social responsibility e social reporting: aziende private profit-oriented e non-profit, aziende...
TRANSCRIPT
IL BILANCIO SOCIALE TRA MARKETING E MISURAZIONE DEL VALORE di Antonio Nisio e Maria Michela Spadavecchia∗
Sommario: Premessa – 1. Origini e motivazioni dei processi inclusivi – 2. Creazione di valore attraverso la fiducia e la
legittimazione 3. Il bilancio sociale tra marketing e misura di valore.
PREMESSA
Per lungo tempo la crescita economica ha rappresentato una necessità imprescindibile nel
contesto sociale ed economico, anche a discapito di altri aspetti rilevanti quali l’eticità, la
salvaguardia dell’ambiente, la socialità, l’equità, la responsabilità, la qualità della vita.
Attualmente si assiste ad un’inversione di tendenza; affinché le aziende pubbliche e private
creino e raccolgano consenso e fiducia, non è più sufficiente creare ricchezza; è necessario rendere
conto delle modalità attraverso le quali è creata e distribuita.
Parlare di responsabilità sociale all’interno delle pubbliche amministrazioni è può apparire
scontato o, di più, tautologico, in quanto per definizione esse perseguono il fine di incrementare il
benessere umano attraverso la creazione di valore sociale.
Tuttavia, è necessario che i policy makers abbiano a loro disposizione e utilizzino
correttamente una idonea strumentazione volta a fornire informazioni utili a assumere decisioni
funzionali al perseguimento del fine e a verificare i risultati conseguiti. Le riforme normative e
gestionali che hanno investito le Amministrazioni Pubbliche, hanno contribuito alla definizione di
nuovi assetti istituzionali ed organizzativi il cui corretto funzionamento richiede responsabilità e
trasparenza nelle scelte e nei comportamenti. Il diffondersi di processi inclusivi sia nella fase della
decisione sia nella fase della misurazione e comunicazione dei risultati, rappresenta un percorso
verso la public governance, l’accountability e la cittadinanza attiva.
Le crescenti esperienze di bilancio sociale sviluppatesi nel nostro Paese, hanno evidenziato
le luci e le ombre di tale strumento di rilevazione e comunicazione. Comunque l’introduzione di
∗ Antonio Nisio, ricercatore di Economia Aziendale, Facoltà di Economia , Università degli Studi di Bari;
Maria Michela Spadavecchia, dottoranda di ricerca in Economia Aziendale, Facoltà di Economia , Università degli
Studi di Bari.
Il presente contributo è frutto del lavoro congiunto dei due autori, in particolare Antonio Nisio è autore della premessa e
del paragrafo 3; Maria Michela Spadavecchia è autrice dei paragrafi 1 e 2.
sistemi di informativa sociale evidenzia la volontà di amministratori e cittadini di ritrovare l’essenza
della mission pubblica: la soddisfazione dei bisogni individuali e collettivi.
1. ORIGINI E MOTIVAZIONI DEI PROCESSI INCLUSIVI
Nell’attuale contesto sociale ed economico si assiste al ridimensionamento di uno dei pilastri
fondanti della società moderna: la priorità assoluta della crescita economica. Tale dogma ha lasciato
il campo ad una visione più orientata alla qualità: qualità dei prodotti, qualità degli ambienti di
lavoro, qualità dei servizi, in un unico concetto qualità della vita. Riaffiorano aspetti quali l’eticità,
la salvaguardia dell’ambiente, la socialità, l’equità, la responsabilità, che sembravano ormai perduti,
in quanto non compatibili con la “logica del profitto”. I vari scandali che hanno investito le aziende
private e pubbliche hanno indubbiamente contribuito a far riemergere sopite istanze. La
globalizzazione e l’elevata velocità a cui viaggiano le informazioni e le notizie hanno, poi,
provocato un effetto moltiplicatore: l’eco, suscitata da questi scandali, non è rimasta circoscritta a
un solo ambito territoriale, economico ed istituzionale, ma si è ampliata, diffondendosi a macchia
d’olio nel contesto economico-sociale globale. Non soltanto. Mentre le notizie e le reazioni a questi
raggiungevano ogni parte del globo, ne emergevano di nuove, in luoghi diversi, con attori diversi.
Non sono state risparmiate istituzioni e amministrazioni pubbliche, le quali, in molti casi
non si sono dimostrate capaci di adempiere al proprio ruolo di garanti di giustizia, imparzialità e
pari opportunità, nonché di tutela degli interessi della collettività. La reazione immediata della
società è stata di protesta, di distacco e sfiducia a fronte di fenomeni così diffusi nel sistema
economico-imprenditoriale-istituzionale.
Al fine di fronteggiare tale situazione, si è puntato al recupero della fiducia da parte degli
stakeholders e a un loro maggior coinvolgimento. Le imprese hanno abbandonato la logica della
centralità degli shareholders per includere tra i valori guida della loro azione la soddisfazione dei
bisogni di una più ampia gamma di portatori di interessi, poiché hanno riconosciuto che le
conseguenze delle loro scelte e del loro modus operandi coinvolgono, inevitabilmente, il benessere
di un più vasto spettro di attori. La realizzazione di questo nuovo approccio richiede
l’implementazione di innovativi strumenti quali le certificazioni ambientali, l’emanazione di codici
deontologici, i bilanci sociali, tutti segni tangibili di una nuova visione aziendale orientata alla tutela
dell’ambiente, ai principi di eticità, alla condivisione con gli stakeholders dell’attività realizzata e
dei risultati raggiunti.
L’obiettivo principale è stato recuperare fiducia e consenso dei consumatori, dei fornitori,
delle istituzioni finanziarie, del mercato e della società nel suo complesso. Indubbiamente il lavoro
di restyling realizzato dalle grandi multinazionali, ha iniziato a far breccia in quel muro di sospetto
e scetticismo, creato dagli scandali finanziari e dalla scoperta di comportamenti non etici tenuti da
parte delle imprese.
Tuttavia, l’effettivo recupero della fiducia e del consenso degli stakeholders non sarebbe
potuto avvenire tramite una semplice enunciazioni di intenzioni ma ha richiesto l’utilizzo di nuovi
strumenti, i quali hanno obbligato le imprese ad attuare di una serie di idonei comportamenti
concreti .
L’ottenimento, ad esempio, di una certificazione Emas o ISO 14001 è subordinata al rispetto
di alcuni vincoli sostanziali, quali le limitazioni sull’emissione di residui nell’ambiente, il
riciclaggio dei vari materiali nonché l’implementazione di un sistema aziendale di gestione
ambientale (SGA), con l’individuazione delle responsabilità ai vari livelli.
Allo stesso modo la redazione del bilancio sociale comporta l’effettiva rendicontazione
dell’attività svolta, superando la sola esposizione dei risultati economici e finanziari e, dunque,
implica un concreto sforzo di comunicare qualcosa che vada oltre la “bottom line”.
Si può, quindi, affermare che, al fine di eliminare o ridurre l’impatto sul risultato economico
della sfiducia e della mancanza di consenso degli stakeholders, le aziende for profit hanno attuato
una serie di comportamenti che hanno, comunque, prodotto conseguenze concrete sul piano dei
valori e della responsabilità. Nel pieno rispetto delle logiche di funzionamento e della realizzazione
dell’obiettivo di economicità, queste aziende hanno contribuito a soddisfare il crescente bisogno, di
eticità, trasparenza e responsabilità emergente dal tessuto economico e sociale.
Di tutto altro tipo, contenuto e finalità è il processo di avvicinamento che vede coinvolti i
cittadini ed le aziende pubbliche. La realizzazione di un risultato economico positivo non
rappresenta l’obiettivo di queste aziende, il cui fine istituzionale è costituito dalla tutela
dell’interesse pubblico. L’obiettivo della creazione di un clima di maggiore fiducia dei cittadini
dovrebbe, allora, essere diverso, più confacente alla natura pubblica del soggetto e del fine. Non a
caso una delle condizioni che sottendono alla produzione di public value è proprio la fiducia e la
legittimità.
2. CREAZIONE DI VALORE ATTRAVERSO LA FIDUCIA E LA LEGITTIMAZIONE
Con l’espressione public value si indica il valore creato da un’organizzazione pubblica
attraverso i servizi forniti alla società, le leggi e ogni altra azione suscettibile di essere percepita e
valutata dai cittadini. Il miglioramento degli outcomes e dei servizi consente ad un’organizzazione
pubblica di incrementare la creazione di valore e di essere giudicata in base a tale capacità.
L’“auscultazione” dell’opinione pubblica e dei giudizi nei confronti della compagine governativa,
che in un determinato momento gestisce quell’organizzazione pubblica, rappresenta una prima
misura della fiducia ispirata nella comunità di riferimento. Tale fiducia trova la sua massima
espressione quando la collettività conferisce potere e legittimità ai propri rappresentati politici,
custodi e esecutori della volontà sociale.
L’interrelazione tra questi tre fattori (outcames, servizi e fiducia) evidenzia lo stretto legame
che esiste tra la creazione di valore e l’esistenza di valori etici e morali socialmente condivisi.
Principi e valori inappropriati non soltanto non creano valore, ma conducono alla distruzione di
quello precedentemente prodotto.
Fig. 1 Creazione di valore sociale
La fiducia viene conferita formalmente dai cittadini ai propri rappresentanti politici
attraverso l’espressione della propria preferenza elettorale1. Il mandato, assegnato dai cittadini a una
1 M.H. Moore, “La creazione di valore pubblico”, 2003, Guerini e Associati. L’autore individua “il triangolo
strategico da cui si desume che una politica pubblica si realizza, in condizioni di efficacia ed efficienza, se l’ente che la
promuove è in grado di formulare strategie che tengano conto contemporaneamente e in modo coordinato di tre
obiettivi” servizi, outcome, fiducia (n.d.a.) (pag. XIII).
Outcomes
Fiducia
Servizi
VALORE PUBBLICO
determinata coalizione politica, è il fondamento iniziale della gestione strategica nel settore
pubblico. Con tale mandato, infatti, gli esponeneti politici ricevono la fiducia della collettività :
- sulle intezioni espresse in campagna elettorale;
- sulle nomine del management che andrà ad attuare le scelte politiche espresse;
- sulle qualità morali ed etiche che saranno applicate nella gestione pubblica.
La crisi di fiducia, che negli scorsi decenni ha investito sia l’ambito pubblico sia quello delle
imprese private, ha portato in primo piano la questione della legittimazione e del consenso
dell’opinione pubbblica in relazione alle scelte e sui comportamenti eticamente “discutibili” di
alcuni amministratori.
Il rapporto fiduciario, che lega amministratori e amministrati, è di un’importanza cruciale
nella creazione di valore pubblico. Infatti, il cittadino a differenza del cliente attende di ricevere,
oltre ai servizi adeguati alle proprie esigenze, un trattamento equo, un comportamento manageriale
improntato alla giustizia e alla responsabilità, una gestione trasparente e oculata delle risorse alle
quali ha rinunciato, rendendole disponibili per il raggiungimento di finalità collettive, per
contribuire concretamente alla creazione di valore.
L’evoluzione culturale ed il confronto con tipologie di gestione diverse di altri paesi
democraticamente maturi ha prodotto una diversa accezione del concetto di fiducia e legittimazione.
“Mentre in passato l’azione amministrativa si basava sul presupposto dell’autorità, ossia sull’idea
che la pubblica amministrazione fosse l’unica depositaria dell’interesse generale e che proprio per
questo avesse il diritto-dovere di farlo valere nei confronti di tutti”2 e pertanto era autolegittimata,
attualmente la fiducia viene concessa sulla base delle concrete attività realizzate e sulla
responsabilità che l’esponente politico di turno assume nei confronti di tutta la collettività, non
soltanto verso i propri elettori. Infatti, a prescindere dallo schieramento politico che emerge dalle
consultazioni elettorali, i cittadini pretendono la creazione di un clima di giustizia ed onestà che
guiderà le scelte ed i criteri di gestione.
La fiducia non è più una delega in bianco che consente a chi viene scelto di decidere e
amministrare secondo propri parametri, ma rappresenta un’opportunità concessa al fine di poter
realizzare tutte le condizioni affinchè venga creato valore. Non soltanto. Sempre più spesso
vengono messi in atto processi inclusivi che vedono coinvolti comuni cittadini, associazioni civiche,
2 Dipartimento della Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri “A più voci”, Cantieri,
Edizioni Scientifiche Italiane, 2004, (pag. 10).
gruppi di interesse che partecipano alle decisioni e alle scelte pubbliche3. Ciò sta a significare che la
fiducia concessa non è incondizionata, ma è soggetta a continue verifiche e costruttivi confronti.
La presenza di legittimazione, consenso, condivisione rappresenta la premessa per la
creazione e/o l’incremento di valore pubblico; al contrario un utilizzo distorto, o la ricerca a
qualunque costo, può comportarne la distruzione4. È ciò a cui si è assisitito nel nostro Paese durante
gli anni Novanta, quando fenomeni corruttivi e concussivi hanno rotto il legame fiduciario tra
cittadini e loro rappresentanti, basato sulla affinità ideologica e sull’affidamento nel sistema di
norme e controlli.
Nello stesso periodo una serie di riforme, volte a modificare gli assetti istituzionali, ha
introdotto nuove forme gestionali ed organizzative della cosa pubblica. In particolare, si è assistito
alla liberalizzazione ed alla concorrenza nella produzione ed erogazione dei servizi pubblici;
all’attribuzione di maggiori e specifiche responsabilità alle ammministrazioni pubbliche territoriali,
le quali, in virtù del decentramento amministrativo, hanno assunto un ruolo di primo piano nel
rapporto con cittadini ed imprese. La riforma del sistema elettorale, inoltre, con la scelta diretta di
sindaco e presidente della Regione ha confermato da un lato il rinnovato ruolo degli enti locali e
dall’altro il tentativo di recuperare la compromessa rappresentatività della classe politica e
dirigenziale. Con l’identificazione e l’impersonificazione in un unico soggetto del programma, dei
valori e delle esperienze, il capo dell’esecutivo diviene responsabile delle attività svolte e dei
risultati ottenuti dall’istituzione che rappresenta.
Si è cercato in questo modo di rispondere all’esigenza emergente ed crescente nella società
civile di conoscere i valori dell’ente pubblico, i progetti, le attività e soprattutto di valutarne i
risultati, i benefici, gli outcomes. Il controllo sociale sull’utilizzo delle risorse ha come obiettivo
specifico il ritorno da parte dell’Amministrazione Pubblica all’esercizio della propria mission
3 Dipartimento della Funzione Pubblica, op. cit., “ La scelta di aprire un tavolo, ossia di imboccare un processo
decisionale inclusivo, è talvolta compiuta volontariamente (e informalmente) da un amministratore pubblico che ritiene
utile allargare la platea dei decisori e responsabilizzarli. Talvolta è incoraggiata (o addirittura prescritta) dalla
legge….conferenze di servizi,… accordi di programma, ..contratti di quartiere,…piani di zona…L’Unione europea ha
dato un fortissimo impulso in questa direzione. È difficile trovare un programma comunitario in cui non compaiano, con
grande rilievo, espressioni come partenariato, coinvolgimento dei cittadini, partecipazione”, (pag. 9). 4 Si pensi agli effetti perversi che può provocare la ricerca esasperata da parte politica del consenso di lobby
economiche, finanziarie espressioni di una parte della società e dunque portavoce di determinati interessi non certo
definibili collettivi. In tali casi il comportamento degli amministratori pubblici può risultare patologicamente
condizionato e influenzato con la conseguente dissipazione di valore pubblico.
istituzionale: il soddisfacimento dei bisogni individuali e collettivi, o per usare le parole di Moore,
la creazione di public value5.
Il fallimento dell’autolegittimazione e dell’autoreferenzialità ha creato i presupposti per
l’attivazione di processi inclusivi di partecipazione attiva degli stakeholders quali co-makers nella
definizione di scelte e programmi e quali adviser nella misurazione, valutazione e rendicontazione
del valore pubblico creato.
3. IL BILANCIO SOCIALE TRA MARKETING E MISURA DI VALORE
Nel saggio “Capitalismo, socialismo e democrazia” J. Schumpeter6 nel 1942 giunse ad
affermare che il popolo non ha il potere reale di effettuare scelte circa il bene comune e i soggetti
delegati alla sua realizzazione. Ciò in ragione del fatto che nelle democrazie le scelte non sono fatte
sulla base di ideali, opzioni etiche e politiche. Esse sono un compromesso tra vari gruppi di
interesse, che in concorrenza tra loro, tentano di soddisfare i bisogni più immediati e utilitaristici,
piuttosto che affermare il bene comune. In tale visione l’èlite, che aspira a governare, deve
“convincere” la maggioranza della collettività a sostenere la propria idea di società e di benessere.
È il “principe illuminato” che, definiti i valori, le risorse, gli obiettivi, richiede attraverso il
processo democratico elettorale l’investitura popolare. E per ottenere questo risultato deve attivare
le migliori tecniche di marketing per acquistare quote sul mercato dei voti. Tra gli strumenti a
disposizione un ruolo di sicura importanza riveste il bilancio sociale.
Vi è in sostanza secondo tale ottica, che si è concretizzata di sovente nella realtà, una
concezione “mercantile” della democrazia, dei rapporti tra governanti (imprenditori politici) e
governati (clienti politici)7.
Pur in questa prospettiva così estrema è necessario creare forme di garanzia per il cittadino
elettore, volte a “certificare” che i messaggi di pubblicità e propaganda politica non siano
fraudolenti e menzogneri. Tali garanzie non possono e non devono derivare da norme e regolamenti
statuiti dal diritto positivo, ma devono risiedere nella volontà del politico di mostrare in modo
trasparente, veritiero e corretto il proprio progetto di governo e successivamente di rendicontare il
valore sociale creato. A tal fine gli standards, che definiscono i contenuti e/o i processi per la
5 Moore M.H., op. cit. 6 Schumpeter J. A., capitalismo socialismo e democrazia, Etas lIBRI, Milano, 2001. 7 Zagrebelsky L. “Telepolitica: il peccato capitale della democrazia”, in La Repubblica, 17 febbraio 2006
predisposizione dell’informativa sociale, rappresentano uno strumento necessario per giungere alla
certificazione di tali documenti.
Nell’attuale contesto sociale la relazione tra governanti e cittadini si va progressivamnete
modificando a favore, come su scritto, di un ruolo più attivo dei cittadini stessi. Vi è una diffusa
aspirazione a una visione partecipata della democrazia.
Affinchè ad essi sia concessa la possibilità di svolgere un innovativo ruolo nel segno della
partecipazione attiva sia nella fase di proposizione dei valori, degli obiettivi e delle risorse da
utilizzare sia in quella della valutazione dei risultati conseguiti dall’azione delle amministrazioni
pubbliche, diviene fondamentale l’adozione di un adeguato sistema informativo. Tale sistema deve
fungere da supporto per la comprensione del contesto che si vuole analizzare e per l’elaborazione
delle conseguenti scelte e decisioni che si intendono assumere nell’ottica della trasparenza, della
responsabilità e della rendicontazione del valore pubblico prodotto.
Misurare e verificare i risultati sociali significa, inoltre, obbligare la struttura tutta, decisori e
operatori, a riflettere sui parametri di performance rilevanti. In altri termini, le amministrazioni
pubbliche sono costrette a riconsiderare e riscoprire i propri fini ed a riprogettare il sistema di
relazioni tra questi ultimi, la gestione e il proprio sistema informativo.
In tal senso l’informativa sociale rappresenta uno strumento attraverso il quale le
amministrazioni rendicontano e comunicano in modo chiaro, veritiero e corretto strategie,
programmi, risorse reperite e impiegate, risultati conseguiti in termini di impatto sul territorio e
sulla collettività di riferimento. In sostanza, si pone l’attenzione sull’efficacia sociale, che insieme
all’efficienza e all’efficacia operativa, fornisce il quadro della complessiva performance della
pubblica amministrazione. La funzione degli standards è quella di fornire principi e criteri per
consentire una effettiva e corretta misurazione del valore sociale creato.
I tradizionali sistemi di rilevazione dei soli valori economici e finanziari non si dimostrano
adeguati a tale scopo, fornendo informazioni non funzionali a valutare il grado di raggiungimento
del fine delle amministrazioni pubbliche. La contabilità finanziaria, da sempre utilizzata nelle
aziende pubbliche italiane, rileva aspetti monetari e giuridici delle fasi dell’acquisizione e della
spesa delle risorse finanziarie e, pertanto, si è dimostrata poco adatta a rilevare tutti gli aspetti degli
accadimenti gestionali. Un miglioramento nella produzione di informazioni si è avuto con
l’introduzione dell’obbligo per le amministrazioni pubbliche di elaborare rendiconti economico-
patrimoniali. Essi forniscono informazioni sui processi di consumo dei fattori produttivi e sulla
competenza economica delle risorse acquisite, nonché sull’efficienza ed economicità della gestione,
ma non colmano, ancora, un deficit informativo circa la performance complessiva delle pubbliche
amministrazioni.
Fig. 2. Democrazia, bilancio sociale e standards
CONCEZIONE MERCANTILE
DELLA DEMOCRAZIA
CONCEZIONE PARTECIPATA
DELLA DEMOCRAZIA
RAPPORTO
CITTADINI /
GOVERNANTI
Valori, risorse, obiettivi stabiliti dal
“principe illuminato”
(imprenditore politico)
Valori, risorse, obiettivi condivisi in
fase di proposizione e di valutazione
RUOLO DEL
BILANCIO
SOCIALE
Bilancio sociale quale strumento di
marketing per acquisire quote sul
mkt dei voti
(clienti politici)
Bilancio sociale quale strumento di
elaborazione delle scelte e delle
decisioni collettive e di misurazione
trasparente e responsabile del valore
pubblico prodotto
RUOLO DEGLI
STANDARDS
Certificazione di trasparenza,
veridicità e correttezza dei messaggi
di pubblicità politica
Principi e criteri per una corretta
misurazione del valore sociale quale
performance complessiva dell’azienda
pubblica in un ottica di controllo sociale
e strategico
Infatti, l’evidenziazione del risultato economico fornisce solo la misura dell’eventuale
risparmio conseguito, nulla esprimendo sul raggiungimento delle finalità aziendali e istituzionali
relative alla cura dell’interesse pubblico. Diviene, pertanto, necessaria una informativa sociale, che
affiancandosi a quella finanziaria ed economica, ne costituisce fondamentale integrazione e
completamento. Il mantenimento degli equilibri economici e finanziari diventa vincolo per il
raggiungimento delle finalità sociali e non più fine dell’azione amministrativa.
La rendicontazione sociale non è oggetto di alcun obbligo normativo, tuttavia il suo utilizzo,
su base volontaria, è in costante crescita. Ad oggi dall’analisi della prassi e della dottrina emerge
che non vi sono contenuti, tecniche di rilevazione dati, modalità di realizzazione uniformemente
riconosciuti; tuttavia, è possibile definire alcuni elementi essenziali che ogni bilancio sociale
dovrebbe possedere per assolvere al proprio compito.
Prodromica ad ogni informativa sociale è l’individuazione del sistema degli stakeholders ai
quali la singola amministrazione deve rendere conto. Questa fase è indispensabile per evitare di
esporre una indefinita ed autocelebrativa elencazione di intenti e realizzazioni. Le esperienze,
maturate all’interno delle pubbliche amministrazioni locali italiane, mostrano che siffatta
individuazione è avvenuta con modalità dissimili: categorie dei diversi percettori delle spese, gruppi
di destinatari delle politiche dell’ente, aggregati di popolazione residente in un determinato ambito
territoriale, criteri misti.8 L’individuazione dei diversi stakeholders non risponde solo all’esigenza
di effettuare una concreta misurazione del valore sociale creato, ma permette anche un loro
coinvolgimento nella definizione di contenuti e metodologie di redazione del bilancio sociale,
comportandone un notevole incremento della portata informativa.
In secondo luogo è necessario che il bilancio sociale non rappresenti un momento isolato
nella vita delle amministrazioni pubbliche. La rendicontazione sociale deve diventare un momento
di regolare e periodica misurazione del valore sociale creato per inserirsi a pieno titolo nel sistema
circolare della pianificazione e del controllo nelle aziende pubbliche, nonché per consentire a tutti
stakeholders di effettuare puntuali e corrette valutazioni sull’operato delle stesse aziende.
Terzo. I destinatari del bilancio sociale sono rappresentati da una pletora variegata di
soggetti con competenze è professionalità di livello molto diverso. È necessario che esso non perda
la sua valenza comunicativa e contenga un’esposizione chiara e comprensibile dei dati. Il
linguaggio utilizzato, pertanto, deve possedere le caratteristiche della semplicità e della
intelligibilità, in modo da poter essere accessibile per tutti i portatori istituzionali di interesse. La
chiarezza espositiva del documento insieme alla autenticità dei contenuti consente al lettore di
apprendere l’operato ed i risultati raggiunti dall’ente e di maturare un giudizio che lo stesso ente
utilizzerà come informazione di ritorno per il successivo ciclo di decisione-azione-risultati.
Quarto. Il rischio che si corre nella redazione del bilancio sociale è rappresentato
dall’inflazione di informazioni. Al fine di evitare tale pericolo, il documento deve da un lato
rispettare il principio di universalità e analiticità, dall’altro non cadere nell’esposizione pedissequa
di ogni attività svolta, facendo attenzione alla rilevanza delle informazioni fornite.
Quinto. Il bilancio sociale deve consentire la verifica della realizzazione degli impegni
assunti nel programma di mandato “approvato” dagli elettori. A tal fine è necessario che siano
riportati i principali contenuti dei documenti di pianificazione strategica, piuttosto che fare un
semplice rinvio ad essi. Il lettore può non essere disposto a consultare ulteriore documentazione,
seppur allegata, e, pertanto, non sarebbe in grado di effettuare una efficace comparazione tra
promesse elettorali e realizzazioni concrete.
Sesto. Particolarmente critica è la fase della misurazione del valore pubblico creato e dunque
degli outcomes realizzati. La rilevazione in esame, poco si presta alla misurazione quantitativa e
numerica dei risultati. È da tenere presente che non si vuole evidenziare l’output e, quindi, ad
esempio, l‘incremento del servizio di trasporto pubblico, piuttosto che del servizio di nettezza
urbana o del servizio di mensa scolastica, ma gli effetti che l’insieme degli outputs ha realizzato sul
benessere individuale e collettivo. Nonostante la complessità metodologica e logica della
8 Cantieri (2004).
misurazione, è tuttavia possibile ricorrere a batterie di dati fisici e monetari, qualitativi e
quantitativi, che direttamente o indirettamente permettano di formare un giudizio sul beneficio
sociale creato. Per conferire efficacia, in tal senso, al documento di rendicontazione sociale è
necessario che l’ente pubblico si doti di un sistema di contabilità sociale che consenta un
reperimento continuo e costante dei dati necessari ad analisi e misurazioni delle attività svolte, dei
servizi erogati, del benessere creato o distrutto. A ben guardare, la gran parte dei dati è già
disponibile nel sistema informativo di ogni ente. Si pensi, ad esempio ai dati adoperati dal sistema
di programmazione e controllo. Un valido sistema di programmazione e controllo fornisce, infatti,
continue e complete indicazioni sulle linee strategiche fissate, sugli obiettivi conseguentemente
stabiliti, sulle modalità di gestione, sui risultati conseguiti e sugli scostamenti. Non a caso, da più
parti, si auspica l’inserimento del bilancio sociale nel sistema di programmazione e controllo in
un’ottica di maggiore efficienza (minimi costi di elaborazione) ed efficacia (massima portata
informativa) dello stesso documento. Altri dati sono poi presenti nei documenti previsti dalla
normativa quali la relazione previsionale e programmatica, il bilancio di previsione annuale e
pluriennale, il piano esecutivo di gestione, i conti consuntivi. Tutte informazioni, queste, altamente
tecniche e specifiche che, se opportunamente “tradotte” e adattate alle esigenze comunicative del
bilancio sociale, si rilevano utili strumenti di analisi. Non va sottovalutata, poi, l’enorme mole di
dati ed informazioni rese disponibili dagli URP (Ufficio Relazione con il Pubblico), dai call center,
dagli SUAP (Sportello Unico attività produttive), tutte strutture fisiche e/o virtuali che raccolgono
notizie ed indicazioni circa i bisogni, il livello di soddisfazione e le percezioni degli stakeholders.
La fase di maggior criticità, appunto quella della raccolta delle informazioni necessarie, può
essere, dunque, agevolmente superata dall’ente che abbia la volontà di comunicare con il proprio
pubblico di riferimento e che concepisca l’attività di comunicazione quale flusso bidirezionale tra
amministrazione e cittadini. Probabilmente il limite reale che molte amministrazioni incontrano nel
rendicontare la propria attività e nel passare in rassegna l’operato istituzionale, risiede
nell’incapacità di creare le precondizioni affinché ciò avvenga nel rispetto della trasparenza e
“dell’onestà intellettuale”. Si vuole fare riferimento a quel complesso di azioni, comportamenti e
strategie che realizzano concretamente l’innovata cultura delle amministrazioni pubbliche, orientata
alla trasparenza, al servizio, alla qualità. A differenza della cultura aziendale che pone il risultato
economico al centro del suo operato e di riflesso il cliente quale strumento per la sua
massimizzazione, la cultura delle amministrazioni pubbliche è orientata al cittadino destinatario e
coautore di un valore che non è soltanto economico, ma assume una valenza sociale, pubblica.
Bibliografia AA.VV., The Copenhagen Charter: a management guide to stakeholder reporting, House of Mandag Morgen,1999 Agostinelli A.,La comunicazione sociale: un'introduzione ai concetti e agli strumenti di un bene comune, Osservatorio Isfol., XXIII, 4, 2002 Airoldi G., Brunetti G., Coda V. , Corso di economia aziendale, Bologna, Il Mulino, 2005. Andriola L., Serafini C., Il bilancio sociale: obiettivi, principi e principali esperienze in atto, Enea, 2002. Anselmi L., Percorsi aziendali per le pubbliche amministrazioni, Torino, Giappichelli, 2003 Boccia F., Il ruolo dell’azienda pubblica nel nuovo sistema europeo di programmazione delle politiche di sviluppo, in Azienda pubblica, 2/2005, pp. 207-230. Borgonovi E., Il concetto di valore pubblico, in Azienda pubblica, 2-3/2001. Borgonovi E., Teoria degli stakeholder e amministrazione pubblica, in Azienda pubblica, 2/2005, pp. 201-205. Brunello C., Rendicontazione sociale e aziende nonprofit : uno strumento di legittimazione in Azienda pubblica, XV, 6, (2002). Bruni G., Il bilancio di missione delle aziende non profit, in «Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale» , maggio-giugno, 1997. Cassandro P.E., Trattato di ragioneria, Bari, Cacucci Editore, 1982. Cavalieri E., Ferraris Franceschi R., Economia Aziendale, Torino, Giappichelli Editore, 2005. Cherubini S., Magrini R. (a cura di), Il management della sostenibilità sociale, Milano, Franco Angeli, 2003. De Fabritiis F., Il bilancio sociale per il comune e la provincia: come svilupparlo,Milano, Franco Angeli, 2004. De Fabritiis F., Il bilancio sociale dell'Amministrazione provinciale di Parma in Azienda pubblica, XV, 6, (2002), pp. 673-689 Dipartimento Funzione Pubblica, A più voci, Cantieri, Edizioni Scientifiche Italiane, 2004.
Farneti G., Pozzoli S., Il bilancio sociale di mandato, Milano, IPSOA, 2005. Giusepponi K., Il bilancio sociale degli Enti Locali, Milano, Giuffrè Editore, 2004 Guarini E., Prospettive del bilancio sociale negli enti locali, in Azienda pubblica, XV, 6, (2002). Hinna L., Pubbliche amministrazioni: cambiamenti di scenario e strumenti di controllo interno, Padova, CEDAM, 2002.
Hinna L. (a cura di), Il Bilancio Sociale, Milano, ed. Il Sole 24 Ore, 2002 Hinna L., Il Bilancio Sociale nelle amministrazioni pubbliche, Milano, Franco Angeli, 2004. Mazzara L., Bilancio di mandato e bilancio sociale: unico documento? in Azienditalia 1/2004. Marcuccio M., Rendicontazione sociale e aziende pubbliche locali : uno strumento di accountability e controllo strategico, in Azienda pubblica, XV, 6, (2002). Marcuccio M., Il bilancio sociale e la comunicazione esterna dei risultati, in Azienda pubblica, 1/2005, pp. 14-28. Masini C., Risparmi e lavoro: economia aziendale, Torino, UTET, 1982. Moore M.H., La creazione di valore pubblico, Guerini e Associati (2003). Onida P., Economia d’azienda, Torino, UTET, 2001 Pezzani F. (a cura di), L'accountability delle Amministrazioni Pubbliche, Milano, Egea, 2003 Pucci L., Vergani E. (a cura di), Il bilancio sociale nel terzo settore : guida pratica alla redazione, Milano, Egea, 2002. Rogade C., Esperienze e riflessioni critiche sul bilancio sociale nel settore pubblico, in Azienda pubblica, XV, 6, (2002). Rogate C., Tarquini T., Il bilancio sociale negli Enti Locali, Rimini, Maggioli Editore, 2004 Rusconi G., Il bilancio sociale d'impresa : problemi e prospettive, Milano, Giuffrè, 1988. Sartori L., Il bilancio sociale, in Professionalità : mensile di problemi, esperienze, orientamenti per la formazione professionale., XXII, 71, (2002), pp. 38-47 Sartori L., Il bilancio sociale in pratica : aspetti relativi all'attuazione, in Professionalità : mensile di problemi, esperienze, orientamenti per la formazione professionale, XXIII, n.73, (2003). Schumpeter J. A., capitalismo socialismo e democrazia, ETAS Libri, Milano, 2001 Vaccari A., Principi in pratica - Bilancio sociale e cittadinanza d'impresa, Roma, ed. Liocorno, 1998. Vermiglio F., Il bilancio sociale nel quadro evolutivo del sistema d’impresa, Messina, Grapho Editor,1984 Vermiglio F. (a cura di), Nuovi strumenti di comunicazione aziendale. Confronto di esperienze in tema di bilancio sociale, Torino, G. Giappichelli Editore, 2000. Vittozzi Marianna, Il bilancio sociale, in La finanza locale, 5/2005, pp. 123-147.