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GIOVANI E BENESSERE SCOLASTICO

Azioni territoriali contro il disagioe l’abbandono

a cura di Rossella Safina

impaginazione a cura di Marco Biondi - Comune di Scandiccifinito di stampare nel mese di ottobre 2011

Indice

Introduzione Sandro Fallani - Assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Scandicci pag. 5

PARTE PRIMAPER-CORSI - Rossella Safina e Valeria Esposito pag. 7

1. Il contesto pag. 91.1 La scuola pag. 91.2 Brevi considerazioni su disagio, dispersione, abbandono scolastico pag. 101.3 Importanza della prevenzione pag. 111.4 I Piani Integrati di Area pag. 12 1.5 Progetto PIA PER-CORSI pag. 13

2. Il progetto PER-CORSI a Scandicci pag. 142.1 Attività pag. 142.2 Destinatari del progetto pag. 142.2 Punti di ascolto: una psicologia per la scuola pag. 152.2.1 Psicologia a scuola: interventi sperimentati e interventi possibili pag. 182.3 Attività di orientamento, ri-orientamento e di ri-motivazione pag. 202.3.1 Orientamento: interventi sperimentati pag. 212.4 Formazione insegnanti pag. 21

3. Interventi del punto di ascolto (a.s.2009/10) pag. 223.1 Studenti pag. 233.2 Famiglie pag. 253.3 Insegnanti pag. 27

4. Problematiche riferite al punto d’ascolto pag. 294.1 Studenti 11-12 anni pag. 304.2 Studenti 12-14 anni pag. 314.3 Studenti 14-16 anni pag. 334.4 Genitori e insegnanti problematiche riferite pag. 35

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PARTE SECONDASGUARDI SULLE AZIONI - AA.VV pag. 41

1. I care: mi interessa … l’esperienza di un punto di ascolto pag. 43Diletta de Bernart

2. Punti di ascolto nelle scuole secondarie di primo grado pag. 49Patrizia d’Ayala Valva

3. Servizi di consulenza presso gli istituti superiori pag. 52Giacomo Panichi

4. Attività orientamento pag. 55Associazione Il labirinto

5. Percorsi di educazione alla diversità pag. 58Roberto Manetti

6. Scuola: luogo di relazioni pag. 63Paola Balderi

7. La città per i ragazzi pag. 66Giorgia Andreani Contemori

PARTE TERZARIFLETTERE VALUTARE PER TRAGHETTARE NEL FUTURO - AA.VV pag. 73

1. Promuovere la resilienza nei bambini pag. 75Ersilia Menesini e Kristel Campaert

2. Riflessioni sul pia dal punto di vista delle istituzioni scolastiche pag. 80Giovanni Condorelli

3. Direzione futuro pag. 83Rossella Safina

ALLEGATI pag. 85

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IntroduzioneSandro Fallani - Assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Scandicci

Questa pubblicazione si intitola “Giovani e benessere scolastico” in quanto illustral’insieme di azioni realizzate negli anni a Scandicci volte a valorizzare l’esperienza sco-lastica come tassello utile, positivo, stimolante nella formazione dei giovani. Siamo tutticonsapevoli della difficoltà di questo compito in un contesto socio-culturale ed econo-mico caratterizzato da fenomeni che vanno in tutt’altra direzione. Dei giovani si fa ungran parlare (il nostro domani, energie del cambiamento, protagonisti della costruzionedi un mondo migliore, innovatori tecnologici, vettori di nuove sensibilità ecologiche,etc...), ma è facile osservare che gli investimenti per le nuove generazioni sono piùorientati a favorire una sempre più precoce inclusione nel mondo dei consumi, la pre-carizzazione dei rapporti, il depotenziamento di ogni sguardo critico e creativo che dasempre definisce il profilo delle nuova generazione. La scuola allora, e proprio per que-sto, appare come possibile esperienza controcorrente con le sue parole d’ordine: co-noscenza, relazioni, scambio e aperture interculturali, tolleranza, impegno,responsabilità, spirito cooperativo, formazione, accoglienza, motivazione, didattica, di-ritto all’educazione....Eppure questa discrepanza tra mission della scuola e imperativisocio-economici (che oggi, paradossalmente, prevedono un disinvestimento sulla for-mazione) determina un pericoloso corto circuito nel vissuto di molti giovani; si eviden-ziano segni di distacco, disaffezione, demotivazione che non sono solo segnali didisfunzionalità individuale, ma costituiscono (e originano da) un “malessere sociale”(che contagia anche molti educatori e insegnanti).

Per questo nel testo si raccontano le iniziative, i progetti, le esperienze che vedonocoinvolti insegnanti, studenti, educatori, genitori, psicologi, orientatori, assistenti sociali,volontari nel cercare di disinnescare gli ostacoli a vivere adeguatamente le attività sco-lastiche e di apprendere con successo, utilizzando il massimo delle proprie capacitàcognitive, affettive e relazionali. E allora il disagio scolastico (che usiamo riconoscerenella scarsa partecipazione, nella provocatoria disattenzione, nei comportamenti pre-valenti di rifiuto e di disturbo, nel cattivo rapporto con i compagni, nella carenza di spiritocritico, etc.) va interpretato prima di tutto come una richiesta di aiuto che i giovani ci in-viano a fronte di un sistema che non li considera suo segmento prezioso. Su questopiano risulta decisiva la motivazione che la scuola (con l’intero contesto comunitario)è in grado di sviluppare e distribuire.

Le esperienze registrate in questi anni ci dicono che sostenere la motivazione rap-presenta uno dei compiti fondamentali dell’attività docente nonché una strategia di in-

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tervento per la prevenzione del disagio scolastico. Solo stimolando la motivazione al-l’apprendimento è possibile trasmettere conoscenze, insegnare competenze e poten-ziare le capacità personali degli allievi. Una prospettiva educativa che si rapporti conla complessità dei fenomeni sopra descritti e che ambisca a dialogare con le giovanigenerazioni deve agire sulla motivazione.

Parto dalla convinzione che ogni soggetto abbia in sé delle qualità da valorizzaree stimolare e che ogni studente sia motivato ad apprendere anche se la prassi scola-stica lo porta a perdere la motivazione interiore. Come diceva Rogers: “se si voglionocreare le condizioni per un apprendimento davvero libero ed autonomo è necessarioche lo studente venga posto di fronte ad un problema da lui sentito come reale”.

Fidarsi dello studente significa credere che possa dare una direzione al proprio svi-luppo, intraprendere un percorso di crescita autonomo e responsabile con il sostegnoe l’aiuto dell’adulto; si tratta di un approccio utile contro il disagio scolastico soprattuttose interiorizzato ed approfondito consapevolmente.

Tale sottolineatura ci riporta a parlare di qualità nel rapporto adulti/ragazzi. Siamoin grado, come adulti (e qui ci mettiamo davvero tutti coloro che svolgono attività edu-cative e che hanno la possibilità di indirizzare risorse pubbliche e private per favorire ilbenessere sociale), di costruire una comunicazione significativa, densa di riferimenti,in grado di arrivare al cuore di giovani in formazione, che li consideri soggetti portatoridi specifici interessi da conoscere e sostenere?

Per questo suo carattere composito e complesso per le sfumature sociologiche epsicologiche che lo connotano, “il benessere scolastico” va considerato in un’ottica si-stemica (dal ragazzo alla comunità locale e ritorno). Gli interventi contenuti in questapubblicazione ci dicono di considerare il disagio come una condizione che appartieneall’intero sistema di vita in cui il ragazzo è inserito: gruppo classe, scuola, famiglia, ex-trascuola. È l’intero sistema, allora, che deve essere preso in considerazione se si vo-gliono portare avanti interventi di prevenzione, rilevazione e recupero davvero efficaci.

Con questo approccio rivisiteremo, là dove necessario, l’impianto della nostraazione costruendo un sistema di governance ampio e partecipato dalle forze interes-sate. Anche per questo ringrazio qui tutti coloro che si stanno impegnando a Scandiccisulla fragile frontiera del welfare locale (e di quello che ci rimane).

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PARTE PRIMA

PER-CORSIRossella Safina e Valeria Esposito, Comune di Scandicci

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1. IL CONTESTO

1.1 La scuola

Oggi il dibattito che coinvolge il mondo della scuola si concentra sulla ricerca di unmodello adeguato al periodo attuale, capace di affrontare le sfide del futuro e di imma-ginare mondi possibili.

In questo quadro, caratterizzato da molti sforzi di rinnovamento, c’è chi si ispira aidee sulla formazione degli studenti che possono essere espresse con l’immagine diuna “testa ben fatta”, anziché “ben piena” (E.Morin, 2000); seguendo tali suggestionila nostra modalità di organizzare la conoscenza non risulta più adatta a interpretare ea cogliere la realtà complessa che ci circonda. Si avverte quindi l’esigenza di promuo-vere una vera e propria riforma paradigmatica del pensiero che trasformi anche il si-stema scolastico, ancor oggi ispirato a modelli trasmissivi e di frammentazione delsapere.

È bene che la scuola per gli studenti non sia solo il contesto dove si realizzano ap-prendimenti separati in discipline, distanti le une dalle altre, dove si fa riferimento soloa schemi rigidi di tipo istruttivo. È importante che coincida anche con l’idea di luogo divita, in cui poter:

i sviluppare conoscenze e relazioni significative; i affrontare sfide, coltivare saperi utili all’esistenza, costruire la propria identità per-

sonale/sociale, sviluppare il senso di appartenenza; i esplorare la propria partecipazione, fare esercizi di cittadinanza, di collaborazione

e solidarietà, così come di accettazione e riconoscimento reciproco; i sperimentare un senso di efficacia personale, di autostima e di progettualità

aperta sul futuro. Ragionare in questa direzione e su questa lunghezza d’onda, significa imparare a

vedere la classe come una compagnia di ciascuno e riuscire ad attivare per il gruppoe allo stesso tempo per ogni studente, processi di apprendimento e di crescita che sigenerano proprio a partire dalle storie personali, dalle potenzialità, dagli stili cognitivi edalle forme plurali in cui si manifesta l’intelligenza.

Crediamo che inseguire queste finalità possa promuovere benessere diffuso e qua-lità della vita a tutti gli i livelli di interazione scolastica e costruire sponde sicure a cuiaggrapparsi nel caso di eventuali situazioni di disagio scolastico1.

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1 È importante che la scuola sia ispirata ad un postulato pedagogico fondamentale, il formare l’individuo persona centratosull’io-sé che lo riconosca come portatore dell’universalità, essere razionale, responsabile eticamente consapevole,capace di collaborare, comunicare, costruire con altri (Cambi 2002).

Nella costruzione di programmi, progetti e curricoli è necessario che la scuola abbiaconsapevolezza dell’importante compito di accogliere e sostenere e del ruolo determi-nante che assume nei confronti dell’esistenza dei singoli, così come nei processi di ri-produzione sociale.

1.2 Brevi considerazioni su disagio, dispersione, abbandono scolastico

Ci sono sicuramente molti fattori che causano situazioni di disagio scolastico. Conquesto termine ci si riferisce a un fenomeno che sta assumendo un’importanza cre-scente, una condizione di malessere che si manifesta all’interno della vita scolastica,sul piano relazionale, comportamentale e degli apprendimenti con conseguenze sulprofitto. Determinato dall’interazione di più fattori individuali e contestuali, il disagio ècaratterizzato da una grande varietà di situazioni problematiche ed è contraddistintoda diversi livelli di gravità. I comportamenti manifestati da chi si trova in una situazionedi disagio sono molteplici: difficoltà di inserimento, scarsa motivazione alla partecipa-zione, disattenzione, irrequietezza, iperattività, stanchezza generalizzata, comporta-menti di rifiuto, cattivo rapporto con i compagni o con gli adulti, difficoltà diapprendimento o basso rendimento, mancanza di curiosità e di interessi, scarsa tolle-ranza delle frustrazioni, fenomeni di prepotenza e bullismo, assenze ripetute.

Sappiamo ormai per esperienza, che il disagio scolastico quando trascurato puòtrasformarsi in dispersione e abbandono scolastico2.

Il termine dispersione deriva dal latino “dispargere” che significa spargere qua elà. La dispersione scolastica è da intendersi non come allontanamento da una sede,ma come situazione derivante da variabili soggettive e variabili macro-sociali che sicombinano tra loro e si articolano in cause3 riconducibili:

i agli studenti che si disperdono durante il percorso scolastico;i al sistema scolastico che non sempre è in grado di rispondere ai bisogni della

popolazione scolastica con adeguate offerte formative; i a fattori di diseguaglianza socio-economico-culturali.La dispersione appare come un fenomeno complesso e si presenta come un’in-

sieme di fattori che modificano il regolare svolgimento del percorso scolastico. Il feno-meno riunisce in sé un insieme di manifestazioni che possono sfociare nell’uscitaanticipata dal sistema formativo.

Le maggiori difficoltà si determinano soprattutto all’inizio di un nuovo ciclo di istru-zione, quando lo studente si trova ad affrontare un nuovo ambiente e nuove discipline.Il salto è spesso rappresentato dall’esperienza di passaggio tra la scuola secondaria diprimo grado e quella di secondo grado. Questa concomitanza di fattori è anche collegataalla difficoltà nella scelta di un percorso di studi adeguato alle proprie capacità, interessi.

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2 In ambito europeo la Conferenza di Lisbona aveva individuato nella riduzione della dispersione scolastica, uno deicinque benchmarck che i Paesi membri dovevano raggiungere nel campo dell’istruzione entro il 2010.3 Ufficio di statistica, Ministero Pubblica Istruzione: Direzione Generale Studi e Programmazione, ”La dispersionescolastica. Indicatori di base per l’analisi del fenomeno” A.S. 2004/05.

L’esperienza indica che sono molti i campanelli di allarme attraverso cui intravedereun rischio di allontanamento dalla scuola/uscita dal sistema scolastico:

i irregolarità/interruzioni nella frequenza scolastica e/o nello studio;i insuccesso scolastico;i scarsa motivazione;i ripetenze, soprattutto se reiterate che causano un prolungamento del percorso

formativo;i ritardo scolastico rispetto all’età anagrafica; i migrazione da una scuola all’altra.

Indagini accurate, analisi dei bisogni del territorio, insieme ai dati elaborati dagli os-servatori scolastici provinciali, sono gli strumenti conoscitivi da utilizzare a monte dellastesura dei progetti finalizzati a contrastare in modo efficace tali fenomeni.

1.3 Importanza della prevenzione

Promuovere il diritto allo studio significa anche concentrarsi sul disagio scolasticoe sul rischio della dispersione scolastica, che diventano occasioni per promuovere ilbenessere scolastico in quanto dimensione globale e trasversale del fare scuola cosìcome del vivere la scuola.

Il riferimento alla dimensione di benessere appena evocata contiene in sé un altrovincolo per la collettività, quello di impegnarsi sul piano della prevenzione vista comecultura oltre che come insieme di azioni.

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Dati riferiti al territorio regionaleNell’ultimo decennio il fenomeno degli abbandoni scolastici precoci nell’ultimo

decennio è in diminuzione*. In Toscana l’abbandono riguarda il 16,5% degli studenti,percentuale sicuramente inferiore alla media nazionale che si attesta sul 20% circa.

Questi numeri -presi su piano nazionale- sembrerebbero confortanti, ma se siprende in considerazione il dato medio europeo si ha la conferma di uno scarto. Idati relativi alla dispersione scolastica diventano ancor più imbarazzanti quando sicomparano con l’ obiettivo previsto dall’Unione Europea (inferiore al 10% entro l’anno2010).

Altra considerazione riguarda la diffusione della istruzione superiore che nellanostra regione risulta superiore alla media nazionale il 78,2 % in Toscana contro il76% in Italia, ma anche in questo caso distante dall’obiettivo europeo dell’85%.

Sempre a questo proposito è bene evidenziare che il 7% dei ragazzi toscani trai 15 e i 19 anni di età risultano non solo al di fuori dei percorsi di istruzione e forma-zione, ma anche non occupati.

* Le politiche per il diritto allo studio e la lotta alla dispersione scolastica, IRPET e-book 4/2010

Le azioni preventive, da mettere in atto sollecitando le risorse presenti sul territorio,seguono tre livelli diversi, ciascuno con una finalità particolare e precisamente:

i attività finalizzate a riconoscere precocemente i disagi e i disturbi e tutte le situa-zioni che predispongono al rischio;

i interventi specifici su disturbi e disagi conclamati o sulla comparsa di elementi critici i riduzione delle conseguenze degli stati di malessere che potrebbero avere riper-

cussioni più gravi sugli studenti (come singoli, come gruppo).

La scuola viene riconosciuta come luogo privilegiato di osservazione quotidiana sulpiano della comprensione di alcune situazioni problematiche come le difficoltà di ap-prendimento e le manifestazioni di disagio psico-sociale. La scuola offre quindi il van-taggio di poter accompagnare e seguire nel tempo le condizioni e le circostanze chepredispongono gli studenti al rischio.

1.4 Piani Integrati di Area

I Progetti Integrati di Area nascono in Toscana a partire dal 1994. In questi annihanno contribuito allo sviluppo della capacità di collaborazione e sinergia tra le istituzioniscolastiche e gli enti locali superando la precedente frammentazione degli interventi.Essi prevedono un intervento sistemico che riconosce alla scuola le sue finalità speci-fiche chiedendo all’ Ente Locale di divenire partner all’interno di un progetto di Zona einvestire tutte le risorse possibili nel contrasto delle problematiche legate al disagio,l’insuccesso e l’abbandono scolastico.

La disciplina di riferimento è rappresentata da: i LR 32/2002 che vincola il finanziamento ad azioni di miglioramento della qualità

dell’offerta di istruzione e formazione prioritariamente finalizzate alla riduzionedell’insuccesso e dell’abbandono scolastico, per rendere effettivo il diritto all’ap-prendimento e all’istruzione (art. 7 comma c)

i Piano di Indirizzo Generale Integrato – PIGI- 2006/2010 (D.C.R. n. 93 del20/09/06) che individua come tematiche per i PIA la disabilità, lo svantaggio, l’in-tegrazione interculturale, l’insuccesso scolastico oltre a l’educazione ambientalee la sperimentazione e innovazione didattica.

Nel caso del tema della dispersione scolastica così come del disagio, gli istituti sco-lastici diventano un osservatorio privilegiato4 per comprendere le nuove generazioniintercettare situazioni di malessere che potrebbero tradursi in disaffezione scolasticae rischio di abbandono. Situazioni che una comunità sensibile e sollecita deve contra-stare mettendo in atto azioni di prevenzione e una pluralità di “sensori”.

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4 Va tuttavia considerato che il punto di osservazione della scuola, non può essere esaustivo di tutti gli aspetti della vitadegli studenti che, per essere compresi a fondo, richiedono una maggiore complessità di analisi.

I PIA, con i diversi livelli territoriali di progettualità, che interagiscono e si inte-grano all’interno della Conferenza di Zona, deputata a fare sintesi e a validare i pro-getti, prevedono un impianto costituito da azioni, strumenti e metodologie di approccio.

Attraverso il PIA, si realizza un progetto finalizzato a costruire una comunità intera.Una comunità che si osserva, si analizza, ascolta e dialoga e che infine progetta i cam-biamenti atti a correggere, modificare, migliorare gli interventi di contrasto al disagiodei suoi componenti più giovani.

1.5 Progetto PIA PER-CORSI

Nell’ area metropolitana N/O il progetto Per-Corsi -espressione del Piano Integratodi Area (PIA) della Conferenza di Istruzione della Zona fiorentina Nord-Ovest proponeuna dimensione globale e trasversale dell’essere a scuola e del fare scuola.

I comuni dell’Area fiorentina Nord-Ovest, coordinati dal Comune di Scandicci –impegnato in qualità di capofila– sono tenuti a co-progettare gli interventi pianificati dalprogetto ciascuno nel proprio territorio dando grande importanza ai processi di intera-zione e di condivisione

La progettazione integrata di area è un processo organizzativo complesso che vedecoinvolti diversi attori istituzionali nella conduzione, nella realizzazione e nella valuta-zione dei singoli interventi.

Lo schema grafico riporta gli attori presenti sul territorio coinvolti nel progetto.

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2. PROGETTO PER- CORSI A SCANDICCI

2.1 Attività

Questa sezione di testo si propone di documentare e esporre alcune riflessioni sugliinterventi previsti dal progetto PIA triennale Per-corsi (2008/11) sul territorio di Scandicci.

Il lavoro di indagine, sicuramente parziale rispetto alla dimensione zonale, si pre-senta come studio approfondito di una parte (entro i confini comunali).

Contiamo che questo lavoro di approfondimento locale –specialmente se ragio-niamo seguendo il principio sistemico “non solo la parte è iscritta nel tutto, ma anche iltutto è iscritto nella parte”– abbia una ricaduta positiva e porti un contributo conoscitivoanche nei confronti dell’intero progetto zonale.

2.2 Destinatari

Come abbiamo già affermato gli interventi del progetto PIA Per-corsi mirano al suc-cesso scolastico e formativo e si concentrano sulle fasce di età maggiormente interes-

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sate dalle criticità da affrontare (disagio e dispersione) intervenendo nei relativi gradidi istruzione di appartenenza5.

Chi opera all’interno del progetto Per-corsi condivide la consapevolezza che i fe-nomeni di disagio e le difficoltà scolastiche non riguardano solo i singoli bambini/e ra-gazze/i che li manifestano. È ormai consolidata l’idea che questa tipologia diproblematiche:

i si presentano come situazioni a cui concorrono numerose variabili; i si costruiscono sempre in un contesto più ampio; i coinvolgono tutti i componenti del sistema: famiglia, gruppo classe, insegnanti,

fino a produrre risonanze estese e trasformarsi in una disfunzione per l’intero si-stema-scuola.

In questa direzione abbiamo imparato che quando le risposte adottate, in terminidi interventi, non guardano all’intero sistema i nostri sforzi vengono per lo più vanificati.

Il progetto proprio per i motivi appena esposti si impegna organizzare momenti diprevenzione, rilevazione e recupero efficaci cercando di coinvolgere studenti, famiglie,insegnanti mettendo a loro disposizione attività/operatori esperti.

La fascia di età su cui il progetto si concentra maggiormente è quella degli 11-16anni, dall’ingresso alla scuola secondaria di primo grado al biennio della scuola secon-daria di secondo grado. Si cerca cioè di porre attenzione al momenti di passaggio daun ciclo di studi all’altro dove sembrano concentrarsi maggiormente le manifestazionidi disagio scolastico. Ma proprio perché non è produttivo concentrarsi solo sui momenticritici, una parte delle attività del progetto si sviluppa anche nella scuola d’infanzia enella primaria.

2.3 Punti di ascolto: una psicologia per la scuola

Nel territorio di Scandicci i Punti di ascolto per studenti, genitori e insegnanti sitrovano nei diversi ordini e gradi di scuola:

i scuola dell’infanzia; i scuola primaria;i scuola secondaria primo grado;i biennio della scuola secondaria di secondo grado.

Collocati internamente agli edifici scolastici sono disponibili per studenti, genitori einsegnanti che sentono il bisogno di esplorare, con l’aiuto di un esperto, situazioni cri-tiche che si riflettono sulla vita scolastica.

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5 Dalla ricerca IRPET del 2010 “Le politiche per il diritto allo studio e la lotta alla dispersione scolastica” emerge chesolo il 57% dei progetti PIA coinvolge gli studenti della scuola secondaria di II grado, a fronte del 100% per la secondariadi I grado, il 96% per la primaria e ben l’87% per la scuola dell’infanzia. Questo dato fa riflettere sull’effettivo orientamentodei progetti all’obiettivo della “riduzione dell’insuccesso e dell’abbandono scolastico” (previsto per i PIA), dal momentoche tutte le ricerche recenti indicano come i ragazzi delle scuole secondarie di II grado siano la fascia più colpita datale fenomeno.

I punti di ascolto si avvalgono della presenza di esperti psicologi6 proprio perché lascuola non si concentra solo su contenuti disciplinari e sulla didattica, ma guarda ai si-gnificati che assumono gli eventi, ai processi, alle relazioni, al clima scolastico, allemotivazioni, alla prevenzione.

Lo psicologo, insieme alle altre figure che operano nella comunità scolastica, purnel rispetto di una chiara distinzione e definizione di ruoli e funzioni, concorre al be-nessere scolastico. Benessere sostenuto da esperienze e proposte significative, cherappresentano fattori di protezione e di prevenzione del disagio e dai cui esiti possonoscaturire sentimenti di successo, di soddisfazione e voglia di partecipazione.

È opportuno precisare alcuni elementi di sfondo su cui si costruisce il progetto Per-corsi e fare chiarezza sul senso che nel progetto assume la presenza dello psicologoa scuola e presso i cosiddetti Punti d’ascolto. Anzitutto è da tener presente che il suointervento:

i è una opportunità evolutiva piuttosto che un evento collegato ad un approcciosanitario (diagnosi e terapia);

i non è una psicologia che si trasferisce a scuola, ma una psicologia a disposi-zione della scuola7;

i è un apporto, anche nel caso di utilizzo di strumenti specifici di osservazione,lontano da paradigmi di pensiero deterministici e causali;

i è un contributo che non corrisponde a una sorta di magico rimedio, ma al con-trario è un ulteriore punto di vista a disposizione del sistema, tenendo co-munque conto che i termini psicologia/psicologo rimandano a una moltitudine diapprocci facenti capo a diverse scuole di formazione con i pro e i contro legatialla scelta di una proposta o l’altra8.

Nel progetto Per-corsi –non ci stancheremo di sottolinearlo– far riferimento alla psi-cologia non significa scivolare su stereotipi culturali, ampiamente superati, che la pro-pongono come disciplina che offre imperscrutabili verità sulla vita, sugli esseri umanie sulle relazioni9.

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6 Gli esperti al servizio del progetto sono psicologi iscritti all’albo con formazione ed esperienze professionali specifiche.Gli psicologi affiancano, offrono consulenza e modelli di intervento ai diversi livelli dell’istituzione educativa: dirigentescolastico, consiglio d’istituto, insegnanti, famiglie e studenti. Sono incaricati dal Comune o dagli Istituti scolastici e ladurata dell’incarico è annuale e rinnovabile dopo attente verifiche di risultato da parte dei valutatori.7 Nel caso di forme di disagio o di problematiche a rilevanza sanitaria che necessitano di ulteriori osservazioni, fuoridell’ambito scolastico, si procede all’invio ai servizi specialistici ASL.8 La moderna psicologia presenta un panorama composto da posizioni estremamente variegate. Ciascuna scuola dipensiero si pone su paradigmi e posizioni diverse e al suo interno presenta differenze di approccio.9 Queste considerazioni si traducono in premesse che assumiamo nella progettazione PIA che presuppone il caratteresituazionale della conoscenza e fa riferimento a categorie interpretative e valutative lontane dal mito della conoscenzaoggettiva. Queste le premesse:

a) essere studente, genitore, docente, dirigente, psicologo… corrisponde sempre a un essere in situazione, cosa cheinduce a non poter far riferimento a presunte neutralità o verità assolute;

b) la possibilità di mantenersi esterni alle situazioni in cui si agisce, non esiste, tutti, nessuno escluso, indossano lenti(visioni, teorie, credenze, culture) con cui interpretare gli eventi;

c) quando si osserva, si studia o si valuta un sistema umano, diventa impossibile non determinarlo; d) la realtà scolastica non è estranea al contesto sociale che contribuisce a determinarla e a produrla.

L’orizzonte di senso e la forma del progetto Per-corsi si struttura attraverso una ri-lettura della psicologia scolastica, molto distante, a parer nostro, dalla psicologia ricon-ducibile alla somministrazione di batterie di test, a cui viene affidato il compito diinquadrare problematiche, dare indicazioni, consigli e a cui delegare lo sviluppo degliallievi e dei loro genitori visti come incompetenti, inesperti, carenti.

Siamo orientati a sostenere l’idea che i sistemi famiglia e scuola possano essereaccompagnati solo ad aiutarsi da sé, cercando di far leva sulle rispettive compe-tenze e risorse di alunno/a, genitore e insegnante offrendo casomai uno spazio di ri-flessione e un accompagnamento nel percorso di esplorazione dei propri dubbi e/odifficoltà riguardanti la vita scolastica.

Riteniamo che i metodi più efficaci in ambito psicologico, da mettere al servizio diuna scuola di qualità siano molti. Vanno dal contributo della psicologia di comunità aquella sociale, dall’orizzonte socio-costruttivistico e sistemico-relazionale. Approcci cheutilizzano metodologie attive e metodi cosiddetti caldi, che si occupano di soggettività,interazione, contesto, processi di apprendimento. Si tratta di modalità che richiedonocoinvolgimento, confronto, riflessione, discussione critica, focalizzazione sulla sogget-tività e al tempo stesso sul gruppo, come azioni che realizzano una interazione tra di-versi contesti sociali e culturali, tra adulti e giovani e costruiscono una solida reteterritoriale di risorse.

L’evoluzione del progetto Per-corsi -e le indagini conoscitive in corso d’opera- mo-strano come il ruolo dello psicologo impegnato nel Punto di ascolto, non risponda soloalla funzione legata ai colloqui/consulenze specialistiche, ma preveda dimensioni diazione più ampie su 5 possibili aree di azione:

i integrazione;i consulenza;i orientamento;i valutazione;i formazione.

La tabella successiva indica per ciascuna area di intervento le attività sperimentatedagli psicologi impegnati nel progetto per-corsi 2008-11, ma indica anche campi ulterioridi azione (in grassetto) che potrebbero risultare particolarmente promettenti.

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2.3.1 Psicologia a scuola: interventi sperimentati e interventi possibili

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2.4 Attività di orientamento, ri-orientamento e di ri-motivazione

Le attività di orientamento e ri-orientamento/ri-motivazione10 per studenti, genitorie insegnanti si trovano nei diversi ordini e gradi di scuola:

i scuola secondaria primo grado;i biennio della scuola secondaria di secondo grado.

La definizione di orientamento che assumiamo11 all’interno del progetto lo rappre-senta come processo associato alla crescita della persona. Processo che comprendeuna serie di occasioni finalizzate a conoscersi e conoscere il proprio contesto di vitaper arrivare a saper:

i conoscersi, identificare i propri interessi e attitudini;i effettuare scelte consapevoli in merito all’istruzione, coerenti con i desideri, bi-

sogni, stili cognitivi, obiettivi di vita cercando di intravedere il proprio futuro nellasocietà;

i definire la propria strada formativa valutando i vincoli e le reali possibilità cheoffre il contesto.

È ormai ben consolidata, sul nostro territorio, l’idea che le azioni di orientamento(11/14 anni) e di ri-orientamento/ri-motivazione (14-16 anni) –quando si vogliano ri-analizzare le ragioni della scelta alla luce della frequenza scolastica e eventualmentecambiare indirizzo– abbiano una forte ricaduta positiva sulla dispersione scolastica.Riteniamo che abbiano conseguenze positive sul sistema scolastico, da un lato, e sulsistema economico-produttivo, dall’altro.

Crediamo che le proposte orientative producano effetti osservabili sulle biografie,sia quando ci si concentri sulle singole storie formative, sia che si esamini il fenomenonella dimensione sociale più ampia. Proprio per questa ragione nel progetto Per-corsil’orientamento rappresenta per gli studenti un’opzione forte, come:

un vero e proprio diritto che si realizza attraverso occasioni che accompagnano iprocessi di sviluppo/autonomia dei soggetti;

un bene individuale e della collettività in quanto sollecita non solo il successoformativo, ma anche lo sviluppo socio-economico-culturale della comunità intera.

La tabella successiva indica le attività sperimentate dagli orientatori impegnati nelprogetto per-corsi 2008-11.

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10 Le attività di orientamento sul territorio di Scandicci sono condotte da un’Associazione che opera sul territorio, mentrele attività di ri-orientamento/ri-motivazione sono gestite da uno psicologo. 11 Vedi testo a cura di Speranzina Ferraro, Linee Guida In Materia Di Orientamento Lungo Tutto L’arco Della Vitapresente sul Sito http://www.pubblica.istruzione.it/dgstudente Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della RicercaDipartimento per l’Istruzione

2.4.1 Orientamento: interventi sperimentati dal progetto PER-CORSI

2.5 Formazione per gli insegnanti

La formazione è una operazione strategica che riesce a implementare lo sviluppodi tutto il sistema scuola andando a incidere anche sul suo apporto culturale.

Formazione in servizio e riprogettazione in senso professionale costituisce un altrointeresse del progetto Per-corsi. Ogni anno scolastico vengono promossi incontri diformazione/autoformazione per insegnanti con un triplice fine:

i innalzare la qualità della didattica delle singole discipline;i migliorare la relazione all’interno della comunità scolastica;i migliorare l’insegnamento dell’ italiano come lingua seconda.

I percorsi di formazione mirati all’ innovazioni della didattica accompagnano le in-segnanti anche:

i nella progettazione di attività mirate all’educazione al pensare, all’ascolto e alla

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condivisione democratica, puntando più che sulla trasmissione di saperi, a metodiper sviluppare competenze spendibili nel proprio contesto di azione;

i a trasformare il gruppo classe in una “comunità di ricerca” guardando allo sviluppodel singolo in una dimensione collettiva (al giorno d’oggi cosa più che mai neces-saria visti i rischi di una deriva individualistica del sapere e dell’apprendimento);

i a comprendere con maggiore approfondimento anche i propri fattori di disagio ein particolare quando la formazione rispetto ai bambini e agli adolescenti di ogginon venga più considerata all’altezza della situazione.

Le attività relative alla formazione degli ultimi anni hanno riguardato:i didattica per le materie scientifiche;i guida all’individuazione del disagio scolastico;i didattica L2;i educazione alla diversità;i la valutazione scolastica;i creazione di strumenti di osservazione;i learning by doing;i esercizio della cittadinanza;i educazione alle regole.

3. INTERVENTI DEL PUNTO DI ASCOLTO (A.S.2009/10)

Il Punto di Ascolto, attivo nelle scuole del nostro territorio ormai da qualche anno, haricevuto molti consensi da parte degli utilizzatori. Nell’anno scolastico 2009/10 si è deciso –con la consapevolezza che la scuola rap-presenta l’ osservatorio privilegiato per comprendere e intercettare situazioni che po-trebbero tradursi in disagio, disaffezione e dispersione scolastica– di avviareun’indagine conoscitiva sulle tipologie di utilizzatori e sulle problematiche riferiteda studenti, insegnanti e famiglie.Si sono così introdotti alcuni strumenti (schede) che consentissero un monitoraggio eun’analisi degli interventi del Punto di Ascolto. Le schede compilate dagli psicologi erano costruite in modo tale da raccogliere, perciascun intervento, pochi dati, ma significativi ai fini dello studio. In queste dovevanoessere riportate brevi osservazioni sul destinatario dell’intervento (studente/i, genitore/i,insegnante/i) e sulle problematiche/bisogni che lo spingevano a rivolgersi al Punto diascolto.

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3.1 Studenti

Nell’anno scolastico 2009/2010 il numero totale di studenti che si è rivolto al Puntodi Ascolto è di 245, considerando sia i colloqui individuali che quelli di gruppo.Modalità di accessoIl Punto di Ascolto era accessibile agli studenti della scuola secondaria di primogrado e a quelli del primo biennio delle scuole secondarie di secondo grado diScandicci.In base ad accordi interni, che variavano in ciascuna realtà scolastica, l’intervento del-l’esperto è stato richiesto direttamente dagli studenti attraverso due modalità principali:

i la prima consisteva nell’imbucare in apposita cassetta posta nella scuola, un bi-gliettino con il proprio nome. Lo psicologo una volta recuperate le richieste, ga-rantendo la maggior riservatezza possibile, incontrava gli studenti;

i in altri casi invece veniva segnato il proprio nome nell’agenda degli appuntamenti,tenuta da personale incaricato.

Studenti che si sono rivolti al Punto di Ascolto per colloqui individualiRiguardo ai colloqui individuali, dal grafico emerge che dei 160 studenti, la maggioreparte (103) è costituita da studentesse.

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Dopo un primo colloquio, a seconda della situazione presentata e delle necessità, lostudente ha avuto la possibilità di concordare con lo psicologo ulteriori incontri (anchese è da tenere presente che il numero totale di incontri è limitato, per non incorrere nelrischio di un trattamento terapeutico). Poco più della metà (90 studenti) degli studenti che si sono rivolti al Punto di Ascolto,ha concordato con lo psicologo un secondo incontro. Non tutti si sono presentati alsecondo incontro, ma tra chi lo ha fatto (76 studenti su 90), un’altra piccola percen-tuale (pari a 57 studenti) ha sentito il bisogno di richiedere un ulteriore momento diconfronto.

Gruppi di studenti che si sono rivolti al Punto di Ascolto In alcuni casi hanno richiesto un intervento anche gruppi di studenti. Dalle schedeemerge che i gruppi erano costituiti in media da tre studenti, salvo i casi in cui sono gliinterventi sono avvenuti in classe. Anche qui si può comunque individuare una diffe-renza di genere: su 32 gruppi (per un totale di 85 studenti), circa la metà sono gruppidi studentesse.Anche nel caso dei gruppi, come nel caso dei colloqui individuali, è possibile concordareulteriori incontri dopo il primo. La metà, cioè 16 gruppi su 32 ha proseguito con un se-condo incontro, mentre un quarto (8 gruppi) ha concordato con lo psicologo ulterioriincontri.

Età degli studenti che si rivolgono al Punto di Ascolto Dai dati raccolti è possibile anche rilevare a quale età maggiormente gli studenti si ri-volgono al Punto di Ascolto. Indipendentemente dal genere, nei colloqui individuali si rileva che sono stati soprattuttogli studenti di 13 anni ad aver usufruito di questo servizio (circa il 26% delle studentessee il 29% degli studenti). Il grafico inoltre mostra che anche le studentesse di 11 anni –nella stessa percentuale (circa 26%)– si rivolgono al Punto di Ascolto, mentre per i ra-gazzi una buona percentuale (circa il 22%) è relativa ai 12 anni.Anche nei gruppi si è riscontrata una maggior affluenza da parte di studenti di 13 anni.24

3.2 Famiglie

Nell’anno scolastico 2009/2010 si sono rivolte al Punto di ascolto 96 famiglie.

Modalità d’ accessoIl Punto di Ascolto è accessibile alle famiglie degli studenti che frequentano le scuoledel territorio, dalla scuola dell’infanzia (in un’ottica di prevenzione), al primo bienniodella scuola secondaria di secondo grado. I genitori solitamente richiedono l’appuntamento con lo psicologo attraverso l’insegnantereferente del progetto PIA.

Famiglie che si sono rivolte al Punto di Ascolto Generalmente sono le madri a aver stabilito un primo contatto con lo psicologo (n.49,pari al 51%), ma è comunque alta la percentuale dei casi in cui sono entrambi i ge-

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nitori (n.39, pari al 41%) a presentarsi al primo colloquio.Solo in n.8 casi (pari all’8%), è stato il padre a recarsi al primo incontro.

Anche per le famiglie è possibile concordare ulteriori incontri con lo psicologo, tuttaviaè emerso che nella metà dei casi il contatto si è “risolto” al primo incontro. L’altrametà ha concordato un secondo incontro, ma su 48 famiglie che lo hanno fatto, se nesono presentate 39. Infine per 10 famiglie è risultato opportuno proseguire con un ul-teriore incontro.

Nazionalità delle famiglie che si rivolgono al Punto di AscoltoAd inizio anno scolastico è prevista una fase di pubblicizzazione del Punto di Ascoltoper tutte le famiglie che hanno i figli a scuola, e su 96 famiglie che hanno usufruito delservizio. l’86% sono famiglie italiane, il 3% è costituito da famiglie miste, nella stessa per-centuale da famiglie romene. In minima percentuale, circa il 1-2% si sono rivolte alPunto di Ascolto anche famiglie polacche, peruviane e marocchine.

Dai dati raccolti emerge che sono state soprattutto famiglie che hanno i figli nella scuolaprimaria a essersi rivolte al Punto di Ascolto, precisamente il 51%. Segue una buonapercentuale, pari al 29% costituita da genitori di adolescenti che frequentano la scuolasecondaria di primo grado, mentre il 15% è rappresentato da famiglie che hanno avutobisogno di un confronto con una figura competente per il loro bambini della scuola del-l’infanzia.

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3.3 Insegnanti

Nell’anno scolastico 2009/2010 gli insegnanti che hanno usufruito di questo servizio,sia attraverso colloqui individuali che di gruppo sono stati n. 97.

Modalità d’accessoGli insegnanti si rivolgono al Punto di Ascolto individualmente o in team per avere unpunto di vista competente su alcune dinamiche che si vengono a creare tra gli studentiin classe o per avere uno scambio su singoli casi da comprendere e gestire adegua-tamente. Le insegnanti accedono al Punto di ascolto fissando un incontro tramite il collega refe-rente, o direttamente con lo psicologo.

Insegnanti che si sono rivolti al Punto di Ascolto Una consulenza individuale è stata richiesta da n.57 insegnanti, di cui n.45, pari al79% di ruolo. Una piccola per-centuale, circa il 7% sono inse-gnanti non di ruolo.

Anche per il corpo docente èpossibile concordare ulterioriincontri. Sono n.42 gli inse-gnanti, pari al 74% che hannoconcordato con lo psicologo unsecondo incontro, presentan-dosi però in 39. Fra questi 25,

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ovvero il 60% hanno avuto bisogno di proseguire con ulteriore incontro.

Team di insegnanti che si sono rivolti al Punto di Ascolto In alcuni casi gli insegnanti si sono rivolti al Punto di Ascolto presentandosi in gruppo. Sono n.13 i team (2-4 insegnanti) di docenti che hanno richiesto un intervento, per untotale di n.40 insegnanti. Rispetto ai colloqui individuali,sono soprattutto gli insegnanti non di ruolo ad aver ri-chiesto una consulenza con lo psicologo: il 61% si riferisce infatti agli 8 team di inse-gnanti non di ruolo. Il 31% corrisponde invece a 4 gruppi di insegnanti di ruolo.

La maggior parte dei team diinsegnanti ha ritenuto oppor-tuno stabilire, insieme allo psi-cologo, la prosecuzione degliincontri: infatti 10 gruppi su 13(pari al 77%) hanno concor-dato un secondo incontro, e fraquesti, 6 gruppi (pari al 60%)hanno concluso dopo un terzoincontro.

Ordine e grado di scuola a cui afferiscono gli insegnanti che si sono rivolti alPunto di AscoltoIn linea con ciò che è stato rilevato per le famiglie, sono soprattutto gli insegnanti dellascuola primaria e secondaria di primo grado a essersi rivolti al Punto di Ascolto, sia nelcaso di colloqui individuali che in team. In particolare sono stati n.23 su n.57 insegnanti della scuola secondaria di primo grado(circa il 41%) a richiedere un colloquio individuale, mentre la percentuale maggiore(circa il 53%) per i team (7 su 13) riguarda gli insegnanti della scuola primaria.Circa il 18% (10 insegnanti su 57) erano docenti delle scuole secondarie di secondogrado, che hanno usufruito del servizio singolarmente ma non in team.Una piccola percentuale, intorno al 6%, riguarda invece insegnanti della scuola dell’in-fanzia.È da sottolineare inoltre che ai colloqui individuale poco più della metà dei docenti in-segnano discipline umanistiche.

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4. PROBLEMATICHE RIFERITE AL PUNTO D’ASCOLTO

L’ultima parte dell’indagine corrisponde all’intenzione di avviare un percorso di com-prensione sui motivi (dichiarati) che spingono studenti, famiglie e insegnanti a richiedereun intervento al Punto di Ascolto, in modo da:

i tradurre il termine disagio scolastico nel concreto delle problematiche vissute daisingoli o dai gruppi di utilizzatori;

iottenere una mappatura in termini quantitativi delle problematiche riferite.

Il metodo di lavoro:1. Si sono estrapolare, dalle schede compilate dagli psicologi, le problematiche di-chiarate motivo della richiesta di intervento al Punto di ascolto.2. Sulla base dell’elenco ottenuto le singole voci sono state suddivise in due macroca-tegorie a seconda che le difficoltà dichiarate dai soggetti fossero prevalentementeespressione di un disagio legato al Sé, o alla dinamica Sé/Altro.

3. Il Disagio legato al Sé è stato a sua volta suddiviso in ulteriori aspetti riconducibili a: idimensione cognitiva;idimensione affettivo/emozionale;idimensione corporea.

Abbiamo inoltre aggiunto l’ulteriore dimensione “alla ricerca dell’abitare” per tuttequelle richieste che esprimevano il bisogno di orientarsi nel proprio ambiente di vita eche rispondevano alla domanda esplicita o meno esplicita “cosa potrò fare da grande?”.Sotto la voce Disagio legato alla dinamica Sé/Altro sono state raggruppate le proble-

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matiche legate all’interazione nei confronti dei pari, degli insegnanti o dei familiari.4. Il materiale è stato ulteriormente organizzato secondo 3 fasce d’età che possonopresentare fasi di sviluppo e caratterizzazioni diverse.

4.1 Studenti 11-12 anni: problematiche dichiarate

DISAGIO LEGATO AL SÉIn questa fascia d’età, preponderante è il numero di studenti che ha espresso difficoltànell’applicazione allo studio, sia individualmente che in gruppo. Molto più bassa è la per-centuale di problematiche riconducibili alla dimensione affettivo/emozionale, mentre ladimensione corporea e alla ricerca dell’abitare si rivelano problematiche marginali.

Dimensione cognitiva (n. 14)Per molti studenti la richiesta è stata quella di un accompagnamento rispetto a:

i ricercare un metodo di studio efficace; i risolvere la scarsa capacità di concentrazione; idiminuire lo svantaggio dovuto alla lingua (provenienza da un altro paese); i colmare i disturbi specifici di apprendimento.

Dimensione affettivo/emozionale (n. 4)Sotto la voce sfera affettivo/emozionale possono essere raggruppati disagi quali:

iquadri ansiosi da lievi a molto accentuati;ipaure come la paura delle interrogazioni che portano blocchi e difficoltà di fronte

ai momenti di valutazione;i relazioni affettive difficoltose al di fuori dell’ambito scolastico o familiare.

Dimensione corporea (n.2)Il motivo che ha spinto a rivolgersi al punto di ascolto:ibisogno di capire la trasformazione del proprio corpo;idifficoltà a comportarsi in un modo considerato da loro stessi giusto rispetto alla

propria età (dito in bocca).

Alla ricerca dell’abitare (n.2)Due sono i casi in cui gli studenti cercano un punto di vista competente per essere aiu-tati a capirsi in un’ottica di orientamento, di scelte e di indirizzi di vita.

DISAGIO LEGATO ALLA DINAMICA SÉ/ALTROLa relazione con l’altro, inteso sia come compagni che come insegnanti è alla base

dell’esperienza scolastica. Ma lo studente porta a scuola anche il proprio vissuto familiare.In questa macro-suddivisione le problematiche riferite dallo studente in relazione ai diversi“Altro” non hanno differenze in termini di percentuale. Nella maggior parte dei casi gli stu-

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denti si rivolgono al punto di ascolto per denunciare conflitti o difficoltà nel rapporto tracompagni e tra familiari. Minori, ma comunque presenti, i problemi con alcuni insegnanti.

Relazione con i pari (n.18)Gli studenti, nel caso di problematiche riferibili alle relazioni tra pari, si sono rivolti alpunto di ascolto sia singolarmente che in piccoli gruppi e hanno chiesto aiuto per farfronte a:

iprese in giro da parte dei compagni e sentimenti di inferiorità;inon accettazione da parte dei compagni;i fenomeni di bullismo;i rapporti problematici/conflittuali con la classe;idifficoltà di integrazione.

Soprattutto nei colloqui a piccoli gruppi si riportano situazioni di:iconflitti tra compagni a causa di gelosie e disaccordi;idisagio generalizzato;idifficoltà nei confronti di un compagno che disturba l’attività della classe.

Relazione con familiari: (n.11)Sappiamo bene come i rapporti con i familiari influiscano sull’esperienza scolastica. Al-cuni studenti infatti si sono rivolti all’esperto raccontando difficoltà legate a:

i rapporti conflittuali con uno o entrambi i genitori;iseparazione dei genitori; iperdita (morte) di un genitore; difficoltài richieste/aspettative pressanti dei genitori;imaltrattamenti familiari.

Relazioni con insegnanti (9)Alcuni studenti hanno riferito malesseri dovuti alla relazione problematica con alcunidocenti e hanno riferito:

i la sensazione di essere presi in giro; i il sentirsi trattati male; i il sentirsi rimproverati ingiustamente.

4.2 Studenti 12-14 anni: problematiche dichiarate

In questa fascia d’età sono molte di più in percentuale le problematiche riconducibiliad un disagio legato al Sé.

DISAGIO LEGATO AL SÉIn questa fascia d’età si rintracciano alcune problematiche legate a paure, insicurezzeo rapporti difficoltosi con i compagni, ma grande rilievo acquista la paura per l’esame

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e soprattutto lo spaesamento e l’incertezza rispetto al futuro. È presente un fortebisogno di capire quale sia l’indirizzo di studi dopo la scuola secondaria di primo grado,più rispondente all’ immagine di sé.

Dimensione cognitiva (n. 6)Per quanto attiene la dimensione cognitiva, gli studenti si sono rivolti al punto di ascoltoper essere aiutati a trovare un buon metodo di studio per affrontare l’esame.

Dimensione affettivo/emozionale (n.8 )Per ciò che invece attiene questa sfera alcuni studenti espongono:

ipaure legate all’esame; ispecifiche e serie problematiche; iattacchi di panico legati a ansia da separazione dalle figure parentali;isenso di isolamento, eccesso di timidezza percezione di non accettazione da

parte dei compagni.

Dimensione corporea (n.1)Eccessi di emozioni (rabbia)

Alla ricerca dell’abitare (n.38)Sono davvero molti gli studenti che, individualmente o in piccoli gruppi, hanno cercatodi confrontarsi con una figura esperta e competente per essere aiutati a capire chescelte fare per il proprio futuro in relazione alle proprie inclinazioni. L’approccio dello psicologo è diverso dalle attività di orientamento gestite dall’Associa-zione “Il Labirinto”, in quanto è maggiormente centrato su una riflessione personaledello studente a partire dall’immagine di sé e dalle sue reali aspettative.

DISAGIO LEGATO ALLA DINAMICA SÉ/ALTROAnche in questa fascia d’età, l’espressione del disagio in relazione agli altri si esprimesoprattutto nei confronti dei compagni e, solo in misura sensibilmente inferiore, in re-lazione ad insegnanti e familiari.

Relazione con i pari (n.5)Nella relazione tra compagni si sono rilevate problematiche relative al conflitto. I ragazziche si sono rivolti al punto di ascolto si sono descritti come:

ivittime di bullismo;iincapaci di accettare le diversità di orientamento sessuale di alcuni compagni

che cominciano a prendere forma in questa fascia d’età.

Relazione con familiari: (n.3)Per ciò che riguarda le problematiche riguardanti le relazioni familiari si trovano: iproblematiche relazionali;iconflitti dovuti alla ritrosia verso la frequenza scolastica;iconflitto sull’indirizzo di studi da intraprendere.

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Relazioni con insegnanti (3)In questo caso sono stati riportati rapporti problematici con alcuni docenti.

4.3 Studenti 14-16 anni: problematiche dichiarate

DISAGIO LEGATO AL SÉIn questa fascia di età i ragazzi hanno espresso richieste riguardanti soprattutto il pro-prio vissuto personale

Dimensione cognitiva (0)

Dimensione affettivo/emozionale (n.20)Molti sono gli studenti che hanno avuto bisogno di parlare con una figura esperta so-prattutto perché spesso colti da:

iansia da prestazione, talvolta associata a fobia scolastica; iansia legata a problemi sentimentali/amorosi;iansia legata a paura del rifiuto con tendenza a fare uso di alcool;iproblemi sentimentali quali gelosie, ossessività, paranoie;ieccessiva timidezza;istati di depressione;iscarsa fiducia in se stessi; idifficoltà di controllo dell’ umore.

Dimensione corporea (0)

Alla ricerca dell’abitare (n.12)Ciò che caratterizza il punto di Ascolto nel primo biennio della scuola secondaria di se-condo grado è soprattutto l’attività di riorientamento – rimotivazione. Molte sono statele attività finalizzate a questo tipo di intervento. Si evidenzia un contatto con i Centri For-mativi Professionali (CFP) e in un altro caso un trasferimento ad altro istituto scolastico.

DISAGIO LEGATO ALLA DINAMICA SÉ/ALTRORelazione con i pari (1)Unico il caso di uno studente che si è rivolto al punto di ascolto per un confronto sullagestione di un rapporto di amicizia.

Relazione con familiari (2)Due le situazioni segnalate per problemi familiari (un caso è legato a problemi di or-dine psichico di un familiare).

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Relazioni con insegnanti (2)Due le annotazioni su problemi di relazione con i professori

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4.4 Genitori e insegnanti: problematiche riferite

GENITORIIn questa sezione di testo, ci si posta in un’altra dimensione: quella della famiglia chesi rivolge al Punto di Ascolto per avere un sostegno di fronte ad una difficoltà, ad un di-sagio del proprio figlio che si ripercuote nel contesto scolastico. Le problematiche annotate si riferiscono ancora agli studenti, ma in questo casosono riportate dalle figure parentali che interpretano il disagio dei figli secondo il loropersonale punto di vista.Come si può osservare dalla tabella circa la metà delle famiglie che si sono rivolte alpunto di ascolto hanno figli che frequentano la scuola primaria. Non sono nemmenoda trascurare i genitori che hanno avuto bisogno di uno spazio di confronto per com-prendere e gestire le problematiche sorte nei loro bambini alla scuola dell’infanzia. Unabuona parte di genitori hanno figli che frequentano la scuola secondaria di primo grado. Questi ultimi dati fanno capire l’importanza della prevenzione nella lotta al disagio sco-lastico attraverso l’investimento relativo a queste fasce d’età.È da sottolineare che soprattutto per ciò che concerne le problematiche che ruotanoattorno alle relazioni familiari, lo psicologo ha suggerito l’invio a servizi specifici attivisul territorio, come il Raggio Verde o la ASL. In altre situazioni invece la famiglia è statainviata a servizi preposti alla diagnostica di possibili disturbi specifici di apprendimentoo di attenzione.

DISAGIO DEL FIGLIO LEGATO AL SÉDimensione cognitiva (n.23)Molte famiglie si sono rivolte al punto di ascolto lamentando per il proprio figlio:

ibasso rendimento scolastico; idemotivazione allo studio; i incapacità di concentrazione;iscarsa autonomia nei compiti a casa;idifficoltà di apprendimento, difficoltà di letto-scrittura;idifficoltà a orientarsi nella scelta dei servizi di diagnostica;i difficoltà nel caso di disturbi già diagnosticati a affrontare il percorso riabilitativo

(deficit di attenzione/iperattività (DDAI), disturbo specifico di apprendi-mento (DSA) dislessia).

Nel caso di un disturbo clinico o specifico di apprendimento non diagnosticato, ma se-gnalato dagli insegnanti i genitori talvolta sono restii ad accettare di rivolgersi alle sedicompetenti per indagini ulteriori.

Dimensione affettivo/emozionale (n.29)Nella sfera affettivo/emozionale si trovano le segnalazioni di situazioni specifiche comead esempio:

istati d’ansia dei propri figli;

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idifficoltà di inserimento scolastico;iscarsa autostima, eccessiva timidezza;iattacchi di panico responsabili di frequenza irregolare;idifficoltà a rispettare le regole; imodalità oppositive;iblocco emotivo durante le interrogazioni;iproblemi di comportamento;iaggressività, scoppi d’ira e scarso controllo della rabbia.

Dimensione corporea (n.4)In questa dimensione ciò che troviamo annotato nelle schede degli psicologi sono so-prattutto problematiche relative a bambini della scuola dell’infanzia e della primaria. Igenitori si sono rivolti al punto di ascolto spesso dopo segnalazioni da parte delle mae-stre che hanno rilevato un disagio nel bambino. In questi casi i professionisti hannostabilito contatti con le insegnanti per comprendere meglio la situazione. Queste le pro-blematiche frequenti:

iproblemi alimentari;idifficoltà motorie; ienuresi collegata a comportamenti aggressivi;imovimenti ripetitivi e stereotipati.

Alla Ricerca dell’abitare (0)

DISAGIO DEL FIGLIO LEGATO ALLA DINAMICA SÉ/ALTRORelazione con i pari (n.4)Le famiglie che si sono rivolte al punto d’ascolto hanno osservato in questo ambito:

iinsicurezza collegata alla difficoltà di rapporto con i compagni;iatteggiamenti ispirati al vittimismo.

Relazione con familiari (n. 27)In questa dimensione sono state raccolte tutte quelle situazioni in cui sono stati espli-citamente dichiarati problemi familiari con ripercussioni sui figli, ma anche tutti queicasi in cui la comunicazione di problemi familiari è avvenuta non in modo spontaneo,ma attraverso l’aiuto dei professionisti. Trattandosi comunque di relazioni intra-familiarispesso il punto di ascolto ha suggerito di rivolgersi al Raggio Verde.

Si segnalano prevalentemente: i reazioni alla separazione dei genitori o ai disaccordi tra genitori o a cambiamenti

familiari, situazioni comunque che creano disagi a vari livelli;idisagi legati al rapporto con un genitore che creano conflitto familiare;idisagio dovuto alla perdita (lutto) di una figura genitoriale;igelosia verso fratelli/sorelle;inon rispetto delle regole;iansia e paura di esprimere la stessa violenza assistita nei confronti di un genitore.

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Relazioni con insegnanti (n.4)Si sono verificate anche situazioni in cui i genitori si sono rivolti al punto di ascolto perproblemi sorti con gli insegnanti. La questione è delicata perché a volte il problema nonè direttamente la relazione bambino-insegnante, quanto quella genitore-insegnante.In questi casi, infatti, i genitori imputano il disagio del figlio all’approccio relazionale emetodologico utilizzato dall’insegnante. Nello specifico si sono segnalati:

i critica della metodologia didattica;i disagio scolastico visto come il risultato del continuo cambiamento di inse-

gnanti;ipercezione di atteggiamenti scorretti/poco adeguati degli insegnanti.

INSEGNANTI: PROBLEMATICHE DICHIARATEDel Punto di ascolto hanno usufruito anche gli insegnanti, in particolar modo quelli dellescuole primarie e secondare di primo grado. Una buona percentuale di questi hannoavuto colloqui a piccoli gruppi, e talvolta si sono creati dei veri e propri momenti di for-mazione che hanno visto gli psicologi organizzare percorsi finalizzati a comprenderemeglio alcuni disagi degli studenti e capire come affrontarli.

Anche nel caso degli insegnanti, che riferiscono (in forma indiretta) problematiche cheriguardano gli studenti si utilizzano le stesse categorie interpretative. Le rappresenta-zioni degli insegnanti del disagio scolastico sono molto importanti, in quanto le loro in-terpretazioni vengono tradotte nelle prassi e relazioni quotidiane.

DISAGIO LEGATO AL SÉDimensione cognitiva (n.9)Per ciò che concerne questa dimensione ci troviamo di fronte a segnalazioni di inse-gnanti della scuola primaria in particolar modo:

idifficoltà di apprendimento da parte di alcuni studenti; i probabili disturbi e ritardi cognitivi da confermare o smentire ed eventualmente

poter affrontare; ideficit di attenzione o di linguaggio.

Dimensione affettivo/emozionale (n.33)Il principale motivo per cui gli insegnanti si sono rivolti al Punto di Ascolto riguardavano:

i cattive relazioni all’interno della classe;idifficoltà di riconoscere le regole; i comportamenti aggressivii;i troppe assenze;idemotivazione verso lo studio.

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Dimensione corporea (0)

Alla ricerca dell’abitare (n.2)Gli insegnanti si sono rivolti al punto di ascolto del primo biennio della scuola secondariadi secondo grado per gestire situazioni di studenti in difficoltà che manifestavano l’esi-genza di rintracciare il motivo delle proprie scelte formative.

DISAGIO LEGATO ALLA DINAMICA SÉ/ALTRO

Relazione con i pari (n.5)Nonostante siano numericamente inferiori i colloqui richiesti dagli insegnanti per pro-blematiche relative alla dimensione sociale dei loro alunni, non manca lo sguardo at-tento sulle dinamiche relazionali, in particolar modo vengono segnalati:

iproblemi di integrazione nei confronti del gruppo classe;iazioni prepotenti e vittime di questi atti;

Relazione con familiari (n.3)In questo ambito dagli insegnanti viene richiesto uno spazio di riflessione in relazionealle problematiche espresse dagli studenti. In particolare si richiedono approfondi-menti su:

i la gestione di segnali di disagio degli alunni con genitori separati;imaltrattamento intrafamiliare.

Relazione con insegnanti (0 richieste)

È bene rammentare anche un ultima problematica riferita dagli insegnanti. Viene infattisegnalata, con una certa insistenza, la difficoltà nella gestione della corretta relazionecon i familiari. Relazione sulla cui importanza si fondano le finalità educative scolasti-che e la continuità scuola-famiglia, ma che diventa ancor più strategica quando si trattadi trovare il giusto modo di interagire nel caso di difficoltà scolastiche e disagi vissutidagli studenti

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PARTE SECONDA

SGUARDI SULLE AZIONI

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I CARE: mi interessa… L’esperienza di un Punto di ascolto nella scuola.

Diletta de Bernart, psicologa

Quanto segue nasce dalla richiesta di raccontare cosa succede dentro la stanzadi consulenza, di dare un colore e un “calore” ai dati che parlano di affluenza e per-centuali di casi trattati. Ho iniziato a scrivere chiedendomi quale volto, quale percorsopotessi usare per cercare di descrivere il senso di un lavoro a volte indefinito comequello di chi offre una consulenza psicologica all’interno della scuola. Ripercorrendoquesti anni di incontri, mi sono però resa conto che non è possibile raccontare le storiedi tutti i bambini che mi vengono riportate da genitori e insegnanti. i motivi per cui nonho saputo (o voluto) scegliere sono essenzialmente due: da una parte la difficoltà dipreferire una storia piuttosto che un’altra, perché ognuna contiene in sé qualcosa dispeciale e unico che la rende degna di essere raccontata; dall’altra il bisogno di nonvenire meno al vincolo di riservatezza imposto dal segreto professionale, perché lapossibilità di raccontarsi poggia proprio sulla fiducia che la propria storia sarà custoditain modo prezioso. Scegliere uno o più casi particolari avrebbe a mio giudizio messoa repentaglio questa fiducia, perché la ristrettezza del contesto al quale queste storieappartengono (un comprensorio scolastico ben identificato) avrebbe inevitabilmenteesposto i protagonisti al rischio di essere riconosciuti e identificati. Da qui la scelta dimischiare le carte e raccontare una “storia delle storie”, una sintesi basata sui casiche ho seguito ma non riferita a nessuno di essi in particolare. Scelta basata anchesulla constatazione che ogni storia, pur diversa da tutte le altre, allo stesso tempoconserva alcuni elementi di fondo che rendono possibile dare un’idea di quello cheavviene quando un genitore, o un insegnante, decide di chiedere un appuntamentoallo sportello di ascolto e consulenza.

Perché tutto parte da lì, dalla ricerca di un incontro, di un aiuto, molto spesso anchepiù semplicemente di uno spazio e di un tempo in cui fermarsi a riflettere con l’aiuto diun orecchio attento. Perché già arrivare a quel momento, quello in cui l’appuntamentoè fissato in un giorno e in un orario precisi, è spesso un percorso a sé, fatto di dubbi,ripensamenti, paure e speranze. È un percorso che lo psicologo può solo intuire ma dicui deve tenere conto: spesso la cosa più difficile è riuscire a chiedere aiuto, perché ri-volgersi a uno sportello psicologico porta inevitabilmente con sé un certo timore delgiudizio, della valutazione. Una mamma può chiedersi se verrà valutata la sua capacitàdi essere un buon genitore, magari teme di vedersi responsabilizzata proprio per quelle

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difficoltà che la portano a chiedere aiuto e deve riuscire a superare l’ansia che questipensieri portano con sé per riuscire a arrivare fuori dalla porta della stanza di consu-lenza, pronta a varcarne la soglia. Per l’insegnante la cosa è apparentemente più facile:i timori di essere giudicati dal punto di vista professionale ci sono, ma la collaborazionetra corpo docente e figure specializzate è andata consolidandosi negli ultimi decenni,ponendo le basi per una sensibilità e una condivisione diverse; si è formata la consa-pevolezza che lo psicologo, quando è presente, è una risorsa e non un elemento di di-sturbo; sono diventati progressivamente più chiari i motivi che possono portare adattivare questa risorsa così come anche le forme attraverso cui questa collaborazionesi realizza. Soprattutto poi quando lo psicologo riesce a diventare un elemento del si-stema-scuola, tutto diventa più facile e si creano dei veri e propri percorsi consolidatidi consulenza.

Così (spero) è accaduto nella mia esperienza e questo è anche il motivo per cui hodeciso di raccontare cosa succede quando la consulenza coinvolge famiglia e inse-gnanti nella ricerca di una soluzione condivisa. Non si tratta dell’unico tipo di interventoche mi sono trovata a svolgere: talvolta vengono famiglie che si sono separate o sistanno separando e cercano di capire come gestire tutto il carico di difficoltà che questocomporta per loro e per i loro figli. Oppure genitori che chiedono un consiglio su comeaffrontare le difficoltà di ogni giorno, come far rispettare le regole, come gestire la ge-losia e la rivalità tra fratelli. O, ancora, può trattarsi di un insegnante che ha bisogno diconfrontarsi, per capire se le decisioni prese sono le migliori per affrontare il disagio diun alunno. Insegnanti che cercano il mio aiuto per affrontare problemi specifici di ungruppo classe. Come ho detto, ognuna di queste storie meriterebbe di essere raccon-tata, ma questo richiederebbe molto più spazio di quello che ho intenzione di utilizzare,e forse anche molta più pazienza da parte di chi legge. Da qui la decisione di raccontarecosa succede quando tutti sono coinvolti: genitori e insegnanti, non solo per dare il giu-sto spazio a entrambe le “tipologie di utenza” che si rivolgono a questo tipo di sportello,ma piuttosto perché questa è la situazione in cui si generano i cambiamenti più signi-ficativi, quella in cui il mio operato assume il senso e il peso maggiori, proprio attraversoil fatto di rendere possibile un incontro e una condivisione che forse, senza lo spaziodi consulenza, avrebbero faticato a trovare una forma e una direzione.

Dunque ci siamo fermati fuori dalla porta dello psicologo, nessuno, tranne me, èancora entrato e la mano sulla maniglia può essere quella di una mamma, di un babboo di una maestra. Non è importante: chiunque mi troverò davanti, all’incontro successivoci sarà la controparte, a al terzo saremo tutti insieme. Non è importante: perché siache la richiesta del primo appuntamento venga dalla famiglia o dagli insegnanti, moltospesso l’altra parte ne è informata: magari sono state proprio le maestre a consigliaredi chiamare lo sportello, oppure i genitori hanno comunicato la loro decisone di richie-dere una consulenza chiedendo agli insegnanti di rendersi disponibili per un incontro.Facciamo conto che il primo appuntamento sia fissato con la famiglia: di solito miaspetto che sia la madre a venire, ma sempre più spesso sono stata piacevolmentecontraddetta nel vedere che anche i padri ci tengono a essere presenti quando si trattadi problemi dei loro bambini. All’inizio i gesti sono un po’ impacciati, da entrambe leparti, io indico delle sedie che poi sono di solito quelle occupate dai bambini al mattino

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durante le lezioni, i genitori si siedono ma non tolgono il cappotto, si guardano intornoe sorridono aspettando. L’apertura tocca a me: raccolgo qualche dato puramente ana-grafico che mi aiuterà a tracciare una mappa della famiglia, perché proprio di unamappa si tratta, un grafico che riassume parentele e relazioni e che aiuterà a orientarsinel momento delle domande vere e proprie. Ovviamente la mia prima vera domandaè quella di parlarmi del “grande assente”: il bambino, o la bambina, e il problema cheli porta da me. Qui è necessario un altro inciso: nella mia stanza i bambini in teoria nondovrebbero entrare mai e in pratica entrano solo raramente. Questa scelta risponde adiverse ragioni: innanzitutto una considerazione preliminare sull’età dei bambini di cuisi parla; lavorando con la Scuola dell’Infanzia e, in misura ancora maggiore, con laScuola Primaria, si tratta di bambini che hanno al massimo 10 o 11 anni, ancora “piccoli”per affrontare un colloquio con lo psicologo cogliendone appieno le finalità, ma forsenon tanto “piccoli” dal non sentirsi a disagio in una situazione che talvolta può rendereansioso anche un adulto. Quindi una scelta protettiva nei loro confronti ma anche deigenitori che senza i figli sono sicuramente più liberi di parlare di ciò che li preoccupa.La seconda ragione rimanda invece ad una precisa scelta metodologica: l’assunzionedi un ottica sistemica, che è alla base del mio lavoro, mi impone infatti di guardare aiproblemi del singolo come al risultato di una dinamica di sistema, in poche parole sonoconvinta che un bambino problematico non sia esso stesso il problema, ma solo il por-tavoce di malesseri che hanno la loro origine in relazioni e scambi che riguardano igrandi: questo non vuol dire che siano i grandi il problema, ma che attraverso di loro sipuò arrivare alla soluzione. Poniamo l’esempio del rispetto delle regole: spesso la dif-ficoltà di un bambino a seguire semplici regole non è dovuta tanto ad una sua intrinsecatendenza verso la ribellione, quanto piuttosto ad una mancanza di coerenza da partedel sistema che quelle regole deve porre e far rispettare, per cui il bambino semplice-mente non capisce cosa gli è effettivamente chiesto di fare (o non fare), oppure – datoche seguire le regole è sicuramente più faticoso che non farlo- trova delle “falle” nellarete che dovrebbe educarlo e decide di approfittarne. In questo caso non c’è colpa daparte dei genitori, ma piuttosto confusione nella comunicazione, sia all’interno dellacoppia genitoriale che tra genitori e figlio ripristinare una buon livello di scambio, confinalità condivise e obbiettivi concordati è l’unico modo per risolvere la situazione. Piùo meno la stessa cosa avviene quando la consulenza coinvolge famiglia e insegnanti.Riprendendo il filo del racconto siamo alla fase di “apertura”, quella in cui i genitori rac-contando del figlio si sciolgono: è sempre molto bello vedere quanto amore questemamme e babbi comunichino nel momento in cui parlano del proprio bambino; quandoripercorrono le tappe della sua nascita, delle scoperte e delle conquiste fatte durantela crescita e, inevitabilmente, delle difficoltà incontrate. Anche quando emerge una sof-ferenza nel racconto, questa è legata al desiderio di aiutare il proprio bimbo e alla pauradi non riuscire a farlo. Questa è la parte dell’incontro in cui lascio i genitori liberi di par-lare, per dare loro modo di liberare la tensione che magari li ha accompagnati fino aquel momento; per questo è importante che i bambini non siano presenti, perché da-vanti a loro non sarebbe possibile per i genitori aprirsi fino in fondo (e per questo inquei rari casi in cui il figlio è presente, dopo una parte iniziale di conoscenza e rassi-curazione, lo allontano magari anche solo per poco). È un momento molto importante

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in cui arrivano le informazioni più importanti, non solo e non tanto sul problema che haportato alla richiesta di una consulenza, ma soprattutto sul modo in cui questo problemaviene vissuto all’interno della famiglia: emozioni, reazioni, soluzioni scaturite dall’af-frontare la difficoltà del proprio bambino sono infatti importanti quanto il problema stessoai fini della ricerca di una soluzione. Di solito devo interrompere il racconto dei genitoriper i limiti di tempo imposti all’incontro. Negli ultimi minuti del colloquio cerco di dareuna restituzione di quanto mi è stato raccontato, analizzandone gli elementi fondamen-tali e, soprattutto, offro una prospettiva sui possibili percorsi da intraprendere per risol-vere il problema. Quando la difficoltà che viene riportata riguarda la vita scolastica delbambino (non sempre è così) o quando so, per voce dei genitori o delle stesse maestre,che gli insegnanti avrebbero piacere di partecipare alla consulenza, tra le soluzioni chepropongo c’è sempre quella di organizzare un incontro con il gruppo dei docenti senzala famiglia e successivamente un incontro “congiunto” che veda la famiglia e la scuolainsieme allo stesso tavolo. In questa fase è per me molto importante che i genitori chemi siedono di fronte capiscano che non chiedo di vedere gli insegnanti perché non mifido della loro versione dei fatti, ma piuttosto perché è fondamentale che la ricerca diuna soluzione passi attraverso il coinvolgimento di tutti quelli che hanno a che vederecon il problema. Quasi sempre i genitori non hanno alcuna difficoltà a capire che se ilproblema del loro bimbo sta sui banchi di scuola è importante cercare la collaborazionedelle maestre per risolverlo. Così l’incontro termina programmando il calendario deicolloqui successivi e spesso sono proprio le mamme (o i babbi) a incaricarsi di comu-nicare alle insegnanti le date di un possibile incontro e poi farmi avere la conferma del-l’appuntamento.

Viene così il “turno” delle maestre. Ormai sono bravissime e arrivano da me ingruppo e “armate” di quaderni. Così mi raccontano l’altra faccia del problema, o megliomi aiutano a completare il quadro fornendo un’angolazione diversa rispetto a quellaascoltata dai genitori. L’andamento dell’incontro è per molti versi simile a quello con igenitori, e anche in questo caso per me è molto importante sapere come gli insegnantistiano vivendo il problema e quali soluzioni abbiano cercato. Capire cosa è stato fattoè il primo passo per orientarsi nella ricerca di una percorso che permetta di superare ilproblema. È poi davvero rincuorante sentire quanta passione (lavorativa) e affetto gui-dino le azioni di queste maestre che, pur oberate di lavoro e non sempre adeguata-mente riconosciute nel loro impegno, trovano il tempo per venire a parlare con me peraiutare uno dei “loro” bambini. Anche in questo caso l’incontro termina con una miabreve analisi degli elementi centrali del problema e in una prima ipotesi di intervanto,alla ricerca di soluzioni concrete che permettano di modificare in meglio la situazione.

E arriva così il momento dell’incontro “congiunto”. I primi tempi in cui svolgevo ilmio incarico allo sportello di ascolto e consulenza, questo era l’incontro che temevo dipiù, perché nonostante i colloqui precedenti non sapevo sempre cosa aspettarmi: qualeatmosfera ci sarebbe stata, quanta disponibilità avrei incontrato da parte dei miei in-terlocutori, e magari tendevo ad aspettarmi il peggio. Ho scoperto invece che questoincontro è spesso molto atteso anche dai genitori e dagli insegnanti, che trovano cosìil tempo e il luogo adatti ad un confronto che non sempre può accontentarsi dei minutirubati sulla porta della scuola al momento di portare o riprendere il bambino. Il mio in-

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tento fondamentale è proprio quello di ristabilire un canale comunicativo che spesso siè “inceppato”, le ragioni possono essere tante: la mancanza di occasioni tranquille incui parlare, eventuali fraintendimenti, la difficoltà di raccontare o spiegare il propriomodo di vedere il problema. Essenzialmente allora il mio lavoro è quello di ricostruiregli incontri precedenti, esponendo le due visioni del problema, per far emergere comequeste siano in fondo molto più simili di quanto non possa sembrare. Le due versioni,familiare e scolastica, del bambino e delle sue difficoltà non devono infatti essere intesecome antitetiche ma piuttosto come complementari: ognuna fornisce e integra elementiche mancano all’altra. Come sempre dico anche a genitori e insegnanti, ciascuna partepossiede una conoscenza specifica che può funzionare meglio se unita a quella dellacontroparte: i genitori sono sicuramente gli “esperti”, nessuno può conoscere quel bam-bino meglio di loro stessi dal momento che passano con lui la maggior parte del suotempo da quando è nato e lo hanno visto crescere, ma manca loro il metro di paragone;al contrario le maestre hanno una conoscenza “ridotta” perché relativa al tempo che ilbambino trascorre a scuola, ma possiedono un “occhio allenato” dall’aver avuto a chefare con molti altri bambini prima di questo. Lo scopo dell’incontro è esattamente quellodi permettere il confronto tra questi due punti di vista, per costruire una definizione con-divisa del problema che sarà alla base della ricerca di una soluzione altrettanto condi-visa. È importante che i genitori capiscano come le maestre stanno vivendo il problemae viceversa, perché questo li aiuta a capire che i sentimenti di impotenza e difficoltàsperimentati di fronte a un comportamento dirompente o ad un andamento scolasticonegativo, sono spesso gli stessi. La scoperta di questa condivisione, dove magari siavvertiva invece una contrapposizione è il primo ma fondamentale passo verso il cam-biamento. Capire che nessuno pretende di avere in mano il bandolo della matassa,ma che questo deve essere faticosamente costruito insieme è di centrale importanza.Su questa base guido il momento successivo di ricerca di strategie e soluzioni per af-frontare il problema, che riguarderanno in parte i genitori - spesso suggerisco di adottareun sistema basato sui premi per incentivare il rispetto delle regole - in parte riguarde-ranno gli insegnanti, attraverso la predisposizione di percorsi mirati da adottare per su-perare eventuali difficoltà di apprendimento o di comportamento manifestate dalbambino in classe. Genitori e insegnanti programmano così una serie di comportamentitra loro collegati attraverso cui si costruisce la rete di regole che permetterà al bambinodi migliorare il proprio comportamento e rendimento in classe. In questo modo tutte lerisorse presenti nel contesto vengono attivate: ognuno può e deve fare la sua parte.Vengono poi programmate le modalità attraverso cui mantenere aperto il canale discambio tra genitori e insegnanti, ad esempio prevedendo dei colloqui a scadenze pre-cise, talvolta ma non necessariamente in mia presenza. Soprattutto sottolineo come ledue parti devono informarsi a vicenda sui progressi o sugli ostacoli incontrati, in mododa rinforzare l’azione reciproca anche agli occhi del bambino, che così si sentirà all’in-terno di un sistema coerente e affronterà più facilmente il cambiamento. A questo puntoil più del mio lavoro è fatto e se effettivamente tre incontri possono sembrare pochi (maaltrimenti non sarebbe possibile dare a tutti quelli che ne fanno richiesta, la possibilitàdi venire allo sportello), famiglia e insegnanti andranno avanti da soli.

Se dovessi riassumere in poche parole in cosa consiste il lavoro di uno psicologo

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che gestisce uno sportello di ascolto e consulenza all’interno della scuola, direi che èessenzialmente quello di un catalizzatore, in grado di analizzare gli elementi di un pro-blema e soprattutto di attivare le risorse necessarie per risolverlo. Risorse che sonogià presenti nelle persone che allo sportello si rivolgono e tra le quali la più importanteè sicuramente l’amore e l’impegno che guidano le azioni di chi si occupa di bambini:anche nel corso degli incontri più “tempestosi”, è spesso bastato ricordare a genitori einsegnanti che tutti in fondo eravamo lì con lo scopo di aiutare quel bambino per mo-dificare in modo radicale il clima del colloquio, permettendo la costruzione di una rela-zione autentica tra scuola e famiglia, fondata sulla condivisione e sulla cooperazione.Stranamente direi che il nome che anni fa ho scelto per il mio sportello ha trovato, nelcorso del tempo, un sempre maggior fondamento: davvero penso che le parole-chiavedel mio operato siano incontrarsi, conoscersi, aiutarsi e relazionarsi.

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Punti di Ascolto nelle scuole secondarie superioriPatrizia d’Ayala Valva, psicologa

La scuola era cominciata da poco. I ragazzi mi guardavano sbigottiti e curiosiquando entrai in classe per presentare il “Punto di Ascolto”. Erano alunni della ScuolaSecondariadi Primo Grado che, quando iniziai a lavorare in qualità di psicologa nelProgetto Per- Corsi, si chiamava Scuola Media.

Sono trascorsi poco più di dieci anni da allora e, grazie al progetto, il disagio con-tinua a trovare nel Punto di Ascolto un valido spazio di accoglienza e di espressione fi-nalizzate alla prevenzione sia sotto il profilo didattico che educativo. In questaprospettiva l’intervento psicologico si è sempre dimostrato lo strumento più efficacepoiché crea le condizioni che consentono allo studente di verbalizzare dubbi, problemie paure. L’elaborazione dei contenuti del disagio permette di individuare i fattori che lohanno causato: trattasi, quasi sempre, di multifattorialità nell’ambito di fenomeni psichicicomplessi. Dagli undici ai tredici anni (questa è l’età dei miei utenti) non si è né adulti,né bambini; ci si sente un po’ maschi e un po’ femmine, il bisogno di stare con gli altrisi alterna al bisogno di stare soli, l’euforia muta in improvvisi momenti di tristezza. Lasemplice comunicazione di un malessere, se isolata e circoscritta al rapporto psicologo– studente, si è dimostrata nel tempo insufficiente a contrastare il rischio di dispersionescolastica. Il diritto allo studio e la sua promozione richiedono un modello di interventocapace di interpretare la prevenzione come la presa in carico di tutti i soggetti coinvoltinelle relazioni dell’alunno: i compagni, i docenti e la famiglia. In una visione della scuolacome sistema i cui membri creano una rete di rapporti significativi, il “Punto di Ascolto”,nel corso degli anni, si è dovuto ridefinire offrendo di volta in volta un servizio psicologiconel quale le attività svolte rispondessero effettivamente ai problemi proposti. Si sonocreate interazioni fra i vari soggetti coinvolti che hanno consentito scambi e collabora-zioni grazie ai quali sono maturate scelte operative adeguate individuali e di gruppo.L’ascolto e il tentativo di dare risposte e sostegno si sono consolidati nell’ambito di unaconsulenza rivolta non più soltanto agli studenti, ma anche agli insegnanti ed ai genitoriin un’ottica circolare scuola – famiglia nel rispetto della centralità dell’alunno. Facciamoalcuni esempi da cui si può constatare l’utilità del Punto di Ascolto. Ricordo il caso diun’alunna che ha superato il blocco che le impediva di sostenere l’interrogazione inpiedi, vicina alla cattedra, quando si evidenziò che il problema era la paura del giudizio.La mia figura, in qualità di esperto ma non di insegnante, né di genitore, le aveva per-

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messo di esprimersi senza sentirsi giudicata in un rapporto tecnico appositamente aset-tico ma non per questo esente da comprensione. La consulenza spesso diventa utilein quei casi in cui la scuola è dai genitori vissuta come controparte. Recentemente uncaso di rifiuto di applicazione allo studio è emerso chiaro all’alunno quando ha capitoche il suo comportamento era considerato sbagliato dal professore ma, in contrappo-sizione, rinforzato in famiglia.

L’intervento dello psicologo può avere una valenza formativa anche per l’insegnantequando è egli stesso a richiederlo. Il dialogo con lo psicologo presso il Punto di Ascoltooffre infatti al docente l’opportunità di un confronto con le difficoltà che incontra nel ten-tativo di gestire le diverse problematiche che ostacolano il regolare svolgimento delladidattica in classe. Il miglioramento degli aspetti comunicativi ed empatici nella relazionedocente – discente spesso ha contribuito a recuperare un clima positivo nella classe.

L’ora dedicata all’incontro con le classi, con la compresenza dell’insegnante, du-rante i primi mesi di scuola, ha lo scopo di informare i ragazzi sulle modalità di accessoal Punto di Ascolto, compresi il giorno e l’orario di apertura e le finalità del Servizio. Taliinformazioni sono fatte pervenire anche alle famiglie per mezzo di una circolare. Nelcorso della mia esperienza, gli incontri con i gruppi classe hanno assunto un’importanzasempre maggiore tanto che il primo ciclo degli interventi proposti dal Punto di Ascoltoè ora tutto dedicato a questi gruppi. Tale tipo di gruppo, ben lungi da essere una puraformalità, è l’occasione di una doppia opportunità: agli studenti e ai docenti, anch’essipartecipi, di conoscersi e interagire con la figura dello psicologo come mediatore e fa-cilitatore e alle famiglie, che informate del Punto di Ascolto, possono anch’esse rivol-gervisi, sempre nell’interesse dell’alunno e del suo buon rendimento scolastico. Durantel’incontro i ragazzi sono coinvolti dalle tematiche che li riguardano direttamente, comelo studio, il rapporto con i compagni, il rapporto con la famiglia, il rapporto con sestessi...La comunicazione dopo i primi momenti di incertezze, paure, imbarazzo, timoredi essere giudicati diventa sempre più intensa e coinvolgente. Sono gli studenti stessiad offrire spunti interessanti se si dà loro modo di interagire. Utilizzo sempre i loro spuntie le loro domande per rispondere, informare e formare superando il pregiudizio che ri-volgersi allo psicologo significhi essere strani o deboli. Essere accettati nel gruppo deipari, avere un ruolo nel quale sentirsi riconosciuti dai compagni sono aspetti che assu-mono una particolare importanza in questa fase dello sviluppo. La fase di vita del-l’utenza del Punto di Ascolto è l’adolescenza, periodo di vita in cui la percezione di sè,nella costante ricerca di autodefinirsi, si rivela anche e soprattutto attraverso l’identifi-cazione con i propri pari e nel sentirsi accettati all’interno del gruppo. Nella mia qualitàdi psicologo, nel lavoro con il gruppo classe, garantisco ai ragazzi il diritto a essereascoltati come persone e non solo come studenti ed è questo che produce in loro unapossibilità trasformativa. Faccio loro scoprire il senso della mia presenza e l’utilità delServizio con domande del tipo: “ Secondo voi cosa ci fa uno psicologo a scuola?” “Puòessere utile” “A cosa può essere utile?” E risposte del tipo: “State tranquilli, siete tutelatidal segreto professionale” “Avete diritto alla vostra privacy”.

Solo così si sentono considerati e manifestano il loro consenso. Di particolare in-teresse in questo periodo è la nascente collaborazione con un gruppo di insegnantidisponibili a sostenere sia alunni con difficoltà di apprendimento sotto soglia sia alunni

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a rischio di dispersione non a causa di un disturbo specifico dell’apprendimento maper carenze affettive, socioeconomiche, familiari. Il recupero di tali difficoltà è semprepossibile là dove lo studente ha la possibilità di essere seguito con attenzione dallafamiglia. Purtroppo la scarsa consapevolezza della natura del problema rende spessoquesti casi, che sarebbero recuperabili, abbandonati a se stessi divenendo irrecupe-rabili e per tale motivo a rischio di dispersione scolastica. Considero molto importanteperciò che, da parte dei professori, ci sia la domanda di un intervento interdisciplinareche trovi nel Punto di Ascolto suggerimenti operativi capaci di offrire ai docenti strategiee strumenti didattici alternativi e compensativi attraverso i quali aggiornare i loro stilidi insegnamento. Per questi motivi lo spazio Punto di Ascolto è prezioso, perché offreun tasso di prevenzione al rischio di abbandono scolastico che secondo la mia espe-rienza è insostituibile.

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Servizi di consulenza presso gli Istituti SuperioriGiacomo Panichi, psicologo

Il servizio di consulenza psicologica dentro la scuola cerca di dare una risposta nelqui ed ora delle esigenze degli studenti, siano esse di tipo scolastico che di tipo psico-relazionale e vuol essere una risorsa per chi risulta più fragile nel mantenimento delpercorso formativo.

Le problematiche riguardanti gli aspetti scolastici sono generalmente collegate allascelta dell’indirizzo, alla motivazione allo studio o al metodo di studio. Le problematichelegate ad aspetti di tipo psico-relazionale riguardano molto spesso il clima in classe, ledinamiche di gruppo, la relazione coi docenti. È importante anche ricordare le variabiliextrascolastiche che influiscono sull’andamento scolastico come le relazioni familiari,amicali o intimo-affettive. In questa eterogeneità di problematiche il servizio si proponedi offrire uno spazio all’adolescente-alunno in cui poter riflettere e comprendere situa-zioni spesso complesse e difficili da affrontare in solitudine.

Personalmente mi occupo di due servizi di consulenza il primo all’Istituto Russell-Newton legato prettamente al ri-orientamento; il secondo al Liceo Alberti.

Il servizio di consulenza scolastica differisce nelle due scuole sia per la quantità diore impiegate che per il target. L‘Istituto Russell-Newton viste le sue dimensioni e lapluralità di indirizzi (Liceo scientifico e classico, Istituto tecnico per geometri, Istitutotecnico commerciale) ha al suo interno due servizi di ascolto. Il primo, non gestito coni fondi PIA, è orientato esclusivamente a quella che è la sofferenza e/o disagio adole-scenziale; il secondo (presso il quale opero) ha il compito di ri-orientamento e della ri-motivazione scolastica.

Le attività hanno cadenza settimanale. I colloqui sono mediamente di mezz’oraanche se puo’ capitare, raramente, di fare di superare l’orario previsto per giustificateesigenze (es. presenza contemporanea di un genitore e/o insegnante insieme al-l’alunno, presenza di entrambi i genitori).

Il numero di colloqui per persona può variare da uno a più di uno per consentire al-l’alunno di esplorare il motivo che lo ha condotto al Punto di Ascolto.

L’alunno generalmente arriva spontaneamente al centro d’ascolto o viene inviatodal consiglio di classe dopo aver rilevato i bassi profitti e/o la scarsa congruenza del-l’indirizzo scelto con le attitudini e capacità dell’alunno. Normalmente ciò avviene neimesi di novembre e dicembre (subito dopo la consegna del pagellino). Prima di tale

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periodo lo sportello è a disposizione degli alunni seguiti l’anno precedente con i qualiaffrontare un follow-up dopo le vacanze.

Nel caso i ragazzi decidano di cambiare indirizzo possono effettuare una provanella nuova classe, in modo tale che se la nuova situazione non corrispondesse inpieno alle proprie aspettative rimane sempre la possibilità di ritornare indietro. Sia ilconsiglio di classe di uscita che quello di arrivo vengono allertati e messi in comunica-zione tra di loro in modo da scambiare informazioni e conoscenze sull’alunno. Il con-siglio di classe in entrata inoltre prevede un recupero graduale, per moduli, delle materienon presenti nell’indirizzo in uscita. Il monitoraggio di tali esperienze prosegue oltre levacanze estive, al rientro a scuola all’apertura del centro ascolto nei mesi di ottobre enovembre in una sorta di valutazione dell’esito dell’intervento dell’anno precedente.

Sappiamo inoltre che è molto importante far capire all’alunno e alla sua famiglia cheil trasferimento non è sempre una panacea soprattutto quando è motivato esclusiva-mente dalla fuga da una situazione di disagio. Molto meglio investire sulle aspettative esulle motivazioni che spingono ad orientare la scelta verso una meta specifica che aquelle che allontanano da una scelta sbagliata. Volendo fare una analogia sono moltopiù fruttuose e costruttive le immigrazioni che le emigrazioni pure e semplici. L’analisidei bisogni e delle aspettative e delle motivazioni (alunno, insegnante, famiglia, scuola,comunità, istituzioni) quindi è essenziale. Ritornando all’esempio del ri-orientamentopenso ai ragazzi della terza media ai quali a metà anno scolastico viene chiesto di fareuna scelta importantissima e nonostante i servizi di orientamento spesso la scelta è con-dizionata da suggerimenti amicali o familiari e non da una analisi della propria indolee/o desiderio (questo dovuto anche alla scarsa capacità introspettiva tipica dell’età prea-dolescenziale che invece è molto legata all’appartenenza familiare e amicale).

Dobbiamo far capire che la scelta fatta, se si rivela sbagliata, si può correggere eche l’interruzione del percorso non è l’unica soluzione. Quando ci si trova a accompa-gnare questi percorsi si interviene sul livello dei bisogni dell’alunno, del professore edella famiglia.

L’alunno non può permettersi di rimanere a lungo in un ambiente che non valorizzile proprie capacità, il rischio è di trasformare la formazione scolastica in un luogo checompromette l’equilibrio dell’adolescente e danneggia il suo senso di autostima inne-scando talvolta un circolo che può sfociare in disagio e sofferenza. Allo stesso tempogli insegnanti non possono delegare totalmente a un’altra scuola o semplicemente allopsicologo la loro difficoltà di gestire la relazione con gli alunni. Negli anni queste di-screpanze tra aspettative “magiche” e realtà si sono andate sempre più assottigliandograzie ai continui lavori di comunicazione, coordinamento, monitoraggio del servizioche oggi ha una buona rispondenza nei confronti dei bisogni espressi dal territorio

Il Punto d’ascolto presso il Liceo Alberti invece non è limitato alla motivazione sco-lastica e/o al ri-orientamento, ma abbraccia anche le ampie tematiche adolescenziali.

Anche qui i colloqui sono indicativamente di mezz’ora, ma la varietà delle tematichedi tali colloqui è molto più alta che nell’altro istituto.

Gli incontri possono ripetersi durante l’anno su richiesta dell’alunno. Nel caso chesi rilevi la necessità di un intervento più approfondito e/o di lunga durata si cerca di

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mettere in contatto l’alunno con i servizi sul territorio per rispettare il patto della consu-lenza e non rischiare di entrare in ambito terapeutico. Il servizio, al contrario dell’altrosportello, è aperto ai genitori ed agli insegnanti.

Nel corso degli anni i bisogni della scuola e le aspettative dei singoli docenti sonoandate armonizzandosi con quello che il progetto si prefiggeva di offrire. Uno degliaspetti sui quali abbiamo più lavorato erano le aspettative dei docenti e dei ragazzi ri-spetto al servizio. Le riunioni con i docenti ad inizio anno e gli interventi di presentazionein classe hanno modificato nel tempo la qualità degli invii da parte dei docenti e ancheselezionato le aspettative da parte degli alunni.

Inoltre, per non far credere che il servizio servisse a risolvere i singoli problemi diuna classe o di un singolo professore abbiamo introdotto un protocollo nel quale c’èun numero massimo di casi in uscita nella singola classe e un numero massimo di casiin entrata nella singola classe di arrivo.

Inoltre sono stati intensificati i colloqui con i professori che inviano i ragazzi in mododa chiarire e approfondire le reali motivazioni di tale segnalazione e soprattutto le aspet-tative.

Più in generale lo psicologo si trova spesso di fronte a professori o famiglie in diffi-coltà, anche estrema, che hanno la tentazione di delegare totalmente quest’ultimo allarisoluzione del problema.

Lo psicologo si cura invece di riconsegnare il controllo e la responsabilità della ge-stione della relazione nei confronti dell’alunno, del gruppo classe, o del figlio e di farcomprendere al professore o al genitore che nessuno lo può né lo deve sostituire.

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Attività di OrientamentoAssociazione Il Labirinto

L’associazione Il Labirinto, sin dagli anni Novanta, segue i ragazzi delle scuole Se-condarie di Primo Grado di Scandicci per l’attività di Orientamento nell’ambito del PIAPer-corsi. Questa attività è mirata alla prevenzione dell’insuccesso scolastico e puntaalla scelta consapevole della scuola Secondaria di Secondo Grado da parte del ra-gazzo. L’orientamento scolastico nella Secondaria di Primo Grado ha infatti lo scopodi orientare all’offerta formativa del mondo scolastico e l’affrontare la problematica del-l’insuccesso scolastico, specie nelle sue forme più negative come l’abbandono o l’in-terruzione degli studi, fenomeno che può essere affrontato anche con un interventopreventivo dell’attività orientativa.

L’orientamento scolastico è una dinamica orientativa completa e complessa perchésia verso le scuole Secondarie di Secondo Grado sia verso l’Università pone di frontea delle offerte molteplici e variegate, quindi decidere non è semplice, specie se questeofferte si tengono aperte in base ai propri interessi e alle proprie capacità. Possiamoanche far notare che negli ultimi anni della crisi economica e del lavoro liquido, l’orien-tamento scolastico ha assunto sempre maggiore importanza proprio perchè le offerteformative da intraprendere sono importanti e determinati per il futuro lavorativo. Ancheperché l’orientamento lavorativo ormai orienta l’adulto verso uno scenario con pocheofferte (lavorative, sempre più limitate specie perché la domanda di chi cerca lavoro èforte), mentre l’orientamento scolastico non ha questa problematica anzi all’oppostoorienta verso una molteplicità di scenari. Orientare alla scelta della scuola quindi diventaun fattore strategico di comprensione e lettura delle proprie aspirazioni: il “cosa faròda grande” nel mondo attuale può essere quindi cristallizzato e si può cominciare adaffrontarlo in modo consapevole e con strumenti informativi e di conoscenza sin dallascuola dell’obbligo. Anche in questo quadro generale e composito si inserisce l’inter-vento orientativo scolastico.

L’associazione opera in questo quadro con orientatori senior e ha sviluppato unapropria metodologia di intervento scaturita dal lavoro continuo di innovazione ed ag-giornamento del gruppo di operatori, grazie al lavoro decennale con il C.R.E.D. del Co-mune di Scandicci.

Infatti nel corso degli anni Il Labirinto, in collaborazione con i vari comuni coinvoltinella Zona Nord/Ovest, ha contribuito a mettere in atto, sviluppare, rielaborare, moni-

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torare e riprogettare il PIA e in particolare segue il progetto territoriale OrientamentoPer-Corsi (Scandicci) con più di 300 studenti dell’ultimo anno della scuola Secondariadi Primo Grado.

Questo ha portato l’Associazione a creare un servizio di orientamento che è unpunto di intreccio delle diverse istanze e fabbisogni progettuali e si pone come veropunto di incontro tra le richieste ed esigenze di comuni e scuole e il contesto teorico epratico del “fare orientamento” scaturito in questi anni.

L’attività di orientamento che proponiamo per il progetto PIA è un percorso nelleclassi terze che inizia con un incontro informativo di 2 ore in ogni classe, preferibilmentein compresenza con il docente delle materie umanistiche, e da una seconda fase dicolloqui che l’operatore svolge con i ragazzi in base alle loro esigenze.

Nell’incontro in classe l’intervento approfondisce e documenta le varie tipologiedelle scuole Secondarie di Secondo Grado (licei, tecnici, professionali e CFP), poi vieneintrodotto l’obbligo formativo e l’obbligo di istruzione e viene costruito insieme ai ragazziun vademecum in cui si individuano le prassi più idonee da adottare nel percorso de-cisionale.

Al termine dell’incontro si somministra un questionario a tutti gli studenti che vieneritirato dall’operatore. Il questionario permette di avere alcune prime indicazioni sullescelte dei ragazzi e sulle eventuali necessità che si evidenziano, inoltre il questionarioè il mezzo che “trasferisce” l’attività dell’incontro in classe in quella dei colloqui. Questafase si divide in due momenti: un primo colloquio di orientamento possibilmente contutti gli studenti (anche con chi non pare presentare indecisione nella scelta) che per-mette di conoscere in modo più approfondito le intenzioni dei ragazzi e il loro livello diconoscenza delle diverse scuole.

Le informazioni raccolte nel primo colloquio e con il questionario permettono al-l’operatore di individuare le diverse necessità dei ragazzi e a predisporre un secondoprogramma di colloqui in cui si presterà particolare attenzione a coloro che risultanoessere maggiormente in difficoltà. In questa fase, soprattutto per i casi più critici, vieneattivato un contatto più stretto con i docenti, e se necessario con il centro ascolto e lafamiglia, per concordare con loro una comune strategia di intervento.

Per ogni classe viene compilata una scheda che raccoglie i contenuti dei diversicolloqui di ogni studente che testimonia l’evoluzione delle scelte facendo emergereeventuali difficoltà nel processo di scelta. Infine visto che il ruolo delle famiglie nellascelta dei ragazzi delle terze medie è importante specialmente dopo la riforma scola-stico dell’obbligo all’istruzione fino a 10 anni di scuola l’intervento prevede incontri conle famiglie nelle singole scuole su appuntamento. In tal modo per gli studenti che paionoavere difficoltà nella scelta si ha la possibilità di “orientare” le famiglie e cercare unascelta condivisa spesso colmando un gap puramente informativo.

Questo tipo di attività presenta una criticità principale ovvero le continue evoluzionidei percorsi di studio (riforme e contro riforme scolastiche) e la continua innovazionedelle proposte formative e didattiche delle scuole Superiori di Secondo Grado, che sisupera con una corretta informazione a scuola e verso le famiglie. L’attività dell’orienta-

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mento scolastico infatti è divisibile in una parte informativa ed in una parte orientativa.Nella parte informativa occorre raccogliere ed elargire corretta informazione su le-

gislazione, percorsi formativi, percorsi professionalizzanti e didattica. Questo vienesvolto anche nei confronti dei docenti con apposite riunioni prima dell’inizio dell’attivitàe durante l’attività stessa.

Nella parte orientativa invece si passa a seguire gli studenti tramite un colloquioorientativo che si basa sulla riformulazione rogersiana mettendo al centro lo studentefacendo emergere dal suo punto di vista il percorso per cui si immagina preparato. Ilcolloquio infine può diventare una serie di colloqui che diventano nei casi di indecisioneun vero abbozzo di bilancio di competenze, di simulazioni o “orientamento narrativo”per far comprendere al ragazzo le incongruenze derivanti dalla sua scelta e renderloconsapevole della scelta.

Alla fine della attività viene somministrato un questionario finale di monitoraggio.Questo ulteriore strumento di analisi permette di valutare le informazioni elargite e in-dividuare i casi su cui è ancora necessario intervenire. Con questa verifica ricerchiamovalutazioni sul progetto come: se si ritiengono utili/interessanti i colloqui, e quest’annohanno risposto di si il 90% degli allievi, e se si è soddisfatti della scelta effettuata,anche qui quest’anno il 92% sostiene di “si”, dato da un lato incoraggiante ma chedall’altro rileva una percentuale di non soddisfatti del 8% (in alcuni casi a causa discelta imposta da famiglia cosa che avvalora in nostro intervento orientativo verso lefamiglie). In fine si chiede anche se hanno visitato le scuole Superiori di SecondoGrado e quest’anno ha risposto di “si” l’80% dei ragazzi, cosa molto importante perchéle visite nelle scuole dove si decide di andare sono determinanti, perché mostranouna ricerca attiva di informazioni e orientamento e possono far maturare una sceltapiù equilibrata e consapevole.

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Percorsi di educazione alla diversitàRoberto Manetti, psicologo

Sappiamo bene quanto non sia facile tracciare i confini di una cosa viva, una cosache si muove in continuazione, quanto sia difficile de-finire qualcosa che finito non è.

Percorsi di educazione alla diversità è la denominazione di un Progetto che hacoinvolto negli ultimi due anni il territorio di Scandicci.

Questi, in sintesi, gli obiettivi:i Stimolare la riflessione degli alunni sul valore della diversità, in ordine ad una

crescita attenta e consapevole e alla formazione di un’identità aperta e forte.i Fornire ai docenti strumenti di lettura rispetto ai fenomeni legati al confronto con

la diversità nelle sue molteplici declinazioni.i Favorire un inserimento scolastico integrale degli alunni con disabilità e/o appar-

tenenti a minoranze culturali.i Diffondere una cultura della fragilità, della cooperazione, della solidarietà (di con-

tro alla “legge del più forte”, di “quello che grida di più”, ecc.).

E questi alcuni contenuti:i Quando allo specchio non ci vedo me

Gli atteggiamenti che assumiamo quando entriamo in contatto con il diverso.La percezione interpersonale: la formazione di stereotipi e pregiudizi.

i Uguali si diventa Il gruppo dei pari e la paura di trovarsi al margine.I percorsi della normalità: la competitività e la marginalità, l’identità e i condi-zionamenti. L’autostima e la fragilità: l’importanza di conoscere e accogliere le proprieparti fragili.

Il percorso formativo che ha coinvolto insegnanti e alunni era centrato sulla diversitàin quanto ricchezza e cercava di sottolineare come la/e diversità stimoli/no la creativitàe l’apprendimento di nuove modalità di essere di stare nella relazione.

Con le insegnanti abbiamo iniziato a riflettere dall’etimologia. La parola “diverso”deriva dal latino devertere che significa percorrere altre strade, abbiamo preso in con-

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siderazione che questa possiede la stessa radice di divertimento. Dopo aver tentato di dare un’accezione positiva alla diversità si è considerato quanto

invece nella realtà quotidiana questa, nel suo muoversi destabilizzante rispetto allanorma, sia interpretata e vissuta soprattutto come problema.

La citazione di Mauro Cameroni “Una comunità sociale tende ad emarginare tutticoloro che si diversificano fisicamente, psichicamente o idealmente dallo standard im-posto dalla cultura dominante perché le pongono dei problemi, la mettono in discus-sione, evidenziando la precarietà delle regole e dei valori che la sostengono” ci è servitaper iniziare a comprendere e a decostruire le immagini negative legate alla diversità.

Abbiamo infine condiviso che il tema della diversità si situa in un vero e proprio“crocicchio educativo”, uno snodo centrale, un passaggio quasi ineludibile per molteproblematiche legate all’età evolutiva e, più in generale, alla vita di relazione: disabilitàe disagio, sessualità e dipendenze, dinamiche di gruppo e intercultura, sono solo alcunidegli ambiti in cui è evidente la centralità e l’importanza di questo argomento, così de-licato e, allo stesso tempo, così stimolante.

Conoscere il diverso che abbiamo dentro, farlo venire allo scoperto, incontrarlo:questa è la scommessa, il tentativo. Questo può diventare un percorso che ci impegnae ci coinvolge, come genitori, insegnanti, operatori, come adulti, troppo spesso abituatia nascondere le nostre debolezze, a mascherare le paure, a proiettarle sugli altri, ma-gari rivestendole dei panni stretti del pregiudizio. Di qui l’importanza di momenti che ciconsentano un confronto autentico e non superficiale sui vari aspetti della nostra iden-tità, in modo che le nostre piccole o grandi diversità, diventino possibilità di relazionee non di paura.

Queste alcune suggestioni che appartenevano al percorso e che sono state pro-poste ai bambini

Visto da vicino, nessuno è normale...Io mi sento a disagio quando... Io mi sento diverso quando...

Stimoli semplici, ma che sono riusciti a aprire mondi... e a fare riflessioni collettiveparticolarmente interessanti.

Immaginare il proprio disagio, le proprie piccole o grandi dis-abilità (e, nelconfronto con esse, sentirsi magari un po’ meno normali)

Protetti dall’anonimato, i ragazzi hanno preso sul serio le provocazioni, esprimendoin maniera diretta e sincera le loro ansie, insicurezze e paure, il loro disagio rispetto asituazioni difficili da gestire o comunque capaci, in un modo o nell’altro, di metterli indifficoltà.

Al di là del valore attribuito dai bambini che hanno partecipato all’attività, al di là diquesto spazio/tempo di intimità dedicato a se stessi, insieme alla possibilità di con-

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cedersi alcune debolezze, la situazione ci ha restituito uno spaccato della classe, unafotografia di gruppo estremamente densa e ricca di spunti di riflessione.

Anche i rilievi scaturiti dal confronto con gli insegnanti sono stati utilizzati per ulterioricommenti e riflessioni molto produttive.

Per quanto riguarda gli aspetti metodologici, possiamo evidenziare come, nelcorso dell’intervento, siano state utilizzate numerose tecniche, tese a stimolare la ri-flessione e il confronto: libere associazioni, proiezione di spot e materiale video, richie-sta di elaborazioni scritte, simulazioni.

Se all’inizio il modello di conduzione è stata la lezione frontale, nell’evolversi delpercorso è stato utilizzato e valorizzato il cerchio, in cui l’esposizione e l’ascolto reci-proco sono molto facilitati.

In alcune classi, abbiamo proposto l’incontro con una vita speciale, a seconda diquello che, a nostro avviso, era il bisogno prevalente di quei bambini, di quei ragazzi.

Quando a noi adulti pareva centrale incoraggiarli ad andare avanti, ad affrontaredifficoltà e paure, ci siamo fatti accompagnare da Marco o da Alessio.

Quando veniva il momento di sciogliere tensioni e rivalità, abbiamo pensato allaserenità e alla leggerezza di Donatella.

Quando si è trattato di smontare pregiudizi e di scavarsi dentro, abbiamo coinvoltoAdriano, Angela, Franco.

Concludiamo questo breve report con alcuni commenti che i ragazzi di una terzamedia, alla fine del percorso e dopo aver avuto la fortuna di conoscere una personaspeciale come Adriano, hanno offerto ai loro insegnanti.

“L’esperienza che abbiamo avuto con Roberto e Adriano mi ha interessato molto...mi piaceva ascoltare le opinioni dei miei compagni... ho imparato che le cose non vannosempre prese come si vedono dall’esterno... Io per esempio quest’anno ho avuto questenostalgie, soprattutto perché all’inizio mi sentivo un essere estraneo... ora sto meglioanche grazie ai miei compagni che mi hanno aiutato a scacciare le mie nostalgie...”

“Ognuno di noi ha parlato di sé, della sua parte interiore, così ho potuto conosceremeglio i miei amici, perché in questo incontro sono uscite cose e problemi che non sa-pevo. Avrei voluto parlare di me anche a voce ma non me la sono sentita...”

“Questo percorso mi è stato di aiuto perché ha aperto porte chiuse dentro di me datanto tempo... Ho avuto il coraggio di dire in faccia a ……… che le sue battutine nonfanno ridere...”

“L’incontro è stato utile per imparare a non giudicare gli altri e mi ha fatto capirecos’è la diversità, anche se non ha cambiato il mio stato emotivo... anche perchéognuno di noi ha i suoi scheletri nell’armadio, e se uno è chiuso che cosa ci può fare?”

“Io di fronte alle avversità faccio un sorriso finto... Non è vero che noi dal carattereforte non soffriamo… Siamo solo più bravi a nasconderlo...”

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“Non avrei mai detto che …vivesse dei problemi così! Forse perché è bravo a ma-scherare la sua parte interiore... Ho imparato che l’unico modo per liberarsi è parlare,aprirsi, abbattere il muro che c’è fra di noi..”

“Questi incontri mi hanno fatto crescere... ho imparato cose di me stessa a cui nonci avevo mai pensato... sono felice perché finalmente ci sono arrivata...”

“Mi è piaciuto, soprattutto Adriano, un uomo buono che riesce a sorridere anche selui stesso per primo ha dei problemi fisici... Il mio problema di essere un po’ grassa nonè niente in confronto...”

“Quello che abbiamo detto secondo me erano cose che si sapevano già nel nostrosubconscio, ma solo in un clima così siamo riusciti a esporre e ad analizzare ciò chehanno detto gli altri... Si impara a vedere il cambiamento in noi e negli altri e non c’èniente di più bello del cambiamento alla nostra età...”

“La cosa che più mi ha colpito è stata che siamo riusciti a tirare fuori delle cose chenon pensavi di dire mai.”

“Gli occhi bassi, la voce tremante, le mani che quando si muovevano davano unsenso di nervosismo... erano la prova che questo lavoro è servito a scavarci dentro.La fragilità interiore di tutti è venuta fuori perché si sentiva soffocata dentro il cuore” -Il pensiero della prof. nel vedere i suoi ragazzi, attenti, sofferenti e felici.

L’articolazione del percorso, in questi due anni, a Scandicci, ha seguito un modellostandard, leggero e funzionale, potenzialmente incisivo anche e soprattutto in relazioneagli itinerari seguiti dai docenti nelle rispettive classi, in seguito agli stimoli raccolti neidue incontri di formazione e ai tre incontri guidati dal conduttore in ciascuna di esse.

Schematizzando:i Incontri di gruppo con i docenti che aderiscono al percorso (2 incontri di 2 ore al

CRED)i Incontri con i gruppi-classe (3 incontri di 2 ore)i Incontro di verifica con i docenti per scambio di esperienze e valutazioni

Qualche mese fa, in una scuola elementare, per una di quelle emergenze che ca-pitano a volte nelle scuole e gli alunni vengono disseminati a gruppetti in altre classi,mentre si era in cerchio a parlare, ci capitò di dover ospitare tre bambini. Si parlavadi noi, delle nostre piccole grandi fragilità e dei modi che abbiamo per accoglierle e su-perarle... A un certo punto una di loro chiese la parola e disse cose che non dimenti-cherò. Io non l’avevo riconosciuta, ma lei sì: ci eravamo incontrati l’anno prima, nellasua classe e se lo ricordava bene... Così, dopo l’incontro, le ho chiesto di provare amettere per iscritto quello che ci aveva regalato quella mattina...

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“L’anno scorso è venuto in classe nostra un signore di nome Roberto. Questo si-gnore aveva portato con sé due amici che per lui sono speciali. Insieme a queste per-sone di nome Adriano e Donatella, Roberto ha cercato di farci capire, a me e ai mieicompagni, che, se anche hai un problema, non ti devi fermare, ma andare avanti nelbene e nel male. Io l’anno scorso soffrivo perché mi prendevano in giro e stavo male,poi da quando loro sono venuti a scuola da noi, ho capito che mi dovevo fare coraggioe fare finta di nulla e dirgli che non dovevano prendermi in giro. Questo l’ho capitograzie a Donatella e ho capito anche che non mi devo fermare davanti agli insulti perchéio sono forte. Firma. Elena”

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Scuola: luogo di relazioniPaola Balderi, docente

Vivere la scuola da protagonisti è una grande avventura, una delle più belle dellamia vita. Sono un ‘insegnante di lettere di una scuola media di Scandicci e fin da piccolapensavo che fare la “maestra” sarebbe stato il mio lavoro ideale. Quello per cui mi sen-tivo fatta: una vocazione e non un modo come un altro per lavorare. Insegnare, non in-formare, non riempire “botti vuote”, ma cercare di scoprire insieme ai miei alunni quantodi bello, di buono, di vero, di profondo sia già dentro di loro e dentro di me.

Per questo ho scelto di laurearmi in Lettere, per questo ho sentito che la letteraturae la storia avevano qualcosa da dirmi non solo di se stesse ma più profondamente dime, del cuore di me e della vita.

Quello che io ho ricevuto studiando, quello che ho imparato della realtà e del miomondo interiore è ciò che vorrei comunicare ai miei alunni ogni giorno entrando inclasse.

A volte noi insegnanti ci sentiamo un po’ demoralizzati per tutto ciò che le riformee i tagli stanno togliendo alla scuola italiana, eppure io sento che proprio dentro questemancanze possiamo ricominciare ad affermare la singolare importanza della nostrapresenza, perché la scuola siamo noi e i nostri ragazzi, prima ancora di tutte le strutturee le possibilità economiche.

Noi siamo il “luogo di questa relazione”, lo spazio di un rapporto vero, l’ambito doveè necessario esigere che l’altro impari e imparando sia.

Noi siamo ciò che impariamo della realtà e di noi stessi. Vivere la scuola come un luogo di scoperta di sé e delle cose potrebbe diventare

un altro modo di essere presenti a noi stessi e al mondo.Il gruppo classe è per i ragazzi un ambito determinante perché a scuola si passano

tante ore della giornata, è luogo di scambio e di rapporti, di confronto e di legame. Tal-volta però può diventare per alcuni ragazzi un ambito soffocante, di scontro o peggiodi indifferenza. Un posto dove non si sentono a loro agio e che acutizza le sofferenzeche già portano. Un posto da cui si sente la necessità di fuggire, fino ad arrivare neicasi più gravi all’abbandono scolastico. Certo la dispersione scolastica ha tante causeche difficilmente potrebbero essere rintracciate solo nell’ambito della scuola, ma chevanno ricercate piuttosto nell’ambiente familiare e nell’incapacità di affrontare le dina-miche psicologiche che, nel momento della crescita, possono trasformarsi in tensioni.

I ragazzi, i figli nostri e di questa generazione, non sono degli sciocchi e dei fannul-

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loni come spesso li si sente descrivere da genitori, educatori e insegnanti, ma forseoggi più che mai hanno bisogno di essere amati, conosciuti e guidati.

Vivono un dramma: il bisogno di essere guardati. Perché spesso non si sentononeppure visti, nonostante tutte le cose di cui li riempiamo.

Cominciare a guardarli e ad ascoltarli per capire chi sono e cosa hanno da dire,per insegnare loro a guardarsi dentro è “fare” scuola.

Io li accompagno nell’età difficile dell’adolescenza, quando tutto cambia, quandofarsi accettare dagli altri, essere come gli altri è la prima necessità, quando la solitudinee il silenzio spaventano, quando non è facile sapere neppure cosa si vuole. Vivo conloro un tempo prezioso in cui li invito a guardarsi dentro perché sono loro che devonoper primi imparare a conoscersi. Ma per conoscerci spesso abbiamo bisogno di pas-sare dallo sguardo amoroso di un altro che ci riveli ciò che vede in noi, che ci facciada specchio, che ci mostri, al di là di tutti i disagi che proviamo, il vero e il buono dicui siamo fatti.

Abbiamo bisogno di essere incoraggiati per affondare lo sguardo dentro di noi enon fermarci alle apparenze o alle immagini che spesso non ci fanno giustizia, che cifanno sentire diversi, non adeguati.

È proprio dentro questa visione dell’insegnamento come educazione alla vita e all’essere che già da due anni propongo ai miei alunni il progetto Percorsi di educazionealla diversità.

Si tratta di dedicare qualche ora di lezione al tema della “Diversità” partendo dall’ideadella unicità di ciascuno. Talvolta la parola “diversità” sembra portare con sé un’acce-zione negativa.

Per anni abbiamo sentito parlare di “uguaglianza”, tanto che l’essere uguali alla fineè diventato un valore assoluto, stereotipato. Le lotte per l’uguaglianza di cui la storia èpiena, lotte per i diritti civili, lotte contro ogni forma di razzismo e xenofobia rischianodi essere dimenticate o accantonate nel nome di un’uguaglianza tutta esteriore.

Se non si indossano gli stessi vestiti, non si frequentano gli stessi locali, non si parlail medesimo gergo, non si ascolta la musica alla moda, se non abbiamo gli amici virtualidi tutti e non si chatta non ci si sente abbastanza uguali, siamo fuori. Siamo gli “strani”di turno, i diversi.

Con il formatore abbiamo voluto suggerire ai ragazzi una riflessione sul tema delladiversità partendo dall’analisi di alcune pubblicità per arrivare a parlare di noi, del nostromondo, del gruppo classe e di come ci si sente.

I ragazzi non sono abituati a parlare di sé e talvolta fanno un po’ fatica ad esprimereciò che vivono, ma sono sempre colpiti da un nuovo modo di fare lezione.

Oggi non si parla di Leopardi, del Risorgimento o dei bambini di strada del Brasile:facciamo un cerchio e parliamo di noi.

Per queste due ore niente interrogazioni, compiti e registri solo io (la Paola, non laprof) Roberto e voi per guardare come è la nostra classe, come mi sento a scuola,cosa vorrei cambiare e cosa potrei accettare di vivere anche se non mi piace.

Allora piano piano si comincia a parlare e si trova il coraggio di dire le cose non

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dette, quelle che fanno paura, quelle che da soli non si potrebbe gestire e che dentroun ambito protetto si può pronunciare.

Non è il luogo dell’accusa o della lamentela, si impara a partire da sé, da ciò chesiamo e viviamo e non da ciò che l’altro dovrebbe fare o essere.

Da questi incontri sono nati sempre dialoghi interessanti e anche i silenzi hannouna loro voce nascosta che è necessario imparare ad ascoltare.

Spesso dopo che Roberto ci saluta e il progetto è finito, i semi gettati in quelle orecontinuano a portare frutto sia fra i ragazzi che nel rapporto personale con me.

Certo gli incontri non possono nascere dal nulla. Non si può pensare di entrare inclasse e all’improvviso proporre di parlare di sé, chiedere ai ragazzi di esporsi e di rac-contarsi. Bisogna essere capaci di creare un clima di confidenza, di fiducia, quel climaeducativo dove l’adulto è un punto di riferimento, dove il prof è “diverso” perché anchese ci chiede di studiare e non ha “pietà” quando non si sa niente (quanti 4 nei miei re-gistri!), si riconosce in lui qualcosa di bello, di “potente”, un amore gratuito di cui è fattoogni legame.

Così questo progetto interessante e particolare si inserisce dentro il più vasto ten-tativo di creare una scuola dove il rapporto prof-alunno sia così significativo da essereun punto di riferimento per i ragazzi e le famiglie, dove si possa parlare insieme delnostro mondo interiore, dove tutti imparino a mettersi in gioco e a fare la loro parte: infondo a noi insegnanti, agli alunni e alle loro famiglie la vita chiede solo di essere, divivere pienamente e in profondità ciò che ci è dato di essere.

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Il Progetto “La città per i ragazzi”Giorgia Andreani Contemori, Comune di Scandicci

Nel corso degli anni è sempre stata centrale la domanda: ma quale idea abbiamodella dispersione scolastica?

Tenendo conto che da questa domanda scaturisce anche l’immagine che abbiamodei bambini e degli adolescenti, sulla scia di tutte le esperienze svolte, dal paradigmadel disagio si è andato sostituendo la volontà di creare esperienze utili a favorire LAPROMOZIONE DEL BENESSERE E DEL SUCCESSO FORMATIVO.

Il modello di intervento promuove il bambino e l’adolescente nella prospettiva difunzione sociale, per favorire le relazioni nell’ottica della cittadinanza attiva e per valo-rizzare i bambini ed i ragazzi come attori principali del cambiamento sociale e cultu-rale.

Per questo il Progetto “La città per i ragazzi” si orienta all’attivazione di connessioniin ambito territoriale a favore di tutti i minori ed in particolare a tutti quei minori che pos-sano attraversare una specifica esperienza di crisi scolastica e tale da trasformarsi indisagio, insuccesso, dispersione scolastica.

I fili conduttori del progetto sono:i la promozione delle differenze intese come risorsa e non come distanza da pre-

tesi standard di adeguatezza;i la rilevanza della piena partecipazione da parte di tutti i soggetti alla propria co-

munità.Bambini e ragazzi che hanno difficoltà scolastiche, dovuti a fattori familiari ambientali

etc riescono poi ad utilizzare pienamente le occasioni positive della loro vita, raggiun-gendo condizioni di benessere. È importante tener conto delle risorse e qualità protettivepresenti nei bambini, specialmente per chi ha una storia più difficile, per sostenerli edaccompagnarli verso il proprio benessere/ successo scolastico inteso come momentofondante del divenire soggetto e cittadino.

Gli obiettivi del progetto sono:i verso gli alunni: frequenza stabile alle attività extrascolastiche proposte;

ottenere una valutazione positiva alle attività extrascolastichee tali da incidere sulla valutazione scolastica;

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facilitare la scoperta dei problemi da parte degli allievi;imparare a fronteggiare difficoltà relazionali.

i verso le famiglie: creazione di una comunicazione Comune/Scuola/Famiglia Comune/Scuola: sviluppo delle relazioni tra operatori, ricercadi nuove opportunità comunicative.

Tra gli obiettivi dei progetti di Servizio Civile c’è l’aumento del numero dei giovanineodiplomati tra i volontari del servizio civile per favorire che i giovani aiutano a crescerei bambini e gli adolescenti mettendo a disposizione le proprie competenze e le proprieconoscenze. Quasi peer education, che implica la valorizzazione delle realtà giovanilicome soggetti promotori del progetto.

MetodologiaIl progetto si svolge nell’arco dell’anno da settembre a luglio. Le attività possono essere considerate tutoring in ambito extrascolastico svolte da

operatori qualificati (di area socio educativa) che fanno parte di associazioni del terri-torio, giovani tirocinanti universitari, volontari del servizio civile.

Nel progetto la relazione educativa rappresenta un aspetto fondamentale nel rap-porto con i ragazzi. Gli operatori, volontari, educatori, tirocinanti, svolgono relazionieducative intenzionali e mirate allo svolgimento di incontri ed esperienze. All’interno diun setting informale vengono offerte le funzioni di:

i accoglienza;i ascolto;i accompagnamento.

L’attività extrascolastica è svolta in piccoli gruppi presso le sedi scolastiche, e sonocomposti da 5 bambini o ragazzi e 1 volontario con un operatore di riferimento, sonostati formati con le indicazioni del Insegnanti in relazione a tre aree di attività:

i Comunicare – attività di alfabetizzazione e sviluppo delle competenze scolasticherivolte ai bambini e ragazzi italiano L2

i Conoscere – attività in gruppo di approfondimento e sviluppo delle competenzescolastiche. Utilizza materiale scolastico concordato con gli insegnanti e sviluppaargomenti di socialità e cultura (educazione civica e relazioni sociali nella nostracittà)

i Condividere – attività in gruppo di sviluppo delle competenze relazionali rivoltoai bambini e ragazzi. Concordato con gli insegnanti, sviluppa contenuti culturalie di conoscenza del territorio.

Sono previste attività individuali in particolari circostanze suggerite dal Servizio So-ciale o per altri progetti individuali condivisi con le Scuole.

La conduzione delle attività dei piccoli gruppi non è finalizzata solo ai compiti, miraalla partecipazione e al coinvolgimento dei partecipanti, considerando questi fattori fon-damentali per il cambiamento e la promozione di una coscienza riflessiva.

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Le attività seguono fasi comuni a tutto il progetto:i accoglienza e presentazione;i individuazione del percorso e accordo formativo;i svolgimento del percorso con momenti di discussione e verifica risultati;i conclusione e restituzione dell’esperienza

Accanto alle attività svolte nel contesto scolastico durante l’anno nel periodo no-vembre – febbraio e marzo – maggio vengono proposti a tutti gli alunni delle scuole ilaboratori extrascolastici, per favorire una visione globale delle competenze dei bambinie dei ragazzi, Consentono di mettere in risalto l’approccio educativo di attività del tempolibero e vengono formulati dalla associazioni facendo riferimento a differenti temi:

i laboratori per il movimento;i laboratori di espressione artistica creatività;i laboratori sull’intercultura;i laboratori sull’identità di genere;i laboratori di lettura, scrittura e produzione testuale;i laboratori sul mondo animale e naturale;i laboratori sull’espressività della voce e la musica.

Alla fine dell’anno scolastico assieme alle associazioni del territorio vengono svolteattività estive a prevalente contenuto ludico e di socializzazione.

Le proposte offrono sempre una varietà di esperienze ed aiutano a raccogliere ele-menti sulla capacità di benessere dei bambini e ragazzi al di là di successi od insuccessiscolastici, di habitat culturali, di comportamenti e condizionamenti sociali.

Target Bambini e ragazzi delle scuole primarie e secondarie di primo gradi di Scandicci.

La scuola orienta gli allievi al progetto ed attiva il consenso alla frequenza da partedella famiglia. Sarebbe riduzionistico trattare un fenomeno complesso come quello deldisagio scolastico seguendo un modello lineare causa – effetto. Vanno quindi messi inrelazioni i dati relativi agli apprendimenti con altri elementi più ampiamente riferiti al-l’allievo: la partecipazione può richiamarsi a comportamenti di difficoltà verso i pari,verso il gruppo, verso gli insegnanti e l’ambiente, alla situazione familiare e culturale,a tutti quegli elementi rilevabili nel complesso della vita scolastica.

Strumenti 1) Scheda partecipazione alunno per l’insegnante e tutor2) Scheda partecipazione dell’ alunno 3) scheda presenze / obiettivi per insegnanti 4) scheda presenze alunni per registro di classe5) Quaderno per la scuola con fascicoli di consultazione per gli insegnanti7) scheda finale di valutazione

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Questi strumenti possono essere oggetto di approfondimento ed aggiornamento esono importanti per la condivisione e la creazione di un linguaggio comune, però senzaappesantire troppo la già complessa gestione quotidiana.

Gli spaziSedi comunaliSedi scolasticheSpazi delle associazioni e dei CircoliLudotecaSedi delle Associazioni

Un po’ di numeri

Le attività del progetto sono rivolte a tutte le scuole primarie e secondarie di primogrado di Scandicci.

Nell’anno scolastico 2010/2011 gli iscritti sono stati:

SCUOLA PRIMARIA: ALUNNI TOTALI n. 2187 di cui n. 60 alunni con handicap e n. 189 alunni stranieriGli Insegnanti n. 207

SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO: ALUNNI TOTALI n. 1333 di cui n. 53 alunni con handicap e n. 82 alunni stranieriGli Insegnanti n. 133

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cond

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1^gr

ado

Oper

atori

Volon

tari S

CN

Tiroc

inanti

2006/2007 140 43 97 6 12 9

2007/2008 150 44 106 5 4 6

2008/2009 140 40 100 5 18 4

2009/2010 153 58 95 5 11 13

2010/2011 186 48 138 5 14 16

Gruppi svolti nelle sedi scolastiche:

OsservazioniIn un quadro d’insieme così ampio ha trovato risalto la dimensione formativa, a tutti

i livelli e per ogni partecipante. Il progetto parte dalla scuola, dove l’insegnante ha l’op-portunità di mettere in contatto l’esigenza del bambino e del ragazzo con un sistemaextrascolastico rivolto alla promozione del benessere nella sua più ampia espressionepossibile.Gli Insegnanti svolgono un programma di formazione ed aggiornamento e glioperatori e volontari presenti nel progetto svolgono attività di formazione ed approfon-dimento con l’amministrazione comunale, i servizi socio sanitari. La formazione in itinereconsente a giovani di entrare in contatto con il mondo istituzionale, altrimenti distantee poco conosciuto. Nell’ambito della formazione, specialmente per i giovani si manife-stano le maggiori criticità: la formazione è l’elemento catalizzatore di richieste ed esi-genze che partono dalle fondamenta di questo progetto. L’analisi delle esigenzeformative espresse dai diversi partecipanti è fondamentale per il raggiungimento degliobiettivi e mantenere una visone della realtà aperta e al passo con i tempi e deve essereespressa in termini di qualità.

Nelle molteplici azioni svolte dal progetto si evidenzia come elemento di fragilità lagrande variabilità del numero dei giovani tutor coinvolti annualmente e la mancanza dicontatto con le famiglie.

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scuolanumero

totale gruppi

giorni/

settimana

operatori e

volontari presenti

Prim

aria

XXV APRILEGABBRIELLI 7 5 10

CAMPANA Attività in ludoteca 2 2

PERTINI Rivolto a singoli 2 2

MARCONI 3 4 4

PETTINI 1 2 2

Secondaria

di 1°

gra

do

RODARI 11 5 10

SPINELLI 3 2 6

FERMI 11 5 10

Altra considerazione importante riguarda l’età degli allievi partecipanti perchè i ra-gazzi delle secondarie sono in numero maggiore degli alunni delle primarie. La lette-ratura scientifica sulla dispersione scolastica ed altri fenomeni di disagio indica che gliinterventi di prevenzione debbono essere precoci, e l’età più significativa per intervenireè quella attorno alla 4^ primaria.

Il futuroUna ipotesi ulteriore per sostenere la valenza intrinseca del progetto e le sue rica-

dute positive in generale, riguarda l’attivazione di un percorso di progettazione condivisatra tutti i partecipanti al progetto, ragazzi e famiglie compresi.

Ne potrebbero derivare:i scelte maggiormente condivise tra soggetti istituzionali, ragazzi e famiglie;i senso di maggior appartenenza e responsabilizzazione per i ragazzi.

L’apertura al territorio può rivelarsi la strada opportuna da perseguire, conside-rando sia le agenzie educative, sia la pluralità di soggetti istituzionali e privati, deltempo libero etc.

Le proposte a livello territoriale potrebbero orientarsi in particolare:i alla condivisione culturale tra generazioni diverse, non solo rispetto ai giovani,

ma anche rispetto agli adulti e agli anziani;i alla sensibilizzazione al volontario e all’impegno sociale, attraverso la formazione

e la sperimentazione diretta;i alla promozione di stili di vita e di consumo sostenibili.

I raccordi tra attori istituzionale ed attori locali tutti sono rivolti alla valorizzazionedei minori, delle loro famiglie, dell’esperienza scolastica con tutti i suoi operatori e talida poter mettere in risalto quella fase delicata ed importante nella vita di ogni bambinoe ragazzo che passa attraverso i primi apprendimenti formali e gli apprendimenti dellebasi della convivenza.

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PARTE TERZA

RIFLETTERE E VALUTAREPER TRAGHETTARE NEL FUTURO

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Promuovere la resilienza nei bambiniErsilia Menesini e Kristel Campaert, Università degli Studi di Firenze

IntroduzioneApprocci recenti considerano lo sviluppo dei ragazzi non più in termini di relazioni

causa-effetto tra fattori ma piuttosto come un processo molto complesso a cui concor-rono diversi fattori personali e sociali nonché i momenti e le transizioni significativedello sviluppo. Un concetto centrale nell’approccio evolutivo attuale è infatti quello di “traiettorie di sviluppo”. Questi sono dei percorsi che le persone seguono nell’arco dellosviluppo, che comprendono gli schemi di comportamento duraturi, i problemi incontrati,il modo di affrontarli e le implicazioni che le particolari strade scelte hanno per l’adat-tamento a lungo termine (Schaffer, 2006). Anziché ritenere che le esperienze precocideterminino in maniera irreversibile un particolare esito in età adulta, con il concetto ditraiettoria, si sottolinea che lo sviluppo dovrebbe essere visto come una serie di nessie di eventi di natura probabilistica; e che esiste una certa probabilità che le caratteri-stiche presenti in una fase siano collegate con quelle di una fase successiva. Tuttaviaprobabilità non significa certezza ed è quindi possibile che all’interno del percorso divita si verifichino delle deviazioni, sia positive che negative.

In misura considerevole le traiettorie evolutive sono determinate dal modo in cui siaffrontano i punti di transizione che incontriamo in alcuni momenti della vita. Si trattadelle scelte che una persona si trova ad affrontare nell’arco dello sviluppo tra un certonumero di percorsi tra loro alternativi, scelte che in alcuni casi portano ad una modifi-cazione radicale delle condizioni di vita.

Nelle traiettorie un ruolo fondamentale viene assunto dall’insieme di fattori di rischioe di protezione che la persona incontra lungo il suo percorso di vita. I fattori di rischioaumentano la probabilità di un esito negativo, mentre i fattori di protezione la riducono.Tali fattori di rischio e di protezione riguardano diverse sfere. Sono relativi all’individuocome ad esempio le abilità sociocognitive e le caratteristiche temperamentali; riguar-dano anche le interazioni con le altre persone come i comportamenti sociali e antisocialie infine sono relativi al contesto in cui la persona vive come le caratteristiche della suafamiglia e della sua scuola. Esistono delle importanti differenze interindividuali nel si-gnificato che le esperienze assumono rispetto alle persone e per questo, per alcuni ra-

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gazzi un determinato evento significa un passo verso l’adattamento, mentre per altri lostesso evento può portare al disadattamento.

Il fatto che lo sviluppo non è predeterminato, ma piuttosto un processo complessoin cui sono coinvolti diversi meccanismi e fattori, dà il giusto valore agli interventi diprevenzione. Gli attuali approcci di prevenzione nell’ambito del benessere si concen-trano proprio sull’attivazione di meccanismi di protezione e sul depotenziamento di fat-tori di rischio.

Per attuare questi cambiamenti ci sono diversi strumenti a disposizione. In un’otticadi prevenzione primaria che ha come obiettivo quello di ridurre il rischio nelle sue primamanifestazioni, gli interventi agiscono soprattutto sul contesto. Questo si esplica al li-vello della comunità sociale più vasta, con azioni sulla famiglia, sulla scuola e sul gruppodei pari. La scuola risulta essere uno dei contesti che meglio si prestano alla preven-zione perché raccoglie tutte le persone che sono in relazione con il bambino e l’adole-scente, cioè: il gruppo dei pari, gli insegnanti e le famiglie. Molti studi hanno inoltresottolineato come gli interventi che coinvolgono a diversi livelli il sistema sociale di ri-ferimento siano più efficaci rispetto a interventi rivolti ad un singolo.

Adattamento/ disadattamento scolasticoL’obiettivo della scuola è quello di dare un bagaglio culturale adeguato per affrontare

la vita adulta. Dal punto di vista formale questo obiettivo risulta raggiunto quando lostudente si diploma. Al contrario il sistema fallisce completamente nel caso dell’abban-dono scolastico, quando cioè l’adolescente lascia la scuola senza aver conseguito undiploma.

Diverse ricerche hanno dimostrato gli effetti devastanti sia in termini psicologici chein termini socioeconomici dell’abbandono precoce. I ragazzi che abbandono la scuolae non conseguono un titolo di livello superiore hanno infatti maggiori probabilità di averedifficoltà sul piano psico-sociale e lavorativo.

L’abbandono è un fenomeno multidimensionale: accanto all’uscita dal circuito sco-lastico, esistono altre forme di fallimento scolastico come l’abbandono temporaneo, lebocciature, le assenze ingiustificate ma anche i voti inferiori rispetto alle competenze.I processi che stanno alla base dei diversi fenomeni sono simili, ma si differenzianoper intensità e per specificità.

A seguito della rilevanza che questo problema ha per lo sviluppo e per l’adattamentodel bambino e dell’adolescente sono state intraprese, a diversi livelli, delle misure percombattere questo fenomeno.

Il successo scolastico è determinato da un insieme di fattori che riguardano la sferaindividuale, come le predisposizioni e la percezione delle competenze, la sfera rela-zionale come la qualità delle relazioni con il gruppo dei pari e con gli insegnanti, e lecaratteristiche del contesto, come la tipologia della scuola e della classe, ma anche lafamiglia di provenienza.

L’abbandono scolastico è stato ampiamente studiato dal punto di visto psicologico.Mentre risulta che il predittore più forte sia la bocciatura, un ruolo fondamentale è stato

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progressivamente riconosciuto anche alla qualità dalle relazioni fra i pari in classe. Siacomportamenti aggressivi e relazioni conflittuali con i compagni, sia l’isolamento socialesono fattori di rischio per l’abbandono scolastico.

Dalla letteratura psicologica risulta che gli studenti regolari si differenziano daglistudenti il cui percorso è segnato dal fallimento nelle diverse misure, per un elevatosenso di autoefficacia scolastico e per le competenze sociali. Il senso di autoefficaciaè la percezione che gli studenti hanno sulla loro competenza nello studio e negli ap-prendimenti. Questa competenza è chiaramente molto legata ai risultati e ai voti chehanno ottenuto nel passato. Va notato che dalla ricerca sull’abbandono scolastico unodei preditorri più forti dell’abbandono risulta essere la bocciatura precoce. Anche lecompetenze sociali differenziano gli studenti regolari dagli altri e questo fenomeno ri-guarda sia il versante dell’aggressività che il ritiro sociale: tali comportamenti che sonocaratterizzati da una mancata competenza sociale sono predittori significativi di falli-mento scolastico. In altre parole sia chi ha difficoltà precoci a scuola, sia chi non puòcontare su relazioni soddisfacenti con i compagni è a rischio di fallimento.

I meccanismi alla base del fallimento scolastico sono stati spiegati da diverse teoriemotivazionali. L’impegno scolastico è concettualizzato come risultante dall’insieme ditre dimensioni che influenzano in modo positivo o negativo l’impegno. L’impegno vienecioè influenzato dal comportamento: quello negativo come marinare la scuola o l’op-positività che riducono l’impegno mentre il comportamento positivo, come il coinvolgi-mento nelle attività scolastiche e la partecipazione ad attività extrascolastiche, loaumentano. Anche gli affetti come sentimenti, le percezioni, gli interessi e gli atteggia-menti nei confronti della scuola influenzano l’impegno. Infine l’impegno è il risultato del-l’investimento psicologico nello studio ed elementi come l’autoefficacia percepita, ilporsi degli obiettivi adeguati, la voglia di impegnarsi nello studio e l’uso di strategie au-toregolatorie che riguardano i processi d’apprendimento possono potenziare la moti-vazione e l’impegno a scuola.

Si nota che in Italia, gli interventi di prevenzione sulla dispersione riguardano so-prattutto un aspetto dei meccanismi che la determinano, quello della competenza sco-lastica. Infatti, in generale, la prevenzione prevede attività di recupero scolastico, anchein orario extrascolastico, il sostegno allo studio e l’orientamento alla scelta della scuola.Sono tutti interventi importanti in quanto sostengono lo studente nello studio, in modoche si possa sentire capace. D’altro canto la letteratura indica che nei processi moti-vazionali un ruolo fondamentale è svolto anche dalle competenze sociali e che quindisarebbero da prevedere delle attività mirate allo sviluppo di queste, specialmente neigruppi a rischio di dispersione.

Analisi degli elementi del disagio e benessere giovanile del territorioRecentemente il Comune di Scandicci ha concordato con il Dipartimento di Psico-

logia dell’Università di Firenze uno studio di ricognizione degli interventi sul tema del

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disagio e del benessere giovanile. Si tratta di un lavoro all’interno della continua ricercadel miglioramento del sistema in un Comune in cui questo tema è di grande rilevanzae oggetto di uno sforzo continuo. L’analisi aveva come obiettivo quello di fornire delleindicazioni sull’efficacia degli interventi e delineando quindi possibili politiche future.

Molti studi recenti pongono infatti molta attenzione sulla la prevenzione come stra-tegia di prevenzione del rischio e di promozione della resilienza nei bambini e negliadolescenti.

Tramite strumenti come interviste semistrutturate e focus group sono stati coinvoltidiversi stakeholders del Comune, della scuola, delle famiglie e dei giovani.

I risultati generali indicano come esista una percezione e una presenza riconosciutadell’ente locale rispetto alla prevenzione del disagio e la promozione del benessere.Questo è un dato importante e positivo perchè significa che gli sforzi compiuti in questaarea sono accolti bene e generalmente condivisi.

Inoltre risulta che il comune ha già messo a disposizione diversi interventi di soste-gno e di promozione allo sviluppo. Da un lato ci sono degli strumenti rivolti specifica-mente a disagi specifici come la disabilità, l’accoglienza di stranieri e i disturbi diapprendimenti. Ma ci sono anche degli interventi che sono indirizzati a dei gruppi diutenti più ampi come il punto di ascolto nelle varie scuole, le attività di orientamento eil progetto “La città per i ragazzi”, un servizio di dopo-scuola rivolto a ragazzi a rischio.Questi interventi sono generalmente accolti molto bene e godono una buona reputa-zione presso gli utenti. Per massimizzarne l’efficacia questi interventi devono continuarea ricevere la massima attenzione per gli aspetti di comunicazione, pianificazione e va-lutazione.

Mentre le forme di malessere più eclatanti e più comunemente riconosciute come“disagio” sono dunque oggetto di continua attenzione, l’area attualmente sentita mag-giormente critica riguarda “le competenze sociali” dei ragazzi. Le carenze in questaarea creano difficoltà nelle relazioni fra pari e danno origine a problematiche compor-tamentali. Si tratta di un tema trasversale a tutti i tipi di disagio nel senso che spessoamplifica ed estremizza situazioni con origine diversa ma anche di un fenomeno concaratteristiche specifiche, nel senso che dà genuinamente origine a percorsi e traiettoriea rischio anche in assenza di altri fenomeni di vulnerabilità. Il tema è sentito come fontedi disagio da tutti i soggetti della scuola: ragazzi, insegnanti e le famiglie.

I giovani riportano sofferenza a causa dei compagni poco rispettosi in classe, acausa dei loro comportamenti disturbanti in classe, a causa di episodi di piccole e grandiprepotenze ed esclusioni che mettono a rischio il benessere e la convivenza in classe.Queste problematiche non sono solo fonte di sofferenza da chi li vive in prima personama anche per il resto della classe che spesso assiste come testimone impotente a que-ste difficoltà osservate nei compagni.

Per gli insegnanti il comportamento difficile, come il comportamenti aggressivo, il

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non rispetto delle regole e le difficoltà relazionali dei giovani sono considerati un pro-blema serio perché mettono in discussione il loro lavoro di insegnamento. Spesso gliinsegnanti affrontano queste problematiche con un forte senso di incapacità e di impo-tenza. Qualcuno cerca dei consigli di intervento presso lo psicologo che gestisce ilPunto di Ascolto ma attualmente, per com’è strutturato l’ intervento, non è ritenuto suf-ficiente e efficace per risolvere realmente le difficoltà in classe. In questa ricognizionehanno richiesto degli strumenti nuovi che potenzino le loro capacità di gestire le dina-miche di gruppo nella classe.

Anche le famiglie segnalano che le relazioni problematiche e le problematiche com-portamentali sono una fonte di disagio per i ragazzi rispetto al quale fanno fatica ad in-tervenire. Ritengono inoltre che questo tema debba essere oggetto di continuaattenzione.

In seguito ai cambiamenti culturali che vedono l’individuo sempre più proiettato incontesti sociali nuovi, basati più sulle persone attive che non su rapporti improntati daautorità incondizionata, le competenze sociali sono diventate indispensabili per la se-rena convivenza e per lo sviluppo sano della persona.

ConclusioneLe recenti teorie sullo sviluppo assegnano un ruolo importante alla prevenzione del

disagio e la promozione del benessere. Visto il significato che le relazioni significative conil gruppo dei pari hanno per lo sviluppo dei bambini e per lo sviluppo della motivazioneindispensabili nei processi di apprendimento, il tema delle competenze sociali merita unosforzo aggiuntivo. Idealmente, data la complessità del sistema sociale, tali interventi do-vrebbero collocarsi sia a livello degli studenti che dei docenti e delle famiglie.

Il vantaggio di investire sulla prevenzione è ormai chiaramente documentato, nonsi tratta solo di agire per il bene dei bambini e degli adolescenti (obiettivo già di per sérilevante) ma di ridurre i costi dei servizi di cura, di salute e della giustizia rivolti all’adulto,creando al contempo una comunità più integrata e solidale.

BibliografiaFredericks, J.A., Blumenfeld, P.C., & Paris, A.H. (2004). School engagement: potential of the

concept, state of the evidence. Review of Educational Research, 74(1), 59-109.Jimerson, S. R., Anderson, G. E., & Whipple, A. D. (2002). Winning the battle and losing the

war: Examining the relation between grade retention and dropping out of high school.Psychology in the Schools, 39, 441−457.

Schaffer, H.R. (2006). Key concepts in Developmental Psychology. London: Sage Pubblica-tions.

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Le Istituzioni Scolastiche e il PIAGiovanni Condorelli, dirigente scolastico

Se si perde loro (i ragazzi più difficili) la scuola non è più scuola.È un ospedale che cura i sani e respinge i malati.

Da Lettera a una professoressa, Don Milani.

Nel mondo di oggi le parole spesso si usurano e rischiano di perdere il loro valorepiù profondo, diventando slogan e “frasi fatte” buone per tutti gli usi. Questo destinosembra poter toccare all’affermazione profonda che la “scuola é una comunità”, so-prattutto in un mondo in cui pare prevalere l’individualismo e la scuola viene vissutamolte volte come un servizio a domanda individuale, più supermarket in cui acquistaregli apprendimenti che come luogo dell’esistenza nel quale si vive in modo comunitariol’avventura dei saperi e delle conoscenze, luogo gioioso di vita con, un momento dipartecipazione in cui si sperimenta la collaborazione e la solidarietà, pilastri su cui sisviluppa l’io, si costruisce l’identità personale, si acquisisce la personalità sociale, sipotenzia l’autostima, si vive l’appartenenza, si pratica la cittadinanza.

La scuola non é, come si diceva una volta, preparazione alla vita: é vita essa stessa.Per l’alunno la scuola segna l’ingresso formale nella vita della ragione, ma non si puòsmarrire il senso degli affetti, perché senza gli affetti non c’é apprendimento. L’educa-zione – come dice Bruner - non è semplicemente trasmissione di cultura ma è anzituttoformazione di un potere e di una sensibilità mentale che consentano a ciascuno di pro-cedere da solo alla ricerca di una personale cultura interiore. La scuola è la via cheapre alla vita della ragione, con tutte le conseguenze che ciò implica circa la fiducianella possibilità di servirsi dei propri poteri mentali al massimo. Ma questo può avveniresolo in un ambiente in cui il soggetto “si fida”.

Il concetto di scuola comunità é l’idea di un luogo sociale dell’apprendimento in cuiil ragazzo può fidarsi, affidarsi, confidare. E’ il concetto di un luogo che accerta e accettale differenti storie personali, che mostra attenzione alle diverse narrazioni dei sé, checostruisce il suo essere comunità a partire dalle differenze, che accoglie la persona ela sua diversità. La scuola può promuovere l’eccellenza solo se non lascia indietro nes-

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suno. I ragazzi sono persona e sono diversi, tutti. La persona é Gianni, Eleonora, Syria,Piero, Haina: non si distingue perché é italiana o straniera; non si distingue perché énormale o diversamente abile; non si distingue perché é di sesso maschile o di sessofemminile: é persona. La comunità non é il luogo dell’indifferenza e dell’indifferenziato,ma della cura e della differenza.

E perché la comunità diventi sistema é necessario che gli strumenti scelti non cor-rispondano a una logica aziendale, ma comunitaria. E’ necessario che al centro del-l’azione siano posti le ragazze e i ragazzi con le loro storie di vita, non i contratti deilavoratori della conoscenza che agiscono la scuola. Spesso abbiamo modo di consta-tare che, nel vissuto quotidiano, la burocrazia tende a prevalere sugli aspetti comunitari.La frammentarietà può trasformarsi nel peccato più grande: i docenti, i collaboratoriscolastici, i servizi di psicologia e neuropsichiatria dell’ASL, gli educatori, i volontari, glioperatori del Comune e quelli “esterni” possono essere tra loro giustapposti piuttostoche integrati, in nome dei progetti piuttosto che dei soggetti.

Una riflessione delle Istituzioni Scolastiche sul progetto PIA triennale Per-corsi(2008/11) realizzato nelle scuole del territorio di Scandicci, e ben descritto altrove inquesto libretto, non può che partire da queste osservazioni. Il primo obiettivo che il pro-getto PIA ha colto, dal punto di vista delle scuole, é stato quello, nel nome di una visioneche pone al centro le ragazze e i ragazzi, del continuo essere insieme dei diversi sog-getti che il progetto stesso hanno ideato ed elaborato, monitorato e condotto congiun-tamente in questi quattro anni. Anzi, come valore aggiunto: il progetto PIA é stato forseil più potente strumento che ha portato all’integrazione tra l’agire del Comune e l’agiredelle Scuole che si trovano oggi quotidianamente, sul territorio di Scandicci, a dialogarein modo naturale su tutti gli argomenti che riguardano i giovani cittadini, anche in modoinformale, come avviene nelle comunità. E’ stato lo strumento che ha posto all’ordinedel giorno con forza la necessità dell’integrazione tra tutti i soggetti che agiscono nellascuola e che ha avviato una riflessione profonda e innovativa. All’inizio del percorsoeravamo tutti consapevoli che le attività del PIA andassero inserite nel POF (Pianodell’Offerta Formativa) dei vari Istituti. Oggi un desiderio che accomuna le varie scuolee il Comune é andare oltre, superare le ristrettezze dei singoli POF, che senz’altro pre-ziosi comunque debbono restare per le singole scuole, per tentare di dare vita anchea un POF territoriale, poiché se unico é il soggetto a cui ci riferiamo, il ragazzo nellasua concreta e irriducibile singolarità e diversità, unico deve essere, almeno tenden-zialmente e idealmente, lo strumento che deve presidiare gli aiuti da realizzare. Si au-spica, anzi, che si possa creare una vera e propria Consulta per le ragazze e i ragazziche porti allo stesso tavolo, per discutere e condividere le linee pedagogiche di fondo,le diverse realtà associative e di servizio che si occupano dei giovani.

Altro prezioso elemento del PIA, per la sua ricaduta, é stato l’avere una visione si-stemica per aggredire il fenomeno del disagio, sempre in nome dell’unitàdell’allievo/soggetto: famiglia, territorio, gruppo classe, insegnanti non possono essereseparati, sia perché possono essere le variabili che provocano il problema, sia perchénell’unità della coscienza dell’allievo si fondono e si confondono, sia perché possonorappresentare la risoluzione del problema. L’essere del ragazzo può svilupparsi nonnell’avere, ma nel ben-essere del contesto.

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E’ da questa logica che sono nati sia il “punto d’ascolto” gestito dallo psicologo, siai corsi d’aggiornamento per i docenti. La logica, preme sottolinearlo, non é quella “adat-tiva” (il problema é il ragazzo, cambiamo il ragazzo per adattarlo al sistema), ma quellaper l’appunto “sistemica” (c’é un problema, modifichiamo il contesto per aiutare il ra-gazzo). In questa visione l’intervento dello psicologo, anche se rivolto al singolo allievo,é sempre comunitario, nel senso che il ragazzo é sempre considerato nella sua rela-zione con gli altri e degli altri con lui.

Anche i corsi di formazione e autoformazione professionale che sono stati previstie realizzati nell’ambito del progetto PIA per i docenti, rispondono a quel fil rouge che ésotteso a tutti gli altri interventi, anche quando si é trattato di interventi specialisticicome l’insegnamento dell’italiano come lingua seconda. Perché si é trattato di guardareallo sviluppo del singolo, ma sempre in una dimensione collettiva. Se l’alta qualità deiformatori ha garantito la scientificità dal punto di vista dell’operazione culturale, l’oriz-zonte di senso é stato assicurato da quell’idem sentire che é frutto non secondario delnostro progetto PIA.

Le attività di orientamento, ri-orientamento e ri-motivazione messi in atto dal PIAhanno raggiunto il cuore stesso dell’agire delle scuole che si fonda sempre, é utile ri-cordarlo, sull’orientamento, essendo le discipline non fini, ma strumenti per raggiungerelo scopo dell’istruzione, che é quello di formare cittadini critici e coscienti. Qui pensovada rimarcata in qualche modo come, con questa azione, il PIA e le Istituzioni Scola-stiche raggiungano, soprattutto in riferimento alla scuola secondaria di primo grado, lapiena complementarietà. Il “bilancio delle competenze”, che con questa azione si com-pie, permette all’allievo di confrontare le aspettative soggettive con le valutazioni sco-lastiche, rafforzando il “senso di realtà” che dovrà segnare il passaggio tra una visioneancora acerba a una visione adulta e consapevole del mondo e delle proprie scelte.Appare particolarmente significativo, e francamente anche bello, che un atto fondantedella democrazia, la presa di coscienza di chi e come si é e di chi e come si vuol di-ventare, nasca da un’azione congiunta tra le Scuole e l’Ente Locale, tra il mondo deisaperi e quello della politica.

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Direzione futuroRossella Safina, Comune di Scandicci

Mentre ancora si attende la normativa derivante dal nuovo Piano di Indirizzo Ge-nerale Integrato (P.I.G.I.), sono molti gli elementi di cambiamento prospettati dalle isti-tuzioni e dai referenti che partecipano alle diverse fasi del progetto.

Nelle numerose occasioni collettive (ci si riferisce all’ultima triennalità) i referentidegli Enti coinvolti hanno avuto l’opportunità di rinnovare la propria condivisione sullelinee guida che rappresentano l’architettura del progetto PIA , ma anche di contribuirealla discussione che consente di rendere il progetto vivo e sintonizzato sui bisogni delterritorio. Sono attività che -viste le dimensioni dei gruppi e i numerosi livelli decisio-nali- consentono di mantenere la rotta comune, la centratura su orizzonti di senso con-divisi, ma soprattutto di prospettare continui ri-aggiustamenti/negoziazioni sulla basedei segnali che provengono dai contesti.

Alcune indicazioniVersante della costruzione di un orizzonte comune

I numerosi incontri con i referenti dedicati al dialogo e allo scambio devono conti-nuare a essere pensati, organizzati e condotti in modo tale che i singoli referenti pos-sano rintracciare e riconfigurare i significati attribuiti a termini comunemente usati come“disagio”, “dispersione”, “benessere scolastico” i quali non sempre e non per tutti ri-mandano a un linguaggio comune. Operativamente in seguito alla Carta dei serviziPIA, si è già cominciato a pensare di aggiornare i protocolli d’intesa, in modo da sancirevincoli e reciprocità tra le varie articolazioni organizzative.

Versante della messa in relazione Poiché sul nostro territorio, esiste un rischio di frammentazione e di sovrapposizioni

delle esperienze, si è pensato di stabilire alcuni correttivi che veniamo a elencare: 1. Cercare un reale approccio sistemico alla progettazione proprio perché le at-

tività derivano da diverse fonti di risorse (finanziamenti PIA, finanziamenti pro-venienti dal bilancio comunale in carico al settore sociale) cercando di calibrare

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le tempistiche per coinvolgere più sistematicamente anche i soggetti istituzionalioperanti a vario titolo nel sistema (soggetti interni all’Ente, Azienda Sanitaria,Società della Salute, Privato sociale…).

2. Migliorare le attività dedicate al coordinamento per attivare un dialogo per-manente e diffuso.

3. Adottare, per quanto possibile una logica di ricerca sui dati, sulle informazioni,sulle tracce (documentazione) lasciate dalle azioni sul contesto.

La riflessione avviata ci porta a concludere che oggi occorra una ri-configurazionealla luce dell’esperienza degli ultimi anni. Non si tratta di inventare nulla di nuovo, madi utilizzare al meglio ciò che già esiste. Alcuni progetti territoriali dal progetto Eugenioalla Leva giovanile fino alla Citta dei Ragazzi pur occupandosi di stesse problematichenon sono mai confluiti dentro un progetto complessivo (PIA triennale). Questo ha portatoa una frammentazione delle esperienze rappresentando di fatto un freno e una minacciaper la buona riuscita delle azioni complessive e a una sovrapposizione degli interventicosì come attestano i risultati dei focus group1.

La necessità di realizzare davvero una comunità intera dialogante che abita il ter-ritorio che si osserva, si analizza, e progetta i cambiamenti utili a correggere, modificaree migliorare gli interventi, spinge ad un nostro contributo tracciando elementi di cam-biamento/miglioramento.

Versante della cura delle professionalità Sembra tassativo il sostegno dei soggetti/referenti impegnati nelle azioni del pro-

getto. Pensiamo che sia necessario investire ancor più su:1. la restituzione del progetto utilizzando oltre allo strumento riunione e ai verbali

di riunione, ulteriori artefatti per comunicare il corso d’opera delle singole attività(documentazione a cura degli operatori impegnati sul campo).

2. i percorsi di formazione secondo una visione che la interpreta come un processotrasformativo, di supporto alla sviluppo professionale, sottoposto ad alcune con-dizioni imprescindibili

- durare tutta la vita professionale e attraversare le diverse sfere esperien-ziali del singolo professionista;

- agire in profondità grazie ad un coinvolgimento attivo e generare consa-pevolezza.

Solo a partire da queste premesse si può contribuire a consolidare una professio-nalità educativa poliedrica. Una professionalità impegnata a promuovere la crescitadella persona -bambino o bambina, ragazza o ragazzo- che sia consapevole delle com-plesse dinamiche relazionali quotidianamente messe in atto fra sé e i bambini, i colleghidel contesto di lavoro, le famiglie e la realtà più ampia di cui essa fa parte.

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1Focus group che hanno coinvolto i referenti del progetto PIA nel momento di passaggio dalla progettazione del 2005-2007 alla successiva 2008-2011 e che hanno permesso di avere le percezioni dei professionisti impegnati.

ALLEGATI

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Allegato 1

GOVERNANCE TERRITORIALE per il PIANO INTEGRATO DI AREA

Nell’ambito della governance territoriale per l’educazione e l’istruzione, il Piano Integratodi Area viene realizzato attraverso un processo di programmazione/progettazione cheparte dalla spinta regionale e coinvolge i diversi livelli istituzionali.

Si prevedono quattro livelli di interazione, regionale, provinciale, zonale e comunaleche prevedono, attraverso una serie di azioni congiunte, il coinvolgimento dei seguentisoggetti istituzionali, ognuno con i rispettivi ruoli e compiti:

Conferenza zonale per l’istruzioneLa Zona Nord/Ovest rappresenta l’ambito territoriale di riferimento per la programma-zione e per la progettazione del PIA. Nell’ambito della Zona, la Conferenza zonale perl’istruzione è l’organo tenuto a:

i svolgere il ruolo attivo di regia territoriale; i ri-comporre le diversità dei diversi enti/soggetti; i armonizzare le progettualità e programmare in maniera unitaria gli interventi; i coordinare l’azione dei Comuni che la compongono sulla base dei bisogni, delle

caratteristiche e delle risorse del territorio della Zona stessa.

La Conferenza presidia le seguenti funzioni:i l’analisi dei bisogni;i la programmazione degli interventi; i approvazione dei progetti integrati zonali; i verifica della corrispondenza dei progetti con gli indirizzi regionali;i monitoraggio e rendicontazione degli interventi.

ComuniI Comuni di Calenzano, Campi Bisenzio, Fiesole, Lastra a Signa, Scandicci, SestoFiorentino, e Signa co-finanziano con risorse proprie il progetto integrato zonale nellamisura percentuale minima del 30% e operano assieme.

I Comuni svolgono le seguenti funzioni:i partecipano alla conferenza per l’istruzione in tutte le fasi previste dal progetto

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(formulazione, approvazione, monitoraggio, valutazione/verifica, rendiconta-zione);

i co-progettano gli interventi integrati da realizzare con i Comuni della zona, le isti-tuzioni scolastiche e gli altri soggetti previsti;

i realizzano e coordinano nel territorio di propria competenza le azioni previstedai progetti integrati, congiuntamente alle istituzioni scolastiche e ai soggetticoinvolti;

i gestiscono i finanziamenti ripartiti e sono responsabili della rendicontazione edel monitoraggio del progetto che viene svolto sul proprio territorio;

i realizza gli interventi di edilizia scolastica ed educativa di propria competenza.

Comune capofilaIl comune capofila, che nel nostro caso è il Comune di Scandicci; è stato individuato insede di conferenza per l’istruzione e ha i seguenti compiti:

i ricevere e gestire la ripartizione dei finanziamenti assegnati per il progetto;i monitorare e coordinare il progetto attraverso riunioni e utilizzo di strumenti che

possano assicurare lo scambio di flussi informativi (dati, documentazioni) prove-nienti dai singoli territori;

i rendicontare il progetto zonale.

Istituzioni scolastiche e altri SoggettiSul territorio sono attivati tavoli tecnici e/o gruppi di lavoro specifici che coinvolgonoaltri soggetti presenti sul territorio Società della Salute, ASL, Centro per l’impiego, As-sociazioni…

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Allegato 2

PROCEDURE PER ATTUARE PIANO INTEGRATO AREA

Brevemente le procedure per attuare i PIA sono le seguenti:

i La Regione ripartisce e assegna alla Provincia di Firenze le risorse disponibili per iPiani Integrati di Area (secondo indicatori IRPET).

i La Provincia di Firenze, secondo le modalità previste dalla governance territoriale,ripartisce le risorse fra le Zone del proprio territorio sulla base di criteri che tenganoconto anche di fattori socio-economici e nello specifico le risorse vengono affidateal comune di scandicci che per questo progetto assume il ruolo di capofila.

i I Comuni facenti parte della Zona metropolitana Nord/ovest, con il coordinamentosvolto dal Comune di Scandicci condividono le linee guida e elaborano il progettosulla base dell'analisi dei bisogni e delle risorse educative, culturali e sociali presentinei territori di riferimento e lo presentano alla Conferenza Zonale per l'istruzione.

i La Conferenza Zonale per l'istruzione procede alla valutazione dei progetti e alla loroapprovazione rendendoli così operativi.

i Le Province, dopo aver verificato che siano stati rispettati a livello zonale gli indirizziinviano alla regione gli elenchi dei progetti approvati definitivamente per la liquida-zione al Comune di Scandicci che provvede a ridistribuire i finanziamenti secondouna ripartizione condivisa.

FASI DEL PROGETTO PIA

Il processo è articolato in fasi successive, consequenziali tra loro: programmazione,progettazione e realizzazione, che si sviluppano ciclicamente e sono affiancate da unacostante azione di monitoraggio e verifica nel tempo.La Conferenza di Zona N/O utilizza strumenti -elaborati con l’ausilio della Provincia nel2004- e che conosciuti come Linee Guida. Questi consentono di tenere sotto esame lediverse fasi di lavoro che riguardano la progettazione integrata di area e si ispirano allenorme della famiglia UNI EN ISO 9000 dei Sistemi di gestione della qualità e dei pro-cessi ad essa sottesi. Le Linee Guida sono il requisito operativo per la progettazioneintegrata attuata dall’ Équipe Integrata di Area.

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PIANIFICAZIONE-PROGRAMMAZIONE

La fase di programmazione coinvolge, in momenti consecutivi, tutti i soggetti istituzionalidel sistema, a diversi livelli e in funzione delle rispettive competenze (Comune, Confe-renza per l’istruzione, Provincia, Regione) mediante la formulazione, da parte di cia-scuno, dei previsti strumenti di programmazione.

azione - Piano Provinciale per il Diritto allo Studio Il Coordinamento Tecnico Provinciale definisce il Piano Provinciale per il Diritto alloStudio, che tiene conto del Piano Regionale di Indirizzo Generale Integrato, dei datiforniti dall’Osservatorio Scolastico Provinciale e dei dati provenienti dalle attività dimonitoraggio e valutazione dei progetti integrati realizzati.

azione - Linee Guida del Coordinamento Tecnico ProvincialeIl Coordinamento Tecnico Provinciale assicura la diffusione del Piano Provincialeattraverso riunioni con i coordinatori delle Équipe Integrate e delle Strutture di Sup-porto. La diffusione del Piano Provinciale è accompagnata dal documento tecnicoLinee Guida il quale descrive il processo della Progettazione Integrata.

azione - Mappatura L’équipe Integrata, con la collaborazione delle Strutture di Supporto, redigono undocumento di Mappatura degli Enti e Istituzioni, che evidenzia eventuali sottogruppidi lavoro, distinti per area locale (sub-area) e/o per area tematica di interesse. Lamappatura viene inviata agli Enti ed al Coordinamento Provinciale.

azione - Piano della ProgettazioneL’équipe Integrata, con la collaborazione delle Strutture di Supporto, identificano ireferenti di ogni Ente ed Istituzione per effettuare l’ analisi dei bisogni locali (ga-rantendo la consulenza e la formazione necessaria) come premessa dell’attività diprogettazione

azione - Analisi dei bisogni L’équipe Integrata, con la collaborazione delle Strutture di Supporto, identificanoun insieme di strumenti di rilevazione condivisi a livello di area mediante i quali gliEnti e le Istituzioni partecipanti effettuano l’analisi dei bisogni a livello locale (scuola,associazioni di scuole, altri Enti, o altri livelli di aggregazione). Le rilevazioni sono riportate nella Scheda analisi dei bisogni.

azione - Documento di analisi di contesto L’équipe Integrata, con la collaborazione delle Strutture di Supporto, esamina leschede di Analisi dei Bisogni compilate a livello locale e redigono il Documento dianalisi di contesto per il PIA, che è un documento nel quale sono descritti, il con-

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testo di riferimento, la realtà scolatica, le aree tematiche prescelte come criticitàcon le relative priorità, le risorse previste, le attività.

PROGETTAZIONE INTEGRATA

La fase della progettazione coinvolge la Conferenza per l’istruzione e i Comuni dellazona che co-progettano assieme coinvolgendo le istituzioni scolastiche e altri partnersdei progetti, riuniti in gruppi di lavoro e/o tavoli tematici, con il sostegno delle strutturedi supporto tecniche ed organizzative presenti nel territorio.

azione - Schede InterventoGli Enti e le Istituzioni che partecipano alla Progettazione Integrata, tenendo contodelle priorità concordate in Équipe integrata e delle attività ammesse nel Piano diZona, compilano le Schede Intervento nelle quali descrivono le Azioni (possono es-sere più azioni) che intendono effettuare.

azione - Ammissione della Scheda InterventoSulla base del Documento di analisi di contesto, l’èquipe Integrata, con la collabo-razione delle Strutture di Supporto, esaminano le Schede Intervento utilizzando ilModulo di Ammissione Scheda Intervento e se necessario richiedono eventuali ade-guamenti delle Schede Intervento.

azione - Progetto Integrato di AreaLe Équipe Integrate, con la collaborazione delle Strutture di Supporto, redigono ilProgetto Integrato di Area per il diritto allo studio, tenendo conto del Documento diAnalisi di contesto. In questa fase viene compilata la relativa Scheda Progetto. Nel caso di articolazionein sub-aree, o di articolazione a livello comunale, ciascuna articolazione compila lapropria Scheda Progetto, che viene integrata a livello di èquipe integrata di area.

azione - Approvazione della Conferenza dei Sindaci Il Progetto Integrato di Area per il diritto all’apprendimento viene inviato alla Con-ferenza di Zona per l’approvazione e l’assegnazione dei relativi finanziamenti fi-nalizzati.

azione - PresentazioneA seguito dell’approvazione, le Équipe Integrate, con la collaborazione delle Strut-ture di Supporto, presentano pubblicamente l’avvio del Progetto Integrato di Areaagli Enti coinvolti e ad altre parti interessate, inviandone documentazione allaProvincia.

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REALIZZAZIONE

Quando i progetti integrati di zona vengono approvati sono attuati direttamente dai co-muni o dagli altri soggetti partner.

azione - Avvio attivitàOgni Ente ed Istituzione partecipante alla Progettazione Integrata comunica all’équipe Integrata la data di avvio ufficiale delle attività inserite nel P.I.A.

azione - Modifiche alle attivitàIn caso di modifiche sostanziali allo svolgimento delle attività, ogni Ente ed Istitu-zione redige una nuova Scheda Intervento e la presenta in Équipe Integrata.Per modifiche sostanziali si intende: rinuncia all’attività, riduzione del 50% dell’atti-vità, cambiamenti di attività, di destinatari o di risorse. Se le modifiche richiedonoun incremento delle risorse economiche assegnate complessivamente all’attività,la conferma dell’ammissibilità delle modifiche sarà fornita a seguito del monitoraggiodel PIA.

MONITORAGGIO E VALUTAZIONE

Sono fasi che chiedono il coinvolgimento di tutti i soggetti del sistema secondo i rispettivicompiti/funzioni. Il monitoraggio e la verifica consentono di comporre una base infor-mativa omogenea su tutto il territorio interessato dal progetto e sono ritenuti strumentipreziosi di indagine.

azione - Coordinamentoll Coordinamento Tecnico Provinciale riceve i Progetti Integrati di Area e garantisce,attraverso un’attività di coordinamento con le Équipe Integrate e le Strutture di sup-porto, le attività di monitoraggio e controllo previste dal Piano di Monitoraggio.

azione - Piano di MonitoraggioL’ équipe Integrata definisce il Piano di Monitoraggio delle attività, nel quale sonoprecisati i tempi di avvio e di conclusione previsti delle attività e i tempi ed i modidelle azioni di monitoraggio.Il monitoraggio può essere effettuato in momenti diversiin funzione delle diverse date di avvio degli interventi.Un monitoraggio viene comunque previsto almeno al raggiungimento del 50% deltempo complessivo pianificato per l’intero Progetto Integrato.

azione - Scheda monitoraggioGli Enti e le Istituzioni che partecipano alla Progettazione Integrata effettuano il mo-nitoraggio degli interventi secondo il Piano previsto. Compilano la relativa SchedaMonitoraggio e la presentano in Équipe integrata.

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azione - Sintesi del monitoraggioL’ équipe Integrate, con la collaborazione delle Strutture di Supporto, elaboranole Schede di Monitoraggio compilate dagli Enti ed Istituzioni e ne discutono gli esitiin apposite riunioni di coordinamento, giungendo infine a redigere un Documentodi sintesi del monitoraggio che inviano al Coordinamento provinciale. Una riunione di coordinamento del monitoraggio del Progetto Integrato di Areadeve essere prevista al raggiungimento del 50% del tempo pianificato di sviluppodel Progetto Integrato di Area e, comunque, a sei mesi di distanza dall’avvio delleattività.

azione - Revisione delle Schede InterventoSulla base dei risultati del monitoraggio, le Équipe Integrate richiedono la eventualerevisione delle Schede Attività, modificando di conseguenza l’articolazione del Pro-getto Integrato e ridistribuendo eventuali risorse residue.

azione - Scheda Valutazione InterventoAl termine di ciascun intervento, gli Enti effettuano una valutazione finale degli esitisecondo le modalità previste in ciascuna Scheda Intervento. Di seguito compilano la scheda di valutazione predisposta dalla Équipe Integrata ri-portando i dati di processo e di esito e allegando la documentazione della valutazione.

azione - Documento di sintesi della valutazioneL’ équipe Integrata, con la collaborazione delle Strutture di Supporto, elaborano gliesiti delle valutazioni degli interventi; li discute in apposite riunioni di coordinamentocon gli Enti e le Istituzioni partecipanti e presentano infine un documento di sintesial Coordinamento Provinciale.

RIESAME DELLA PROGETTAZIONE

azione - Monitoraggio Le équipe Integrate consegnano gli esiti del monitoraggio attraverso il documentodi sintesi del monitoraggio al Coordinamento Provinciale che elabora un docu-mento di sintesi a livello provinciale.

azione - Diffusione del Monitoraggioll Coordinamento Provinciale illustra gli esiti del monitoraggio ai responsabili delleÉquipe Integrate i quali ne assicurano la diffusione a livello di Area di programma-zione.

azione - Valutazionell Coordinamento Provinciale riceve le valutazioni dei Progetti Integrati di Area edelabora un documento di sintesi.

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azione - Revisione delle Linee Guidall Coordinamento Provinciale esamina gli esiti delle valutazioni dei Progetti Integratidi Area e, con la collaborazione delle Équipe Integrate e delle Strutture di Supporto,definisce i necessari adeguamenti alla pianificazione e progettazione, modificando,ove necessario, le Linee Guida ed i relativi documenti.

azione - Revisione del Piano Provinciale di Indirizzo allo studioll Coordinamento Provinciale esamina gli esiti delle valutazioni dei Progetti Integratidi Area e, con la collaborazione delle Équipe Integrate e delle Strutture di Supporto,definisce i necessari adeguamenti ed il successivo Piano di Indirizzo Provincialeper il Diritto all’apprendimento.

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