estratto da l'ombelico del male di fabio girolami

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9 I Il risveglio fu dei più tremendi. Un gran mal di testa faceva compagnia a Workil appena destato. Si trovava faccia a terra stordito. Facendo forza con i palmi delle mani cercò di alzarsi ma rimase in ginocchio senza forze. Un odore nauseabondo lo circondava accompagnato qua e là da qualche ronzio. Gli occhi gli bruciavano, un bruciore che non gli permetteva di vedere un’ombra; in un attimo capì di essere quasi completamente cieco. Usando le mani in avan- scoperta, cominciò a tastare intorno, nel tentativo di cercare qualcosa che gli permettesse di capire dove fosse e subito sentì una cosa molle. Era un braccio. La freddezza immobile della sua carne gli fece subito capire che si trattava di un cadavere. I polpastrelli minuti del ragazzo cominciarono a sondare l’arto salendo fino alla spalla e scen- dendo fino al petto, anch’esso completamente nudo. I peli si alternavano alla carne flaccida, sentì le prime costole, così mos- se quasi istintivamente una mano verso il centro dell’addome e lì incontrò qualcosa di piccolo, numeroso e in movimento, larve. La mano stava esplorando uno squarcio grosso come un pu- gno, in mezzo alla pancia, completamente molliccio e brulican- te di larve di mosca. Il ragazzo tirò a sé velocemente la mano schifato e sentì il cuore cominciare a pulsargli in gola in modo sconsiderato, si alzò rintontito e fece un paio di passi indietro

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Estratto di 4 pagine dal libro L'Ombelico del male di Fabio Girolami

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Page 1: Estratto da L'Ombelico del male di Fabio Girolami

9

I

Il risveglio fu dei più tremendi.Un gran mal di testa faceva compagnia a Workil appena

destato. Si trovava faccia a terra stordito. Facendo forza con i palmi delle mani cercò di alzarsi ma rimase in ginocchio senza forze.

Un odore nauseabondo lo circondava accompagnato qua e là da qualche ronzio. Gli occhi gli bruciavano, un bruciore che non gli permetteva di vedere un’ombra; in un attimo capì di essere quasi completamente cieco. Usando le mani in avan-scoperta, cominciò a tastare intorno, nel tentativo di cercare qualcosa che gli permettesse di capire dove fosse e subito sentì una cosa molle.

Era un braccio.La freddezza immobile della sua carne gli fece subito capire

che si trattava di un cadavere. I polpastrelli minuti del ragazzo cominciarono a sondare l’arto salendo fino alla spalla e scen-dendo fino al petto, anch’esso completamente nudo. I peli si alternavano alla carne flaccida, sentì le prime costole, così mos-se quasi istintivamente una mano verso il centro dell’addome e lì incontrò qualcosa di piccolo, numeroso e in movimento, larve.

La mano stava esplorando uno squarcio grosso come un pu-gno, in mezzo alla pancia, completamente molliccio e brulican-te di larve di mosca. Il ragazzo tirò a sé velocemente la mano schifato e sentì il cuore cominciare a pulsargli in gola in modo sconsiderato, si alzò rintontito e fece un paio di passi indietro

Page 2: Estratto da L'Ombelico del male di Fabio Girolami

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per cercare di togliersi dai piedi quell’ammasso putrescente, ma inciampò in qualcos’altro alle sue spalle e perse l’equilibrio. Si ritrovò a cadere di schiena, su qualcosa di molto simile al brac-cio di prima.

Cadaveri.Urlò a squarciagola mentre gocce gelide di sudore andarono

a mischiarsi con qualche larva sul terreno. Si alzò nuovamente in piedi e cominciò a scrollarsi via in modo nevrotico qualcosa che la sua immaginazione gli fece sentire in tutto il corpo, era un formicolio ripetuto e incondizionato, chissà se era finzione o realtà. Si passò freneticamente le mani fra i capelli, sulle braccia, sulle gambe, in una danza isterica che durò qualche istante, poi si fermò di colpo.

Devo stare calmo, calmo e immobile. Devo respirare a fondo, devo cercare di ritornare in me… sì, ecco, devo tornare in me… Ma chi sono?

Il pensiero gli entrò come un dardo nella testa e cominciò a porsi una domanda dopo l’altra senza darsi una risposta e que-sto lo angosciò ancora di più: Chi sono? Dove sono? Perché non ci vedo? Perché non ricordo nulla? Sono già morto?! Workil ragiona-va convulsamente ma non riusciva a trovare alcun responso, era una situazione angosciante. Non ricordava nulla.

Mentre si passava le mani sul viso quasi a cercare conforto, sentì sulle gote del liquido denso, non ci volle molto per capire che era sangue. Ipotizzò che poteva essere sangue di qualche cadavere a terra ma scartò subito quell’ipotesi in quanto i corpi erano troppo vecchi e marcescenti, il sangue aveva un odore ferroso intenso e non cattivo, era senza dubbio il suo.

Si ispezionò il corpo in cerca della ferita e dopo qualche istante, oltre a realizzare che come i cadaveri anche lui era com-pletamente nudo, si accorse che era dietro la nuca.

La ferita era abbastanza estesa, e il sangue raffermo. La ferita non sanguina, quindi è già un po’ che sono incosciente.

Un giorno? Una settimana? Un mese? Quanto? Altre domande.

Page 3: Estratto da L'Ombelico del male di Fabio Girolami

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Cercò di rimettersi in piedi barcollando, non aveva ancora il senso dell’equilibrio, ogni passo che faceva sembrava quello di un equilibrista o ancor peggio pareva l’ultimo che potesse fare.

Strusciando i piedi nudi in avanti, con cautela per non in-ciampare nuovamente, si trovò a scansare ancora molti corpi, tanti dei quali ammassati uno su l’altro. L’odore marcescente si faceva a tratti insopportabile e più di una volta il ragazzo ebbe dei conati di vomito. Con andatura circospetta continuò in una direzione casuale, finché dopo qualche passo sentì rumore d’acqua o meglio di gocce d’acqua che cadevano dal soffitto. Avvicinandosi alla fonte di quel rumore, il ragazzo incontrò nuovamente dei corpi ammassati.

Ma quanti sono?!Con cautela li schivò e raggiunse con le mani una forma

nuova per quella situazione, una parete. Workil sentì che era artificiale e non naturale come potrebbe essere una grotta: la porosità e l’ampiezza di ogni mattone gli fecero pensare che fosse molto grande, forse immensa.

Avanzando tastoni, appiccicato al muro, il giovane cercò di incontrare le gocce d’acqua provenienti dal soffitto. I suoni erano ora più regolari, distinti e capì che stava andando nella giusta direzione. Avanzò ancora.

La mano sulla parete era cauta come quella di una sarta nel rifinire una veste regale, Workil percepì che la facciata non era dritta, regolare, ma di forma largamente circolare. La struttura dava l’idea di una specie di pozzo… un enorme pozzo.

Qualcosa lo colpì in testa, una goccia.La mano incrociò sulla parete un rivolo d’acqua corrente.

Era stretto e quasi impercettibile ma gli permise lo stesso di bagnarsi le mani e di passarsele sugli occhi brucianti. Il sollievo fu immediato.

Continuò a mandare acqua fresca sugli occhi come un for-sennato e tanta era l’acqua tanto era il sollievo alle pupille. Di lì a poco si rese conto che stava ricominciando a vedere.

Page 4: Estratto da L'Ombelico del male di Fabio Girolami

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Si guardò il corpo, dalle braccia alle gambe, e vide che era tutto sporco di materia umana in putrefazione.

Poi lo sguardo andò in girò.Si trovava, come aveva ipotizzato, in un’enorme buca, gran-

de da farci entrare un drago in larghezza, lo spazio era illumi-nato da una serie di torce disposte sulle pareti, le quali erano formate da grandi mattoni color olivastro. A terra vide disposte su un pavimento, formato da ciottoli, sagome di cadaveri miste a scheletri. I morti avevano a volte brandelli di carne attaccata, a volte no, era uno spettacolo agghiacciante. Nugoli di mosche dalla schiena verde giravano in aria e si posavano sulle carni, era orribile.

Preso da un’angoscia crescente e attanagliato da un senso di oppressione, il ragazzo orientò il capo in tutte le direzioni per avere un quadro generale e guardò per la prima volta in alto.

Quello che vide lo angosciò ancor di più.