etcetera 5 (as 2010/2011)
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Quinto numero di etCetera, anno scolastico 2010/2011TRANSCRIPT
etCeteraPeriodico di informazione a cura degli studenti del liceo Scientifico e Classico Majorana
liceomajoranadesio.forumfree.it Numero 5 - 2011 Gennaio/ Febbraio
Intervista airappresentanti
I fantastici 4, uno dei più famosiquartetti (ammettiamolo, tutti ab-biamo visto almeno una volta il filmo letto i loro fumetti! ).Innalzando temporaneamente i‘’nostri eroi’’ al livello di quelli mar-velliani ... (continua a pagina 4)
Rango
“Chi sono io?” . Non è una do-manda semplice da gestire. Setutta la tua vita l’hai passata inuna scatola di vetro dove inven-tavi avventure, fasulle, con deigiocattoli, chi sarai quando ver-rai catapultato nella vita reale ecorrerai pericoli, stavolta con-creti? ... (continua a pagina 8)
150° dell’Unitàd’Italia
Alle pagine 5 e 6 due ar-ticoli su questo impor-tante appuntamento per
la nostra Nazione!
Nella foto la prof. Flavia Schiatti e
Piercamillo Davigo, magistrato, che ha
tenuto una serata presso il nostro
liceo, avente per tema la giustizia in
Italia
Majorana Bands HeroesAlessandro Orsenigo, 3° E
metCetera Majorana Desio n. 5 / etCetera Majorana Desio n.5 m
Scuola V 2 Scuola
Ormai conosciamo tutti (o quasi) le famosissimerockband che hanno spopolato/spopolano a ca-vallo fra il secolo scorso e il nostro. Chi non conoscegli AC/DC, i Led Zeppelin, i Pink Floyd? Certo ormaihanno dato praticamente tutto e proprio per que-sto non ho intenzione di soffermarmi sui successidi queste famosissime band. Voglio infatti concen-trarmi su gruppi più vicini a noi del Majo, gruppiche magari sono ancora ignoti alle vostre orecchie,come d’altronde lo erano alle mie.. Ricorderetecome anche la Corrida del Majo di quest anno pul-lulava di artisti frementi di farsi sentire: bene, hoscelto di sottoporre uno di questi (e, indiretta-mente, anche il suo gruppo) ad un “interrogatorio”per conoscere un po’ quali idee e progetti ha perla testa. Stiamo parlando di Simone Spadaro (sìproprio il batterista pazzo che suonava Stairway toHeaven con la coppola e i RayBan al collo) della IIIE. La scelta dell’individuo è stata per lo più dettatadalla mia comodità (è giusto ammettere che Spa-daro è il mio compagno di banco quindi quando hodeciso di scrivere questo articolo ho girato la testae..BINGO!), non intendo creare favoritismi e/o sponsorizzazione della Band (e quiil nostro Simone sfodera un bel sorrisone..)
A:allora cominciamo: presentazione, età, nome e
componenti della band, codice fiscale,numero di
cart..sì insomma hai capito..
S:Simone Spadaro, 16 anni. La nostra band sichiama Spiral Whims (Lacrime a Spirale?). Nonchiedermi da cosa deriva il nome perché non lo so(cominciamo bene..). Per quanto riguarda i com-ponenti beh abbiamo Matteo Arosio, che ricor-diamo frequenta il nostro liceo (4D) e che suona ilbasso (nota tecnica: basso semiacustico Ibanez, citiene a precisare); poi abbiamo Simone Adelchio(chitarra) e Simone Mattavelli (chitarra e voce).
Questi sono i tre cofondatori, io mi sono ag-giunto dopo…
A:quindi ben tre Simoni nella stessa band? E
come fate a riconoscervi?
S: beh abbiamo dei nomi in codice.. io sonoSpada (nome tagliente eh?), Matteo è Teo (misembra giusto),poi ci sono Ade e Matta..
A:bene bene sono soddisfatto. Dopo i dati
anagrafici sorge spontaneo chiedersi…Come
si è formato il gruppo?
S:beh dato che sono stato reclutato solo suc-cessivamente so solo che Matteo necessitavadi un gruppo o meglio di un batterista, così at-traverso il Majo Suona mi ha contattato e hodeciso di accettare l’ingaggio. Per il restoposso solo dire che conosco la storia degli Spi-ral Whims come conosco la storia che stiamostudiando…(ricordiamo che Spadaro è attrattodalla storia come un tricheco è attratto dallecalde dune del Sahara, ndr)
A: ok a posto. Senti invece dove provate? E
che tipo di musica suonate? (domanda scon-
tata vista
l’introduzione dell’articolo). Avete scritto
canzoni vostre?
S:per quanto riguarda il genere musicale ov-viamente suoniamo musica rock (Spadaroadora i Metallica e i Led Zeppelin, ndr). (Alladomanda “fammi qualche esempio” ri-sponde:) Beh per esempio proviamo spessoWheels dei Foo Fighters, oppure My Genera-tion degli Who, oppure ancora I Bet you look è
metCetera Majorana Desio n. 5 / etCetera Majorana Desio n.5 m
Scuola V 3 Scuola
good on the Dancefloor degli Arctic Monkeys. Pas-sando al luogo, o meglio ai luoghi dove suoniamo,beh solitamente siamo in due diverse sale prove,una a Seregno e una a Muggiò…ovviamente non ciritroviamo mai a casa di un solo componente causamancanza di attrezzatura. Abbiamo tutti delle ideeper canzoni nuove ma per ora rimangono sigillatenelle nostre teste, anche se devo ammettere (conun pizzico di modestia, in realtà apparente) che IOho scritto una canzone, con spartiti per batteria, ta-stiera e basso…
A:ah però non ti facevo un pozzo di immagina-
zione.E se ti chiedessi perché suonate? (Lo so
questa potevo anche risparmiarmela).
S:sì esatto potevi risparmiartela…beh suoniamoperché…perché…perché a noi ci piace!
A:mi sembra giusto. Va beh analizziamo infine
come è nata in te la passione per la musica.
S:allora:sin da piccolo sono sempre stato attrattodalla musica a cui spesso mi abbandonavo per cer-care conforto da qualche delusione (ma Spadaroquanti anni avevi?), poi ovviamente avevo ancheuno stimolo dato che mio padre suona nelle bandedi Desio e Briosco e spesso mi portava con lui.Quindi ho maturato un crescente interesse versola musica e ho iniziato a suonare il violino a seianni, per poi passare a pigiare accordi e note sullatastiera con cui me la cavo abbastanza. Ma la miapassione è e sarà sempre la batteria. Prima di suo-narla però mi esercitavo con i timpani della banda
A:scusa che banda?
S:ah già ho omesso di dire che suono da un po’ ditempo in ben tre bande differenti: la Triuggio Mar-ching Band, nella Banda Pio XI di Desio e nellaBanda San Luigi di Briosco. In queste tre bandesono lo specialista delle percussioni. (maddai?) Tra
le percussioni ho iniziato con i timpani poi conil tempo e tanto sangue e sudore (metaforica-mente spero) ho sviluppato una certa abilitànel suonare la batteria.
A:bene grazie mille per la collaborazione,
speriamo che questo articolo sia apprezzato
dato che è il mio primo scritto..
Ora dopo una stretta di mano chitarrista-bat-terista mi congedo in senso lato dall’appenaintervistato e mi dirigo con un po’di fretta sulmio banco dato che la campanella è suonatae sta per iniziare la lezione.. Come sappiamo la natura umana tendespesso a cercare cose che sono oltre la nostraportata (e come biasimarla, se si tratta diRock’n’Roll!) dimenticandosi però di ciò che ciè vicino ed è sotto i nostri occhi, perciò hoscritto questo articolo, perché mi sembravaopportuno fare conoscere al popolo del Majoche anche in campo musicale andiamo a gon-fie vele. Forza ragazzi continuate così!
Simone Spadaro, l’intervistato.
Scuola V 4 Scuola
Intervista ai nostri rappresentanti!Clara Caimi, 2°a
I fantastici 4, uno dei più famosi quartetti (ammettiamolo,tutti abbiamo visto almeno una volta il film o letto i lorofumetti! ).Innalzando temporaneamente i ‘’nostri eroi’’ al livello diquelli marvelliani, ci aspetteremmo, per un momento, divederli comparire ammantati nella nebbia, forti dei loro su-perpoteri.. Solo per un momento. Anche perché, diciamolo, per primacosa scopro che dei 4, solo 3 saranno presenti (assenteBraghetto per supereroici motivi a me ignoti ndr.), secondonessuno di loro vola o assume l’aspetto di una supernova for-mato umano. Nonostante ciò, eccoli qui gli ‘’eroi’’(in ordinedi arrivo):1: Irdi2: Achille (con inseparabile giornale quotidiano annesso)3. Gasparotto (elegantemente in ritardo per generici motividi «casino in classe»)Per tutti coloro che non avessero assistito alla proiezionedella pellicola mentale da me appena prodotta, ecco un ve-loce riavvolgimento: sono qui sotto lo splendente sole di unpomeriggio marzolino, in attesa dei nostri rappresentanti diistituto, perché, essendo io estremamente ingenua ed im-prudente, mi sono offerta volontaria per intervistare i so-pracitati. Quindi cominciamo proprio da qui, da questo <<rappresentanti, non eroi>>. Perché proprio su questo si sof-ferma Irdi, che rimarca più volte la sua sensazione di assolutonon-eroismo nel contribuire all’organizzazione scolastica diquest’anno (Irdi insiste anche sul fatto che nel corso diquesta intervista è stato oggetto di una continua censura, deltutto amichevole, da parte degli altri due rappresentanti). Ineffetti finora, bisogna ammetterlo, la voce preponderante èquella di Gasparotto. Durante la contesa tra i due, Achillelegge beatamente il giornale; dopo essere stato costretto ariemergere dalla sottoscritta, asserisce, in risposta alla miadomanda su quanto sia l’impegno necessario per essere unbuon rappresentante, che loro, questi impegni, li hanno presiall’inizio dell’anno, consapevoli della (consistente?) fetta ditempo rubata alla loro vita sociale. Irdi replica che, in fondo,essere rappresentanti di istituto non è poi così impegnativocome può sembrare, risposta che solleva un’ovazione, un ab-braccio di Achille e il titolo onorifico di ‘’uomo-coerenza’’. Aquesto punto, a pacificare le acque si leva la voce di Gas-parotto che sottolinea l’importanza non della quantità deltempo dedicato, ma della sua qualità. Forse appena un po’criptico. Qualunque sia la quantità di tempo che dedicanoall’organizzazione di assemblee e manifestazione varie, ècerto che quest’anno il risultato è decisamente positivorispetto agli anni precedenti, in cui la partecipazione degli
studenti è diventata sempre più scarsa e stentata. Do-mando ai rappresentanti se hanno un’idea della causa diquesto gradito e improvviso miglioramento. Mi sentorispondere da tutti e tre, stavolta di comune accordo, chei fattori sono tanti: il fatto di avere le due sedi più vicine equindi di poter comunicare più facilmente, l’abolizionedella divisione tra biennio e triennio nella disposizionedelle classi, una migliore collaborazione sia con gli studentiche con i docenti ( facciamoci tutti un meritato applauso!).a questo punto, io, molto ingenuamente, domando se percaso non possa essere d’aiuto anche il fatto cheprovengano da liste diverse, quindi con programmi diversie più vasti. Subito dopo aver proferito queste infelici pa-role, capisco di essermi pienamente meritata lo sguardodi stupito orrore che mi rivolgono: alla fine i punti delleliste sono tutti uguali (alla faccia della differenziazionedelle idee politiche!).A questo punto decido di porre fine alle domande cosid-dette ‘’serie’’, in favore di alcune forse meno in tema, masicuramente più divertenti, dando inizio ad una babeleconfusa di voci, del tutto incomprensibili. Quindi, vista ladifficoltà incontrata a questo punto nel riuscire a sistemarele risposte in maniera sensata, eccole riassunte in unatabella, unica maniera per riuscire a sbrogliarle da unaconfusa sovrapposizione:
Risultati?
Oltre ad un’infinita serie di improbabili risposte, la certezzache in fondo, l’unica domanda veramente seria non haricevuto risposta: quali sono i programmi per il resto del-l’anno??
L’unica risposta proviene dal mio lettore mp3:
<<the answer, my friend, is blowin’ in the wind,is blowin’ in the wind>>.
metCetera Majorana Desio n. 5 / etCetera Majorana Desio n.5 m
Il Bel Paese dove l’sì suonaPerché in Italia ci si deve sentire a casa
Samuele Tagliabue, 5°F &Achille Taccagni, 4°a
Attualità Q 5 Attualita
L’unità d’Italia non è un semplice episodio, né il risul-tato di un processo molto lungo. È una via di mezzo.La cosa certa è che non è stato un evento pacifico,anzi. Come troppo spesso ci insegna la storia, il
prezzo delle rivolte e dei grandi cambiamenti è ilsangue di molti uomini. Capita molto spesso se ingioco c’è la libertà, la miseria, la vita.Il successo e l’approvazione che riscosse il progettopolitico e sociale dell’Unità d’Italia sulla gente, sugliitaliani del diciannovesimo secolo, scaturì a causa diun diffuso malcontento sparso nella penisola ormaida troppo tempo.Concretamente però, tra gli ideali e la concreta re-alizzazione di uno stato, c’è di mezzo ben più di unmare. Innanzitutto la spedizione di quel Garibaldi,emblema dell’eroe quasi epico, tanto acclamato eosannato per le famose imprese: se non ci fossestato lui, è quasi certo che poco si sarebbe sbloccato,ma non si può trascurare che non fosse proprio unostinco di santo.Ricordiamo che meno di una settimana dopo esseresbarcato a Marsala, Garibaldi si autoproclamò Ditta-tore di Sicilia contrastando con la forza le rivolte so-ciali dei contadini siciliani oppressi dal dominioborbonico. Chi poi conosce Bronte non solo per ilpistacchio, sa che nell’agosto del 1860 furono assas-sinati da Bixio, generale dell’esercito garibaldino,sedici contadini. Comunque l’Eroe dei due mondicontinuò la sua ascesa dello Stivale passando perPalermo (27 maggio 1860), Messina (20 luglio), Sir-acusa (1 agosto), Reggio Calabria (23 agosto), Napoli (7 settembre) fino ad arrivare a Teano, il 26 ottobredove incontrò il re terminando la sua conquista,salutando e ringraziando. Quattro mesi dopo nonnacque l’Italia, né tanto meno gli italiani. Il 17 marzodel 1861 Vittorio Emanuele II cambiò titolo, per vol-ere del parlamento, da re di Sardegna a re d’Italia edè questo il motivo per cui abbiamo festeggiato. Nonera nato niente. C’era, senza dubbio, chi già si sen-tiva italiano e chi già amava una patria tutta dacostruire. Di fatto però, siamo diventati uno statounito senza Veneto, Trentino, Friuli, Abruzzo, Cam-
pania, Puglia, Basilicata, Molise, Calabria e Sicilia.Ma perché abbiamo sempre faticato più di altripopoli a trovare un’identità, un sentimento, unpunto comune che ci facesse sentire veramenteuniti? Forse (e questo ‘forse’ consideratelo lapidarioperché non vi parla uno storico ma un liceale) per-ché essere conterranei e consanguinei di poetimemorabili, di geni della manualità e dell’artigianal-ità, di maestri di musica, di pensatori eccellenti, dei pittori e scultori migliori al mondo, di ingegneri earchitetti, ci costringe ad essere rispettosamenteimpauriti, perché è sempre sano non sentirsi all’al-tezza delle cose immense che si hanno. Viviamonella patria degli artisti. Siamo la nazione dell’arte,ma l’arte non la valorizziamo. Siamo lo stato dellecose belle, però ci conoscono per la mafia. Siamo lapatria della cultura più alta, eppure i nostri politicinon sanno nemmeno perché il 17 marzo si festeggial’Italia. Ci facciamo delle domande, consapevolidell’importanza del nostro futuro e della respons-abilità di essere cittadini sempre riconoscenti versola propria patria.Chi non se l’è sentita di festeggiare il proprio paese,dunque, probabilmente si vergogna di essere parteegli stesso di una collettività di così alto spessore,perché se si vergognasse di queste cose, sarebbe
come Rocco Siffredi che si vergognasse del propriomembro.
metCetera Majorana Desio n. 5 / etCetera Majorana Desio n.5 m
Viva l’Italia(Tra un insulto, un diluvio e qualche nota)
Giulia Agrati, 2°F
Attualità Q 6 Attualita
17 marzo 2011, viva l’Italia.Ma viva l’Italia dove?Sono partita con quest’idea stamattina, con unfottutissimo servizio con la banda per il cento-cinquantesimo che incombeva, zero voglia incuore, zero patriottismo; imprecando contro lebandiere per le strade e contro tutta quest’ariadi festa. Orgoglio italiano. Ma orgoglio per cosa?Io non ne andavo fiera, vedevo in noi una na-zione ignorante, annoiata, spenta, un Paesesenza scarica elettrica, un Paese morto. Sì, ormaimorto, lasciato a se stesso, senza l’energia o lavoglia di rinascere.E poi immaginarmi alle nove di mattina, sotto lapioggia, a suonare l’Inno di Mameli, e poi ancoraa sfilare per le vie, in quell’odiosa divisa blu, in-neggiando alla nostra nazione, mi rivoltava an-cora di più. Chi mi obbliga a farlo? Io me ne sto a letto.E invece no, a malincuore, avvolta in una ban-diera rossa e verde (e bianca) e con un rullantesulle spalle, sono uscita di casa.Una mattina devastante.Ma una bella mattinata, che forse mi ha fatta ri-credere. Perché alla fine noi festeggiamo l’Italiavera, quella che era e che spero sarà. L’Italia chesi è sbattuta, l’Italia che ha lottato, perché volevaessere unita. Volenti o nolenti possiamo guar-dare con rispetto o con occhio critico al passato,ma l’unitàd’Italia rimarrà solo retorica se per noi ragazzinon diventerà un valore da perseguire. E allora,in quella giornata di pioggia, mentre marciavoper la piazza ho iniziato a pensarci, pensare allanostra Italia: possiamo dire di condividere lostesso spirito di appartenenza in tutta la na-zione? Quello che ci identifica come un solo po-polo. Io credo che le manifestazioni che
abbiamo visto e a cui abbiamo partecipato, lebandiere che abbiamo esposto o sventolato, te-stimoniano il desiderio vivo di portare a terminel’antico progetto dei nostri padri. Ritengo perciòche sia nostro compito raccogliere l’eredità risor-gimentale imparando a riconoscere le peculiaritàdi ciascuno non come elemento di divisione macome una ricchezza aggiunta, che deve confluirenel consolidamento di un patrimonio culturalecomune a tutta la penisola.Personalmente credoche la chiave sia quella si saper leggere la moder-nità come elemento aggregante, valorizzando gliaspetti che ci rendono famosi nel mondo, e checi fanno sentire orgogliosi di essere italiani. E al-lora viva l’Italia:
‘Viva l’Italia, l’Italia derubata e colpita al cuore,
viva l’Italia, l’Italia che non muore.’
Auguri ragazzi, e altri cento cinquant’anni uniti,di quest’Italia che si dispera e di quest’Italia ches’innamora.
Il logo delle celebrazioni per il 150° an-niversario dell’Unità d’Italia.
metCetera Majorana Desio n. 5 / etCetera Majorana Desio n.5 m
Recensioni J 7 Recensioni
Little miss sunshine“Lo sai cos'è un perdente? Il vero perdente è uno che
ha così paura di non vincere che nemmeno ci prova.”
Vedersi crollare davanti i propri sogni non è bello elo sanno bene Dwayne e Olive: il primo pronto atutto pur di diventare un pilota di jet, anche fare votodi silenzio e trattenersi dal parlare per molti mesi,dovrà rinunciare a causa del suo daltonismo; la sec-onda che vuole diventare Piccola Miss California (Lit-tle Miss Sunshine, nella versione americana) verràcacciata dal palco del concorso per la sua esibizione,preparata con tanta fatica insieme al nonno Edwin,un vecchio anche troppo pimpante che si fa dieroina. Anche Frank, fratello di Sherly – la mamma di Olivee Dwayne – sa bene cosa voglia dire: dopo esserestato rifiutato da un altro uomo (Frank è infattiomosessuale) viene cacciato dall’università in cui in-segnava e tenta il suicidio, senza però riuscirci.Richard invece, marito di Sherly, lo capirà quandoriceverà la notizia da un suo amico editore che nonriuscirà a vendere il libro ispirato ai “nove passi perraggiungere il successo” inventati da Richard che neè anche ossessionato. Quando Olive finalmente viene chiamata per parte-cipare alle finale di Piccola Miss California tutta lafamiglia parte su un pulmino giallo per un viaggio di800 miglia in soli due giorni. Il viaggio non sarà af-fatto piacevole: la frizione che si rompe e costringe inostri “eroi” a spingere il furgone ogni volta per farlopartire, la morte del nonno in un hotel a cui seguiràil furto del corpo, il clacson che si blocca e continuaa suonare imperterrito per tutto il viaggio e la scop-erta di Dwayne di essere daltonico faranno arrivareOlive in tempo per il rotto della cuffia.Quando finalmente arrivano all’hotel dove si svolgeil concorso Dwayne, Richard e Frank rimangono ba-siti davanti alle bambine che partecipano, vestite etruccate come trentenni e fra cui Olive sembra l’u-nica normale. Al momento delle esibizioni finali nes-suno si sarebbe aspettato da Olive uno spogliarelloche lascia basita l’organizzatrice del concorso, una
Stefano Tagliabue, 2° D
molto vecchio stile, per cui una cosa del genere è im-pensabile, e infatti caccia Olive dal palco.Mentre si guarda il film ci possiamo immedesimarein Olive che vede tutta la situazione con gli occhi in-nocenti di una bambina e non si rende conto diquello che fa, o in Dwayne che nonostante sia dis-posto a tutto per diventare pilota scopre di nonpoterlo fare, ma che comunque non si arrende(come dice parlando con Frank: “Se voglio volare ilmodo per volare lo troverò. Fai la cosa che ami e vaf-fanculo il resto”), o in Sherly o in Richard, tanto os-sessionato dal successo da lasciarselo sfuggire. È unfilm per tutti in tutti i sensi, il giusto compromessofra una commedia e un film drammatico.Vincitore di due premi Oscar del tutto meritati (almiglior attore non protagonista e alla miglior sceneg-giatura originale) Little Miss Sunshine vuole denun-ciare il fatto che concorsi di bellezza vengano fattianche per bambine di sette anni e ci vuole ricordareche siamo sempre giudicati e dobbiamo farci giudi-care per come siamo senza paura.
Anno: 2006 Regia: Jonathan Dayton e Valerie Faris Cast: Greg Kinnear (richard), Toni Collette (Sherly),Steve Carell (Frank), Alan Arkin (nonno Edwin),Abigail Breslin (Olive), Paul Dano (Dwayne).
metCetera Majorana Desio n. 5 / etCetera Majorana Desio n.5 m
Recensioni J 8 Recensioni
Rango: un gioiello nella polvere del far west
Filippo Tagliabue, 4° F“Chi sono io?” . Non è una domanda semplice dagestire. Se tutta la tua vita l’hai passata in una sca-tola di vetro dove inventavi avventure, fasulle, condei giocattoli, chi sarai quando verrai catapultatonella vita reale e correrai pericoli, stavolta concreti?Se sei un camaleonte insicuro, cosa farai in un vil-laggio uguale al selvaggio west, popolato di animalibizzarri, alle prese con un ruolo indesiderato di sce-riffo? Fingerai di essere l’eroe o lo sarai? Da questipresupposti parte il lungometraggio animato“Rango”, prodotto dalla modesta Nickelodeon ani-mation, al suo secondo prodotto animato a compu-ter dopo il divertente ma infantile “Barnyard”. Conquesto film il regista Gore Verbinski, autore dell’ap-prezzatissima serie di “Pirati dei Carabi” osa davveroparecchio visto che maneggia un cartoneanimato.Spesso i personaggi fanno battute pocoadatte per il pubblico più pubblico, come quando c’èil dottore delvillaggio, un coniglio con un solo orec-chio e ubriacone, che offre di fare un controllo dellaprostata con tanto di guanto di lattice blu. Partico-larmente originali anche le diverse sequenze oniri-che che sono sparse qua e là nell’ora e quaranta chetiene incollati alla poltrona, nonostante un inizioforse troppo lento e poco incisivo. Quando però lastoria comincia a ingranare, si rimane sorpresi nelvedere un western fatto e finito, e solo ogni tanto cisi rende conto che non ci sono cowboy o gringosmessicani sulla pellicola, ma animali, gufi, rospi, topinemmeno tanto belli per di più. I rimandi al generecinematografico sono parecchi, come la figura dellospirito del west impersonato da un attore pistoleroper definizione (non voglio rivelare chi è in realtà, èuna chicca da gustarsi), oppure il duello con le coltche richiama il celebre “Mezzogiorno di fuoco”, in-sieme a citazioni ai meno tradizionali “Jurassickpark”, “Star Wars episodio I - La minaccia fantasma”e “Aplocalypse now”. Lo stile è volutamente sporco,aguzzo e si allontana anni luce da un paffuto Shrek
o da un Mister Incredibile, sembra quasi di respirarela polvere che vortica e di provare l’arsura del de-serto. Anche la recitazione presenta un lato innova-tivo. È stata infatti utilizzata la tecnica dell’“emotional capture”, cioè nella recitazione vera epropria, non solo vocale, dei doppiatori, che è poistata ripresa in gesti, movenze, andature dagli anima-tori. Nonostante sia una vera sorpresa, un piccolo ca-polavoro inaspettato, “Rango” è una pellicola figliadei nostri tempi. Lo dimostra la centralità che nellatrama ha l’acqua, denaro davvero liquido, per la qualei cittadini si disperano perché, si sa, se c’è acqua c’èvita. Inoltre anche questo cartone è disponibile in 3De presenta qua e là delle scene fatte ad hoc, con iprimi piani che bucano lo schermo o oggetti (grazieal cielo pochi) che vengono scagliati sul pubblico. Lan-ciato come il film doppiato da Johnny Deep, in realtàil protagonista ha una voce completamente diversada quella solita italiana del buon capitan Sparrow.Menzione a parte per un simpatico quartetto di mes-sicani gufi, di nome e di fatto, che accompagna conle loro chitarre e trombe la pellicola, sorta di vocenarrante che parla direttamente con lo spettatore,riassumendo o anticipando i fatti. Se la trama di ar-rivo, caduta e riscatto dell’eroe appare banale è solol’impossibilità di rendere appieno a parole un filmcome “Rango”, una meraviglia anche nelle immaginidi paesaggi sconfinati. Con una morale, vecchia enuova: non importa chi sei, ma chi vuoi essere.
“Il mio nome? Chiamatemi… Rango”;
“E adesso che facciamo, sceriffo?”Rango “Adesso... si cavalca!”
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Dove i libri diventano realtàLetizia Bigatti, 1° a
Tempo liberok 9 Tempo libero
“…ogni libro ha uno spirito. Questo spirito cerca il suolettore. Il suo lettore preferito,ideale, assoluto.” (Juan Villoro)
Ti sarà mai capitato di entrare in una biblioteca o inuna libreria, di essere travolto da quel particolareodore di carta, vecchio e stantio oppure che porta an-cora con sé il profumo del bosco e dei suoi alberi. Unabiblioteca è un luogo fatato ove abitano libri di ognigenere, piccoli e grandi, a volte anche giunti da unpaese lontano. E nel momento in cui varchi quellasoglia misteriosa ti ritrovi circondato da molti di loroche fanno la gara per attirare la tua attenzione: c’è chimette in mostra il grande titolo, chi appare nella suabrillante copertina e chi ancora sbuca fuori da un an-golino nella speranza di essere notato nonostante lasua posizione sfavorevole. Mentre gironzoli tra gliscaffali, essi si mostrano con tutta la loro magnifi-cenza, ansiosi di essere scelti. Il fortunato sorride eguarda con esultanza i suoi poveri fratelli, consolan-doli con quelle famose parole che vengono pronun-ciate da tutti gli amici partiti per quel lungo viaggio:“La prossima volta sarà il tuo turno”. Crediamo di es-sere noi a scegliere i libri: li afferriamo, leggiamo ve-locemente quei brevi stralci di trama sul retro e nonsoddisfatti li riponiamo sullo scaffale. In realtà sonoloro a scegliere il proprio lettore quando, nei lunghipomeriggi passati in biblioteca, decidono che sia ilmomento di sgranchirsi un po’ le gambe e farsi nuoviamici. Così quando un nuovo lettore fa ingresso nelloro mondo, gli occhi dei libri sono puntati tutti su dilui. C’è una forza, come quella delle calamite, che tiattrae a loro senza che tu te ne accorga: stai cammi-nando tranquillamente e all’improvviso ti piomba da-vanti un volume. Lo prendi tra le mani sfogliandolodelicatamente per capire di che cosa si tratta. E men-tre sei intento a valutarlo non ti rendi conto che in-vece è lui che ti sta sottoponendo ad un duro esame.Eh sì, perché quell’ “ammasso di carta” sta osser-vando il tuo cuore per capire se sei o meno il suo let-tore ideale, se siete fatti l’uno per l’altro. Quandofinalmente ha capito che non desideri fargli del malecome per esempio strappare le sue preziose pagine,
si adagia soddisfatto tra le tue braccia. Lungo iltragitto che lo porterà alla tua dimora egli osserva al-beri, palazzi, assapora il profumo della libertà ormaidimenticata da tempo. Quando ti immergi nella let-tura egli ti segue come la tua ombra, pagina dopopagina. I libri come le persone hanno caratteri di-versi: possono essere timidi e riservati, stravaganti,vivaci…ognuno ha però la sua storia da narrare chesia triste o divertente. Incantano il loro lettore confantastiche avventure, colpi di scena, scene com-muoventi e divertenti. Nei pomeriggi di pioggia sonoraggi di sole, sono zucchero dove c’è limone, sonoun soffice guanciale in un mondo di spilli. Le loropagine svolazzano come rondini che, spiccato il volo,raggiungono nuovi orizzonti. Terre lontane ove i libri,cullati dalle onde, elevano al tramonto il canto finale.
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Becoming who we are
Tempo liberok 10 Tempo libero
Giulia Agrati, 2°F‘Ragazzi esaltati’, poi ‘qualche rifiuto umano’,
‘generazioni di fighetti’, ‘che cosa vogliono dalla
vita degli altri’, e poi ancora ‘fossi in loro mi farei
delle domande’ e depressione cronica che spicca
a caratteri maiuscoli.Per poi proseguire con un
‘fantocci depressi’ e una conclusione alla ‘susci-
tano forti dubbi sul loro orientamento sessuale’.
Ma quello che mi ha stupita, l’ironia del tutto,
come quella manzoniana, che alla fine nessuno
mai capisce, è stato quell’inizio, così aperto, quel:
‘Viva la libertà di pensiero!’ che mi era piaciuto
così tanto.
Sì, vero, ‘viva la libertà di pensiero’ ma, la libertà,
quella vera. La libertà di John Lennon e della sua
Imagine, la libertà che abbiamo rivendicato per
così tanto tempo, quella che riempie le piazze e
accende i cortei.
Ora, io non me la sento di inneggiare contro emo,
punk, truzzi, o quant’altro.
E nemmeno di disprezzare così apertamente
questa ‘generazione di fighetti’, perché alla fine,
sono io la prima a cui piace ‘farsi phega’, siamo
noi i primi esponenti di questa generazione.
E poi, David Bowie, proprio lui, non era un po’ un
‘king scene’, un re della scena? O, Michel Jackson?
Che ne dite? E allora perché non ribattere anche
contro di loro? Contro il loro ‘dubbio orienta-
mento sessuale’?
Non so, essere ancora qui, all’alba della fine del
mondo, all’alba di quel ‘quia pulvis es et in pul-
verem reverteris’ essere qui ancora a classificare
le persone per il loro stile, come fossimo enormi
quantità di paste, inscatolate a seconda di forma
e colore, non mi piace. No, non mi piace per
niente.
Perché poi, che c’è di sbagliato nell’ascoltare un
po’ di house? Sei tu il dio che ci abbatterà per
dire che la tua musica è migliore? O che il tuo
modo di vestire è più figo? Sei tu che hai il
potere di giudicare il mio essere?
No, non saprei.. E poi, parlo io che vesto Dt
Martin e Ugg, che ascolto David Guetta a
tutto volume andando a scuola, e mi rifugio
in una ‘November Rain’ la sera, prima di ad-
dormentarmi...
Non penso che ora i generi siano così definiti,
e credo fortemente che ogni persona, anche
la più etichettata, sia in grado di stupirci, sor-
prenderci, se solo gliene dessimo l’occa-
sione... Penso che il bello sia mischiare i
generi, ribaltarli, romperli e ricrearli. Perche
è quello che nasce dal loro insieme che è
davvero emozionante, che è davvero libero.
Ecco dunque qui la libertà, quella vera.
Audere semper,
Come as you are,
BECOMING WHO WE ARE.
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Giochi matematici
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Davide Redaelli, 1° DSOLUZIONI DEI GIOCHI DELLO SCORSO NUMERO
SOL. QUESITO 13:
Allineiamo i sette pescatori in funzione (decrescente) delnumero dei pesci che hanno pescato. Bisogna in partico-lare considerare i primi tre in classifica e mostrare chehanno preso almeno 50 pesci.1° caso: il terzo ha preso almeno 16 pesci. Allora il sec-ondo ne ha presi almeno 17 e il primo almeno 18. In-sieme hanno preso almeno 51 pesci.2° caso: il terzo pescatore ha preso al più 15 pesci. Inquesto caso il quarto ne ha presi al più 14, il quinto 13, ilsesto 12 e il settimo (sempre al più) 11.Gli ultimi quattro della classifica hanno allora pescato alpiù 50 pesci. Quindi, i primi tre almeno 50.
SOL. QUESITO 14:
Supponiamo che A sia un cavaliere. Allora lo è anche B(perché A dice che egli lo è); quindi l’affermazione di B:“Se A è un cavaliere, lo è anche C”, è vera. Ma A è un cav-aliere (per ipotesi), quindi C è un cavaliere (nell’ipotesiche lo sia A). Abbiamo appena dimostrato che se A è uncavaliere, lo è anche C. Ma B ha detto esattamentequesto, quindi B è un cavaliere. Perciò l’affermazione diA che B è un cavaliere è vera, così anche A è un cavaliere.Quindi A, B e C sono tutti e tre cavalieri.
SOL. QUESITO 15:
Le soluzioni dell’equazione x2 - 126x + 3293 = 0 sono x1= 37 e x2 = 89.Perciò tra militari e pirati si contavano 372 + 892 persone;aggiungendo Capitan Jack e Capitan John, si ottiene chein tutto parteciparono allo scontro in 9292.
SOL. QUESITO 16:
Due domeniche consecutive non cadono mai in ungiorno pari (o dispari) e di conseguenza nel mese ci sonostate 5 domeniche. Poiché ogni mese ha al massimo 31giorni, la prima domenica deve necessariamente cadereil 2 e l’ultima il 30. Quindi il 20 del mese era giovedì.Perquanto riguarda la seconda domanda, quell’anno non èmai esistito, perché è impossibile che nel mese di dicem-bre ci siano esattamente tre domeniche e tre mercoledì.
NUOVI GIOCHI
QUESITO 17:
Per vangare il giardino, mio padre ci mette 6 ore.Il nonno Renato, quando viene a stare da noiqualche giorno, lo vanga in 10 ore. Oggi il papà e ilnonno si sono messi a lavorare insieme, contempo-raneamente e senza darsi fastidio, ognuno con lasua vanga. In quanti minuti il giardino sarà statovangato?
QUESITO 18:
Con cinque compagni, ho deciso di sgomberare lavecchia legnaia per farne una sala giochi. Oggi abbiamo portato via 5 quintali di legna in 5ore. Domani, purtroppo, avrò solo 3 compagni adaiutarmi e solo per 3 ore. Quanti quintali di legnaavremo portato via in due giorni?
QUESITO 19:
Alice entrò nella Foresta dell’Oblio, dove vivevanoil Leone e l’Unicorno. Questi due sono strane crea-ture; il Leone mente il lunedì, il martedì e il mer-coledì e dice la verità gli altri giorni della settimana.L’Unicorno, d’altra parte, mente il giovedì, il venerdìe il sabato, ma dice la verità gli altri giorni della set-timana. Un giorno Alice incontrò il Leone e l’Uni-corno, che fecero le seguenti affermazioni: Leone: Ieri era uno dei giorni in cui dico le bugie.Unicorno: Anche per me ieri era uno dei giorni incui dico le bugie.Quale giorno della settimana era?
QUESITO 20:
(A) In quali giorni della settimana è possibile che ilLeone faccia le due seguenti affermazioni:(1) Ieri mentivo.(2) Mentirò di nuovo domani.(B) In quali giorni della settimana è possibile che ilLeone faccia la seguente singola affermazione:“Io mentivo ieri e mentirò di nuovo domani”.N.B.: naturalmente, le due soluzioni non sonouguali!
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Techno Lab
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Daniele Viganò, 3°EEnergia Nucleare: si va avanti?
Dopo gli incidenti dell’ 11 marzo dal terremoto emaggiormente dall’onda anomala alla centrale diFukushima Daiichi tutte le certezze sull’utilizzo di cen-trali nucleari a fissione sono state rimesse in discus-sione. Anche il Giappone, la nazione più avanzata incampo tecnologico, si è dovuta arrendere allapotenza degli agenti naturali. D’altronde si era ar-rivata ad un’assurda certezza di aver eliminato ognipecca e possibilità di incidenti per questo tipo di en-ergia.Piccola introduzione generale sul funzionamentodelle centrali a fissione:essendo una centrale termica, la centrale a fissioneha lo scopo di creare elettricità utilizzando la forza delvapore. L’ebollizione dell’acqua per formare quest’ul-timo è causata dalla combustione di un carburanteche nelle centrali a combustibili fossili può esserepetrolio, carbone o gas naturale; nel caso delle cen-trali a fissione il calore necessario è prodotto dallareazione di un elemento radioattivo (solitamentel’235U) bombardato con un neutrone liberando en-ergia. La fissione nucleare è controllata con appositebarre di metallo atto ad assorbire i neutroni liberatiin eccesso dalla reazione, e raffreddato ad acqua..Tutto questo complesso è il nocciolo, cioè il “cuore”della centrale.Come tutte le centrali elettriche anche quelle elet-tronucleari hanno vantaggi e svantaggi;tra i vantaggi troviamo che:· le centrali producono una grande quantità di energia;· relativamente alla fissione, non si produce CO2;· può limitare l’importazione di combustibili fossili.Ma d’altra parte:· le riserve di uranio (il più comune tra i combustibilinucleari) sono pur sempre esauribili;· l’uranio necessita di un processo di arricchimento;· se preso tutto il processo dall’estrazione dei com-bustibili alla produzione di elettricità, anche l’energiaatomica produce CO2;· una centrale costa, in fase di progetto, durante lacostruzione, in attività, in fase di smantellamento e
solo parzialmente copre i costi;· le centrali non possono lavorare a pieno regimepoiché ci si esporrebbe a rischi;· gli eventuali incidenti hanno un effetto devastantesull’ambiente circostante;· producono scorie radioattive di varia entità.· eccetera..Da questo si può capire che l’energia atomica èsvantaggiosa da molteplici punti di vista e co-munque non potrà supplire ai combustibili fossili.Ma allora non ci sono modi per aumentare il
rendimento e la sicurezza delle elettronucleari?
In realtà ci sono varie ricerche che vertono suquesti punti.Ne riporto solo una che ritengo essere la più inter-essante: le centrali al torio.La tecnologia legata a questo particolare mineralepotrebbe infatti rappresentare il giusto compro-messo di sicurezza e di rispetto delle problem-atiche ambientali che riuscirebbe a convincereanche il più convinto ambientalista. Usare torio alposto dell’uranio arricchito per far funzionare cen-trali nucleari è infatti una tecnologia già ampia-mente conosciuta, studiata e anche collaudata chepresenta una serie di vantaggi economici e ancheambientali. Ma anche di svantaggi.I reattori alimentati a torio produrrebbero co-munque scorie che però non solo potrebbero es-sere riutilizzate per alimentare altri reattori, masarebbero anche molto meno pericolose di quelleprodotte da reattori ad uranio dell’ordine di diversepotenze in meno. Eppure nonostante tutti questiapparenti vantaggi solo pochi paesi hanno svilup-pato questa speciale filiera nucleare: l’India, ora laCina e pure il Canada.Il motivo di questo disinteresse risalgono ai pri-mordi della tecnologia nucleare fondata principal-mente sulla costruzione di armamenti nucleari.Ma ci sono anche altri motivi, trattasi di problemilegati ai costi di gestione più elevati del ciclo delcombustibile nucleare. Il problema infatti è che il torio, non è un elemento
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è
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fissile. Non è radioattivo e cioè non libera dal suo nu-cleo neutroni che poi vanno a spaccare nuclei di altriatomi. In parole povere il torio da solo non brucia, enemmeno si accende. Il problema dell’utilizzo dellecentrali a torio nasce proprio da questa consider-azione.Non basta infatti mettere una fiammella sotto unabarra di torio per liberare l’energia contenuta all’in-terno dei suoi atomi. Almeno non una fiammellatradizionale. Ne serve una atomica. Serve cioè bom-bardare con dei neutroni. Ci sono due metodi per farequesto. Il primo è miscelare il torio con elementi ra-dioattivi, per esempio uranio arricchito o plutonio. Ilsecondo sistema, e questo è il frutto dell’intuizione diCarlo Rubbia quando era alla guida dell’Enea, consistenel bombardare il torio con un fascio di neutroniprodotti in un acceleratore di particelle. Ottenendocosì la cosiddetta trasmutazione per spallazione. I neu-troni colpiscono gli atomi di torio e li trasformano,meglio trasmutano, in un altro elemento, l’ uranio 233,un isotopo non esistente in natura e fortemente ra-dioattivo. Al punto da riuscire a bruciare in maniera piùefficiente anche dell’uranio 235 e del plutonio.Ora questa trasmutazione si attiene anche utilizzandocome innesco del torio, uranio arricchito. Ed è proprioquello che avviene negli attuali reattori alimentati atorio. L’efficienza dei reattori a ciclo misto torio-uranioè tale che da 100 kg di combustibile se ne ha una pro-duzione di 120 kg, ed egualmente anche nelle centralicosiddette a “plutonio veloce” si arriva a tali efficienze.Impianti al torio erano stati sviluppati anche in Occi-dente. Proprio ai primordi dell’epopea nucleare, nel1957 e sotto gli auspici del presidente Usa Eisenhowervenne infatti inaugurata la centrale di Shippingport, unpiccolo impianto totalmente alimentata a torio. L’ideaera quella di collaudare reattori di taglia utile per i mo-tori delle eliche delle grandi portaerei americane. Daallora però la storia cambiò rotta e solo pochi altriimpianti sono stati realizzati. Solo in India si è puntatomolto su questa tecnologia e sono stati effettuati deireattori alimentati a torio.Negli ultimi anni però questa particolare tecnologia ètornata di moda, soprattutto in Cina che sta puntandomoltissimo sul nucleare sia di terza che di quarta gen-erazione. Anche negli Stati Uniti si torna a parlare deireattori a torio. Principale sostenitore di questa tec-
nologia è Alvin Weimberg, direttore dei laboratoridi Oak Ridge e fondatore della National ScienceFoundation, che già nel 1958 pubblica un libro di978 pagine in cui espone la possibilità di crearereattori al torio con combustibile liquido.E, per un breve periodo, venne studiato anche inItalia. Nel nostro paese, infatti nella prima metàdegli anni 2000, all’Enea si cominciò a svilupparel’idea proposta da Carlo Rubbia, il cosiddetto Rub-biatron. In pratica si tratta di un reattore al torioche viene acceso non da plutonio, ma da un fasciodi neutroni sparati con un acceleratore di parti-celle. I neutroni colpiscono la barra di torio e in-nescano la reazione. Con il vantaggio che il fasciodi neutroni può essere interrotto in ogni momentoproprio come se si trattasse di un vero e propriointerruttore. Si era progettato un piccolo reattoresperimentale e venne pure iniziata la fase di veri-fica del progetto che però si arrestò davanti allamancanza dei fondi necessari per la realizzazionedell’acceleratore.Come sempre in Italia i fondi per la ricerca sonopochi o nulli.
Speriamo però che questo “ritorno di fiamma” perun nucleare “pulito” ci aiuti ad uscire dall’era deicombustibili fossili, andando sicuramente a brac-cetto con le energie rinnovabili di cui parlerò laprossima volta.
Una vignetta di Greenpeace che riprendel’ “Urlo” di Munch, contro il nucleare.
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Sparkland (parte V)Davide F. Redaelli, 1° G
Literarum Pars 16 Bibliwin zwnh
Non ce la facevo più a restare in quel posto.Volevo tornare a casa mia, rivedere i mieiamici, e le altre persone che conoscevo.«Tu vieni dalla Terra, giusto?»
La domanda mi sorprese. Non capivo.«Sì. Certo…»«Ah, va bene»Mentre continuavamo a camminare, riflet-tevo sulla curiosa domanda del tizio incap-pucciato; era forse possibile che citrovassimo su un altro pianeta? Era assurdo.Tuttavia ne erano successe di cose assurde ul-timamente. Non sapevo a cosa credere. Cheil nostro desiderio di abbandonare il mondoin cui vivevamo fosse stato male interpretatoe poi avverato?… «Ma siamo sulla Terra o no?» provai achiedere.«Non è importante» mi rispose nuovamenteil tizio incappucciato.Questa volta mi aspettavo di ricevere ancoraquesta risposta. Cercai così di assecondarlo. «Cos’è che è importante?»«Ciò che penso io, se è giusto»«E cos’è che è giusto?»«Ciò che è consueto»«Ma se ciò che è consueto è sbagliato?»«Quello che pensi diventa importante»«Anche se è sbagliato?»«No»«Come si fa a sapere ciò ch’è sbagliato?»«Da ciò che si pensa»«E se si pensano cose diverse?»«Si può capire ciò che è giusto»«Cioè ciò ch’è consueto»«Non più»«Perché?»
«Perché non è più importante»«Se si pensano cose sbagliate si puòcapire lo stesso ciò ch’è giusto?»«Se ci si confronta con qualcun altro, s컫E se tutti pensano cose sbagliate?»«Allora quello diventa giusto»«Anche se è sbagliato?»«No, se lo si può dire. Anche se spessonon accade cos컫Perché?»«Spesso non si dà importanza a quello chepensano gli altri»«Perché è sbagliato?»«Perché si pensa che lo sia. Quello che sipensa, se è quello a cui si crede, non sem-bra mai sbagliato, altrimenti si capirebbeciò che è giusto»«Ma è importante capire ciò che ègiusto?»«È difficile. Ciò che è sbagliato danneggiagli altri e se stessi, ma ciò che non lo fanon è necessariamente giusto»«Quindi se qualcosa non danneggia glialtri non è importante capire se è giusta»«L’importante è sapere che non è sbagli-ata»«Ma se non è nemmeno giusta»«Non è importante»«Se qualcosa non è importante è super-flua»«Non bisognerebbe mai sapere tutto»Non gli chiesi più niente, e continuai acamminare, avanzando sempre mezzometro dietro di lui.
metCetera Majorana Desio n. 5 / etCetera Majorana Desio n.5 m
Immense graziesiano rese aimembri del personale ATAche perdono investono il lorotempo nel ciclos-tilare il nostrogiornale!
mRedazionemCaporedattrice: Marta Tagliabue, 4°E
Redattori: Giulia Zaina, 4°a; AchilleTaccagni, 4°a; Arianna Colciago, 4°a;Letizia Bigatti, 1°a; Samuele Tagliabue,5°F; Luca Novati, 4°D; Filippo Taglia-bue, 4°F; Daniele Viganò, 3°E; AlbertoColombo, 3°E; Davide F. G.Redaelli,1°G.
Fumettisti: Filippo Tagliabue, 4°F; Da-niele Viganò, 3°E; Alessandro Orsenigo,3°E.
Redazione Grafica: Giovanni Zullo,3°C; Giacomo Panzeri, 3°a
Le copie del giornalino sono poche non perché siamo molto taccagni ma perché è stato messo anche on-
line, sul sito www.liceomajoranadesio.it, sotto la sezione “studenti”. Se non sei stato abbastanza veloce
da prenderne una copia leggilo online, la definizione è maggiore e le immagini sono a colori!
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