editoriali area politico istituzionale area pedagogico...

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1 Periodico bimestrale di pedagogia, politica scolastica e problemi pro- fessionali per la scuola. Anno 2000 n. 6 Novembre - Dicembre 2000 Invio gratuito a tutte le scuole sta- tali e non statali dell'Emilia Romagna, a Enti, Istituti, Assessorati, Uffici dell'Amministrazione Pubblica Istruzione, Consigli Distrettuali, Provinciali, Centri di Lettura, Organizzazioni Sindacali operanti nella regione Emilia Romagna. La rivista viene pure inviata gratui- tamente a Redazioni di pubblica- zioni specializzate, Autorità cen- trali ecc.. Copie stampate e inviate n. 3000. Gli Enti interessati possono chie- derne l'invio che sarà gratuito. Direzione Comitato di redazione: D. Ferrari, F. Frabboni, L. Lelli, A. Luisi, M. Riva, A. Iattici, P. Bertolini, A. Candeli, N. Arcangeli, M.C. Gubellini Progetto grafico: A. L. Segreteria di redazione Cristina Gubellini Impaginazione IRRSAE E. R. Galeati Industrie Grafiche s.r.l. Redazione: IRRSAE Emilia Romagna Via Ugo Bassi 7 40121 Bologna tel. 051/227669 fax 051/269221 posta elettronica: [email protected] I manoscritti non richiesti non vengono restituiti. SOMMARIO Editoriali 2 Ancora sull’autonomia (e dintorni) di Luciano Lelli 4 Il pensiero della domenica di Franco Frabboni Area politico istituzionale 5 La riforma degli IRRSAE di Ruggero Toni Area pedagogico - culturale 9 Matematica e software didattici di Aurelia Orlandoni 12 Un modello di analisi epistemologica di Maria Famiglietti 16 Conoscenze, capacità, abilità e competenze di Elio Toppano 19 Per un riordino del curricolo di Stefania Riccò 22 Indagine sull’apprendimento della storia tra gli stu- denti dell’ultimo anno delle scuole superiori di Umberto Chiaramonte 26 Appunti di viaggio nel mare in tempesta delle lin- gue di Vittoria Mazzoli 28 Il diario in rete di Maria Famiglietti 29 Competenze numeriche nel bambino prescolare di Laura Longhi Autovalutazione 31 Autovalutazione: norma o risorsa? Una mappa di riferimento di Paolo Senni e Claudia Vescini Area didattico - professionale 34 “Verde fuori - verde dentro” - Il progetto MPI Birdgarden di Nunzio Rizzoli Associato Unione Stampa Periodica Italiana Il presente numero è stato chiuso in tipografia il 25/11/2000 Registrazione trib. BO n. 4845 del 20-10-1980 Stampa a cura di GALEATI Industrie Grafiche s.r.l Imola (BO) - Via Selice n. 187/189 Direttore responsabile Davide Ferrari Direttore editoriale Armando Luisi

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Periodico bimestrale di pedagogia,politica scolastica e problemi pro-fessionali per la scuola.

Anno 2000 n. 6Novembre - Dicembre 2000

Invio gratuito a tutte le scuole sta-tali e non statali dell'EmiliaRomagna, a Enti, Istituti,Assessorati, Ufficidell'Amministrazione PubblicaIstruzione, Consigli Distrettuali,Provinciali, Centri di Lettura,Organizzazioni Sindacali operantinella regione Emilia Romagna.La rivista viene pure inviata gratui-tamente a Redazioni di pubblica-zioni specializzate, Autorità cen-trali ecc..Copie stampate e inviate n. 3000.Gli Enti interessati possono chie-derne l'invio che sarà gratuito.

Direzione

Comitato di redazione:D. Ferrari, F. Frabboni, L. Lelli, A. Luisi, M. Riva, A. Iattici,P. Bertolini, A. Candeli, N. Arcangeli, M.C. Gubellini

Progetto grafico:A. L.

Segreteria di redazioneCristina Gubellini

ImpaginazioneIRRSAE E. R.Galeati Industrie Grafiche s.r.l.

Redazione:IRRSAE Emilia RomagnaVia Ugo Bassi 740121 Bolognatel. 051/227669fax 051/269221posta elettronica: [email protected]

I manoscritti non richiesti nonvengono restituiti.

SOMMARIO

▼ Editoriali2 Ancora sull’autonomia (e dintorni)di Luciano Lelli

4 Il pensiero della domenica di Franco Frabboni

▼ Area politico istituzionale5 La riforma degli IRRSAE di Ruggero Toni

▼ Area pedagogico - culturale9 Matematica e software didattici

di Aurelia Orlandoni

12 Un modello di analisi epistemologicadi Maria Famiglietti

16 Conoscenze, capacità, abilità e competenzedi Elio Toppano

19 Per un riordino del curricolo di Stefania Riccò

22 Indagine sull’apprendimento della storia tra gli stu-denti dell’ultimo anno delle scuole superiori

di Umberto Chiaramonte

26 Appunti di viaggio nel mare in tempesta delle lin-gue di Vittoria Mazzoli

28 Il diario in rete di Maria Famiglietti

29 Competenze numeriche nel bambino prescolaredi Laura Longhi

▼ Autovalutazione31 Autovalutazione: norma o risorsa? Una mappa di

riferimento di Paolo Senni eClaudia Vescini

▼ Area didattico - professionale34 “Verde fuori - verde dentro” - Il progetto MPI

Birdgarden di Nunzio Rizzoli

Associato Unione Stampa Periodica Italiana

Il presente numero è stato chiuso in tipografia il 25/11/2000

Registrazione trib. BO n. 4845 del 20-10-1980Stampa a cura di GALEATI Industrie Grafiche s.r.lImola (BO) - Via Selice n. 187/189

DirettoreresponsabileDavide Ferrari

Direttore editorialeArmando Luisi

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1. La scuola italiana sta affrontandoil periodo della sua storia forsepiù farcito di innovazioni di gran-de portata, il quale per altro èanche anno di transizione, tra gliassetti istituzionali ormai in largamisura archiviati e il nuovo qua-dro operativo di riferimento, i con-notati funzionali del quale almomento soltanto traspaiono.Tale consistente tratto di ambi-guità deriva dalla difficoltà strut-turale, endemica, che si frappone,almeno in Italia, tra il proposito didar corso a una riforma sistemicae sinergica del funzionamentodell’amministrazione, nel nostrocaso scolastica, e le effettive attua-zioni. Cospicui sono i rischi insitiin un processo riformistico portatoa norma “a pezzi e bocconi”, inprimo luogo quello della scoesionegestionale, per cui magari la cari-ca innovativa del primo tassellodella nuova struttura funzionale siammoscia e devitalizza primadell’entrata in scena dell’ulteriorestrato di riforma, in compresenzadel quale soltanto il precedenteavrebbe potuto esplicare con vigo-re i suoi effetti di miglioramento.

2.Dopo due anni di molto pubbliciz-zata sperimentazione, è ormai

entrata in scena “a regime”l’autonomia. Stranamente in sordi-na però, con avvertenza certamen-te scarsa della transizione, dellasua rilevanza virtualmente epoca-le, da parte delle scuole: come sel’affannato discorrere dell’eventomentre era in cantiere abbia assor-bito l’intera capacità di riguardonei suoi confronti, sì che, allor-quando infine esso si è concretiz-zato, la motivazione ad interrogar-si sulla sua valenza sia cospicua-mente collassata. Auspico di esse-re osservatore intriso di pregiudizisenza riscontri, ma mi pare pro-prio che al momento delusioni,opposizioni e distrazioni prevalga-no, rispetto al consenso convintonei riguardi di quanto infine inter-venuto.È parsa in primo luogo contraddit-toria, a fronte della reiterata pro-messa di palingenesi, l’esiguitàdelle risorse finanziarie messe adisposizione per la realizzazionedell’autonomia, addirittura potaterispetto a quelle non abbondantis-sime assegnate per la precedentesperimentazione. Tutti sappiamo che il Paese nonnaviga nell’oro e la penuria com-plessiva di mezzi economici fruibiliè sotto gli occhi di tutti, reiteratacon ossessiva costanza nelle ester-nazioni dei governanti: ma lascuola militante non ha potuto nonsorridere con amarezza, riscon-trando implacabilmente conferma-to il gap endemico tra propositi diriscatto ed attuazioni, sempre infi-ciate fin dal loro esordio dallainsufficienza delle risorse finanzia-rie che il potere politico, malgradole promesse di più puntuale edavveduta attenzione, mette effetti-vamente in campo per rilanciare ilsistema formativo del Paese.Una perplessità spinta a livellimassimi è insorta in molti operato-ri della scuola in merito al cosid-

detto “organico funzionale”,secondo logica e norma (si con-trolli in proposito quanto sancitonel D.P.R. 275/1999) aspetto costi-tutivo dell’autonomia, rispetto adessa coessenziale, contraddittoria-mente non esteso con chiarezza diprocedura e d’intenti a tutti i seg-menti del sistema e comunque lar-gamente percepito più come meraoperazione di restyling della fac-ciata che di innovazione sostanzia-le, constatato che esso non soltan-to non implica la disponibilità dipiù docenti per attivare e sostenerei processi innovativi ma non dirado sfocia in una diminuzionequantitativa degli stessi.

3.Ho accennato sopra a fenomeni didistrazione dall’accentramentodell’interesse sul debutto a regimedell’autonomia: il più consistenteconcerne senza dubbio la questio-ne dello status sociale ed economi-co degli insegnanti, sollevata a fineagosto da alcune esternazioni delministro De Mauro, lodevoli fuordi dubbio, in quanto testimonianzadi consapevolezza “emotiva” di unproblema assai spinoso, ma pro-duttrici di effetti sostanzialmentepeggiorativi della situazione, poi-ché il potere politico non ha poievidenziato una coerente disponibi-lità ad affrontare la situazione rile-vata con tempestività e perspicuitàdi soluzioni: sicché l’intero mondodella scuola è entrato in ebollizio-ne rivendicativa.Quasi alcuno non v’è che non con-venga circa l’essenzialità dellaquestione della retribuzione deidocenti, la quale per altro suscitasubito controversie e contrapposi-zioni, quando si transita dal livellodelle enunciazioni di principio allaprefigurazione di soluzioni ragio-nevoli: non intendo qui e ora sof-fermarmi su di essa, pago d’aver-ne registrato, ripeto, l’effetto di

Editoriali

Ancora sull’autonomia (e dintorni)di Luciano LelliVice PresidenteIRRSAE Emilia Romagna

L’anno scolastico si èaperto con una serie dipunti nodali vecchi enuovi, che l’Amministra-zione centrale è chiamataa sciogliere: dall’esiguitàdelle risorse finanziariealla formazione in serviziodei docenti, dalla revisionedei curricoli disciplinari alsupporto tecnico per laredazione del POF.

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sviamento dalla focalizzazione pri-maria del processo innovativo inatto; essa per altro ha con tuttaprobabilità una rilevanza chedeborda rispetto alla mera sferaeconomica, si ché non sembraliquidatorio asserire che se idocenti non saranno riqualificatiper quanto ne concerne il prestigiosociale, culturale ed economico èutopico confidare in una “palinge-netica” lievitazione qualitativa delsistema scolastico, che il meroavvento normativo dell’autonomianon è per niente affatto in grado diinnescare.

4. L’anno scolastico ormai da tempoin cammino registra anche ildebutto “a regime” del “Pianodell’offerta formativa”. Nella fasedi “prove generali” da poco con-clusa, le scuole hanno evidenziatonei riguardi del documento proget-tuale fondamentale dell’autonomiauna attenzione molto espansa,impegnandosi quasi tutte nellasperimentazione proposta: ma nonè poi ancora in chiaro rilievo comele scuole hanno fatto qualitativa-mente fronte alla richiesta, nonessendo noti gli esiti dei due moni-toraggi in merito allestiti a livellonazionale e sussistendo qualchedubbio circa la loro efficacia rile-vativa.In ogni caso occorrerebbe chel’amministrazione scolastica siprefiggesse da un lato una azionemolto estesa di supporto tecnicoalle scuole impegnate ora nellaredazione del P.O.F., dall’altro unaattività conoscitiva – circa lemodalità adottate di messa a puntodello stesso - diramata su un cam-pione notevolmente vasto e il piùpossibile circostanziata, approfon-dita, con la mira prevalente dicontrastare almeno tre immanentirischi: la metabolizzazione preco-ce e la subitanea normalizzazionedella novità, l ’appiattimentosull’esistente (id est la prevalenzadello spirito di conservazionerispetto allo slancio innovatore),

la fuga in avanti all’inseguimentodi evanescenti chimere (la trasfor-mazione, intendo dire, dell’autono-mia in schizofrenia).L’auspicio forte è che le preventi-vate nuove configurazioni naziona-li (obiettivi generali del sistemaformativo, obiettivi specifici diapprendimento in termini di com-petenze degli alunni, standard difunzionamento relativi alla qualitàdel servizio), potenziali fattori dicoesione del sistema formativo estimolatori delle iniziative dellescuole in merito alla revisione deipropri curricoli, non pervenganoall’attenzione degli operatori sco-lastici troppo tardi, magari quandogià la sazietà nei riguardi delle sti-molazioni al cambiamento avràlargamente prevalso sulla disponi-bilità a ripensare/reimpostare gliitinerari formativi (è questa, soloaccennata, circostanza di grandeconsistenza in cui implicare le isti-tuzioni scolastiche: perché, anchea prescindere dalla qualità edall’originalità delle propostenazionali in merito ai fondamentidei curricoli delle scuole che le“commissioni romane” partori-ranno, è indubitabilmente rilevan-te che esse “si mettano in discus-sione”, si interroghino sulla perti-nenza dei loro canoni disciplinarie didattici, analizzino, insomma, sedavvero ciò che propongono agliall ievi valga, integralmente esenza dubbi, la pena di essereinsegnato).

5.Appaiono largamente condivisibili(magari zittite certe enfatizzazionientusiastiche non saprei se piùarroganti o ingenue) le idee e lesuggestioni in campo, concernentil ’ intenzione di individuare i“nuclei fondanti” delle discipline,di procedere, conseguentemente,alla revisione di tutti i curricolipraticati secondo tradizione, diconferire un non troppo insidiatoprimato, rispetto ai consueti conte-nuti, agli obiettivi di apprendimen-to e al conseguimento di compe-tenze certificabili: ma si riuscirà

davvero, prima nell’officina deimaitres à penser dei nuovi assettiistituzionali quindi nel macrolabo-ratorio delle pratiche progettualidiffuse, a transitare, senza corru-zione o tradimento degli intenti,dal piano delle enunciazioni aquello delle concrete e generaliz-zate messe in scena?La questione principale che inmerito ancora una volta si pone èquella della formazione in servizio(dello sviluppo professionale) delpersonale scolastico: su di essaormai la consapevolezza teorica èconsolidata, almeno a livello digestori amministrativi e tecnici delsistema scolastico, come eviden-ziano le buone argomentazioni e iperspicui proponimenti esplicitatinelle due più recenti direttive mini-steriali sulla tematica, la 210/1999e la 202/2000: ma la coscienzadella centralità del problema,meglio, delle sue interne dinami-che, per cui esso va affrontato pra-ticando un ventaglio di linee ope-rative, non solo e non tanto il tra-dizionale e stantio modello deicorsi di aggiornamento, non risul-ta invece adeguatamente dissemi-nata nell’universo degli istitutiscolastici di base; senza trascurarepoi, in proposito, la variabile dellerisorse finanziarie fruibili per laformazione in servizio, perenne-mente inadeguate rispettoall’imponenza, alla vera e propriadrammaticità, delle situazioni daaffrontare.Per cui, gettando una sguardosinergico sulla complessità delquadro delle innovazioni imma-nenti, imminenti e venture, si ècostretti a chiudere il cerchio dellaricognizione tentata registrandopiù una persistenza d’empasse, distallo, che un flusso scorrevole econvinto verso assetti funzionalidel sistema scolastico italiano dipiù pregevole caratura rispetto aquelli che si sta tentando di archi-viare.

Innovazione educativa 6/2000

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In quest’ultima domenica di otto-bre la stampa quotidiana ha inon-dato le proprie pagine nazionalidel progetto-programma sulRiordino dei cicli che il MinistroDe Mauro presenterà a breve alParlamento. Nell’arco dellaRiforma della scuola, oltre allasuperfreccia intitolata al ridise-gno complessivo dell’ingegneriaistituzionale del nostro sistemascolastico, stanno anche le duefrecce(di nome curricolo e com-petenze) che saranno successiva-mente scoccate dal Ministro dellaPubblica Istruzione dopo la con-clusione dei lavori delle nuoveCommissioni ministeriali incari-cate di redigere i saperi dellequote nazionali dei curricoli dellascuola di base e della scuolasecondaria.

In attesa dei lavori delle suddetteCommissioni, portiamo alcunerighe di contributo alla vocecompetenze, per raccomandareuna progressività cognitiva deiprocessi di apprendimento dei dueneofiti comparti dell’obbligo e delpostobbligo nel nome e nel segnodel pensiero della domenica. Ilsuo traguardo cognitivo è quellodi promuovere e formare unamente meridiana congruente conle formae mentis proprie

dell’antropologia mediterraneadella conoscenza(intuitiva, euri-stica, creativa): refrattaria e indi-sponibile ad anticipare le cono-scenze al sabato, dove sarebbegiocoforza ”nozionistica”, maneppurea posticiparla al lunedì,dove diventerebbe forzatamente“astratta”). In proposito, suggeriamo un pro-gressività cognitivacontrassegna-ta da una duplice identità discipli-nare.

(a) La prima identità disciplinare,della quale deve farsi carico lascuola di base, dovrebbe miraread equipaggiare gli allievi delleformae mentis(endogene) capacidi interiorizzare e conservare alungo l’alfabetizzazione primaria:un’alfabetizzazione tendente oggiad ”evaporare” precocementenelle menti degli allievi, con ilrisultato di accelerare comporta-menti diffusi di neoanalfabetismodi ritorno. A partire dagli statutidisciplinari, le strutture cognitiveda promuovere nella scuola dibasesono prevalentemente (nonesclusivamente) le competenze a”spirale” che rispondono al nome• di mediatori culturali (i lin-

guaggi di una disciplina), • di logica ermeneutica (il punto

di vista interpretativo di unadisciplina),

• di nessi trasversali (la vocazionedi una disciplina alla contami-nazione cognitiva con altrediscipline),

• di dispositivi generativi (i mec-canismi di una disciplina ingrado di produrre nuove cono-scenze),

• di potenziali creativi e trasgres-sivi (i clic inventivi e di rotturaepistemologica di una discipli-na).

(b) La seconda identità disciplina-re, della quale deve farsi carico

la scuola secondaria, dovrebbemirare ad equipaggiare gli allievidelle formae mentis (esogene),afferenti all’alfabetizzazionesecondaria,in grado di tradursi inunità di conoscenza capitalizzabi-li: spendibili nel mondo del lavo-ro, nei percorsi universitari enella vita socioculturale di questoventunesimo secolo. A partiredagli statuti disciplinari, le strut-ture cognitive da promuoverenella scuola secondaria sono pre-valentemente (non esclusivamen-te) le competenze in “catena”progressiva che rispondono alnome • di contenuti essenziali (le cono-

scenze irrinunciabili di unadisciplina),

• di congegni investigativi (lemetodologie della ricerca di unadisciplina),

• di nuclei fondanti (le strutturemetacognitive di una disciplina),

• di paradigmi di senso e di signi-ficato ( le “bussole” di direzioneesistenziale di una disciplina),

• di metodo(lo statuto intero diuna disciplina).

Editoriali

Il pensiero della domenicadi Franco FrabboniPresidenteIRRSAE Emilia Romagna

Nella ridefinizione dellecompetenze – attesa enecessaria nei due rin-novati comparti delsistema scolastico – èopportuno individuare econseguire una signifi-cativa progressivitàdisciplinare, allo scopodi promuovere e formareuna mente intuitiva, euri-stica, creativa.

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IRRSAE Emilia RomagnaSezione Scuola Materna

RE. MA. RE. Contro il disagioRiflessioni sull’agio e il disagio nella

scuola dell’infanzia

Seminario di studi per dirigenti einsegnanti della scuola dell’infanzia

ed elementare

2 dicembre 2000, ore 9.00 – 14.00Ferrara - Sala estense – Piazzetta

MunicipaleIn collaborazione con: ProvveditoratoStudi di Ferrara - Centro oordinamento

dei docenti formatori

Per informazioni e iscrizioniAnnamaria Gruppuso e Ghino DeLuigi, Irrsae/er tel. 051/ 22 76 69

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La riforma degli IRRSAE e la lorocostituzione in IRRE, dopo momen-ti di dubbio sulla opportunità diconservare queste strutture, sembraormai aver assunto un orientamentodefinito e, se non avvengono fattoripolitici decisivi di modificazione, leprocedure sono avviate a concretez-za. Resta e permane un dubbio fon-damentale: la logica che sostiene ilprogetto di cambiamento corrispon-de davvero ai bisogni? La necessitàdi strutture intermedie a sostegnodelle scuole autonome sembra inne-gabile. Organizzazioni di servizioprovviste di competenze specificheper la ricerca finalizzata all'innova-zione didattica e organizzativa edalla formazione del personaledovrebbero costituire un punto diriferimento essenziale in grado diassicurare supporti e risorse allascuola che cambia. Questa premessadi necessità non assicura affatto ilconseguimento di un risultato utile:una lettura burocratica del ruolo, laricerca di consonanza politica con itentativi prudenti di decentramento,il bisogno dell’apparato di garantirsicontrolli e una strumentalità checontrasta con l’affermazionedell’autonomia e della ricerca, sonoelementi che giocano sulla possibi-lità di far rivivere una struttura chesia capace di rispondere non alleparole, alle buone intenzioni o ai

sogni, ma ai bisogni riscontrati dellarealtà. Che gli IRRSAE si trasformi-no per restare “carrozzoni” senzaprogetto è un rischio reale; che tuttidebbano essere salvati, anche lestrutture periferiche dell’ammini-strazione, snaturate nel ruolo e allaricerca di nuove competenze, èaltrettanto vero. Ma in questo qua-dro di desideri e di ambiguità comepossiamo pensare il ruolo degliIRRE? Le osservazioni che seguonosono solo degli spunti di riflessione.

La luce alle spalle

Non si rinasce ogni giorno. Ancheuna organizzazione nuova, fondatada pionieri non nasce dal nulla. Haalle spalle non solo l'esperienza deisuoi costruttori, ma anche tutto ilbagaglio di conoscenze che appar-tengono alle tipicità di una cultura,ad un sapere specialistico e condivi-so, ad un contesto di realtà.Bisogna quindi almeno ripercorreparte della storia, di ciascuna storia,per capire chi siamo e dove si staandando, per comprendere se ilnuovo che si appresta, che ci staràdavanti e rappresenta l'innovazionee forse il cambiamento sia una pro-spettiva razionale, costruita in ter-mini di apertura verso una realtà checambia.Non è necessario adesso ricostruireper intero la storia degli IRRSAE.Forse è poco, nota ma in molte sediin qualche modo è valutata e, conqualche presunzione superficiale,giudicata.Prendiamo solo in considerazione ilrapporto che è intercorso fra Istitutie progetti di lavoro, tra sviluppo edinamica dei rapporti conl’Amministrazione, tra momentiinstaurati e voluti come mandati diun ruolo operativo, fra logicheamministrative e affermazioni diautonomia.È molto difficile costruire un quadrocomplessivo delle singole realtàregionali. Troppi fattori hanno

influenzato logiche di comporta-mento e strategie di sviluppo.Quindi, mi limito ad appoggiarmisui dati che si riferiscono all’Emilia-Romagna e che, ne sono convinto,potranno costituire un punto d’inte-resse in considerazione del ruoloche l’Istituto ha svolto. Farò quindiriferimento ai dati relativiall'Istituto che in un qualche modoho contribuito a gestire negli ultimi15 anni.L'IRRSAE Emilia-Romagna dal1985 al 1999 ha ricevuto complessi-vamente finanziamenti per:• L. 13 miliardi e 62 milioni su pro-

getti affidati, finalizzati, o in coge-stione.

• L. 8 miliardi e 385 milioni difinanziamento ordinario per atti-vità istituzionali e per la gestioneorganizzativa e funzionale dellastruttura, per attività autonome inrispondenza alla sua dimensioneterritoriale.

• Nel 1985 nessun progetto in affi-damento: solo un finanziamentoordinario per 442 milioni.

• Nel 1986 il primo finanziamentofinalizzato da 72 milioni.

• Nel 1987 1 miliardo e 818 milioniper progetti finalizzati (mentre ilfinanziamento ordinario si stazio-nava a L. 573 milioni).

• E ancora, su progetti finalizzatidecisi dalle Direzioni Generali delMinistero:• 1988 L. 1 miliardo e 889 milioni• 1989 L. l miliardo e 88 milioni• 1990 L. 1 miliardo e 82 milioni• 1991 L. 1 miliardo e 418 milioni

Sono gli anni dei grandi affidamen-ti: Piano poliennale di aggiornamen-to sui nuovi programmi della scuolaelementare (PPANPSE), Scheda divalutazione della scuola media,Piano nazionale informatica,Progetto 92 ecc. A volte interventimassivi che hanno interessato con-temporaneamente migliaia di inse-gnanti della regione, come per lascuola elementare, con gli inevitabi-

Area politico-istituzionale

La riforma degli IRRSAERiflessioni, storicizzando, su un progetto di riforma

di Ruggero ToniSegretario

Una rapida riflessione sulpassato degli IRRSAE,con riferimenti ai dati suifinanziamenti ricevuti daquello dell’EmiliaRomagna, serve a intro-durre una serie di argo-mentazioni in grado diproporsi come elementodi confronto e dibattitosul futuro degli IRRE.

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li problemi di gestione (oltre 300corsi, oltre 15 mila insegnanti), avolte affidamenti a carattere nazio-nale che hanno coinvolto pocheunità di insegnanti della regionerendendo invisibile all’utenza diret-ta il lavoro svolto dall’Istituto.Nel 1992 avviene il crollo: L. 324milioni su affidamenti, con un tagliodrastico rispetto all'anno precedentedel 78%.Le cose non migliorano negli annisuccessivi. Quale motivazione?

La vanga e le scarpe

"È difficile imporre la vanga nellesocietà che ignorano l’uso dellescarpe" (Linton).La situazione degli Istituti è sicura-mente difficile. Strutture fragili, avolte drammaticamente fragili sottoil profilo organizzativo, amministra-tivo e gestionale. Domina il prevale-re di logiche burocratiche lente,complesse e rigide. Procedureinterminabili per i concorsi.Demotivazioni iniziali del persona-le: oasi o sinecura? Desiderio dioccuparsi di quello che interessa?Illusioni fideistiche su progetto cul-turale? Banco di lancio per autoaf-fermazioni frustrate da una scuolapovera e livellatrice? Molte voltetutto questo insieme.Per contro, da parte dell'Ammini-strazione, il bisogno di tradurre intermini operativi/attuativi l'indivi-duazione di bisogni e progetti nonrealizzabili direttamente per man-canza di mezzi, strutture, competen-ze operative procedure idonee.Gli IRRSAE non riescono a corri-spondere alle aspettativedell'Amministrazione.Contemporaneamente, gli IRRSAErestano sconosciuti o quasi per unagrande massa di insegnanti, che nonsi sentono né cercati né ascoltati epuò anche succedere che non abbia-no molta voglia di esserlo.Nel 1987, nella prospettiva degliaffidamenti, con atteggiamento lun-gimirante della Direzione del perso-nale, viene lanciata la revisionedegli organici del personale degliIstituti. Pochi ne approfittano. IConsigli Direttivi di esperti moltospesso non sono in grado di inter-

pretare i bisogni e di pensare in ter-mini di struttura, di "line" organiz-zativa. Non si discute in termini disviluppo, ma di approcci culturali.Diversi Segretari sono stati sceltiper la loro competenza pedagogi-co/culturale e per adesione socio -politica, ma in pochissimi casihanno competenza o esperienza dìproblemi organizzativi, di gestionefinanziaria e del personale.Nati fragili, non si riesce a miglio-rarli. Delusione progressivadell'Amministrazione. Delusionedelle scuole che non trovano riscon-tro a bisogni molto spesso più indi-viduali che generalizzati. Gli IRR-SAE sono vissuti come realtà lonta-ne ed estranee, chiuse su stesse, conscarse o nessuna capacità di incideresulla realtà della scuola. Oggetti cherestano quasi sconosciuti. Cadonogli affidamenti. Anche se mai espli-citamente dichiarato, gli Istitutisembrano inaffidabili per almenocinque ragioni:1. sono strutture organizzativamente

deboli;2. sono costantemente in ritardo sul

piano attuativo;3. il personale tecnico sovente non

apprezza gli affidamenti e si sentesminuito da un ruolo esecutivo etrascura i compiti;

4. la struttura decisionale degli Istitutiè costituzionalmente fragile;

5. i prodotti culturali non sempresono soddisfacenti.

Dal 1992 avviene un cambio di stra-tegia: non gli IRRSAE ma alcunescuole di eccellenza, ben governate,ben amministrate ed efficienti, osse-quienti al compito, diventano i puntidi riferimento dell’Amministrazio-ne. E a queste vengono affidati iprogetti esecutivi. Viene in tal modoanche superata la pretesa e l'ansiadegli Istituti di essere protagonistisotto il profilo della progettazione inconcorrenza con le strutture centrali.La competizione sembra finita e ilruolo degli IRRSAE sembra affievo-lirsi se non tramontare.

L'incoerenza della coerenza

La caduta degli affidamenti lasciagli IRRSAE in una situazione di

frustrazione. I singoli Istituti attra-verso la capacità persuasiva deiPresidenti creano rapporti diretticon le singole Direzioni Generali econ i vertici decisionali per ottenerecommesse. Talvolta le ottengono.Ma la credibilità del sistema IRR-SAE come sistema articolato e altempo stesso omogeneo e coordina-to è molto indebolita.Nasce allora la speranza di riaccre-ditare gli Istituti attraverso la quali-ficazione dell'azione e delle propo-ste operative. Si ricerca l'autarchiacome fattore propositivo e qualifi-cante del ruolo:nascono i progetti Inter - IRRSAENel 1993 l'IRRSAE E.R riceve ilprimo finanziamento: L. 12 milioniNel 1994 L. 256 milioni.Nel 1995 L. 556 milioni.Nel 1996 L. 194 milioni.

Si gioca in casa. Vengono ridotti ifinanziamenti ordinari per sostenereprogetti di interesse comune. Mastrategie e progetti non sono condi-visi se non sul piano formale dallaAmministrazione. Molte difficoltànascono a livello dei singoli Istituti ea livello di coordinamento:• sul piano progettuale, molto spes-

so solo abbozzato;• sul piano attuativo, per la diversità

dei tempi e dei ritmi rapportati adevidenti diversità sotto il profiloorganizzativo e strutturale;

• sul piano culturale, per le rivendi-cazioni di autonomia propositiva.

Più che mai gli Istituti si rivelano,all'interno e fra loro, come strutture alegame debole, sottomesse a perso-nalismi, particolarismi, regionalismi.

Anche il primo modello di progettointer - IRRSAE cade.Dal 1997 gli esiti non soddisfacenti,la crescita esponenziale del residuipassivi presso i singoli Istituti (chein alcuni casi costituiscono un datocronico ed eclatante di difficoltà eoggetto di rilievo da parte della com-missione parlamentare di vigilanza)sono spesso interpretati, con facilitàe qualche superficialità, come croni-ca incapacità ad agire.I finanziamenti per progetti comuni

Area politico - istituzionale

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inter - IRRSAE sul budget di finan-ziamento ordinario vengono abban-donati.Gli stanziamenti ai singoli Istitutivengono ripartiti secondo i criteriinizialmente esistenti e nella loroglobalità. Le possibilità di coordi-namento su progetti resta in facoltàdei singoli Istituti che possono col-legarsi, aggregarsi ed agire in siner-gia su iniziative condivise.Da allora nessun progetto ha piùavuto istituzionalmente questo svi-luppo. Istituti che collaboranovolontariamente ad uno stesso pro-getto con fondi diretti e propri sonouna rarità.

Con l'autonomia e per l'autonomia

La scuola entra nel frattempo nellagrande stagione delle riforme.L'avvio di un forte cambiamentoimplica in parallelo la necessità dipoter offrire supporti adeguati attra-verso strutture in grado di sostenerei passaggi dell'innovazione. Nelquadro della riforma entrano anchegli IRRSAE. Si apre, di conseguen-za, una stagione di riflessione sulfuturo ruolo degli Istituti. Tre sonogli obiettivi fondamentali che laConferenza dei Presidenti e iSegretari (entrambe le rappresentan-ze, la prima con l'insediamento deinuovi consigli direttivi e la secondaper un ricambio naturale o guidato,hanno subito un fortissimo turn -over) puntano a perseguire:1. Assicurare agli Istituti un livello

di autonomia che garantisca capa-cità dirette di iniziativa e di scelta,evitando che gli Istituti stessiassumano compiti di mera esecu-tività come strumentidell'Amministrazione;

2. consolidare attraverso un nuovamodalità di relazione i rapportifra gli Istituti come capacità diagire congiuntamente e in siner-gia (l'ipotesi prima, poi la nascitadi un consorzio);

3. riaccreditare gli Istituti comerealtà affidabili in grado di assol-vere a compiti significativi e informa aggregata e sinergica.Presentare, in sostanza, gli Istituticome partner affidabili in grado di

agire in modo congiunto e signifi-cativo. L'opportunità è offerta pro-prio dai processi di sperimentazio-ne dell'autonomia da parte dellescuole.

Con una intuizione sicuramente vali-da sotto il profilo strategico, gliIstituti non solo si dichiarano prontia partecipare alle azioni che riguar-dano il monitoraggio della sperimen-tazione nelle scuole, ma affermano lapropria disponibilità ad investire nel-l'iniziativa risorse finanziarie proprie.Accreditano in tal modo non solo laloro disponibilità ad agire, ma affer-mano il forte interesse ad esserecoinvolti in un ruolo di partnershipcon possibilità reali di produzioneculturale.Si profila in tal modo un ruolo spe-cifico che gli IRRSAE possonoassolvere: non esistono strutture eorganizzazioni in grado di gestireuna operazione di così vaste dimen-sioni se non attraverso un carico dicosti estremamente alto. Gli Istitutioffrono le loro risorse umane efinanziarie: le prime a costo zero,per le seconde contribuiscono con-cretamente alla realizzazione di unprogetto che può nascondere rischinon indifferenti sotto il profilo poli-tico. Il coinvolgimento degli IRR-SAE si prospetta come una soluzio-ne praticabile, conveniente e forsevantaggiosa.Gli Istituti sono convinti di questaprocedura. Questo è il secondolivello di progettazione inter IRR-SAE.

Gli IRRE e l'ipotesi di regolamento

Gli IRRE e il loro rapporto con lascuola: alla Legge 59/97 sintetica-mente si può far risalire la nuovadefinizione del compito.Le scuole in forza dell'autonomia siconfigurano come una realtà nuova,diversa ed evolutiva. Il regolamentoche ne indica compiti e finalità, con-tenuti e strategie generali, punta atrasformare la scuola stessa in unastruttura flessibile, dinamica apertaal cambiamento.Gli Istituti sono chiamati ad alcuneopzioni fondamentali:• Definirsi e riconoscersi come una

agenzia di servizio.• Collocare al centro la scuola come

cliente imprescindibile.• Definire compiti e ruoli in relazio-

ne a questa mission;• Individuare una struttura organiz-

zativa e funzionale che corrispon-da al compito.

• Qualificare il proprio ruolo attra-verso competenze non auto refe-renziali

• Entrare nel grande processo di tra-sformazione con ruoli e competen-ze definite.

• Stabilire, intrattenere e svilupparerapporti con le nuove strutturedell 'Amministrazione e con inuovi impianti di decentramentodelle competenze formative alivello locale.

Per conseguire tali fini gli Istitutihanno bisogno di sostenere e svilup-pare nuovi processi organizzativi.Hanno la necessità di individuarenella flessibilità il fattore regolativoe discriminante della loro missione.Essa che si caratterizza in:• flessibilità strategica: capacità di

modificare le proprie strategie alivello di obiettivi contenuti emetodi in relazione al mutare delleistanze e dei bisogni;

• flessibilità strutturale: capacità diauto-organizzazione funzionalenon rigida, in grado di sopravvive-re e svilupparsi in relazione alleistanze poste dal cambiamentosenza dover cambiare le struttureesistenti, in quanto adattabili.

• flessibilità operativa e gestionale:capacità di organizzare le risorsevariandone gli utilizzi, potenziandoe depotenziando settori in relazionea bisogni e necessità.

Tale flessibilità investe quattro livel-li del processo produttivo del servi-zio da assicurare alla scuola:• livello di prodotto/ produzione: da

intendersi come capacità di inter-venire nel variare la quantità, laqualità, la tipologia del prodottoofferto; di intervenire sullo stessoprocesso della produzione attra-verso l'applicazione di procedurediversificate.

• livello di struttura: possibilità di

Innovazione educativa 6/2000

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ridisegnare la sua organizzazioneinterna, i flussi informativi, la pos-sibilità di attuare funzioni decen-trate più funzionali al sistema d'a-zione.

• livello di tecnologie: possibilità diutilizzare tecnologie nuove e piùflessibili in grado di facilitare/migliorare i rapporti e le procedu-re, il passaggio e lo sviluppo deicontenuti.

• livello di risorse umane: possibi-lità di utilizzare le forze lavoro inmodo meno vincolato e vincolanteanche attraverso processi di mobi-lità. Ciò significa richiedere econsentire al personale stabile pre-stazioni per quanto possibile nonstandardizzate e ripetitive; nelcontempo assicurare all'Istituto lapossibilità di utilizzare a tempodeterminato risorse umane specia-lizzate in rispondenza a specifi-cità.

L'autonomia degli Istituti

Le motivazioni che hanno sostenutol'insistente richiesta di riconosci-mento di autonomia per gli Istitutitrova giustificazione in alcune moti-vazioni di fondo: l’autonomia è unriconoscimento giuridico. Ed è,prima di tutto, una capacità d'agire.Non è una finalità, non è una metapreordinata che, una volta raggiun-ta, si immobilizza di una condizioneacquisita. Non è uno "status", unmodo di essere standardizzato edefinitivo. Non è una condizione distabilità.L'autonomia è essenzialmente unprocesso di autoregolazione perché: • ha confini e delimitazioni che ne

terminano gli ambiti di competenza; • implica la capacità autonoma di

"reagire"; • include capacità di espansione e

sviluppo;• promuove rapporti di relazioni

sinergiche con l'ambiente.

Autonomia è quindi la capacità diselezionare, organizzare le proprieazioni e di definire rapporti conl'ambiente, fermi restando i principie i presupposti giuridici che la con-sentono e la costruiscono.

L'autonomia non è indipendenza e

non è autarchia.Implica la combinazione dipenden-za e indipendenza.Ha rapporti di dipendenza perchéautonomia non significa lo sciogli-mento totale da qualsiasi vincolo eda un sistema sopra - ordinato, rap-presentato dall'ordinamento giuridi-co dello Stato che definisce gliambiti e le regole.È indipendenza perché è in grado diorganizzarsi e di perseguire autono-mamente i fini generali e specificiche le sono stati assegnati:• con una propria flessibilità,• con una propria decisionalità• con una autonoma capacità d'azione.È indipendenza perché in grado diselezionare:• le strategie e i percorsi organizzativi;• i contenuti della propria azione;• le procedure da attuare;• l'innovazione attraverso la ricerca;• l’integrazione con l'ambiente in

cui opera;• i rapporti da intrattenere con il

sistema delle autonomie esistenti.L'autonomia implica un cambia-mento finalizzato al miglioramentoe questo:• richiede un processo adattivo e

intelligente;• implica un pensiero produttivo e

divergente.In sostanza vengono sollecitati erichiesti atteggiamenti di creatività.Sotto il profilo artistico e scientifi-co, ma anche negli ambiti dei siste-mi organizzativi e produttivi, esisto-no tre modalità che individuano gliambiti della creatività (Maldonado):• Invenzione(introdurre il non esi-

stente)• Scoperta (valorizzare/uti-

lizzare l'inesplorato)• Innovazione (modificare

/migliorare l'esistente)Ed è in questi tre ambiti cheva ad esercitarsi l'efficacia del-l'autonomia.Ancora util izzando unmodello scientifico che con-sidera le leggi che governanoi sistemi dinamici complessie non reversibili (Prigogine),le attività che la scuola e gliIstituti al loro servizio pro-muovono, in particolare

attraverso i percorsi dell'autonomia,assumono alcune caratteristiche fon-damentali;• instabilità (perché ambiente, clien-

ti, bisogni, si modificano);• Probabilità (perché si progetta sul

futuro e sul cambiamento); • incertezza (perché non è garantita

l'efficacia della scelta, non è assicu-rata la stessa stabilità della scelta);

• irreversibilità (perché l'evoluzio-ne/cambiamento non si arrestano enon si torna indietro).

Funzione di gatekeepers

È la capacità di "auditing" che,comeprimo e ultimo corollario, dovrebbeessere assolto:gli Istituti dovrebbero porsi come"operatori di confine":• fra ricerca e innovazione• fra lettura di bisogni e proposte di

risposta• fra servizio e creatività• fra vicinanza e autonomia• fra ricerca di efficacia e capacità

di efficienza nel ruolo che sonochiamati ad assolvere.

In questa visione si spera che pos-sano collocarsi le elaborazioni sulregolamento e le riflessioni che neconseguono. Le risposte attese sonoancora piene di incognite. Dal pre-valere delle logiche politico – istitu-zionali e dalla definizione dei ruolidipenderà l’assetto del futuro e lasperanza di creare strutture funzio-nali che non siano imprigionate daun’ottica di gestione puramentestrumentale. ■

Area politico - istituzionale

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198519861987198819891990199119921993199419951996199719981999

Totali

FinalizzatiL. 000.000L. 72.000L. 1.818.601L. 1.889.000L. 1.088.600L. 1.082.956L. 1.418.510L. 324.500L. 683.794L. 1.547.925L. 374.642L. 431.654L. 352.772L. 471.000L. 1.513.642L. 13.062.000

OrdinariL. 442.000L. 535.00L. 573.00L. 470.00L. 615.00L. 558.00L. 580.00L. 738.00L. 738.00L. 705.00L. 714.00L. 714.00L. 897.00L. 918.00L. 982.00L. 8.385.000

Finanziamenti del Ministero

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Nel 1998 la prof. Anna MariaArpinati, dell’IRRSAE EmiliaRomagna ha promosso un’attivitàseminariale per i docenti di mate-matica di scuola superiorenell’ambito del progetto plurienna-le “Eccellenza nel triennio dellesuperiori”. L’iniziativa si è poi svi-luppata nel tempo con il coinvolgi-mento dell’IRRSAE Lazio, che, adanni alterni, cura l’organizzazionedelle attività.Attività di formazione precedenti econtatti con le scuole avevano evi-denziato l’esigenza, espressa daicolleghi che operano nelle scuole,di proposte fortemente disciplinari,tenuto anche conto dell’esigenza dipredisporre percorsi e/o attivitàfinalizzate all’ eccellenza, oltre cheal recupero. E’, infatti, un datooggettivo che molte agenzie for-mative ed anche altre iniziative chefanno capo agli stessi IRRSAEregionali, hanno proposto in questianni corsi di aggiornamento adampio spettro, che vedono coinvol-ti contemporaneamente docentidella stessa disciplina appartenentia varie fasce scolastiche o anchedocenti di diverse discipline appar-tenenti a diverse fasce scolastiche.Inoltre esiste una difficoltà oggetti-va da parte delle singole scuole adorganizzare attività di formazionee/o di aggiornamento in ambitodisciplinare che coinvolgerebbero

solo un numero molto ristretto didocenti, a meno che non si costi-tuiscano reti di scuole, fattosenz’altro auspicabile, ma nonancora molto diffuso.L’attenzione è stata rivolta ad unariflessione sul guadagno formativolegato all’util izzo di softwarematematici, come Cabri, Derive,Mathematica, per citare i più cono-sciuti .1La diffusione nell’uso delLaboratorio di Informatica (intro-dotto dal PNI) nell’insegnamentodella matematica e quella disoftware specifici per la matemati-ca imponeva, ormai, alcune rifles-sioni:• quale spazio ai linguaggi di pro-

grammazione (Pascal,...),• quale utilizzo dei software mate-

matici,• come le attività di Laboratorio

modificano l’insegnamento dellamatematica, sia dal punto divista dei contenuti sia da quellometodologico.

Il primo anno (1998)

Il primo anno l’attività, dal titolo“Matematica e software didattici”,si è svolta in forma seminariale aBellaria il 22, 23, 24 aprile 1998.Erano presenti 36 docenti prove-nienti da varie regioni italiane.Tutti i partecipanti erano docenti discuola superiore con particolareinteresse per il tema proposto.Condizione indispensabile perpoter accedere al corso era cono-scere bene almeno un paio disoftware didattici rivolti alla mate-matica. Referenti scientifici dell’attivitàerano i professori GiuseppeAccascina dell’Università LaSapienza di Roma e Giulio CesareBarozzi dell’Università diBologna.Obiettivo principale delle tre gior-nate di lavoro era quello di riflette-

re sull’utilizzo che viene fattonella realtà delle classi di alcuniambienti informatici per la mate-matica presenti sul mercato ormaida anni.Preliminarmente al seminario èstata inviata a tutti i partecipanti,una collezione di 31 problemi, conl’invito a risolverne almeno due,preferibilmente con uno deiseguenti software: Cabri, Derive,Mathematica. Per ogni soluzioneproposte doveva essere anche indi-cato il motivo per cui era statoscelto quel determinato software.A Bellaria, dopo due relazioni “sti-molo” dei professori universitari, idocenti sono stati suddivisi ingruppi di lavoro, tenendo conto:degli esercizi che ciascuno avevagià svolto a casa, dei software cheaveva usato e della possibilità diconfronto fra insegnanti prove-nienti da regioni diverse.A ciascun gruppo di lavoro è statorichiesto di approfondire e discute-re collegialmente la soluzione dialcuni esercizi. Per ogni problemasi è cercato di mettere a fuoco:• in quale classe l’esercizio poteva

essere proposto,• quali obiettivi, relativi all’inse-

gnamento della matematica, sipotevano conseguire,

• quali i nodi concettuali su cuiporre maggior attenzione,

• quali gli approfondimenti e i col-legamenti possibili.

Le soluzioni proposte dai singoligruppi di lavoro sono state discus-se collegialmente nella parte finaledel seminario. In seguito i coordi-natori di ogni singolo gruppohanno inviato la stesura definitivadelle risoluzioni dei problemi trat-tati dal gruppo. Alla fine tutti imateriali sono stati pubblicati nelvolume “Matematica e softwaredidattici” a cura di GiovanniMargiotta stampato da IRRSAEEmilia Romagna.

Area pedagogico-culturale

Matematica e software didattici di Aurelia OrlandoniIRRSAE Emilia Romagna

Un progetto dell’IRRSAEEmilia Romagna relativoall’insegnamento dellamatematica nella secon-daria superiore, con par-ticolare attenzione all’uti-lizzo di nuove tecnologiee alla costruzione di pro-poste da inserire in per-corsi di “eccellenza”.

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Il secondo anno (1999)

L’esperienza del primo anno haportato ad alcune modifiche chehanno però lasciato inalteratastruttura e obiettivi dell’attività.Tutti i partecipanti dovevano avereun indirizzo di posta elettronica, inquanto la prima parte dei lavori siè svolta utilizzando questo stru-mento.Circa due mesi prima del semina-rio ogni partecipante ha ricevutouna lettera (posta elettronica) incui gli veniva comunicato:• il gruppo di appartenenza e il

coordinatore di riferimento conrelativi indirizzi,

• le modalità organizzative,• l’elenco dei problemi.Ogni gruppo doveva discutere edaccordarsi (sempre utilizzando laposta elettronica) sulla soluzione dialmeno 4 problemi, preparare unarelazione, secondo uno schemapredisposto, in cui oltre alla solu-zione venissero indicati il softwareutilizzato, in quale classe l’eserci-zio poteva essere proposto, quali lefinalità e gli obiettivi conseguibili,quali i nodi concettuali su cui porremaggior attenzione, quali gli even-tuali approfondimenti e collega-menti attivabili. Il coordinatoreaveva il compito di inviare il mate-riale del suo gruppo al referentedell’IRRSAE LAZIO qualche gior-no prima del seminario.Il seminario finale si è svolto aLatina (organizzato dall’IRRSAELazio) il 22, 23 e 24 aprile 1999.Dopo il seminario i gruppi hannorielaborato, alla luce della discus-sione, i loro materiali e li hannoinviati all’IRRSAE Lazio che hacurato la pubblicazione dei lavori,che uscirà tra breve.Alla fine del seminario si è discus-so su come far proseguire l’inizia-tiva, soprattutto in relazione alcoinvolgimento delle classi e/o digruppi di studenti.

Il terzo anno (2000)

Quest’anno, in qualità di nuovotecnico dell’IRRSAE Emilia

Romagna per la sezione ScuolaMedia Superiore, anche perchéavevo partecipato come coordina-tore ai lavori del 1999, ho assuntol’organizzazione e ilo coordina-mento dell’attività.Dal momento che, già a Latina, siera stabilito di dare la possibilità aidocenti di affrontare con gli stu-denti la risoluzione dei problemi, iltempo fra la proposta e il semina-rio di discussione è stato moltomaggiore: a febbraio sono statiinviati i testi dei problemi aidocenti suddivisi in gruppi, mentreil seminario si è svolto il 21, 22, 23settembre a Bellaria.Anche quest’anno i coordinatoridovranno inviare le schede relativealle soluzioni proposte e alladescrizione delle eventuali espe-rienze in classe o con gruppi distudenti, secondo modalità analo-ghe a quelle dell’anno precedente,per consentirne la pubblicazioneda parte dell’IRRSAE-ER. Oltrealla pubblicazione cartacea verran-no messi in rete almeno una partedei materiali.

Alcune considerazioni e riflessio-ni sull’attività

Pur non essendo questa la sede perdiscutere nel merito i problemi e lesoluzioni, voglio solo ricordareche la maggior parte delle proposteriguardavano problemi geometrici,ma erano anche presenti problemidi analisi (successioni, …) e diprobabilità e che gli insegnanticoinvolti appartengono a Licei,Istituti Tecnici e IstitutiProfessionali. E’ stato, quindi, pos-sibile sviluppare un confronto frascuole in cui l’insegnamento dellamatematica si pone obiettivi diver-si: prevalentemente propedeutico-formativo nei Licei, con una mag-gior attenzione alla “matematica diservizio” e alle applicazioni in altriambiti tecnici ed economici neglialtri Istituti. Questo scambio èrisultato sempre arricchente pertutti e ha sviluppato nei parteci-panti sensibilità nei confronti di

quegli aspetti della matematica chenon appartengono alla propriaprassi didattica. Nel corso degli anni si è cercato dicreare le condizioni per cui la solu-zione di un problema non fosse unfatto episodico, ma ci fosse la pos-sibilità di inserirlo all’interno di unitinerario didattico da sperimentarecon gli studenti. In occasionedell’ultimo seminario, in cui solouna parte dei partecipanti ha pre-sentato esperienze svolte in classe,è stato sottolineato che va ulterior-mente anticipata l’assegnazionedei problemi ai gruppi per consen-tire un significativo lavoro in clas-se e la costruzione di itinerarididattici.Un altro problema affrontato èquello che io chiamerei “rischiotorre di Babele” legato alla diffu-sione dell’utilizzo di molti softwa-re diversi. Infatti, se il primo annoi software utilizzati erano pratica-mente solo tre, quest’anno si èarrivati a sette, considerando anchel’utilizzo di calcolatrici grafico-simboliche. Questo comporta qual-che problema di dialogo e di scam-bio all’interno dei gruppi quandovengono utilizzati ambienti nonnoti a tutti. D’altra parte comporrei gruppi sulla base dei softwareconosciuti farebbe perdere unodegli aspetti più importantidell’esperienza, cioè la riflessionesul guadagno formativo legatoall’utilizzo di quel software perrisolvere quel problema.Le possibilità di sviluppo diquest’attività sono aumentateanche per la diffusione dell’utiliz-zo di Internet, per cui comincianoad emergere, per il prossimo anno,ipotesi di ampliamento del gruppoproprio sfruttando la rete. E’ infattiimportante coinvolgere un numerosempre maggiore di insegnanti inattività legata all’innovazione nelladidattica della matematica conl’utilizzo di software specifici siadal punto di vista dei metodi sia daquello dei contenuti e sviluppareproposte per gli studenti più moti-vati ed interessati alla disciplina.

Area pedagogico-culturale

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Tutto ciò deve però essere affron-tato con forte spirito critico eattenzione all’effettivo guadagnoformativo prodotto dall’uso dellatecnologia, senza illudersi che essaproduca automaticamente qualitàmaggiore nel processo di insegna-mento-apprendimento. A questoproposito va ricordato che, talvoltale relazioni dei gruppi hanno sot-tolineato il fatto che un certo pro-blema poteva essere risolto tran-quillamente senza l’uso di stru-menti particolari e che quindi erapreferibile proporne una soluzionecon “carta e penna”.Infatti va precisato che ogni tecno-logia comporta la possibilità dimodificazioni, ma che da sola,senza un progetto dell’insegnantederivante da riflessione e studioapprofondito, non porta a un’evolu-zione significativa nella didattica.

Per concludere voglio portareun’ultima argomentazione a favoredella prosecuzione e dello svilup-po dell’esperienza. Nei documentidi sintesi della Commissione sullariforma dei cicli e, in particolare,in quello del gruppo che si occu-pava della professionalità docente,viene sottolineata la necessità diun arricchimento professionaleanche in relazione allo sviluppodelle discipline e agli strumentiresi disponibili dalle nuove tecno-logie. In relazione, poi, alla forma-zione in servizio viene evidenziatoil fatto che si debbano privilegiareattività residenziali e che comun-que abbiano come obiettivol’autoformazione indicando, laricerca metodologico-disciplinare(controllata) come una delle formedi attività da sviluppare.

1 Ricordiamo che, in questi anni, l’IRR-SAE-ER ha promosso molte iniziativesull’utilizzo del software nell’insegnamen-to della matematica, alcune delle quali dicarattere stabile: il bollettino CABRIRR-SAE, il sito Internet Fardiconto,FLATlandia, ProbleMATEMATICAmentee la lista di discussione Cabrinews.

Innovazione educativa 6/2000

Regione Emilia RomagnaIBC - Sovrintendenza per i beni librari e documentariBologna 2000 Città europea della culturaBiblioteca comunale dell’ArchiginnasioComune di BolognaCentro Amilcare Cabral

Bologna e il mondo oltre l’EuropaViaggiatori bolognesi in cerca dell’Altro

Quadriloggiato dell’Archiginnasio, 20 ottobre – 30 novembre 2000

In collaborazione con:

Cineteca di BolognaBiblioteca Universitaria

Sistema museale d’AteneoMuseo civico del Risorgimento

Museo civico ArcheologicoIRRSAE Emilia Romagna

La mostra si apre con una panoramica sulle principali motivazioni che,nei secoli, hanno portato gli uomini a varcare i confini dell’ignoto,come esploratori prima, viaggiatori poi e oggi come turisti: conquista,fede, commercio, scienza e cultura.Successivamente vengono percorsi gli itinerari di sei bolognesi che, inepoche diverse e con differenti motivazioni, si sono spinti al di fuoridei confini dell’Europa, tra il XVI° e il XX° secolo.Si tratta di viaggiatori diversi per formazione e cultura: De Warthemaè un esploratore; Luigi Ferdinando Marsili è un diplomatico; GiovanniGhirardini un pittore; Luigi Balugani un architetto; Livio Zambeccariun patriota mazziniano; Pier Paolo Pasolini uno scrittore e un regista.Differenti sono anche le loro destinazioni: il Medio Oriente, l’Africa,l’Asia e l’America latina.Hanno in comune tra loro solo il punto di partenza: Bologna. In alcunicasi (per esempio Balugani e Ghirardini) non vi torneranno più emoriranno all’estero; in altri casi (come il conte Marsili), non solo vifaranno ritorno, ma porteranno alla città informazioni e suggestionitali da dare un decisivo contributo alla diffusione della conoscenzadella cultura ottomana.La mostra, da una parte ne illustra le personalità, le motivazioni delviaggio e egli itinerari da loro seguiti, dall’altra intende rappresentarequei mondi lontani geograficamente e culturalmente, così come loro liincontrarono e individuare gli stimoli che, al loro ritorno, laddovequesto si verificò, seppero suscitare nella città di Bologna.Ad ogni viaggiatore è associata una città particolarmente rappresenta-tiva dell’area geografica toccata dall’itinerario di viaggio: Il Cairo perDe Warthema, Istanbul per Marsili, Canton per Ghirardini, Gondar perBalugani, Porto Alegre per Zambeccari e San’a per Pasolini.La mostra utilizza una vasta tipologia di materiali: libri, manoscritti,disegni, carte geografiche, codici, quadri, ecc., quasi tutti conservatipresso biblioteche, musei e istituzioni culturali cittadine.

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Nella pratica dell’insegnamento diqualsiasi disciplina scolastica, unodei problemi fondamentali daaffrontare prioritariamente è quellodella distanza tra un corpus diconoscenze specifiche esistente alivello organizzato e scientifico el’utilizzo che di questo insieme diconoscenze ciascun insegnantepuò fare al fine di contribuire,

attraverso la propria disciplina, alprocesso di formazione dei suoialunni.Per colmare questa distanza occorreche un professionista dell’insegna-mento sia in grado di procedere adun’analisi della propria disciplina inquanto scientificamente fondata:deve, in altre parole, conoscerne lastruttura interna in modo da ricavar-ne gli elementi sui quali innestarenell’alunno apprendimenti signifi-cativi in quanto generatori di com-petenze sia a livello cognitivo, siasul versante operativo.Questa analisi epistemologica, tesaa rendere esplicito il rapporto tra lostatuto di ogni disciplina e le com-petenze che attraverso di essa sipossono attivare, può essere svoltacon l’aiuto di un modello euristico,basato cioè su alcune domandefocali, rispondendo alle quali ogniinsegnante giunge a chiarificare lastruttura disciplinare,gli elementicostitutivie le corrispondenti com-

petenze di varia natura che a questisono connesse.In figura 1 si può osservare unavisualizzazione del modello euri-stico per l’analisi epistemologicadi qualsiasi disciplina di studioelaborata da Franco Frabboni e nelquale sono evidenziate, all’internodi una griglia che mette in relazio-ne gli elementi costitutivi discipli-nari con le competenze da svilup-pare, le domande focali.

1. Competenze di base

L’operazione prioritaria nell’impo-stare l’analisi epistemologica di unadisciplina è senz’altro quella diesplicitare quale sia il paradigma omodello che in un determinatomomento storico-culturale guida eispira la ricerca in quella disciplinae ne determina gli assetti costitutivi.Tale paradigma o modello è costi-tuito da alcuni concetti di base,altrimenti detti nuclei fondanti o

Area pedagogico-culturale

Un modello di analisi epistemologicadi Maria FamigliettiIRRSAE Emilia Romagna

(figura 1)

Contenuti

Linguaggi

Ermeneutica

Metodologia dellaricerca

Potenziale generativo

Metodo

competenze elementari

Saperi essenziali

Quali sono i saperiessenziali della sua

disciplina?

Mediatorilinguistici

Quali sono lepadronanze lingui-

stiche della suadisciplina?

competenzemetodologiche

Logicaformale

Quali sono i princi-pali punti vi vistalogici (gli occhialiinterpretativi) della

sua disciplina?

Congegni investigativi

Quali sono le formedella ricerca della

sua disciplina?

competenze euristiche

Nessi logicie trasversali

Quali sono i conge-gni trasversali einterdisciplinari

della sua disciplina?

Nucleo fondante

Quale è il metodoche regge lo statutodella sua disciplina?

La funzione docente ècaratterizzata, tra l’altro,dalla mediazione cultura-le fra ciò che l’insegnan-te sa e ciò che è beneinsegnare. Tale mediazio-ne richiede conoscenzespecifiche e appro-fondi-te della disciplina, delsuo “statuto epistemolo-gico” e delle più efficacisoluzioni metodologicheper insegnarla.

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epistemi,i quali orientano la rifles-sione disciplinaresu determinatiproblemi piuttosto che su altri. Se, ad esempio, per quanto riguar-da l’educazione alla tecnologiaassumiamo come paradigma il“fare”, ne ricaveremo epistemiquali: misura, strumento, materiali,lavoro, prodotto finale, progetto,ecc. e la disciplina che ne vienefuori sarà mirata a perseguire unaformazione alla manualità e ad unaesecuzione quanto più precisa pos-sibile. Se invece assumiamo ilparadigma della “produzione”,intesa come attività intenzionaledell’uomo per rispondere a neces-sità/bisogni tramite artefatti, daesso ricaveremo epistemi quali:necessità/bisogno, risorsa, proces-so, artefatto, impatto, controllo(figura 2) e di conseguenza ladisciplina viene indirizzatasull’investigazione del mondo arti-ficiale e sulle competenze fonda-mentali per leggere in modo auto-nomo il mondo del costruito e ope-rare in modo attivo attraverso gliartefatti e i sistemi di artefatti.1

Una volta effettuata l’operazioneprioritaria che individua il paradig-ma generativo di una disciplina, euna volta definiti gli epistemi, daquesti si vanno ad articolare quelliche sono i contenuti essenziali che

corrispondono a ciascuno degliepistemi.Ogni disciplina ha propri linguaggidotati di una grammatica e di unasintassi, vale a dire elementi fon-damentali, principi e regole, e dun-que occorre chiedersi quali sianotali linguaggi nel campo della tec-nologia: ad esempio il linguaggiodel disegno tecnico, il linguaggiosimbolico dell’impiantistica indu-striale, il linguaggio verbale alfa-betico, per non parlare del linguag-gio proprio dell’artefatto.Saperi essenziali e linguaggi svi-luppano le competenze di basedi

una disciplina.

2. Competenze metodologiche

Ogni disciplina sviluppa una suaermeneutica,che è data dalla scel-ta dei criteri di logica formalemediante i quali essa proietta lapropria investigazione. Ad esem-pio l’educazione tecnologicanell’analisi di un artefatto, comeha dimostrato Elio Toppano 2 puòinvestigare l’artefatto stesso al finedi costruire conoscenza secondodifferenti modelli epistemologici:(figura 3)

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Tecnologia: trasformazione intenzionale

Legami logici fra i sei epistemi indivduati

(figura 2)

RISORSA PROCESSO ARTEFATTO

PROBLEMA

CONTROLLO

IMPATTO

MODELLI ERMENEUTICI PER L’INDAGINECONOSCITIVA DEGLI ARTEFATTI

STRUTTURALE COMPORTAMENTALE FUNZIONALE TELEOLOGICO

componenteconnessione

terminale

processo

relazionefra processi

valore

grandezzafisica

legge/principiofisico

modo di operare

ruolo

stato delsuolo

relazionefra ruoli

rete diruoli

condizioneoperativa

scopocontesto d’uso

pattern

vincoloequazione

ruolo processi

(figura 3) - Grafo rappresentativo dei possibiliapprocci ermeneutici alla conoscenza dell’artefatto

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- un modello per la conoscenzastrutturaleche investiga le parti egli elementi che compongonol’artefatto o sistema;

- un modello per la conoscenzacomportamentale,utilizzato perla conoscenze dei principi e delleleggi che l’artefatto utilizza per ilsuo funzionamento;

- un modello per la conoscenzateleologica, che studia le condi-zioni operative necessarie per ilraggiungimento degli scopi asse-gnati all’artefatto o a ciascunadelle sue parti;

- un modellodi conoscenza funzio-nale, relativa alla descrizionedelle funzioni specifichedell’artefatto e che fa da pontefra la conoscenza comportamen-tale e quella teleologica;

- un modello, infine, per la cono-scenza empirica, che fa levasull’osservazione e sull’esperien-za quando non è necessario ricor-rere a modelli più raffinati perrisolvere i problemi più comuni.

Una volta chiariti i differentimodelli ermeneutici che la disci-plina contiene, occorre individuarequali siano le metodologie di inve-stigazione peculiari della tecnolo-gia. Esse si possono articolare intre ambiti distinti:- il metodo dei modelli, che posso-

no essere tridimensionali,quan-do si dimostra un principio o unalegge utilizzando materiali pove-ri, oppure modelli simbolicichevengono costruiti mediante i lin-guaggi simbolici o ancora imodelli logici, quando visualiz-zano operazioni mentali permet-tendo di organizzare e sistemareconoscenza per produrre nuovaconoscenza. Tra questi ultimi i l modelloR.A.RE.CO. (Rappresentazione,Analisi, Relazione, Comunicazione)3

rappresenta la distillazione oriz-zontale di un sapere tecnologicoriferito a un artefatto o a un pro-cesso produttivo e ne consente laconoscenza sistematica organiz-zata e linguisticamente corretta,

mentre il modello della scatolanera permette di sviluppare ilpensiero predittivo intorno aglielementi costitutivi e ai principidi funzionamento di un artefatto.

- il metodo delle prove sperimenta-li, essenziale per consentire lasperimentazione di proprietà ecaratteristiche dei materiali sotto-posti a sollecitazioni varie,distinguendo opportunamente traquesti due concetti fondamentalinell’ambito produttivo. In altre parole, questo metodoconsiste nella scoperta di princi-pi e leggi nel campo della fisica,che vengono a determinare com-petenze di tipo tecnologicoin unprocesso di riflessione su espe-rienze operativeche non richie-dono la disponibilità di particola-ri attrezzature di laboratorio, ma

semplici campioni di materialifacilmente reperibili e applica-zioni di calore, pressione, trazio-ne, torsione ecc.;

- la metodologia progettualeche,superando la tradizionale logicadell’esecuzione ripetitiva di tavo-le di disegno tecnico per acquisi-re capacità strumentali nella rap-presentazione grafica, pone inve-ce gli studenti di fronte a concretiproblemi di progettazione,stimo-landoli mediante il problemposinga ideare soluzioni alterna-tive a problemi: ad esempio, difronte ad una sedia, pone loro laclassica domanda “e se non...avesse quel tipo di schienale,come potrebbe essere progettata,lasciando immutati tutti gli altrielementi strutturali?”. (figura 4)

Dunque, accanto alle competenze

Area pedagogico-culturale

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Metodi di investigazione

setting posing

logici simbolici(convenzionali)

tridimensionali(in base al mate-

riale usato)

Il problema

I modelli

La metodologiaprogettualeLe prove

sperimentali

solving

descrittivi

funzionali

operativistrutturali

RA.RE.CO.

La scatolaneravalorizzano

il materiale

analogici (a esclusione edenfatizzazione)

utilizzano il crite-rio dello scopo (es.Lego, Meccano)

alfabetici

metonimici

a traslazioned’uso

rappresentativi

grafici

(figura 4)

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di base, l’ermeneutica e la metodo-logia della ricercadi ciascunadisciplina originano le competenzemetodologiche che la disciplinasviluppa e richiede.

3. Competenze euristiche

Ora, come è ben noto sia dal puntodi vista scientifico che sul pianoeducativo, non ha senso considera-re ciascuna disciplina isolata dallealtre o assolutamente sganciata dalprocesso della conoscenza. La suavalidità risiede infatti nell’esseredotata di congegni trasversalialproprio interno e di nessi interdi-sciplinari con altre discipline, ilche richiede che accanto ad unaanalisi intradisciplinarel’inse-gnante abbia una adeguata chiarez-za di analisi interdisciplinare.Nel caso dell’Educazione tecnolo-gica, possiamo certamente consi-derare come congegni trasversali einterdisciplinari la modellizzazioneintesa come processo cognitivo dilettura dell’artefattoin quanto gui-dare i giovani alla costruzione dimodelli significa sviluppare in essicapacità cognitive e operativesquisitamente trasversaliin quantobasate sulla presa di coscienza dioperazioni mentali basilari, qualil’ analisi, l’istituzione di relazioni,

la sintesi.Accanto alla determinazione deinessi interni ed interdisciplinari,occorre individuare il nucleo fon-danteche regge ogni disciplina. Laricerca nel campo dell’Educazionetecnologica individua tale nucleoin quella dimensione di operativitàche, manifestandosi al di làdell’apprendimento, diviene unatteggiamento o habitus mentalepermanente derivato dal “fare”operativoche abbiamo evidenziatopoco sopra. Tale dimensione ope-rativa muove dalla logica diapproccio ai problemi (problemposing e problem solving) proprioin quanto la tecnologia è nella suaessenza un agire intenzionalesumateriaed energia per il soddisfa-cimento di bisogni-necessità,valea dire un processo di soluzione deiproblemi tramite artefatti.Di con-seguenza il succo formativo che sipuò ricavare dall’Educazione tec-nologica sta proprio nelplus dicapacità insito nell’operare perproblemi.Dunque la consapevolezza cheogni disciplina ha una sua articola-zione di percorsi conoscitivi inter-ni, ponendosi in relazione dinami-ca con altre discipline, e la presa dicoscienza del nucleo fondante diogni disciplina conduce allo svi-

luppo di quelle che si definisconole competenze euristichedelladisciplina stessa, vale a dire quelleche consentono l’utilizzo dinamicodi un sapere in rapporto all’insie-me dei saperi.

1 Per un significativo approfondimento suquesta problematica si segnalano due testidi prossima pubblicazione curati dalla scri-vente: il primo relativo alla ricerca del pro-getto ICARO sulla definizione di una ipote-

si di programma e di curricolo perl’Educazione tecnologica nella scuola dellaformazione di tutti e per tutta la vita, cheverrà distribuito dall’IRRSAE ER e ilsecondo centrato sull’analisi epistemologi-

ca dell’Educazione tecnologica, per i tipiLa Nuova Italia.

2 Si veda E. Toppano, Ragionare sui siste-

mi tecnici mediante rappresentazioni multi-

prospettiche,in M. Famiglietti (a cura di),Techne Now. Una nuova proposta per

l’Educazione tecnologica per la scuola

della formazione generale,IRRSAE ER -

IRRSAE Sicilia, Bologna 1999,pp.143/163.

3 Si veda di M. Famiglietti, Sviluppo tecno-

logico e questione ambientale,IRRSAE

ER, 1998, distribuito da Tip.le.co. diPiacenza e dal CDE di Piacenza.

Innovazione educativa 6/2000

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IRRSAE Emilia Romagna - Sez. Educazione PermanenteRegione Emilia Romagna - Assessorato Lavoro Formazione Scuola Università

Seminario di studioCMC - Comunicazione Mediata dal Computer

Multimedialità e nuove frontiere dell’apprendimento

24 novembre 2000 - ore 9.30 – 13.30Bologna - Aula Magna Regione Emilia Romagna - Via Aldo Moro, 30

Programma: • Intelligenza artificiale e apprendimento, prof.ssa Paola Mello • Internet come medium e la formazione a distanza, prof. Giuseppe Mantovani• Stili cognitivi e nuove tecnologie, prof. Luciano Mariani• Reti per la didattica, modalità ipertestuali, prof. Alessandro C. Candeli

Spazio per la discussione

Destinatari: docenti e capi di istituto dell’educazione permanente, docenti di lingue straniere e di italiano come lingua 2interessati ad approfondire le conoscenze nell’area dell’informatica e della multimedialità, in rapporto al potenziamentodell’apprendimento e delle abilità cognitive e possibili applicazioni nella formazione a distanza.

Coordinamento tecnico: Lucia Cucciarelli e Silvana Marchioro, Irrsae/er

Per informazioni rivolgersi a Marisa Cresci, Irrsae/er (fax .n. 051/ 26 92 21)

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Introduzione

Negli ultimi anni l’emergere di unaidea di didattica fondata sulle com-petenze si è accompagnata al proli-ferare di nuovi termini e concettisul cui significato non c’è peròpieno accordo. Termini comeconoscenze, informazione, capa-cità, abilità e competenza sonospesso usati in maniera inconsi-stente o senza darne una chiara eaccurata definizione. Come conse-guenza, non sempre è chiaro sequesti termini connotano concettieffettivamente diversi. La riflessione che segue, rielabora-zione dei risultati emersi nel lavorosvolto dal gruppo di ricerca diICARO sulI’Educazione Tecnolo-gica nel seminario di Urbino(luglio 2000), vuole essere un con-tributo al dibattito in corso sullachiarificazione della suddetta ter-minologia dal punto di vista deglistudi in Intelligenza Artificiale e inuna prospettiva costruttivista.

Riteniamo che sia urgente raggiun-gere un consenso sul significato dadare ai concetti in esame sia al finedi costruire un vocabolario condi-viso (ontologia) di supporto allacomunicazione efficace tra inse-gnanti sia perchè i concetti diconoscenza, capacità, abilità ecompetenza possono rappresentarele idee di base per la costruzione diun metamodello di riferimento ingrado di assistere gli insegnantistessi nel processo di formulazionedi curriculi.

Conoscenze, informazioni e dati

Che cosa è la conoscenza? Non esi-ste a tutt’oggi una risposta definiti-va a questa domanda. Nel seguitoadotteremo la seguente definizioneproposta da A. Newell 1:

La conoscenzaè tutto ciò che puòessere attribuito ad un agenteumano o artificiale e che può giu-stificare il suo comportamentorazionale.

Per comportamento razionale siintende il comportamento di unagente il quale, sapendo che unadelle sue possibili azioni gli per-metterà di raggiungere uno deisuoi scopi, decide di eseguire quel-la azione. In altre parole, un agenteè razionale se fa la cosa giusta secioè agisce per raggiungere i pro-pri obiettivi date le proprie creden-ze. Secondo la definizione propo-sta da Newell la conoscenza è unacaratteristica che un agente A puòascrivere, attribuire ad un altroagente B e che permette ad A dispiegare il comportamento di B.Tale conoscenza può essere identi-ficata, per esempio, con l’insiemedelle concettualizzazioni relativa-

mente stabili e sufficientementeconsistenti che si suppone sianopossedute da B.

Un problema critico è quello didisambiguare il concetto di “cono-scenza” dai concetti, ad esso stret-tamente legati, di “informazione” edi “dati” che spesso sono usaticome sinonimi o per spiegare l’unl’altro.

In generale, il termine “dati” vieneusato per riferirsi ai costrutti sim-bolici - ad esempio una sequenzadi simboli tratti da un dato alfabeto- impiegati per la rappresentazionedella conoscenza. Il termine nonveicola alcunchè riguardo il signi-ficato che tale rappresentazione haper il soggetto che la utilizza. Al contrario il termine “informa-zione” ha a che fare esplicitamentecon il significato che i dati hannoper un soggetto. L’informazioneesiste “nei dati” ed è attivata da unsoggetto. Essa viene generata dalsoggetto attraverso un processo diinterpretazione dei dati sulla basedelle conoscenze da esso possedu-te. L’informazione attualizza partedelle conoscenze del soggetto, e lerinnova mediante acquisizione dinuove conoscenze o mediante rior-ganizzazione di quelle già posse-dute. Conoscenze ed informazionivanno riferite al soggetto: esse sitrovano “dentro la mente” del sog-getto. I dati sono invece “esterni alsoggetto”, sono potenzialmentefonte di informazione per il sog-getto e sono contenuti in supportimateriali (ad esempio libri, dischimagnetici, dischi ottici, ecc.).

I concetti di capacità e abilità

La capacitàè l’espressione opera-tiva di un dato corpo di conoscen-

Area pedagogico-culturale

Conoscenze, capacità, abilità e competenze:

una possibile definizione dal punto di vistadell’Intelligenza Artificiale

di Elio ToppanoInsegnante

Termini come conoscen-ze, capacità e competen-za vengono spesso uti-lizzati presupponendouna condivisione disignificato. In realtà essisono fonte di frequenteincomprensione. Èurgente pervenire a unconsenso sul significatoda dare ai concetti inesame per costruire unvocabolario condiviso disupporto alla comunica-zione tra insegnanti

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ze. In altre parole, le conoscenze siesprimono nel “saper fare”. Questoconcetto non va confuso con quel-lo di abilità che riflette il livello diprestazioneesibito da un agentenell’esercizio di una determinatacapacità. L’abilità si acquisisce conla pratica e la ripetizione del com-pito.La reiterazione della capacità insituazioni stabili induce l’acquisi-zione di automatismi. Ciò avvieneattraverso processi di compilazionee proceduralizzazione delle cono-scenze possedute che da generalidiventano specifiche ed estrema-memte adattate alla situazione ope-rativa. Come conseguenza l’agenteè in grado di esercitare la capacitàcon maggior efficienzausandominori risorse cognitive e un minorlivello di attenzione. Di fatto, unaindicazione visibile che una perso-na sta esibendo un comportamentoabile è la capacità di questa di ese-guire altri compiti complessi con-temporaneamente senza che questipossano interferire con il compitoprincipale.Va osservato che l’aumento di effi-cienza - e di abilità - ottenutemediante processi di compilazionesi accompagna, in generale, ad unadiminuzione di flessibilità qualorail soggetto debba far fronte a situa-zioni nuove o inattese.

Alcuni ricercatori2 hanno collegatoil livello di abilità esibito da unagente con il grado di generalità edesplicitazione delle conoscenzecoinvolte nell’azione e dal modo incui queste sono organizzate. Lalista che segue descrive alcunesituazioni che denotano diversilivelli di abilità:

1. l’agente di fronte ad una situa-zione specifica capisce imme-diatamente cosa fare. Si puòsupporre, per esempio, chel’agente usi delle associazioniempiriche (delle regole) deltipo “SE sei nella particolaresituazione x ALLORA eseguil’azione/procedura y”;

2. l’agente ha di fronte diversealternative possibili e deve sce-gliere tra di esse. Deve cioèdeliberare (ragionare e decide-re) su cosa fare;

3. l’agente agisce sulla base diistruzioni. Rispetto al caso pre-cedente è richiesta, in questocaso, una attività di interpreta-zione delle istruzioni oltre chedi deliberazione;

4. l’agente agisce sulla base dimodelli mentali specifici chevengono usati per prevedere leconseguenze delle azioni.Vanno scelti i modelli pertinen-ti e “simulati” al fine di ottene-re le informazioni per agire;

5. l’agente decide cosa fare sullabase di principi fondamentali eregole generali. E’ richiestal’acquisizione di intere teorie didominio e l’uso di inferenze.

Si noti che il livello di abilitàdecresce passando dalla situazione1 alla situazione 5 in quantoaumenta il carico cognitivo e, ingenerale, le risorse (ad esempio iltempo) adoperate per esercitare lacapacità. Ciò accade perchè sipassa dall’uso di associazioniempiriche specifiche e fortementesituate all’uso di conoscenze gene-rali, fondamentali che richiedonoinferenza.

La competenza

Col termine “competenza” inten-deremo la capacità di un agente difar fronte al cambiamento di com-plessità delle situazioni di appren-dimentocui è soggetto.

Vediamo di specificare meglio itermini che compaiono nella defi-nizione. Una situazione di appren-dimentoindica una relazione tra unsoggettoe un contesto.Il soggetto è caratterizzato da:

- un insieme di conoscenze;

- un insieme di capacità senso-

motorie e cognitive esercitabilia diversi livelli di abilità;

- un sistema di scopi, valori, pre-ferenze, motivazioni, intenzionied emozioni che orientano evincolano il comportamentofisico e cognitivo del soggetto.

Il contesto include:

- un problema da risolvere o uncompito di apprendimento daeseguire;

- un insieme di condizioni opera-tive (sia ambientali che sociali)che agiscono come vincoliesterni e possono influenzare ilcomportamento del soggetto;

- un insieme di risorse esterne(artefatti, fonti di informazioni,altri agenti con cui poter colla-borare, ecc.) che il soggetto puòeventualmente utilizzare per lasoluzione del problema o perl’esecuzione del compito dato.

In una situazione di apprendimen-to, soggetto e contesto sono stretta-mente accoppiati ed in continuainterazione. Il comportamento delsoggetto è influenzato, non solodalle sue conoscenze e capacità,ma anche, e soprattutto, dal conte-sto. Viceversa, il contesto è conti-nuamente perturbato e modificatodai messaggi e dalle azioni delsoggetto. Ciò che interessa è ladinamica della situazione nel suocomplesso piuttosto che la dinami-ca del soggetto o del contesto presiindividualmente.

Un problema critico, che emergedalla definizione di competenzadata, è come caratterizzare lacomplessitàdi una situazione diapprendimento. Tale complessitàverrà valutata rispetto alle cono-scenze e alle capacità del soggettoe verrà correlata alla “difficoltà”esperita dal soggetto nell’atto dicomprendere, affrontare o risolve-re il problema o il compito propo-sto nel contesto dato. La comples-sità è intesa, quindi, come inade-

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guatezza delle conoscenze e dellecapacità del soggetto nell’affronta-re il problema o il compito nelcontesto dato. Essa è una pro-prietà della situazione di apprendi-mento - cioè del sistema compostodal soggetto e dal contesto - piutto-sto che una proprietà oggettiva delsolo contesto (anche se ovviamen-te dipende da essa). L’inadeguatez-za delle conoscenze potrebbe, peresempio, riferirsi al possesso di:

- conoscenze (sia dichiarative siaprocedurali) incomplete, inac-curate o non sufficientementeprecise per il compito dato. Sipensi, per esempio, alla man-canza di schemi concettuali,regole o procedure specifiche oal possesso di modelli mentalitroppo approssimati rispettoalle esigenze del compito daaffrontare;

- conoscenze irrilevanti o inade-guate (perchè troppo specifi-che/generali, troppo astratte/concrete, troppo dettagliate/aggregate ecc.) rispetto a quel-le richieste dal problema o dalcompito dati;

- conoscenze incerte, inconsi-stenti o dotate di un bassogrado di credibilità.

A ciò va aggiunta l’eventuale inca-pacità di mettere in opera le cono-scenze dichiarative e proceduralipossedute e l’incapacità di collabo-rare con altri per risolvere il pro-blema o acquisire le informazionipertinenti per la sua soluzione.

In questo quadro di riferimento, lacompetenza si esprime nel saperstabilire legami tra conoscenze ecapacità richieste e conoscenze ecapacità possedute per far fronte asituazioni di apprendimento dicomplessità via via crescente. Essacaratterizza la relazione tra un sog-getto e una situazione di apprendi-mento che cambia nel tempo (sicomplessifica). In questo sensoessa non è ricavabile da una esclu-siva analisi della natura del proble-

ma o del compito lavorativo daaffrontare e neppure dalla defini-zione di una somma di conoscenzee capacità possedute dal soggetto.Essa scaturisce invece dall’analisidel soggetto in azione, dalla consi-derazione del tipo di risorse chemette in campo, dalla modalità concui le combina per fronteggiaresituazioni via via più complesse. In questo senso la definizione pro-posta si differenzia sia dalle defini-zioni che si focalizzano esclusiva-mente sui problemi/compiti (com-petenza come capacità di risolvereun più ampio ambito di problemi)sia dalle definizioni che si focaliz-zano sulle risorse (conoscenze,capacità e abilità) che un individuodeve disporre per affrontare effica-cemente l’inserimento in un conte-sto lavorativo e, più in generale,per affrontare il proprio sviluppoprofessionale e personale.Il concetto di competenza propostoimplica queste definizioni, ma nonvale il viceversa. Una limitazionedelle definizioni che si focalizzanosull’uno o l’altro dei due poli checostituiscono una situazione diapprendimento è che non colgonoil rapporto esistente tra competen-za, cambiamento e complessità,esse fanno cioè riferimento a situa-zioni statiche.

Se si adotta questa prospettivaallora le finalità dell’ educazionecambiano. L’attività didattica nonsi focalizza più sulle sole cono-scenze (i contenuti disciplinari) nèsulle capacità o sulle abilità gene-rali o specifiche da far acquisire(saper fare, saper fare efficiente)bensì sulla capacità generale diorientamento e di adattamento allacomplessità di situazioni dinami-che. La competenza è allora stret-tamente correlata alla flessibilità.

La complessità delle situazioni diapprendimento va decisa dall’inse-gnante scegliendo opportunamentei valori di alcuni fattori che con-corrono a determinare tale com-plessità. Per esempio, nel caso in

cui il compito da affrontare riguar-dasse l’analisi di un artefatto -importante sia per lo sviluppo dicompetenze tecnico valutative siaprogettuali - alcuni fattori rilevantipotrebbero essere:

- il tipo epistemologico delleconoscenze coinvolte (peresempio, strutturali, comporta-mentali, funzionali, teleologi-che o empiriche)3 ;

- il livello di dettaglio con cuideve essere eseguita l’analisi;

- il livello di accuratezza o preci-sione dell’analisi;

- il livello di generalità dei con-cetti richiesti per l’analisi;

- ecc.

È possibile allora prevedere unasuccessione di situazioni diapprendimento di complessità viavia crescente: da compiti di analisidi singoli artefatti che richiedonoconoscenze di un solo tipo episte-mologico (ad esempio strutturale oteleologico), basso dettaglio, bassaaccuratezza e precisione a compitiche richiedono il confronto tra piùartefatti e l’uso contemporaneo dipiù tipi di conoscenze, elevato det-taglio, accuratezza e precisione deiconcetti usati nella descrizionedegli artefatti considerati.

1 Newell A., The knowledge level, “AIMagazine”, Vol. 2, No. 2, (1981)

2 Newell A., Steier D.,Intelligent con-trol of external software systems.Artificial Intelligence in Engineering,Vol. 8, pp 3-21, (1993).

3 Toppano E., Ragionare sui sistemitecnici mediante rappresentazioni mul-tiprospettiche. In TECNE NOW: unanuova proposta per l’educazione tec-nologica nella scuola della formazionegenerale. IRRSAE Sicilia, IRRSAEEmilia Romagna, pp. 143-163, (1999).

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Nel quadro della Riforma generale lascuola ridefinisce i suoi orientamen-ti attraverso lo studio approfonditodegli aspetti disciplinari e dellemodalità di insegnamento, per poterdeterminare, in modo più essenziale,gli obiettivi formativi da raggiungeree le capacità che deve suscitare e for-mare.

Le scelte progressive che la scuoladella formazione di base si apprestaad attuare comportano una connes-sione più coerente con l’intero curri-colo del sistema scolastico comples-sivo, da costruire in continuità, evi-tando rischi di enciclopedismo e diframmentazione.Si tratta di scelte sempre più mirateriguardo saperi e valori che possonorisultare comuni a tutti i futuri citta-dini, indipendentemente dall’etnia,dalla religione, dallo stato sociale edal sesso, su una durata probabile didieci anni di scolarità obbligatoria.I saperi fondamentali che la scuolamoderna deve garantire sono inscin-dibilmente legati con quanto giàespresso nei Programmi dell’85: Lascuola elementare promuove l’acqui-sizione di tutti i fondamentali tipi dilinguaggio e un primo livello dipadronanza dei quadri concettuali,delle abilità, delle modalità di inda-gine essenziali alla comprensione delmondo…Compito fondamentale della scuola ègarantire a chi la frequenta lo svilup-

po di tutte le sue potenzialità e lacapacità di orientarsi nel mondo incui vive.. al fine di raggiungere unequilibrio attivo e dinamico conesso.L’assetto culturale proposto delineala mappa delle strutture di basenecessarie per il successivo sviluppodi capacità e competenze, per lapossibile integrazione con ogni altraofferta educativa, formale o informale,per sviluppare capacità di adattamen-to e di cambiamento sociale ed ancheper innescare processi di integrazioneculturale, sociale e lavorativa.La formazione scolastica apre così unrapporto dialettico tra una impostazio-ne curricolare costruita sulla soliditàdei quadri disciplinari e una visionedi tipo reticolare di saperi trasversali,per individuare criteri più mobili diaggregazione delle future conoscenzee competenze dei giovani.L’esigenza di ripensare in modostrutturale i saperi nella realtàsocio-culturale odierna, impone agliinsegnanti di adeguare i contenutidell’insegnamento a cosa è realmen-te necessario che nella scuola si pro-muova a vantaggio del bambino.Da qui la necessità di far perseguireagli alunni abilità e capacità trasferi-bili e adoperabili in una pluralità dicircostanze e di contesti di vita, inconsonanza con un sapere sempremeno codificabile in schemi di cono-scenze consolidate e acquisibili unavolta per tutte.Nel superare il disciplinarismo e laformulazione di micro-obiettivigerarchizzati, legati a porzioni ridot-te di contenuto disciplinare , gli inse-gnanti saranno impegnati ,nel nuovoanno scolastico, a ridare valore agliobiettivi-cognitivi come aspettativa,attesa di esiti concenenti apprendi-menti dimensionati alla reale portatadegli alunni. Tale operazione è peròimprescindibile dalla definizionedegli standards formativi dei seg-menti scolastici contigui, connessi alsistema di padronanza, ossia alle

competenze che ogni bambino dovràesibire nella capacità di generalizza-zione e trasferibilità delle sue abilitàe nell’uso generativo delle conoscen-ze acquisite.La riflessione sul significato formati-vo degli obiettivi da selezionare nellarevisione del curricolo comporta lariorganizzazione della programma-zione non più “di obiettivi”, ma “perobiettivi” , che presuppone una ade-guata attenzione a tutti gli altri cofat-tori del processo di apprendimento.In tal senso la definizione dei tra-guardi formativi porta a delineare larete complessa di rimandi tra di essi,di tipo verticale e di tipo orizzontale,favorendo l’assunzione di una pro-spettiva di trasversalità tra disciplineconcorrenti di specificità concettualiaffini.

La lettura in rete dei saperi fornisceanche una base per programmazionireticolari e per concetti, quali artico-lazioni della programmazione perobiettivi, che si caratterizzano per laloro flessibilità e trasferibilità delleabilità e delle conoscenze oltre cheper la consonanza con le modalitàcon le quali i soggetti apprendono.Gli obiettivi trasversali quindi sipongono come mete da far persegui-re a tutti gli alunni con il concorso diuna pluralità di discipline, contenutie attività, ma soprattutto attraverso laintenzionale interazione di tutti gliinsegnanti nel realizzare l’unitarietàdell’insegnamento. Tali mete educa-tive e cognitive costituiscono unasorta di orizzonte formativo di riferi-mento di ogni ordine di scuola.La costruzione del curricolo essen-ziale per discipline, il puntualizzaregli apprendimenti in termini di veri-fica di conoscenze e competenze,l’individuazione di aspetti trasversa-li, il raccordo di continuità deglianni-ponte, richiedono un impegnopluriennale di elaborazione volto aintrodurre le necessarie correzioniche assicurino la gradualità , la pro-

Area pedagogico-culturale

Per un riordino del curricolo di Stefania RiccòInsegnante

Nel quadro della Riformagenerale, la scuola ride-finisce i suoi ordinamen-ti attraverso lo studiodegli aspetti discipliari edelle modalità d’inse-gnamento, per poterdeterminare efficace-mente gli obiettivi forma-tivi da raggiungere.

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gressione e l’integrazione delle espe-rienze di apprendimento.Nel nuovo contesto dell’autonomia enella prospettiva di una riforma deicicli, si colloca la nuova progettua-lità del gruppo docente come unitàoperativa flessibile e corresponsabi-le, garante di un apprendimentosignificativo, trasversale, capace digenerare altri apprendimenti, di pro-durre atteggiamenti e disposizioni difondo e di promuovere motivazionipersonali negli alunni.L’offerta formativa proposta attraver-so la revisione del curricolo trova isuoi cardini di orientamentoall’interno del P.O.F. in una visioneampia e sistemica della scuola e deipropositi che si prefigge di attuare,dove le scelte operate riguardano lascuola tutta, assieme alle personeche le danno vita.

Nella ridefinizione del curricolo idocenti pongono al centro dell’atten-zione il concetto di competenza come insieme di conoscenze, capa-cità e atteggiamenti necessari perl’efficace svolgimento di un compi-to, che integra tre dimensioni chestanno alla base del curricolo pro-spettato: - il sapere (cosa) cioè le conoscenze

dichiarative relative ai contenuti; - il sapere (come) cioè le conoscenze

procedurali relative alle regoled’azione

- il saper fare (abilità) cioè acquisi-zioni di regole e principi operativiche consentono di ottenere risulta-ti, di risolvere problemi, di utilizza-re strumenti

- il saper essere (atteggiamenti) cioèle disposizioni individuali nei con-fronti del compito da svolgere, nelmodo di comportarsi e reagirerispetto agli eventi.

Le competenze che intendono svi-luppare nell’arco della scuola ele-mentare risultano essere: - competenze strumentali di baseri-

guardanti la padronanza dei lin-guaggi fondamentali

- competenze sociali di base riferiteal sapere relazionare positivamentecon gli altri

- competenze specifiche di un

campo disciplinare pertinenti allapadronanza della struttura concet-tuale di ciascuna disciplina

- competenze trasversali a più campidisciplinari inerenti alcune grandiaree di capacità comunicativainterpretativa risolutiva

- competenze metacognitive concer-nenti il controllo e la regolazionedei processi cognitivi da parte delbambino

La selezione degli obiettivi essenzia-li, per identificare i traguardi irrinun-ciabili da assicurare a tutti gli alunni,avviene tramite il confronto collegia-le sulla base dei criteri stabiliti di:- Significatività: obiettivi che hanno

particolare rilevanza per la forma-zione personale dell’alunno.

- Essenzialità: obiettivi che consen-tono la promozione di competenzetrasversali.

- Permanenza: obiettivi che favori-scono la permanenza e validità neltempo degli apprendimenti.

- Propedeuticità: obiettivi funzionaliallo sviluppo di competenze sem-pre più complesse e trasferibili.

- Fattibilità: obiettivi individuati suciò per cui si lavora effettivamentea livello didattico.

- Efficacia: obiettivi individuati suquelli raggiunti solitamente dallamaggioranza degli alunni.

Le proposte educative e formative,elaborate dai docenti per dare risaltoagli aspetti interrelati del curricolo,si basano sulla aggregazione diambiti disciplinari caratterizzatidalla presenza di comuni oggetti delsapere e da contributi formativi inte-ragenti. Questa scelta consente dimettere a fuoco quelle acquisizioniricorrenti e fondamentali costitutivedel sapere disciplinare, ed anchepotenzialmente trasversali e trasferi-bili. Il modello curricolare ipotizzato pre-figura un itinerario di transizione diconoscenze, abilità, competenzesempre più complesse, verso l’acqui-sizione di sistemi di padronanza inte-si come capacità di generalizzare icontenuti e i processi di apprendi-mento.In una prospettiva longitudinale di

raccordo tra gli ordini scolastici dellaformazione di base il curricolo incontinuità si dispone secondo lalogica di quattro assi formativi ,dove zone di specificità dei segmentiscolastici contigui sono tenuti insie-me da uno spazio di raccordo confunzione di passaggio e di negozia-zione pedagogica-didattica. Il curricolo in verticale si strutturasecondo gli assi formativi linguisti-co-storico-scientifico-artisticoprocedendo dai campi di esperienzadella scuola dell’infanzia, verso gliambiti predisciplinare e disciplinaredella scuola elementare, fino allediscipline della scuola media. Essoinoltre condivide le finalità educativetrasversali da perseguire e riferitealla Autonomia, alla Identità e allaCompetenza, quale coaugulo degliapprendimenti specialistici.Gli insegnanti degli ordini scolasticicontigui, nel progettare curricolidisciplinari attorno ad assi portanticomuni, dovranno conferire prioritàagli aspetti metodologici rispetto aquelli di contenuto delle discipline.Una diversa impostazione del lavoroscolastico si rende infatti necessariaper realizzare la flessibilità currico-lare funzionale alla interazione deisaperi- mediante l’individuazione di atti-vità preordinate tratte da diversediscipline, per il conseguimento diobiettivi trasversali condivisi- mediante una programmazionedidattica riguardante attività, tempi emetodi di lavoro concordati - attraverso intese circa la metodolo-gia di lavoro da seguire riguardo ilperseguimento di abilità e capacità distudio- attuando modalità di articolazione“parallela” e “modulare” di azionedidattica che vede gli alunni suddivi-si in gruppi di apprendimento, di stu-dio e di ricerca..

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Nel corso di alcune iniziative forma-tive organizzate dal nostro Istituto,abbiamo distribuito ai corsisti unquestionario - che viene riportato diseguito - allo scopo di verificarel’efficacia del nostro impegno reda-zionale e delle modalità di distribu-zione della rivista pubblicatadall’IRRSAE/ER.

Le risposte sono state 235, in mas-sima parte consegnateci dai docen-ti; seguono i capi di istituto e, inmisura ancora minore, altre figureprofessionali afferenti comunque alcampo della formazione e dellapedagogia o alla fascia d’età scola-re (un pediatra, due pedagogisti,un’educatrice di asili nido e unassessore ai servizi sociali).

Le schede pervenuteci evidenziano,soprattutto per i docenti, una diffusadifficoltà di reperire – e quindi dileggere – la nostra rivista, che viene“sistemata” in biblioteca insegnantie lì semplicemente allocata.

Essa resta a disposizione delle per-sone interessate, senza tuttavia chealcuno segnali esplicitamente undeterminato articolo, un argomentospecifico. Solo in alcuni casi (circal’8%) è il capo di istituto a conse-gnare direttamente la copia dellarivista ad un certo insegnante.Un ampio 50% dei compilatori delquestionario ignora l’invio gratuitodella rivista alle scuole della regio-ne e, conseguentemente, ne auspicauna diffusione più capillare (a tutti iplessi) o diversa (rivolta soprattuttoa certe figure professionali - quali iformatori - o a insegnanti partico-larmente interessati) o tramiteabbonamento.

Scendendo più specificamentenell’analisi strutturale della nostrapubblicazione, si evidenzia unmaggior apprezzamento delle areepedagogico-culturale e didattico-professionale, mentre le preferenzedei capi di istituto si distribuisconoquasi equamente tra le aree predet-

te, quella politico-istituzionale, lerubriche e l’informazione.Circa il 30% chiede uno spaziomaggiore per la “scuola militante”,mentre tra le tematiche generali chela rivista dovrebbe affrontare in viaprioritaria vengono proposte: • le questioni di didattica (generale

e specifica, anche in relazione adesperienze straniere e alle fasced’età prescolari): 40%;

• le sintesi di esperienze, di speri-mentazioni e di ricerche: 40%;

• le problematiche di tipo cognitivoe quelle relazionali: 12%;

• l’autonomia e la riforma del siste-ma scolastico nazionale: 11%;

• la progettualità e i progetti: 6%;• la valutazione (degli alunni, degli

insegnanti, del sistema): 6%;• la professionalità docente con i

temi della formazione edell’aggiornamento: 5%;

• informazioni e commenti allalegislazione vigente: 5%.

Redazionale

Diffusione e lettura di Innovazione EducativaEsiti di un questionario

di Maria Cristina GubelliniIRRSAE Emilia Romagna

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1. Riflessione sulla Direttiva perla storia del ’900

È noto che le Direttive ministerialin. 681 e n. 682 del 1996 sulla storiadel ’900 sono state oggetto di unampio dibattito culturale, anche alivello dei mass media, dove l’atten-zione è stata spostata in modoquasi esclusivo sul riordino dei pro-grammi e sulla scansione cronologi-ca della storia, soprattutto nellascuola secondaria di II grado, men-tre sul piano della didattica l’atten-zione è stata quasi completamentetrascurata. Del resto, non si potevapretendere che un tema così specia-listico ed impegnativo venisse trat-tato da chi della scuola recepiscesoltanto gli aspetti marginali, se nonproprio patologici.Dobbiamo riconoscere che all’inter-no della scuola italiana il dibattito èstato molto ampio e fruttuoso e nonsi può fare a meno di ricordare chein questi tre anni il Ministero haemanato alcune disposizioni conl’intento di mantenere viva l’atten-zione per la “memoria storica”. Nési può sottovalutare l’impegno chele nove commissioni provinciali,previste dalla Direttiva ministeriale,hanno profuso nella regione conmolteplici iniziative. Le reti dellescuole e i docenti tutor di storiasono ormai una realtà. In generale si

può affermare che ovunque sonostati attivati corsi di formazione,giornate di studio per i tutor e per idocenti della disciplina storica,indagini tra gli insegnanti per verifi-care fino a che punto è stata intro-dotta l’innovazione didattica.In questo contesto anche l’IRRSAEha i suoi meriti per avere assistito esupportato le iniziative di aggiorna-mento organizzate dalle scuole,anche stimolando nuove riflessionisulla didattica della storia, (com’èavvenuto il 21 marzo 2000 con il ISeminario sui problemi della ricercain didattica delle scienze sociali).Tuttavia, ancora una volta occorresottolineare che, se queste importan-ti iniziative sono utili per aver susci-tato risorse impensabili o nascostenella classe docente, non ci danno lamisura di come è cambiato l’inse-gnamento della storia rispetto al pas-sato. Non sempre l’accavallarsi diprogetti e iniziative coincide con unmiglioramento della didattica e spes-so fa emergere le scuole più innova-tive, lasciando vivere nel maremagun dell’ordinaria routine le altrescuole.L’indagine della IEA di Frascati1

ha rilevato che, se in questi anni iprogetti si sono moltiplicati, “èperò difficile quantificare l’inciden-za di queste iniziative in quantomanca un coordinamento e unmonitoraggio delle stesse”.Insostanza, al di là della quantifica-zione delle occasioni offerte perrinnovare la memoria storica deglistudenti, occorre capire se e comele stesse sono riuscite a modificaree innovare le metodologie didatti-che nell’insegnamento della storia.

2. L’indagine sulla storia del ’900

La molla che ha dato origineall’indagine presente è stata la con-statazione, dimostrata dalle numero-se indagini che si sono fatte in Italia

in tempi diversi, sia rivolte ai docen-ti, sia agli studenti, che confermanocome anche col passare degli anninon sia mutato il cattivo rapportoesistente tra i giovani e la storia:essi non la amano, non sentono sti-moli a studiarla, la ritengono noiosae difficile2. Un altro dato che l’haresa necessaria è la constatazionedello scarso numero di temi storiciscelti dagli studenti nella primaprova scritta degli esami di Stato.I dati del 1998/99, cioé dopo treanni dalla direttiva, hanno confer-mato che la scelta del tema storico,anche nelle nuove formulazioni delsaggio breve e dell’articolo di gior-nale, si è attestata intorno al 5% deltotale; vale a dire, solo circa 25.000candidati su 500.000 hanno affron-tato l’argomento storico. Ma non èsolo questione di quantità. Sebbenesi suole argomentare che la fisiono-mia dei candidati che scelgono lastoria è particolarmente significati-va, giacché si tratta di studentimotivati, politicizzati, che rivelanoun livello medio-alto di conoscenzestoriche, la qualità del prodotto sto-rico fa riflettere. Infatti, i 116 ela-borati migliori di storia esaminatidagli esperti del ministero per l’a.s.1998/99, cioé quelli che hannoavuto dalle commissioni d’esameuna valutazione di 14 o 15 quindi-cesimi, mancavano di approfondi-mento storiografico, risultavanoscadenti per “capacità di conte-stualizzazione”, al punto che nes-sun elaborato è stato valutatodegno di pubblicazione. In sostan-za, la valutazione delle commissio-ni è stata troppo indulgente, il checoinvolge in qualche misura anche idocenti rassegnati a premiare glistudenti che scelgono la storiasenza pretendere gli approfondi-menti che magari richiedono per lealtre forme di scrittura. Gli espertihanno concluso che i candidati non

Area pedagogico-culturale

Indagine sull’apprendimento dellastoria tra gli studenti dell’ultimo

anno delle scuole superiori

di Umberto ChiaramonteIspettore Tecnico M.P.I.

A tre anni dalle DirettiveMinisteriali sulla storiadel Novecento, un que-stionario si rivolge aglistudenti dell’ultimoanno di scuola superio-re per rilevare cambia-menti nell’insegnamen-to/apprendimento diquesta disciplina.

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hanno “familiarità con le specificitàdella scrittura di argomento storico;il tema storico viene svolto secondogli stessi parametri linguistici, logi-ci e argomentativi di un tema dicarattere generale”.I dati dei temi storici di quest’annoappena concluso sono aumentati. Atitolo orientativo si può riferire chenella provincia di Piacenza, adesempio, il tema storico è stato scel-to e svolto dal 17% dei candidati,mentre nella provincia di ReggioEmilia lo ha svolto l’11%.È un trendpositivo che si è verifica-to in genere in tutta Italia, ma èmolto probabile che sia stato lo stes-so argomento della shoah, su cuitanto si scrive e si discute anche daparte dei mass media, ad aver deter-minato la scelta. In ogni caso, siamoancora lontani dalle alte percentualidi altri temi, come quello di culturagenerale e di letteratura.Da questi dati poco confortanti èscaturita la volontà di monitorare lasituazione dopo tre anni dalla diretti-va promuovendo una indaginesull’insegnamento/ apprendimentodella storia del e nel ’900 nelleclassi terminali della scuola superio-re dell’Emilia Romagna. Senzaavere la pretesa della scientificitàassoluta, l’indagine si basa su uncampione che ha coinvolto settescuole superiori di sei città (Ferrara,Modena, Piacenza, Reggio Emilia,Rimini e Sassuolo *). Al questiona-rio hanno risposto 419 studenti,mentre non hanno risposto altri dueistituti di Reggio Emilia.La peculiarità di questa indagine stanell’aver voluto coinvolgere gli stu-denti e non i docenti delle scuolesecondarie di II grado per evitareuna scontata autoreferenzialità;d’altra parte, un sondaggio sull’inse-gnamento della storia rivolto agliinsegnanti avrebbe richiesto un que-stionario molto più vasto e mirato asondare la professionalità, le moti-vazioni, le competenze e le cono-

scenze. Si sarebbe corso il rischio diimpiegare un tempo maggiore o dinon trovare la desiderata collabora-zione dei docenti per i troppi impe-gni che la scuola impone agli inse-gnanti e ai capi istituto.Il questionario, inviato alle scuolenel mese di marzo 2000, compren-de 18 domande principali aperte ealtre domande che tendevano a farespecificare meglio il pensiero deglistudenti.

3. Principali problemi emersidall’indagine emiliana

Evito di esporre analiticamente irisultati dell’indagine e mi limito asintetizzare i problemi principaliche sono emersi affermando, primad’ogni altra cosa, che accanto adalcune conferme si sono avuterisposte che meritano una seriariflessione da parte di chi insegnastoria.

1. Stando alle risposte degli studenti,nelle scuole oggetto di indagine, lascansione cronologica del program-ma dell’ultimo anno è stata modifi-cata da una consistente parte didocenti, ma non da tutti. Dal 43%delle risposte si desume che il pro-gramma è iniziato dal 1861; nel14% dal 1870 e nel 12% dalla primaguerra mondiale. Restano alcuneclassi dove sembra che il program-ma abbia avuto inizio dal 1848(5%), ma anche da altre date.

2. Mi sembra importante la rispostadata dagli studenti alla domanda“Quali temi ti hanno maggiormenteinteressato?”Per il 50% risultanole guerre mondiali; per il 25% isistemi totalitari del XX secolo; peril 21% i problemi dello sviluppoindustriale, a partire da quello mon-diale (10%), europeo (7%) e nazio-nale (4%).Come si vede, nonostante il granderilievo che negli ultimi decenni si èdata alla storia sociale, gli studentipercepiscono come fondamentali

gli argomenti della storia politico-militare. Chiediamoci se questointeresse è il risultato del tempoche i docenti dedicano allo studiodi questi temi. Continua, invece, adavere poco rilievo nei giovani lastoria più recente dell’Italia repub-blicana (solo per il 6%), forse per-ché non si arriva a studiarla, o per-ché l’immagine che hanno dell’ulti-mo periodo non è tra i più edifican-ti. È interessante l’approccio “mon-dialista” dell’economia che fasuperare il vecchio schema euro-centrico.

3. Alla domanda “ In quale consi-derazione è tenuta la storia rispettoalle discipline abbinate ?”(si vole-va capire in quale posizione, se prin-cipale o secondaria, è posta daidocenti di filosofia, di italiano, dilatino e greco), le risposte sono statele seguenti: nel 50% dei casi sisostiene che la storia è ritenuta unadisciplina secondaria rispetto adaltra insegnata dallo stesso docente;nel 43% si assegna alla storia ilrango di materia principale.Lo scarto non è granché, ma èabbastanza rilevatore di un insegna-mento storico cui gli stessi inse-gnanti non danno grande risalto.Non è una novità, ma sarebbetempo di sciogliere questa contrad-dizione lavorando per arrivareanche in Italia all’autonomia asso-luta della cattedra di storia, magariin compagnia della geografia comeavviene in Francia. Finché la storiaverrà insegnata da filosofi, italiani-sti, latinisti e altro, si correrà ilrischio di vederla trattata come“ancella” di altre materie.

5. Quanto si va dicendo trova unaconferma non irrilevante dallerisposte ricevute alla domanda“Quali discipline sono state coin-volte con la storia e quali docentihanno contribuito agli approfondi-menti?”. Spesso si sostiene lanecessità di contestualizzare l’inse-

Innovazione educativa 6/2000

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(*) Si ringraziano, per la cortese collaborazione, i dirigenti scolastici, i docenti e gli studenti delle seguenti scuole: ITC “Monti” diFerrara, ISA “Venturi” di Modena, Liceo classico “Gioia” e Liceo pedagogico “Colombini” di Piacenza, ITG “Secchi” di Reggio Emilia,ITC “Valturio” di Rimini, IPSCT “Montale” di Sassuolo. La scelta è stata dettata dal criterio di rilevare scuole rappresentanti tutto il terri-torio regionale.

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gnamento/ apprendimento dellastoria e di stimolare la multidisci-plinarità. Si ritiene, a ragione o atorto, che la storia aiuti a far coglie-re meglio i riferimenti con le altrediscipline, ma nella pratica questiapprofondimenti vengono lasciatiallo stesso insegnante di storia eitaliano, di storia e filosofia, ecc..Infatti, le risposte ottenute indicanoche i collegamenti vengono effet-tuati soprattutto con queste materie:con la lingua e la letteratura italiananel 78% delle risposte; con lematerie artistico-musicali nel 18%;con le scienze umane e socialinell’11%. Le altre discipline coin-volte sono il diritto/economia nel5% delle risposte, la filosofia e lalingua straniera nel 3%.Forse sarebbe azzardato sostenereche la migliore integrazione si rea-lizza tra storia e italiano, cioé quan-do ci si trova negli istituti tecnici,professionali, magistrali e artisticidove i due insegnamenti coesistonoin un’unica cattedra; ma i datisembrano confortare questa ipotesi.

6. Il rapporto con il manuale distoria costituisce ancora un proble-ma. Il 45% degli studenti ha affer-mato che nella classe viene utiliz-zato come parziale punto di riferi-mento, mentre il 33% ha detto cheviene utilizzato come strumentoesclusivo per le spiegazioni; il 19%lo usa come libro di consultazionee il 3% non lo usa affatto. È inte-ressante notare che gli studenti giu-dicano il libro di testo in riferimen-to all’aiuto che esso può offrire loronella comprensione e nella memo-rizzazione degli avvenimenti stu-diati. In queso senso, il 42% lovaluta sufficiente, il 39% buono e il21% scadente. Nelle domande incui il testo è considerato come unaiuto per fare collegamenti eapprofondimenti, o quando è consi-derato sotto l’aspetto storiograficoe iconografico, i giudizi sono per-centualmente migliori.Nel complesso si può affermare chel’insegnamento della storia stavivendo un momento di innovazio-ne, anche se graduale. Si vanno

incrementando le iniziative cheservono ad integrare l’uso delmanuale, appunto perché è ritenutoinsufficiente dagli insegnanti. Il48% delle risposte riferisce che idocenti si servono di fotocopie; il34% riferisce che si indicano altritesti per ampliare le conoscenze; il20% integra il testo con audiovisi-vi; il 15% con la lettura di testi sto-riografici.Tuttavia, è interessante notare che itesti alternativi sono consigliatisoprattutto nell’istruzione tecnica(13%) e nell’artistica (9%) e nonnell’istruzione classica-scientifica,come potrebbe sembrare ovvio. Sequesti dati vengono letti contestual-mente a quelli ricavati dalla doman-da già analizzata “Quali disciplinesono state coinvolte con la storia equali docenti hanno contribuito agliapprofondimenti?”, dalla qualerisultava che gli approfondimentimultidisciplinari vengono effettuatiprincipalmente tra italiano e storia,si può confermare che nelle scuoledove l’insegnante di storia è un ita-lianista (cioè negli istituti tecnici,artistici e professionali, oltre che neipedagogici) vi è una migliore inte-grazione disciplinare di quantoavvenga tra filosofia e storia, o tralatino e storia.

7. Circa la lettura dei testi storio-grafici, che sta prendendo consi-stenza nella mediazione didattica, èemersa la difficoltà di leggerli espiegarli completamente in classe:il 63% ha risposto che vengonoletti e spiegati parzialmente in clas-se e continuati a casa. La percen-tuale degli insegnanti che non spie-ga i documenti storici è moltobassa (tra il 2% e il 3%).Ma gli studenti non sono convintidel tutto della loro utilità. Il 44% liritiene solo sufficientemente validiper l’approfondimento degli avve-nimenti, mentre il 37% li valutabuoni e il 5% li ritiene inutili. Lastessa percentuale si ha quando sivaluta l’utilità dei documenti inriferimento alla comprensione deifatti storici. 8. Sull’uso delle nuove tecnologie,

le risposte hanno dato esiti inaspet-tati. L’uso degli audiovisivi è valuta-to buono dal 43% degli intervistati,sufficiente dal 27% e scadente dal26%. Da ciò emerge che il loroimpiego nella lezione di storia vaincrementandosi, ma non in modocompletamente soddisfacente.Laddove si ha un apprezzamentopoco entusiasta è nelle fonti orali,dove si registra un crollo della sug-gestione di una fonte storica che daanni va prendendo piede nella scuo-la, soprattutto dell’obbligo. Il 44%degli studenti ritiene scadente lostrumento della fonte orale, il 28%lo ritiene sufficiente e solo il 15%buono. Questi dati meriterebbero unapprofondimento perché si dovrebbecapire se la fonte orale ha poco con-senso tra gli studenti delle superioriperché non la ritengono valida,oppure perché nella loro classe enella loro esperienza scolastica nonne conoscono il ruolo che può rico-prire per la memoria storica.

9. Un’altra contraddizione si ricavadalla domanda “Quale approcciometodologico preferisci?”. Certo,agli studenti non si poteva chiederedi indicare autonomamente lemetodologie più idonee per appren-dere la disciplina storica. La cosariguarda chi insegna, non chiapprende. Tenendo conto che alladomanda si potevano dare piùrisposte, sulla base di una serie diindicatori, anche in questo versantesi sono avute risposte inaspettate.Il 63% degli studenti preferisce lalezione frontale, il 19% il lavoro digruppo e il 17% la lettura di docu-menti; preferisce l’uso del laborato-rio di storia solo il 7% degli studen-ti. Cosa vuol dire questo? O che glistudenti non conoscono altramediazione didattica all’infuoridella lezione frontale, oppure prefe-riscono la vecchia lezione e la tra-dizionale spiegazione in quanto litranquillizza e li rende meno attividi una didattica alternativa.Purtroppo, del 7% che vantavaconoscenze di laboratorio di storia,alla richiesta di definire un labora-torio, quasi nessuno ha saputo

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darne una plausibile.

10. Quanto alle verifiche/interroga-zioni, gli insegnanti di storia seguo-no un andamento ormai consolida-to: l’82% sceglie ancora l’interro-gazione orale, anche se nel 62%dei casi l’affianca al test/questiona-rio scritto, o alle prove scritte argo-mentative (37%). La pratica collo-quiale durante la lezione sembrache venga praticata nel 5% delleclassi intervistate.

11. Il dato più interessante riguardail rapporto degli studenti con la sto-ria. Qui le risposte ottenute confer-mano tutte le indagini di cui dispo-niamo: la storia come disciplinainsegnata e appresa non gode digrande simpatia; gli alunni siannoiano e spesso sono demotivati.Alla domanda “Quali sono le mag-giori difficoltà incontrate nello stu-dio della storia?”, il 43% di loro harisposto di avere difficoltà a memo-rizzare (d’altra parte la maggiorparte dei docenti persiste a richiede-re episodi di memorizzazione); il42% ha difficoltà per la vastità delprogramma; il 17% non ha motiva-zione alcuna a studiarla; e moltialtri lamentano difficoltà di altranatura, ma reali.Tutto ciò viene confermato dal fattoche alla domanda “Quanto tempodedichi allo studio della storiaprima dell’interrogazione?”, lamaggior parte degli studenti dichia-ra che alla vigilia di una verificapassa ore intere sui libri di storia.Molti hanno scritto: “un pomerig-gio intero”; altri “ due giorni”; altriancora “dipende dal tipo di argo-mento”, ecc. Se disaggreghiamo lerisposte, e soprattutto se riportiamola varietà di indicazioni, troviamoinformazioni che pongono i docentidi fronte a considerazioni da nonsottovalutare e che non possonoessere classificate semplicistica-mente come “mancanza di impe-gno”. Sono soprattutto gli studenti degliistituti tecnici (pari al 56%) chedicono di studiare più di tre ore;

nell’istruzione classica-scientifica emagistrale il 77% studia anche cin-que e otto ore. Non si tratta di rispo-ste isolate, perché nel liceo classicosono molti coloro che hanno fattosapere di studiare la storia ancheper due pomeriggi interi. Nell’istru-zione artistica il 45% studia peroltre tre ore prima dell’interrogazio-ne; mentre nel professionale è il27%. Solo il 30% degli studentiprima dell’interrogazione studia piùdi un’ora e meno di due, mentre èuna minoranza del 13% quella chesi prepara studiando meno diun’ora, e ciò avviene quasi esclusi-vamente nell’istruzione professio-nale.Tralascio i commenti che si potreb-bero fare e che il tempo qui nonconsente di avviare. Le difficoltàsono certamente aumentate dallamancanza di interesse, ma anche dauna intrinseca aridità con la qualealcuni docenti presentano la disci-plina. Come attenuante non puòessere invocato il fatto che solo il3% degli studenti va a lezione pri-vata per la storia.

12. L’ultimo dato che riferiscoriguarda l’item “Elenca qualcheavvenimento contemporaneo (da tevissuto o visto) che, a tuo parere,troverà spazio, o che merita di tro-vare spazio, nei futuri libri ditesto”. La domanda aveva lo scopodi capire come i giovani di oggivivono e percepiscono il presente ecome lo proiettano nel futuro, tenu-to conto che molti sondaggi confer-mano che i giovani non conosconoil passato, non si pongono nel futu-ro e non storicizzano il presente.Anche questa richiesta ha dato esitinon del tutto prevedibili.Riallacciandoci alla domanda nellaquale si chiedeva di elencare gliargomenti storici che hanno riscos-so maggiore interesse, e ricordandoche la metà degli studenti avevasegnalato “le guerre mondiali”, larisposta a quest’ultimo quesitorivela che i giovani attribuisconouna grande valenza alla storia poli-tico-militare -diplomatica com’è la

guerra. Il 49% ritiene che sarannoriportate e studiate dai loro futuricoetanei le guerre di qualsiasiparte del mondo, ma soprattuttoquelle più vicine, dei Balcani, dellaCecenia ecc.Il 7% ritiene meritevole di citazionenei manuali la realizzazionedell’Euro e dell’Europa unita. Dasegnalare il 3% delle risposte cheindica la vittoria elettorale di Haiderin Austria, quasi certamente dietrol’onda del dibattito che si svolgevasui mass media a cavallo della com-pilazione del questionario.Meraviglia che quella vittoria elet-torale, fatto interno ad uno statodella Comunità Europea, sia statorecepito più dell’immigrazione dalterzo mondo, più della politica ita-liana (corruzione e tangentopoli), epiù ancora del “muro di Berlino” edelle scoperte scientifiche. Le risposte confermano che la sto-ria sociale e la storia “settoriale”(dell’agricoltura, dell’industria,della cultura, della mentalità, delladonna ecc.) per gli studenti nonhanno quel rilievo che la più avve-duta ricerca storica oggi cerca diaccreditare. Ciò conferma un datoormai noto, e cioé che tra ricerca einsegnamento della storia esisteancora un largo fossato; confermache molti docenti danno ancoramaggior rilievo alla storia politico-diplomatico-militare di quanto cene sia bisogno per formare lecoscienze dei nostri alunni e deifuturi cittadini. E vuole anche direche l’introduzione di nuovi temi daparte degli autori e degli editorinon trova preparati tutti gli inse-gnanti.

1 Cfr. Educazione civica e scuola. Laseconda indagine IEA sull’educazione civi-ca: studio di caso nazionale”,a cura diBruno Losito, Milano, F.Angeli, 1999.2 Cfr. quella del LANDIS di Bologna,Interpreti del loro tempo. Ragazzi e ragazzetra scena quotidiana e rappresentazionedella storia”, a cura di Nadia Baiesi e EldaGuerra, Bologna, Heuresis Scienze sociali,1997.

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Il seminario di Fiuggi1 ha offertol’occasione, ai docenti di linguestraniere, di incontrarsi e di riflet-tere sul processodi insegnamen-to/apprendimento delle lingue inItalia ed in Europa. Una settimanamolto intensa di relazioni, gruppidi studio, dibattiti e scambi d’espe-rienze. Il carattere residenziale delseminario ha contribuito a creareun clima di grande partecipazionee condivisione tra tutti gli attoricoinvolti favorendo lo svolgimentodei lavori, attraverso un confrontofortemente professionale e coope-rativo. Hanno partecipato al semi-nario docenti provenienti da ogniparte d’Italia, esperti europei editaliani di problematiche psicolin-guistiche e glottodidattiche, ispet-tori tecnici della DirezioneGenerale dell’Istruzione e ilGruppo di CoordinamentoNazionale del Progetto Lingue2000.Da questo scenario sono emersialcuni percorsi innovativi su cuidobbiamo interrogarci.

Tracciamo una mappanel mare

Non si intendono suggerire ricetteo indicazioni prestabilite ugualiper tutti, ma si vogliono prenderein considerazione alcune proble-matiche attuali e suggerire delle

possibili linee di navigazione in unambiente culturale in continuaevoluzione. Il cambiamento in attoinveste profondamente bambini,docenti, formatori, risorse didatti-che, territorio e in particolaremodo trova terreno fertile nelcampo delle lingue straniere. Dasempre, infatti, i docenti di lingueper la loro specificità nell’era dellacomunicazione sono impegnatinella individuazione di nuovemetodologie e nella messa incampo di nuove opportunità didat-tiche. Di conseguenza, come ognibuon navigatore che si rispetti habisogno di coordinate per orientar-si e stabilire una rotta che lo con-duca alla sua meta, così noi docen-ti dobbiamo chiederci: - Che cosa cambia e perché? - Che cosa dovrebbe includere il

curriculo? - Quali aspettative? - Com’è influenzato l’apprendi-

mento in una società multimedia-le?

- Chi e cosa valuta? - Quale tipo di bambino abbiamo

di fronte? Sappiamo che il bambino imparautilizzando diversi canali ma sap-piamo anche che oggi il cosiddettobambino tecnologicoaffianca vec-chi e nuovi bisogni formativi a cuisiamo impegnati a dare una rispo-sta. La comunicazione è semprepiù legata ad una gamma integratadi bisogni sociali, culturali e multi-culturali. Lo studio dell’apprendi-mento, influenzato da circostanzeambientali e da aspetti motivazio-nali ed affettivi, si delinea pertantocome il risultato di un processointerattivo, creativo e dinamicoall’interno di contesti che com-prendono anche la lingua stranieracome una degli elementi dello svi-luppo cognitivo. Contesti che perattivare l’interazione comunicativadevono:

• facilitare l’instaurarsi di quei pro-cessi che sono alla basedell’apprendimento linguistico;

• mettere in moto il gioco dellacomunicazione nelle sue diverseforme, funzioni, attività;

• offrire una gamma di opportunitàricche e differenziate per l’acqui-sizione di specifiche abilità ecompetenze;

• promuovere l’avvio di atteggia-menti e strategie di apprendi-mento.

Strumenti di navigazione

Alla luce di queste riflessioni, lecoordinate per orientarci ci vengo-no offerte dalle indicazione conte-nute in due pubblicazioni di gran-de importanza: il Framework2(Consiglio d’Europa, Strasburgo,1996) e il Portfolio linguisticoeuropeo(Consiglio d’Europa,Strasburgo, 1997). Per quantoriguarda il nostro Paese, le indica-zioni emerse hanno condotto allanascita del Progetto Lingue 2000destinato agli studenti dalla scuolamaterna alla secondaria di secondogrado.

Quali innovazioni?

Da parte del Consiglio d’Europaabbiamo una forte spinta allarazionalizzazione dei percorsi diapprendimento delle lingue; con ilFramework finalmente sappiamodove andare. In esso vengono for-niti chiari suggerimenti per defini-re descrittori e livelli di competen-ze linguistiche (per la scuola ele-mentare si fa riferimento al livelloA1). La trasparenza delle compe-tenze declinate ci conduce ad unariorganizzazione del curriculo nonin base al programma ma alle com-petenze omogenee. Ripensare ilcurriculum di LS in continuità,significa privilegiare il processo

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Appunti di viaggio nel mare in tempesta delle lingue

di Vittoria MazzoliInsegnante

Nel processo di appren-dimento – che è interatti-vo, creativo e dinamico –l’insegnamento della lin-gua straniera con le suespecificità epistemologi-che, metodologiche edidattiche rappresentauno degli elementi fon-danti dello sviluppocognitivo.

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non il prodotto, in modo che ilbambino attraverso la consapevo-lezza dei suoi progressi, traggaun’esperienza positiva dal suo per-corso scolastico. Il risultato di que-sta esperienza non viene definito apriori ma va costruito in itinere(Open Curriculum) e ciò contribui-rebbe a creare un curricolo in ver-ticale che impedirebbe una ripeti-zione di contenuti nelle scuole suc-cessive di grado. Viene introdottal’organizzazione didattica modula-re intesa come gruppi di apprendi-mento (moduli) brevi e flessibiliche comportano la gestione dellascuola in classi aperte in relazioneagli effettivi bisogni formativi delsingolo allievo. In vista di una effi-cace autogestione del processo diapprendimento, un ruolo moltoimportante è affidato alle nuoverisorse tecnologiche, laboratori,TV satellitare, personal computer,internet, ecc., viste sia come stru-menti di comunicazione e di ricer-ca che come supporto ad uno stu-dio individuale ed autonomo.Il Portfolio nasce per comprovare iprogressi raggiunti nell’apprendi-mento delle lingue da parte deldiscente. La sua cornice di riferi-mento è il Quadro ComuneEuropeo e recepisce il concetto diapproccio comunicativo della lin-gua da cui nasce il Livello Soglia,presente in tutte le lingue, che rap-presenta il bagaglio minimo neces-sario da conoscere per poter intera-gire in un ambiente straniero indiverse situazioni. È un documentocomunitario ed è anche uno stru-mento personale poiché ogni pos-sessore ha il suo portfolio in linguamadre che lo accompagna durantetutto il suo percorso, registrandosia la competenza linguistica chele esperienze interculturali (lafamiglia, gli amici, preferenze cul-turali, gusti, viaggi e scambi con osenza la famiglia). È fondamentalesottolineare che il Portfolio noncertifica il risultato, ma investe ildiscorso sull’autovalutazione delpercorso dei discenti, promuoven-do la progressione dell’apprendi-

mento delle lingue, e focalizzal’attenzione sul “saper fare” piùche sul sapere disciplinare. Ha per-tanto una duplice funzione: peda-gogica ed informativa (presenta-zione dell’alunno). Le sue finalitàriguardano la cosiddetta “mobilitàeducativa”, lo sviluppo della capa-cità di apprendere ad apprendere(learning to learn), il rinforzo e lacrescita della motivazione adapprendere.

Terra in vista

Come cambia il profilo dell’inse-gnante in quest’ottica? Quale ruolodeve avere il formatore?Per rispondere alla prima domandail docente, oltre alla competenzalinguistica, dovrebbe costruirsi unapropria autoformazione continuain aggiunta a quella proposta daicentri e dagli enti riconosciuti. Èstata anche formulata l’ipotesi diun Portfolio per l’insegnante, chedocumenti competenza linguistica,metodologica, workshop all’esteroe specifiche attività di progettazio-ne. Per quanto riguarda la seconda,il formatore dovrebbe avere la fun-zione di “facilitatore” nei confrontidelle innovazioni. Deve essere in

grado di mostrare le potenzialità ela diversificazione delle propostemetodologiche. Non esistono inogni modo risposte predetermina-te, ma percorsi individuali da adat-tare di volta in volta alle situazioni,nel rispetto delle singole esperien-ze e dei bisogni formativi di ognu-no.

1 19-27 giugno 2000 per i Nuovi Formatoridi Lingue Straniere nell’ambito delProgetto Lingue 2000, destinato ai docentidella scuola materna ed elementare.2 Quadro Comune europeo di riferimento.Lingue moderne: apprendimento, insegna-mento, valutazione.La versione, in inglese e francese delFramework, è disponibile su internet al sitodel Consiglio d’Europa:http://culture.coe.fr/lang, mentre ilPortfolio, nella versione in inglese, france-se e tedesco, è disponibile al sito:http://www.unifr.ch/ids/portfolioI descrittori del Quadro di riferimento e ilPortfolio sono nati per adulti e pertantodevono essere adattati alla fascia d’età deidiscenti e al contesto del singolo paese. Inseguito si sono sviluppate le sperimentazio-ni per i ragazzi: si veda, a questo proposito,la sperimentazione realizzata dalProvveditorato di Torino, in collaborazionecon l’Ambasciata di Francia (PortfolioPetillon).

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VALUTAZIONE - AUTOVALUTAZIONEA cura di P. Senni e A. Bonora

Ed. TEMI, Rastignano BO - IRRSAE ER (In corso di stampa)

Il comma 9 art. 21 L.57/97 e disposizioni successive hanno introdotto nella scuolail principio della rendicontazione e del miglioramento della qualità del servizio.È altrettanto noto e condiviso che il processo di innalzamento della qualità nonpuò prescindere da procedure, strumenti e mentalità di autovalutazione.L’IRRSAE ER, seguendo una tradizione di studio sulla valutazione giunge aquesto appuntamento con un volume nelquale si cerca di offrire un contributooperativo a quelle scuole, che desiderino approntare progetti di autovalutazione.Nella prima parte Per una nuova cultura della valutazione, alcuni esperti(Guasti, Antonelli, Rabitti, Magistrali) illustrano lo scenario anche internaziona-le fatto di: sistema delle valutazioni, accreditamento, certificazione, crediti,portfolii e archivi docimologici.Nella seconda Dieci scuole raccontano, vengono presentate altrettante esperienzedi istituti che hanno iniziato percorsi di autovalutazione. Sulla spinta delle primeapplicazioni della Carta dei servizi e del questionario indicato come strumento pri-vilegiato, le scuole hanno elaborato strumenti, procedure e approcci nuovi. Nella terza parte Dal dire al farele esperienze di autovalutazione vengono ana-lizzate utilizzando indicatori di processo da cui sono ricavati alcuni modelli elinee guida, che nel libro vengono riportati.Il libro, che unisce lo studio specialistico all’esperienza viva e vera delle scuole,intende così offrire prospettive fattibili e ancoraggi concreti.

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C’era una volta il diario: grigio,anonimo, buono per tutti gli annie con il giorno della settimana dasegnare, come fatica aggiuntiva aquella già improba di trascriverela marea quotidiana di compiti elezioni da studiare.

Poi – si era negli anni Sessanta –arrivò il mitico diario Vitt, unacostola colorata del “Vittorioso”,indimenticato giornalino per iragazzi, con le vignette di BenitoJacovitti e i testi nientepopodime-no che di Indro Montanelli.

Da allora in poi, il diario, semprepiù bello, colorato, illustrato,scritto, divenne uno dei… libripiù letti ogni anno dagli studenti,quasi un compagno di banco fida-to, un prezioso vademecum sulquale segnare, oltre ai compiti eagli impegni, le proprie riflessio-ni, i sogni, le speranze e sul qualeincollare figurine, fotografie,bigliettini d’amore e chi più ne hapiù ne metta, come ben sannotutti gli insegnanti.

Nell’era di Internet, poteva il dia-rio scolastico rimanere uguale ase stesso? Ecco una tipica

domanda retorica, visto che larisposta è: no.

Anche il buon vecchio diario èandato in rete o, per meglio dire,c’è un diario per bambine e bam-bini che ha realizzato un sitointernet sul quale gli studenti pos-sono navigare nel mondo dei per-sonaggi del diario stesso, intera-gendo con gli autori dei testi e deidisegni e mettendosi in comuni-cazione con altri studenti.

Stiamo parlando di “Birba &Sofia” e del suo sito, all’indiriz-zo: www.birbaesofia.com, unnuovo diario che risulta di note-vole interesse sul piano formativoin quanto, oltre alla gradevolezzadella grafica e alla originalità delprogetto editoriale, offre alcuneoccasioni di riflessione sul pianoeducativo, culturale e cognitivo.Vediamole in sintesi.

Intanto l’impostazione interattiva:bambine e bambine sono invitatia dialogare con Birba & Sofia(una ragazzina terribile e il suocane saggio) diventando collabo-ratori con disegni, testi, soluzionidi giochi da inviare per posta allaredazione o per e-mail al sitoInternet. Questa impostazionepartecipativa fornisce spunti diricerca nel campo linguistico,grafico, artistico, che sono poisostenuti dalle rubriche settima-nali che compaiono nel corsodell’anno scolastico: una è dedi-cata alla letteratura per ragazzi,con la proposta di numerosi testifra i più recenti, curiosi e diver-tenti, dei quali il diario presentaun invito alla lettura e alcune illu-

strazioni originali; la secondacontiene un vero e proprio mini-corso elementare di lingua ingle-se a fumetti, con situazioni comu-nicative interpretate dai personag-gi del diario; la terza racconta levicende di alcuni grandi classiciper la gioventù (libri, film, perso-naggi) con un tocco di ironia e unpizzico di follia.

Inoltre, sul sito Internet, compareuna rubrica particolarmente inte-ressante, che si chiama “La tuastoria su misura”. Chi naviga sulsito può compilare una scheda,fornendo una serie di criteri distesura (genere, epoca, caratteredei vari personaggi, abitudini,modi di dire ecc.), in base ai qualila redazione di birbaesofia.comstenderà un breve racconto e loinvierà per e-mail all’ideatore,che – a sua volta – potrà modifi-care, correggere, aggiungere e“pubblicare” il risultato finale sulsito stesso.

In pratica si offre ai piccoli navi-gatori l’accesso a una strutturagenerativa per la produzione ditesti narrativi assai utile perl’incremento delle capacità lin-guistiche, senza abbandonare ilcarattere ludico della navigazioneinterattiva.

Non c’è che dire, il vecchio diarione ha fatto di strada!

Quasi quasi ci colleghiamo purenoi, anche per vedere se – nelfrattempo – qualcuno ha “inven-tato” una struttura generativa perla produzione di professionalitàdocente…

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Il diario in retedi Maria FamigliettiIRRSAE Emilia Romagna

Le recenti innovazionitecnologiche e la fanta-sia di un editore hannopermesso al “vecchio”diario di trasformarsi inuno strumento nuovo,diventando vera e pro-pria occasione di forma-zione, interazione ecreatività anche per glistudenti più giovani.

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Che cosa sono i numeri naturali?Che cosa possiamo fare con loro?I numeri non sono unità concrete,sono i simboli che li rappresenta-no. Dall’antichità fino al XVIIIsecolo, da Euclide a Eulero, si èritenuto che il numero fosseespressione della relazione tra duequantità; dalla metà del XIX seco-lo all’inizio del XX nascono mol-teplici definizioni.Per i matematici della scuola delpensiero logico - come Cantor,Frege, Russell - il numero naturaleè del tutto un numero cardinale;Hilbert, più che sulla natura delnumero, si focalizza su ciò che puòessere fatto con i numeri: calcolo,aritmetica e algebra; per Cassirer ilnumero è il risultato della conta. In questa molteplicità e problema-ticità di posizioni teoriche, le ricer-che empiriche di Piaget sonoinnovative. Inizia la ricerca dicome nascono e si sviluppano iconcetti matematici.Successivamente a Piaget si sonoaffermati dei modelli che - pur par-tendo da posizioni teoriche diver-se quali il razionalismo (Gelman eGallistel) e l’empirismo (Fuson) -prendono in considerazione il con-teggio come base di sviluppo delconcetto di numero.

Il modello di Karen C. Fuson

Secondo la ricercatrice il bambino

viene ben presto in contatto con lemodalità di uso del numero: lasequenza numerica, il conteggio, ilnumero con significato cardinale,ordinale, di misura, il numero lin-guistico o come etichetta, il nume-ro come simbolo (il numero scrittoin caratteri romani o arabi) e, in unprocesso che va dai 2 agli 8-9 anni,costruisce il concetto di numero.Tappe salienti del processo sonol’acquisizione della sequenza cor-retta senza errori di conteggio e lacomprensione che il numero datoin risposta alla domanda. “Quantisono?” indica la totalità, la cardi-nalità. Dapprima il bambino forni-sce la risposta come regola di con-teggio, ha compreso che deverispondere con l’ultimo numeralepronunciato alla domanda; questoavviene già in età prescolare,quando il bambino risponde anchese la sequenza dei numeri è scor-retta o commette errori nel contare. Gli errori di conteggio più fre-quenti sono: non contare l’oggettosaltandolo, contarlo più volte, indi-care ma non contare.L’abilità di passare dal conteggioalla cardinalità precede l’abilitàinversa: dalla cardinalità procede-re al contare ( rispondere contandoalla richiesta di dare n oggetti). Alcuni bambini, già in età prescola-re, utilizzando spontaneamente ilconteggio o sollecitati, sono ingrado di controllare la dipendenzapercettiva, che fa affermare che lalunghezza indica un numero mag-giore, nella classica prova piagetia-na delle due file della stessa quantitàdi oggetti, ma in una più spaziati.

Esperienze numeriche nellascuola dell’infanzia

I matematici Bruno D’Amore eMaria Bartolini Bussi concordanosul fatto che le esperienze matema-tiche nella scuola dell’infanziariguardano le modalità di uso del

numero. Ne citiamo alcune:dall’apprendimento della sequenzanumerica con filastrocche, conte,esercizi motori alla compilazionedel calendario dei bambini presen-ti o del tempo meteorologico.Il bambino incontra il numerocome misura nel considerare neglianni, il proprio cambiamento dipeso o di altezza. L’ambiente offrediversi strumenti di misurazioneda esplorare: la bilancia elettronica,da cucina, pesa-persone, la bilanciadi precisione dell’orafo, il metrodel muratore, del commerciante distoffa, l’orologio digitale, la sve-glia, la clessidra, la meridiana …Il bambino ben presto si rendeconto che i numeri hanno un valo-re linguistico o di etichetta quandosi riferisce al numero di casa, ditarga dell’auto …La simbolizzazione scritta passaattraverso diverse fasi: da una rap-presentazione senza riferimentoalla quantità (potremmo definirlascarabocchio), a tentativi, più omeno corretti, di corrispondenzabiunivoca tra oggetti e immagine,all’uso corretto, in alcuni piccoli,del simbolo stesso. Una volta acquisiti in modo ludicola sequenza e il conteggio correttientro il 10 (dalle nostre esperienzecon bambini di diversa classesociale tale padronanza è presentea 5 anni) sono possibili, sempre informa giocosa, semplici quesiti diaddizione e sottrazione (es.: elimi-nare da un disegno i piatti deibambini assenti).Per maggiori dettagli si veda loschema riassuntivo.

Evoluzione delle conoscenzenumeriche

I bambini prescolari americani,osservati da K.C. Fuson, cheapprendono a contare presentanouna sequenza scorretta caratteriz-zata da una prima parte di numeri

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Competenze numeriche nel bambino prescolare

di Laura LonghiIRRSAE Emilia Romagna

La costruzione del con-cetto di numero è l’esitodi un processo cognitivoassai articolato e com-plesso, al quale è oppor-tuno prestare attenzionefin dalla scuoladell’infanzia con specifi-che esercitazioni edesperienze graduate.

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corretti e stabili, una parte di nume-ri scorretti, ma stabili, una partescorretta e instabile di numeri.I bambini prescolari italiani diclasse lavoratrice e media osservatipresentano, in conteggi fino alnumero 10, inizialmente sequenzearbitrarie in cui compaiono spessonumeri familiari ripetuti frequente-mente, ma non in forma stabile(talvolta a 3 anni compaiono inomi dei colori), passano poi asequenze miste in cui a sequenzescorrette, non stabili, alternanosequenze corrette (almeno 3 entroil dieci dopo il numero quattro, iprimi numeri essendo spesso usatinon vengono considerati per quali-ficare la sequenza), infine a 5 annila sequenza convenzionale èpadroneggiata.Per chiarificare vengono presentatialcuni esempi:

Sequenza arbitraria

Alex, 3 anni 6 mesi1 oggetto: blu2 oggetti: indica senza pronunciare

un numero, blu3 oggetti: 1, 2, 44 oggetti: 1, 2, 2, 25 oggetti: 1, 2, salta l’oggetto, 2, 26 oggetti: 2, salta l’oggetto, 2, 2,

salta l’oggetto, 27 oggetti: 1, 2, 2, 2, salta l’oggetto, 2, 2 8 oggetti: 1, 2, salta l’oggetto, 2, salta

l’oggetto, 2, indica senza pronun-ciare un numero, 2

9 oggetti: 2, salta 4 oggetti, indicasenza pronunciare un numero 2oggetti, 2

10 oggetti: 2, salta l’oggetto, 4, saltal’oggetto, 2, salta l’oggetto, 4, 9,40, giallo

Sequenza mista

Antonina 3 anni 2 mesi1 oggetto:12 oggetti: 1, 33 oggetti: 1, 2, 34 oggetti: 1, 2, 3, 45 oggetti: 1, 2, 3, 4, 56 oggetti: 1, 2, 3, 4, 5, 67 oggetti: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 (pro-

segue il conteggio) 8 oggetti: 1, 2, 4, salta l’oggetto, 5, 6, 7, 89 oggetti: 1, 2, 3, salta l’oggetto, 4,

salta 2 oggetti, 5, 610 oggetti: 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 14

La risposta “ultimo numerale” alladomanda “Quanti sono?” è l’avvioalla comprensione della cardina-lità, il bambino si impegna, findalla più tenera età, a rispondereanche se non conosce la sequenzacorretta dei numeri e conta inmodo errato.I tentativi di risposta dei bambiniamericani sono: ricontare senzadare la risposta ultimo numerale,dire un numero ma non l’ultimodel conteggio, pronunciare unasequenza di numerali, non rispon-dere o affermare di non saperlo,altro (mostrare la mano, dire diaverlo già fatto). I bambini italianipresentano, oltre le risposte scor-rette dei piccoli americani, leseguenti modalità: dire un aggetti-vo quantificativo (tanti, pochi),dare diverse risposte a volte tuttescorrette a volte con la rispostaadeguata (es.: indicare gli oggetti/ricontare dando la risposta ultimonumerale oppure ricontare senzadare la risposta ultimo numerale/rispondere con l’ultimo numerale).

Alle soglie della scuola elementarei bambini italiani, come quelliamericani, padroneggiano la rispo-sta corretta.

Bibliografia• M. Bartolini Bussi, Esperienze di

matematica nella scuola dell’infan-zia: verso il concetto di numero,Rapporto tecnico n.9, Comune diModena, 1985.

• J. Bideaud, C. Meljac, J.P. Fischer,Pathways to number, Hillsdale,Lawrence Erlbaum AssociatesPublishers, 1992.

• M.L. Caldelli, B. D’Amore, La mate-matica dalla scuola dell’infanzia allascuola elementare, Firenze, LaNuova Italia, 1987.

• B. D’Amore B., P. Oliva, Numeri,Milano, F. Angeli, 1994.

• K.C. Fuson, Children’s counting andconcept of number, New York,Springer-Verlag, 1988.

• O. Liverta Sempio, Il bambino e lacostruzione del numero, Roma, LaNuova Italia Scientifica, 1997.

• J. Piaget, A. Szeminska, La genesidel numero nel bambino, Firenze, LaNuova Italia, 1968.

Area pedagogico-culturale

30

UNITÀ DIDATTICHE

Il numero comeconcetto

- La sequenza nume-rica

- Il numero cardinale- Il numero ordinale- Il numero come

misura di:- Lunghezza- Capacità- Peso - Temperatura - Tempo (orologio)

- Il numero linguistico(numero etichetta)

Il numerocome simbolo

- Simbolizzazionedella quantità (isto-grammi, grafici)

- Scrittura di simbolinumerici

- Invenzione e crea-zione di facili pro-blemi

COLLEGAMENTITRA CAMPI DIESPERIENZA

MATERIALE DAACQUISTARE

VISITE GUIDATE

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La sperimentazione dell’autonomia ieri e lasua vita oggi portano alla ribalta il temadell’autovalutazione, non più consideratauna forma di controllo, anche se mitigato emeno “temuto” della valutazione esterna,ma visto come risorsa per la vita degli istitu-ti.Si ritiene infatti che non sia solo il dettatodel comma 9 dell’articolo 21 della legge59/1997 - in cui il processo di rinnovamentonel segno dell’autonomia (maggior libertà emaggiori mezzi) viene siglato col doveredella rendicontazione - a spingere gli istitutia cercare strumenti, iniziare percorsi,costruire progetti in tema di autovalutazio-ne. Il bisogno di autovalutazione pare avereradici più profonde e più intrinsecheall’organismo-istituto, che sempre più si vascoprendo come un’entità culturale e perso-nale.Gli addetti ai lavori nel campo della ricercaeducativa sanno che non si tratta di unargomento nuovo. In assenza di valutazioneesterna o di standard di riferimento le orga-nizzazioni complesse trovano nell’autovalu-tazione uno strumento di autoregolazione,correzione, rimessa in linea. Ma conl’avvento dell’autonomia, come sopra siaccennava, pare essere iniziata una nuovaera per l’autovalutazione.1

Nell’anno in corso, in precedenti articoli diquesta rivista sono state offerte alcuneriflessioni (che si innestano su un filone diricerca IRRSAE ER sulla valutazione2), chehanno cercato di comprendere il carattere dirisorsa intrinseca del processo autovalutati-vo.Nel presentare una possibile dinamica pro-cedurale dei gruppi di miglioramentoall’interno di un istituto scolastico si osser-vava: “Non sempre chi opera in un contestoorganizzato riesce a cogliere gli scarti o idifetti cronici per i quali sarebbe necessarioun intervento di rottura e di ricostruzione diuna nuova normalità.”3 Quanto qui affer-mato pare corrispondere anche all’assuntodi senso comune secondo il quale l’abitudi-ne e il vivere routinario possono rendereproprio i protagonisti delle situazioni se nonciechi, miopi. D’altra parte la buona lettera-tura sull’innovazione in campo educativonon ha messo in luce le trappole, i biais, cheinesorabilmente intervengono a renderemeno lucida l’analisi soggettiva.4In un altro articolo, dopo la presentazionedegli estremi di un progetto condotto condirigenti di istituti comprensivi e scuolemedie della regione alla ricerca di percorsidi fattibilità per l’autovalutazione, se necondensano i risultati. Ai fini di offrire allescuole prime considerazioni sui requisiti delfare autovalutazione, si cerca di sintetizzarealcune possibili cause della maturazione daparte degli istituti scolastici verso il “biso-gno di autovalutazione” e, quindi, alcunimodelli di riferimento. Fra le possibili causedella maturazione del bisogno di autovalu-tazione da parte degli istituti scolastici siindividuano “il bisogno di migliorare”, lamessa a fuoco “del cosa e del come osserva-re” del processo di erogazione del servizio

AUTOVALUTAZIONE:opportunità e vincoli

Autovalutazione: norma o risorsa?Una mappa di riferimento

di Paolo Sennie Claudia Vescini

IRRSAE Emilia Romagna

Il processo di autovalutazione – allaluce delle nuove sollecitazioni e delleopportunità offerte dall’eserciziodell’autonomia – pare rispondere più aintrinseche necessità dell’istituzionescolastica, che a meri adempimentiburocratico-amministrativi.

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scolastico intesi come: progetto, processo,prodotto e competenze professionali e lascoperta della funzionalità dell’autovaluta-zione al buon funzionamento dei processi inatto. Prima della presentazione dei quattromodelli offerti dalla ricerca, nell’articolo, cisi sofferma ad illustrare il modello attual-mente più diffuso nelle scuole, che vienedefinito “valutazione spontanea e intuitivapermanente” che, dal punto di vista dellepossibili evoluzioni della personalità degliistituti, viene indicato come “transitorio”. Iquattro modelli di riferimento illustratisono: “la valutazione di sistema e l’autoaan-lisi di istituto”, “il sistema degli indicatoriOCSE”, “la valutazione qualitativa” e “isistemi qualità ISO 9000”. 5

In un terzo articolo gli autori tentano discandagliare i presupposti esistenziali e filo-sofici dell’autovalutazione, sottolineandodell’operazione non tanto il tecnicismo,quanto il valore di senso: “Si può tentare didelineare un intreccio tra ermeneutica eautovalutazione, dato che l’autovalutazionepuò essere intesa come attività volta a daresostanza e spessore a esperienze di interpre-tazione dell’agire pedagogico, di compren-sione degli eventi educativi, di riflessionecritica attorno ad aspetti nodali dell’offertaformativa di un sistema scolastico.” Gliautori hanno anche cercato di tracciare unalinea di difesa dell’autovalutazione dallecritiche di perdita di personalità delle singo-le istituzioni e dalle accuse di cedimento a“derive burocratiche” sempre in agguato:“[...] l’indagine attorno a campi di proble-maticità, realizzata con strumenti non stan-dardizzati, ma contestualizzati, rispondentialle caratteristiche strutturali ed organizzati-ve delle varie istituzioni scolastiche, com-porta una conoscenza maggiore del campostesso e consente l’individuazione di possi-bilità di sviluppo, di ulteriori percorsi edu-cativi ed interventi formativi da progettareentro quel campo da cui si è partiti e alquale si ritorna portando con sè quell’oriz-

zonte terzo, cioè quella maggior ampiezza diprospettive, risultato intersoggettivo dellanegoziazione e degli accordi tra soggetti.” 6

Il presente contributo, dopo aver richiama-to alcuni spunti introduttivi già offerti,desidera riprendere il tema dell’autovaluta-zione, sempre con l’intenzione di offrireagli istituti scolastici occasioni di confrontoe documentazione, presentando dapprimauna proposta di mappa di riferimento, inseguito degli approfondimenti per parolechiave.Se secondo il dizionario della lingua italia-na Devoto-Oli le azioni utilizzatrici di unamappa sono “il percorrere allo scopo dieffettuare una diretta e attenta ricognizione,il perlustrare con grande attenzione a scopodi indagine e di ricerca, lo scrutare e l’esa-minare in profondità”, una mappa, in que-sto caso, potrebbe essere una rappresenta-zione concettuale e simbolica dell’autovalu-tazione con possibilità di percorsi, esplora-zioni ed indicazioni per orientarsi. Potrebbeessere una proposta a compiere un viaggiopedagogico, una narrazione condensata dinuclei di significato, una rete nella quale inodi sono occasioni di riflessione, perchècocettualmente pregnanti, le linee che liuniscono relazioni privilegiate. L’intreccioche si potrebbe generare invita il viaggiato-re a compiere delle scelte, ad assumeredecisioni circa le strade da percorrere.I riferimenti dell’autovalutazione, prove-nienti dalla ricerca e dall’esperienza, dainserire nella mappa sono raggruppati,dall’astratto al concreto o dal generale alparticolare, in quattro ambiti, che nasconoda una riflessione che tenta di mediare irisultati della ricerca con il bisogno di fatti-bilità degli istituti scolastici. Tali ambitisono: gli approcci metodologici di fondo, lerisorse culturali e teoriche, le procedure e lestrumentazioni tecniche e gli oggetti diindagine. In ognuno dei quattro ambiti ana-logamente si posizionano gli elementi cheprovengono sia dalla letteratura e dalla

AUTOVALUTAZIONE: opportunità e vincoli

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ricerca ufficiale sia da quella empirica degliistituti scolastici.

1 Questo primo intervento e gli altri che seguirannodesiderano porsi in equilibrio fra una continuità diricerca anche IRRSAE ER e la domanda crescente digeneralizzazione dei risultati e dei prodotti di questosettore della ricerca valutativa, che per molti sononuovi e poco noti.

2 Da tempo l’IRSAE ER coltiva ricerche nel campoanche della valutazione. Ne fanno fede le seguentipubblicazioni: Giovannini, M. L. (a cura di), La valuta-zione delle innovazioni nella scuola , IRRSAE ER,Cappelli Editore, Bologna, 1988; Ansaloni, D. (a curadi), Gli indicatori di qualità nei sistemi educativi ,IRRSAE ER, Cappelli Editore, Bologna, 1990; Senni,P. (a cura di), Il Tempo Prolungato in Emilia Romagna,Irrsae Er, Clueb, Bologna, 1992; Rabitti, G., Alla sco-perta della dimensione perduta - L’etnografia dell’educa-zione in una scuola dell’infanzia di Reggio Emilia, Clueb,Bologna, 1994; Rabitti, G. (a cura di), Valutazione

dell’area di progetto per l’educazione ambientale, IRRSAEER, M.P.I., Lega Ambiente, Bologna, 1995; Cervellati,M., Rabitti, G., Valutare per … caso, IRRSAE ER,Bologna, 1998; Bonora, A., Senni. P., Autonomia flessi-bilità scelta del curricolo, IRRSAE ER, Cappelli Editore,Bologna, 1998.3 A. Luisi, Agire per il miglioramento,, in “Innovazioneeducativa”, IRRSAE ER, n. 3. 1999, pag. 3.

4 Huberman, M., Valutare per illudersi? Prospettive elimiti della valutazione “adattiva/interattiva” delle inno-vazioni scolastiche, in Giovannini, M. L. (a cura di), Lavalutazione delle innovazioni nelle scuola, IRRSAE ER,Cappelli Editore, Bologna, 1988.

5 G. C. Sacchi, P. Senni, A. Bonora, Autovalutazione -Un progetto Irrsae per la sperimentazione di percorsi, in“Innovazione educativa”, IRRSAE ER, n. 4, 1999,pagg. 21-24.

6 C. Vescini, P. Senni, Autovalutazione, ermeneutica,interrogativi, in “Innovazione educativa”, IRRSAE ER,n. 3, 2000, pagg. 20-21.

Innovazione educativa 6/2000

Approcci metodologici di fondo

• complessità delle organizzazioni sociali• cultura dell’organizzazione• centralità e autonomia degli istituti scolasti-

ci• attività degli istituti scolastici intesa come

erogazione di un servizio• cultura della ricerca e della ricerca-azione

Procedure e strumentazioni tecniche

• indicatori quantitativi e qualitativi• questionario di apprezzamento, proposta,

consultazione• conteggi e confronti• osservazione• intervista• focus group• monitoraggio• studio di caso• statistica• triangolazione• standard

Risorse culturali e teoriche

• utilizzo dell’ermeneutica• integrazione degli approcci quantitativi e

qualitativi• utilizzo dei principi della TQM (mlioramen-

to continuo, dettaglio, parlare per dati efatti, qualità intesa come soddisfazione delcliente, principi della responsabilità e delleinterrelazioni)

• autoanalisi di sistema e di istituto

Oggetti di indagine

• organizzazione (analisi dei bisogni, temposcuola; trasporti; orari; servizi collaterali;colloqui con i docenti; partecipazione allagestione; organizzazione degli staff interni,dei compiti e delle responsabilità; rapporticol territorio e reti; individuazione dellamission e della politica della direzione; riu-nioni istituzionali e informali ecc.)

• didattica (offerte curricolari curricolo nazio-nale e curricolo locale; possibilità di opzioniobbligatorie e facoltative; rottura della clas-se e formazione di gruppi; tipo di gruppi;utilizzo spazi e attrezzature; ruoli professio-nali; risultati in termini di profitto ecc.).

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Introduzione

Dal 1988, anno di rientro in serviziodel sottoscritto nella sede di titolarità(Scuola elementare “Pilo Albertelli”),per iniziativa dell’allora d.d. dott.ssaAlbertina Soliani, è stato creato nel13° C.D. di Parma un Laboratorio diScienze Ambientali, progetto di circo-lo a me affidato.Basato su una struttura permanentecreata in un’aula specializzata adhoc presso l’ “Albertelli”, l’omoni-mo progetto, temporaneamente con-sentito dal distacco, prima totale poiparziale, dalla classe del sottoscritto,ha interessato per un triennio unadecina di classi dei plessi del Circolo(Albertelli, Marore e Porporano) informa stabile, ma ponendosi altresì,potenzialmente, al servizio di tutte lerestanti in forma di consulenza o dicollaborazione episodica alla pro-grammazione dell’area Scienze.Questa prima esperienza, interrottasia malincuore nel quadriennio 91/95per insuperabile carenza d’organico,ha trovato modo di proseguire indi-rettamente nel triennio 93/96 graziealla partecipazione, rispettivamente,di 4 e 6 classi del Circolo a due pro-getti di ricerca didattica in E.A.(“Costruiamo insieme un parco flu-viale [Val Baganza]” e “Ditelo conun fiore”) la cui direzione, tramiteincarico temporaneo (semestrale) delsottoscritto – su autorizzazione delProvveditorato agli Studi di Parma –è stata a me affidata dal prof.Antonio Moroni, direttore del

C.I.R.E.A.Il 19 settembre 1994 veniva inaugu-rato presso la Scuola elementare“Vittorio Bottego” di Parma, allapresenza di varie autorità, fra cui unesponente del MPI, il “birdgarden”(“giardino degli uccelli... e dei bam-bini”), prima esperienza del generenel Paese, voluta fortemente dal d.d.dott. Gianni Caselli e da un gruppodi docenti molto sensibili all’EAdell’allora 12° C.D. di Parma.Progettato dalla SBI, Società ItalianaBirdgarden (dott.ssa AngelaZaffignani Mezzatesta e arch.Alessandra Leoni), il BG (comeaffettuosamente lo chiamano glialunni) è stato voluto dal Comune diParma ed ha comportato una spesa dioltre 120 milioni, cui hanno contri-buito in parte anche la Fondazione ela Cassa di Risparmio di Parma.Rispettando i vecchi impianti arbo-rei, risalenti in parte alla costruzionedella originaria scuola dell’alloracomune indipendente di S. LazzaroP.se (1957) ed in parte agli annualiinterventi di piantumazione sollecita-ti dai docenti del plesso in concomi-tanza con l’ampialmento dell’edifi-cio scolastico (1977) e con la costru-zione di una moderna palestra(1987), il progetto SBI è stato realiz-zato pienamente mediante la creazio-ne, su un’area verde di pertinenzascolastica di 6.700 mq., di un grandeprato stabile, uno stagnodi 50 mq.,un arbusteto, un nucleo boschivo(31individui arborei), un fruttetodi spe-cie autoctone, una bordura di piantearomatiche e perenni, ed una siepeperimetrale di specie arbustiveautoctone (ben 22 specie alternate insequenze multivariate) lunga ben470 m.Inopinatamente, con la soppressionedel 12° C.D., questo stupendo patri-monio verde è passato, con le scuoleelementari “Bottego” e “SanProspero” e la materna di Beneceto,al 13° C.D.: in questo modo esso si ètrovato a disporre a fini didattici delverde di pertinenza di 4 scuole (inpratica, 4 BG).Di qui la nascita, voluta dall’allora

d.d. dott.ssa Albertina Soliani, delProgetto MPI “Birdgarden spaziodidattico: la trasformazione dellospazio esterno in parchi finalizzatiall’educazione ambientale”, portatoavanti – tramite incarico del sotto-scritto per il quadriennio 1995/99 –prima dal d.d. dott. G. Caselli (reg-gente) e dal suo collaboratore dott.Giuseppe Malpeli e, l’ultimo anno,dal nuovo d.d. dott. AdrianoCappellini.Quest’ultima esperienza quadrienna-le, favorita dall’autorizzazione MPIe dal conseguente distacco completodel sottoscritto dalla classe, è statoun autentico progetto di Circolosianel senso della delibera specifica delCollegio docenti, sia in quanto, dal2° anno, si è sviluppata, anche trami-te la creazione di altri 2 laboratoripermanenti di Scienze Ambientali,quale servizio a partecipazione attiva(media dell’83%) di tutti e 4 i plessidi pertinenza (materna inclusa).Occasione adeguata e più che soddi-sfacente per tutti (dirigenti e docenti)per un’accurata ed esaustiva docu-mentazione pubblica degli sviluppidel primo quadriennio del Progetto“Birdgarden” – che prosegue nel‘99-2000, pur se limitatamente a 9classi del 1° ciclo di 3 plessi, tramitel’incarico affidato, dopo il mio collo-camento in pensione, alla collegaPatrizia Ferrari – è stato ilConvegno-seminario regionale, rea-lizzato presso la “Bottego” il 9/IXu.s. con il patrocinio degli IRRSAEEmilia-Romagna e Toscana e la par-tecipazione di esperti di vaglianazionale. Ha degnamente completa-to questo opportuno momento diverifica una mostra, da me curata,intesa a documentare finalità, conte-nuti, metodie sussidi adottatiinrelazione ad una programmazionedidattica così ampia e complessa,come pure così stimolante versoscelte innovative.

1. Il laboratorio di scienze ambien-tali

Il progetto originario ha avuto modo

Area didattico-professionale

“Verde fuori - verde dentro”Il progetto MPI Birdgarden

13° Circolo di Parma *

di Nunzio RizzoliInsegnante

In un vasto progetto dieducazione ambientale,ormai consolidato datempo, è la scuola acatalizzare le energie divari enti, verso proficueazioni sinergiche volte atrasformare spazi esterniin laboratori.

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Innovazione educativa 6/2000

di essere presentato in forma esau-riente, tra l’altro, nell’ambito dell’“ Incontro europeo sui Centri perl’EA: esperienze a confronto” realiz-zato dal Progetto “Ambiente comeAlfabeto” della Provincia di Perugia(Centro Bazzucchi, Perugia, 21-23giugno 1990) (cfr. N. Rizzoli, “Illaboratorio di scienze ambientalinella scuola elementare”, in ATTI,Protagon, Perugia, 1991, pp. 213-220). In questa sede, per ragioni diopportuna brevità, basterà riprendereun brano della relazione della d.d.dott.ssa Soliani al MPI:

“Il laboratorio è sorto come progettoinnovativo di attività educativo-didattiche nell’ambito della pro-grammazione del plesso allo scopodi promuovere un approccio interdi-sciplinare all’educazione scientificanella scuola elementare sulla basedei nuovi programmi, centrato suglistudi ambientali in ragione sia dellacentralità culturale della problemati-ca ambientale nella nostra società,sia della rilevanza che il tema haassunto nelle dinamiche interne edesterne alla scuola, sia al caratteredecisamente interdisciplinare dellostudio dell’ambiente in grado dioffrire corrette e molteplici chiavi dilettura della realtà ambientale esociale. L’educazione ambientale èstata pertanto assunta dalla scuolacome una linea di ricerca formativa edidattica permanente, in un certosenso strategica. La scelta dell’atti-vità di laboratorio nel campo dellescienze ambientali corrispondeanche all’esigenza, percepita eassunta da tutta la scuola attraversola complessità della sua programma-zione educativo-didattica, di rispon-dere in modo adeguato alla domandadi integrazione socio-culturale pro-veniente dal territorio e cioè da unquartiere di circa 40.000 abitantidella periferia della città, caratteriz-zato da complesse problematiche dicarattere socio-culturale, da fenome-ni di esclusione e marginalità socia-le, di immigrazione da paesi extra-europei. Il laboratorio pare in gradodi offrire la progettualità, le compe-tenze, le risorse tecniche e operativeche possono costituirlo come puntodi riferimento per la crescita nellescuole del territorio del discorso edu-cativo-didattico sull’educazione

ambientale e dunque sull’applicazio-ne dinamica dei nuovi programmidella scuola elementare in rapportoai bisogni formativi e culturali dellasocietà e dell’infanzia oggi”.

In sintesi il progetto si è caratterizza-to per:- l’ impianto interdisciplinarebasato

su una didattica per concetti;- forti motivazioni etiche, culturali e

sociali e coniugazione conoscen-za-empatia;

- innovazione metodologicanell’area scientificacon adeguatocontemperamento di attività sulcampoed in laboratorio;

- adozione di sussidi innovativi, ingran parte costruiti in proprio(“bricolage”);

- documentazionedi prima mano informa di “archivio didattico delterritorio”;

- educazione naturalistica di basequale componente irrinunciabiledell’E.A.;

- utilizzo didattico degli spazi verdidi pertinenza scolastica;

- programmazione collegialee lezio-ni in compresenzacol docentedell’area Scienze;

- verifica periodica e di fine anno(tramite apposita scheda compila-ta dai docenti partecipanti alProgetto).

2. La partecipazione ai progettiC.I.R.E.A. (1993/96)

Nel periodo intermedio di pausa, incui non è stato possibile il mio com-pleto distacco dalla classe, una deci-na di colleghi, anche non dell’areascientifica, ha partecipato, accantoad un centinaio di docenti di scuoleelementari, medie e superiori dellaprovincia di Parma a due progettiCIREA di ricerca-azione, a me affi-dati sotto la responsabilità del diret-tore del Centro, prof. A. Moroni. Il primo, sponsorizzato dal Ministerodell’Ambiente, ha consentito ditestare l’ipotesi che le scuole di unavalle possano dare un contributosignificativo alla creazione di unparco fluviale e siano in grado ditutelarne tutta la biodiversità dallesorgenti alla confluenza in ambienteurbano. Il secondo, sponsorizzatodalla Fondazione Cassa diRisparmio di Parma e Piacenza, è

stato un’esperienza innovativa, ascala nazionale, di valorizzazionedidattica della flora spontanea, apartire da quella protetta in base allalegislazione regionale.Entrambi i progetti si sono conclusidegnamente tramite eleganti e corpo-se mostre itineranti che hanno valo-rizzato il lavoro biennale di più di 30scuole, 100 docenti e un migliaio dialunni sia presso il mondo scolasticoche presso la popolazione residentenelle zone interessate più diretta-mente dalle due iniziative.Un’ampia documentazione esaustivasu di essi è consultabile presso ilCIREA, mentre a tutti gli istituti par-tecipanti il CIREA ha fatto dono diuna copia delle due rispettive antolo-gie didattiche collezionanti la docu-mentazione scientifica e didattica dibase utile alla progettazione ed allaprogrammazione didattica specifica,articolate su un’ipotesi curricolare 5-18 anni.

3. Il progetto MPI “BIRDGAR-DEN” (quadriennio 1995/99): sin-tesi dell’impianto e della parteci-pazione

Sull’ultimo progetto di Circolo, a meaffidato per un quadriennio, sonoconsultabili numerosi dossierarchi-viati presso il Laboratorio “Bottego”.Trattandosi di un progetto MPI (sot-toposto alla vigilanza ispettiva per iprimi 3 anni del prof. Paolo Calidonie nell’ultimo del dott. Dario Ghelfi)sono disponibili altresì corpose edesaustive relazioni finali annuali dame allestite ed approvate dalla D.D.In estrema sintesi, questi sono i suoicaratteri connotativi:

a) Motivazioni- congruenza col PEI ed assunzione

del Collegio Docenti;- valorizzazione di uno speciale

verde scolastico (materna ed ele-mentari);

- risposta ai bisogni dellaCircoscrizione (Lubiana - S.Lazzaro);

- contributo al decondizionamentosocio-culturale di numerosi alunniin difficoltà;

- sviluppo interdisciplinaredell’E.A.;

- congruenza dell’educazione scien-tifica rispetto alle risultanze delrelativo corso di qualificazione in

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servizio promosso dal 13° C.D.(1991/92);

- contributo critico e propositivo almiglioramento dell’“ecologiainterna” (“star bene a scuola’”).

b) Finalità e obiettivi- progetto di Circolo (1 materna st. e

3 elementari; 880 alunni, 95docenti, di cui 34 di Scienze);

- qualità della vita, biofilia;- verde come aula; laboratori specia-

lizzati come base operativa (1 perciascun plesso elementare);

- ricerca didattica sul territorio (ascala crescente: urbana, provincia-le, regionale, interregionale) qualesbocco della programmazione tra-mite un piano specifico di visite eviaggi di fine anno.

c) Metodologia- cura di piccoli animali (vivarî ter-

rarî, acquarî): empatia coi viventi;- alfabetizzazione naturalistica tra-

mite esercitazioni di ecologiadescrittiva e sperimentale;

- ricerca documentaria con accuratascelta delle fonti (iconografia inb.n. di qualità e schede informativeadeguate all’età);

- alternanza di attività sul campo ein laboratorio, anche in forma spe-rimentale;

- lavoro a gruppi;- compresenza (responsabile-con-

duttore e docente di scienze dellaclasse) quale forma sperimentalealternativa di “qualificazione inservizio”;

- programmazione concordata everificata;

- piano speciale di ricerca sul terri-torio (visite di studio e viaggi diistruzione) basata sul riconosci-mento delle comunità naturali tipi-che dell’ambiente padano (dalMonviso a Gorino);

- progettazione diretta sia del verdedi stretta pertinenza della scuolache di quello limitrofo di pubblicafruizione;

- documentazione dell’attività (gior-nalino annuale di Circolo in 1000copie, rapporto annualeall’Amministrazione scolastica,convegno-seminario-mostra meto-dologica a livello regionale (ele-mentari e medie dell’obbligo) con-clusivi del quadriennio).

d) Strutture- spazi verdi esterni attrezzati per la

didattica (“birdgardens”);- 3 laboratori di scienze ambientali

dotati di un ampio e multiformecorredo di materiali documentari(biblioteca di lavoro, archivio delladocumentazione didattica, colle-zione iconica di diatapes, videota-pes e antologia tematica di icono-grafie in bianco e nero, museodidattico dei reperti locali e appor-tati dagli alunni e loro familiari,sezione naturalistica della bibliote-ca degli alunni), di attrezzaturetecniche e didattichee di sussidi(anche questi tecnici e didattici)sia in commercio che costruiti adhoc in proprio (appoggio ai labora-tori “legno”);

- ricorrenti feste scolastiche punteg-gianti eventi annuali (festadell’albero, festa delle castagne,“Natale degli uccellini”, Carnevalealternativo, Festa di primavera,Festa degli aquiloni, Festa di fineanno).

e) Organizzazione- Autorizzazione e finanziamento

(minimo) MPI;- contributo annuale del bilancio di

Circolo per attrezzature e fotocopie;- delibera annuale del Collegio

docenti (fra i progetti prioritari) eincarico al responsabile (distaccodalla classe);

- libera adesione delle classi;- programmazione interclasse, per

plesso, tramite: scheda orientativa,incontri di definizione, stesuracalendarizzata dettagliata da partedel conduttore sulla base dellerichieste e della forma di parteci-pazione (continuativa - periodica -occasionale), calendario quindici-nale, verifica quadrimestrale, pianospeciale delle uscite, scheda auto-noma di valutazione dei docentipartecipanti, relazione finale delresponsabile (con i consuntividell’attività);

- lezioni di 1-2 ore massimo acadenza quindicinale (eccezioni: 1h settimanale) per un minimo di 4incontri, un massimo di 36 ed unamedia regolare di 16 annuali;

- dosaggio dell’attività: lezioni fronta-li in laboratorio, uscite, attività diricerca sul campo e/o in laboratorio,produzione finale per grandi temi.

f) Contenuti (...)

g) Valutazioni finali(...)

h) Problematiche emerse1. Difficoltà a garantire la continuità

del Progetto per carenze di orga-nico.

2. Ricerca didattica priva di regolaresupporto di un comitato scientifi-co.

3. Finanziamento ministeriale asso-lutamente sottodimensionatorispetto ai caratteri del Progetto;forti spese di fotocopie garantitedal Circolo.

4. Attrezzature e sussidi assoluta-mente insufficienti o inadeguati:l’alternativa è stata costituitadagli apporti personali delresponsabile.

5. Costi crescenti delle uscite (crea-zione di un “fondo speciale” diCircolo per i casi estremi dirischio di esclusione).

6. Insufficiente documentazione econtrollo a livello di CollegioDocenti.

7. Difficoltà a contemperare gliimpegni di routine (da parte deidocenti partecipanti) con quelli diuna periodica verifica dell’anda-mento del Progetto.

8. Problemi di congruenza fra lescelte educative e didattiche el’ecologia quotidiana (salubrità evivibilità degli spazi interni).

9. Difficoltà di controllo dei com-portamenti verso l’ambiente natu-rale (danneggiamenti fino al van-dalismo in orario extrascolastico,ma talvolta anche nelle pause dilibero gioco).

10.Problemi di spazio (un laborato-rio insufficiente con arredi diripiego e insufficienti) e di dispo-nibilità effettiva degli spazi verdi(1 caso su 4).

11.Problemi di igiene: custodia deireperti museali e pulizia periodi-ca delle attrezzature.

12.Carenza di attrezzature ludicheesterne in grado di diminuire lapressione degli alunni sugli ele-menti naturali (verde e faunaminore).

■* Questo contributo è tratto da

L’Educazione ambientale nella scuoladell’autonomia, a cura di Milena

Bertacci, Cappelli - IRRSAE ER, BO

Area didattico-professionale