ebrei italiani, askenaziti e sefarditi a ferrara: un’analisi topografica dell’insediamento e...

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Toledoth Studi di cultura ebraica - 4 - Collana diretta da Adolfo Locci e Gadi Luzzatto Voghera a cura di Michele Borsa 2012/5772

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ToledothStudi di cultura ebraica

- 4 -

Collana diretta da Adolfo Locci e Gadi Luzzatto Voghera

a cura diMichele Borsa

2012/5772

Questo libro è dedicato alla memoria di Eugenio Sonnino, demografo, storico, uomo di cultura, amico

Gli ebrei nello Stato della ChiesaInsediamenti e mobilità (secoli XIV-XVIII)

A cura di Marina Caffiero e Anna Esposito

Questo volume è stato pubblicato grazie a:

Con il patrocinio di

Le curatrici desiderano esprimere la loro gratitudine a Rita Padovano per il co-stante sostegno dato a questa ricerca e alla sua pubblicazione e alla casa editrice Esedra per averla accolta in una delle sue collane.

Marina Caffiero - Anna Esposito

© 2012 Esedra editrice s.r.l.via Palestro, 8 - 35138 PadovaTel e fax 049/723602e-mail: [email protected]

Direzione generale per i Beni Librari, gli Istituti Culturali e il Diritto d’Autore

Provincia di Frosinone Provincia di Rieti

Provincia di Latina

INDICE

Marina CaffieroPer la storia degli ebrei nel Lazio e nei territori dell’ex Stato della Chiesa 9

Anna EspositoGli ebrei in Sabina nel tardo medioevo 19

Tersilio LeggioLa presenza ebraica a Farfa tra XIV e XV secolo 31

Giuliano Lazzarini - Michele LuzzatiL’orizzonte «italiano» di una famiglia ebraica laziale: prime note sui da Toscanella 51

Paolo PellegriniMigrazioni, attività e relazioni di una dinastia di medici ebrei tra Lazio e Umbria (secc. XIV-XV) 63

Pier Luigi De RossiPresenze ebraiche a Cori tra XIV e XVI secolo: elementi per uno studio in corso 75

Claudio CanoniciLa presenza ebraica nel Patrimonio di San Pietro fra XVI e XVIII secolo: fonti e problemi 89

Luca Andreoni«Perche non se habbia piu à tribulare». Gli ebrei della Marca fra spazi economici e conflitti giudiziari intorno alla metà del XVI secolo 109

Michaël GasperoniI banchieri ebrei nel Ducato di Urbino tra Cinque e Seicento 149 Laura Graziani SecchieriEbrei italiani, askenaziti e sefarditi a Ferrara: un’analisi topografica dell’insediamento e delle sue trasformazioni (secoli XIII-XVI) 163

Indice dei nomi 191

Indice dei luoghi 203

Laura Graziani Secchieri

EbrEi italiani, askEnaziti E sEfarditi a fErrara: un’analisi topografica dEll’insEdiamEnto E dEllE suE trasformazioni (sEcoli Xiii- XVi)

la riscoperta1 del trecentesco atto di vendita di un edificio con grande corte posteriore utilizzata – e da utilizzare in futuro – come cimitero degli ebrei ferra-resi2 ha permesso di focalizzare l’attenzione sulla distribuzione urbana dell’in-

1 l. Graziani Secchieri - s. Superbi, Il cimitero ebraico del Sesto di San Romano: prime riflessioni, in Miscellanea di studi per il sessantennio sacerdotale di Mons. Antonio Samaritani, «analecta pompo-siana», 34 (2009), pp. 171-251.

2 archivio di stato di modena (=asmo), Camera ducale estense, Notai camerali ferraresi, liV, c. 5r-v, giovanni dal sale, 12 gen. 1335: frate iacobo ripano, vicario dell’inquisitore per le città di bo-logna e ferrara, ha venduto a maestro «iacobucio calegario», un fabbricato con solai e coperto di coppi, con grande corte retrostante che aveva ingresso posteriore attraverso una stradella con-fluente nella via grande che portava al terraglio ed alle mura cittadine. nel complesso, edificio e scoperto erano posti nella contrada del sesto di san romano ad est della via larga che dalla porta dei leoni conduceva alla piazza del comune. parti integranti del contratto di vendita del 1335 sono una premessa ed una clausola; in antefatto, viene riproposto integralmente l’atto con cui, il 2 gennaio dello stesso anno, frate lamberto «de cingolo», domenicano ed inquisitore, aveva dichiarato di aver analizzato con diligenza diversi atti ‘antichi’ dell’ufficio inquisitoriale, nei qua-li erano contenute le descrizioni di numerose azioni nefande commesse «in domo que dicitur cimiterium iudeorum sita in civitate ferrarie» dagli ebrei che «eo tempore erant in obrobrium fidei christi domini nostri». a sua volta, la clausola inserita nella vendita consentiva agli ebrei di utilizzare anche in futuro per le proprie sepolture quella parte di scoperto che era destinata a cimitero con accesso dalla porta nella porzione posteriore della corte stessa prospiciente la via lungo il terraglio e le mura urbane, senza che l’acquirente potesse interferire. aggiungo, con-dividendolo, quanto mi ha fatto notare il prof. michele luzzati: la situazione descritta nell’atto potrebbe essere interpretata come un intervento tutto sommato molto rispettoso nei confronti degli ebrei del quarto decennio del trecento (che l’inquisitore non poteva e non aveva affatto intenzione di perseguire come tali) ed attento a sottolineare che ben altro erano stati i vecchi convertiti «relapsi» ed i loro conniventi ebrei, al tempo di quella condanna. a questo proposito: k. Stow, Ebrei, età medievale, voce in Dizionario storico dell’Inquisizione, diretto da a. Prosperi, pisa 2001; J.H. Arnold, Inquisizione medievale, voce in Ivi; J. Wickersham, Relapsi, voce in Ivi. infine, sottolineo che all’inizio del trecento la forma urbis di ferrara era caratterizzata dalle due lunghis-sime strade – parallele al corso del po – della ripa e delle Volte, dalla discosta via dei sabbioni cui si abbinava la strada del terraglio presso le mura settentrionali; se fra il castello dei cortesi e castel tedaldo correvano circa 2.800 metri, la riva del po con i suoi frequentati approdi mercan-tili distava in media 500 metri dalla cinta muraria a nord: in questa particolare conformazione

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sediamento residenziale ebraico in rapporto con il relativo luogo di sepoltura in epoca tardo medievale. in particolare, il giuramento di fedeltà a papa cle-mente V del 13103, cui avevano partecipato 17 ebrei capifamiglia, colloca fisi-camente l’area abitativa ebraica nella contrada di centoversuri e dintorni (si conta un solo residente nella contigua contrada di boccacanale4), dato confer-mato sia dalle ricerche compiute da Vittore colorni e da adriano franceschini sia dai più recenti ritrovamenti archivistici5. le carte non entrano nel dettaglio delle attività svolte da chi ha prestato giuramento: appare però impossibile che tutti i 17 capifamiglia6 (cui si dovrebbero aggiungere almeno altrettanti maschi produttivi, fra fratelli e figli maggiorenni conviventi) fossero dediti al prestito anche se si ammettesse che abitavano in ferrara tutti i componenti delle cor-date societarie che avevano in gestione il banco/i banchi e di cui, peraltro,

urbana, poteva accadere che il cimitero ebraico del sesto di san romano, pur decentrato presso le mura, fosse a soli 140 metri circa dal duomo e dal vescovato, cuore religioso cittadino.

3 b. Fontana, Documenti vaticani di un plebiscito in Ferrara, sul principio del sec. XIV; e dell’idea dell’indipendenza italiana nella mente dei Romani Pontefici, in «atti e memorie della deputazione ferrarese di storia patria», serie i, 1 (1886), pp. 124, 132. per approfondimenti, vedere anche l. Graziani Secchieri - s. Superbi, Il cimitero ebraico, cit., pp. 192-194.

4 per facilitare la comprensione della distribuzione urbana, propongo le dizioni storiche delle numerose strade citate affiancate dalle nomenclature attuali: via larga che dalla porta dei leoni conduceva alla piazza del comune = via martiri della libertà; via larga che portava al ter-raglio ed alle mura cittadine = via bersaglieri del po; via della ripa o via grande = vie c. mayr e ripagrande; via delle Volte = vie coperta, delle Volte e capo delle Volte; via dei sabbioni = vie saraceno, g. mazzini e g. garibaldi; strada del terraglio presso le mura settentrionali = al momento riconoscibile solo nei tratti superstiti delle vie del pozzo, del gambero e del teatro; contrada di boccacanale= vie spadari e boccacanale di santo stefano; strada di gattamarcia = via Vittoria; contrada di santa maria di bocche = via gioco del pallone; contrada di san giacomo = via carbone; strada di san francesco = via terranova; strada del fasolo = tratto sud di via romei; contrada di san gregorio= via cammello. rimarco, infine, che il termine di contrada ha assunto anche il significato di via, oltre che di quartiere.

senza peraltro voler approfondire il tema, segnalo il perdurare almeno fino a metà Quattro-cento delle contrade come partizione urbana ben definita dagli statuti, origine di rappresentan-za istituzionale a scopi fiscali. inoltre, ad esse erano correlate associazioni di popolo, con quadri dirigenti e possesso di immobili, cfr. a. Samaritani, Chiese e scole nelle ‘universitas’ di convicinia e di contrada a Ferarra dai prodromi del Comune al tramonto del Medioevo, in «bollettino di notizie e ricerche da archivi e biblioteche», 5 (1982), pp. 5-39.

5 V. Colorni, Ebrei in Ferrara nei secoli XIII e XIV, in Miscellanea di studi in onore di Dario Disegni, torino 1969, pp. 69-106, in partic. pp. 86, 91. a. Franceschini, Presenza ebraica a Ferrara – Testi-monianze archivistiche fino al 1492, firenze 2007, pp. 16-36; l. Graziani Secchieri - s. Superbi, Il cimitero ebraico, cit., pp. 191-192, 194-195.

6 colorni ha calcolato, arrotondando per difetto, che ai 17 capifamiglia ebrei (su 3.500 che hanno giurato) corrispondesse una comunità di 70-80 persone rispetto ad una popolazione complessiva di 16-20.000 abitanti; V. Colorni, Ebrei in Ferrara, cit., p. 88. sulla demografia ebrai-ca: a.i. Pini, Famiglie, insediamenti e banchi ebraici a Bologna e nel Bolognese nella seconda metà del Trecento, in «Quaderni storici», 54 (1983), pp. 783-814.

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non si ha tuttora alcuna notizia. la storiografia7 ha assodato come la prima migrazione di famiglie ebraiche romane dedite al commercio del denaro abbia visto la sua massima forza espansionistica alla metà del duecento, riuscendo a coprire «gran parte del territorio tra il tevere e il po»8. è logico ritenere che, dopo alcuni decenni, il gruppo ferrarese originato da tale spostamento fosse impegnato anche in altre attività, come la medicina9 e l’artigianato, la copia e la miniatura, e che, forse, alcuni ebrei fossero impegnati anche nell’agricoltura10.

Ebrei italiani, anzi romani, hanno animato l’insediamento che gravitava in-torno alla contrada di centoversuri11. si trattava di uno stanziamento compat-to, tanto da poterlo quasi indicare come la ‘strada degli ebrei’, in una località decentrata rispetto al cuore commerciale urbano che andava consolidandosi presso le piazze del comune e del duomo: era stata, al contrario, la collocazio-ne ideale per controllare gli scambi mercantili (o intervenire su di essi) che, in epoca basso medievale, erano stati attivi soprattutto nei porti fluviali interni alla città, allo sbocco che le antiche vie d’acqua urbane formavano con il cor-so principale del po12. proprio in prossimità dei porti di san nicolò e di san

7 V. Colorni, Prestito ebraico e comunità ebraiche nell’Italia centrale, in «rassegna storica del di-ritto italiano», 8 (1935), pp. 1-55; l. Poliakov, Banquier juifs et le Saint Siège du XIIIe au XVIIe siècle, paris 1967, p. 308 e segg.; a. Toaff, Il vino e la carne. Una comunità ebraica del Medioevo, bologna 1989, pp. 69, 75-76, 290-291 e segg.; Id., Gli ebrei a Roma, in Gli ebrei in Italia, a cura di c. Vivanti, in Storia d’Italia, Annali Xi/1, torino 1996, pp. 121-152.

8 a. Toaff, Gli ebrei a Roma, cit., p. 137.9 la dott.ssa segre ha segnalato anche un medico ferrarese trasferitosi a Venezia, se non

addirittura passato prima a genova: «magister Helyas, medicus qui fuit de feraria», r. Segre, Medici ebrei e neofiti a Venezia tra Due e Trecento, in Interstizi - Culture ebraico-cristiane a Venezia e nei suoi domini dal Medioevo all’Età Moderna, a cura di u. Israel - r. Jütte - r.c. Mueller, roma 2010, pp. 407-423.

10 Visto il numero non particolarmente elevato di documenti fino ad ora rinvenuti, si può dire che sono tutto sommato piuttosto frequenti quelli inerenti a terreni agricoli presi in affitto, comprati e venduti, tanto da lasciar supporre un intervento diretto degli ebrei ferraresi nelle pratiche agricole, V. Colorni, Nuovi dati sugli ebrei a Ferrara nei secoli XIII e XIV, in «rassegna mensile di israel», lug.-ago. 1973, pp. 403-417, in partic. pp. 193-194. a. Franceschini, Presenza ebraica, cit., docc. 6, 7, 13, 30, 32, 35-44, 47-49, 51, 60, 61; l. Graziani Secchieri - s. Superbi, Il cimitero ebraico, cit., pp. 191-192.

11 oltre al giuramento del 1310, attestazioni sulle abitazioni degli ebrei in ferrara all’inizio del XiV secolo sono in V. Colorni, Ebrei in Ferrara, cit., pp. 171-172, e in a. Franceschini, Presenza ebraica, cit., docc. 34, 52, 54-56. lo studio di l. Graziani Secchieri - s. Superbi, Il cimi-tero ebraico, cit., pp. 194-195, presenta documenti inediti relativi alle contrade di centoversuri e boccacanale ed allarga l’area residenziale alla contrada di san nicolò fra le contrade della magna ripa e delle Volte.

12 in particolare il porto di san nicolò, scalo per le merci provenienti dalle zone interne della pianura padana, ed il porto di san michele, al quale attraccavano i trasporti commerciali transitati attraverso il po di primaro; Statuta Ferrariae anno MCCLXXXVII, a cura di W. Montorsi, ferrara 1955, pp. 13-18.

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michele era situata l’area abitativa ebraica, che non era distante neppure dalla residenza degli adelardi13; né era commercialmente trascurabile la vicinanza con il grande numero di porte urbane presenti nelle mura meridionali. nel duecento l’ubicazione del primo quartiere ebraico (e quindi anche delle atti-vità di prestito e pegno) nell’area della contrada di centoversuri aveva la sua ragion d’essere in una struttura urbana i cui poli commerciali ed economici hanno per gradi perso vitalità nel secolo successivo.

la già frammentaria documentazione relativa ad ebrei residenti a ferrara si interrompe con un atto del 133914, per poi riprendere dal 137015 con ritmo cre-scente e maggiore frequenza. dalle testimonianze di tardo tre e Quattrocento via via sempre più regolari16 si deduce come, a quell’epoca, la regione abitativa ebraica fosse collocata nel centro della città, attestata in banchi di prestito fra loro isolati e distanti, opportunamente distribuiti nel tessuto urbano. Questo diverso modo di risiedere nel corpus civitatis era sicuramente dipeso da un diffe-rente sistema di relazionarsi con le nuove sedi privilegiate del commercio, con la municipalità e con il governo estense. il marchese stringeva ora direttamente il rapporto con i «foeneratores» che agivano a nome proprio e dei rispettivi soci, dei propri familiari e dei dipendenti che lavoravano con e per loro nel banco, secondo una modalità che si ripeterà poi ad ogni rinnovo, ancora per tutto il cinquecento. siamo di fronte alla ripetizione del fenomeno che aveva portato alla costituzione del nucleo della contrada di centoversuri: si è inse-diato un nuovo gruppo “colonizzatore” formato in prevalenza da prestatori17, cui si sono andate gradatamente affiancando le figure indispensabili alla vita comunitaria ebraica, oltre ad artigiani e commercianti. a questi, provenienti dalla seconda migrazione di ebrei romani18, si erano in progressione mescolati

13 documentata dal 1242, in a. Franceschini, Il Duomo e la piazza nella città medievale, in Storia illustrata di Ferrara, a cura di f. Bocchi, repubblica di san marino 1987, pp. 81-97, in partic. p. 93. è stata, poi, confiscata dagli Este e trasformata nel loro primo palazzo.

14 l. Graziani Secchieri - s. Superbi, Il cimitero ebraico, cit., p. 195.15 a. Franceschini, Presenza ebraica, cit., doc. 64; si tratta della condotta concessa nel 1370 da

nicolò ii d’Este all’insediamento di due ebrei e quattro cristiani in qualità di prestatori: di questi ultimi si perdono le tracce, mentre si installano due banchi ebraici. nel 1390 sono citati ancora solo i due «foeneratores» nelle contrade di boccacanale e di san clemente mentre dal 1° gen-naio 1394 è stata attivata la condotta per tre banchi; Ivi, docc. 71 e 79. l. Graziani Secchieri, I prestatori – I banchi di pegno e le famiglie ebraiche a Ferrara e nella politica estense, in «ferrara – Voci di una città», 12 (2000), pp. 18-24; url: http://rivistafondazionecarife.it/it/2000/12.

16 a. Franceschini, Presenza ebraica, cit., p. 36 e segg.17 impegnati nei due banchi di cui conosciamo la condotta concessa da nicolò ii; a. Fran-

ceschini, Presenza ebraica, cit., doc. 64.18 a. Toaff, Gli ebrei a Roma, cit., in partic. Il secondo esodo degli ebrei romani, pp. 138-142; m.

Luzzati, Banchi e insediamenti ebraici nell’Italia centro settentrionale fra tardo Medioevo e inizi dell’Età moderna, in ibid., pp. 173-235. m. Romani, La tela del ragno. Famiglie e banchi ebraici nell’Italia centro-

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gli askenaziti19 – in ebraico medievale, Ashkenaz era il nome della regione fran-co-tedesca del reno, popolata nel iX secolo da un esodo delle comunità ebrai-che dell’italia meridionale –, dediti come i primi al commercio del denaro, ma anche ad attività legate da vicino al prestito su pegno, come la compravendita di abiti usati e la gioielleria. in ferrara, i legami fra le due nazioni erano stati stretti e sereni, tanto che solo a metà ’500 i tedeschi avevano richiesto alle auto-rità l’autorizzazione alla realizzazione di una propria sinagoga, mentre avevano continuato a seppellire i propri defunti promiscuamente nel cimitero italiano. proprio per questo, italiani ed askenaziti sono stati indicati nelle fonti come ebrei ‘locali’ o ‘della città’ allorché si sono affacciati sul panorama ferrarese i ‘sefarditi’ – Sepharad è il nome ebraico della penisola iberica – sia gli ‘ispani’, provenienti dalla diaspora spagnola del 1492, sia le vittime dell’epurazione por-toghese del 149620.

dopo aver annotato che il cimitero del sesto di san romano non ha la-sciato ulteriori tracce nei documenti successivi al 1335 e neppure menzione nella toponomastica locale21, ricordo che il documento (datato 1403), che cita

settentrionale (secc. XIV-XV), in Il ruolo economico della famiglia, a cura di g. Alfani, in «cheiron», 45-46 (2006), a. 23, pp. 87-109, con la sua ricca bibliografia.

19 il primo flusso di askenaziti è stato limitato a pochi individui che si sono dispersi nell’italia del nord-est alla metà del Xiii secolo, mentre il secondo si è intensificato fino a divenire un ap-porto pressoché costante dalla metà ’300 e per tutto il ’400. dalla ricchissima bibliografia: J.l. Bato, L’immigrazione degli Ebrei tedeschi in Italia dal Trecento al Cinquecento, in Scritti in Memoria di Sally Mayer, gerusalemme 1956, pp. 19-34; a. Toaff, Gli insediamenti askenaziti nell’Italia settentrio-nale, in Storia d’Italia, cit., pp. 153-171, e in partic. p. 157; r. Bonfil, La presenza askenazita in Italia, in Yiddish in Italia. Yiddish Manuscripts and Printed Books from the 15th to the 17h Century, a cura di c. Turniansky - E. Timm, Associazione Italiana degli Amici dell’Università di Gerusalemme, milano 2003, pp. 213-217; a. Veronese, Migrazioni e presenze di ebrei ‘tedeschi’ in Italia settentrionale nel tardo medioevo, in Ebrei nella Terraferma veneta nel Quattrocento, atti del convegno di studio (Verona 14 nov. 2003), a cura di g.m. Varanini - r.c. Mueller, estratto da «reti medievali», Vi, 2005/1 (gen.-giu.), url: http: //www. dssg.unifi.it/_rm/rivista/atti/ebrei/Veronese.htm; a. Foa, Ebrei in Europa. Dalla peste nera all’emancipazione. XIV-XIX secolo, roma-bari 20092; b. Ligorio, Sapere e denaro da Shabbatai Donnolo a Federico II, taranto 2010.

20 dalla nutrita bibliografia: c. Roth, A History of the Marranos, philadelphia 1932; E. Ashtor, The Jews of Moslem Spain, voll. 2, philadelphia 1979; Y.t. Assis, The Jews of Spain: From Settlement to Expulsion, Jerusalem 1988. g.n. Zazzu, Sepharad addio. I profughi dalla Spagna al ‘Ghetto’ di Genova, milano 1991; c. Raphael, The Sephardi Story: A Celebration of Jewish History, london 1991; Vita e cul-tura ebraica nello Stato Estense, a cura di E. Fregni - m. Perani, bologna 1993; J. Zolitor, The Jews of Sepharad, philadelphia: congress of secular Jewish organizations (csJo) 1997; V. Bonazzoli, Gli ebrei del Regno di Napoli all’epoca della loro espulsione. ii parte: Il periodo spagnolo (1501-1541), in «archivio storico italiano» 139 (1981), pp. 179-287; L’identità dissimulata. Giudaizzanti iberici nell’Europa cristiana dell’età moderna, a cura di p.c. Ioly Zorattini, firenze 2000; a. di Leone Leoni, La Nazione spagnola e portoghese di Ferrara (1492-1559), a cura di l. Graziani Secchieri, 2 voll., firenze 2011, che compendia gli studi precedenti dell’autore.

21 l. Graziani Secchieri - s. Superbi, Il cimitero ebraico, cit., pp. 216-218.

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il sepolcreto ebraico nella contrada del borgo di sotto presso l’ospedale dei battuti neri e l’erigendo complesso dei gesuati di san girolamo, contiene un rimando che anticipa al 137822 la presenza del luogo di sepoltura in tale area: allo stato della ricerca, questa è l’unica data ante quam in cui è accertato che gli ebrei non utilizzavano più il cimitero del sesto di san romano.

in questo modo fra le due coppie di localizzazioni trecentesche di residen-za-cimitero23 si configura un’evidente cesura, che permette di supporre una temporanea emigrazione degli ebrei da ferrara, così come già ipotizzato dal colorni24 e dal luzzati25 che ne avevano avuto il sospetto anche a causa del silenzio documentale fra il 1318/1336-133926 ed il 1370. peraltro il fenomeno della mancanza di stabilità degli stanziamenti ebraici è generalizzato e riscon-trabile in tutta l’italia centro-settentrionale: in epoca tardo medievale, l’assenza di un ancoraggio geograficamente consolidato ha limitato la permanenza in un preciso territorio a non più di due o tre generazioni quasi ovunque; tale mancanza di legame territoriale appare essere stato maggiormente un effetto piuttosto che una causa delle migrazioni ebraiche. a ciò dobbiamo aggiungere un altro elemento: la cosiddetta ‘piccola era glaciale’ che, con i suoi inverni rigidi e le estati umide, aveva flagellato l’inizio del XiV secolo, con perdita di raccolti o drastico calo della resa agricola e conseguenti ripetute carestie che avevano falcidiato la popolazione. Last but not least, l’epidemia di peste del 1347-48, che aveva ridotto considerevolmente gli abitanti dei centri urbani, è stata ritenuta dai contemporanei un castigo divino per le colpe dei cittadini: prima fra tutte l’usura praticata sia dai «campsores» sia dai «foeneratores». da questa discendeva l’altro peccato capitale: la frequentazione con il popolo di abramo, al quale s’imputava in quell’epoca il contagio del morbo attraverso l’avvelena-mento dei pozzi d’acqua. per quanto riguarda il contesto ferrarese, giustificazio-ni dello spostamento volontario della comunità ebraica possono essere ricercate in parte nella diminuita capacità mercantile del territorio molto impoverito27,

22 Ivi, p. 228. p.c. Ioly Zorattini, I cimiteri sefarditi di Ferrara, in «annali di ca’ foscari», serie orientale 17, 25/3 (1986), pp. 33-60.

23 ad inizio trecento: residenza nella zona di centoversuri – cimitero del sesto di san ro-mano; a fine trecento: 3 banchi distanti fra loro – cimitero del borgo di sotto.

24 V. Colorni, Ebrei in Ferrara, cit., p. 176.25 m. Luzzati, Banchi e insediamenti, cit., p. 176. Id., Introduzione, in a. Franceschini, Presenza

ebraica, cit., p. 4.26 colorni, franceschini e luzzati hanno considerato come ultimo documento del primo

periodo di presenza ebraica a ferrara quello del 1318; Ivi, doc. 59. i documenti inediti presentati in l. Graziani Secchieri - s. Superbi, Il cimitero ebraico, cit., pp. 191-192, 194-195, posticipano al 1336, se non si vuole accettare come ebreo «magister abraminus murator» citato nel 1339; Ivi, p. 195.

27 su cause ed effetti dell’epidemia e sul coinvolgimento forzato degli ebrei: a Foa, Ebrei in

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in parte nell’insistito interessamento persecutorio dimostrato dagli inquisitori in tale provincia. secondo la ricostruzione che propongo, allorché gli ebrei ri-entrarono in città nell’ultimo trentennio del trecento, trovarono la situazione urbanistica del tutto cambiata: il terreno del cimitero del sesto di san romano non era più utilizzabile ai fini della sepoltura sia perché ormai inglobato nelle nuove abitazioni prospicienti la contrada di borgonuovo (soprattutto nel pa-lazzo dei sacrati) sia per la centralità assunta dall’area dopo l’ampliamento del palazzo marchionale e la costruzione del castello di san michele nel 1385, che erano venuti ad occupare il fronte stradale orientale della ‘via larga dalla porta dei leoni alla cattedrale’28. a loro volta, a causa del progressivo interrimento del ramo del po di ferrara, i porti di san nicolò e di san michele avevano perso

Europa, cit., con la relativa bibliografia; sul collasso del sistema fluviale padano e sulla crisi de-mografica in territorio ferrarese, rimando a f. Cazzola, Il Po, in Le calamità ambientali nel tardo Medioevo europeo: realtà, percezioni, reazioni, a cura di m. Matheus - g. Piccinni - g. Pinto - g.m. Varanini, atti del Xii convegno del centro di studi sulla civiltà del tardo medioevo - san minia-to, 31 mag.-2 giu. 2008, firenze 2010, pp. 198-230, e alla ricca bibliografia riportata.

28 Era questa la dizione utilizzata nel rogito del 1335 (citato alla nota 2) per indicare la col-locazione dell’accesso alla «domus cum magna curia».

Fig. 1. Ferrara nel 1335 (elaborazione dell’autrice).

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la loro preminenza commerciale strategica e quindi per gli ebrei l’area delle contrade di centoversuri e di boccacanale era diventata di scarso interesse.

un’analisi particolare è da riservare all’assetto dei banchi di prestito nel tes-suto cittadino. si può parlare di una sorta di funzione ‘colonizzatrice’ in modo implicito svolta dai prestatori nell’aprire la strada allo stanziamento ebraico all’interno dello spazio circoscritto della comunità urbana: la presenza dei «foe-neratores», ritenuta necessaria da marchesi d’Este e, obtorto collo, dalle stesse autorità religiose29, ha favorito l’apertura di un nuovo mercato urbano ad una serie di figure professionali ed artigiane le cui attività erano correlate alla vita della piccola collettività che gravitava intorno all’impresa feneratizia, e non solo30.

a differenza del banco di cambio, che era noto tramite il cognome del casa-to che lo aveva fondato e che lo gestiva31, l’individuazione di quello di prestito avveniva per mezzo della sua collocazione fisica. la principale (e quasi unica, per la perdita della documentazione antica dell’archivio della comunità ebrai-ca ferrarese) fonte diretta di notizie degli e sugli ebrei a ferrara proviene dalle scritture notarili32, in cui troviamo che il banco era indicato in modo sommario o generico sia perché era perfettamente conosciuto dalle parti contraenti (e, quindi, i contemporanei non esigevano altro riconoscimento che il nome e/o la via sulla quale esso si apriva33) sia perché la natura societaria, le frequenti

29 sulla scarsità della moneta di piccolo conio ed i problemi derivanti dalla limitata circola-zione del denaro: r. Romano - u. Tucci, Introduzione, in Economia naturale, economia monetaria, a cura di r. Romano - u. Tucci, in Storia d’Italia, Annali, Vi, torino 1983, pp. XXVi-XXVii.

30 archivio di stato di ferrara (=asfe), archivio notarile antico di ferrara (d’ora in avanti: anafe), bartolomeo codegori, m. 283, p. 5, 4° quint. prot. 1498, c. 170r-v, 24 lug. 1498. Ivi, 5° quint. prot. 1498, c. 203v, 8 nov. 1498. Ivi, p. 20 s, 2° quint. schede 1501, cc. 5v-6r, 27 ott. 1501. Ivi, p. 23 s, schede 1506, cc. sciolte, 2 apr. 1506.

31 Ho scelto documenti che, rogati in banchi di cambio, hanno comunque protagonisti ebrei, a diverso titolo. Ivi, p. 5, 5° quint. prot. 1498, c. 203v, 8 nov. 1498. Ivi, p. 6, 7° quint. prot. 1501, cc. 285v-286r, 22 dic. 1501. Ivi, p. 7, 2° quint. prot. 1502, cc. 62v-63r, 1° apr. 1502; p. 21 s, 1° quint. schede 1502, cc. 22v-23r, 1° apr. 1502. Ivi, p. 27 s, 1° quint. schede 1513, cc. 37r-40r, 20 giu. 1513.

32 l’anafe contiene per il cinquecento numerosissimi atti che vedono coinvolti ebrei: que-sto saggio non ha la pretesa di essere esaustivo riguardo tale produzione documentale.

33 asfe, anafe, b. codegori, p. 5, 5° quint. prot. 1499, cc. 194v-195r, 9 ott. 1499. Ivi, fran-cesco silvestri, m. 430, p. 7, prot. 1530, c. 368r, 1° dic. 1530. Ivi, giovanni battista codegori, m. 582, p. 3, prot. 1536, n° 34, 25 feb. 1538. per la finalità che si propone questo contributo, le cronache possono essere ritenute fonti di tipo secondario poiché forniscono indicazioni molto generiche: anche in questo caso vale il discorso fatto in precedenza sulla non indispensabilità di specifiche per i contemporanei. un esempio: nel 1477 e nel 1478, ugo caleffini ha annotato di-stintamente tutti coloro che hanno presentato doni al duca Ercole nell’occorrenza dell’epifania: il primo anno sono segnati «leon zudio», «li zudie da i carri», «li zudie da i sabioni» e «li zudie da la gabella»; l’anno successivo figurano «li zudei da po», «li zudei da li sabioni» e «salamone

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compravendite di quote e il ripetuto avvicendamento di gestori e prestatori hanno reso impossibile assimilare ad una sola famiglia questi banchi di prestito tanto longevi34: per quello dei sabbioni si possono calcolare almeno 500 anni.

se non vi è mai stato alcun problema ad identificare l’immobile in cui era situato tale banco con l’edificio che comprendeva la sinagoga di ser mele da roma35, diversa è la situazione per la sede di prestito ubicata nella contrada di borgoricco presso la corte vecchia degli Estensi: la sua presenza non è testimo-niata oltre il 145636. si trovava nell’area profondamente trasformata dall’amplia-mento del palazzo marchionale (e poi ducale) e dalle demolizioni ‘risanatrici’

zudio», in u. Caleffini, Croniche 1471-1494, deputazione provinciale ferrarese di storia patria, serie monumenti, XViii, ferrara 2006, rispettivamente alle pp. 211, 216, 218, 221, 269, 277 e 280-281.

35 p. Ravenna, La Fondazione di Ser Mele da Roma (1481-1485), in «ferrara – Voci di una città», 6 (1997), pp. 19-21; url: http://rivistafondazionecarife.it/it/1997/6. nel fabbricato sede del banco e della sinagoga italiana avrebbero trovato posto, alla realizzazione del ghetto nel 1627, anche la sinagoga tedesca, l’oratorio fanese e la sede della comunità ebraica con gli uffici e l’alloggio del rabbino.

36 a. Franceschini, Presenza ebraica, cit., doc. 608. i corinaldi risultano risiedere nella con-trada di borgoricco ancora per breve tempo ma non sono più definiti prestatori né di tale banco né di altro; Ivi, doc. 616.

Fig. 2. Ferrara nel 1394 (elaborazione dell’autrice).

O – Oratorio dei Sabbioni 1 – CastelloC – Cimitero del Borgo di Sotto 2 – Ampliamento del palazzo dei marchesi d’Este + Corte vecchia 3 – Palazzo SacratiB 1 - Banco di Borgo Ricco 4 – Torre e casa dei LeutiB 2 - Banco dei Sabbioni 5 – Gabella GrossaB 3 - Banco della Ripa 6 – Osteria dell’Angelo

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fra le due guerre mondiali; questo rende vaga ed imprecisa la sua collocazione fisica, ma non quella che era stata l’importanza strategica della sua posizione, così come per i citati banchi dei sabbioni e della ripa. non sono esplicitate nei documenti le cause della chiusura del banco di borgoricco: i fratelli manuel, beniamin e Vitale del fu consilio da corinaldo, che lo avevano gestito fino al 1456, rimasero a vivere a ferrara anche dopo la cessazione dell’attività, così come almeno qualche loro discendente ed erede, ma dal 1458 risultano tutti abitare in un’altra zona urbana, nella contrada di sant’agnese37. formulando ipotesi sulla chiusura di tale sede feneratizia, ci si può chiedere se l’area su cui era edificata fosse necessaria all’ampliamento della corte estense, oppure se la sua posizione fosse troppo defilata rispetto alle direttrici di movimento dei cit-tadini bisognosi e dei forestieri che entravano in città o se, al contrario, lascias-se troppo in vista chi portava pegni e chiedeva mutui. sono tutte congetture poco convincenti, in quanto la concessione marchionale dell’8 maggio 145438 per la gestione di un banco era carta troppo preziosa e remunerativa per non essere giocata in altra posizione qualora la contrada di borgoricco fosse stata o fosse divenuta sfavorevole: se i corinaldi non erano più interessati all’attività feneratizia, avrebbero potuto trovare acquirenti cui cedere il banco; a meno di non ipotizzare il suo fallimento.

peraltro, mentre possiamo ritenere che i primitivi tre banchi39 fossero ubi-cati in modo fra loro equiparabili riguardo la facilità di essere raggiunti da chi accedeva alla città, era invece nettamente differenziata la loro collocazione urbana a livello edilizio e sociale. Vicinissimo al centro cittadino dove avevano sede le piazze principali40, il banco dei sabbioni era situato lungo una via pret-tamente artigianale e mercantile, che conserva tuttora tale vocazione: ottime ragioni queste per far prosperare l’attività del prestito, in una posizione deci-samente strategica dal punto di vista commerciale, proprio come quella del banco della ripa, che era all’angolo fra la strada grande e quella di san paolo, di fronte alle gabelle grassa e grande41, all’osteria dell’angelo42 (principale –

37 Ivi, doc. 656.38 Ivi, doc. 574.39 ai primi due banchi ebraici aperti con condotta del 1° maggio 1370, si è aggiunto il banco

della ripa nella contrada di san paolo del 1° gennaio 1391: Ivi, doc. 75.40 il sistema delle piazze, circondate da botteghe, era costituito dal vasto slargo (sede del

mercato cittadino e su cui si affacciavano la loggia dei notai ed il palazzo della comunità con i relativi tribunale e carcere) a sud del fianco meridionale del duomo e dall’ampio sagrato della cattedrale in cui confluiva la larga strada che conduceva alla porta dei leoni.

41 il nuovo ufficio del dazio è stato costruito fra il 1380 ed il 1385; a. Frizzi, Memorie per la storia di Ferrara, ferrara 1850, iii, p. 369.

42 a. Faoro, Il comparto Chiozzino - Travaglio: topografia storica di un’area ai margini della città, in Il Chiozzino di Ferrara. Scavo di un’area ai margini della città, a cura di c. Guarnieri, ferrara 2006,

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ma non unico43 – alloggio per i forestieri) ed ai bordelli44.buia e stretta, quasi un accesso posteriore, la via delle Volte separava que-

sta sede feneratizia dal convento di san paolo, il cui campanile era contiguo all’edificio del banco45. Qualche bottega e fondaco punteggiava la via grande; molte «apoteche» con magazzini ed alcuni banchi di cambio si aprivano sulla strada di san paolo, ma nessun ebreo sembra aver trovato casa vicino al banco della ripa46. difficile credere ad ostilità da parte dei frati di san paolo, la cui in-fluenza territoriale era comunque limitata al lato ovest della strada di san pao-lo, spartiacque naturale con la contrada di san romano, che invece sappiamo non avere creato problemi agli stanziamenti ebraici. se non in contiguità con il banco stesso, altri correligionari avrebbero potuto insediarsi sul fronte viario opposto, di pertinenza appunto della contrada di san romano. ancora diversa la situazione del banco dei carri: aperto molto tempo dopo i primi tre, quasi a sostituire il banco di borgoricco (la loro coesistenza durerà solo 2 anni, dal 1454 al 145647), si trovava in una posizione di transito dalle porte meridionali verso il centro urbano mercantile e direzionale, nel punto di snodo fra la via grande, che in quel tratto era moderatamente dedita a commercio ed artigia-nato, e la zona circostante la chiesa di san gregorio, a vocazione soprattutto residenziale con committenza e proprietà appartenenti all’entourage estense.

pp. 10-26, in partic. pp. 10-13. a. Marchesi, “Una fabrica assai grandiosa”: l’antica osteria dell’Angelo a Ferrara e nuovi documenti sul Dosso, in «bollettino della ferrariae decus», 25 (31 dic. 2008), pp. 49-74.

43 asfe, anafe, b. codegori, m. 283, p. 11, 2° quint. prot. 1509, c. 76r-v, 15 mar. 1509; p. 25 s, 2° quint. schede 1509, cc. 21v-22r, 15 mar. 1509.

44 nel 1380, per realizzare la nuova «gabella magna de ripa», il marchese nicolò aveva fatto acquistare e demolire una certo numero di edifici definiti «pro domo postribuli», a loro volta confinanti con altri «clusibus». asmo, notai camerali ferraresi, Xi nascimbene camerlenghi, cc. 1r-2r, 1 ago. 1380; l’atto mi è stato gentilmente indicato dalla dott.ssa silvia superbi.

45 a. Franceschini, Artisti a Ferrara in età umanistica e rinascimentale, parte ii, tomo i, ferrara-roma 1995, app. 7.

46 la clausola inserita nell’atto del 1555 per l’affitto di un fabbricato nella contrada di san michele (quindi a pochissima distanza dal banco della ripa e dal complesso di san paolo) evi-denzia da parte del proprietario una totale diffidenza nei confronti di ebrei e marrani: «item quod dicti conductores non possint dictam domum sublocare hebreis nec maranis, sed bene aliis personis ea bene utentibus et ubi vellerint eam sublocare». asfe, anafe, antonio colorni, m. 715, p. 3, cc. 91r-93r, 18 apr. 1555; il documento mi è stato indicato dal dott. andrea faoro, cui va la mia riconoscenza per la consueta generosità e per il produttivo contributo di riflessioni ed osservazioni.

47 sull’istituzione del nuovo banco, si veda la convenzione fra giovanni bianchini e pietro lardi, fattori generali ducali, e rubino del fu samuel, angelo del fu abram da mantova e suo figlio salomon per l’apertura di un quarto banco verso la porta del leone o in via san romano o sulla via grande, per 10 anni a cominciare dall’8 novembre 1453; a. Franceschini, Presenza ebraica, cit., doc. 561. il rinnovo delle condotte è l’unico documento ufficiale che vede nominati

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negli edifici in cui era collocato il banco vennero rogati anche atti non propriamente attinenti all’attività feneratizia48; talora il notaio si premurava di annotare che l’intervenuto abitava nel fabbricato dove si svolgeva l’attività di prestito o, in modo più sbrigativo, nel banco stesso49. in tale stabile di solito ri-manevano a vivere gli eredi dei prestatori: spesso era la vedova, tutrice dei figli minori, a gestire il banco, nell’attesa della loro maggiore età50. in alcuni casi, viceversa, possiamo riscontrare come il fattore del banchiere non risiedesse nel medesimo fabbricato del banco51.

per quanto riguarda il periodo iniziale di stanziamento della seconda onda-ta ed almeno fino al 1435, la documentazione notarile raccolta è per lo più at-tinente all’attività feneratizia e ad i suoi addetti52. in seguito, diventano sempre più frequenti i rogiti relativi ad estranei alla vita del banco di prestito e gradual-

insieme i banchi di borgoricco e dei carri: Ivi, doc. 574. la tassazione per i banchi ‘storici’ era stabilita in 700 lire marchesane annue, per l’erigendo di 500 per il primo anno e di 600 per i 9 anni successivi. ma già dieci giorni dopo i soci hanno venduto ad un’altra cordata societaria rendendo necessario un aggiornamento del decreto di concessione, sempre con le stesse clau-sole: Ivi, doc. 575.

48 asfe, anafe, b. codegori, m. 283, p. 5, 4° quint. prot. 1498, c. 170r-v, 24 lug. 1498. Ivi, p. 5, 5° quint. prot. 1499, cc. 194v-195r, 9 ott. 1499. Ivi, p. 20 s, 2° quint. schede 1501, cc. 254r-255r, 16 nov. 1501; p. 20 s, cc. sciolte, 16 nov. 1501. Ivi, p. 23 s, schede 1506, cc. sciolte, 2 apr. 1506. Ivi, p. 11, 3° quint. prot. 1510, cc. 112r-113v, 27 mag. 1510; p. 26 s, schede 1510, cc. 21v-23v, 27 mag. 1510. Ivi, f. silvestri, m. 430, p. 10, prot. 1536, c. 110v, 18 gen. 1529. Ivi, p. 7, prot. 1530, c. 368r, 1° dic. 1530.

49 Ivi, b. codegori, m. 283, p. 5, 5° quint. prot. 1498, c. 210r, 20 nov. 1498. Ivi, p. 5, 5° quint. prot. 1499, cc. 194v-195r, 9 ott. 1499. Ivi, p. 20 s, 1° quint. schede 1501, cc. 26r-27r, 2 ago. 1501. ivi, p. 20 s, 2° quint. schede 1501, cc. 5v-6r, 27 ott. 1501. Ivi, p. 20 s, 2° quint. schede 1501, cc. 254r-255r, 16 nov. 1501; p. 20 s, cc. sciolte, 16 nov. 1501. Ivi, p. 7, 5° quint. prot. 1502, c. 193r-v, 22 set. 1502. Ivi, p. 8, 5° quint. prot. 1504, c. 178v, 21 nov. 1504; p. 21 s, 6° quint. schede 1504, cc. 4v-5r, 21 nov. 1504. Ivi, p. 11, 3° quint. prot. 1510, cc. 112r-113v, 27 mag. 1510; p. 26 s, schede 1510, cc. 21v-23v, 27 mag. 1510. Ivi, giacomo ferrarini, m. 593, p. 11, prot. 1542, cc. n. nn., 18 ago. 1542.

50 Ivi, b. codegori, m. 283, p. 24 s, 2° quint. schede 1507, cc. 26v-31r, 15 ott. 1507. Ivi, p. 13, 8° quint. prot. 1513, cc. 318r-319v, 1° dic. 1513; p. 27 s, 3° quint. schede 1513, cc. 40r-42r, perg., 1° dic. 1513. Ivi, g. b. codegori, m. 582, p. 10, prot. 1554, n° 27, 8 feb. 1554; p. 21s, schede 1554, cc. sciolte, 8 feb. 1554.

51 a. Franceschini, Artisti, cit., i, docc. 517 e 518. i protagonisti sono david del fu consilio, prestatore al banco dei sabbioni, che aveva in uso da giovanni rubini un edificio nella contrada di san gregorio, ed abram del fu Elia di bologna, socio nella stessa attività feneratizia, che aveva in affitto un fabbricato di bartolomeo «de sala» nella contrada di san giacomo. Vedere anche asfe, anafe, g. b. codegori, m. 582, p. 6, prot. 1546, n° 137, 13 set. 1545.

52 oppure ad attività connesse con il prestito su pegno, come la strazzeria, a. Franceschini, Presenza ebraica a Ferrara, cit.; sul termine strazzarolo nell’accezione di rigattiere, attività quasi esclusivamente riservata agli ebrei in certe aree ed in precisi periodi: r. Ago, Il gusto delle cose, roma 2006, p. 10.

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mente è emersa la necessità di identificare gli ebrei che abitavano in città in modo stabile rispetto a quelli che vi erano alloggiati solo in modo temporaneo oppure erano di passaggio53. Era una distinzione che affondava le radici nel passato54: alle moderne dizioni di ‘residente’ e ‘domiciliato’, corrispondevano espressioni diverse e, sebbene ogni notaio sembri aver adottato un suo spe-cifico stile per esprimere tale differenza, si possono generalizzare le formule più ricorrenti: l’ebreo che abitava stabilmente a ferrara era definito «hebreus ferrariensis»55, «hebreus ferrariae»56, «habitans ferrariae»57 o «habitator fer-rariae», cui spesso seguiva il nome della contrada58; in qualche raro caso, era

53 diversamente da quanto era avvenuto nel 1399 quando, nel suo protocollo, il notaio lan-cellotto Villa aveva indicato «Helias ebreus quondam manoeli de contracta sancti clementis» per poi cancellare l’inusuale locuzione «qui ad presens residet in domo de carpo» nell’atto con cui veniva nominato procuratore il notaio «blasium de piscatoribus» nella causa contro santo costabili; asfe, anafe, lancellotto Villa, m. 32, p. 1, prot. 1399, cc. n. nn., 1° ott. 1399; l’atto mi è stato indicato dalla dott.ssa silvia superbi, che ringrazio anche per le preziose osservazioni.

54 nel 1402, bonifacio iX aveva emanato un decreto in cui dichiarava che «omnes et singuli iudei et iudeae in urbe habitantes et moram trahentes cum eorum familia in urbe tractentur et tractari debeant et sint et esse intelligatur cives romani»; V. Colorni, Legge ebraica e leggi locali, milano 1945, p. 89. nel 1445, il marchese leonello aveva ripreso una concessione dell’inquisitore frate bartolomeo di ferrara relativa ad «universis hebreis habitantibus tunc et moram trahenti-bus in urbe nostra ferrariae et in ea in futurum habitantibus»; l. Münster, Una luminosa figura di medico ebreo, Maestro Elia di Sabbato da Fermo, in Scritti in memoria di Sally Mayer, cit., pp. 224-258, in partic. p. 256.

55 asfe, anafe, f. silvestri, m. 430, p. 11, prot. 1540, c. 58r-v, 2 mar. 1540. un esempio della poca chiarezza del formulario notarile ci viene da davit del fu abram penso «hebreus ferrariensis ad presens habitator». Ivi, andrea coccapani, m. 534, p. 5, prot. 1557, cc. 125r-126r, 5 gen. 1557; p. 9 s, schede 1557, cc. sciolte, 5 gen. 1557; regesto parziale in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, doc. 1352.

56 Ivi, b. codegori, m. 283, p. 6, 1° quint. prot. 1500, cc. 16v-17r, 15 gen. 1500. Ivi, giacomo ferrarini, m. 593, p. 11, prot. 1542, cc. n. nn., 27 gen. 1542; reg. parz. in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, doc. 226. asfe, anafe, maurelio taurini, m. 535, p. 8, prot. 1549, c. 67r, 29 mar. 1549.

57 Ivi, maurelio taurini, m. 535, p. 8, prot. 1549, c. 67r, 29 mar. 1549. Ivi, g. b. codegori, m. 582, p. 9, prot. 1552, n° 24, 24 feb. 1552. Ivi, giacomo conti, m. 584, p. 7 s, prot. 1557, c. 26r-v e scheda, 27 apr. 1557; reg. parz. in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, doc. 1385.

58 asfe, anafe, b. codegori, m. 283, p. 5, 5° quint. prot. 1498, c. 210r, 20 nov. 1498. Ivi, p. 20 s, 1° quint. schede 1500, cc. sciolte, 19 ago. 1500. Ivi, p. 6, 4° quint. prot. 1501, cc. 136v-138r, 20 mag. 1501. Ivi, p. 20 s, 1° quint. schede 1501, cc. 26r-27r, 2 ago. 1501. Ivi, p. 6, 7° quint. prot. 1501, c. 283r-v, 22 dic. 1501. Ivi, p. 7, 2° quint. prot. 1502, cc. 62v-63r; p. 21 s, 1° quint. schede 1502, cc. 22v-23r, 1° apr. 1502. Ivi, p. 21 s, 3° quint. schede 1504, cc. 1r-4v, 1° lug. 1504. Ivi, p. 9, 1° quint. prot. 1506, cc. 24v-25r, 30 gen. 1506. Ivi, p. 23 s, schede 1506, cc. sciolte, 2 apr. 1506. Ivi, p. 11, 2° quint. prot. 1509, c. 76r-v; p. 25 s, 2° quint. schede 1509, cc. 21v-22r, 15 mar. 1509. Ivi, ales-sandro coltri, m. 266, p. 4 s, schede 1509, cc. sciolte, 3 mag. 1509. Ivi, b. codegori, m. 283, p. 11, due copie: a) 4° quint. prot. 1510, c. 159r-v; b) perg. del not. francesco di bartolomeo codegori esemplata dagli originali del padre b. codegori, che ha sottoscritto, 12 set. 1510. Ivi, p. 13, 4°

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detto solo «hebreus de ferraria»59. Esiguo il numero di coloro che si potevano fregiare del titolo di «civis ferrariensis» o «civis ferrariae»60; in una posizione intermedia fra il semplice «hebreus» e quello definito «civis» erano coloro che vedevano riconosciuto il loro status 61 di mercante o di strazzarolo, sebbene fos-

quint. prot. 1513, cc. 182v-183r, 6 giu. 1513. Ivi, galeazzo schivazappa, m. 424, p. 1, prot. 1515, 17 nov. 1516. Ivi, b. codegori, m. 283, p. 16, 3° quint. prot. 1517, cc. 118v-119r; p. 29 s, 1° quint. schede 1517, cc. 19r-20r, 9 giu. 1517. Ivi, f. silvestri, m. 430, p. 7, prot. 1530, c. 368r, 1° dic. 1530. Ivi, giacomo minotti, m. 491, p. 4, prot. 1534, c. 92v e c. alleg., 31 ago. 1534. Ivi, f. silvestri, m. 430, p. 11, prot. 1540, c. 58r-v, 2 mar. 1540. Ivi, a. coccapani, m. 534, p. 2, prot. 1541, c. 85r-v, 18 mar. 1541; reg. parz. in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, doc. 188. asfe, anafe, f. silvestri, m. 430, p. 12, prot. 1541, c. 199v, 14 nov. 1541. Ivi, g. minotti, m. 491, p. 9, prot. 1545, c. 59r e c. alleg., 3 mag. 1545. Ivi, a. coccapani, m. 534, p. 4, prot. 1548, cc. 70r-71r, 12 giu. 1548. Ivi, g. minotti, m. 491, p. 11, prot. 1549, c. 255v, 24 dic. 1549. Ivi, a. coccapani, m. 534, p. 4, prot. 1550, cc. 25v-26v, 12 gen. 1550. Ivi, g.b. codegori, m. 582, p. 8, prot. 1550, nn. 67 e 70, 8 ago. 1550; p. 20 s, schede 1550, cc. sciolte, 8 ago. 1550; asfe, fondo Vendeghini, b. 2, 8 ago. 1550; reg. parz. in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, doc. 599. asfe, anafe, g.b. codegori, m. 582, prot. 1551, n° 123, 28 set. 1551; p. 20 s, schede 1551, cc. sciolte, 28 set. 1551. Ivi, p. 10, prot. 1554, n° 70, 14 giu. 1554. Ivi, g. conti, m. 584, p. 7 s, prot. 1557, c. 26r-v e scheda, 27 apr. 1557; reg. parz. in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, doc. 1385.

59 asfe, anafe, g. ferrarini, m. 593, p. 11, prot. 1542, cc. n. nn. , 27 gen. 1542; reg. parz. in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, doc. 226. asfe, anafe, g.b. codegori, m. 582, p. 8, prot. 1550, nn. 67 e 70, 8 ago. 1550; p. 20 s, schede 1550, cc. sciolte, 8 ago. 1550; asfe, fondo Vendeghini, b. 2, 8 ago. 1550; reg. parz. in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, doc. 599.

60 asfe, anafe, b. codegori, m. 283, p. 27 s, 1° quint. schede 1513, cc. 37r-40r, 20 giu. 1513. Ivi, p. 16, 3° quint. prot. 1517, cc. 118v-119r, 9 giu. 1517; p. 29 s, 1° quint. schede 1517, cc. 19r-20r, 9 giu. 1517. Ivi, m. taurini, m. 535, p. 7, prot. 1548, 9 mag. 1548. rimando alla puntuale disamina delle differenti situazioni locali nel capitolo lo status civitatis, in V. Colorni, Legge ebraica, cit., pp. 13-99, in partic. pp. 81-99. inoltre: s. Simonsohn, La condizione giuridica degli ebrei nell’Italia centrale e settentrionale, in Gli ebrei in Italia, cit., pp. 95-120, in particolare pp. 108-110: Status giuridico e cittadinanza; a. Toaff, Judei cives? Gli ebrei nei catasti di Perugia del Trecento, in «zak-hor», 4 (2000), pp. 11-36. r.c. Mueller, Lo status degli ebrei nella Terraferma veneta del Quattrocento: tra politica, religione, cultura ed economia. Saggio introduttivo, in Ebrei nella Terraferma veneta del Quat-trocento, atti del convegno di studi, Verona 14 nov. 2003, a cura di g.m. Varanini - r.c. Muel-ler, firenze 2005, pp. 1-21, in «reti medievali», Vi, i (2005), url: http://www.dssg.unifi.it/_rm/rivista/atti/ebrei.htm; E. Traniello, Tra appartenenza ed estraneità: gli ebrei e le città del Polesine di Rovigo nel Quattrocento, ivi, pp. 163-175, in part. pp. 164-166, in «reti medievali», Vi, i (2005), url: http://www.dssg.unifi .it/_rm/rivista/atti/ebrei/traniello.htm.

61 asfe, anafe, b. codegori, m. 283, p. 11, due copie: a) 4° quint. prot. 1510, c. 159r-v, 12 set. 1510; b) perg. del not. francesco di bartolomeo codegori esemplata dagli originali del padre b. codegori, che ha sottoscritto, 12 set. 1510. Ivi, g. schivazappa, m. 424, p. 2, prot. 1522, c. 5v, 22 gen. 1522. Ivi, g. minotti, m. 491, p. 4, prot. 1533, c. 10r, c. e perg. alleg., 8 gen. 1533. Ivi, f. silvestri, m. 430, p. 9, prot. 1535, c. 148r, 21 mag. 1535. Ivi, g. ferrarini, m. 593, p. 11, prot. 1542, cc. n. nn., 8 feb. 1542. Ivi, g. ferrarini, m. 593, p. 11, prot. 1542, cc. n. nn., 27 feb. 1542. Ivi, g. ferrarini, m. 593, p. 11, prot. 1542, cc. n. nn., 4 nov. 1542. Ivi, g. minotti, m. 491, p. 9, prot. 1545, c. 59r e c. alleg., 3 mag. 1545. Ivi, g. b. codegori, m. 582, p. 6, prot. 1546, n° 137, 13 set. 1545. Ivi, g. minotti, m. 491, p. 11, prot. 1549, c. 255v, 24 dic. 1549.

EbrEi italiani, askEnaziti E sEfarditi a fErrara 177

sero spesso osteggiati dalla rispettiva arte62.chi si fermava in modo temporaneo era invece indicato come «nunc fer-

rariae moram trahens»63, «habitator de presenti ferrariae»64, «habitator in presentiarum ferrariae»65, «nunc ferrariae residens» o «nunc ferrariae habi-

62 ManuStatuta: i codici della Biblioteca Comunale Ariostea, a cura di m. Bonazza, ferrara 2008. in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., i, troviamo numerosi richiami alle attività di strazzeria dei singoli mercanti ed ai rapporti con la corporazione, in partic. pp. 440-446. inoltre: asfe, anafe, f. silvestri, m. 430, p. 11, prot. 1540, c. 54v, 24 feb. 1540.

63 Ivi, b. codegori, m. 283, p. 5, 5° quint. prot. 1498, c. 210r, 20 nov. 1498. Ivi, p. 6, 4° quint. prot. 1501, cc. 136v-138r, 20 mag. 1501. Ivi, p. 6, 7° quint. prot. 1501, c. 283r-v, 22 dic. 1501. Ivi, p. 7, 5° quint. prot. 1502, c. 199v, 5 ott. 1502. Ivi, p. 21 s, 3° quint. schede 1504, cc. 1r-4v, 1° lug. 1504. Ivi, p. 8, 5° quint. prot. 1504, c. 178v, 21 nov. 1504; p. 21 s, 6° quint. schede 1504, cc. 4v-5r, 21 nov. 1504. Ivi, p. 23 s, schede 1506, cc. sciolte, 2 apr. 1506. Ivi, p. 9, 5° quint. prot. 1506, cc. 181r-182r, 28 lug. 1506; p. 23 s, 1° quint. schede 1506, c. 19r-v, 28 lug. 1506. Ivi, p. 11, 2° quint. prot. 1509, c. 76r-v, 15 mar. 1509; p. 25 s, 2° quint. schede 1509, cc. 21v-22r, 15 mar. 1509. Ivi, g. schivazappa, m. 424, p. 1, prot. 1516, cc. 47r-48v, 26 mag. 1516.

64 Ivi, b. codegori, m. 283, p. 7, 3° quint. prot. 1503, c. 117v, 12 mag. 1503; p. 21 s, 1° quint. schede 1503, c. 24r-v, 12 mag. 1503. Ivi, g. schivazappa, m. 424, p. 1, prot. 1511, c. 3r, 13 gen. 1511. Ivi, g.b. codegori, m. 582, p. 10, prot. 1554, n° 27, 8 feb. 1554; p. 21s, schede 1554, cc. sciolte, 8 feb. 1554.

65 Ivi, b. codegori, m. 283, p. 27 s, due copie: 1° quint. schede 1512, cc. 2v-3v e perg. sciolta,

Fig. 3. Ferrara nel 1457 (elaborazione dell’autrice).

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tator»66, «ad presens habitator ferrariae»67 oppure anche «commorans ferra-riae»68. in alcuni casi, l’atto stesso puntualizzava che l’individuo era in città solo per trattare uno specifico affare o un interesse familiare69 oppure la causale era implicita nella natura stessa della rogazione; ma, il più delle volte, non è dato sapere se la provvisorietà si sarebbe potuta trasformare o si sarebbe effet-tivamente trasformata in residenza definitiva, così come vi sono casi di ebrei definiti a volte residenti, a volte domiciliati70.

non sempre la terminologia utilizzata dai notai è precisa e nemmeno si at-tiene costantemente a questa sorta di regole normalizzate, creando più di un contesto ambiguo o incerto: è il caso del testamento di rafael del fu maestro Elia gabriel «de padua hebreus [sic] nunc habitatoris» a ferrara nella contrada di san romano, redatto nel 1510; il fatto che il testatore abbia destinato che le sue spoglie fossero sepolte nel cimitero ebraico di ferrara può significare che, in effetti, trasferendosi da padova egli aveva preso residenza stabile in città, oppure che egli aveva piena consapevolezza della gravità della sua malattia e, quindi, della presumibile imminenza della morte: purtroppo la scheda testa-mentaria si presenta incompleta delle righe iniziali, quindi anche dell’indica-zione sullo stato di salute di rafael71.

ad accrescere la difficoltà di collocare fisicamente le singole abitazioni si

9 gen. 1512. Ivi, g. ferrarini, m. 593, p. 11, prot. 1542, cc. n. nn., 18 ago. 1542.66 Ivi, a. coltri, m. 266, p. 1, 27 mag. 1500. ivi, b. codegori, m. 283, p. 26 s, schede 1510, cc.

sciolte, 24 lug. 1510. Ivi, p. 12, 5° quint. prot. 1512, c. 211r-v, 21 ott. 1512. Ivi, b. codegori, m. 283, p. 13, 4° quint. prot. 1513, cc. 182v-183r, 6 giu. 1513. Ivi, g. schivazappa, m. 424, p. 1, prot. 1516, cc. 47r-48v, 26 mag. 1516.

67 Ivi, a. coltri, m. 266, p. 4 s, cc. sciolte, 8 mag. 1500. Ivi, p. 4 s, cc. sciolte, 3 dic. 1500. ivi, g. schivazappa, m. 424, p. 2, prot. 1522, c. 5v, 22 gen. 1522. Ivi, a. coccapani, m. 534, p. 4, prot. 1551, cc. 365r-366r, 14 dic. 1551. Ivi, p. 5, prot. 1553, cc. 268r-270v, 23 ott. 1553. Ivi, p. 5, prot. 1559, cc. 21v-23r; p. 9 s, schede 1559, cc. sciolte, 10 apr. 1559.

68 Ivi, b. codegori, m. 283, p. 6, 4° quint. prot. 1501, cc. 136v-138r, 20 mag. 1501. Ivi, a. coc-capani, m. 534, p. 4, prot. 1550, cc. 25v-26v, 12 gen. 1550. Ivi, p. 4, prot. 1550, cc. 71r-72v, 28 mag. 1550. Ivi, g. conti, m. 584, p. 8 s, prot. 1558, cc. 52r-53r, c. alleg. e scheda, 6 giu. 1558; reg. parz. in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, docc. 1557 e 1560.

69 è il caso dei famigliari che accompagnavano le spose forestiere, ma non solo. Ivi, b. code-gori, m. 283, p. 6, 3° quint. prot. 1500, c. 170r-v, 5 giu. 1500. Ivi, a. coltri, m. 266, p. 4 s, cc. sciolte, 3 dic. 1500. Ivi, g. minotti, m. 491, p. 5, prot. 1537, c. 35v e c. alleg., 16 feb. 1537.

70 in un atto del 1540 (Ivi, g. bonsignori, m. 569, p. 1, prot. 1540, c. 62r e c. alleg., 17 ago. 1540; reg. parz. in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, doc. 165), salomon del fu ser bo-naventura «de ripa» è descritto ebreo e «zoiolerius habitator ferrariae» nella contrada della gio-vecca presso san francesco. da notare che, l’anno precedente, lo stesso notaio bonsignori aveva definito come «habitator ad presens» nella contrada di san guglielmo quel medesimo salomon del fu bonaventura «de ripa», ebreo e «gioiolerius» (Ivi, p. 1, prot. 1539, c. 18r-v, 27 mar. 1539; reg. parz. in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, doc. 130).

71 asfe, anafe, b. codegori, m. 283, p. 26 s, schede 1510, cc. sciolte, 9 lug. 1510.

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deve aggiungere la vaghezza delle formule topografiche basate sul nome della contrada e, solo in alcuni casi, della via. il primo termine compendiava il signi-ficato di area sottoposta alla gestione religiosa della chiesa o dell’area ammini-strativa di riferimento (e penso alle contrade del sesto di san romano oppure di boccacanale). premesso che è certo variata più volte nel tempo, la perime-trazione non sembra essere stata né univoca né unanimemente riconosciuta se spesso, nello stesso atto, il notaio ha attribuito un edificio ora ad una contrada, ora da un’altra. tale ambiguità derivava in parte dall’incertezza dei contraenti quando indicavano le proprie generalità o le coordinate di un fabbricato, in parte dall’imprecisione dei notai che, quando redigevano o trascrivevano gli atti, talora andavano a memoria anziché controllare gli appunti: una dimostra-zione è data dall’atto del 7 gennaio 151272 che, nella data topica, risulta rogato nell’abitazione di gedias posta nella contrada di san clemente sulla via dei sab-bioni sull’angolo del saraceno e, in particolare in una camera della parte supe-riore. poche righe più sotto, al momento di declinare le generalità dell’ebreo gedias del fu iuda nigri, il notaio ha indicato che era al momento domiciliato nella contrada di santa maria di bocche sulla via dei sabbioni sull’angolo del saraceno: seppure la ricchezza di dettagli delle differenti definizioni permetta di capire come l’abitazione si trovasse sulla linea di confine fra le contrade di san clemente e di santa maria di bocche, spinge a nutrire qualche dubbio an-che su altre posizioni immobiliari. gli interessi dell’ebreo dovevano essere tutti nelle vicinanze visto che, nel 1513, gedias (che, a ribadire la difficoltà della descrizione topografica, veniva definito questa volta «habitator» nella contrada di san gregorio!) ha affittato da lucia del fu giovanni pellicciaio vedova di giacomo «de ageriis» varotario – pellicciaio – l’edificio in cui abitava la stessa affittuaria, posto nella contrada di sant’agnese73.

con l’avanzare del Quattrocento ed ancor più nei primi decenni del secolo successivo, si può constatare che italiani ed askenaziti residenti e domiciliati a ferrara74 abitavano in buona concentrazione sulla via dei sabbioni75 (che si

72 Ivi, g. schivazappa, m. 424, p. 1, 1° prot. 1512, 7 gen. 1512.73 Ivi, p. 1, 1° prot. 1513, cc. 5v-6v, 22 feb. 1513.74 segnalo l’unico caso finora ad ora rinvenuto di un ebreo (anzi, di una ebrea) residente

per un certo periodo fuori dalle mura urbane: armellina «all’ebraica detta minchala» figlia di manuel teutonico del fu moisè teutonico «habitatrix in contracta sancti lucae burgi ferra-riae» che viene, poi, detta «habitatrix ferrariae»; non sembra un lapsus calami del notaio perché nell’atto non compare alcun residente nel borgo extraurbano di san luca. Ivi, b. codegori, m. 283, p. 8, 5° quint. prot. 1504, c. 178v, 21 nov. 1504; p. 21 s, 6° quint. schede 1504, cc. 4v-5r, 21 nov. 1504.

75 Ivi, g. schivazappa, m. 424, p. 1, prot. 1511, c. 3r, 13 gen. 1511. Ivi, g. b. codegori, m. 582, prot. 1551, n° 123, 28 set. 1551; p. 20 s, schede 1551, cc. sciolte, 28 set. 1551. Ivi, p. 10, prot. 1554, n° 70, 14 giu. 1554.

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snodava soprattutto nella contrada di san romano76 ma anche in quelle di san clemente77, di sant’agnese78 e, oltrepassato l’incrocio del saraceno, di san gregorio79), nella limitrofa strada di gattamarcia80 e nella parallela via Vigna-tagliata81, presso l’incrocio del saraceno stesso82, nelle vicine contrade di santa maria di bocche83 e di san giacomo o san giacomo filippo84, nelle contigue

76 Ivi, g. schivazappa, m. 424, p. 1, prot. 1515, 17 nov. 1516. ivi, g. minotti, m. 491, p. 5, prot. 1537, c. 35v e c. alleg., 16 feb. 1537. Ivi, p. 9, prot. 1545, c. 59r e c. alleg., 3 mag. 1545. Ivi, p. 11, prot. 1549, c. 255v, 24 dic. 1549.

77 particolare il caso della contrada di san clemente, che faceva capo ad un piccolo tempio dedicato al vescovo di roma terzo successore di san pietro posto nella contrada di santa maria di bocche, anzi quasi di fronte alla chiesa intitolata alla Vergine: nel tempo sembra essersi creata una sorta di contrasto fra le due aree di pertinenza, querelle persa da san clemente che troviamo gestire territori non in contiguità con la chiesa stessa e neppure in continuità fra loro, in una specie di contrada a macchia di leopardo sul territorio cittadino: la parte centrale di via dei sabbioni, la strada dietro ai carri, via della giovecca, via terranova… ma sempre, ripeto, non in continuità territoriale. Ivi, b. codegori, m. 283, p. 6, 1° quint. prot. 1500, cc. 16v-17r, 15 gen. 1500. Ivi, f. silvestri, m. 430, p. 11, prot. 1540, c. 54v, 24 feb. 1540. Ivi, a. coccapani, m. 534, p. 2, prot. 1541, c. 85r-v, 18 mar. 1541; reg. parz. in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, doc. 188.

78 asfe, anafe, g. schivazappa, m. 424, p. 2, prot. 1522, c. 5v, 22 gen. 1522. Ivi, a. cocca-pani, m. 534, p. 4, prot. 1548, cc. 70r-71r, 12 giu. 1548. Ivi, p. 4, prot. 1550, cc. 71r-72v, 28 mag. 1550. Ivi, p. 4, prot. 1551, cc. 365r-366r, 14 dic. 1551. Ivi, p. 5, prot. 1559, cc. 21v-23r; p. 9 s, sch-ede 1559, cc. sciolte, 10 apr. 1559.

79 Ivi, g. schivazappa, m. 424, p. 1, prot. 1516, cc. 47r-48v, 26 mag. 1516. Ivi, a. coccapani, m. 534, p. 3, prot. 1547, cc. 248v-249v, 28 nov. 1547.

80 Ivi, b. codegori, m. 283, p. 8, 5° quint. prot. 1504, c. 178v, 21 nov. 1504; p. 21 s, 6° quint. schede 1504, cc. 4v-5r, 21 nov. 1504. Ivi, g. minotti, m. 491, p. 4, prot. 1533, c. 10r, c. e perg. al-leg., 8 gen. 1533. Ivi, p. 4, prot. 1534, c. 92v e c. alleg., 31 ago. 1534. Ivi, f. silvestri, m. 430, p. 9, prot. 1535, c. 148r, 21 mag. 1535. Ivi, g. ferrarini, m. 593, p. 11, prot. 1542, cc. n. nn., 18 ago. 1542. Ivi, m. taurini, m. 535, p. 7, prot. 1548, 9 mag. 1548. Ivi, g. b. codegori, m. 582, prot. 1551, n° 123, 28 set. 1551; p. 20 s, schede 1551, cc. sciolte, 28 set. 1551.

81 Ivi, g. b. codegori, m. 582, p. 3, prot. 1535, n° 47, 2 nov. 1535. Ivi, prot. 1551, n° 123, 28 set. 1551; p. 20 s, schede 1551, cc. sciolte, 28 set. 1551.

82 Ivi, f. silvestri, m. 430, p. 10, prot. 1536, c. 110v, 18 gen. 1529. Ivi, p. 12, prot. 1541, c. 199v, 14 nov. 1541.

83 Ivi, b. codegori, m. 283, p. 6, 3° quint. prot. 1500, c. 170r-v, 5 giu. 1500. ivi, p. 6, 7° quint. prot. 1501, c. 283r-v, 22 dic. 1501. Ivi, p. 7, 3° quint. prot. 1503, c. 117v, 12 mag. 1503; p. 21 s, 1° quint. schede 1503, c. 24r-v, 12 mag. 1503. Ivi, f. silvestri, m. 430, p. 10, prot. 1537, c. 44r, 1° mar. 1537. Ivi, p. 12, prot. 1541, c. 199v, 14 nov. 1541. Ivi, a. coccapani, m. 534, p. 4, prot. 1550, cc. 25v-26v, 12 gen. 1550.

84 Ivi, b. codegori, m. 283, p. 7, 5° quint. prot. 1502, c. 199v, 5 ott. 1502. Ivi, p. 21 s, 3° quint. schede 1502, c. 22r-v, 6 ott. 1502. Ivi, p. 7, 5° quint. prot. 1502, cc. 203v-204r, 14 dic. 1502. Ivi, g. schivazappa, m. 424, p. 1, prot. 1510, c. 3r, 2 ott. 1510. Ivi, b. codegori, m. 283, p. 16, 3° quint. prot. 1517, cc. 118v-119r, 9 giu. 1517; p. 29 s, 1° quint. schede 1517, cc. 19r-20r, 9 giu. 1517. Ivi, paolo gaspare dalle anguille, m. 463, p. 1, prot. 1537, c. 35v e c. alleg., 16 feb. 1537; reg. parz. in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, doc. 86. asfe, anafe, f. silvestri, m. 430, p. 11, prot. 1540, c. 58r-v, 2 mar. 1540. Ivi, a. coccapani, m. 534, p. 5, prot. 1553, cc. 268r-270v, 23 ott. 1553.

EbrEi italiani, askEnaziti E sEfarditi a fErrara 181

strade di san francesco85 e «del fasolo»86. sebbene non si possano definire proprio numerosi, almeno ripetuti sono i casi di ebrei che hanno scelto l’area attigua al banco dei carri nella contrada di san gregorio a partire dal Quattro-cento87 e fino alla fine del cinquecento88; al contrario, era praticamente isolata nel corpus civitatis la sede di prestito della ripa.

per quanto riguarda botteghe e magazzini89, è ovvio che gli ebrei scegliesse-ro di installare le proprie attività nelle aree già commerciali, quindi sulla via dei sabbioni e/o intorno alle piazze del comune, come ambiva ogni artigiano o mercante intraprendente ed assennato. diversamente, credo che le ragioni per cui l’insediamento residenziale ebraico è tanto concentrato nell’area intorno alla contrada dei sabbioni siano da cercare nella presenza della sinagoga rea-lizzata nello stesso fabbricato del banco. la sua esistenza è accertata a partire dalla concessione del 1435, in cui l’inquisitore frate bartolomeo di ferrara, dell’ordine dei predicatori, faceva riferimento ad una lunga catena di grazie e conferme che dal 1422 risalivano a ritroso fino ai più lontani suoi predecessori, e cioè frate florio da Vicenza, frate guido da Vicenza, frate iacobo da Vicenza, frate bonifacio da ferrara90.

85 Ivi, b. codegori, m. 283, p. 13, 8° quint. prot. 1513, cc. 318r-319v, 1° dic. 1513; p. 27 s, 3° quint. schede 1513, cc. 40r-42r, perg., 1° dic. 1513; Ivi, nicolò lavezzoli, m. 478, p. 5, prot. 1539, c. 116r-v, 31 lug. 1539.

86 Ivi, b. codegori, m. 283, p. 12, 5° quint. prot. 1512, c. 211r-v, 21 ott. 1512. Ivi, g. conti, m. 584, p. 8 s, prot. 1558, cc. 52r-53r, c. alleg. e scheda, 6 giu. 1558; reg. parz. in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, docc. 1557 e 1560.

87 a. Franceschini, Artisti, cit., docc. 517 e 518. inoltre: asfe, anafe, b. codegori, m. 283, p. 5, 2° quint. prot. 1498, c. 59r-v, 26 feb. 1498.

88 un esempio eclatante: il 2 giugno la vedova di antonio sacrati aveva venduto all’ebreo isacco da fano «alias de scollis» il vasto e prestigioso edificio nella contrada di san gregorio erroneamente passato alla storia come residenza di bartolino da novara, cfr. L. Graziani Secch-ieri, Via Cammello, 22 - La storia e l’equivoco, in «bollettino della Ferrariae Decus» 12 (31 dic. 1997), pp. 15-34, in partic. pp. 22-23.

89 Ivi, p. g. dalle anguille, m. 463, p. 1, prot. 1537, c. 35v e c. alleg., 16 feb. 1537; reg. parz. in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, doc. 86. asfe, anafe, f. silvestri, m. 430, p. 11, prot. 1540, c. 58r-v, 2 mar. 1540. Ivi, g. b. codegori, m. 582, p. 6, prot. 1546, n° 137, 13 set. 1545. Ivi, a. coccapani, m. 534, p. 3, prot. 1547, cc. 248v-249v, 28 nov. 1547.

90 «in domo ser angeli hebrei sita ferrarie in contrata sancti clementis, et in qua domo etiam fuit concessum quod supradicti hebrei teneant locum ad sua officia celebranda, qui locus non esset sinagoga nec sinagoga diceretur sed diceretur et nominaretur tantummodo scola seu ora-torio»; cfr., a. Franceschini, Presenza ebraica, cit., doc. 414 e relative note.

non è nominato lamberto da cingoli, l’inquisitore che aveva venduto il cimitero del sesto di san romano: nessuna memoria di atti di concessione da parte sua? sui predecessori di frate bartolomeo: Dizionario storico dell’Inquisizione, diretto da a. Prosperi, frate florio da Vicenza, pp. 98, 588; frate guido da Vicenza, pp. 98, 175, 211. g. Zanella, Florio da Vicenza (che comprende anche guido da Vicenza), voce in treccani.it, Dizionario Biografico degli Italiani, url: http://www.treccani.it/enciclopedia/florio-da-vicenza_(dizionario-biografico)/;. l. Graziani Secchieri -

laura graziani sEccHiEri182

trasformata in fondazione da ser mele da roma attraverso il suo testamento nel 148591, tale scola è rimasta a lungo il solo (e, in seguito, il più importan-te) punto di riferimento cultuale pubblico della collettività ebraica nella città estense: anche quando non di rito italiano, per decenni gli ebrei che giungeva-no a ferrara hanno dovuto in modo spontaneo fare riferimento alla sinagoga dei sabbioni e, di conseguenza, si sono risolti ad abitare nelle sue vicinanze, in modo definitivo o temporaneo. in un fatale concatenamento, prima gli askena-ziti92 (provenienti dalle migrazioni di centro Europa oppure dalle regioni del nord italia) e successivamente gli ‘ispani’ o ‘spagnoli’93 e poi ancora i porto-ghesi o lusitani94, allorché ottennero di aprire proprie sinagoghe pubbliche, le collocarono in prossimità delle proprie abitazioni, in via gattamarcia95 e nella

s. Superbi, Il cimitero ebraico, cit., pp. 173-209, e relativa bibliografia.91 a. Franceschini, Presenza ebraica, cit., doc. 1128.92 asfe, anafe, g. schivazappa, m. 424, p. 1, prot. 1515, 17 nov. 1516. Ivi, p. 2, prot. 1522,

c. 5v, 22 gen. 1522. Ivi, g. minotti, m. 491, p. 4, prot. 1534, c. 92v e c. alleg., 31 ago. 1534. Ivi, f. silvestri, m. 430, p. 9, prot. 1535, c. 148r, 21 mag. 1535. Ivi, p. 11, prot. 1540, c. 54v, 24 feb. 1540. Ivi, p. 11, prot. 1540, c. 58r-v, 2 mar. 1540. Ivi, g. ferrarini, m. 593, p. 11, prot. 1542, cc. n. nn., 8 feb. 1542. Ivi, g. minotti, m. 491, p. 9, prot. 1545, c. 59r e c. alleg., 3 mag. 1545. Ivi, a. coccapani, m. 534, p. 5, prot. 1559, cc. 21v-23r; p. 9 s, schede 1559, cc. sciolte, 10 apr. 1559.

sulla figura di mincola o micla o minela del fu isac mineli, protagonista dell’atto del 31 ago. 1534 rogato dal notaio g. minotti, si veda E. Traniello, Percorsi di donne ebree a Ferrara (XVI secolo), in Margini di libertà: testamenti femminili nel Medioevo, a cura di m.c. Rossi, sommacampagna-Verona 2010, pp. 435-474, in part. pp. 458-459, 462-464. riservo un ringraziamento particolare alla dott.ssa traniello che mi ha dedicato suggerimenti stimolanti.

93 la documentazione notarile ferrarese tratta di ‘ispani’ o ‘spagnoli’ fino ai primi anni Qua-ranta del XVi secolo, proprio quando appaiono le prime figure di ‘sefarditi’ o ‘lusitani’: penso si possa datare all’incirca a quest’epoca lo spartiacque fra le due migrazioni spagnola e portoghese. asfe. anafe, a. coltri, m. 266, p. 1, 27 mag. 1500. Ivi, g. schivazappa, m. 424, p. 1, prot. 1510, c. 3r, 2 ott. 1510. ivi, p. 1, prot. 1511, c. 3r, 13 gen. 1511. Ivi, p. 1, prot. 1512, c. 3r, 14 ott. 1512. Ivi, b. codegori, m. 283, p. 16, 2° Quint. prot. 1517, c. 89v, 5 mag. 1517. Ivi, g. minotti, m. 491, p. 4, prot. 1533, c. 10r, c. e perg. alleg., 8 gen. 1533. Ivi, f. silvestri, m. 430, p. 10, prot. 1537, c. 44r, 1° mar. 1537. Ivi, g. minotti, m. 491, p. 6, prot. 1538, c. 13r, 18 gen. 1538. Ivi, f. silvestri, m. 430, p. 12, prot. 1541, c. 199v, 14 nov. 1541.

94 Ivi, g. b. codegori, m. 582, prot. 1551, n° 123, 28 set. 1551; p. 20 s, schede 1551, cc. sciolte, 28 set. 1551. Ivi, a. coccapani, m. 534, p. 4, prot. 1551, cc. 365r-366r, 14 dic. 1551. Ivi, g. conti, m. 584, p. 8 s, prot. 1558, cc. 52r-53r, c. alleg. e scheda, 6 giu. 1558; reg. parz. in a. di Leone Leoni, La Nazione, ii, docc. 1557 e 1560.

fra le clausole per lo scioglimento di una locazione del 1553 è previsto che «dicta natio lusitana esset necessitata discedere ex hac civitate ferrariae ob aliquod emergens et iustum im-pedimentum» (asfe, anafe, g. b. codegori, m. 582, p. 10, prot. 1554, n° 27, 8 feb. 1554; p. 21s, schede 1554, cc. sciolte, 8 feb. 1554): è possibile riconoscere in questa formula il riflesso della dolorosa vicenda appena vissuta dai sefarditi espulsi da ferrara perché incolpati dell’epidemia di peste, in parte ricoverati al boschetto degli ammorbati ed in parte partiti frettolosamente per l’oriente; a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., i, pagg. 163-173.

95 s. Simonsohn, The Apostolic See and the Jews. Documents 1464-1521, toronto 1989, nr. 1287,

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contigua via Vignatagliata96. Era pertanto inevitabile il consolidamento del cor-po sociale ebraico in tale area: il processo di colonizzazione urbana ha quindi preso avvio dalla presenza della sinagoga italiana di ser mele da roma.

a rafforzare la posizione cardine assunta dall’edificio di tale scola, ricordo anche che vi era collocato il bagno sacrale in uso alla collettività ebraica, altro elemento fondamentale su cui poggia gran parte della ritualità e della vita co-munitaria97: la citata concessione del 1435 da parte di frate bartolomeo di fer-rara era inerente anche ad un «lavacrum seu purificatorium ad purificationem tam hominum quam mulierum» nell’edificio di ser angelo nella contrada di san clemente e, pur nella vaghezza delle formule della rogazione, i riferimenti alle precedenti grazie e conferme sottintendono la presenza del bagno sacro – come per l’oratorio – almeno dal 1422 nell’edificio di via dei sabbioni98. la concessione di tenere una sinagoga pubblica ed «un lavacro nei luoghi ove erano soliti convenire o dove meglio piacesse loro» ed il permesso accordato a qualunque ebreo di poter avere un oratorio ed un bagno rituale nella sua abitazione, per uso della propria famiglia e di altri ebrei, veniva poi confermata nel 1458, sia dall’inquisitore maestro antonio da alessandria sia dal marchese borso99.

non si può comunque trascurare di ipotizzare che presso le residenze dei più facoltosi potessero essere stati creati mikwè privati, al pari degli oratori do-mestici che sono, in qualche misura, più conosciuti: per definire quali fossero tali oratori analizziamo la richiesta di informazioni inoltrata dall’inquisizione messicana alla struttura omologa di ferrara per chiarire la posizione religiosa

pp. 1613-1614; a. Franceschini, Presenza ebraica, cit., app. 1. a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, docc. 62, 1204.

96 a. di Leone Leoni, La Nazione Ebraica Spagnola e Portoghese negli Stati Estensi, rimini 1994, pp. 213-217; Id., La Nazione, cit., ii, doc. 544.

97 i. Singer - J. Zallel Lauterbach, Mikwa’ot, voce in Jewish Encyclopedia, url: www.jewisheny-clopedia.com.

98 a. Franceschini, Presenza ebraica, cit., doc. 414. la data potrebbe essere anticipata al 1414 quando la licenza del banco dei sabbioni era stata concessa ai fratelli angelo ed Elia del fu manuele da rimini, oppure dal 1407 quando lo stesso angelo aveva ottenuto dal marchese di acquistare due edifici contigui nella contrada di san clemente e, contestualmente, era stato creato cittadino, oppure dal 1393 quando era stato Elia ad ottenere la conduzione del banco di san clemente che, peraltro, era già presente in città addirittura nel 1390: alla genericità delle prime condotte, tutte e solo indirizzate alla definizione dei rapporti economici e legali fra il governo estense ed i prestatori, facevano da contraltare le concessioni inquisitoriali che, evi-dentemente, avevano riguardato anche gli oratori privati ed il bagno rituale oltre che, con ogni probabilità, il cimitero. si può ipotizzare quanto nessun documento finora rinvenuto dice, cioè che nell’edificio del banco dei sabbioni fossero già presenti un oratorio pubblico ed un mikwè nel 1414, nel 1403, nel 1393 e nel 1390; Ivi, rispettivamente docc. 215, 148, 79 e 71.

99 a. Franceschini, Presenza ebraica, cit., docc. 637 e 647.

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di diego diaz neto alias isac neto, figlio di ruy diaz nieto alias iacob neto, processato come giudaizzante100: egli diceva di essere stato circonciso a fer-rara, dove era nato. il 2 giugno 1602 il primo dei testimoni, l’ebreo ferrarese ioseph del fu david franchi, cinquantatreenne mercante «habitator» nella contrada dei sabbioni, dichiarava fra l’altro che, al momento, erano attive a ferrara quattro sinagoghe: dei levantini (detta un tempo degli spagnoli, frequentata da ebrei spagnoli e portoghesi «soto il duca»), degli italiani, dei tedeschi «et una particulare in casa de fanesi et quando vi erano gli Hebrei spagnuoli et portoghesi vi erano altre tre scuole particulari, una in casa di isaac barbanelli, l’altra d’un altro isaac barbanelli et un’altra di un abram benvenisti che ghe dicevano righeto, homo di gran fortuna et favorito da principi et una de un’altra sua sorella detta donna rhena.» sembra che io-sep abbia distinto fra le strutture pubbliche, che ha chiamato semplicemente «scuole», e quelle private101, che ha denominato «scuole particolari». oltre a quello ancora attivo presso la famiglia fano, il teste ricordava, al tempo della grande migrazione sefardita, altri quattro oratori privati (e non tre, come dichiarato): nelle case dei due isac abravanel102, di abram benveniste detto «righetto» e di sua sorella regina103.

Quanto ai banchi della ripa e dei carri, sappiamo che gli edifici che li ospita-vano comprendevano anche locali per la residenza delle famiglie dei prestatori104

100 E.a. Uchmany, La vida entre el judaísmo y el cristianismo en la Nueva España (1580-1606), ar-chivo general de la nacion – fondo de cultura económica, 1992, pp. 387-389. ringrazio il prof. p.c. ioly zorattini per aver condiviso con me la conoscenza di questo interessante studio.

101 «sinagoghe sì publice come private» sono citate anche dalla grida di alfonso ii in tema di talmud datata settembre 1553, in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, doc. 920.

102 il 4 maggio 1547 la camera apostolica di ferrara aveva concesso ad isac del fu don samuel abravanel («hebreus de presenti commorans in civitate ferrariae» in un edificio sulla via dei sabbioni di proprietà dei fratelli girolamo e Vincenzo Vincenzi) di realizzare un oratorio per celebrare «sua secundum rittum haebraicum offitia privata» in un piccolo ambiente nella parte posteriore della sua abitazione, che aveva due finestre prospicienti sul cortile dell’edificio stesso, presso le due stanze che avevano prospetto sulla via, tenendovi «tam publica quam privata si-nagoga vel loco in quo consuetum sit excomunicationes more hebraico publicare quascunque excomunicationes ex quavis causa contra quemvis hebreum per rabbi magistros more hebraico illatas publicare libere et absque alicuius poene incursu possit»; Ivi, doc. 393. dello stesso tenore il decreto del 22 maggio 1557; Ivi, doc. 1398.

103 il privilegio a donna Velida di don seneor benveniste e suoi figli ed a donna reina di don meir benveniste e suoi figli si richiama al salvacondotto generale per la «natione hebrea lusitana e spagnola» del 12 febbraio 1550, per poi ribadire la libertà di «stare, habitare conversare, haver sinagoga particolare per sua commodità, negotiar et essercitar suoi traffichi et mercantie», Ivi, doc. 1124.

104 asfe, anafe, b. codegori, m. 283, p. 5, 2° quint. prot. 1498, c. 59r-v, 26 feb. 1498. Ivi, a. coltri, m. 266, p. 4 s, schede 1509, cc. sciolte, 3 mag. 1509. Ivi, g. b. codegori, m. 582, p 3, prot. 1536, n° 1, 3 gen. 1536.

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e dei loro coadiutori. sebbene la documentazione sia ancora piuttosto scarsa a questo riguardo105, è lecito supporre che in entrambi i casi sia stato realizzato un oratorio ad uso di quei nuclei familiari. se contiamo le tre Schole pubbliche, la sinagoga istituita nella contrada dei sabbioni da bonaiuto da modena106, gli oratori privati annessi ai due banchi della ripa e dei carri ed i quattro dome-stici nelle residenze dei facoltosi sefarditi, raggiungiamo il numero di dieci, indicato da attilio milano allorché ha descritto il periodo di maggior fulgore della comunità ferrarese107.

fra quanti avevano fatto una scelta immobiliare che prescindeva dalla pros-simità con la sinagoga dei sabbioni e con il bagno rituale della comunità, tro-viamo i nomi più rilevanti della diaspora sefardita, dagli abravanel ai fratelli abram e regina benveniste già citati, da donna beatrice de luna a suo fratello aries de luna fino ai coniugi samuel naci e beatrice mendes: rinvio ad altra occasione analisi ed approfondimenti su queste figure in città108.

per completare l’inquadramento della topografia ebraica alla metà del cin-quecento, rivediamo anche la situazione cimiteriale. nel 1452, i gesuati aveva-no richiesto di poter ampliare il proprio convento incamerando l’area occupa-ta dalla seconda necropoli ebraica, nella contrada di borgo di sotto: allo scopo di favorirli, il giudice ed i Xii savi hanno deliberato di acquistare da bartolo-meo thealdi un terreno, per un ammontare massimo di 200 lire marchesane, per situarvi il nuovo cimitero in sostituzione di quello requisito dal comune e donato agli stessi gesuati.

posto genericamente «in contrata petri saine, seu mucine», il nuovo terre-no avrebbe dovuto accogliere le spoglie degli ebrei che sarebbero morti «de cetero»: la deliberazione non faceva cenno all’esumazione ed allo spostamento delle tombe del vecchio cimitero né si è trovata altro provvedimento che lo abbia previsto109.

105 Ivi, p. 4, prot. 1541, n° 29, 9 mar. 1541; reg. parz. in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, doc. 187.

106 «un Hebreo detto buon aiuto [da modena] che sta al banco di sabbioni, qual havendo per sua devotione ottenuto da nostro signore [Ercole ii] per breve di sua santità di poter of-fitiar una sinagoga secondo il stile de gli Hebrei», Ivi, docc. 88 e 89.

107 a. Milano, Storia degli Ebrei in Italia, torino 1963, pp. 109-146. senza contare altri oratori privati, magari temporanei, che possono essere stati realizzati in precedenza, come quello con-cesso nel 1445 a maestro Elia da fermo, ufficiale e dottore, cfr. l. Münster, Una luminosa figura, cit., pp. 224-258, e in partic. pp. 243, 255-257.

108 l. Graziani Secchieri, Le case dei sefarditi. Per una topografia dell’insediamento ebraico di Fer-rara alla metà del Cinquecento, nel volume in memoria di aron di leone leoni, di prossima pub-blicazione per i tipi di olschki. in quella sede, verranno anche puntualizzati legami famigliari e vicende personali delle diverse figure di lusitani qui citati.

109 a. Franceschini, Presenza ebraica, cit., doc. 544: «pro Hebreorum cimiterio».

laura graziani sEccHiEri186

si dimostra particolarmente importante il rinnovo della condotta conces-so da borso d’Este nel 1454 per i successivi dieci anni110: riguardo a ferrara, è il primo decreto che esplicita il bisogno di normare per gli ebrei in modo dettagliato e articolato. oltre a doveri ed obblighi cui dovevano sottostare i numerosi conduttori dei quattro banchi di prestito, era indicato anche il diritto ad avere in assegnazione dalla comunità un terreno destinato a cimitero «in malborghetto» (ancora molto vaga la collocazione). le stesse clausole sono contemplate nel rinnovo del 1499111.

un cenno per ubicare tale cimitero è dato da un atto di affitto del 1469112: simone di milano, figlio del fu giovanni greco, «civis et habitator ferrariae» nella contrada della rotta, a nome proprio e di suo fratello matteo aveva affitta-to per sette anni (a cominciare dalle calende del successivo dicembre) a santino di milano del fu giacomino «de presenti ferrariae commoranti et habitanti» nella contrada di boccacanale, che accettava per sé e per suo fratello giovanni antonio, ventitre «clusus»113 posti a ferrara «in publico lupanari», parte nella contrada della rotta e parte nella contrada di muzzina, confinanti dal capo an-teriore con la via pubblica verso le mura della città, dall’altro capo in parte con la «tegetem novam»114 del duca, da un lato con la pubblica «via de malborgeto» e dall’altro lato con due «clusibus» di antonio de fabio; il contratto comprende-va anche un edificio al momento utilizzato come «hospitium sive taberna dicta montealban in medio dicti lupanaris et infra dictos clusus», posto in detta con-trada muzzina e confinante da entrambi i lati con i fratelli locatori, da un capo con la via pubblica e dall’altro capo con «cimiterium hebreorum mediante quo-dam terreno vacuo ipsorum locatorum». l’atto specificava che in quei luoghi

110 Ivi, doc. 574.111 a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, doc. 36. del resto, una simile concessione era

già compresa nel decreto relativo alla condotta di argenta del 1408; a. Franceschini, Presenza ebraica, cit., doc. 156.

112 asfe, anafe, giovanni castelli, m. 128, p. 3, prot. 1469, cc. 12v-14v, 25 nov. 1469, in a. Gamba, La prostituzione a Ferrara nel tardo Medioevo, tesi di dottorato università degli studi di fer-rara, relatrice prof.ssa maria serena mazzi, 1997. un primo approccio alla localizzazione del pos-tribolo (e, di riflesso, del cimitero) in d.Y. Ghirardo, The Topography of Prostitution in Renaissance Ferrara, in «Journal of the society of architectural Historians», 60 (2001), pp. 402- 431.

113 per du cange «clusus» è «locus sepibus vel muris clausus» (c. du Fresne Du Cange, Glos-sarium mediae et infimae latinitatis cum supplementis integris monachorum ordinis Sancti Benedicti D. P. Carpenterii, ii, parigi, 1850, «clusus»); nel nostro caso, trattandosi di luoghi abitati, dobbiamo ritenere che vi fosse una qualsiasi sorta di copertura a racchiudere gli spazi fra i muri.

114 il du cange interpreta «teges» come «parva domus quas et tugurium, scilicet casula, quam faciunt sibi custodies vinearum vel pastores ad tegmen sui; quasi tegerium vel tugurium» (Ivi, «teges») ma, trattandosi delle nuove stalle del duca, dobbiamo pensare ad un uso lato del ter-mine.

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circoscritti «de presenti stant et habitant mulieres quam plurime meretrices».la collocazione che era stata scelta per il terzo cimitero ebraico era, ancora

una volta, ai margini della città antropizzata, fra le mura cittadine e le stalle del duca, fra una taverna ed un lupanare, in un’area liminale che stava gradual-mente conoscendo l’urbanizzazione. seguirà un ulteriore trasferimento del cimitero ebraico, le cui vicende esulano il periodo in esame (nella fattispecie, l’inurbamento definitivo di quest’area finitima e la realizzazione dei grandi pa-lazzi bentivoglio, fiaschi e mosti, mentre il duca si interessava del risanamento del postribolo).

sostenuta da una presenza in città sempre più massiccia e dalle concessioni ducali favorevoli, il 29 ottobre 1545 la «natione portugesa spagnola hebrea habitante in questa citade di ferrara» aveva chiesto ed ottenuto da Ercole ii di poter acquistare da gaspare zambello «uno certo cortile» per seppellire i suoi morti «posto in la contrada de spinello»115. preceduta da una convenzione (non stesa oltre il protocollo), è la divisione fra gaspare del fu giovanni battista zambelli e francesco del fu taddeo zanchi (rappresentato dal fratello pietro), relativa a «tottum terrenum ortivum cum pariete predicti terreni versus viam comunis claudente predictum terrenum versus viam comunis cum horreo sol-vendi monasterio sanctae mariae servorum omni anno libras *** predictae domus muratae cuppatae et soleratae positae ferrariae in contracta sanctae agatae iuxta uno capite viam comuni alio capite predictam domum uno latere ***. a gaspare è stato assegnato il detto terreno, con la clausola che edificio e terreno venissero isolati con una muraglia e con la chiusura delle finestre verso lo scoperto stesso. immediatamente, è stata rogata la cessione attraverso l’«Emptio per domino ioseph pignerio, domino ioseph sergnero et domino mose pinto à gaspare de zambelis» (purtroppo non stesa oltre il protocollo) cui è seguita la richiesta inoltrata dai tre acquirenti di fare eseguire la relativa grida (anch’essa copiata poco oltre il primo formulario) ed alla quale il notaio ha allegato il rescritto ducale appena delineato116. possiamo aggiungere che la contrada di spinello era tangente la chiesa e l’ospedale di santa giustina, il cui sagrato si apre tuttora sulla via della rotta, appena più ad est della «teges» del duca e della contrada di malborghetto.

ma l’area non doveva essere stata sufficiente se, il 1° giugno 1551117, gio-vanni battista del fu giacomo filippo coltri, della contrada di santa giustina, agendo anche a nome del fratello giulio, aveva venduto per il prezzo di 285 lire

115 trascrizione in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, doc. 313.116 asfe, anafe, francesco cattinelli, 514, p. 5, cc. 154v-158r e c. alleg, 2 nov. 1545.117 ivi, giovanni calcetta, m. 455, p. 5, cc. sciolte; p.c. Ioly Zorattini, I cimiteri, cit., pp. 37

e 44.

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marchesine, 15 soldi e 2 denari al mercante lusitano salamon faraon come rap-presentante «universitatis mercatorum lusitanorum» un altro appezzamento di terreno contiguo al precedente: di estensione corrispondente a piedi 1113 e 5/6, questo era situato «post hospitalem sanctae iustinae» e confinava da un capo con la proprietà dei fiaschi, dall’altro capo con il cimitero «hebreorum ci-vitatis ferrariae» (locuzione che accomunava italiani ed askenaziti), da un lato con «predictos mercantores portugenses» (ed è l’area già destinata a cimitero) e dall’altro ancora con i fiaschi.

il 6 ottobre 1556, «li fedelissimi servi della Ex.tia Vostra, li Huomini della natione portugalese che sono venuti ad habitare in questa sua magnifica cità di ferrara» hanno chiesto ed ottenuto da Ercole ii di potere «tutti insieme far acquisto di uno terreno posto nella cità, del qual intendono servirsi per sepelli-re i corpi di quelli a quali occorrerà a morire», in deroga allo statuto di ferrara sotto la rubrica «quod non fiet alienatio rei immobilis»118. alla concessione du-

118 trascr. in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, doc. 1299; l’autore ha equiparato i termini «prioribus» a Parnassim, massari, e «conservatoribus» a memunim, deputati.

Fig. 4. Ferrara nella metà del Cinquecento (elaborazione dell’autrice).

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cale segue ben presto l’acquisto: il 9 novembre Ercole del fu antonio perinati, in qualità di procuratore di giulio figlio ed erede di giacomo filippo coltri, aveva venduto a «domino simeon salon et domino ioseph de abraam namias impresentiam prioribus universitatis infrascriptae et domino ghedeliae zar-cho et domino isaac allalavo conservatoribus ipsius universitatis» a nome della «universitatis et hominum Hebreorum lusitanorum advenis ferrariae habita-toribus et pro heredibus et successoribus dictorum hominum» di un terreno ortivo posto in vicinanza della chiesa di santa giustina ossia nella contrada di muzzina, confinante da un lato con «iura hebreorum italianorum» (ossia il ci-mitero degli ebrei italiani): il prezzo era stato pattuito in 200 scudi d’oro in oro versati dal procuratore alla camera ducale che era creditrice di giulio coltri, netti da tasse e gabelle. il venditore ha così ceduto ogni e qualsiasi diritto com-preso quello di obbligare gli ebrei italiani a far costruire un muro di separazio-ne in mattoni e calce sul confine fra il loro terreno e quello acquistato dai por-toghesi, così come era stato concordato e stabilito fra il defunto giacomo filip-po coltri e gli ebrei italiani al momento della relativa vendita. per parte loro, i portoghesi si erano impegnati a realizzare e mantenere un muro in mattoni a calcina, di due teste e dell’altezza di 6 piedi, sul confine di terreno: «vulgariter dixerunt: vada a taccharse al muro del conte alfonso mosto lassando netto el pilastro per esso messer giulio ch’è nel muro verso el detto conte alfonso per el dretto del muro de confine tra el fiasco et el coltri». finché «detti hebrei» non avessero fatto eseguire tale separazione, sarebbe stato lecito a giulio col-tri ed ai suoi agenti lavorare tale terreno e goderne i frutti. infine, il vendito-re concedeva ad «essi portoghesi et loro agenti» di avere accesso attraverso le proprietà del coltri, ma non avrebbero potuto transitarvi le loro processioni funebri: «et non per morti». di questa vendita, il giorno successivo, ioseph de abraam namias «hebreus lusitanus ferrariae habitans» aveva richiesto la grida a nome della «universitatis et hominum hebreorum nationis lusitanorum seu portugalensium ferrariae habitantium»119.

in definitiva, la distribuzione nella città tanto delle residenze quanto delle aree cimiteriali ebraiche ha seguito la logica determinata in buona parte da motivazioni economiche, alle quali si sono sovrapposti fattori determinanti più strettamente cultuali: infatti i dettati talmudici sono stati molto spesso l’origine di tali scelte a livello urbanistico, e la comunità di ferrara dimostra di essersi atte-nuta strettamente ad essi. la necessità di abitare in prossimità della sinagoga120,

119 asfe, anafe, g. ferrarini, m. 593, p. 24, prot. 1556, cc. sciolte, 9 e 10 nov. 1556; reg. parz. in a. di Leone Leoni, La Nazione, cit., ii, docc. 1324 e 1325.

120 dei sabbioni prima, e poi anche tedesca e sefardita.

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infatti, non è altro che il portato di una delle proibizioni stabilite dalle leggi rabbiniche, che impone che il sabato l’ebreo osservante non possa superare la distanza di 2.000 cubiti (circa 888 metri) al di fuori della propria abitazione, ad esempio per raggiungere il tempio121. allo stesso modo, disposizioni deri-vate dal talmud prescrivono di porre un’adeguata distanza fra le abitazioni e i cimiteri a causa della concezione biblica di impurità connessa con la morte122: possiamo constatare infatti che, ad ogni traslazione o ampliamento della zona residenziale ebraica, è corrisposto il trasferimento dell’area cimiteriale in altro territorio urbano liminale.

121 a. Unterman, Dizionario di usi e leggende ebraiche, roma-bari 1994, p. 98: Eruv. alla luce di questa esigenza tutta interna al corpo sociale ebraico potrebbe essere interpretata la migrazione (del tutto spontanea, a mio avviso) evidenziata dalla documentazione anagrafica e fiscale cit-tadina di un gran numero di ebrei veronesi, al seguito del trasferimento della sinagoga dalla contrada di san sebastiano a quella di san tomio. non per niente i nominativi che non com-paiono affiancati alla sinagoga, intesa anche come sede della comunità, sono quelli di chi poteva allestire e sostenere un proprio oratorio: i foeneratores ed i basevi, fra i quali si conta più di un rab-bino; g.m. Varanini, Dalla ‘presenza’ alla comunità. Gli ebrei di Verona nel Cinquecento nelle fonti docu-mentarie locali, in Interstizi, cit., pp. 206-240, in partic. pp. 221-222. un’incursione nell’archivio notarile di Verona potrebbe dimostrare se si sia trattato di uno spostamento reale e non solo virtuale, sebbene si possa già ritenere un indice di tale migrazione la successive scelta dell’area circostante san tomio per la realizzazione del ghetto: l’univocità delle fonti (nel caso veronese quelle di produzione governativa, in caso ferrarese quelle notarili per mancanza delle fiscali ed anagrafiche) può limitare gli orizzonti.

122 a. Unterman, Dizionario di usi, cit., p. 132; l. Graziani Seccgheri - s. Superbi, Il cimitero ebraico, cit., pp. 221-222.

Schede biobibliografiche degli autori

Luca Andreoni è docente abilitato di materie letterarie nei licei. Attualmente lavora ad una tesi di dottorato sugli aspetti economici e sociali della presenza ebraica ad An-cona fra Sei e Settecento presso la Scuola superiore di studi storici dell’Università della Repubblica di San Marino. Collabora, altresì, con il Centro sammarinese di studi storici e con l’Associazione per la storia degli ebrei nel Lazio e nei territori dell’ex Stato della Chiesa.

Claudio Canonici è professore a contratto di Storia moderna presso il Dipartimento di Scienze dei Beni Culturali (Università della Tuscia, Viterbo); professore straordina-rio di Storia della Chiesa presso l’I.S.S.R. “A. Trocchi” (P.U.L.). I suoi interessi di studio spaziano dalla storia delle istituzioni e dei rapporti centro-periferia nel periodo rivolu-zionario e napoleonico, alla storia religiosa e della Chiesa, con particolare riferimento al Settecento e all’Ottocento. Fra le principali pubblicazioni dedicate a questi temi si possono citare La fedeltà e l’obbedienza. Governo del territorio a Viterbo e nel Patrimonio in età napoleonica, Roma, Carocci, 2001; “Le nostre antiche e savie leggi repubblicane”. La Repubbli-ca del 1798-1799 a Corneto, Tarquinia, 2002; L’aversion pour l’une le dégoûta de l’autre. Lumi, filosofia, rivoluzione nelle conversioni al cattolicesimo fra Settecento e Ottocento, in «Rivista di storia del cristianesimo», 2010, 1.

Pierluigi De Rossi, diplomato in Archivistica, Paleografia e Diplomatica, è dal 1997 responsabile dell’Archivio storico del comune di Cori (LT). Studioso di storia locale, moderna e contemporanea, ha pubblicato vari studi su Cori e altri centri della Maritti-ma, con particolare attenzione per le minoranze ebraiche. Ha pubblicato saggi di storia sociale e istituzionale su riviste e in volumi collettanei, tra cui vari studi sulle comunità ebraiche di Cori e di Terracina nel XVI secolo.

Michaël Gasperoni, Laureato in storia moderna e in antropologia sociale e culturale, è dottorando alla Scuola Superiore di Studi Storici di San Marino e all’école des hautes études en sciences sociales. Ha insegnato storia moderna ed epistemologia delle scien-ze sociali all’Università di Versailles-Saint-Quentin-en-Yvelines. Ha pubblicato il volume Popolazione, famiglie e parentela nella Repubblica di San Marino in età moderna (prefazione di Gérard Delille), Collana del Centro Sammarinese di Studi Storici, Università di San Marino, 2009 e La communauté juive de la République de Saint-Marin, XVIe-XVIIe siècles, Editions Publibook Université, Paris, 2011. Si occupa di demografia storica, storia della famiglia ed epistemologia delle scienze sociali.

Laura Graziani Secchieri è nata a Ferrara. Laureata in Architettura presso l’IUAV di Venezia, privilegia quali temi di studio e ricerca l’edilizia storica ferrarese, l’insedia-mento della comunità ebraica di Ferrara e la struttura urbanistica abitativa del relativo ghetto. Membro dell’Accademia delle Scienze, è attualmente archivista presso l’Archi-vio di Stato di Ferrara. Fra i saggi pubblicati: Castel Nuovo: il castello che non c’è più, in «Bollettino della Ferrariae Decus» n. 14, 31 dicembre 1998, pp. 5-57; I prestatori. I banchi di

pegno e le famiglie ebraiche a Ferrara e nella politica estense, in «Ferrara - Voci di una città», n. 12, giugno 2000, pp. 18-24; La comunità ebraica a Ferrara: momenti di ostilità e prevaricazio-ne, in «Quaderni dell’Archivio di Stato», n. 4; Ferrara e la Comunità ebraica: aspetti pubblici e privati nelle fonti dal ’300 alla Shoah, Ferrara 2009.

Tersilio Leggio si occupa di storia del territorio nel medioevo ed in particolare della Sabina. Direttore del museo di Farfa, dal 1996 al 2004 è stato assessore per la cultura della Provincia di Rieti; dal 2001 al 2006 sindaco del comune di Fara in Sabina, poi commissario straordinario dell’Apt di Rieti dal 2006 al 2011, vicepresidente del Centro europeo di studi agiografici con sede a Rieti, membro del Consiglio superiore del Mi-nistero per i Beni culturali dal 2006. Ha collaborato con la “British School at Rome“, di cui è honorary fellow, e con altre università britanniche. Ha tenuto lezioni e corsi presso varie università italiane, circa cento sono le sue pubblicazioni scientifiche.

Giuliano Lazzarini, laureato in storia medievale presso la Facoltà di Lettere e Filo-sofia dell’Università di Pisa, nel 2011 ha conseguito il dottorato in storia presso la me-desima Università con una tesi del titolo Ricerche sugli ebrei senesi nel Quattrocento (tutor: prof. Michele Luzzati).

Michele Luzzati, presidente della Società Storica Pisana, ha insegnato storia medie-vale come associato presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, come straordinario presso l’Università di Sassari e come ordinario presso l’Università di Pisa. è stato Di-rettore del Dipartimento di Medievistica dell’Università di Pisa, Direttore del Centro Interdipartimentale di Studi Ebraici (CISE) della medesima Università e Presidente dell’Associazione Italiana per lo Studio del Giudaismo (AISG). Fra le sue pubblicazioni si segnalano: Giovanni Villani e la compagnia dei Buonaccorsi, Istituto per l’Enciclope-dia Italiana, Roma 1971; Una guerra di popolo. Lettere private del tempo dell’assedio di Pisa (1494-1509), Pacini, Pisa 1973 (riediz. 2000); La casa dell’ebreo. Saggi sugli ebrei a Pisa e in Toscana nel Medioevo e nel Rinascimento, Nistri-Lischi, Pisa 1985; Firenze e la Toscana nel Medioevo. Seicento anni per la costruzione di uno stato, UTET, Torino 1986; Ebrei ed ebraismo a Pisa. Un millennio di ininterrotta presenza/Jews and Judaism in Pisa. A millennium of unin-terrupted presence, ETS, Pisa 2005.

Paolo Pellegrini vive a Terni, dove lavora come responsabile dell’Archivio storico di una grande impresa privata. è inoltre dottorando di ricerca in Società, politica e cul-ture dal tardo medioevo all’età contemporanea all’Università di Roma “La Sapienza”. Si è occupato della presenza ebraica in area umbra in vari contributi apparsi in riviste e volumi collettanei. Tra i suoi lavori più recenti, Percorsi della storiografia sugli ebrei in Umbria, in «Umbria contemporanea», 10-11, 2008; la curatela di Storia, archeologia e arte nell’Umbria meridionale. Studi in memoria di Cinzia Perissinotto, Perugia 2009 e Dalla domus di Aurelio Fazioli al palazzo della Cassa di Risparmio di Terni: vicende e proprietari dell’edificio fra XVI e XIX secolo, in Palazzo Montani Leoni. Sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, a cura di A. Ciccarelli, Terni 2011.