trasformazioni tardo-antiche a neapolis. l’evoluzione di una città romana

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SALTERNUMSEMESTRALE DI INFORMAZIONE STORICA, CULTURALE E ARCHEOLOGICA

A CURA DEL GRUPPO ARCHEOLOGICO SALERNITANO

REG. TRIB. DI SALERNON. 998 DEL 31/10/1997

ANNO XVII - NUMERO 32-33GENNAIO/DICEMBRE 2014

ISBN 978-88-97581-21-5

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ALESSANDRO LUCIANO

Le ricerche archeologiche condotte nelle catacombe(come quella di S. Gennaro a Capodimonte) enella costantiniana Insula episcopalis, gli scavi

eseguiti negli anni ’80 (si vedano i contesti diCarminiello ai Mannesi e S. Lorenzo Maggiore), le piùrecenti ricerche effettuate in concomitanza dei lavoridella metropolitana (piazze Municipio, Bovio e NicolaAmore), hanno restituito un interessante spaccatodella neapolis tardoantica.

Le trasformazioni che interessarono il tessutourbano furono innanzitutto influenzate dalla cristia-nizzazione degli spazi, con l’escavazione di catacombea cui furono annesse basiliche cimiteriali, la proget-tazione di un episcopio a metà strada tra le mura e ilforo, la fondazione di basiliche urbane1. La crisi delTardo-Impero si riflesse nella spoliazione degli edificiin abbandono e nella proliferazione delle discariche inurbe, con conseguente crescita verticale della città enascita di spazi ortivi.

cristianizzazioneStando alle fonti agiografiche, Napoli ebbe un

proprio vescovo già nel I sec., quell’Aspreno che fuconsacrato dall’apostolo Pietro in occasione di unasua leggendaria visita a Napoli2. In realtà, le primesicure evidenze della cristianizzazione rimandano alIII sec., quando furono redatte le prime pitture cristianeispirate al Pastore di Erma in quella che diverrà lacatacomba di S. Gennaro a Capodimonte. Nello stessocontesto, all’interno di un ipogeo gentilizio romano, ilvescovo Agrippino (seconda metà III) fu deposto inuna forma scavata nel tufo. Nel corso del IV sec., lacripta del santo fu inglobata in un’aula ad corpus dalleforme irregolari e l’ipogeo si articolò in un complessocimiteriale per mezzo dell’irraggiamento di gallerie3.L’area nord-ocidentale di Napoli, già interessata danecropoli ellenistico-romane, si configurò come spazio

Trasformazioni tardoantiche a Neapolis.L’evoluzione di una città romana

Fig. 1 - Napoli, complesso episcopale. Articolazione dell’episcopio(VI sec.), (da EBANISTA 2009).

di sepoltura privilegiato dei cristiani. Nell’area deiPonti Rossi, si sviluppò la catacomba di S. Efebo, dicui è stato portato in luce un ambulacro con adiacenticubicoli, mentre nella Sanità furono scavati i cimiteridi S. Severo e S. Gaudioso, oggi profondamente alteratie in parte distrutti per effetto della costruzione dibasiliche seicentesche in luogo di quelle paleocristianeattestate nel chronicon episcoporum4.

In ambito urbano, l’evoluzione della città fu marcatadalla predisposizione dell’Insula episcopalis voluta daCostantino (Liber Pontificalis). Il complesso, disposto sutre livelli, si sviluppò in un’area della città non troppocentrale, ma nemmeno periferica, su un suolo densa-mente abitato. La cattedrale, in luogo dell’attuale cap-pella di S. Restituta annessa al Duomo Angioino, eraforse dedicata ai SS. Apostoli e costituita di cinquenavate precedute da atrio e concluse da presbiterioabsidato e soprelevato (fig. 1)5. Ad Est della basilica

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V secoloIl V sec. rappresentò un periodo di stagnazione sia

nell’ambito dell’edilizia ecclesiastica che in quellapubblica, poiché l’instabile situazione politica influenzòprofondamente la città, legata in modo diretto allevicende dell’Impero. Tra il 425 e il 450, all’epoca delleincursioni vandale, Valentiniano III fu costretto ariparare le mura, mentre la sede episcopale accolse ivescovi Quodvultdeus di Cartagine e Gaudioso diAbitine, in fuga dal Nord-Africa. Stando alle fontiepigrafiche, le mura vennero ristrutturante secondoun tracciato che ricalcava il circuito greco, testimo-niando una contrazione dell’abitato rispetto all’epocaromana. Anche la villa di Lucullo, costruita sul monteEchia e le sue propaggini (attuale colle di Pizzofalconee S. Lucia), fu fortificata, essendo definita castrumLucullanum nelle fonti contemporanee ed avendoaccolto il deposto Romolo Augustolo. L’acropoli, sullacollina di Caponapoli, dovette essere gradualmenteabbandonata se S. Gaudioso e S. Patrizia vi fondaronosedi religiose, come l’eremo di S. Aniello (439), poidedicato al vescovo africano. La perdita di centralitàdell’acropoli è anche attestata dagli scarsi ritrovamenticeramici databili tra IV e VIII sec. negli scavi di LargoS. Aniello e Villa Chiara, e dagli scarti di una presuntaofficina per la lavorazione di vaghi in osso, d’incertadatazione.

A partire dagli inizi del V sec., il bacino portualedi Napoli, esteso tra le attuali Piazza Municipio ePiazza Bovio, cominciò ad insabbiarsi, determinandola formazione di una spiaggia emersa, adibita a spo-radiche attività agricole, e il graduale abbandonodegli edifici abitativi lungo la via per cripta (fig. 3)8. Ilporto dovette spostarsi verso Sud-Est, come confer-ma il racconto di Procopio dell’assedio di neapolisdel 536, quando le navi di Belisario, pur essendoancorate al porto, erano lontane dal tiro dei dardiscagliati dai Goti, asserragliati in città. Proprio inoccasione di quell’assedio, Belisario tagliò l’acque-dotto, prova del fatto che esso avesse continuato afunzionare, almeno parzialmente, per tutto il Vsecolo. Doveva usufruirne anche il vescovoNostriano (432-449), a cui sono attribuiti dei bagniubicati nel complesso episcopale. Nel settore norddi quest’ultimo, sotto l’attuale palazzo arcivescovile,fu costruito un atrio quadrangolare porticato(seconda metà V), decorato da mosaici e spolia epavimentato con lastre marmoree.

correva una strada basolata, forse funzionale allapercorribilità del complesso episcopale, mentre allespalle dell’abside, probabilmente all’epoca di Severo(364-410), fu costruito il battistero a pianta centralenoto come S. Giovanni in Fonte, cupolato, porticato edecorato da mosaici con motivi naturalistici e scenebibliche e allusive al credo cristiano (fig. 2).

Proprio l’episcopato di Severo vide la piena afferma-zione del Cristianesimo a Napoli, accompagnata dauna più capillare cristianizzazione degli spazi, sia inambito urbano che suburbano. All’iniziativa del vescovosi deve la cosiddetta basilica severiana (poi S. GiorgioMaggiore), presso l’imma plateia, di cui si conserval’abdside traforata con deambulatorio e, fuori le mura,la chiesa di S. Severo presso le omonime catacombe6.Fu sempre Severo ad introdurre il cenobitismo incittà, con la fondazione dei monasteri di S. Potito eS. Martino ai margini dello spazio urbano, nel rispettodella norma teodosiana che prescriveva il divieto diedificarli all’interno delle mura.

La progressiva cristianizzazione di Napoli, almenonel IV sec., avvenne in un contesto di sostanziale tenutadel tessuto urbano se proprio in una lettera a Severo(393), Ambrogio poteva definirla «terra incantevole,regno della tranquillità perfetta». Non a caso, il LiberPontificalis ricorda i restauri sia del foro che dell’acquedottotra il 323 e il 324, mentre il Codice Teodosiano quellidel solo acquedotto nel 399. Anche l’impiego dimattoni di buona qualità nella basilica severiana, dovepure sono attestati riusi nell’abside, documenta che,ancora agli inizi del V sec., doveva esserci una discretaproduzione di materiale da costruzione e un certorispetto per gli edifici romano-imperiali7.

Fig. 2 - Napoli, complesso episcopale. Mosaici di S. Giovanni infonte (seconda metà IV sec.).

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Sintomo della crisi che investì la città a partire dalV sec. è la sua crescita verticale, per mezzo della for-mazione di depositi terrosi (dark earths)9. Il fenomeno,forse legato al mancato smaltimento dei rifiuti urbanie alla nascita di orti negli spazi in abbandono, è partico-larmente evidente nel complesso monumentale romanodi Carminiello ai Manessi, ubicato in un’insula compresatra la plateia mediana e quella inferiore. Il quartiere fuin parte abbandonato in epoca tardoantica, adibito adiscarica e al recupero dei materiali10. Alla prima metàdel V sec., sono assegnate le fasi di abbandono, conalmeno tre ambienti del piano seminterrato utilizzaticome calcara. Alla metà del V data la parziale riconver-sione in immondezzaio, come attestano gli scarichi inalcuni ambienti e in mezzo al cardo, con rifiuti di tipodomestico e riconducibili all’artigianato del vetro (fig.4). Il ritrovamento di oggetti di lusso e d’importazioneattestano come, nonostante tutto, gli scambi com-merciali fossero ancora vivaci. Il ritrovamento di Fig. 4 - Napoli, Carminiello ai Mannesi. Scarichi sul cardo (V sec.),

(da ARThUR 1994).

Fig. 3 - Napoli, Area portuale (V sec.), (da GIAMPAOLA 2010).

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anche a confessori e personaggi eminenti della gerarchiaecclesiastica, è attestata dalla costruzione di due nuovebasiliche dedicate a Santi orientali, Stefano edEufemia, commissionate dal vescovo Vittore (fine Vsec.).

fine dell’AntichitàNel corso delle guerra greco-gotica, Napoli fu contesa

a lungo e costituì un teatro di guerra molto battuto13. Dalle fonti si evince che, anche in epoca ostrogota,

i traffici commerciali non vennero meno ed eranogestiti dai comites. Lontano dalla costa, la crescita verticaledella città non si arrestò. Nel complesso diCarminiello ai Mannesi, tra la fine del V e gli inizi delVI sec., uno degli ambienti fu colmato, mentre il cardovenne bloccato da rifiuti e la relativa fogna ostruita,giustificando la definizione di Vico clusa che comparenelle fonti di inizio x sec. in riferimento a questa zona.Fino alla metà del VII sec., gli scarichi continuaronoad accumularsi, testimoniando un crollo delle impor-tazioni intorno alla metà del VI, bilanciato dall’inten-sificarsi delle produzioni locali e delle attività agricole,anche urbane. L’abbandono degli edifici romanidovette divenire abbastanza frequente, come dimostrala struttura demolita in vico della Serpe. Ancora utiliz-zato a scopi pubblici in epoca ostrogota, come attestail mosaico di Teodorico menzionato da Procopio, ilforo cessò rapidamente di costituire il centro politico,a beneficio dell’episcopio. Gli edifici pubblici, infatti,furono gradualmente abbandonati: spoliazione di tea-tro e odeion tra V e VI sec.; costruzione della basilica diS. Lorenzo sulla metà nord del macellum (metà VI sec.).La progressiva decadenza del tessuto urbano incentivòla nascita di spazi funerari intramuranei, fenomenoche si generalizzò nel secolo seguente. Tale pratica fufavorita dalla traslazione in città di reliquie venerate,come quelle di Candida a S. Andrea a Nilo (585).

A dispetto della crisi che investì l’edilizia pubblicae privata, quella ecclesiastica visse una certa floridezzatra l’epoca ostrogota e proto-bizantina. Con l’eccezionedi S. Paolo, entro la fine del VI sec. furono costruitetutte le basiliche maggiori, decorate da mosaici e affreschie pavimentate con marmo (fig. 5). S. Maria, voluta dalvescovo Pomponio (533) sulla media plateia, aveva trenavate divise da colonne ed atrio affacciato sullastrada. Stessa impostazione, con profondo nartece,per S. Lorenzo Maggiore, costruita da Giovanni II ilMediocre (533-556) presso il foro. A Vincenzo (555-

frammenti d’intonaco e laterizi frammentati, infine,documentano la spoliazione a cui andarono soggettigli edifici romani per il recupero di marmo e laterizi.

La crescita verticale interessò anche le strade,sebbene il tessuto viario d’età classica si sia sostanzial-mente mantenuto inalterato sino ad oggi. La costru-zione di edifici lungo le strade determinò anche larestrizione delle carreggiate, particolare reso trascura-bile da un traffico ridimensionato. Lo stenopos lastricatodi S. Lorenzo Maggiore (V sec.), individuato sotto iltransetto della chiesa, era largo m 3. L’innalzamentodella strada determinò la soprelevazione del pavimentoe degli ingressi degli ambienti che si affacciavano su diesso, e le trasformazioni in porte di alcune vecchiefinestre11.

A dispetto dell’impoverimento delle infrastruttureurbane, il V sec. rappresentò un frangente storico par-ticolarmente importante per la città. Esso, infatti,coincise con la traslazione delle reliquie di Gennaronella catacomba di Capodimonte, ad opera diGiovanni I. La deposizione delle reliquie avvenne inun cubicolo della cd. ‘Catacomba Inferiore’ ma deter-minò lo sviluppo di quella Superiore, laddove trovaronosepoltura anche cominia e nicatiola, nel celebre arcosoliocon la rappresentazione delle defunte ai lati del Santopatrono.

Presso la volta della sottostante confessio di S. Gennaro,fu invece realizzata la Cripta dei Vescovi, il cubiculumche ospitò i corpi di alcuni presuli napoletani di Vsec., all’interno di arcosoli decorati dai loro ritrattiaffrescati o mosaicati. La deposizione dei vescovi inambito ipogeo, entro arcosoli decorati dalle loro raf-figurazioni, era piuttosto comune a Napoli. Nellacatacomba di S. Efebo, l’arcosolio del cubicolo disinistra potrebbe essere appartenuto ad Orso (400-402), poiché su di esso campeggia l’immagine di unorante tra due Santi nimbati vestiti in abiti sacerdo-tali, forse proprio il vescovo e il Santo eponimo. Ilritratto mosaicato di Gaudioso (metà V sec.), sull’ar-cosolio di un cubicolo adiacente l’originario ambula-cro della catacomba omonima, è chiaramente identi-ficabile dall’iscrizione funeraria che si staglia sullafronte. Anche nell’unico cubicolo superstite dellacatacomba di S. Severo, presso cui era un presuntoretrosanctos, si trovano tre arcosoli decorati da pitturedei primi decenni del V, con Santi napoletani e milanesi12.

L’attenzione per il suburbio, reso sacro dalle spoglievescovili, in un momento in cui la santità veniva estesa

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578), infine, si deve la chiesa di S. Giovanni, fondatasu un tempio pagano presso la strada per il porto. Inquest’ultima, ai lati dell’arco trionfale, i pulvini portanoil monogramma del vescovo, mentre l’abside traforataera aperta in un deambulatorio con archi sostenuti dacolonne e pilastri di riuso. Più lontano dal centro,procedeva la fondazione di monasteri. Alla fine del Vsec., nell’area del Castro lucullano, il patrizio Liberioeresse quello di S. Severino attorno al mausoleo con-tenente la barba dell’apostolo. Sotto la guida dell’abateEugippo (prima metà VI), biblioteca e scriptorium reseroil cenobio uno dei centri d’irradiazione di culturateologica in Occidente.

Anche l’episcopio fu interessato da un’intensaattività edilizia. Forse all’iniziativa di Stefano I (iniziVI), si devono i restauri della cattedrale, non a casoricordata come Stefania nel chronicon episcoporum. Aquesta fase, risalgono i mosaici con scena dellaTrasfigurazione dell’abside, nonché le mensole-archi-trave dell’arco trionfale attualmente conservate. Pocopiù tardi, Giovanni II il Mediocre s’interessò dellastesura di nuovi mosaici pavimentali. Il complesso

architettonico, rinvenuto nel cortile della Curia, potrebbeessere identificato con l’accubitum voluto da Vincenzonella seconda metà del VI sec., assieme al battisterominore (chronicon episcoporum). L’accubitum è compostodi tre ambienti in opus vittatum, con pavimentazionemusiva policroma e decorazioni marmoree, terminantiin un’abside con sedile in muratura, entro cui era ilmosaico con iscrizione dedicatoria «Vince[nt]ius votumsolbit». Presso il battistero vincenziano era S. Lorenzo adfontes.

Nel suburbio, agli inizi del VI sec., nell’ambito di unprogetto unitario mirato ad assicurare una migliore frui-zione del santuario di S. Gennaro, furono edificate unabasilica ipogea, definita nelle fonti minor, e una chiesasubdiale, la maior. L’edificio di culto ipogeo, accessibile datriforium, si trovava sopra la confessio, visibile al centro, edavanti alla Cripta dei Vescovi, che ne costituiva il presbi-terio (fig. 6). Sulla volta era il catalogo affrescato deivescovi napoletani. La basilica di S. Gennaro extramoenia,decorata da affreschi, doveva essere a tre navate divise dacolonne di spoglio; l’ampia abside, inquadrata da colonnecorinzie, era originariamente traforata da arcate.

Fig. 6 - Napoli, Catacomba di S. Gennaro. Basilica ipogea (VI sec.),(da FASOLA 1993).

Fig. 5 - Napoli, Area urbana (VI sec.), (da ARThUR 2002).

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Note

1 ARThUR 2002.2 FIACCADORI 1992, pp. 145-170. Sullavita dei vescovi ci informa il chroniconepiscoporum ecclesiae neapolitanae, scrittointorno al Ix sec. ma debitore di undocumento più antico. Sui culti diNapoli, una testimonianza è costituitadal cd. Calendario marmoreo (VIII-Ixsec.), rinvenuto presso la chiesa di SanGiovanni Maggiore.3 FASOLA 1993; EBANISTA 2010, pp.

127-174.4 EBANISTA - AMODIO 2008, pp. 117-144.5 EBANISTA 2009, pp. 307-375;ROMANO - BOCK (ed.) 2002, pp. 119-131.6 EBANISTA 2011, pp. 383-418; ACETO1997. Nella Sanità doveva forse giàesistere la basilica dedicata al vescovoFortunato (metà IV), di cui conservavale spoglie.

7 Non lontano da Napoli, nel corso delV sec., sono attestate tegole riportantil’iscrizione Spes in deo o Spes dei.8 GIAMPAOLA 2010; GIAMPAOLA -CARSANA 2005, pp. 218-244.9 napoli antica 1985.10 ARThUR (ed.) 1994.11 DE SIMONE 1985, pp. 185-195.12 SCANCAMARRA 1995.13 DI MAURO - VITOLO 2006.

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