un paziente con uno scompenso cardiaco di recente insorgenza abbia una miocardite in corso ma non può essere determinante per la definizione dell’eziologia del quadro miocarditico (virale, autoimmune…).E’ importante che la biopsia venga eseguita unicamente in quei centri ospedalieri in cui sia effettivamente attivo un servizio di anatomia patologica adatto alla gestione dei reperti prelevati.

Definizione di cardiomiopatia ipertrofica secondo AHA (vedi a lato): la cardiomiopatia ipertrofica è una malattia clinicamente eterogenea (perché può andare dall’asintomaticità allo scompenso) ma relativamente comune (1/500 nati vivi), autosomica dominate.

E’ caratterizzata e morfologicamente definita da ipertrofia, ventricolo non dilatato, in assenza di un’altra malattia sistemica (come ad esempio l’ipertensione) o cardiaca in grado di produrre un ispessimento delle pareti del ventricolo. La diagnosi con ecocardiografia è piuttosto semplice.

Definizione di cardiomiopatia ipertrofica secondo ESC: malattia definita dalla presenza d’ipertrofia del miocardio in assenza di uno stress emodinamico (cioè un sovraccarico di pressione, come nella stenosi aortica, nell’ipertensione, nella coartazione aortica…) sufficiente a spiegare il grado d’ipertrofia, e malattie sistemiche come l’amiloidosi o le patologie da accumulo di glicogeno (relativamente a quest’ultime, all’ecocardiogramma il quadro di visualizzazione ottenuto sembra non differire da quello della cardiomiopatia ipertrofica).

Riportiamo a lato una serie di schemi riassuntivi relativamente alle caratteristiche della cardiomiopatia ipertrofica.Commenti del prof: - questa cardiomiopatia è spesso causa di morte improvvisa tra i giovani atleti; non è però facile la diagnosi differenziale tra il cosiddetto cuore d’atleta e la cardiomiopatia ipertrofica. Questo è un problema non indifferente e l’Italia è l’unico paese al mondo in cui è previsto per gli atleti d’elite l’esecuzione di un ecocardiogramma (negli USA ad esempio fanno solo un ECG). Se

l’ecocardiogramma mette in luce l’esistenza di un’ipertrofia, è previsto il defaticamento→l’atleta non fa più attività agonistica per alcuni mesi, quindi viene rivalutata la sua ipertrofia; se questa regredisce è probabile che sia associata al cuore d’atleta mentre, se non regredisce, dovrò pensare alla cardiomiopatia ipertrofica.

-molto eterogenea: si manifesta con quadri molto disomogenei (dall’asintomaticità, allo scompenso, al dolore toracico, alle aritmie importanti fino alla morte improvvisa…).

Page 5: File Unico 03.12-07

- nella diagnostica differenziale si sovrappongono, oltre alle cardiomiopatie ipertrofiche vere, anche l’ipertrofia fisiologica dell’atleta o quella di compenso in corso d’ipertensione, e quella da causa metabolica secondaria a

patologie d’accumulo o amiloidosi.

- sono stati identificati sino ad ora dodici geni con cinquecento mutazioni alla base della cardiomiopatia ipertrofica.I geni alterati codificano prevalentemente le proteine del sarcomero, non a caso si dice che la cardiomiopatia ipertrofica è una malattia delle entità proteiche che generano la forza di contrazione (tra le più importanti ricordiamo la troponina T, le

catene pesanti della β miosina e la proteina C, detta binding, che lega la miosina).

Dalla risonanza magnetica o dall’ecocardiogramma, esplorando il cuore, non è possibile risalire alla definizione della mutazione genica alla base della patologia.Non c’è corrispondenza tra genotipo e fenotipo anche se, grazie a recenti studi, si è notato come la mutazione della catena pesante della β miosina dia un’ipertrofia asimmetrica, la troponina T una modesta ipertrofia ventricolare sinistra a maggior rischio di morte improvvisa. Le cardiomiopatie che compaiono nell’adulto e nell’anziano sono generalmente sostenute da mutazioni della proteina C che lega la miosina

Il primo approccio diagnostico alla patologia è rappresentato dall’ecocardio. Come giunge il paziente all’attenzione del medico ?

- se il paziente è asintomatico, spesso il sospetto diagnostico insorge in presenza di una storia familiare positiva per cardiomiopatia ipertrofica

- se è uno sportivo, in seguito a controlli ad hoc- se sono presenti alterazioni ECGgrafiche suggestive, in presenza di specifici contesti clinici

Page 6: File Unico 03.12-07

Qui sopra riportiamo alcuni reperti di risonanza magnetica (informazioni molto simili si ricavano con l’ecocardiogramma che esplora il cuore secondo le stesse sezioni anatomiche ma con una minore precisione nei dettagli).Descriviamo le diverse situazione:

- cardiomiopatia ipertrofica asimmetrica del setto interventricolare- cardiomiopatia ipertrofica apicale→ tipica degli asiatici- cardiomiopatia ipertrofica medio ventricolare- cardiomiopatia ipertrofica bi ventricolare- end stage dilatation→cardiomiopatia ipertrofica che è andata incontro a dilatazione- cardiomiopatia restrittiva→la restrittività è un aspetto emodinamico perché il cuore fa molta fatica a riempirsi.

L’ostacolo al riempimento del cuore può essere, infatti, dovuto alla presenza di cardiomiopatia restrittiva (ventricoli piccoli e atri espansi) o alla presenza di cardiomiopatia ipertrofica per ridotta compliance del ventricolo ipertrofico.Piccolo richiamo di fisiologia cardiaca: la diastole non è un processo passivo in toto poiché la proto diastole si realizza per intrinseco meccanismo elastico passivo ma poi il rilasciamento consuma ATP.

Anatomia patologica nella cardiomiopatia ipertrofica

L’aspetto istologico della cardiomiopatia ipertrofica è diverso da quello dell’ipertrofia secondaria ad ipertensione arteriosa, stenosi aortica, etc affermandosi con delle caratteristiche del tutto particolari:

1. disarray delle fibre miocardiche con distribuzione caotica nello spazio2. fibrosi

Prescindendo da tutti le forme di cardiomiopatia ipertrofica già conclamata alla risonanza o all’ecocardiogramma, l’indicazione all’esecuzione della biopsia è d’obbligo solo nelle forme dubbie (ad esempio nel sospetto di cardiomiopatia restrittiva o ipertrofica con pattern restrittivo) poiché può permettere un corretto inquadramento della situazione non solo dal punto di vista eziologico ma anche prognostico ( la restrittiva è una patologia rapidamente evolutiva che va al trapianto mentre l’ipertrofica ha un’evoluzione

variabile sulla base delle mutazioni genetiche rilevate).

Anche le malattie d’accumulo, come la glicogenosi, entrano in diagnosi differenziale con la cardiomiopatia ipertrofica.Tipicamente è la mutazione dell’AMPK (AMP activating protein kinase) a determinare l’accumulo di glicogeno a livello cardiaco.

In alcuni casi, pazienti riconosciuti come affetti da cardiomiopatia ipertrofica, a distanza di anni, dopo aver manifestato deficit della muscolatura scheletrica, vengono rivalutati dal clinico con modificazione della diagnosi in glicogenosi.

Nelle biopsie cardiache, in corso di glicogenosi, non c’è disarray delle fibre miocardiche ma accumulo di glicogeno.

Il prof quindi torna a sottolineare il fatto che la biopsia non è sempre strettamente necessaria per la diagnosi di cardiomiopatia ma può costituirsi come gold standard in situazioni cliniche dubbie.

Altro concetto importante è che l’ecocardiogramma, così come la risonanza magnetica (a prescindere dai recenti sviluppi d’imaging) non è in grado di distinguere un quadro di cardiomiopatia ipertrofica

Page 7: File Unico 03.12-07

da quello di glicogenosi, come conseguenza dell’impossibilità di dirimere tra tessuto muscolare e accumuli di glicogeno in un contesto di cuore ipertrofico.

In uno studio riportato nel New England J. Med, in un campione di 387 morti giovanili per cause improvvisa, il 33% delle cause di morte improvvisa sotto i 35 anni è rappresentato dalla cardiomiopatia ipertrofica mentre il 3% dalla displasia aritmogena del ventricolo destro e il 2% dalla cardiomiopatia dilatativa.

Talvolta nella cardiomiopatia ipertrofica (vedi illustrazione a lato) si realizza un ostacolo allo svuotamento del ventricolo perché si crea un gradiente all’interno del ventricolo, subito sotto l’aorta, quasi come fosse presente una stenosi aortica (in passato la diagnosi di

cardiomiopatia ipertrofica non esisteva e si parlava di stenosi valvolare sub aortica). Nel 70% dei casi è presente quindi un ostacolo più o meno importante all’efflusso di sangue, durante la sistole, o a riposo o sotto sforzo.

Oggigiorno questa situazione si può risolvere grazie ad interventi di miectomia (si asporta una porzione di setto) oppure si esegue una ablazione del setto (si entra con un catetere in coronaria, si incanulano i rami settali e poi si introduce dell’alcool che causa la necrosi della porzione sovrabbondante di setto che ostacola

l’efflusso).

Domanda: “Non si rischia il blocco atrio ventricolare con questa procedura, data la contiguità del fascio di His?” Si deve prestare particolare attenzione perché ciò non si verifichi ma, nei casi più sfortunati, si mette un pacemaker.CARDIOMIOPATIA DILATATIVA

Cardiomiopatie dilatative: definizione secondo AHACardiomiopatie caratterizzate dalla dilatazione e dalla disfunzione del ventricolo (un cuore dilatato con 70% di frazione d’eiezione non è affetto da una cardiomiopatia di questo tipo ma è solo un cuore dilatato).Di solito la diagnosi si fa con l’ecocardiogramma.

Cardiomiopatia dilatativa: definizione secondo ESCPatologia caratterizzata da una dilatazione ventricolare sinistra, da una disfunzione sistolica, in assenza di alterate condizioni di carico (se presente ad esempio ipertensione, non si può parlare di cardiomiopatia, lo stesso dicasi per le valvulopatie) o coronaropatie sufficienti a spiegare la disfunzione ventricolare sinistra.

Il 25% dei pazienti con cardiomiopatia dilatativa ha una forma familiare !In questo studio (illustrazione a lato) si considerano 225 parenti asintomatici di pazienti con questo tipo di cardiomiopatia: il 20% ha LVE (ventricolo dilatato ma funziona normalmente), il 6% ha una dFS (depressione della frazione d’accorciamento cioè presenza di ventricolo non dilatato ma lievemente ipocinetico), il 3% ha una cardiomiopatia dilatativa, il 71% ha un cuore normale.La rilevazione di anticorpi anti-cuore spesso è positiva nei famigliari di pazienti con dilatativa che evolveranno, a loro volta, verso una forma di dilatativa (alla base c’è quindi un problema di tipo autoimmune che giustifica il processo infiammatorio associato a miocarditi misconosciute)

Page 8: File Unico 03.12-07

Gli Ab-anti cuore hanno numerosi target, primi fra tutti la miosina.

Così come l’ipertrofica, anche la dilatativa ha una base genetica, però i geni direttamente interessati dalle mutazioni sono generalmente codificanti proteine del citoscheletro (proteine che trasmettono la forza contrattile e non la generano).E’ possibile però anche che pazienti affetti da dilatativa abbiano dei famigliari con ipertrofica o con precedenti episodi miocarditici.

A lato si può osservare la biopsia ottenuta da un paziente con cardiomiopatia dilatativa in cui sono presenti delle alterazioni delle fibre miocardiche con presenza di vacuolizzazioni e fibrosi interstiziale (la fibrosi post infartuale è invece una fibrosi sostitutiva !). E’ possibile che alcuni pazienti prima di giungere a queste alterazioni istologiche presentino infiltrato infiammatorio (linfociti, aree di necrosi…) intramiocardico, quindi un quadro di miocardite che evolve successivamente verso la cardiomiopatia dilatativa.

E’ presente anche la forma alcolica di cardiomiopatia dilatativa secondaria all’assunzione di alcolici, soprattutto birra, che può recedere, in alcuni casi (questo dipende dal quantitativo di alcol assunto giornalmente, dal periodo d’inizio…), dopo sospensione dell’assunzione cronica di alcol.

Cardiomiopatia di Takotsubo (l’origine del nome è già stata spiegata precedentemente).Durante la sistole si contrae unicamente la porzione basale del ventricolo mentre tutta la porzione medio-apicale è assolutamente acinetica; ne deriva un deficit di pompa cardiaca molto severo (circa 20% F.E.).

La diagnosi viene effettuata mediante ventricolografia in pazienti, spesso di sesso femminile, provate da importanti eventi stressanti come lutti in famiglia.Solo l’aspetto morfologico del ventricolo durante la sistole permette di parlare di Takotsubo anche se spesso l’eziologia alla base di questa cardiomiopatia è estremamente variabile (miocarditi, alterazioni del

microcircolo, malattie legate all’alterata secrezione di catecolamine…).Nella maggior parte dei casi, il paziente giunge all’attenzione del medico con dolore toracico tipico, con sopra slivellamento del tratto ST e alterazioni della troponina; ne deriva la necessità di sottoporre il paziente a coronarografia, sospettando un quadro d’ischemia miocardica, ma non si riscontra alcuna occlusione coronarica.Si procede quindi con ventricolografia che metterà in luce questa peculiare contrazione del ventricolo in sistole.

L’alterazione delle troponine è estremamente sproporzionata rispetto all’alterazione della cinetica (una cinetica così compromessa in un paziente con malattia coronarica vorrebbe indicare la gravità della situazione clinica, mentre una cinetica particolarmente compromessa con una piccola alterazione delle troponine e coronarie non occluse, fa pensare che l’anomalia cinetica non sia legata ad una necrosi ma piuttosto ad un problema temporaneo, come alterazioni micro circolatorie, che si riassestano con una prognosi del tutto benigna,

nell’arco di una settimana).

La patologia è rara ma è sempre più diagnosticata poiché in passato, in un paziente con sospetto IMA, non si eseguiva la ventricolografia dopo constatazione della pervietà coronarica, ma ci si limitava unicamente ad un

Page 9: File Unico 03.12-07

periodo d’osservazione, al termine del quale, in assenza di evidenze negative, si poteva procedere alla dimissione del paziente.

L’età più colpita è quella dei 50-60 anni.

CARDIOMIOPATIA RESTRITTIVALa cardiomiopatia restrittiva è caratterizzata da atri molto grandi, addirittura più ampi dei ventricoli, quest’ultimi appaiono piccoli, con normale attività contrattile ma con una evidente difficoltà di riempimento. Il quadro anatomo patologico è arricchito anche dalla fibrosi.

Eziologia della cardiomiopatia restrittiva (si veda lo schema a lato)

primitiva : idiopatica (non si conosce la causa responsabile del quadro anatomo patologico), alterazioni delle proteine del sarcomero, fibro-elastosi di Loeffler (piuttosto rara)

Infiltrative : amiloidosi, sarcoidosi, post irradiazione Malattie d’accumulo : emocromatosi, glicogenosi, malattia di Fabry (tutte

queste forme causano una cardiomiopatia ipertrofica con un quadro di tipo restrittivo)

I geni mutati nella cardiomiopatia restrittiva sono spesso gli stessi che si incontrano nella cardiomiopatia ipertrofica ma, essendo presente un evidente quadro restrittivo, si formula la diagnosi di cardiomiopatia restrittiva.

Piccola digressione su una variante di cardiomiopatia ipertrofica che il prof definisce come “ ipertrofica senza ipertrofia”: in questo caso la diagnosi di cardiomiopatia ipertrofica viene posta unicamente sulla base della presenza del disarray delle fibre miocardiche, considerando che manca il tipico aspetto ipertrofico. C’è quindi da chiedersi se, innanzi ad un genotipo chiaramente associato a cardiomiopatia ipertrofica, il cuore vada

incontro ad ipertrofia perché è presente un secondo elemento, non ancora chiarito, responsabile del fenotipo ipertrofico o sia tale primitivamente in assenza di altre cause. Secondo molti studiosi l’ipertrofia è comunque primitiva…

Cardiomiopatia restrittiva secondaria ad amiloidosi (il prof si sofferma solo sulla prima caratteristica della lista)

- fisiologia restrittiva: in comune anche con l’ipertrofica. Il cuore si riempie con pattern emodinamico restrittivo→ le pressioni di riempimento sono alte. Questo quadro è presente anche nello scompenso secondario a cardiopatia ischemica, con edema polmonare dove le pressioni

di riempimento in atrio sinistro sono alte.

CARDIOMIOPATIA ARITMOGENA Caratterizzata da un ventricolo destro dilatato (spesso presente ma può anche mancare; in questo ultimo caso è rilevabile un bulging sotto tricuspidale) e mal funzionate con importante sostituzione adiposa o fibro-adiposa. Dilatazione del tratto di efflusso del ventricolo destro e aumentata tendenza alle aritmie sono altre caratteristiche peculiari. Talvolta la patologia va ad interessare anche il ventricolo di sinistra che comunque risulta normo funzionante nella maggior

parte dei casi.

Page 10: File Unico 03.12-07

Recentemente si è notato che nelle cardiomiopatie dilatative è presente tessuto adiposo nel ventricolo di destra e quindi sorge il dubbio che la dilatativa non sia una forma diversa dall’aritmogena ma solo una sua variante o un’ evoluzione; la cosa è ancora in via di studio…

Nell’aritmogena, anche se il paziente non ha un quadro di scompenso destro e quindi il ventricolo destro è normo funzionante pur in presenza della sostituzione fibro adiposa alla base delle aritmie, è necessario fare una

stratificazione del rischio di morte improvvisa perché può essere opportuno l’impianto di un pacemaker/defibrillatore.I pazienti con cardiomiopatia aritmogena a rischio di morte improvvisa sono (si veda illustrazione a lato):

1. pazienti con pregresso episodio di rianimazione dopo severa aritmia cardiaca

2. possessori di aritmie ventricolari maligne (ad esempio tachicardie ventricolari sostenute)

3. episodi di sincope (manifestazione di un’aritmia ipercinetica che si auto risolve)

4. importante disfunzione del ventricolo destro (quando presente la prognosi del paziente è peggiore sia dal punto di vista emodinamico che aritmogeno in tutte le patologie di origine cardiaca, compresa la

cardiopatia ischemica)5. interessamento del ventricolo di sinistra oltre all’iniziale coinvolgimento del destro 6. giovane età del paziente alla diagnosi 7. storia familiare di morte improvvisa

Tutti questi dati ci permettono di capire quanto ingente è il rischio di morte improvvisa in un paziente con aritmogena stabilendo quindi dei criteri di priorità per l’impianto del defibrillatore (quest’ultimo non viene installato in tutti i pazienti anche per ragioni economiche, il suo costo approssimativo è di 10000 euro).

Ventricolo sinistro non compattoE’ una forma particolare di cardiomiopatia dilatativa.

Il ventricolo di sinistra è dilatato e la sua parete, in particolare nella zona apicale, è non compattata e contraddistinta dal tipico aspetto spugnoso fetale. Molti pensano ad un blocco maturativo del ventricolo, a localizzazione preferenziale sinistra ma non è esclusa neppure la destra, su base genetica (geni localizzati sul cromosoma 11).

Non è possibile la diagnosi prenatale considerando che l’aspetto non compatto del ventricolo è tipico dell’epoca

fetale.

L’ultimo argomento che prendiamo in considerazione sono le MIOCARDITI e le CARDIOMIOPATIE INFIAMMATORIE (considerate assieme perché spesso la loro distinzione non è semplice).

Definizione secondo AHA: …infiammazione acuta o cronica che colpisce il miocardio…

Definizione secondo ESC: disordine infiammatorio acuto del miocardio…dilatativa con infiammazione…infiammazione cronica in ventricolo dilatato con riduzione della frazione

d’eiezione…

Page 11: File Unico 03.12-07

Questo cosa significa ? In presenza di cardiomiopatia dilatativa la biopsia mette in luce il tipico quadro infiammatorio legato alla patologia, ma la presenza di flogosi diffusa, in presenza di un cuore apparentemente normale, ci fa propendere non per una dilatativa ma per una miocardite.La diapositiva soprastante riassume la diagnostica di queste malattie: biopsia, ricerca degli anticorpi anti cuore con IF e la PCR per virus direttamente su prelievo bioptico.

L’organizzazione mondiale della sanità (OMS) dà la seguente definizione di miocardite: “infiltrato infiammatorio del miocardio con necrosi e/o degenerazione di miociti adiacenti non tipica di danno ischemico secondario a coronaropatia aterosclerotica (se per ipotesi, si esegue una biopsia in un soggetto con infarto, si ritrova un infiltrato infiammatorio associato alla necrosi)…” Questa definizione del 1996 non è molto corretta perché si può avere una miocardite senza disfunzione ventricolare sinistra→pazienti con esordio simil infartuale generalmente non hanno una disfunzione del ventricolo, hanno dolore, alterazione di ECG e troponina, coronarie non patologiche e la biopsia è suggestiva di miocardite.

In sintesi allora con il termine di cardiomiopatia infiammatoria intendiamo una miocardite, cioè un’infiammazione miocardica in cui è presente anche una disfunzione ventricolare sinistra; tale definizione è molto simile a quella di cardiomiopatia dilatativa ma in quest’ultima non è presente un quadro infiammatorio associato al deficit ventricolare.Cause di miocardite

Page 12: File Unico 03.12-07

Riporto di seguito le cause considerate dal prof:1. infezioni virali : prevalentemente

Coxsackie A B, Enterovirus, Echovirus, Influenza

2. infezioni batteriche : quasi inesistenti nelle nostre realtà ma frequenti nei paesi in via di sviluppo

3. infezioni da protozoi : Toxoplasma (soprattutto trapiantati) e Trypanosoma cruzi (malattia di Chagas, forma più frequente di cardiomiopatia dilatativa in America Latina)

4. secondaria a farmaci o a tossici (come la cocaina)

In ogni modo le forme più importanti sono due: virale o di tipo autoimmune.

Le forme virali danno infiammazione attraverso i meccanismi riportati nella diapositiva soprastante.

Ricerca degli anticorpi anti-cuoreSi può utilizzare l’immunofluorescenza:il siero del paziente viene incubato su miocardio

umano

normale e sul muscolo scheletrico. Le

Questo a lato è invece l’aspetto tipico delle forme autoimmuni caratterizzate dalla presenza di anticorpi anti-cuore organo-specifici.

Diagnosi di miocardite

Page 13: File Unico 03.12-07

Si fa con biopsia endomiocardica in base ai criteri di Dallas del 1987.I quadri bioptici sono numerosi (si veda la diapositiva sottostante). Se si considera unicamente il primo prelievo bioptico, le condizioni rilevabili all’indagine istologica sono: miocardite con infiammazione e necrosi, miocardite borderline caratterizzata da infiltrato infiammatorio senza necrosi, o assenza di miocardite; dopo rivalutazione bioptica, a distanza di un po’ di tempo: miocardite persistente, miocardite in via di guarigione, o miocardite guarita che può accompagnarsi ad un cuore normale o ad una dilatativa.

Purtroppo, se si esegue unicamente un esame istologico del frammento bioptico, la sensibilità e la specificità del metodo diagnostico utilizzato per la definizione del quadro miocarditico, sono molto basse (questo perché nel campione tissutale, l’infiltrato infiammatorio miocardico potrebbe non essere così importante da permettere una diagnosi di certezza relativamente al sospetto di miocardite)In realtà con le nuove metodiche PCR virus, IF indiretta e IHC, la diagnosi di miocardite su prelievo bioptico, è attuabile con buona sensibilità nel 90% dei casi.

6 /12/ 2010Elisa PozzaProf. Tona

MIOCARDITI: CASI CLINICI

NB: In corsivo le slides, in stampatello i commenti del Professore.Visto il tipo di lezione, ho preferito riportare fedelmente il discorso del Prof, di modo che si possa ripercorrere punto per punto il ragionamento da lui fatto in aula.

IntroduzioneI sintomi delle cardiomiopatie sono i sintomi dello scompenso cardiaco (dispnea, dolore toracico etc..cioè un po’ tutti i sintomi che si trovano nei pz cardiologici), la terapia di conseguenza è quella dello scompenso. Questo è ciò che accomuna un po’ le cardiomiopatie in quanto sfociano tutte in una disfunzione ventricolare e quindi nello scompenso cardiaco.Nel caso delle cardiomiopatie infiammatorie (= miocarditi), mentre fino a pochi anni fa la terapia era quella dello scompenso, cioè semplicemente una terapia di supporto della disfunzione ventricolare (diuretico, ACE inibitore e β-bloccante), oggi la situazione è cambiata. Infatti mentre una volta la diagnosi si basava solo sull’istologia secondo i criteri di Dallas (presenza/assenza di infiltrato infiammatorio) e non esisteva una terapia che fosse specifica per una determinata forma di miocardite,

Page 14: File Unico 03.12-07

oggigiorno con le metodiche di biologia molecolare, l’immunoistoichimica e l’immunofluorescenza, la diagnosi è evidentemente più precisa e la biopsia diventa più sensibile. Per cui possiamo vedere, tramite gli anticorpi anti-cuore, se la miocardite è su base autoimmune o virale e tramite la PCR possiamo identificare l’eventuale presenza di genoma virale. In altre parole, attraverso i nuovi mezzi che la medicina odierna mette a disposizione, abbiamo la possibilità di vedere se la miocardite è:- autoimmune o - virale o - prima su base virale e poi autoimmune (secondo i meccanismi immunitari grazie ai quali si perpetua l’infiammazione). Risulta chiaro che potendo avere queste informazioni teoricamente è possibile agire in maniera terapeutica in modo più specifico rispetto ad una mera terapia di supporto dello scompenso.

CASO 1 (miocardite autoimmunitaria peripartum)

Z.V. 32 aa, FANAMNESI FAMILIARE: familiarità per cardiopatia ischemica (il padre aveva avuto un IMA) e 1 cugino da parte materna di 55 anni affetto da cardiomiopatia dilatativa da circa 10aa.ANAMNESI FISIOLOGIA: nulla da segnalare.ANAMNESI PATOLOGICA REMOTA: negativa.ANAMNESI PATOLOGICA PROSSIMA: al V mese di gravidanza (prima gravidanza, iniziata nel Luglio 2001) episodio di cardiopalmo autorisoltosi. Nell’ultimo mese di gravidanza comparsa di edemi declivi e di tosse stizzosa soprattutto in clinostatismoDopo il parto (6/4/2001) persistenza dopo il parto di edemi declivi e comparsa di dispnea e polipnea notturne. A cosa pensiamo? Sappiamo che esistono delle cardiomiopatie dette del peripartum: questa potrebbe essere una possibilità.Ricovero presso l’UCIC di Rovigo; la paziente inizia una terapia (aspecifica): Enalapril (ACE inibitore) 5mg ¼ cp x 2, Carvedilolo (β bloccante) 6.25 mg ¼ cp x 2, Calcieparina ( 0.5 cc x 2). Si tratta di una terapia abbastanza tipica di un episodio di scompenso perché la paziente era dispnoica, con cardiopalmo, polipnea, edemi declivi ..cioè tutti i segni di uno scompenso e quindi una di stasi sia centrale che periferica. Quindi inizia una terapia aspecifica di supporto allo scompenso cardiaco.Esegue un ECOCARDIOGRAMMA che mostra:AS 46 mm; VTD 116 ml/m2 (molto dilatato), FE 30% (severamente depressa), M/V 1 (normale). Marcata ipocinesia globale, non trombi, ecocontrasto spontaneo in VS (indica che c’è stasi).IM (insufficienza mitralica) 3+/4 (importante). Valvola aortica normale. Normali le sezioni destre. IT +/-, PVD 30 mmHg.Quindi siamo di fronte ad una paziente che è sempre stata bene in precedenza, alla prima gravidanza iniziano dei segni di scompenso e dei reperti obiettivi che ci indicano che c’è una disfunzione ventricolare già preventivamente e poi si fa un ecocardiogramma in cui si vede che c’è un’importante cardiomiopatia di origine sconosciuta: il cuore è molto dilatato, ha un’importante depressione della funzione di pompa e come se non bastasse ha anche un’insufficienza mitralica rilevante (che non è legata a una malattia primitiva della mitrale ma è secondaria all’estrema dilatazione del ventricolo, cosa che determina la dilatazione dell’anulus della valvola).

Page 15: File Unico 03.12-07

A questo punto dall’UCIC di Rovigo la paziente viene ricoverata presso la clinica cardiologica di Padova (18/4/2002).

L’ECG non mostra nulla di particolarmente specifico di una malattia, ma ci sono delle alterazioni, delle T diffusamente negative (in tutte le derivazioni laterali: da V4 a V6 sono più evidenti, ma sono visibili anche in DI, DII, aVL , aVF). Queste alterazioni, quindi, non hanno una distribuzione che è tipica di un problema coronarico perché sono sia in sede laterale che inferiore, sia laterale alta che laterale bassa. Si tratta di diffuse alterazioni della ripolarizzazione ventricolare che troviamo spesso nelle cardiomiopatie, anche nella cardiomiopatia dilatativa.

Quindi, in base ai dati strumentali che noi abbiamo (ecografia), possiamo dire che la paziente ha una cardiomiopatia dilatativa, però per essere certi che ci sia bisogna escludere, come detto nella lezione scorsa, la presenza di malattie coronariche, malattie congenite, problemi valvolari – al di là della dilatazione dell’anulus -, ipertensione, malattia diabetica etc e in generale quelle condizioni che possono provocare una cardiomiopatia dilatativa: quindi la paziente deve essere studiata.La prima cosa che si fa al riguardo è la CORONAROGRAFIA. Ricordiamo infatti che la causa più frequente di disfunzione ventricolare sinistra e di una dilatazione del ventricolo è la cardiopatia ischemica, il cui rischio sarà sicuramente più alto in pazienti che hanno fattori di rischio importanti (fumatori, ipertesi, diabetici ed ipercolesterolemici ad esempio) e nei pazienti con età più avanzata. In questo caso la ragazza è giovane (32 anni) quindi la probabilità pre-test (cioè prima di eseguire la coronarografia) di trovare una malattia coronarica è sicuramente bassa, ma comunque esistente. Alla coronarografia:- la discendente anteriore e l’arteria circonflessa, quindi il ramo sinistro della coronaria, sono perfettamente normali;- la coronaria destra è anch’essa normalissima.

Di fronte a coronarie normali e ad un ventricolo così disfunzionale e così dilatato bisognerà eseguire una BIOPSIA ENDOMIOCARDICA (che è indicata appunto in pazienti con disfunzione ventricolare sinistra a coronarie normali). Se invece avessimo individuato anomalie alla coronarografia ci saremmo quantomeno orientati verso un problema coronarico.La biopsia endomicardica fatta dalla paziente depone per una miocardite attiva . Ciò, assieme alla storia clinica, ci fornisce 2 informazioni:- il termine “miocardite attiva” indica la presenza, secondo i criteri di Dallas, di infiltrato infiammatorio e di necrosi miocardica;- la cosiddetta “cardiomiopatia peripartum”, descrizione aspecifica che ci indica semplicemente cardiomiopatia in prossimità del parto (ultimi mesi di gravidanza o immediato puerperio), almeno in alcuni casi può essere rappresentata da miocarditi.NB: L’istologia ci dice semplicemente se c’è o non c’è miocardite però questo dal punto di vista terapeutico non è molto utile (in quanto la terapia sarà comunque quella aspecifica dello scompenso cardiaco). Oggi invece possiamo chiarire anche l’eziologia della miocardite (con il conseguente vantaggio di effettuare una terapia specifica, indirizzata verso un determinato agente patogeno). Infatti nel caso in esame si è ricorsi alla PCR che ha mostrato:

Page 16: File Unico 03.12-07

assenza di infezione da: Enterovirus (che rappresentano la causa più frequente di miocardite), CMV (tipico degli immunodepressi, anche se si inizia a vederlo anche nei soggetti non immunodepressi, ma secondo il prof siamo tutti un po’ immunodepressi), Virus Influenza A e B, Adenovirus, HSV, EBV e Parvovirus B19 (responsabile della quinta malattia).A questo punto possiamo affermare che la paziente ha una disfunzione ventricolare sinistra dovuta ad una miocardite diagnosticata all’istologia di origine non virale.Attenzione!! Per diagnosticare una miocardite su base virale dovrà esserci il virus nel cuore (quindi ci deve essere il genoma), il genoma deve essere replicante (cioè attivo), e soprattutto non bisogna riscontrare il genoma in periferia (nei leucociti). Riguardo a quest’ultimo punto, è chiaro che quando analizzo un pezzetto di cuore per vedere la presenza di genoma virale esso conterrà anche del sangue, dei leucociti, quindi se trovo il genoma esso potrà anche essere frutto della contaminazione legata al fatto che il virus non è solo nei miociti ma è anche in circolo. Questo è il motivo per cui quando si fa il prelievo bioptico si fa anche un prelievo di sangue. Riassumendo quanto appena detto, la diagnosi di miocardite virale è data da:

o presenza all’istologia di miocardite;

o presenza di genoma virale nel cuore, replicante;

o in assenza dello stesso genoma virale in circolo .

Tornando al nostro caso, a questo punto si cercano gli anticorpi anticuore con l’immunofluorescenza diretta e questi risultano positivi, dunque possiamo dire che questa cosiddetta “cardiopatia peripartum” è una miocardite attiva linfocitaria (quindi c’è necrosi ed infiltrato infiammatorio), virus-negativa, su base autoimmune, in altre parole si tratta di una patologia autoimmune organo-specifica del cuore (come morbo di Addison ad esempio).Quindi le CONCLUSIONI sono: cardiomiopatia dilatativa da miocardite autoimmunitaria peripartum.TerapiaLa paziente arriva a Padova ed inizia la terapia aspecifica, per la disfunzione del ventricolo, che è rappresentata da:

ACE inibitore (enalapril: 5 mg + 2.5 mg) digitale (=digossina, 0.25 mg, farmaco usato dalla fine dell’800, non migliora la prognosi dei pazienti

ma li fa stare meglio: i pz con scompenso cardiaco trattati con digitale non muoiono meno rispetto a quelli che non la prendono ma stanno meglio)

diuretico (furosemide: 25 mg) β bloccante a bassi dosaggi (carvedilolo: 6.25 mg ¼ x 2) gastroprotettore (omeprazolo: 40 mg) (serve perché si assume cortisone e tutta questa “miscela” di

farmaci).Viene iniziata inoltre una terapia immunosoppressiva. Non ci sono delle linee guida per la terapia immunosoppressiva delle miocarditi perché non ci sono degli studi, come nella cardiopatia ischemica, randomizzati, a doppio cieco etc a riguardo, ma si fa una terapia immunosoppressiva basandoci sulle conoscenze immunologiche che ci sono nelle altre discipline internistiche, quindi in pratica si comincia dando cortisone ed un altro farmaco immunosoppressore, l’azatioprina, che inibisce la proliferazione dei linfociti (in realtà esso è un farmaco abbastanza superato, soprattutto nel trattamento del rigetto, tuttavia si usa ancora in questa situazione per esempio).

A distanza di tempo, dopo aver iniziato la terapia immunosoppressiva e quindi specifica, si riesegue la biopsia: l’istologia ora depone per una miocardite in risoluzione (secondo i Criteri di Dallas), quindi la paziente non è ancora guarita - c’è un po’ di infiltrato ancora- ma è in risoluzione. La PCR per il genoma virale è negativa.Dunque la paziente continuerà con la sua terapia di sostegno e un po’ di terapia immunosoppressiva (Deltacortene: 5 mg e Azatioprina 50 mg x 3).Evoluzione

Page 17: File Unico 03.12-07

Al successivo controllo (2006) la paziente si trova in classe NYHA I (quindi non presenta dispnea) e ha una FE 60%: insomma si è normalizzata, sia dal punto di vista clinico (non ha più nè dispnea né edemi declivi), sia dal punto di vista strumentale (la funzione di pompa si è normalizzata), sia dal punto di vista della biopsia (sta scomparendo l’infiammazione e non c’è virus). Quindi la signora sembrerebbe guarita. NB: In realtà in queste situazioni non sempre abbiamo la completa restitutio ad integrum (con ritorno della FE a valori normali come nel nostro caso) ma spesso rimangono dei cuori con cinetica ai limiti inferiori di normalità (es. con FE di 51-52%) cioè cuori un po’ stanchi, un po’ ipocinetici per esiti fibrotici. Altre volte ancora la miocardite può evolvere in cardiomiopatia dilatativa (cioè il processo infiammatorio si risolve, la biopsia mostra che non c’è più infiammazione ma c’è l’evoluzione verso la CMP dilatativa, come dimostra la biopsia di controllo che sempre viene richiesta).

Domanda di uno studente: “In questo caso una RMN sarebbe stata utile?”In un caso del genere la RMN può essere utile quando la paziente si presenta per la prima volta e quindi non sappiamo nulla, e se sospettiamo che possa trattarsi di un fatto infiammatorio essa ci dice se questo fatto infiammatorio c’è o meno. Ci sono infatti delle sequenze (T2) che mettono in evidenza l’eventuale presenza di acqua: se c’è acqua nel miocardio vuol dire che c’è edema e se c’è edema vuol dire che c’è infiammazione. Quindi se con la clinica sospetto una miocardite, grazie alla risonanza si aggiunge un dato obiettivo: la presenza di infiammazione . Però poi dal punto di vista della diagnosi certa e della terapia mirata eziologica la risonanza non ci dice nulla (cioè non è in grado di dirci se c’è un virus o se ci sono anticorpi anti-cuore) . Perciò dopo una RMN avremo una certezza di presenza di miocardite (che non avevamo prima della risonanza) ma non abbiamo nessuna indicazione specifica su quella che può essere la terapia mirata eziologica che può portare ad una risoluzione del quadro al di là della disfunzione ventricolare.

Domanda: “Se l’istologia imputa la cardiomiopatia all’autoimmunità, la terapia immunosoppressiva deve essere perpetuata per tutta la vita oppure può essere sospesa dopo la risoluzione del quadro clinico?”Nel caso appena affrontato, non sappiamo se la pz è guarita grazie alla terapia o se sarebbe guarita ugualmente e gli studi fatti finora non ci sono di aiuto! Purtroppo il trial a doppio cieco storicamente più importante che è stato fatto con la terapia immunosoppressiva ( terapia SI /terapia NO) aveva un bias iniziale di selezione dei pazienti importante perché si eseguiva la biopsia ma non si facevano gli anticorpi quindi si faceva la terapia solamente sulla base di una diagnosi di miocardite: è chiaro però che se io do l’immunosoppressore ad un paziente che ha una miocardite virale peggiorerò la situazione (perché deprimo un pz con infezione!!), quindi il risultato di una terapia immunosoppressiva intrapresa solamente sulla base di un esito della biopsia del tipo “miocardie si-miocardite no” sarà inficiato da un importante difetto di selezione iniziale. Quindi ciò ha un po’ affossato nell’ambito della cardiologia la terapia immunosoppressiva perché i risultati non parevano buoni: in realtà dentro lo studio c’erano pz con miocardite virale.Quindi, per tornare alla domanda, in relazione a ciò non c’è una vera risposta: si va a vedere la situazione clinica del pz e l’ecocardiogramma. In particolare se la pz di prima avesse continuato ad avere una FE del 30% probabilmente la terapia immunosoppressiva sarebbe stata perpetuata nel tempo anche se con scarso successo in quanto ad un certo punto il processo infiammatorio si spegne, ci sono gli esiti della fibrosi e la terapia immunosoppressiva non serve più. Dunque, concludendo, si valuta caso per caso in base agli esami di controllo, se continuare o no con la terapia.

CASO 2 (miocardite virale) Anamnesi:

Donna, 25 anni.Nega fattori di rischio cardiovascolare. A 13 anni attività sportiva agonistica (lancio del peso). La ragazza era lanciatrice del peso ai campionati nazionali Juniores.

Page 18: File Unico 03.12-07

A 15 anni, riscontro di soffio cardiaco: all’ecocardiogramma stenosi aortica di grado lieve con gradiente massimo di 30 mmHg, congenita, verosimilmente tricuspide.Cioè dalla nascita aveva un anulus dell’aorta che era stretto, quindi aveva una patologia congenita, anche se non si tratta di una patologia congenita complessa. In una paziente che ha una patologia congenita valvolare, si pensa che quel gradiente rimanga così, non debba aumentare, in quanto non si tratta di una malattia della valvola degenerativa (come può verificarsi in un anziano) dove i lembi valvolari calcificano sempre più e si aprono sempre meno e il gradiente aumenta fino ad avere una stenosi severa. Tuttavia la pz aveva l’idoneità sportiva per fare attività agonistica. MAGGIO 2002:

• Sintomatologia: dispnea a riposo, precordialgie atipiche, altralgie e parestesie distali arti superiori ed inferiori.La dispnea in chi fa sport va considerata molto attentamente: il paziente è molto affidabile perchè sente che la sua attività fisico-sportiva ne risente molto, sente di essere peggiorato nella prestazione. Per noi medici è difficile da appurare perchè uno sportivo, che magari fa la maratona, se ha un problema di disfunzione cardiaca, esegue tranquillamente un test da sforzo senza che compaiano alterazioni perchè è abituato ad avere delle prestazioni molto più elevate. Nella paziente in esame compaiono inoltre delle precordialgie atipiche, altralgie e parestesie distali agli arti superiori ed inferiori. A posteriori questi dati sintomatologici sono già indicativi di qualcosa di specifico (vedi sotto).

• E.O.: Cuore: toni ritmici, validi, I tono aumentato, soffio eiettivo sistolico 3/6 sul focolaio aortico (ricordiamo che ha la stenosi aortica), soffio sistolico 2/6 alla punta e al mesocardio. Lieve succulenza pretibiale.

• Esami ematochimici: tutti i parametri esplorati erano nella norma, fatta eccezione per TnI=2.36 ug/L. Dato fondamentale è la presenza della troponina mossa che è segno di necrosi miocardica. In un altro centro da dove era arrivata la ragazza si era pensato che il problema valvolare fosse la spiegazione degli esiti degli esami fatti: lei ha una stenosi aortica lieve, passano gli anni ed è peggiorata. Ma questo è poco probabile per il tipo di patologia che è una stenosi congenita (vedi discorso fatto sopra: cioè una stenosi congenita non è portata a peggiorare negli anni come invece accade nelle stenosi di natura degenerativa), in più non è compatibile con il movimento della troponina (che è segno di necrosi miocardica).

ECG: poco specifico: ritmo sinusale, Fc 64 bpm, AQRS 30°, PR 0.16 sec, QT 0.40 sec, onda T isodifasiche in D1, 2, 3, e negative in V5 e V6

Ci sono delle alterazioni, in V5, V6 l’onda T è negativa, e così anche in V2, V3. Ci sono delle alterazioni della ripolarizzazione aspecifiche. Ci sono dei lievi segni di ipertrofia ventricolare sinistra ma questi sono compatibili con la lieve stenosi aortica.

ECOCARDIOGRAMMA (21/5/02):AS moderatamente dilatato.VS marcatamente dilatato con discreta depressione della funzione sistolica (VTD= 135 ml/mq, FE 36%). Discreta depressione della funzione contrattile del Vsn (P/VTS=1.89). Ipertrofia adeguata (M/V 1.04).

Page 19: File Unico 03.12-07

Ipoplasia dell’anulus aortico (1.7 cm) e dell’aorta bulbare (2.2 cm). Parziale fusione tra la commissura fra le cuspidi anteriore dx e la posteriore. Area valvolare aortica anatomica di 2.4 cm2. Atrio dx di normali dimensioni.VD moderatamente dilatato con normale funzione sistolica (VTD 75 ml/mq, FE 57%). Doppler: IM 2+/4: Aorta: gradiente di picco di 30 mmHg e medio di 20 mmHg. Area dinamica di 1.32 cm2. All’ecocardiogramma ci sono dei dati fondamentali: il ventricolo sinistro è marcatamente dilatato con un volume di gittata di 135 ml/m2, quindi è molto grande, e la frazione di eiezione è severamente compromessa. Sul referto ci sono due considerazioni da fare: nell’aorta sono stretti l’anulus e la radice dell’aorta, ma l’area della valvola è normale questa stenosi aortica non è compatibile con il quadro ecocardiografico, con la FE e il VTD. Ciò significa che al problema congenito si è aggiunto qualcos’altro. Inoltre anche il movimento enzimatico, segno di una micronecrosi, non è compatibile.

CATETERISMO CARDIACO (23/5/02): Stenosi aortica moderata ( AVA 1.4 cmq; 0.73 cmq/mq; gradiente 23 mmHg); VTD 132 ml/mq; FE 42%. Insufficienza mitralica moderata (2+/4). Ipertensione polmonare moderata con normali resistenze polmonari arteriolari. Circolo coronarico privo di lesioni angiograficamente significative. Eseguita biopsia endomiocardica.Viene fatta una ventricolografia-aortografia dove si vede che la radice dell’aorta prima è molto stretta e poi si dilata; con la coronarografia si vede che la coronaria destra è normale, come pure la sinistra. Il cateterismo ci conferma che c’è un volume molto grande, una FE depressa (42%), un’insufficienza mitralica moderata, un’ipertensione polmonare moderata con normali resistenze polmonari arteriolari. A questo punto viene fatta una BIOPSIA ENDOMIOCARDICA. Nei pezzi bioptici si vede che c’è un infiltrato linfocitario e un disarrangiamento delle fibre.

Viene fatta una PCR con questo risultato: PCR: POSITIVITA’ per PARVOVIRUS B19 nel miocardio, NEGATIVITA’ nel sangue.(negativa per Enterovirus, Influenza A e B, Citomegalovirus, Adenovirus, EBV, HSV)I segni che la paziente mostrava all’inizio (artralgie, dolori toracici lievi, febbricola...) sono dei segni che sono presenti nelle infezioni da parvovirus B19, indipendentemente dalla presenza della miocardite. Quindi si tratta di una miocardite attiva (come nel caso precedente), non ci sono gli anticorpi anticuore, ma c’è un virus nel cuore e non in periferia, replicante. A questo punto si può fare una terapia specifica per il parvovirus, cioè immunoglobuline ad alti dosaggi.Trattamento immunomodulante con Ig endovena ad alte dosi (400mg/Kg/die per 5 gg)Purtroppo la ragazza ha tollerato male la terapia (è comparsa subito febbre) e quindi la terapia è stata fatta ma non in modo completo. A distanza si fa una BEM che mostra assenza di miocardite e la PCR che mostra assenza del Parvovirus B19, però, a differenza dell’altro caso, c’è un’evoluzione peggiore: a questa ragazza rimane circa il 30% di FE. La biopsia successiva mostra che non c’è più infiltrato infiammatorio, non c’è più

Page 20: File Unico 03.12-07

miocardite, però c’è molta fibrosi. La FE che era 36% passa a 25% : questo non è altro che un’evoluzione di una miocardite virale che si è risolta ma che esita in una cardiomiopatia dilatativasi tratta di una cardiomiopatia dilatativa post-miocardite, non primitiva. Molto probabilmente molte cardiomiopatie dilatative di origine sconosciuta sono esito di una miocardite non diagnosticata perchè probabilmente il soggetto ha avuto dei sintomi aspecifici che non sono stati indagati adeguatamente con un’indagine bioptica.Approccio terapeutico alle miocarditi

Al di là della terapia di supporto (cioè la terapia per lo scompenso cardiaco) per quanto riguarda l’approccio terapeutico noi possiamo avere, partendo da una biopsia positiva per miocardite (quindi ci deve essere la diagnosi istologica secondo i criteri di Dallas), le seguenti possibilità:

presenza di positività della PCR per virus ma assenza degli anticorpi anticuore:siamo di fronte a miocardite attiva linfocitaria Ab-negativa e virus-positiva. Quindi oltre alla terapia di supporto bisognerà fare una terapia eziologica antivirale a seconda del virus come segue:Adenovirus/Enterovirus: IFN-alpha/betaCMV, HSV, EBV: Ganciclovir, valganciclovir, CMV-hyperIgsRNAvirus: ribavirinPV-B19: IVIGEnterovirus, Rhinovirus: pleconarilNon ci sono delle regole precise perchè è un campo in evoluzione, non sono presenti dei trials clinici con il ganciclovir per la miocardite; ci sono degli studi in corso in cui in base al virus si fanno delle terapie mirate e si stanno inoltre producendo degli studi per vedere se la terapia iniziata molto precocemente, cioè alla diagnosi, è efficace e per quanto tempo va proseguita.

Forme autoimmuni con biopsia positiva, negatività alla PCR per virus ma Ab positivi : in questo caso posso fare terapia ti tipo immunosoppressivo e immunoassorbimento (cioè “porto via” gli anticorpi).Non sappiamo se gli Ab anticuore siano la causa dell’infiammazione o se siano un marker che ci dice che c’è un processo infiammatorio su base immunomediata. Tutto questo si basa sulla biopsia endomiocardica che è poco sensibile se viene valutata solo in base all’istologia, ma che raggiunge una sensibilità elevata se si fa l’immunoistochimica, la PCR e se si dosano anche gli Ab.

Miocardite immunomediata post-infettiva: ho dapprima una PCR positiva (quindi miocardite su base virale), e gli Ab prima sono negativi e poi si positivizzano (quindi miocardite immunomediata). Come succede spesso nelle malattie autoimmuni c’è un primum movens che è di tipo virale che

Page 21: File Unico 03.12-07

innesca un meccanismo autoimmune in quale, sparito il virus, mantiene il quadro. In questo caso (ci sono anche qui degli studi ancora in corso) è possibile fare prima una terapia antivirale specifica diretta contro il virus e poi una terapia immunosoppressiva (qualora sia dimostrata ancora la presenza di miocardite persistente legata non più al virus ma a un meccanismo autoimmune che si automantiene).

07/12/10 Marta Mion

Prof. Tona PERICARDITI

Il pericardio è un “sacco distendibile” che influenza modestamente la gittata cardiaca per cambiamenti “fisiologici” del volume intrapericardico e della pressione transmurale.L’influenza diventa sostanziale solo per importanti variazioni di volume e pressione pericardica, in particolar modo per bruschi e consistenti sovraccarichi di volume, perché in tal caso non si ha tempo sufficiente per adattare il cuore ad un eventuale versamento (reperto che, tra l’altro, non è sempre presente in corso di pericardite).

Questo grafico mostra che solo per volumi molto alti c’è un aumento significativo della pressione intrapericardica. Per bruschi sovraccarichi di volume, la curva pressione/volume raggiunge la porzione esponenziale, quindi il pericardio limita un’ulteriore dilatazione del cuore perché, se al di fuori del cuore (cioè nel pericardio) le pressioni sono molto elevate, si ha una limitazione della funzione diastolica, con conseguente deficit di riempimento ventricolare.

Pericardite acuta:è un’infiammazione dei foglietti pericardici. Si può presentare con dolore toracico (e qui scatta la diagnosi differenziale con il dolore toracico di origine cardiaca e non). È possibile apprezzare all’auscultazione sfregamenti pericardici (non rilevabili in caso di versamento importante in quanto il liquido si frappone tra pericardio e fonendoscopio). Ci possono esser alterazioni dell’ECG aspecifiche o indicanti “lesione” (cfr ECG in corso di IMA, sindrome coronarica acuta, danno ischemico cardiaco ecc).

Epidemiologia:Non ci sono dati certi. La pericardite è un rilievo molto frequente nelle infezioni ma, rispetto alla miocardite infettiva, è più difficile da diagnosticare; spesso rimane misconosciuta perché il quadro infettivo (che può colpire anche distretti diversi da quello cardiaco) è prevalente, oppure si può presentare con dolore toracico, muscolare, intercostale, tipo nevrite che in realtà è dovuto all’infiammazione pericardica in corso d’infezione.Un paziente su mille viene ricoverato per pericardite sintomatica con compromissione della funzione emodinamica. Il 2-6% delle casistiche autoptiche è rappresentato da pericardite.

Page 22: File Unico 03.12-07

Le forme più frequenti sono quelle idiopatiche acute, seguite dalle pericarditi associate a collagenopatie ed a neoplasie; quelle secondarie ad infezione tubercolotica sono forme acute più rare, sebbene la loro incidenza stia aumentando a causa del maggior numero di immigrati.Classificazione eziologica:

1) Pericardite idiopatica: è la forma più frequente; necessita di una gestione multidisciplinare; può associarsi ad un quadro miocarditico (in tal caso si potranno rilevare movimenti enzimatici → troponine), ma generalmente è più frequente una miocardite con successivo interessamento pericardico, rispetto alla situazione inversa (cioè pericardite con successiva miocardite).

2) Pericardite infettiva: soprattutto virale, ma anche tubercolare, batterica, da rickettsie, parassiti, anaerobi ecc… funghi e protozoi colpiscono in particolar modo gli immunodepressi e i trapiantati.

3) Sindrome di Dressler: pericardite post-infarto; si manifesta con dolore toracico ma SENZA l’irradiazione tipica delle coronaropatie; è un dolore toracico diffuso, talvolta posteriore, che si presenta subito dopo la fase acuta della malattia.

4) Pericardite uremica: spesso asintomatica nei pazienti dializzati; in questo caso la pericardite non è infiammatoria ma di origine dismetabolica.

5) Neoplasie: polmonari, mammarie, leucemie, LDH, linfomi; in questo caso il versamento è frequentemente ematico e può esser analizzato tramite pericardio centesi o RMN.

6) Traumi: provocano versamento pericardico più che pericardite (ad ogni modo il versamento traumatico può portare ad una successiva pericardite); un trauma toracico può dare cuore contuso → versamento che, se ematico, può infiammare il pericardio; per trauma si intendono anche procedure diagnostiche cardiologiche, per esempio: in emodinamica si può arrivare alla parete libera del ventricolo dx provocando una fessurazione con successiva perdita di sangue all’interno del pericardio durante la sistole → versamento pericardico → infiammazione pericardica.

7) Malattie autoimmuni: o comunque immunomediate (AR, RAA, LES, SCL, connettiviti miste); in questi casi la pericardite può diventare il quadro preponderante rispetto ai sintomi tipici della malattia di base.

8) Farmaci.

9) Radiazioni: le pericarditi attiniche erano più frequenti in passato, specie per le terapie radianti a livello mediastinico in corso di linfoma; fortunatamente oggi la RT è più precisa, di conseguenza più che pericarditi da radiazioni si osservano pericarditi costrittive, esito di infiammazione pericardica cronica con successiva fibrosi.

10) Aneurisma dissecante dell’aorta: cfr pericarditi traumatiche.

11) Mixedema: danno di natura dismetabolica.

12) Chilo pericardio.

Classificazione istopatologia:1) Pericarditi sierose: idiopatiche, virali, da patologie sistemiche.

2) Fibrose e siero-fibrose : post-infarto (s. di Dressler), uremiche, da collagenopatia, post-chirurgiche (proprio per il rischio di pericardite o di versamento a seguito dell’apertura del pericardio, spesso il cardiochirurgo lo lascia aperto per evitare un tamponamento cardiaco). Sia nelle forme post-IMA che in quelle post-chirurgiche, sembra che il danno sia immunomediato.

3) Emorragiche : in corso di tubercolosi (che però, più che forme emorragiche, provoca con maggior frequenza pericarditi costrittive) o di neoplasie (per contiguità o continuità della neoplasia al cuore).

Page 23: File Unico 03.12-07

4) Purulente : soprattutto batteriche e micotiche.

5) Caseose (tubercolosi).

Segni e sintomi clinici:

1) Dolore toracico: provocato dall’infiammazione dei foglietti pericardici (e spesso anche delle pleure) e/o dalla distensione del sacco pericardico per abbondante versamento. È un dolore diverso da quella della sindrome coronarica perché è diffuso e può esser posteriore → diagnosi differenziale con sindrome coronarica, IMA, dissezione aortica. Tipicamente si allevia quando il paziente sta seduto o piegato in avanti.

2) Tachicardia: non è dovuta alla pericardite in sé, ma ad un versamento di entità tale da influenzare l’emodinamica cardiaca: se il versamento si forma rapidamente, si avrà disfunzione diastolica, con perdita del mantenimento della normale gittata cardiaca: la frequenza cardiaca dovrà aumentare per garantire un portata sanguigna sufficiente; un altro meccanismo alla base della tachicardia in corso di pericardite potrebbe esser la febbre.

3) Febbre.

4) Tosse: può esser legata alla patologia responsabile della pericardite oppure può esser dovuta all’irritazione pleurica.

5) Dispnea: è correlata alla necessità del paziente di respirare superficialmente per evitare il dolore; infatti l’inspirazione profonda in corso di pericardite (e pleurite) provoca dolore per distensione del pericardio; altra causa di dispnea potrebbe essere il tamponamento cardiaco: un versamento abbondante ha ripercussioni emodinamiche.

6) Sfregamento pericardico: patognomonico ma non frequente. Si può auscultare tra il primo e il secondo tono; ad ogni modo la sua assenza non esclude la malattia pericardica.

7) Calo ponderale: tipico del paziente defedato con pericardite recidivante (le recidive possono ammontare anche a 70 in un anno!!); più frequente in caso di malattia sistemica sottostante.

Diagnosi differenziale del dolore:

[Nota: il dolore da IMA si protrae per ore solo se non trattato]

Il dolore pericarditico è diffuso, SENZA compromissioni psicologiche e SENZA la sensazione di angoscia.A volte la diagnosi differenziale può esser difficile, in quanto le alterazioni ECGrafiche sono simili, ad esempio: il sopraslivellamento del tratto ST è comune alla pericardite e all’IMA, quindi dovremo fare riferimento ai dati clinici per distinguere tra l’una e l’altra patologia (ad esempio, se all’ECG ho un sopraslivellamento dell’ST e il paziente riferisce di avere un dolore che si allevia stando seduto o piegandosi in avanti, dovrò pensare ad un coinvolgimento pericardico più che ad un’ischemia).

Page 24: File Unico 03.12-07

Strumenti diagnostici:

a) ECG : presenta alterazioni dovute a correnti di lesione da infiammazione miocardica subepicardica o dell’atrio, possono manifestarsi dopo ore o giorni dall’esordio del dolore. In generale, la presenza di un sopraslivellamento del tratto ST indica che ci sono alterazioni a livello della scambio ionico tra sodio e potassio nel cardiomiocita, il che si rileva sia nell’IMA che nella pericardite: in quest’ultimo caso l’onda di lesione è data dall’infiammazione, non dall’ischemia.

- Il sopraslivellamento dell’ST in corso di pericardite si ritrova in quasi tutte le derivazioni, diversamente in caso di IMA è presente solo nelle derivazioni che corrispondono alla regione infartuale.

- Non c’è sottoslivellamento ST (cioè lesione sub endocardica) tranne che in aVR e V1 - Presenza del sottoslivellamento del tratto PR- Ritmo sinusale- Onde T negative solo dopo la normalizzazione del tratto ST- Voltaggi bassi del QRS (in questo caso è utile fare un cfr con ECG precedenti): questo reperto indica

versamento (l’abbassamento dei voltaggi del QRS è dovuto alla frapposizione di liquido tra il cuore e l’elettrodo esplorante)

- Alternanza elettrica occasionale per tamponamento cardiaco.

Fasi evolutive:Fasi ST Onda T Segm PRI elevato positiva depresso o isoelettricoII precoce isoelettrico positiva isoelettrico o depressoII tardiva isoelettrico appiattita isoelettrico o depressoIII isoelettrico invertita isoelettricoIV isoelettrico positiva isoelettricoNel 50 % dei casi l’ECG non è suggestivo, non presentando la classica evoluzione nelle 4 fasi. Sopraslivellamento dell’ST:

Nel caso della pericardite acuta si può apprezzare un ST sopraslivellato diffuso “a sella”, cioè concavo verso l’alto.[Nota: le alterazioni ECGrafiche di un BBS possono nascondere quelle di un contemporaneo IMA o di un’ischemia acuta]

b) Rx torace: in realtà ha uno scarso valore diagnostico, è utile più che altro per definire l’eziologia della pericardite, per esempio secondaria ad una tubercolosi o ad una neoplasia o ad una polmonite.

Page 25: File Unico 03.12-07

Il rilievo principale è l’ombra cardiaca ingrandita, che non sta ad indicare un cuore più grande, ma la presenza di versamento che, se abbondante (> 250 ml), dà ragione del caratteristico aspetto dell’ombra cardiaca a “bottiglia d’acqua” (comunque questa è un’informzione un po’ datata).

c) Indici bioumorali: se ho dolore ma troponina negativa, non sarà un IMA; alcuni indici sono specifici per le patologie associate alla pericardite (ad esempio la positività per ANA, ENA, ANCA e fattore reumatoide in corso di LES o AR; oppure l’innalzamento della creatinina, dell’azotemia o dell’urea nei pazienti uremici dializzati). Altri sono aspecifici (innalzamento di VES e PCR, leucocitosi)

d) Ecocardiogramma: se non c’è versamento, non mostra nulla; l’iperrifrangenza e l’ispessimento dei foglietti pericardici sono segno di pericardite pregressa; questo esame permette di valutare un eventuale versamento che, se importante e di veloce insorgenza, può portare ad alterazioni dell’emodinamica cardiaca → all’ecocardiogramma posso vedere i segni morfologici di tamponamento cardiaco, mentre l’ecocolordoppler evidenzierà il deficit di riempimento ventricolare.

e) Pericardio centesi: poco utile ed affidabile in veste di diagnosi, è preferibile come tecnica terapeutica. Può esser attuata solo su pazienti selezionati, ossia quelli che presentano un versamento tale da minimizzare il rischio di perforazione del ventricolo con l’introduzione dell’ago; il prelievo avviene in regione sottoxifoidea sotto guida ecografica.

Complicazioni della pericardite:1) Miocardite : più che una complicazione, è una condizione associata alla pericardite: il paziente

manifesterà prevalentemente un quadro clinico pericarditico con un lieve innalzamento della troponina (indice di micro necrosi con compromissione miocardica)

2) Pericardite costrittiva provocata da pericarditi recidivanti o come esito di forme tubercolari.

3) Recidive

4) Versamento pericardico → tamponamento: il versamento può esser

- senza compromissione cardiaca

- con compromissione cardiaca

Si apprezza un aumento della pressione intrapericardica provocato da:

- il volume del versamento

- le caratteristiche fisiche del versamento (se è costituito da sangue, fibrina o se è parzialmente organizzato, causerà resistenza alla diastole)

Page 26: File Unico 03.12-07

- la velocità di formazione del versamento: se si forma lentamente (come nelle malattie autoimmuni), all’ecocardiogramma si apprezzerà il cosiddetto “swinging heart” (il cuore sguazza nell’abbondante versamento senza che però il paziente accusi sintomi in quanto c’è stato tutto il tempo perché avvenisse l’adattamento dell’organo alla situazione patologica); in questo caso si parla di versamento non iperteso. Se invece il versamento è di lieve entità ma si forma velocemente, si avrà tamponamento sintomatico (un esempio potrebbe esser la perforazione ventricolare a seguito di una manovra bioptica: il sangue fuoriesce talmente velocemente all’interno del pericardio che in soli tre minuti si ha tamponamento!).In caso di tamponamento, le pressioni intrapericardiche possono aumentare tanto da limitare il riempimento diastolico ventricolare, con conseguente ipotensione sistemica e calo della perfusione d’organo. Se il versamento supera il volume di riserva pericardica, la pressione pericardica aumenta notevolmente, determinando una caduta quasi a zero della pressione trans murale del ventricolo dx (che è il primo ad essere colpito perché all’interno di esso la pressione è minore) → turgore giugulare, stasi epatica, polso paradosso, calo della gittata sistolica ventricolare sx con conseguente ipotensione e quindi tachicardia compensatoria (che nel lungo termine però porta a bradicardia fino all’asistolia).

Cause di tamponamento: Neoplasie maligne 32-58% Pericardite idiopatica 14% Uremia 9-14% IMA 9% Perforazione cardiaca iatrogena 7,5% Infezioni batteriche 5-7% Tbc 1-5% Radiazioni 4% Mixedema 4% Aneurisma dissecante dell’aorta 4%

Nelle pericarditi idiopatiche recidivanti si può confezionare chirurgicamente una finestra pericardico-pleurica per evitare il tamponamento (il versamento potrà scaricare nel cavo pleurico, dove verrà riassorbito, anziché nel cavo pericardico).

Reperti obiettivi di tamponamento: Pressione venosa sistemica elevata (100%) Polso paradosso (98%) Frequenza respiratoria > 20/min (80%) Frequenza cardiaca ³ 100 bpm (77%) Pressione arteriosa sistolica < 100 mmHg (64%) Toni cardiaci attenuati (34%) (se c’è versamento) Rumori di sfregamento pericardico (29%) (non auscultabili in presenza di versamento) Rapido calo della pressione arteriosa (25%) (solo per casi catastrofici come nella rottura di cuore)

Polso paradosso: è tipico del tamponamento cardiaco; per polso paradosso s’intende una caduta della PA superiore a 10 mmHg o la totale scomparsa del polso in inspirazione (perché con l’inspirazione si riduce il ritorno venoso al cuore che, in caso di tamponamento, è già limitato di suo). In altre parole, è un’esagerazione della lieve normale riduzione inspiratoria della pressione transmurale del ventricolo sx (diminuisce la pressione intratoracica e pericardica; aumenta il riempimento atriale dx e del ventricolo dx e la gittata sistolica dx, il SIV si sposta a sinistra; poiché il cuore opera in un volume finito, il riempimento del ventricolo sx e la sua gittata sistolica ¯). Si osserva anche in: BPCO, TEP, shock emorragico o settico, pericardite costrittiva, cardiomiopatia restrittiva.

Page 27: File Unico 03.12-07

Diagnosi di tamponamento: tramite ecocardiogramma si evidenzierà una compressione (NON una contrazione!) dell’atrio e del ventricolo dx durante la diastole provocata dalle alte pressioni pericardiche; se il tamponamento è molto importante, la compressione potrebbe coinvolgere persino l’atrio e il ventricolo sx (ma a questo punto il paziente è anche sintomatico).Con l’ecocolordoppler posso valutare il rapporto tra velocità e tempo di riempimento del ventricolo dx: vedrò così che nell’inspirio le curve di riempimento si abbasseranno di almeno il 30% in caso di versamento → possibile pericardio centesi.[Nota: in caso di “swinging heart” non c’è tamponamento, ma solo versamento].La pericardio centesi è una manovra evacuativa terapeutica più che diagnostica; l’aspirazione può esser fatta tramite ago, ma più spesso è eseguita con catetere, entrando in regione sottoxifoidea con guida ecografica. Altre tecniche evacuative sono la pericardiotomia attraverso finestra pericardica e la pericardiectomia parziale o estesa (che comunque non comporta l’escissione del pericardio posteriore).

Page 28: File Unico 03.12-07