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Quale Società per il futuro Sociologico?
di Glicerio Taurisano___________________________________________________________________________
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Quello che rappresentiamo, oggi, come individui mutualistici del nostro male è la
“imperfetta” convinzione che il fenomeno del “colpevole non sono io” sia propria di una
società ormai al degrado e che ci rende facile traslare dal concetto di una fenomenologia
kantiana dell’approssimarsi alla soluzione che, una società è tale se libera ed è libera se essa è
espressione di democrazia e civiltà.
Un concetto che non rende difficile non solo percepire ma per lo più constatare che tutta la
società italiana, intesa e vista con pensiero sociologico e morale, è ormai alle battute finali di
un era che deve essere risanata, ricostruita e poi tutelata.
Oggi siamo facili e propensi alla soluzione statica e immorale di colpevolizzare l’individuo,
come soggetto unico della società che lo circonda, piuttosto che attribuire la “colpa” alla
Società nel pieno della sua interezza; questo perché non siamo più capaci di riconoscerci
come soggetti fondamentali, univoci ed essenziali per la nostra società, e ciò è male, le
immoralità individuali vengono oggi indicate come responsabili del degrado della Società, in
passato invece si aveva il concetto che era la Società che degradava l’individuo.
Il fenomeno, oggi in voga, è proprio quello di incolpare il “singolo” ed estraniarsi dall’idea di
contribuire alla soluzione di tale problema indicando, di contro, che è la Società che evidenzia
quel “soggetto” proprio a causa della denigrazione che facciamo verso noi stessi e verso il
concetto morale e civile di convivenza sociale.
La sociologia, “la scientia scientiarum” come definita dal fondatore Auguste Comte, è una
scienza in agitazione, questo per riflessione teorica e per considerazione della sua intrinseca
trasformazione naturale, soggettiva ed individualistica, non a caso essa è scienza che non si
esaurisce in un fatto conoscitivo, anzi più si allarga il contesto in cui la sociologia è
applicabile ed analizzabile e più essa si arrampica sulla trasformazione, evoluzione e alcune
volte sulla regressione.
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Gli anni della sociologia nella sua estensione di studi sono stati senza dubbio tra la fine
dell’ottocento e l’inizio del novecento, facendo ricordo allo stesso Auguste Comte, a
Ferdinand Tönnies, Durkheim, Maximilian Carl Emil Weber, e tanti altri fino ad arrivare a
Franco Ferrazzotti il quale definiva la sociologia come “scienza dell’incertezza” e via “via” ad
altri illustri sociologi che hanno contribuito con studi a delineare per lo più la tesi più
accreditata sulla sociologia: essa è un concetto fondamentale della comunità per guardarsi
criticamente nel ruolo complesso ed unitario di società.
Una società che a quanto pare oggi non si riconosce più tale, proprio a causa della
disgregazione che essa ha subito a causa della impropria funzione che ogni individuo ha
voluto vestire: la personalizzazione di tutto ciò che lo circonda e il rifiuto totale di co-
partecipazione di una comunità quale espressione genuina di civiltà e moralità.
L’uomo oggi è abituato a guardare solo sui propri piedi e non volgere lo sguardo verso tutto
ciò che lo circonda, producendo distacco da concetti e percezioni che una sana community
possa risolvere l’inadeguato sistema anti-sociale che oggi si manifesta nel nostro Paese.
A concorrere verso questo degrado sociale ci sono diversi “attori”, dalla frenetica corsa
all’arrivismo, al protagonismo, agli obiettivi di ricchezze e di accumuli di beni,
dall’ostentazione all’individualismo, la mancanza di identità politica, il senso politico (poiché
anch’esso è sociale) e così via fino a riempirci la mente di cosa ci manca e cosa non abbiamo
mai avuto.
La Società , è un bene prezioso e come tale va riservato nella sua parte migliore che è
espressione genuina della sussistenza in un contesto comunitario, essa va lasciata evolversi, e
trasformarsi ogni qualvolta “agenti” esterni ne considerano il cambiamento, ma pur sempre va
tenuta custodita la sua valorizzazione, come componente essenziale della nostra quotidiana
vivibilità; occorre oggi rivedere la sociologia per far fronte al male che ci circonda o piuttosto,
interpellare la nostra coscienza al fine di riavvicinarci alla sociologia, nel pieno del suo
significato di studio e conoscenza? Sia nell’uno che nell’altro caso ci troveremo di fronte ad
una insana preoccupazione risolutrice: abbiamo forse aspettato tanto, troppo, e oggi ci
troviamo a fare i conti con un sistema sociale ed una società che stenta a riconoscersi, e ne ha
ragione, poiché siamo noi i primi a non riconoscere la nostra società come tale.