serre liberty a montecatini terme: dal rudere ad una proposta di recupero

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Serre Liberty a Montecatini Terme:

dal rudere ad una proposta di recupero.

Relatore:

Giorgio Verdiani

Correlatore:

Gianni Sani

Laureanda:

Francesca Rapi

Anno Accademico 2013-2014

Scuola di Architettura

Corso di Laurea Magistrale in Architettura

INDICE

Prefazione…………………………………………………………...…… pag. 1

1. INTRODUZIONE AI LUOGHI E ALLA LORO STORIA……………………….... » 3

1.1 La Valdinievole

1.2 Montecatini Terme

1.2.1 La prima fase del Comune

1.2.2 La fase lorenese e la nascita della Città Termale

1.2.3 Il 1900. Il nuovo volto delle terme

1.3 L’area di studio: il Parco della Torretta

1.3.1 La ricerca storica sulle serre

2. INQUADRAMENTO DELLE TEMATICHE RELATIVE AL CASO DI STUDIO….... » 65

2.1 L’architettura del ferro e del vetro. Cenni storici

2.2 Le serre. Cenni storici

2.2.1 Tipologie e nuove soluzioni

2.3 Progetti analoghi presi ad esempio

2.3.1 La Serra dei Giardini

2.3.2 Il Tepidario della Società Toscana di Orticoltura

2.3.3 La Serra Carolina dell’Orto Botanico di Palermo

3. APPROCCIO ALL’AREA. ANALISI DELLO STATO DI FATTO E RILIEVO...….... » 113

3.1 L’area di progetto

3.2 La campagna di rilievo

4. L’IDEA DI PROGETTO………………………………………............….... » 153

Conclusioni………………………………………………………………. » 171

Bibliografia……………………………………………………………….. » 173

Sitografia………………………………………………...……………….. » 175

Ringraziamenti…………………………………………...……………….. » 179

1

PREFAZIONE

Il seguente lavoro di Tesi analizza le “serre Liberty” di Montecatini Terme, due edifici di inizio ‘900,

dei quali uno dei due presenta molti aspetti interessanti e di una certa rilevanza che lo rendono un

edificio certamente da recuperare. Purtroppo ormai le serre, come tutto il Parco della Torretta nel quale

sono inserite, versano in un gravissimo stato di degrado, che dura dagli anni novanta. La vegetazione

ormai si è impossessata di tutto, è letteralmente diventata parte integrante dell’edificio, rompendo

molti vetri oltre a parti della struttura completamente arrugginita. I vetri in copertura sono al collasso,

potrebbero cascare in ogni momento. Il giardino è completamente incolto, tanto che non si vedono

neanche più i vialetti. Tutto ciò ha reso molto difficoltosa la fase di rilievo, che non è stato possibile

effettuare con le moderne strumentazioni proprio a causa della quantità di vegetazione che avvolge le

serre. Il valore aggiunto di questo edificio, rispetto a una serra tradizionale, e che lo rende meritevole

di essere salvato, è sicuramente lo stile Liberty che ne contrassegna l’estetica. Si tratta infatti di un

edificio particolarmente caratterizzato a livello di decorazioni, di dettagli in ferro e presenta complessi

meccanismi per il funzionamento di alcune sue parti che ben hanno resistito all’incuria e anche agli

atti vandalici che hanno evidentemente investito altri elementi del fabbricato. La facciata in vetro

policromo, come una cattedrale di vetro, ha affascinato per anni i suoi avventori e tutt’oggi, nonostante

l’avanzata decadenza, o forse grazie ad essa, i montecatinesi le sono ancora molto legati. Molti

cittadini si sono interessati, durante le giornate che ho passato sul posto ad effettuare i rilievi, di cosa

sarebbe stato delle “loro” serre, in tanti mi hanno dato le loro opinioni su quale fosse, a loro avviso, la

giusta futura destinazione d’uso, quasi tutti credevano che finalmente qualcuno avesse deciso di

investire nella riqualificazione del sito, restando subito molto delusi dal sapere che, purtroppo, la mia

presenza non era legata ad un effettivo inizio di alcun tipo di lavori. A testimonianza dell’affetto che i

cittadini provano verso questi edifici è stato anche creato un gruppo su Facebook chiamato “Facciamo

rifiorire le serre!!!”. Molti tentativi e molte proposte sono state fatte per cercare di recuperare questo

luogo così pieno di fascino. Purtroppo le Terme S.p.a. per il momento hanno previsto investimenti su

altri stabilimenti, soprattutto sulle Terme Leopoldine (il progetto dell’Archistar M. Fuksas è costato non

poco alle casse della Società che adesso non navigano in acque proprio floride). Quindi attualmente è

2

tutto fermo: vengono solo realizzati sporadicamente quegli intervanti strettamente necessari affinchè le

serre “restino in piedi”.

Nella prima parte di questo studio viene presentata la ricerca storica fatta per conoscere l’origine dei

manufatti. Questa fase è stata molto impegnativa dal momento che, a livello bibliografico, le notizie

trovate sono state pochissime, per non parlare di quelle nell’archivio delle Terme e del Comune.

La seconda parte esplica le tematiche che verranno affrontate nell’approccio con gli oggetti in esame,

e saranno presentati tre casi analoghi studiati, presi ad esempio di intervento di recupero ben riuscito.

La terza fase riguarda la campagna di rilievo e la restituzione dello stesso attraverso la creazione di un

modello 3D. Il rilievo, come detto prima, è stato molto difficoltoso, anche a causa del fatto che una

parte dell’edificio principale è veramente pericolante, quindi in quella zona non è stato possibile

effettuare rilievi interni.

Infine, la quarta ed ultima fase, prevede la presentazione di un’idea di progetto.

3

1. INTRODUZIONE AI LUOGHI E ALLA LORO STORIA

1.1 La Valdinievole

L’oggetto di questa tesi di Laurea si trova nel Comune di Montecatini Terme, in provincia di Pistoia,

nella zona definita Valdinievole. La Valdinievole è un’area geografica che si trova nella parte sud-

occidentale della Provincia di Pistoia, al confine con quelle di Firenze e Lucca. La zona comprende

undici Comuni: Montecatini Terme, Pieve a Nievole, Monsummano Terme, Larciano, Lamporecchio,

Ponte Buggianese, Chiesina Uzzanese, Buggiano, Massa e Cozzile, Uzzano, e Pescia.

Figura 1 La Valdinievole evidenziata in relazione all'Italia e alla Toscana. www.wikimedia.org

4

La zona settentrionale e quella orientale sono prevalentemente collinari o montuose, con i rilievi pre-

appenninici a nord e il Montalbano a est, quella occidentale invece si fonde con la Piana di Lucca,

mentre a sud si ha un’area di derivazione lago-palustre, quella del padule di Fucecchio. Proprio dalle

caratteristiche di questa parte della Valdinievole, con le sue acque stagnanti che provocavano il

frequente fenomeno della nebbia, deriva l’originario nome della regione, “Valle Nebulias”, in quanto

avvolta da nebbie cosi dense “da tagliarsi con il coltello” per molti mesi all'anno come narrano le

cronache dell'epoca. Proprio a causa dei numerosi allagamenti della zona palustre che infestavano la

pianura, i primi insediamenti sorsero sulle alture che chiudono il territorio a nord, a est e a ovest.

Questo fenomeno di incastellamento favorì anche la difesa di tutta l’area della valle. Nonostante vari

tentativi di bonifica che si ebbero dal XIII al XV sec. che favorirono lo sviluppo di piccoli centri,

composti per lo più da capanne in condizioni igieniche inadeguate, la vita nella valle era ancora molto

difficoltosa, soprattutto a causa delle numerose epidemie di peste che falciavano la popolazione e

delle quali si ha notizia dal 1329 fino al XVIII sec. Con l’arrivo della famiglia dei Medici nel 1453

venne avviata la realizzazione del “Lago Nuovo” (terminata nel1477) innalzando le chiuse di Ponte a

Cappiano e favorendo così lo sviluppo della pesca e della navigazione1

. In quanto proprietari di gran

parte del territorio i Medici sancirono che pescare , navigare , cacciare e sostare nei porti e nei canali

di loro pertinenza era possibile solo per coloro muniti di Licenze a pagamento. In questo modo si

arricchirono molto, dal momento che il padule con i suoi canali era la via più veloce ed economica per

i commerci. Infatti le strade attorno al padule erano pressoché assenti, fatta eccezione per quella che

da Pistoia portava a Lucca passando per Pescia. Nonostante i Medici tentarono qualche intervento

anche in materia di viabilità carrabile, la condizione delle strade era sempre precaria, soprattutto

durante l’inverno, quando erano quasi sempre allagate. A non agevolare la situazione ci si metteva

anche la mancanza di ponti, che obbligava al guado dei fiumi2

. Purtroppo nel 1515 il Grande Lago si

era trasformato in una palude. Molti lavori vennero eseguiti ma senza un piano di coordinazione

unitario e senza le necessarie conoscenze del moto delle acque e dei venti. Questo portò al

mantenimento di una situazione precaria in tutta l’area della valle, con continue epidemie ed alluvioni.

5

Figura 2 I centri nati intorno al Padule al 1670. www.montecatinitermeuropa.com

La situazione non migliorò fino all’arrivo dei Granduchi di Lorena nella seconda metà del 1700 che,

subentrati ai Medici, avviarono una grande azione di bonifica e risanamento del territorio, creando così

nuovi terreni per l’agricoltura, principale attività economica nella Toscana del tempo,3

oltre ad una

6

nuova rete stradale, importate sia per lo sviluppo economico che per la nascita di nuovi centri urbani.

Lo scopo era potenziare le strade del Granducato, così da consentire gli scambi commerciali sia con

la Capitale che con le Provincie e l’estero. Nacque così l’attuale volto della Valdinievole, tant’è che

l’attuale rete stradale toscana, se si escludono i recenti interventi autostradali, è ancora quella della

riforma del Granduca Pietro Leopoldo. Sempre a un Lorena, questa volta a Leopoldo II, va attribuito il

merito della costruzione della rete ferroviaria.

1.2 Montecatini Terme

Il Comune di Montecatini Terme è uno dei più importanti della Valdinievole, insieme a

Monsummano e Pescia. Conta una superficie di 17,69 km². Famoso soprattutto come luogo di cura

termale, il nucleo originale è rappresentato da Montecatini Alto, posto a 290 m s.l.m., nato nel periodo

di incastellamento della Valdinievole. Il Comune è situalto in zona strategica, a pochi kilometri dai

principali centri toscani (dista 39 km da Firenze, 34 da Pisa, 21 da Lucca e 12 da Pistoia) con i quali è

ben collegato grazie alla rete stradale di origine settecentesca oltre alla più recente Autostrada A11.

Inoltre conta due stazioni ferroviarie poste sulla linee Viareggio-Firenze: Montecatini Centro, più

piccola e centrale e Montecatini Terme-Monsummano, importante opera architettonica realizzata negli

anni ‘30 dall’ Ing. Angiolo Mazzoni. L’antico centro e la più recente area dei bagni, sono collegati da

una funicolare che utilizza ancora le vetture originali ed è la più antica al mondo, risalente al 18984

.

A livello economico il settore trainante è quello turistico e alberghiero, specializzato anche nel

commercio e nei servizi, mentre industria ed agricoltura rivestono un ruolo piuttosto marginale.

Purtroppo dagli anni ‘80 ad oggi la cittadina ha subito un forte declino economico, politico e

finanziario, andando così ad appannare i fasti dei secoli precedenti durante i quali Montecatini, grazie

alle sue Terme, era famosa in tutta Europa per la sua bellezza ed ospitalità ma soprattutto per la

valenza scientifica delle sue acque termali curative.

La storia di Montecatini si può suddividere essenzialmente in tre fasi:

7

la prima è quella legata a Montecatini Alto, sede dell’antico castello, iniziata in torno all’anno

mille e conclusasi nel 1554 con la distruzione del castello da parte dei Medici;

la seconda è quella che parte dal 1773 ed è caratterizzata dal piano riformatore di Pietro

Leopoldo di Lorena;

la terza ed ultima fase è quella dei giorni nostri, a partire dai primi anni del ‘900, caratterizzata

dal cosiddetto “periodo Liberty”.

1.2.1 La prima fase del Comune

Montecatini come villa, cioè luogo non fortificato, viene citato già nel 1016 e nel 1062, mentre nel

1074 viene citato per la prima volta il “Castello”5

. L’incastellamento avvenne per iniziativa della

famiglia lucchese dei da Maona che già possedevano come beni allodiali6

una parte del castello e

della corte di Montecatini. Il sito da incastellare fu scelto soprattutto per la sua felice posizione di

controllo sulla viabilità e sul padule di Fucecchio che, come abbiamo detto, ai tempi lambiva le

pendici della collina di Montecatini. Dal castello era infatti possibile avere pieno controllo sulla via

Cassia che da Lucca portava sia a Pistoia che a Firenze. L’incastellamento attirò moltissime persone,

tant’è che alla fine del XII secolo si stima una popolazione di oltre 1500 persone con aggiunta di

quelle che vivevano nei borghi, fortilizi e nella pianura sottostante vicino le fonti termali. A

testimonianza dell’importanza assunta dal castello, si pensi che intorno al Mille era protetto da oltre

duemila metri di mura, sette porte, due fortezze e ben venticinque torri.

Per la sua posizione fu al centro di una delle battaglie più cruente della storia medievale, la cosiddetta

“Battaglia di Montecatini”: Firenze, che in quegli anni era una delle città più ricche d'Italia e d'Europa,

alleata con molte altre città tra cui Siena, Prato, Pistoia, Arezzo, Colle di Val d'Elsa, Volterra, San

Gimignano, ed anche con gli Angioini di Napoli, cercava di espandere il proprio dominio in tutta la

Toscana. Ma questa espansione fu rallentata da una rivolta di ghibellini nel nord-ovest della regione

guidata da Uguccione della Faggiola che nel 1312, divenuto vicario imperiale e signore di Pisa e

Lucca, minacciò direttamente Firenze per contendersi il dominio della Toscana. Montecatini, alleata

della guelfa Firenze, era considerata una roccaforte strategica e Uguccione, nel 1315, ne tentò

8

l’assedio ma, proprio grazie alla sua posizione e all’aiuto dei fiorentini, fallì. Il 29 di Agosto però, sotto

le mura di Montecatini, ci fu lo scontro risolutivo nel quale l’esercito ghibellino di Uguccione, col suo

vice Castruccio Castracani degli Antelminelli, prendendo di sorpresa quello guelfo avversario lo

sconfisse. Questo fu possibile soprattutto perché i guelfi sottovalutarono gli avversari, numericamente

inferiori, ma che avevano un punto di forza, rappresentato da 1800 cavalieri mercenari tedeschi, “scesi

in Italia con le truppe imperiali di Enrico VII di Lussemburgo, i quali si erano poi trattenuti al servizio di

Pisa a suon di fiorini, ma nello stesso tempo erano animati da un odio profondo verso i Guelfi e gli

Angioini”7

.

Figura 3 La battaglia di Montecatini del 1315. www.comune.montecatini-terme.pt.it

9

Nel 1316 Castruccio Castracani degli Antelminelli successe a Uguccione, cacciato dai pisani stanchi

dei suoi metodi dispotici e delle tasse esagerate per le spese di guerra. Castruccio tentò di espandere

il proprio potere in Toscana tentando, nel 1323, la presa di Fucecchio, roccaforte fiorentina. La presa

non riuscì e Castruccio, rimasto ferito, fu costretto a ritirarsi. Iniziò così la ripresa del potere fiorentino:

infatti Montecatini entrò a far parte della Lega dei Comuni della Valdinievole che, nel 1328, giurò

fedeltà a Firenze.

Montecatini restò sotto il dominio della Repubblica fiorentina per poi passare sotto quello della

famiglia granducale dei Medici nel XVsec. Tra il XV e il XVI secolo, oltre alle battaglie tra guelfi e

ghibellini, lo sviluppo della zona fu influenzato della decisione dei Medici, di costruire il Lago Nuovo,

la pescaia di Ponte a Cappiano, a sud-ovest del Padule di Fucecchio, per incentivare la pesca e

aumentare il commercio ittico con Firenze. Col passare del tempo però la chiusa, impedendo al

torrente Salsero (detto anche “fiume pestifero”) di defluire, causava allagamenti che rendevano le terre

non fertili e l’aria insalubre, provocando molte epidemie di peste oltre che di malaria. I Medici non si

preoccuparono molto di ascoltare le lamentele e le denunce che gli arrivavano dalla popolazione che

chiedeva che si provvedesse “alla sanatoria del territorio con l’abbattimento della Pescaia e la

regolamentazione delle acque termali”8

, e si limitarono a pochi interventi, tra i quali la costruzione

vasche per contenere i già conosciuti bagni termali, che vennero chiamati "mediceo" o "tondo", e "dei

merli" o "della rogna" (così chiamati perché vi si immergevano anche le bestie malate).

Nel 1554 Montecatini fu teatro di una nuova guerra, quella tra Cosimo I de’Medici e Pietro Strozzi. Il

primo, rappresentante di Firenze, era alleato con la Spagna, il secondo, rappresentante di Siena, era

invece alleato con la Francia. Il 21 giugno del 1554, Montecatini fu occupata da Siena senza opporre

resistenza. In breve tempo però Cosimo de’ Medici riconquistò quella che un tempo era stata una

fortezza inespugnabile, ma che ormai versava in condizioni pessime a causa del degrado e dei secoli

di battaglie sopportati. Montecatini questa volta reagì tentando di resistere all’attacco fiorentino ma

non ci riuscì.

Cosimo, mosso da rabbia nei confronti dei ribelli, ordinò il saccheggio della città e la sua distruzione9

.

Montecatini non vide migliorare la sua situazione per almeno due secoli, fino all’estinzione della

dinastia medicea nel 1737 con Gian Gastone e l’arrivo del Granduca Pietro Leopoldo di Lorena, che ha

rappresentato “il simbolo e il mito del Principe illuminato”10

.

10

1.2.2 La fase lorenese e la nascita della Città Termale

Le capacità curative delle acque di Montecatini11

erano già note fin dai tempi dei Romani: infatti nel

“Dei Bagni di Montecatini” (1788), Alessandro Biccherai, scrive di statuette votive ritrovate nel cratere

delle Terme Leopoldine durante dei lavori di recupero. Nel 1304 è il pratese Francesco Datini,

inventore della cambiale, che chiede in una lettera al suo medico notizie sulle acque montecatinesi. Si

sa che lo stesso Datini nel 1387 ne faceva uso per curare il suo stomaco e, più tardi, Eleonora di

Toledo, sposa di Cosimo I de’Medici, ricorreva all’acqua Rinfresco per i disturbi ginecologici. Nel

1370 venne ordinata dalla repubblica fiorentina, cui Montecatini era assoggettata, la costruzione del

Bagno Nuovo (poi Tettuccio): si trattava di una piccola tettoia dove uomini e animali potevano ripararsi

mentre cercavano sollievo per i propri malanni nelle acque benefiche. Di questa racconta il

montecatinese Ugolino da Montecatini, illustre medico e fondatore dell’idrologia italiana, nel trattato

“De Balneorum Italiae proprietatibus” del 1417, prima menzione scientifica, nel quale parla

dell’esistenza di tre fonti termali. Come abbiamo già detto, a partire dal XVI secolo, Montecatini

attraversò un periodo di forte declino (soprattutto a causa della Pescaia di Ponte a Cappiano), durante

il quale l’unico intervento di regolazione delle acque termali riguardò i già citati Bagno Tondo o

Mediceo e dei Merli o della Rogna (1530).

Figura 4 Ugolino da Montecatini. www.valdinievoleoggi.it

11

All’arrivo del Granduca Pietro Leopoldo quindi, le condizioni della zona dei Bagni, non erano certo

invitanti12

.

Figura 5 G.M. Paoletti “Pianta dimostrativa dei Bagni di Montecatini come sono stati ritrovati l'anno 1772”. C.Cresti, op. cit. pag. 13

Nel giro di una decina di anni, dal 1773 al 1781, il Granduca si dedicò al risanamento della valle,

realizzò e favorì lo sviluppo delle Terme, dando vita ai Bagni di Montecatini. Affidò all’architetto

fiorentino Niccolò Gaspare Paoletti sia la distribuzione degli edifici che dei giardini, realizzando un

vero e proprio piano urbanistico. Il tutto si impiantava su un ampio viale, detto “lo Stradone de’ Bagni”,

oggi Viale Verdi, che portava dalla stazione fino alla zona dei Bagni, progettato dell’ingegner Bombicci.

12

Lungo il Viale nacquero gli edifici più importanti: sulla destra quelli della Reale Amministrazione: la

“Locanda Maggiore”(Paoletti), la Chiesa Vecchia progettata dal Paoletti, il “Casino”, il “Palazzetto” e

la “Palazzina Nuova” (entrambe opere dell’Ingegner Michelacci), infine la “Palazzina Magnani”,

sempre del Paoletti. Sulla sinistra invece si trovava la Palazzina Regia, oggi sede della Direzione delle

Terme, progettata da Paoletti nel 1777 come residenza estiva del Granduca e che, nei voleri di Pietro

Leopoldo, sarebbe dovuta diventare il modello per tutta l’edilizia popolare di Montecatini.

Dove il viale cambiava angolazione vennero situati gli edifici dei Bagni. Le prime che si incontravano

erano le “Terme Leopoldine”, così chiamate in onore del Granduca, realizzate nel 1775, edificio

neoclassico “costituite da un loggiato centrale con grosse colonne portanti un frontone, il tutto in

travertino, con palesi riferimenti all’antichità e all’orine dorico. Dal loggiato si accedeva ad uno spazioso

vestibolo che metteva nella sala dei bagni”13

.

Figura 6 S. Pacini, Veduta delle Terme Leopoldine, disegno preparatorio per un piano in commesso di pietre dure (Archivio Opificio pietre

dure, Firenze). C. Cresti, op. cit. pag. 24

Di fronte alla Leopoldine venne eretto nel 1773 il “Bagno Regio”, anticamente chiamato “Bagno dei

Cavalli” e successivamente convertito in ospedale nel 1788 dai monaci della Badia Fiorentina (nel

1784 Pietro Leopoldo affidò a detti monaci la cura, il mantenimento e l’amministrazione dei beni dei

13

Bagni di Montecatini). In fondo al Viale si costruì tra il 1779 e il 1781 lo stabilimento del “Tettuccio”

che andava a sostituire l’antica loggia con tettoia dalla quale aveva preso il nome. Oltre a questi tre

stabilimenti, negli anni successivi, i monaci ordinarono la costruzione del “Bagno del Rinfresco”

all’architetto Manetti. Il Bagno venne edificato su quello che prima era chiamato Bagno Tondo o

Mediceo. Nel piano del Paoletti venne dedicato a prati, giardini e boschi sia lo spazio tra gli edifici, sia

una notevole fetta di terreno intorno, andando a definire le caratteristiche del centro termale che si

sarebbero affermate definitivamente tra il 1800 e il 1900. Mentre dell’impronta architettonica tardo

settecentesca rimane molto poco a causa dei successivi restauri, lo stesso non si può dire per l’

impianto urbanistico in quanto il Viale progettato da Bombicci resterà l’asse su cui si svilupperà il centro

termale.

Figura 7 La “Pianta generale dei Regj Bagni di Montecatini e loro adiacenze”, disegnate da A. Capretti, incise da Cosimo Zocchi (1784).

www.comune.montecatini-terme.pt.it

14

Sicuramente la lungimiranza della visione di Pietro Leopoldo riguardo il progetto di sviluppo dei Bagni

di Montecatini è da collegarsi alla sua conoscenza della “stazione di cura di Karlsbad che,

presumibilmente, prima di trasferirsi a Firenze, il principe lorenese aveva visitato durante il suo viaggio

in Boemia nel 1764”14

.

Infatti dopo la seconda metà del ‘700 si verificarono una serie di eventi che portarono allo sviluppo di

numerose località termali in Europa, soprattutto Inghilterra, Germania, Francia e poi anche in Italia. Lo

sviluppo scientifico e dell’idrologia riportarono l’attenzione sulle città termali alle quali si legò

immediatamente anche un interesse economico: “è in questo periodo che le città d’acqua, da luoghi di

svago, vennero considerate vere e proprie industrie, aziende in grado di produrre ricchezza,

introducendo la valorizzazione delle fonti nella razionale gestione del territorio e dello sfruttamento delle

sue risorse”15

. A favorire questo sviluppo concorse anche il progresso dei mezzi di trasporto tra il XVIII

e il XIX secolo che diffuse tra la borghesia agiata e tra gli artisti e i letterati la moda del Grand Tour.

Questo portò alla nascita di un nuovo turismo termale, le cui finalità non erano più soltanto curative ma

anche di ricerca di svago e mondanità. Inoltre l’avvento della rivoluzione industriale cambiò il volto

delle città, manifestando subito gli effetti negativi della produzione meccanizzata che spinse gli abitanti

a ricercare il benessere al di fuori della città, nella natura. Le città termali divennero delle vere e

proprie città-giardino, e l’architettura rispondeva più che alle necessità dei luoghi di cura, a necessità

scenografiche, di rappresentazione. Le terme avevano assunto una doppia valenza, curativa e

psicologica. Gli ambienti interni e gli ambienti esterni erano complementari l’uno all’altro per la salute:

“l’efficacia delle acque fu intesa complementare all’amenità dei luoghi dove sorgevano le città termali,

quasi che il luogo di cura dovesse presentarsi come un insieme omogeneo, dove le virtù terapeutiche

di un’acqua minerale erano accompagnate, se non sollecitate, dal godimento estetico e ristoratore di

un bel paesaggio. Ed ancora l’architettura da parata di queste città, così ricca di decorazioni volle

assumere il valore di un’affermazione del bello e di tutto quanto è piacevole, proprio per allontanare,

dimenticare, nascondere, negare, il male che colpiva i suoi visitatori”16

. Le passeggiate

rappresentavano lo svago principale, per questo ogni città prevedeva studiati punti panoramici,

prospettive invitanti, mete suggestive, ma oltre a queste erano molto importanti i luoghi per praticare

sport e soprattutto il teatro: “con le loro architetture, talvolta neoclassiche, talvolta rococò, i teatri

15

costituirono dei veri e propri templi dedicati alla cultura, dove tutta la popolazione dei visitatori termali si

recava per trovare, dopo il ristoro delle acque, lo svago di un’intensa vita sociale”17

.

I Granduchi lorenesi promossero largamente l’idroterapia e le cure in tutte le città termali dell’impero

nelle quali non videro solo un mezzo per lo sviluppo economico ma anche per il progresso civile e

culturale. Karlsbad fu una delle prime e più importanti ad assumere una certa fama. Tutte le città

termali vennero caratterizzate “da viali alberati, ampi prati, giardini ornati da fiori multicolori e da piante

sempreverdi. La natura artificiale dei giardini paesaggisti trovò ampia diffusione proprio nelle città

termali mitteleuropee”18

. La fama crescente dei luoghi di cura asburgici determinò un sempre maggior

numero di avventori che portò alla crescita esponenziale di abitazioni, alberghi e case di cura. Tutto

questo esplose nell’ ‘800 con l’arrivo della ferrovia che permetteva di ridurre di moltissimo i tempi di

viaggio. Anche a livello architettonico, gli alberghi abbandonarono l’aspetto di piccola locanda per

vestirsi di quello tipico degli hotel internazionali. Si passò dall’architettura tradizionale ad un gusto più

eclettico. La fama delle città termali asburgiche raggiunse livelli tali da essere invitate all’Esposizione

Universale di Vienna del 1873 in qualità di prestigiosa industria nazionale.

Questo fu esattamente quello che accadde anche a Montecatini dopo la reggenza lorenese.

Nel 1799 i Montecatinesi accolsero con entusiasmo l’arrivo di Napoleone, ripudiando Ferdinando III di

Lorena. Con la dominazione napoleonica in Italia vennero soppressi tutti gli ordini monastici e quindi

furono espropriate ai monaci Cassinenzi le Terme e tutto ciò che il Granduca aveva concesso loro,

arrivò la Riforma del Catasto, dei Tribunali, dell’Amministrazione Pubblica, e l’istituzione dell’Anagrafe.

Fu solo dopo il Congresso di Vienna del 1815 che Il granduca Ferdinando III riprese il potere in

Toscana. Grazie alla fertilità e salubrità ritrovate e alle innovazioni napoleoniche, si ebbe un

indebolimento del Castello19

che perse il suo ruolo di centro della vita cittadina, retrocedendo

gradualmente a quello di paese o borgata. La popolazione si spostò in massa verso la pianura. I

“Bagnaioli” avevano capito le potenzialità dei Bagni e cominciarono ad investire. La piccola frazione

cominciò ad espandersi, nacquero nuovi insediativi abitativi ed attività commerciali. Nel 1833 il

Villaggio dei Bagni si dotò anche della chiesa demaniale, su progetto di Luigi Cambray-Digny che fu il

centro culturale e religioso fino al 1962 quando venne demolita per far spazio alla nuova Basilica. La

chiesa “sorse al centro della piazza (Umberto I); su un lato scorreva la strada provinciale Lucchese,

davanti il Gran Viale che conduceva alle Terme del Tettuccio”20

. Nel 1834 vennero costruite a lato della

16

chiesa “Le Logge” adibite a piccolo mercato e fiere agricole, in seguito a botteghe artigianali e

successivamente demolite nel 1913 per far spazio ad una fontana.

Figura 8 La chiesa demaniale del Villaggio dei Bagni. www.valdinievoleoggi.it

Figura 9 Le Logge in una foto del 1899. www.montecatinitermeuropa.com

17

Il primo Luglio del 1853 arrivò a Montecatini la ferrovia. Inizialmente funzionava solo durante i mesi

estivi, solo dal 1859 il servizio fu garantito per tutti e dodici i mesi. Con la ferrovia arrivarono anche i

primi pazienti/turisti Toscani, Emiliani, Lombardi, Piemontesi ed anche stranieri: Francesi, Inglesi e

qualche Americano. Il problema per questi avventori era che quando arrivavano alla stazione di

Montecatini e ne uscivano trovavano solo campi e l’unico collegamento con la via Regia che portava ai

Bagni e al Castello era la Via Vicinale che però non era adatta alle carrozze, ma piuttosto a carri e

pedoni. Nonostante questo nacquero lungo la via i primi edifici abitativi, a uso di locande, trattorie e

rimescita di vini. Per dotare la stazione di una piazza e un nuovo viale (Viale Forini) si deve aspettare il

1883 con la lottizzazione Forini (“Progetto per aumentare i fabbricati a Montecatini in Val di Nievole

nella tenuta di Bravieri di Emilio Forini”, 1870). La maggior parte dei terreni prossimi alla ferrovia infatti

erano di proprietà di Emilio Forini che aspettò diciassette anni per presentare al Comune i disegni di

valorizzazione dei suoi possedimenti.

Figura 10 Pianta della lottizzazione Forini del 1870. Si tratta di cinquanta lotti organizzati su un impianto a scacchiera, un vialetto davanti

alla stazione a congiungersi alla chiesa e una piazzetta (l’attuale piazza Lazzi) funzionale al miglior utilizzo dei lotti.

www.comune.montecatini-terme.pt.it

18

Dall’apertura del Viale Forini cominciarono a nascere insediamenti alberghieri e commerciali ad un

ritmo mai visto. La lottizzazione aveva avuto un enorme successo e in molti si buttarono in investimenti

termali, commerciali ed alberghieri. Questo forte sviluppo del Villaggio dei Bagni portò con sé una

rapida crescita della popolazione e nel 1874 si accese il primo lampione di illuminazione pubblica.

Figura 11 Mappa catastale del 1882. Si vedono i primi effetti della lottizzazione Forini. www.comune.montecatini-terme.pt.it

19

Figura 12 Mappa catastale del 1894. Ulteriori sviluppi all'interno delle lottizzazioni. www.comune.montecatini-terme.pt.it

Nel 1890 con delibera della Giunta Amministrativa di Lucca, la frazione dei Bagni assume il nome

giuridico di “Bagni di Montecatini”. A causa però della grande ricchezza prodotta dai bagni, della quale

però si giovava tutta la Comunità, la frazione dei Bagni anelava l’autonomia che ottennero nel 1897:

“grazie all'On. Ferdinando Martini, parlamentare Valdinievolino, politico di alto spessore nel Parlamento

Nazionale, ottennero, con Regio Decreto, su proposta del Primo Ministro Rudini, la Costituzione in

Comune autonomo di “Bagni di Montecatini”: UMBERTO I°, Re d'Italia, per Grazia di Dio e Volontà

20

della Nazione, udito il parere del Consiglio di Stato e su proposta del Ministro Segretario di Stato e

Presidente del Consiglio dei Ministri, abbiamo decretato e decretiamo Art.1° - a datare dal 1 Aprile

1897 le frazioni di Bagni di Montecatini e Pieve a Nievole sono separate dal Comune di Montecatini

Valdinievole e costituite in Comuni autonomi e con la rispettive Sedi nei due centri abitati . Ecc. , ecc.

Viene stabilito che l'Elezioni dei nuovi tre Consigli Comunali siano fatte entro e non più tardi del 31

Luglio p.v. Roma addi 4 Febbraio 1897. firmato UMBERTO I° Re d'Italia”21

. Purtroppo questa prima

esperienza di autonomia durò poco perché il 5 Giugno 1897 il Consiglio di Stato annullò il Regio

Decreto. Questo però non scoraggiò gli investitori che continuarono l’opera di costruzione di nuovi

alberghi, abitazioni ed esercizi commerciali, arrivando ad avere un numero di forestieri alla fine del

1800 che si aggirava intorno ai 30.000. “Questa grande vitalità imprenditoriale é supportata da uomini

come Napoleone Melani, Emilio Forini, Giovan Battista Beccaro, Antonio Baragiola, con i figli Luigi e

Pietro, proprietario di 350000 mq di terreni che andavano dall'attuale Monumento ai Caduti fino allo

stabilimento Torretta. Inoltre il Baragiola era concessionario delle Regie Terme Demaniali. Altri

investimenti importanti vennero dalla Società Itao-Svizzera “Spatz&Suardi” che nel 1903 acquista la

tenuta del “Colombaione” lottizzandone i terreni, il Gran-Hotel “La Pace” ed in seguito gestirà anche

l'Hotel “Locanda Maggiore””22

. Nel 1880 Montecatini viene inserita anche nella guida “Les Bains

d’Europe”della Librairie Haschette. La guida, molto in voga sia tra i pazienti che tra i modaioli,

conteneva le schede di 260 città termali tedesche, inglesi, belghe, francesi, spagnole, svizzere e anche

italiane, presentandone sia le caratteristiche scientifiche e terapeutiche delle acque, sia i mezzi di

trasporto e il loro prezzo, gli alberghi, le curiosità, le passeggiate e tutto ciò che poteva allietare il

soggiorno in città. La scheda su Montecatini descriveva un villaggio pittoresco dotato del solo Hotel

della Pace, “di numerose case ammobiliate in affitto, di un viale alberato lungo un chilometro e dei

quattro stabilimenti delle Terme, Rinfresco, Tettuccio e Bagno Regio, alimentati da sette sorgenti. Altre

sorgenti, quelle dell’Olivo, Cipollo, Torretta, Media, Villino, Fortuna,Tamerici, Martinelli appartenevano

ai privati, ed erano commercializzate dai loro proprietari attraverso delle mescite”23

. La scheda che

invece riguardava la già citata Karlsbad, una delle capitali indiscusse del termalismo europeo, era

molto diversa per l’offerta sia in quantità che qualità, a livello di ospitalità, ristorazione, luoghi di

svago, monumenti e passeggiate. Purtroppo dal confronto Montecatini non ne usciva molto bene.

Questo obbligò le Società Termali di Montecatini a un piano di riassetto ed ammodernamento delle

strutture per non subire la concorrenza straniera d’Oltralpe. Al tempo le Società Termali erano due: le

“Regie Terme” che gestivano le terme demaniali, “guidate dai professori Pietro Grocco e Carlo Fedeli, i

21

quali migliorarono gli impianti del Tettuccio, circondarono di parchi e giardini le fonti del Tettuccio e del

Rinfresco, disfacendo i vecchi poderi24

” e la “Società delle Nuove Terme”, costituita nel 1898 e

amministrata Pietro Baragiola, imprenditore brianzolo. La Società Nuove Terme possedeva la Torretta e

le altre sorgenti attigue, lo stabilimento e la sorgente Fortuna, le Tamerici, la Salute, le sorgenti e gli

stabilimenti Scannavini e tutte le fonti ed i terreni relativi al nascente Stabilimento Excelsior. Entrambe

le società perseguivano lo stesso scopo, migliorare lo sfruttamento delle acque termali, potenziare gli

stabilimenti e promuovere i prodotti derivanti dalle stesse acque.

1.2.3 Il 1900. Il nuovo volto delle terme

Nel 1904 ormai si saliva al Castello solo per poche necessità, nonostante i collegamenti fossero

stati resi più agevoli dall’inaugurazione della funicolare il 4 Giugno 1898. La frazione dei Bagni era

sempre più ricca ed era ormai sotto gli occhi di tutti che la ricchezza prodotta dai Bagni coprisse in

gran parte le necessità di tutta l’area comunale25

. Il problema dell’indipendenza dei Bagni di

Montecatini venne ripresentata in Parlamento dall’On.le Ferdinando Martini e il 17 Dicembre 1904 fu

approvato il Decreto Legge che stabiliva che le frazioni di Pieve a Nievole e Bagni di Montecatini

venissero distaccate dal Comune di Montecatini Valdinievole e costituite in Comuni autonomi. Nel

1905 con l’approvazione di Camera e Senato il Decreto venne convertito in Legge e Bagni di

Montecatini divenne finalmente Comune autonomo.

Sempre nel 1905 venne approvato il piano regolatore, il Piano Righetti, che prevedeva uno sviluppo

dell’area al di sopra della ferrovia con la costruzione di alberghi e pensioni.

Ma il vero protagonista di inizio secolo fu l’architetto Giulio Bernardini, chiamato alla direzione

dell’ufficio tecnico delle Nuove Terme da Pietro Baragiola (resterà in carica dal 1903 al 1914). Lo

scopo del Baragiola era quello di portare Montecatini al livello delle già affermate città termali di

Karlsbad e Vichy e a Bernardini toccò il compito di realizzare quest’impresa. Per capire bene cosa i

suoi committenti andavano cercando, Bernardini fece un viaggio in treno con Pietro e Luigi Baragiola,

alla scoperta dei centri termali in Svizzera, in Boemia e in Germania. Per la progettazione della nuova

Montecatini lo stile che predilesse fu quello dell’architettura toscana del Rinascimento, allo scopo di

qualificare Montecatini come una nuova “città ideale”, che si differenziava dalle anonime architetture

europee omologate e alla moda. Nella sua logica non dovevano essere inserite architetture slegate dal

genius loci della città, ma solo edifici che ne rispettassero l’ambiente. Lo spazio e il paesaggio

22

avevano un ruolo fondamentale, di co-protagonismo con l’architettura. “La capacità di Bernardini di

saper valorizzare l’intreccio tra architettura e natura rimane quindi l’elemento di maggior importanza,

cosìche l’impianto degli stabilimenti è perfettamente inserito nel contesto ambientale”26

. Nel disegnare i

nuovi parchi della sua città termale ideale si rifece al pittoresco, ai parchi romantici, che dovevano

mantenere le caratteristiche del bosco percorso da sinuosi sentieri, fontane, fiumiciattoli e cascate, per

poi aprirsi improvvisamente in spazi erbosi. Immancabili poi le “aiuole di fantasia a fioritura”, tipiche

dei giardini della Belle Epoque, che in tutte le città termali si trovavano alla fine di qualche gruppo di

piante rare o nelle piazzole di sosta o all’incrocio dei viali. Esempio di questo si trova nel Parco della

Torretta che verrà analizzato in un paragrafo a parte.“L’opera di Bernardini iniziò con la ristrutturazione e

l’ampliamento del parco della Torretta, proseguì poi con la realizzazione delle Tamerici e con la

costruzione dell’Excelsior (come Casinò municipale e Gan Caffè), edifici questi ultimi due progettati in

collaborazione con Ugo Giusti, architetto fiorentino. Oltre agli stabilimentitermali, progettò nel 1903

[…] il padiglione per la vendita dei Sali”27

, oltre ad un’edicola a copertura della Sorgente Giulia,

alcune strutture alberghiere tra cui il Grand Hotel & La pace e la Locanda Maggiore e strutture ricettive

come il Kursaal. In quasi tutti gli edifici che progettò adottò stilemi Liberty, espressione che

caratterizzò molte delle architetture locali del primo ventennio del ‘900, caratterizzate da tipologie

classicheggianti con decorazioni eclettiche e floreali. In questo senso fu molto importante la

collaborazione con Galileo Chini, famoso soprattutto per le sue ceramiche e vetrate policrome in stile

Liberty. Questo stile, corrispondente all’Art Nouveau francese, “si caratterizzava per eleganza

decorativa e un accentuato linearismo, ispirato a ornamenti vegetali e floreali, che veniva letto

come espressione di forza e dinamismo, nonché simbolo di vitalità”28

. Ritroviamo caratteri Liberty nel

Padiglione dei Sali Tamerici e nella Locanda Maggiore. Il Grand Hotel & La Pace rivela decorazioni

liberty in facciata e all’interno e una sala dello stabilimento Excelsior presenta decorazioni liberty

particolarmente apprezzabili nelle vetrate raffiguranti degli stemmi incorniciati da ghirlande. Altro

capolavoro di questo stile è il complesso delle Terme Tamerici ristrutturato da Bernardini e Giusti nel

1909 fondendo più stili architettonici, dal rinascimento toscano al neomedievale, al moresco

veneziano. Gli interni furono decorati da Galileo Chini con le sue maioliche. Ma quello che viene

considerato il simbolo del decoro Liberty a Montecatini è sicuramente il Tettuccio. Il restauro avvenne

negli anni 1916-1928 ad opera di Ugo Giovannozzi sull’impianto paolettiano. L’esterno assunse la

forma di tempio mentre all’interno si potevano ammirare le decorazioni di Chini oltre a quelle di

Cascella nella Sala delle Mescite, la Fontana dei Coccodrilli, ecc.

23

Sempre in stile Liberty vanno ricordati il Palazzo dei Congressi (Bernardini), il Cinema Excelsior

(Giovannozzi), l’ex Teatro Politeama oltre a svariati esempi nell’edilizia privata.

Figura 13 Padiglione dei Sali. Figura 14 Ingresso Terme Tettuccio.

www.oltrepistoia.wordpress.com www.borghiditoscana.net

Figura 15 Galileo Chini nella Sala della Mescita. Terme Tamerici. Figura 16 Fontana dei Coccodrilli al Tettuccio.

www.fondazionecreditovaldinievole.it www.flickr.com

24

Figura 16 Decorazioni dello stabilimento Excelsior. www.oltrepistoia.wordpress.com

25

Dopo l’intervento di Bernardini una nuova immagine della città era definita.

Figura 17 Carta topografica dei Bagni del 1870 e pianta dei Bagni di Montecatini, anni dieci del '900. C. Massi, op. cit. pag. 14

Altra personalità che negli anni immediatamente successivi fu protagonista dei cambiamenti della Città

fu il già citato Ugo Giovannozzi, ingegnere capo dell’Ufficio tecnico della Società Esercente delle

Regie e Nuove Terme ed “autore dei progetti di stabilimenti termali (il nuovo Tettuccio, per esempio) e

26

del generale riordinamento delle attrezzature (Rinfresco, Torretta, fabbrica dei sali e imbottigliamento,

terme della Salute)”29

. Negli anni ’20, grazie all’Ufficio tecnico, venne realizzato lo stabilimento delle

Bibite gratuite per i poveri e lo stabilimento per i bagni gratuiti. Nel 1928 vennero inaugurati i nuovi

stabilimenti Tettuccio e Regina e relativi giardini, che rilanciarono ulteriormente la città. Nel 1928 ci

furono due eventi molto importanti oltre a quello appena citato: il primo fu il passaggio del Comune di

Bagni di Montecatini dalla provincia di Lucca alla neonascente provincia di Pistoia, il secondo fu il

decreto regio che autorizzava il comune ad assumere il nome di Montecatini Terme (nel 1940

Montecatini Terme e Montecatini Alto furono riuniti in un unico Comune). Negli anni ’30 si rafforzano i

collegamenti con il resto d’Italia grazie alla costruzione dell’autostrada Firenze-Mare del’32 e la

seconda stazione ferroviaria inaugurata nel ’37.

Quegl’anni furono importanti anche per il Parco, in quanto venne messo in funzione un impianto di

irrigazione che permetteva di mantenerlo sempre in ottimo stato.

I primi decenni del ‘900 furono gli anni d’oro della Città, che vide accrescere la sua fama e il suo

prestigio esponenzialmente. Le acque ormai famose, i nuovi stabilimenti modernizzati e i vari festival e

iniziative organizzati in Città attiravano molti personaggi famosi come presidenti, ministri e star del

cinema, che soggiornavano spesso alle Terme e alle quali la Città ha reso omaggio attraverso le

cosiddette “borchie”, targhe in ottone che riportano la data del loro primo soggiorno. Primo su tutti

Giuseppe Verdi, che successivamente ha dato il suo nome al Viale.

Figura 18-20-21 Giuseppe Verdi in tre momenti diversi alle Terme: col Maestro Leoncavallo, circondato da amici ed ammiratori, col

Maestro Domenico Mustafà. www.verdi.passioneperlacultura.it, www.giuseppeverdi.it, www.villamustafa.it

27

Figura 22 Il Mestro Ruggiero Leoncavallo con l’architetto Bernardini nel 1916. www.montecatini.it

Figura 19 Ranieri di Monaco e Grace Kelly in visita alle Terme. www.lanazione.it

28

Figura 24 Anche Totò fu uno degli illustri frequentatori di Montecatini. www.tuttomontecatini.it

Figura 25 Fred Buscaglione durante un'esibizione alle Panteraie. www.multimedia.ilrestodelcarlino.it

29

Anche nel dopoguerra le terme continuarono a vivere momenti felici soprattutto grazie alla

mutualizzazione delle cure, e al nuovo turismo di massa che si sviluppò. Negli anni ’50-’60 si registrò

addirittura un raddoppio delle presenze, per toccare l’apice negli anni ’60. In molte città le strutture

presenti non erano più sufficienti per recepire il flusso turistico. A Montecatini nel 1965 vennero

realizzate le Terme Redi per cercare di soddisfare la crescente domanda. La mutualizzazione della cura

se però da un lato aveva permesso a molte più persone di usufruire dei soggiorni termali, dall’altro li

aveva sempre più connotati con un’accezione ospedaliera, molto distante da quella che era l’atmosfera

di piacere e svago che un tempo accompagnava le cure idroponiche. Dagli anni ’70 tutti i centri

termali europei entrarono in un periodo di crisi, anche a causa dei sempre più esigui finanziamenti da

parte del Servizio Sanitario Nazionale, oltre alla cessata crescita demografica che contribuì al minor

numero di ospiti nei centri e al ristagno dell’attività edilizia. Per tentare di superare la crisi i centri

termali provarono ad andare oltre l’aspetto curativo, aprendo i propri spazi a nuove funzioni che

attraessero un diverso tipo di clientela come il turismo congressuale, sportivo, culturale o

l’ecoturismo. La nuova città termale degli anni ’80 cambiò quindi di nuovo la propria immagine,

proponendosi, oltre che come luogo di cura, anche come fornitrice di servizi. A Montecatini nel 1987-

88 fu rinnovato lo stabilimento del Tettuccio da Paolo Portoghesi.

Figura 20 Salone Portoghesi, Terme Tettuccio. www.oltrepistoia.wordpress.com

30

Negli anni ’90 venne soppresso il finanziamento statale per le cure termali e questo ridusse di molto il

numero di coloro che ne approfittavano. A Montecatini dunque i 180 alberghi trovarono sempre più

difficoltà ad avere clienti, anche perché le cure termali andavano sempre meno di moda ed erano

sempre meno consigliate dai medici. Il declino della Città fu totale per diversi motivi: “mentre altre

località termali italiane ed europee, si preoccupavano di migliorare e modificare l’offerta adeguandosi al

mutare dei tempi e dei costumi e soprattutto creavano un nuovo bacino di utenza riferito ad un’età

media dai 40 ai 60 anni, l’età del cliente ideale di una città che fa del benessere la propria attività

economica peculiare, Montecatini ha invece sofferto la costante involuzione avendo ormai strutture

alberghiere e termali logore e non offrendo i servizi collaterali: strutture, luoghi e locali di

intrattenimento ludico e culturale , sale da ballo e eventi al passo con i tempi , che potessero attirare e

fidelizzare una clientela diversa: la clientela nuova”30

.

1.3 L’area di studio: il Parco della Torretta

Al Parco della Torretta viene dedicato un paragrafo a parte perché le serre oggetto di studio sono

ubicate all’interno di quest’area.

Come già detto, all’inizio del secolo Bernardini si trovò ad operare in una zona ad ovest dell’attuale

Viale Verdi che comprendeva le sorgenti del Rifresco (già Bagno Tondo o Mediceo), della Torretta, più

a nord la sorgente Giulia, e le minori Villino, Media, Preziosa e Teti.

Figura 27 Il Rinfresco in una cartolina d'epoca e lo stato attuale

31

Figura 28 Le mescitrici alla Sorgente Rinfresco. Le mescitrici vennero introdotte nel 1903, erano tutte ragazze della Valdinievole e

lavoravano stagionalmente. Molte di loro a fine stagione si occupavano nel campo della produzione di fiori artificiali. Divennero un vero e

proprio simbolo delle Terme. www.delcampe.net

32

Figura 29 La sorgente Giulia, a nord del Parco, è protetta da un tempietto posto su una collinetta artificiale a pianta circolare. Le colonne

corinzie sostengono il fregio su cui si imposta la copertura. Alla sorgente si arriva tramite una scalinata che racchiude una vasca scavata in

materiale rustico. www.iluoghidelcuore.it

Il nome del Parco deriva dalla torretta, tutt’ora esistente, che sovrastava lo stabilimento che nel 1823 il

Conte Baldino Baldini fece costruire con le sembianze di antico castello medievale, al quale si poteva

accedere da un simil ponte levatoio, tra torri merlate. Nel 1901 Guido Biagi descriveva così l’insieme

di edifici che componeva la Torretta: “edificate dopo il 1829 dal conte Baldino Baldini, che vorrebbero

arieggiare un castello medievale. S’entra per una specie di ponte levatoio, fra torri merlate, baluardi e

casseri, in un parco, con aiole olezzanti di fiori, che termina in un folto bosco ove, nel più cupo recesso,

è una cappella gotica” 31

.

33

Figura 30 Lo stabilimento della Torretta come appariva alla fine Figura 31 Il vecchio ingresso della Torretta ai primi del ‘900

dell' Ottocento. Cartolina d'epoca. in una cartolina d'epoca. www.delcampe.net

Figura 32 Lo stabilimento della Torretta come è oggi, con la facciata progettata da U. Giovannozzi alla fine degli anni ‘20, con la torre

merlata alle spalle. La facciata fu realizzata con finte bugne graffite, con festoni sottogronda e finestre trabeate, con oculi nella parte alta.

www.flickr.com

34

Figura 33 La cappelletta neogotica che si trova in prossimità delle serre. Si sostiene che nella sala ipogea sottostante sia sepolta la

Contessa Teresa Corsi Mascagni, amante segreta di Ferdinando III di Lorena e proprietaria, per un certo periodo, di immobili di pertinenza

dello stabilimento (B. Rossi, I sentieri dell’acqua, Edizione digitale 2012) www.flickr.com

Alcuni fabbricati ottocenteschi vennero demolito per realizzare un loggiato che Bernardini dedicherà a

Giuseppe Verdi, assiduo frequentatore delle Terme. Il loggiato è disposto intorno ad un piazzale che

cinge su tre lati: il piazzale era usato per le attività di svago come ascoltare musica, oltre che per

l’assunzione ai tavoli delle acque curative. Come già detto, Bernardini utilizzò quasi ovunque lo stile

quattrocentesco fiorentino e anche in questo caso non si smentì. Il loggiato rappresenta il fulcro

dell’intero complesso in quanto “ritrovo serale di tutta l’elegante colonia forestiera[…] che se ne sta

seduta nell’ampio piazzale inondato da torrenti di luce, mentre un’orchestra composta da trenta

esecutori eseguisce musica classica”32

.

35

Figura 34 La vita nel piazzale della Torretta. Cartolina d'epoca. www.delcampe.net

In un’ala erano posti degli esercizi commerciali, tra i quali l’Emporio dell’arte della ceramica dei

cugini Galileo e Chino Chini. Dal portico si poteva godere della vista del parco sottostante, che aveva

un ruolo di primo piano nel progetto dell’area.

36

Figura 35-36 La discesa al Parco dal loggiato. Cartoline d'epoca www.delcampe.net

37

Figura 37 Il parco con le sue essenze e i suoi colori. Cartolina d'epoca. www.delcampe.net

La progettazione del parco fu un’aspetto molto importante nella riqualificazione del Bernardini. Infatti al

ritorno dal suo viaggio nelle principali città termali mitteleuropee scrisse:

“Osservammo che il verde delle piante, e la policromia dei fiori, domina in ogni dove, dando all’insieme

un aspetto simpaticissimo di ridente campagna che assai contribuisce a rendere gradevole il soggiorno

dei forestieri, i quali in massima parte, dimorano nelle Città. Ed a tal proposito notammo che ogni

albergo, ogni casa, ogni villino, è cinto di verde e di fiori (...). I giardini spaziosi, col terreno mosso ed

ineuguale, nei quali i nudi, ma verdi prati, fanno gradevole contrasto con i folti gruppi di annose piante

verdi, che ad ogni volger dello sguardo, lasciano scorgere sfondi e vedute variate ed estese; con Lawn-

38

Tennis, i Croquet ed altri giuochi dilettevoli, con l’acqua abbondante che alimenta laghi artificiali e

vasche e fontane perenni, sono una delle principali attrattive delle stazioni balneari, che avemmo agio di

vedere”33

. E questo è esattamente quello che ricreò all’interno del parco della Torretta: alternò aree

pianeggianti a dolci collinette artificiali. In prossimità delle costruzioni progettò un giardino con aiuole,

mentre nella parte destinata a parco vennero piantati alberi ad alto fusto. Al bosco prevalentemente di

querce di rovere vennero aggiunte specie esotiche. Entrambe le zone erano attraversate da viali che

creavano dei percorsi ad anello. Lungo i vialetti si trovavano vasi, statue, sedute in pietra e travertino.

Figura 38 Uno dei viali con le sedute descritte sopra. Cartolina d'epoca.

39

Bernardini fece molto uso del cemento per ricreare l’effetto del legno, una natura artificiale, nella

continua ricerca di contatto e relazione tra persone e natura. Questo venne usato sia per le panchine

sia per creare ponticelli e balaustre che imitassero il tronco di un albero in prossimità del corso

d’acqua. Per il “Rio Castagnaregolo”, in parte coperto, che attraversa longitudinalmente il parco,

progettò scogliere artificiali e ponti di legno e muratura mista per collegare le due sponde. “Come

risultato finale, il rio si trovò a scorrere scoperto longitudinalmente nel parco oltrepassati i fabbricati,

allargandosi poi per un tratto del parco stesso, per formare un laghetto attraversato da un ponticello di

legno coperto nel centro da una capanna “rustica””34

, anche detta “capanna svizzera” (come si ricava

da alcune cartoline del tempo). Il laghetto aveva anche lo scopo di creare prospettive visive su

Montecatini Alto ed era abitato da cigni.

Figura 39 La capanna rustica sul laghetto della Torretta in una cartolina del 1930. www.delcampe.net

40

Figura 40 Cartolina del 1903 della capanna andata perduta. www.delcampe.net

Figura 41 Il lago senza più la capanna in una cartolina storica. www.delcampe.net

41

Figura 42 Il laghetto abitato dai cigni prima di scomparire. Cartolina d'epoca. www.delcampe.net

Figura 43 Il ponticello in cemento che simula il legno. www.iluoghidelcuore.it

42

Figura 44 Anche nell’ingresso del parco si ritrova l’uso interessante che fa il Bernardini del cemento. Oltrepassato il cancello c’è una

strana guardiola a forma di albero cavo, sempre realizzata in cemento, dove può stare in piedi un solo uomo.

In corrispondenza dei salti di quota ricreò piccole grotte, cunicoli, arredi rustici attraverso la

sottrazione di materia e rimodellati con materiale cementizio per dare l’idea del potere di erosione

dell’acqua. Sotto il loggiato si possono vedere una serie di piccole grotte ricavate artificialmente nel

terrapieno. A questa quota si trova l’ampia piscina ellittica alla quale si accede tramite due scalinate

neobarocche che portano a due fontane speculari: “Fontana Media” e “Sorgente acqua Villino”.

43

Figura 45 La piscina ellittica durante anni '90. www.delcampe.net

Figura 46 La piscina ai giorni nostri. www.flickr.com

44

Figura 47 La Sorgente Acqua Villino fortemente danneggiata. www.valdinievoleoggi.it

Al di sotto del parco sono stati scoperti un labirinto di cunicoli sotterranei e sale ipogee, spesso

affrescate, di origine probabilmente molto antica in base a quanto sostenuto da alcuni studiosi che

sostengono che il fatto che questi corridoi, inizialmente di agevole accesso, vadano sempre più a

restringersi, potrebbero rivelare un’origine antica, addirittura Etrusca35

.

Sono in molti inoltre a sostenere che il parco sarebbe stato originariamente (molto prima

dell’intervento di Bernardini) progettato come percorso per il rinnovamento e il recupero energetico. In

merito è anche stato fatto uno studio da parte di un rabdomante, Mauro Areso, che sostiene che il

parco in realtà sia un “cammino alchemico” in cui “l’individuo può accedere ad una trasformazione

45

profonda: questo luogo è stato disposto e strutturato in modo da costituire una via di purificazione e

rigenerazione energetica”36

. Secondo lui esisterebbero dei punti di forte energia disposti

parallelamente alla stessa distanza a formare una catena energetica che porterebbe alla piscina

ellittica. Questa rappresenterebbe il ciclo lunare: infatti la vasca con le due fonti si rifarebbe al culto

della luna che fin dall’antichità sovrintende alle acque. Inoltre le due scalinate rappresenterebbero i

cicli lunari, essendoci esattamente quattordici scalini per parte, come i giorni di ciascuna fase della

luna. Le due scalinate però a livello energetico non sarebbero uguali: “da una parte in discesa l’energia

cala gradualmente fino a raggiungere livelli bassissimi, dall’altra, risalendo, aumenta invece

notevolmente e supera di parecchio i normali valori. Sicuramente scendere all’interno della vasca

rappresenta un rito di purificazione: via via che procedeva verso il basso, l’individuo si liberava di tutte

le vecchie energie, anche di quelle negative, per poi ricaricarsi con nuove forze durante il percorso di

risalita”37

. Il percorso partirebbe dall’albero cavo in cemento posto all’ingresso del parco, dentro il

quale può stare in piedi solo un uomo alla volta. Prima di intraprendere il cammino di purificazione

sarebbe stato fondamentale sostare all’interno della cavità. Secondo il rabdomante tutto il percorso del

parco sarebbe stato creato appositamente tenendo conto del tipo di energie del sottosuolo e l’intero

parco sarebbe pieno di simboli: la cappella neogotica che sarebbe una cappella iniziatica per la forma

e i simboli che la caratterizzano; la torretta diroccata vicino alla cappella rappresenterebbe il desiderio

di congiunzione tra terra e cielo, di elevazione spirituale; il tempio che si può scorgere affacciandosi

da una specie di pozzo formato da pietre piantate verticalmente nel terreno (e probabilmente collegato

alla sala ipogea della cappella) rappresenterebbe il tempio interiore di ogni uomo che deve affrontare

un percorso di ricerca interiore per riuscire a trovare dentro di sé tutto ciò che gli serve; le panchine

con volto di donna e corpo di leone erano anche quelle simboli riferiti alle forze profonde della Madre

Terra, così come molti altri erano sparsi nelle sculture del parco.

E’ addirittura stato presentato al Comune un piano per la ristrutturazione del parco che prevede lo

sviluppo di cinque percorsi, tra i quali il percorso simbolico-alchemico e il percorso energetico:

46

Figura 48 Estratto da “Proposta per il recupero dell’area termale dello Stabilimento Torretta e creazione di un Parco Tematico

Bioenergetico”. Realizzato da Associazione Uomo Natura Energia (Palau) e Rossi Bruna.

47

A prescindere dalle opinioni personali di chi scrive (e di chi legge) circa questa ricerca, è innegabile

che tutto ciò concorre a rendere il parco, già di per se molto accattivante, ancora più affascinante e

misterioso.

Figura 49-50 Una sala ipogea affrescata e l’ingresso a una grotta. www.iluoghidelcuore.it

48

Figura 51 Le panchine con volto di donna e corpo di leone. www.flickr.com

Figura 52 La torretta diroccata

49

1.3.1 La ricerca storica sulle serre

La ricostruzione della storia delle serre è stata lunga e difficoltosa in quanto, mentre le notizie circa

la storia del parco sono molte, quelle che riguardano le serre sono pressoché nulle. Dal momento che

la ricerca attraverso la consultazione di testi non ha prodotto risultati utili all’individuazione delle

origini delle serre38

e nell’archivio delle Terme è stato possibile reperire solo una planimetria del lotto,

utilizzata poi come base di partenza per il rilievo, ho intrapreso una ricerca sul campo attraverso

interviste rivolte a coloro che potevano avere informazioni in merito. Dopo aver parlato con molti

dipendenti delle Terme, del comune di Montecatini e persone che avessero scritto circa il tema del

Parco, sono riuscita a trovare due indizi fondamentali che sembravano più credibili rispetto a molte

dicerie (per esempio per alcuni il rosone della facciata sarebbe attribuibile al Chini o che in realtà le

serre fossero destinate alla Regina d’Inghilterra). Il primo mi è giunto dall’ultimo gestore delle serre,

Andrea Romualdi, il secondo dall’Arch. Claudia Massi. Inizialmente non sembravano compatibili: il

primo mi aveva comunicato di aver saputo molti anni prima, da un ragioniere delle Terme, che le serre

furono acquistate nel 1907 ad una fiera a Dresda. Circa questa prima informazione non riuscii a trovare

conferma durante le mie ricerche e quindi la accantonai. Successivamente, parlando con l’architetto

Massi, che molto aveva scritto su Montecatini e l’unica che in un suo libro39

aveva dedicato una

scheda alle vecchie serre Torretta, venni a conoscenza di un Testimoniale di Stato del 1912, molto

difficile da reperire, nel quale si parlava delle serre. Dal documento emergeva che le serre sarebbero

state fatte costruire da Giulio Bernardini durante i lavori per il Parco della Torretta, a sud dello

stabilimento, destinate alla protezione delle piante per il continuo rinnovo delle fioriture nelle aiuole

degli stabilimenti termali. Questa seconda tesi parse in un primo momento attendibile proprio perché

come esposto nel paragrafo precedente, il Bernardini si occupò del restauro del Parco. Dal

Testimoniale si ricava la descrizione delle serre, fatta dal Bernardini stesso:

“la serra in muratura era a pianta rettangolare, coperta con tettoia a due pendenze, di cui quella a sud

in ferro e vetro e quella a nord a tavelle ed embrici marsigliesi. Le finestre laterali si aprivano su via

della Torretta e sul parco della medesima. Ampi finestroni, in ferro e vetro, illuminavano la serra dal lato

di mezzogiorno, dove era l’accesso principale. Posteriormente, attraverso una porta di castagno, si

accedeva ad un resede contenente un cassone coperto a vetro su base in muratura e ad una stanza di

servizio, lateralmente alla quale erano altri cassoni, come il precedente, a uso di “letti caldi” di

coltivazione. «Sul fianco di levante, vi era una stufa a caldo secco, formata di due piccoli ambienti,

50

pavimentati in battuto di cemento coperti a vetri; il primo dei quali utilizzato per l’ingresso, e il secondo

serviva per la moltiplicazione delle piante. Una tubazione in lamiera attraversava questo secondo

moltiplicatore conducendo il fumo che si produceva in un forno a legna. In prossimità esisteva una

vasca sopra terra, in muratura con acqua dolce per l’inaffiamento». L’altra serra era a termosifone, con

base e parapetto in muratura, mentre la parte superiore era a vetri su telai di ferro, da aprire con

speciali meccanismi. Era formata da un corpo centrale più alto e da tre padiglioni laterali, due dei quali

simmetrici fra loro. Il corpo più alto era destinato alle palme, il deposito per l’acqua serviva per

alimentare la tubazione del termosifone, quattro radiatori, tubazioni di ferro, oltre alle manovelle per

aprire gli sportelli. Il padiglione a nord accoglieva le orchidee e conteneva un banco centrale e due

laterali con piani di pitch-pine. Quello a sud serviva per la moltiplicazione delle piantine e un deposito in

muratura per l’innaffiamento. «Il padiglione posteriore era per uso del giardiniere, aveva un solaio di

mattoni e aperture per l’accesso al sottostante locale contenente la caldaia a carboncook». La serra era

pavimentata in battuto di cemento con solchi per lo scarico dell’acqua di innaffiamento. Aveva la tettoia

munita di docce pluviali, le pareti laterali protette da intelaiature a stecche di pitch-pine e aveva la porta

principale sormontata da una pensilina di vetro e ferro”40

.

Durante la fase di restituzione del rilievo ho notato, grazie all’attento studio del materiale fotografico,

che su molti elementi erano presenti delle sigle. Procedendo quindi ad una ricerca online delle stesse,

ho scoperto molte notizie importanti per quanto riguarda il funzionamento dei meccanismi presenti

oltre che per le origini dei fabbricati. Il primo dubbio sulla loro provenienza mi è venuto scoprendo un

codice su uno dei meccanismi per aprire le finestre in copertura:

51

Sul pezzo si poteva leggere la sigla D.R.G.M. 291497. Attraverso una ricerca on line, è venuto fuori

che il codice D.R.G.M. sta per Deutsches Reichs-Gebrauchsmuster, un brevetto tedesco per le

invenzioni minori introdotto il 01 Ottobre 1891 dal “Kaiserliche Patentamt”, l’ufficio brevetti imperiale

a Berlino, assieme al "Deutsches Reichspatent" (D.R.P.). Nonostante ulteriori ricerche non sono

riuscita a trovare il brevetto relativo al numero che avevo rinvenuto sul meccanismo, ma la possibilità

che in realtà la provenienza delle serre, o almeno di parti di esse, fosse tedesca non era più un’ipotesi

da scartare. Successivamente durante ulteriori operazioni di rilievo ho notato sulla ruota del

meccanismo in facciata la scritta AUI – ZU accompagnata da due frecce orientate in verso opposto

l’una rispetto all’altra. Ovviamente si riferivano alle indicazioni direzionali per aprire e chiudere i

tendaggi in copertura.

52

Infatti appena ho provato a cercare il verbo chiudere nel dizionario tedesco ho trovato che la traduzione

è “zumachen”. A questo punto ero quasi certa che la provenienza dovesse essere tedesca.

Ma le foto che sono state fondamentali per averne la certezza sono state le seguenti, relative ad un

dettaglio del radiatore:

Digitando DRESDEN NIEDERSEDLITZ HONTSCH & CO. su Google scopro che si tratta di una ditta

fondata a Dresda il primo Marzo 1895 da Georg Hontsch (01/05/1872-26/06/1945). L’azienda crebbe

velocemente, infatti nel 1908 aveva già uno stabilimento di produzione di ben 180.000 metri quadrati

e numerose filiali all’estero. La produzione era concentrata principalmente su serre, verande, impianti

di riscaldamento, caldaie, lucernari, cornici fredde, abitazioni in legno, hangar, prodotti chimici per la

protezione del legno e pesticidi. Dopo la guerra, nel 1946, cambia nome in VEB, e produce costruzioni

in legno e in acciaio e vetro. Successivamente cambia più volte nome fino all’ultima società registrata

che è la MBM Metallbau Dresden GmbH. Ovviamente il fatto che si trovasse a Dresda mi ha fatto

seriamente riconsiderare ciò che mi era stato detto riguardo l’acquisto delle serre ad una fiera proprio

in questa città. Ho provato più volte a contattare l’azienda ma senza alcun riscontro.

53

Successivamente ho eseguito una ricerca sul nome DRESDEN NIEDERSEDLITZ HONTSCH & CO. nelle

immagini di Google. Tra i risultati, notai subito la seguente immagine:

Si trattava di un annuncio su Ebay per la vendita di un volantino pubblicitario dei primi del ‘900 che

promuoveva l’azienda Hontsch & Co. come la più grande casa produttrice di serre e sistemi di

riscaldamento a caldaie Hontsch.

Continuando la ricerca tra gli annunci ho trovato molte altre pubblicità del genere ed in particolare la

seguente:

54

Il disegno mi ha subito fatto pensare alla somiglianza con le serre Torretta:

Guardando bene ho notato che molti particolari erano troppo simili perché fosse una coincidenza:

la tripartizione dei corpi con il centrale più alto degli altri due simmetrici, la base in muratura con la

parte più alta vetrata, il rosone, la tettoia, la porta e le finestre in facciata, il disegno delle porte laterali.

55

56

A questo punto non c’erano più dubbi. Le serre erano state acquistate in Germania a Dresda agli inizi

del secolo scorso.

Alla fine di questa indagine ho concluso che la versione più plausibile è che Bernardini avesse

previsto di posizionare delle serre a sud del Parco della Torretta e che queste serre fossero state

acquistate a Dresda. Questa versione è accreditata anche dal viaggio che Bernardini compì nelle città

termali tedesche prima di mettere mano al progetto per la Torretta ed è plausibile pensare che in

questa occasione possa aver visto le serre prodotte dalla ditta Hontsch ed essere entrato in contatto

con essa.

Di seguito altre rare immagini reperite di un catalogo della ditta Hontsch (nelle librerie e biblioteche

italiane non esiste e online sono in vendita pochi esemplari a caro prezzo, ben oltre i cento euro):

57

58

59

Per quanto riguarda la seconda serra, quella in muratura, non è stato possibile arrivare ad una

conclusione certa per mancanza di indizi rivelatori.

60

1

“Sulla fine del 1400 il Borgo di Buggiano e Pescia erano descritti come opulenti mercati di grasce e pesce”.

www.montecatinitermeuropa.com

2

“Le strade maestre benché fossero il più frequente veicolo della circolazione delle merci, erano ciò nonostante mal tenute,

difficili o mal situate. Le strade di semplice comunicazione tra i villaggi erano sempre quasi impraticabili. L’industria interna

oppressa da mille leggi vincolanti e scoraggiata dalla disperazione di migliorare la propria condizione […] languiva affatto

nelle provincie. La sola metropoli in cui stagnava il sangue per mille canali dispendiosi dall’estenuante provincie, dava segno

di vita e di qualche interno commercio..” (Renato Mori, Le riforme leopoldine nel pensiero degli economisti toscani del

‘700, Firenze, 1951, in AA.VV. F. Gurrieri, Architettura e interventi territoriali nella Toscana Granducale, EDIZIONI CLUSF,

Firenze 1972, p. 152)

3

“L’oggetto principale delle riforme leopoldine riguarda l’agricoltura. Considerata base dell’economia nazionale, egli cercò

di sollevarla dalle misere condizioni in cui si trovava. Tutti gli altri interventi gravitano intorno a questa. La costruzione di

strade per facilitare gli scambi, l’abolizione di tasse e dogane intermedie, il disarmo di molte fortezze, l’allivellazione dei

terreni e molte controversie con conventi o compagnie religiose hanno come ultimo fine il miglioramento delle condizioni di

lavoro dei contadini e lo sfruttamento agricolo dei terreni”.

AA..VV. F.Gurrieri, op. cit. p. 157.

4

“Per meglio congiungere Montecatini Alto alla zona termale di Bagni di Montecatini, nel 1896 l’ingegnere genovese

Alessandro Ferretti progettò la costruzione di una ferrovia funicolare, che fu eseguita con finanziamenti privati su un percorso

di circa 1050 metri. La nuova stazione funicolare fu inaugurata il 4 giugno 1898, alla presenza di importanti personaggi, tra

cui Giuseppe Verdi. Collegate alle stazioni di partenza da grossi cavi azionati da una potente caldaia a vapore, due carrozze

partivano contemporaneamente, l’una in discesa e l’altra in salita, incrociandosi circa a metà strada e percorrendo il tragitto

con un dislivello di 202 metri in dieci minuti. Nel 1921 la trazione venne affidata ai motori elettrici. La funicolare si fermò nel

1944 a causa dei danni riportati durante la guerra e solo nel 1949 fu riattivata grazie a un imprenditore fiorentino, divenendo

in breve una delle attrazioni cittadine per i turisti che affollavano le terme. Ancora oggi i due trenini rossi, Gigio e Gigia,

solcano allegramente la collina da monte a valle e viceversa, rendendo più semplice il collegamento sia ai residenti sia ai

numerosi visitatori, per i quali il breve ma caratteristico viaggio è ormai divenuto una tappa obbligata, anche perché questa è

la più antica funicolare al mondo ancora funzionante. L’impianto è fornito di moderni e sicuri motori, ma le carrozze, pur

restaurate, sono ancora quelle originali, con sedili e rivestimenti interni in legno e piccoli terrazzini esterni alle estremità, che

consentono a pochi fortunati passeggeri un viaggio all’aperto, immersi nel verde della profumato della collina. Lungo il

tracciato della funicolare si snoda anche quello che viene chiamato “la Corta”: un sentiero facilmente percorribile a piedi,

lungo il quale sono situate le stazioni della Via Crucis”. www.comune.montecatini-terme.pt.it

5

“Le prime notizie storiche si ricavano da una pergamena del 15 Giugno 1201,conservata nell'archivio Arcivescovile di

Lucca,attestante che nel 1074 il Conte Ildebrando dei Lombardi,signore di Maona di Monte Catino,aveva donato la sesta

61

parte del Castello,del Contado e dei Bagni alla Chiesa di San Martino in Lucca.Tale Dominio durò fino alla morte del

Vescovo Gregorio dopodiché Monte Catino poté erigersi in libero Comune”. www.montecatinitermeuropa.com

6

Allodio: Nel Medioevo, dominio fondiario libero e originario, perciò non derivante da concessione feudale. Fonte:

www.treccani.it

7

www.it.wikipedia.org

8

www.delrossoweb.com

9

“Cosimo pose d'assedio il Castello e nel 1554 decretò la morte pressoché totale dell'abitato ordinando la demolizione delle

fortificazioni, l'abbattimento delle mura e della fortezza, la distruzione di gran parte di case e torri, e l'incendio, sulla pubblica

piazza, di antichi documenti conservati negli archivi. Unici edifici scampati alla furia devastatrice furono il Palazzo di Giustizia,

la Cancelleria, la loggia, la pieve, le chiese con i conventi, centosettanta case e le poche torri ancora oggi visibili”.

www.funicolare-montecatini.it

10

AA.VV. F. Gurrieri, op. cit. p. 149

11

“Originate da un bacino idrominerale che si trova ad una profondità di 60-80 metri, le acque appartengono

fondamentalmente al gruppo delle cloruro-solfato-sodiche e sono batteriologicamente pure”. www.termemontecatini.it

“[…] sono tutte radioattive (particolarmente la Tettuccio, la più radioattiva acqua italiana di questo gruppo) e vengono

denominate: Tamerici, Torretta, Regina, Tettuccio, Rinfresco, Giulia, Leopoldina, Grocco. La Leopoldina e la Giulia sono

impiegate per bagni, docce, irrigazioni e inalazioni; il cratere della Grocco fornisce i fanghi di Montecatini, le rimanenti sono

tutte acque da bibita, e a seconda del loro contenuto salino si distinguono in forti: Tamerici (contiene in un litro grammi

11,1453 di cloruro di sodio) e Torretta (gr. 9,2377); medie: Regina (gr. 8,1027); deboli: Tettuccio (gr. 3,8336) e Rinfresco

(gr. 1,7767).” www.treccani.it

12

“Nel Maggio 1760 il dottor Bartolomeo Mesny, medico di corte e direttore degli ospedali militari in Toscana, […]

annotava sul suo diario di viaggio: […] camminai intorno a 400 passi e trovai l’acqua che si beve sotto il nome del

Tettuccio: io non so se tale nome lo prenda da un portico che v’è d’intorno, e che serve a mettere al coperto le persone che

vanno per bevere quell’acqua, o per bagnarsi […]. Salii poi circ’a 30 braccia più alto, sur’ un monticello di tufo che si trova

isolato: quivi mi fu fatto vedere una specie di bagno naturale, d’una grande estensione, scavato nel tufo e che la tradizione

chiama bagno della Regina. […] a qualche passo da questo bagno, se ne vede un altro che è molto caldo, e molto salato, e

si chiama il bagno de’ Cavalli ed effettivamente fanno bagnare i cavalli malati o tignosi […] Dirimpetto al bagno de’ cavalli

[…] vi è una sorgente assai più calda, più abbondante e più salata, che tutte le finora descritte, e si chiama bagno della

62

Rogna e quando uno si avvicina si sente un gran puzzo di zolfo”. C.Cresti, Montecatini 1771-1940: nascita e sviluppo di una

città termale, ELECTA, Milano 1984, pag. 11

13

AA.VV. F. Gurrieri, op. cit. pag. 144

14

C. Cresti, op. cit. pag. 16

15

AA.VV. E. Faroldi, Terme e architettura, progetti tecnologie strategie per una moderna cultura termale, MAGGIOLI

EDITORE, Dogana (Repubblica di San Marino) 2007, pag. 25

16

L. Zangheri, Storia del giardino e del paesaggio. Il verde nella cultura occidentale, LEO S. OLSCHKI, Città di Castello (PG)

2002, pag. 169

17

L. Zangheri,op. cit. pag. 180

18

L. Zangheri,op. cit. pag. 171

19

“al “Castello” ove la popolazione era di oltre 2000 residenti . Chiuso fra le sue mura . Sede di Cancelleria e Podesteria vi

fioriva l’economia specialmente attraverso le quattro “Opere Pie” che gestivano un rilevante patrimonio fondiario ed

immobiliare . Le Vecchie Casate , che da Secoli erano li presenti , usufruivano di grossi privilegi che si tramandavano di

generazione e generazione”. www.montecatinitermeuropa.com

20

F. Fabbri, Montecatini com’era, PACINI EDITORE PISA, Firenze 1980, pag. 19

21

www.montecatinitermeuropa.com

22

www.montecatinitermeuropa.com

23

L. Zangheri,op. cit. pag. 221

24 C. Massi, Il parco termale nella Montecatini del primo Novecento dopo l’esperienza mitteleuropea di Giulio Bernardini, in

Rivista di Storia dell’agricoltura, Dicembre 2007 n° 2, ACCADEMIA DEI GEORGOFILI, Sesto Fiorentino (FI) 2009, pag. 121

25

“La frazione dei “Bagni di Montecatini”, riportano i registri comunitari del periodo, apportava alle Casse Comunali, per la

tassa sui fabbricati, 57.600 lire - il Castello 11.600 e Pieve a Nievole 9.400. Il ricavo dei Dazi sui consumi era cosi ripartito:

da Bagni di Montecatini lire 4.268,50 - il Castello 679,40 e Pieve a Nievole 912”. www.montecatinitermeuropa.com

63

26

C. Massi, Architettura e paesaggio a Montecatini. Itinerari metropolitani nella città termale, EDIFIR EDIZIONI FIRENZE, Pisa

2004, pag. 15

27

C. Massi (a cura di), Giulio Bernardini in Valdinievole tra Ottocento e Novecento. Atti del convegno di studi Montecatini

Terme-Pescia 16 e 17 Novembre 2001, ISTITUTO STORICO LUCCHESE, Pescia 2002 , pag. 48

28

www.oltrepistoia.wordpress.com

29

www.comune.montecatini-terme.pt.it

30

www.iminuti.it

31

C. Massi (a cura di), Giulio Bernardini in Valdinievole tra Ottocento e Novecento. Atti del convegno di studi Montecatini

Terme-Pescia 16 e 17 Novembre 2001, op. cit. pag. 50 32 C. Massi (a cura di), Giulio Bernardini in Valdinievole tra Ottocento e Novecento. Atti del convegno di studi Montecatini

Terme-Pescia 16 e 17 Novembre 2001, op. cit. pag. 52

33 C. Massi, Il parco termale nella Montecatini del primo Novecento dopo l’esperienza mitteleuropea di Giulio Bernardini,

op. cit. pag 118

34 C. Massi, Il parco termale nella Montecatini del primo Novecento dopo l’esperienza mitteleuropea di Giulio Bernardini,

op. cit. pag. 122-123

35

Questo quanto sostiene B. Rossi in www.iluoghidelcuore.it

36

B. Rossi, I sentieri dell’acqua, Edizione digitale 2012, pag. 118

37

B. Rossi, I sentieri dell’acqua, Edizione digitale 2012, pag. 118

38 Gli unici libri nei quali ho trovato delle notizie circa le serre sono il libro di C. Massi, Architettura e paesaggio a

Montecatini. Itinerari metropolitani nella città termale, e quello di Nori Andreini Galli, Montecatini del passato prossimo,

contenente una citazione di non meglio specificate serre. 39

C. Massi, Architettura e paesaggio a Montecatini. Itinerari metropolitani nella città termale, op. cit.

64

40 C. Massi, Il parco termale nella Montecatini del primo Novecento dopo l’esperienza mitteleuropea di Giulio Bernardini,

op. cit. pag. 124

65

2. INQUADRAMENTO DELLE TEMATICHE RELATIVE AL CASO DI STUDIO

2.1 L’architettura del ferro e del vetro. Cenni storici

Alla fine del XIII secolo, la cosiddetta “Rivoluzione Industriale”, cambiò il volto della società del

tempo grazie alle numerose invenzioni di nuove macchine, prima su tutte la macchina a vapore, e la

scoperta di nuove forme di energia come i combustibili fossili. Due materiali fecero il loro ingresso

sulla scena mondiale in questo periodo, il ferro ed il vetro, destinati a creare un nuovo ed innovativo

linguaggio architettonico. Il ferro inizialmente venne utilizzato nel campo delle infrastrutture,

soprattutto per i ponti, essenzialmente per due motivi: permetteva di creare grandi luci e garantiva

maggiore sicurezza rispetto al legno per gli incendi. L’industria metallica si sviluppò moltissimo in

seguito all’introduzione della ferrovia nel 1825 e, in Inghilterra, questo portò a un repentino

abbattimento del costo del ferro che da quel momento cominciò ad essere usato anche per alcuni

edifici (ad esempio John Nash introdusse la ghisa nel suo progetto per il Royal Pavillion di Brighton).

Per la prima volta veniva introdotto un materiale non naturale tra quelli da costruzione.

Figura 1 Royal Pavillion (1815-1822) La facciata principale venne costruita in ghisa per poter sorreggere la parte frontale, costituita da

minareti, pinnacoli e cupole. www.redspottedhanky.com

66

Figura 2 La cucina del Pavillion con le colonne in ghisa. www.megaconstrucciones.net

Finché la ghisa venne usata solo in costruzioni di “utilità” come filande, cantieri navali, ponti e mercati

coperti, le nuove tecniche costruttive non influirono molto sul gusto degli architetti. Inoltre, queste

applicazioni, favorirono il divario tra le figure dell’architetto e dell’ingegnere in quanto, con questi

nuovi materiali, non ci si poteva basare più solo sull’esperienza, ma servivano precisi calcoli

strutturali. Non a caso in questo periodo si diffusero largamente i Politecnici.

Il contemporaneo sviluppo dell’industria del vetro favorì la diffusione anche di questo materiale e,

come accadde per il ferro, il conseguente abbassamento dei prezzi permise un più ampio margine di

67

sperimentazione. Si cominciò ad associare il vetro al ferro per creare coperture trasparenti, e subito

molti grandi edifici pubblici si dotarono di lucernari. Piano piano, il ferro entrò sempre più nel

paesaggio urbano, dalle stazioni (che diventarono un vero e proprio simbolo del secolo), alle

biblioteche, alle fabbriche.

Figura 3 H.P.F. Labrouste, Biblioteca di Sainte Figura 4 Particolari delle strutture in ghisa nella Sala

Genevieve, Parigi (1843-1850). di Lettura della biblioteca di Sainte Genevieve.

www.flickr.com www.11870.com

Contemporaneamente si diffuse la moda degli edifici climatizzati e trasparenti: le serre persero la loro

funzione prettamente utilitaristica e si evolsero a luogo di ritrovo e di evasione da una città diventata

sempre più ostile in seguito alla Rivoluzione Industriale.

Nacquero le grandi “Gallerie” e i “Passage”, edifici commerciali aperti nel cuore delle grandi città, che

presto diventarono luoghi modaioli molto frequentati. Vennero creati cioè dei nuovi “luoghi pubblici”

per rispondere a nuove tipologie di bisogni. Ciò che più attirava nelle moderne stazioni, nelle gallerie,

nelle serre e nei giardini d’inverno, era la qualità di questi luoghi inondati di luce.

Dalla metà del secolo, il ferro si diffuse prima negli arredi delle case (dai letti agli apparecchi igienici,

agli oggetti di uso quotidiano, fino ad elementi industrializzati prodotti in serie come le scale, i

cancelli, le ringhiere ecc.) poi nell’ arredo urbano con i lampioni a gas, le panchine, le edicole, le

fontane ecc. La scena urbana era ormai completamente mutata in conseguenzza dell’industrializzazione

68

dei metodi di lavorazione. A.W.N. Pugin in un suo scritto sottolinea come ormai il processo di

trasformazione della città sia irreversibile, oltre ad evidenziare come il ferro (nei ponti e nell’arredo

urbano) sia il protagonista assoluto1

.

Figura 5 Rotonda della Galeria Colbert, 1828, Parigi. www.wikimedia.org

Figura 6 P.F.L. Fontaine, Galerie d'Orleans a Palais Royal (1829-1831). www.wikimedia.org

69

Questi nuovi sistemi costruttivi trovarono il loro maggior ambito di applicazione e sperimentazione

nelle Esposizioni Universali. Nel 1851 venne realizzata a Londra l’“Esposizione dei prodotti industriali

di tutte le nazioni” per “riunire in una disposizione comparativa i prodotti dell’industria di tutti i popoli

civilizzati della terra”2

. Fu ospitata in un edificio rimasto poi nella storia, il “Crystal Palace”, progettato

da Joseph Paxton.

Figura 7 Vista panoramica del Crystal Palace ad Hyde Park, 1851. www.victorianweb.org

Paxton era un giardiniere esperto nella costruzione di serre. Nonostante non si possa considerare

l’inventore della serra, ha inciso comunque molto sull’evoluzione di tale tipologia, apportando

modifiche fondamentali. Il Crystal Palace fu sicuramente concepito come una grande serra, ispirato

principalmente dal “Great Conservatory” del 1840 dello stesso Paxton che, quando venne realizzata,

era la più grande costruzione in ferro e vetro del mondo. Le dimensioni del Crystal Palace erano

notevoli, ben 84.000 metri quadrati di superficie che ospitava circa 14.000 espositori da tutto il

mondo. “L'Esposizione era divisa in quattro sezioni: una dedicata alle materie prime, una per le

70

macchine e le invenzioni, una per i prodotti manifatturieri e una per le belle arti (pittura, scultura,

musica). I visitatori, circa sei milioni, potevano passeggiare tra le macchine esposte, toccarle, vederle

in funzione, comprarle”3

.

Figura 8 La mappa di distribuzione degli stand. La dimensione degli stand variava in base alla maglia modulare. www.wikipedia.it

Figura 9 L'interno del transetto. Si possono notare le gallerie dalle quali sventolavano le bandiere dei vari paesi e le preziose stoffe e

tappeti che rivestivano parietalmente la struttura metallica, oltre uno degli olmi salvati. www.standaard.be

71

Figura 10 Altro particolare dell'esposizione al CrystalPalace. www.lincolnwaites.org.uk

Si trattava di una composizione modulare, la cui unità base era di 24 piedi (circa 7,3 metri). La volta in

vetro che sovrastava il transetto, raggiungendo i 24 metri di altezza, era nata anche da esigenze

pratiche: inglobare alcuni antichi olmi di Hyde Park, che facevano da sfondo alle bianche sculture e

alle fontane di cristallo a getto.

Figura 11 Il transetto con l'olmo e la fontana. www.pinterest.com Figura 12 Fase di costruzione del transetto. www.victorianweb.org

72

Dopo aver visitato il Crystal Palace, L. Bucher, critico d’arte tedesco, scriveva questo: “Se lasciamo

scendere il nostro sguardo, esso incontra travi di ferro dipinte di azzurro. Dapprima queste si

susseguono ad ampi intervalli; poi si stringono sempre più frequentemente, finché non sono interrotte

da un’abbagliante striscia di luce – il transetto – che si dissolve in uno sfondo lontano dove ogni

elemento naturale si fonde all’atmosfera. Adopero un linguaggio sobrio e contenuto, se dichiaro lo

spettacolo incomparabile e degno del paese delle fate. È un sogno di una notte di mezza estate, visto

alla chiara luce del mezzogiorno”4

.

Con la realizzazione a tempo di record dell’immenso edificio ad Hide Park, venne messo

definitivamente in crisi il cantiere tradizionale. Cambiò il concetto di monumentalità, che si legò

all’ideale della tecnologia e della produzione meccanica. Nonostante la struttura del Crystal Palace

fosse ancora mista (gli archi della copertura del transetto erano in legno), quello che colpì e che fece

chiaramente percepire di essere entrati in una nuova era, fu la completa trasparenza dell’involucro e le

sue dimensioni enormi. Un’architettura leggera e luminosa. Le parole chiave erano prefabbricazione,

rapido smontaggio e rimontaggio, recupero e reimpiego dei materiali, carattere provvisorio delle

costruzioni.

Il Crystal Palace venne distrutto da un incendio nel 1936, dopo essere stato spostato a sud di Londra,

a Sydenham Hill ed essere già stato precedentemente danneggiato da un altro incendio.

Figura 13 Il Crystal Palace dopo il trasferimento a sud di Londra. www.ric.edu

73

Figura 14 L'incendio che distrusse il Crystal Palace. www.ric.edu

Questo però non fermò l’ormai inarrestabile corsa dell’industria del ferro e del vetro. Da quel momento

in poi, infatti, tutti i grandi spazi pubblici coperti sarebbero stati in ferro. Il culmine di questo processo

venne raggiunto all’esposizione di Parigi del 1889 dove furono presentate la “Tour Effeil” e la “Galerie

Des Maschines”, vere e proprie icone del progresso tecnologico raggiunto.

74

Figura 15 Le varie fasi della costruzione della Tour Effeil. www.infoparigi.eu

Figura 16 L'interno della Galerie de Machines. www.wikimedia.org

75

Una concezione specificatamente architettonica per le costruzioni in ferro e vetro però non si avrà fino

al XX secolo, quando si diffuse il cemento armato e “si assiste ad una totale smaterializzazione della

costruzione in pietra e alla completa emancipazione del ferro e del vetro”5

. Nasce la cosiddetta “cultura

del vetro”. Grazie ai pilastri in cemento armato, fu possibile distruggere la regola della finestra intesa

come apertura nell’involucro, facendo diventare essa stessa involucro, una “muratura trasparente”.

Con il Movimento Moderno l’idea di leggerezza entrerà definitivamente nell’ideale degli architetti.

2.2 Le serre. Cenni storici

Le origini della serra sono molto antiche. Già Platone e Aristotele, considerato il fondatore della

botanica, parlavano nei loro scritti di spazi capaci di creare un clima artificiale per lo sviluppo delle

piante. Si trattava di soluzioni semplici, generalmente vasi o vasche in pietra ricoperti con delle lastre

di “mica”6

e riscaldati con delle tubazioni attraversate da vapore caldo. Le sottili lastre di mica

venivano usate con lo stesso scopo con il quale poi verranno impiegate le lastre di vetro: captare la

radiazione solare per sfruttarne l’energia.

Gli antenati degli orti botanici nacquero in relazione allo studio e alla produzione dei “semplici”,

medicamenti tratti dai vegetali, ed erano generalmente associati a una biblioteca ed un erbario per lo

studio e la catalogazione delle specie. Molti giardini dei semplici vennero creati presso monasteri ed

ospedali e successivamente presso le scuole di medicina e farmacia delle Università.

Il giardino botanico vero e proprio nacque nel 1500 con le Università, quando all'osservazione

naturalistica e alla classificazione delle piante, rinnovatasi nel Rinascimento con la nascita e la

diffusione del giardino all'italiana, si aggiunse un'esigenza di tipo didattico, rivolta agli studenti delle

Facoltà. Nacquero così i principali Orti Botanici italiani, tra i quali l'Orto botanico di Pisa nel 1544,

quelli di Padova e di Firenze 1545 e quello di Bologna nel 1567.

Nel tempo gli orti botanici furono arricchiti con raccolte iconografiche di piante, collezioni di minerali,

di animali impagliati e bizzarrie, che con il tempo andarono a costituire dei veri e propri musei

scientifici.

Le serre per la protezione, coltivazione e riproduzione delle piante, caratterizzarono l’architettura degli

orti botanici fin dalla loro nascita. Tra la fine del 1500 e tutto il 1700 lo sviluppo di queste prime serre

a vetri fu favorito dalle tantissime varietà di piante anche tropicali prima sconosciute, portate in Europa

76

dagli esploratori delle Indie e degli altri continenti, oltre alla passione dei nobili per gli agrumi e le

collezioni. Infatti nei giardini nobiliari si diffusero le cosiddette “orangerie”, destinate al ricovero delle

piante di agrumi durante l’inverno7

. Questi spazi di ricovero stagionali erano caratterizzati da grandi

aperture vetrate per garantire l’ingresso della radiazione solare. Ma la sola captazione non permetteva

di garantire le condizioni termiche necessarie: era necessario riuscire a trattenere il calore guadagnato

e distribuirlo durante le ore della giornata. I primi ad affrontare questi problemi furono i giardinieri

olandesi: “elaborarono per primi nozioni sulla forma e orientamento delle serre che dovevano

svilupparsi lungo l’asse est-ovest per avere il massimo della superficie collettore verso sud, nozioni

sull’inerzia della serra che doveva avere il pavimento e un muro a nord in mattoni per trattenere il più

possibile il calore accumulato di giorno e nozioni sull’isolamento dell’involucro trasparente ottenuto

tramite pannelli di carta oleata da apporre internamente e con pannelli lignei mobili esterni per

proteggere alcune esposizioni dai venti dominanti e sull’isolamento delle parti opache con l’allocazione

di parti di deposito sul lato nord con la funzione di spazi tampone”8

. Questi sistemi di sfruttamento

passivo dell’energia solare però si rivelarono insufficienti per le nuove specie esotiche molto esigenti

a livello di microclima. Per questo le serre vennero dotate di bracieri o stufe per produrre calore,

diventando rapidamente una presenza costante, tanto che il termine “stufa” venne identificato con la

serra stessa. In molti casi venivano fatti passare i fumi caldi prodotti dalla combustione, attraverso tubi

nelle murature perimetrali e nel pavimento, così da mantenere il calore per molte ore anche a braciere

spento.

Come detto nel paragrafo precedente, il 1800 fu un secolo caratterizzato da importanti innovazioni

scientifiche. Sicuramente le tecniche di coltivazione e di conseguenza gli spazi ad essa dedicati,

subirono importanti modifiche. L’approccio più scientifico al problema portò l’attenzione su degli

aspetti che fino a quel momento non erano mai stati presi in considerazione, come l’inclinazione delle

superfici vetrate che finalmente venivano commercializzate in lastre che raggiungevano anche i due

metri. Questo permise di adoperarle sia per le pareti che per la copertura delle serre.

L’avvento del ferro cambiò completamente la fisionomia delle serre che nel 1600/1700 avevano

“l’aspetto di padiglioni monumentali o di lunghe gallerie porticate e vetrate nelle quali gli elementi

architettonici portanti erano a colonne o a pilastri in muratura con la decorazione di statue, stemmi,

cartigli, balaustre e festoni, propria all’architettura del secolo”9

. J. C. Loudon provò come le superfici

vetrate curve fossero le migliori per le coperture delle serre: queste erano realizzate grazie a delle barre

in ferro curvate che sostituivano quelle create saldando più pezzi rettilinei. Grazie ai telai in ferro, che

77

garantivano maggior resistenza e flessibilità, fu possibile realizzare strutture di grandi dimensioni con

telai esili che ostruivano meno il passaggio dei raggi solari. Il tema della serra in ferro e vetro arriva a

rappresentare il più prestigioso emblema dell’architettura tecnologica del secolo. Sempre più

affascinati dal tema del “en plein air”, gli architetti crearono spazi trasparenti che catturassero la natura

di dimensioni sempre maggiori in tutta Europa. Le grandi serre in vetro avevano ormai soppiantato il

modello classico di serra in muratura con serramenti e telai in legno. In preda ad una vera e propria

moda per i giardini e l’esotico, le serre divennero delle autentiche macchine per coltivare, dotate di

impianti di produzione di calore (per la maggior parte caldaie a vapore che facevano circolare il vapore

caldo nelle tubazioni alloggiate nel pavimento e nella muratura), sistemi per il ricambio dell’aria e

meccanismi per riprodurre la pioggia e il vento. Le sempre più sofisticate strutture portanti in metallo

permisero di realizzare un vasto repertorio di forme eclettiche che andarono a caratterizzare

l’architettura degli orti botanici, dal neoclassicismo, al neogotico, alle forme moresche.

Figura 17 Dalkeith vineries: sezione trasversale di una serra per la coltivazione della vite. Il calore dei fumi della stufa era usato per

riscaldare il locale retrostante la serra e l’acqua piovana raccolta nella cisterna veniva usata per accumulo e irrigazione delle piante.

C. McIntosh, The book of the garden, WILLIAM BLACKWOOD AND SONS EDINBURGH AND LONDON, Edimburgo 1853, versione ebook,

pag. 308.

78

Figura 18 Serra a Kew Gardens progettata da J. Nash e successivamente restaurata da J. Wyatville. Si possono vedere le caldaie ad alta

pressione per il riscaldamento della serra nell’interrato. J. Hix, The glasshouse, PHAIDON PRESS LIMITED, Hong Kong 2005, pag. 5

79

Charles Rohault de Fleury progettò tra la fine degli anni ’20 e i primi anni ’30 le serre del Jardin

Botanique di Bruxelles e quelle del Jardin de Plantes di Parigi.

Figura 19 La serra centrale del Giardino Botanico di Bruxelles. www.delcampe.net

J.C. Loudon progettò la serra per la Birmingham Botanical and Horticultural Society nel 1831; Paxton

la “ Great Conservatory” nel Devonshire (1834-1838), e fu il primo a realizzare il modello di serra ad

archi multipli, come se fossero idealmente gonfiati dalla sottopressione dell’aria, codificandone gli

elementi funzionali e linguistici, come la copertura a “ridge and furrow”, le colonne usate come “rain

water pipes” ecc.; nel ’39 Richard Turner ideò la “Palm House” dei Botanic Gardens a Belfast. Sempre

Turner, questa volta con Decimus Barton, progettò nel 1844 la grande “Palm House” dei Royal Botanic

Gardens di Kew, nel Surrey: un’enorme serra in ferro e vetro data dall’intersezione di due volumi con

80

copertura curvilinea, che è riconosciuta come uno dei più importanti edifici vetrati della prima metà

dell’800. Nel 1848 H. Horeau realizzò il Jardin d’Hiver a Parigi, sugli Champs Elysées.

Figura 20 J. Paxton, The Great Conservatory. www.thecultureconcept.com

Figura 21 Sistema costruttivo del sistema a compluvio e canale (ridge and furrow) di Paxton. L’Ingegnere, MANCOSU EDITORE, Roma

2012, vol. 41

81

Figura 22 R. Turner, Palm House, Belfast. www.geograph.org.uk

Figura 23 R. Turner e D. Barton, Palm House, Kew Gardens. www.wikimedia.org

82

A partire dal XVII e soprattutto nel XVIII secolo, la serra oltre ad essere destinata alla coltivazione, si

sviluppa parallelamente come “giardino d’inverno”, alternativa invernale per godersi la natura e i suoi

colori, al riparo dal maltempo10

.

Le serre avevano la caratteristica di essere particolarmente luminose (a differenza degli interni delle

abitazioni dell’epoca), molto ampie e avere un microclima interno piacevole, soprattutto nelle stagioni

fredde, ma anche nelle mezze stagioni. Per queste loro caratteristiche le classi nobili le elessero a

luoghi ideali per attività di gruppo, ludiche e ricreative. Si cominciò a realizzare serre multifunzionali,

dove una parte era destinata alle piante e un’altra alle attività delle persone. Questo tipo di serre era

solitamente collocato in prossimità delle dimore, se non addirittura attaccate ad esse. Si trattava di veri

e propri salotti aristocratici e dell’alta borghesia che, grazie alla loro larghissima diffusione, crearono

una nuova tipologia architettonica: la serra domestica ottocentesca. Questo elemento arrivò addirittura

a connotare le dimore nobili e alto-borghesi. Col passare del tempo però, all’inizio del 1900, questo

elemento venne applicato anche alle residenze urbane attraverso il “bow window”, che ricreava uno

spazio domestico ben delimitato rispetto agli altri ambienti della casa, ma che aveva completamente

perso ogni caratteristica energetica, dal momento che veniva realizzato con qualsiasi orientamento.

Parallelamente alle serre domestiche, nell’800 sorsero all’interno degli orti botanici e nei parchi

pubblici, molti giardini d’inverno collettivi, luogo di incontro privilegiato della nobiltà ma soprattutto

della nascente alto-borghesia, per incontrarsi e mostrarsi in pubblico. Ormai era nato un nuovo luogo

pubblico, la grande “glasshouse”, nata da nuovi bisogni determinati da nuovi contesti e classi sociali.

La massima espressione dello sviluppo della glasshouse si raggiunse nel 1851 con il Crystal Palace

di Paxton. Oltre ai motivi già citati nel paragrafo precedente che fanno di questo edificio il simbolo di

una nuova epoca, è importante ricordare anche gli efficienti sistemi di controllo passivo del clima

interno: “sistemi per la raccolta della condensa sulle strutture metalliche, intelligenti sistemi di controllo

delle aperture di ventilazione per il ricambio dell’aria (sapientemente collocate in base a studi sui moti

convettivi all’interno dell’edificio), tendaggi mobili umidificati per l’ombreggiamento e il raffrescamento

dell’aria”11

. Il Crystal Palace lanciò definitivamente in tutta Europa la moda dei giardini d’inverno e

delle serre. In Italia gli esempi di grandi serre vetrate furono molti meno rispetto al resto d’Europa,

anche per il clima più mite che la caratterizza. Una delle più importanti è sicuramente il “Tepidario

83

della Società Toscana di Orticoltura”, progettato da Giacomo Roster su modello del Giardino d’inverno

della parallela Royal Horticultural Society di Londra.

Figura 24 Serra della Royal Horticultural Society di Londra. www.english-heritage.org.uk

Figura 25 Tepidario del Roster dopo il restauro. www.flickr.com

84

Con la successiva diffusione della climatizzazione artificiale, il vetro usato come facciata continua

perse ogni funzione energetica: le lastre utilizzate erano sempre più sottili e permettevano il

dissipamento del calore in inverno, mentre in estate ne trasmettevano grandi quantità all’interno e lo

trattenevano. La regolazione del clima era totalmente demandata agli impianti di climatizzazione, per

questo non erano previste aperture nell’involucro. Spesso all’interno di questi edifici si creavano

problemi di eccessivo contrasto ed abbagliamento. Per questo vennero dotati di schermature

permanenti interne che però, oltre a limitare il rapporto con l’esterno, obbligavano all’uso della luce

artificiale.

A differenza quindi delle greenhouses dei secoli precedenti che avevano creato un rapporto di

conoscenza e avvicinamento tra uomo e natura, i grandi edifici vetrati del XX secolo stravolsero questa

concezione, limitando gli elementi naturali presenti al loro interno a mero paesaggio di contorno. C’era

una netta separazione tra il mondo artificiale creato dall’uomo e tutto ciò che ne stava fuori.

La situazione cambia e la serra si riappropria delle sue caratteristiche energetiche intorno agli anni ’70,

a causa della crisi energetica. Questa crisi fu dovuta al fatto che lo sviluppo del mondo occidentale si

era basato nel XX sec. su tecnologie ad altissimo consumo energetico ed ambientale, pensando che le

risorse energetiche fossero infinite. Questo era dipeso anche dal fatto che il mondo si era trovato ad

affrontare le ricostruzioni postbelliche, la crescita di nuovi agglomerati urbani e la creazione di

abitazioni che garantissero standard abitativi per le nuove classi urbane. Tutte queste esigenze avevano

portato al ricorso alla prefabbricazione, allo studio urbanistico sull’espansione delle periferie e

architettonico sugli spazi e sulle dotazioni minime degli alloggi.

Questi studi avevano permesso di innalzare di molto il livello della qualità di vita nelle abitazioni,

soprattutto grazie all’introduzione dei sistemi di elettrodomestici, caldaie, condizionatori ecc.

Tutto questo però era stato possibile solo grazie ad un uso sfrenato dell’energia, senza preoccuparsi

delle ricadute sull’ambiente.

Intorno agli anni ’60 i primi movimenti ecologisti cominciarono a diffondere l’idea che lo sviluppo ad

alto impatto ambientale non era più sostenibile e contemporaneamente alcuni fisici cominciarono a

studiare delle tipologie di edifici “bioclimatici” o “solari”, che sfruttassero le risorse energetiche

naturali, soprattutto del sole. Questi edifici sperimentali erano caratterizzati dalla presenza di volumi

chiusi vetrati che sfruttavano l’effetto serra.

85

A differenza delle serre botaniche e dei grandi edifici vetrati ottocenteschi, queste nuove serre

venivano sfruttate per climatizzare gli spazi di vita, e l’aspetto di guadagno e controllo energetico

erano esasperati. Queste serre venivano definite “bioclimatiche”.

A cavallo tra gli anni ’80 e ’90 la fase sperimentale era passata, la coscienza ambientale e ed

energetica si era ormai diffusa e i principi di sostenibilità entravano a far parte delle scelte dei governi

e delle scuole di architettura.

In realtà, grazie al continuo dibattito tra gli specialisti in materia e la diffusione di tecnologie sempre

più sofisticate per il risparmio energetico, la fase sperimentale è sempre in continua evoluzione.

2.2.1 Tipologie e nuove soluzioni

Forma e struttura delle serre variano in base alla loro funzione, se sono cioè destinate solo ad

accogliere le piante come riparo o se servono anche per la coltivazione. Alle diverse funzioni

corrispondono diverse temperature in base alle quali le serre si dividono in tre principali tipologie:

calde, temperate e fredde.

Quelle calde generalmente hanno una temperatura superiore ai 22 gradi e vi si coltivano piante

tropicali, come la maggior parte delle Orchidee, le piante carnivore esotiche (Nepenthes, Sarracenia),

una parte delle Palme e delle Felci. Solitamente l’umidità deve essere elevata proprio per riprodurre

l’habitat delle regioni tropicali.

Le serre temperate invece, pur essendo simili alle calde, hanno una temperatura compresa tra 10 e 20

gradi, per le piante di territori a temperatura non equatoriale.

Le serre fredde prevedono un sistema di riscaldamento solo durante la notte nel periodo invernale, per

non far scendere la temperatura al di sotto dello zero e sono destinate a quelle piante che si

mantengono in vegetazione anche durante l’inverno. Queste serre vengono chiamate anche “olandesi”

e vi si coltivano le piante da fiore (tulipani, narcisi, giacinti, ciclamini, cinerarie, azalee, ecc.) e da

fogliame per appartamenti e alcune Orchidee, Felci e Palme che vivono in regioni tropicali alquanto

elevate.

Il “tepidario” è una serra che non prevede al suo interno alcun tipo di riscaldamento e quindi ha una

funzione puramente di ricovero delle piante. E’ importante in questi casi che ci siano molte finestre

apribili per garantire un sufficiente livello di aereazione durante le belle giornate autunnali ed invernali.

86

Simile al tepidario è l’ “aranceria” che serve per il deposito invernale degli agrumi nei mesi freddi. In

entrambe non sono presenti depositi d’acqua per l’innaffiamento (che invece troviamo nelle tipologie

sopra indicate): in questi casi è sufficiente la presenza di un rubinetto.

Altre tipologie sono le serre-bacini per la coltivazione di piante acquatiche tropicali (per esempio la

famosa “Victoria regia”), serre asciutte o secche per le piante grasse e serre fredde speciali per

Orchidee montane.

Figura 26 Serre Vittoria, Giardino Botanico di Strasburgo, Alsazia. La vasca delle “Victoria regia”. www.photoshelter.com

Per quanto riguarda le forme, ne esistono di vari tipi: a un versante, che consente l’illuminazione su un

solo lato e non è adatta a piante di piccole dimensioni ma piuttosto a rododendri, azalee, aloe,

mimosa, ecc.; a due versanti (serre olandesi), caratterizzate dal tetto a capanna vetrato, adatte per

piante di medie dimensioni. Sono superiori rispetto a quelle ad un solo versante perché garantiscono

un’illuminazione totale e costante. La copertura delle serre può essere la più varia, dalle volte a botte

alla copertura poligonale ecc.

Esistono addirittura serre speciali per piante particolarmente grandi che permettono di alzare la

copertura via via che le piante crescono.

87

Quando è prevista la coltivazione in vaso o in cassetta, queste sono tenute ad una certa altezza dal

suolo e disposte su gradonate in legno o muratura. In questo caso, la parte vetrata comincia

dall’altezza del primo gradino ed è sostenuta da un muretto basamentale. Nel caso in cui invece le

coltivazioni siano a terra, allora la parete vetrata parte direttamente dal livello del suolo.

Serre speciali sono quelle da “forzatura”, per far fiorire o fruttare piante fuori stagione, e da

“moltiplicazione”, per mantenere o coltivare le prime semine e gli elementi da trapianto.

Per quanto riguarda ombreggiatura e ventilazione, punti focali nel sistema serra, vengono usati sistemi

che possono essere, per il primo caso, interni o esterni, per graduare la luce ed ottenere penombra o

ombra. Per la ventilazione invece si può operare con il sistema ordinario delle aperture a “vasistas

all’interno” o “vasistas all’esterno” o “a bilico” o con impianti automatici a condizionamento d'aria. Le

aperture di accesso alle serre calde sono sempre precedute da bussole a doppia porta o, meglio

ancora, da camerette “di calma”.

I vecchi sistemi di riscaldamento a stufa o calorifero sono stati sostituiti dai più efficienti e controllabili

impianti a termosifone sia a vapore che ad acqua. La centrale termica va posizionata più o meno nella

metà del corpo di fabbrica. E’ preferibile prevedere un impianto a due caldaie di piccole o medie

dimensioni. L’aria, in quasi tutti i casi, deve essere costantemente umidificata mediante spruzzatori

automatici di acqua tiepida a funzionamento intermittente.

Per quanto riguarda il sistema di captazione, formato dai telai fissi e mobili e dalla parte trasparente,

questo deve essere il più efficiente possibile: deve cioè far passare la massima quantità di radiazione

solare e impedire la dispersione del calore verso l’esterno. Tutto questo si traduce in due requisiti

fondamentali del sistema di captazione: la massima trasparenza alla radiazione solare luminosa e la

minima dispersione termica.

Altri requisiti fondamentali sono la resistenza agli agenti atmosferici e l’economicità del materiale.

Molto importante da considerare è l’ ”assetto estivo”: si deve tener conto che, sia da un punto di vista

energetico che fruitivo, è necessario prevedere serramenti apribili e regolabili sia per ragioni di

ventilazione ed impiego in estate, sia per l’uso in connessione con l’esterno.

Per quanto riguarda l’involucro trasparente, si hanno a disposizione due famiglie di materiali: quelli

vetrosi e quelli plastici.

Tra i vetri più comunemente usati si trovano:

88

Lastre di vetro float: sono le classiche lastre in vetro, con uno spessore che varia da 2 a 19

mm;

Vetri temprati: sono lastre con elevata resistenza meccanica (circa sei volte più resistenti di

quelle float) usati sia per le coperture che per le pareti verticali dove sia necessario eliminare

il rischio di incidenti. Queste lastre hanno infatti la capacità di sopportare elevati shock

termici, gli urti della grandine e, in caso di rottura, si frammentano in tanti pezzi smussati non

taglienti;

Vetri stratificati: vengono realizzati unendo due o più lastre di vetro con dei materiali intermedi

specifici in base alla caratteristica che devono avere (antisfondamento, antiproiettile,

fonoisolanti ecc.). Lo strato intermedio conserva i pezzi di vetro in posizione anche in caso di

rottura e, con la sua resistenza, impedisce la formazione di larghi frammenti affilati. Si ha la

tipica rottura “a ragnatela”. Più strati e maggiore spessore del vetro aumentano la resistenza.

Vetrocamera: è composto da due o più lastre di vetro float, unite da un distanziatore sigillante

a tenuta ermetica che crea un’ intercapedine d’aria impoverita di vapore acqueo per abbassare

la temperatura di rugiada ed evitare la condensa interna. Ha buone caratteristiche

termoisolanti e fonoisolanti (non per tutte le frequenze) e, in base al rivestimento delle lastre o

al tipo di gas usato nell’intercapedine, si possono ottenere migliori prestazioni ottiche,

termiche o acustiche;

Vetri basso emissivi: si tratta di lastre normali sulle quali viene applicato uno strato

sottilissimo di materiale metallico come rame, argento o oro, o materiale pirolitico come

l’ossido di stagno. Questo strato riflette le radiazioni infrarosse, migliorando le prestazioni di

isolamento termico, senza modificarne sostanzialmente le prestazioni di trasmissione della

luce. Questi vetri possono essere usati sia da soli che montati come vetrocamera;

Vetri a protezione solare: queste lastre si ottengono attraverso il rivestimento delle stesse con

ossidi metallici o colorandole con additivi. Riducono la quantità di radiazione solare

trasmessa all’interno grazie all’aumento della componente riflessiva per i vetri rivestiti o

assorbente nel caso dei vetri colorati. Il valore di trasmissione luminosa resta comunque

abbastanza elevato garantendo quindi condizioni di illuminazione interna sufficienti.

Per quanto riguarda i materiali plastici invece, i più diffusi sono:

89

Lastre di Policarbonato PCAR compatto, presenti sul mercato con diversi nomi commerciali

(per es. MAKROLON della Bayer ecc.), con spessori da 2 a 12 mm;

Polimetacrilato PMMA (nomi commerciali PLEXIGLASS o PERSPEX), ha il vantaggio di pesare

circa la metà del vetro e lo spessore varia da 1 a 25 mm;

Policarbonato estruso alveolare a doppia parete di aspetto traslucido. Anche in questo caso i

nomi commerciali sono molteplici (GUTTAGLISS ad esempio). Sono lastre leggere che

garantiscono un buon isolamento termico. Gli spessori variano da 4 a 16 mm.

Come detto sopra, i requisiti fondamentali che l’involucro trasparente deve assicurare, sono la

massima trasparenza alla radiazione solare luminosa, la minima dispersione termica, la resistenza agli

agenti atmosferici e l’economicità del materiale.

La prima caratteristica è inversamente proporzionale alla capacità della lastra di assorbire o riflettere la

radiazione: la radiazione che colpisce la lastra viene infatti in parte riflessa all’esterno, in parte

assorbita dalla lastra stessa e ritrasmessa sia internamente che esternamente, e in parte penetra

all’interno. Quest’ultima quota dipende dalle caratteristiche fisiche del materiale e dall’angolo

d’incidenza (che dipende a sua volta dall’orientamento della serra). Il parametro che definisce la

capacità di un materiale di trasmettere la radiazione all’interno è il “fattore solare”, indicato con la

lettera g, che è il rapporto tra l'energia termica globalmente trasmessa dalla lastra e quella incidente

su di essa.

Figura 27 Il fattore solare g. www.renieriarchitetto.com

90

Una normale lastra float di 4 mm ha un g=0.87, il che sta a significare che della totale energia che

colpisce la lastra, quella che riesce ad attraversarla è l’87%. Per le lastre float questo valore può

aumentare in base alla quantità di ossido di ferro contenuto nell’impasto ma non è influenzato dallo

spessore.

Determinante è invece il numero delle lastre: prendendo ad esempio un vetrocamera composto da due

lastre di 4mm con intercapedine di 12mm, si arriva ad avere un fattore solare pari al 76%. Se si

impiega un vetro triplo si arriva al 58%.

I materiali plastici hanno generalmente fattore solare inferiore in quanto assorbono maggiormente le

radiazioni: una lastra di 4 mm generalmente ha un g intorno all’80%. Ovviamente i valori variano in

base alla composizione e al procedimento di produzione del materiale. Le lastre in materiale plastico,

col passare del tempo, possono presentare problemi di ingiallimento, e quindi riduzione della

trasparenza, a causa dell’esposizione prolungata ai raggi UV, alla minor resistenza ad alcuni agenti

chimici e all’abrasione superficiale. I materiali più innovativi vengono trattati per ridurre l’effetto

dell’invecchiamento.

La minimizzazione della dispersione termica è direttamente collegata alla capacità del materiale di far

passare il calore: la “trasmittanza”, identificata con la lettera k. Questa grandezza fisica misura la

quantità di calore che in un’ora passa dall’aria di un ambiente a quella di un ambiente attiguo,

attraverso un metro quadrato di superficie.

Vetri e lastre di materiale plastico, a parità di spessore, si attestano su livelli di trasmittanza simili.

Infatti avendo spessori così ridotti, ciò che influisce di più sul passaggio del calore attraverso il

materiale, non è la sua conducibilità termica ma piuttosto la resistenza termica al passaggio tra vetro e

aria su entrambe i lati (resistenze liminari). Le lastre in vetro singolo o materiale plastico di 4 mm

hanno valori di k pari a circa 5,8 W/m2

°C. Risulta evidente che un vetrocamera avrà prestazioni

migliori da questo punto di vista. Infatti prendendo ad esempio il solito vetro composto da due lastre

di 4mm ed intercapedine di 12mm si avrà un valore di k=2,6 W/m2

°C. Questo dato ci dice che il

vetrocamera preso ad esempio, rispetto alla lastra singola, dissiperà verso l’esterno la metà

dell’energia. Aumentando il numero di vetri, questa quantità diminuirà ancora.

I vetri che permettono di ridurre al massimo le emissioni di calore verso l’esterno sono quelli basso

emissivi, che a parità di spessore (4 mm) permettono di raggiungere un k=3,8 W/m2

°C a fronte di un

g=80%. Ovviamente utilizzando lastre basso emissive per realizzare dei vetrocamera si potranno

ottenere valori di trasmittanza ancora inferiori, a scapito però del fattore solare.

91

I materiali alveolari, grazie alle intercapedini d’aria, hanno bassi valori di trasmittanza anche per piccoli

spessori.

E’ comunque importante prevedere sempre dei sistemi di coibentazione ed ombreggiamento.

Figura 28 Tabella dell'efficienza dei sistemi di coibentazione. C. Zappone, La serra solare, SISTEMI EDITORIALI, Napoli 2008, pag. 130

Per quanto riguarda la resistenza agli agenti atmosferici nel tempo, sicuramente il vetro ha prestazioni

migliori: infatti è praticamente inerte a qualsiasi agente atmosferico, tranne che alla grandine. A causa

di questa sua fragilità, viene consigliato per i vetri in copertura l’utilizzo di lastre di cristallo temprato

che, già in spessori ridotti come i 4 mm considerati fin’ora, resistono tranquillamente alla grandine, o

vetri stratificati di sicurezza.

I materiali plastici sono sicuramente meno fragili del vetro ma, assorbendo la radiazione solare, a

differenza di quanto accade nell’altro materiale, la loro struttura molecolare viene modificata.

L’esposizione prolungata ai raggi UV provoca l’ingiallimento del materiale e, a lungo andare, un

infragilimento che può portare a frattura se sottoposto a tensioni. Ultimamente le prestazioni di questi

materiali sono state notevolmente migliorate e, se anche non possono essere eliminati del tutto i

difetti, la loro presenza si può manifestare anche dopo anni dall’installazione.

L’economicità del materiale dipende da diversi fattori: il costo di acquisto, di installazione e la durata.

92

A livello di costo di acquisto il vetro è il più conveniente, inoltre ha durata praticamente infinita e totale

riciclabilità. Le materie plastiche di solito hanno un ciclo di vita di 5/10 anni e sono meno riciclabili a

causa della scarsa diffusione delle pratiche di riciclo di questi materiali. Sono però vantaggiose in fase

di installazione grazie alla loro leggerezza e minor fragilità che le rende più facilmente maneggevoli e

consente di utilizzare telai più sottili.

In generale, per le serre locate in regioni a clima temperato, viene consigliato di ottimizzare le capacità

captanti, e quindi il vetro singolo, in quanto la componente dispersiva risulta di minor importanza.

Per quanto riguarda i telai, fissi e mobili, in linea di massima quelli in acciaio sono quelli più

performanti grazie alle sezioni esili (che permettono di massimizzare la superficie vetrata), alla

resistenza agli agenti atmosferici e alle buone prestazioni di tenuta, inoltre non subisce gli sbalzi

termici, ed è resistente. L’alluminio invece, pur essendo il più resistente, leggero e durevole, risulta il

più costoso, ed ha una conducibilità termica maggiore 3 volte rispetto a quella dell’acciaio, può quindi

sviluppare dei “ponti termici” tra l’interno e l’esterno, attraverso cui viene disperso il calore.12

2.3 Progetti analoghi presi ad esempio

Prima di valutare le possibili soluzioni di recupero dei fabbricati in esame e la possibile nuova

destinazione d’uso, si è proceduto ad uno studio di casi analoghi al fine di vagliare più strade prima di

intraprenderne una. I casi presi in considerazione presentano analogie formali, strutturali e storiche

con le serre di Montecatini. Si tratta di fabbricati in ferro e vetro destinati a serra, posti all’interno di

parchi, realizzati tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 e in stato di avanzato degrado prima

dell’intervento di recupero.

Nello specifico le serre analizzate sono state:

La Serra dei Giardini a Venezia;

Il Tepidario della Società Toscana di Orticoltura del Roster a Firenze;

La Serra Carolina dell’Orto Botanico di Palermo.

2.3.1 La Serra dei Giardini

La serra, storicamente nota come “Serra Margherita”, si trova nelle vicinanze dei Giardini della

Biennale. Fu costruita nel 1894 per realizzare un “tepidarium in vetro e ferri”13

destinato ad ospitare

93

palme e altre piante decorative usate per la contemporanea Esposizione Internazionale d'Arte. Ha una

superficie di 280 metri quadrati con un volume di 1700 metri cubi, e un'area scoperta di 1.300 metri

quadrati. Per molti anni “i locali della Serra sono serviti per il mantenimento invernale di specie

rustiche sensibili al freddo, ma anche, a partire da una certa data, per la produzione e la propagazione

di tantissime altre, necessarie per la realizzazione delle aiuole comunali del Lido e di Venezia e per

addobbare le nobili sale veneziane nel corso di riunioni, ricevimenti e manifestazioni”14

.

Figura 29 Foto in bianco e nero della Serra dei Giardini nel 1929 tratta dal Fondo Giacomelli. www.serradeigiardini.org

In disuso dagli anni ’90, ha subito un forte processo di degrado che l’ha ridotta allo stato di rudere,

fino al restauro promosso dal Comune di Venezia e terminato nel 2010.

Il progetto di restauro ha privilegiato un intervento conservativo poco invasivo che ha previsto il

consolidamento della struttura portante, soprattutto delle colonne di ghisa, il ripristino della originaria

94

copertura in lamiera, il restauro delle vetrate e la costruzione di un soppalco per l'irrigidimento

dell'intera struttura, oltre che per l'ampliamento della superficie utile. L’intervento è stato realizzato

dalla ditta “Ettore Bertoldini Costruzioni Metalliche” su progetto dell’Ing. Giovanni Cocco: “la struttura

dell’edificio è costituita da dodici colonne in ghisa sferoidale su cui poggiano le travi reticolari del tetto.

Un’attenta indagine non distruttiva sullo stato di conservazione delle colonne aveva denunciato uno

stato di deterioramento che ha consigliato il consolidamento interno delle colonne stesse con resina

epossidica e la riparazione delle crepe esterne con un delicato intervento di saldatura. La struttura del

tetto si presentava anch’essa piuttosto deteriorata. L’intervento di consolidamento ha voluto prediligere

la conservazione dell’esistente attraverso la realizzazione di una serie di tiranti e puntoni in tubo

strutturale. Per quanto riguarda il recupero architettonico si è proceduto alla catalogazione di tutti i vetri

originali prima dello smontaggio in modo tale da poterli rimontare nella stessa posizione di prima.

Particolare attenzione è stata riposta nel trattamento superficiale di tutte le parti metalliche che sono

state sabbiate completamente e successivamente protette con un ciclo di verniciatura a base di smalto

epossidico. Le strutture originali del tetto sono state sabbiate in opera e successivamente trattate con

uno speciale prodotto trasparente atto a risaltare la bellezza antica del metallo”15

.

I lavori sono costati ottocentomila euro più trecentomila euro per i lavori per il rifacimento degli

impianti, a cura dell'impresa “Fbf impianti”.

Figura 30 Particolare della facciata. www.ettorebertoldini.com

95

Figura 31 La facciata della serra dopo il restauro. www.blogspot.it

Figura 32-33-34 Particolari delle strutture di consolidamento. www.ettorebertoldini.com

96

Figura 35 Il soppalco inserito per aumentare la superficie e l'irrigidimento della struttura. www.ettorebertoldini.com

La gestione della serra è stata affidata alla cooperativa “NONSOLOVERDE Soc. Coop. Sociale ONLUS”

che svolge la propria principale attività nell'ambito della manutenzione del verde pubblico e privato

oltre al reinserimento lavorativo per ex-tossicodipendenti.

“Aperta in tutte le ore del giorno e in tutte le stagioni, la Serra troverà autofinanziamento in una

caffetteria bar, collocata in un contesto ambientale di grande pregio, vicinissima alla Biennale e alla

zona assai vissuta di via Garibaldi, proponendosi come spazio sociale per il tempo libero e per

l'incontro dei cittadini: ché la Serra - è stata la conclusione - dovrà vivere del rapporto con i veneziani,

primi tra tutti i bambini”16

.

97

Oltre alla caffetteria, rigorosamente bio, e a un centro botanico dove è possibile comprare fiori,

ortaggi, e piantine di vario genere, lo spazio è destinato ad ospitare corsi di vario genere per adulti e

bambini:

Imparare in Serra: educazione ambientale per le scuole

La Serra insegna: laboratori didattici per le famiglie e corsi per adulti

La Serra mostra: esposizioni in mezzo al verde in successione

La Serra accoglie: feste di compleanno tra piante e attività educative

Serra in festa: feste a tema tra piante, musica e tradizioni. 17

Figura 36 Veduta della parte destinata alla vendita delle piante. www.nuok.it

98

Figura 37 Vista della caffetteria. www.100x100venezia Figura 38 Altra vista interna. www.breakfast-reviews.net

2.3.2 Il Tepidario della Società Toscana di Orticoltura

Il Tepidario è la serra più grande d’Italia con i suoi 650 mq di superficie. Fu costruito tra 1877 e il

1880 per volontà della Società Toscana di Orticoltura fondata dall’Accademia dei Georgofili. Infatti nel

1880 la Federazione Orticola Italiana incaricò la Società Toscana di Orticultura di organizzare a Firenze

la prima esposizione nazionale di orticoltura. Per ospitarla venne progettato dall’ing. Roster il

Tepidario, una grande serra riscaldata attraverso delle stufe, che avrebbe accolto le piante più

esotiche.

L’edificio è a pianta rettangolare e raggiunge, nella navata centrale, un’altezza massima di 14 metri.

Nel suo totale è composto da 9800 pezzi con 8 tonnellate di ferro che sostengono la struttura. La

copertura è una volta a padiglione che ricorda la carena rovesciata di una nave rivestita da tante lastre

di vetro, leggermente sovrapposte a mo’ di tegole, per far scorrere l’acqua ed evitare che entri

99

all’interno dell’edificio. Le 24 colonne portanti in ghisa sono cave, su modello di quelle usate da

Paxton, per far defluire l’acqua.

Il resto della struttura è in ferro, fuso e lavorato per ottenere le decorazioni moresche disegnate

dall'intagliatore fiorentino Francesco Marini e realizzate dalle Officine Michelucci di Pistoia. Tutte le

strutture in ghisa invece sono state realizzate dalla fonderia Lorenzetti, sempre di Pistoia.

Dopo la Prima Guerra Mondiale presentava già segni di abbandono cosicché il Comune acquistò il

giardino, destinandolo ad uso pubblico, e predispose un intervento di restauro nel 1933 che durò tre

anni. Dopo la Seconda Guerra Mondiale era in un preoccupante stato di conservazione: parti delle

strutture murarie erano collassate, quasi due terzi delle vetrate si erano persi, le strutture metalliche

attaccate dalla ruggine e dagli agenti atmosferici. Il tutto infestato da piante, erbacce e rovi.

Nel 2000 venne eseguito un grande restauro che riguardò soprattutto le strutture portanti: l’intervento

previde lo smontaggio, previa identificazione, delle strutture metalliche, ad eccezione delle colonne

portanti, e il loro trasporto in officina. Quindi si procedette a verifica, rettifica e restauro delle stesse e

sostituzione delle parti mancanti o irrimediabilmente danneggiate, con elementi del tutto simili, per

poi passare alla fase della sabbiatura ed eventuale spazzolatura con spazzole metalliche, fino a

ritrovare il metallo vivo. La fase successiva fu quella di rimontaggio e verniciatura dei pezzi con doppia

mano di antiruggine e verniciatura finale con smalto per esterni color avorio18

.

Figura 39-40 Il Tepidario prima del restauro del 2000. www.simonetta.tripod.com

100

Le lastre in vetro andate perse vennero sostituite da pannelli di policarbonato (tipo Lexan-Margard)

che rispetto al vetro garantivano, a parità di spessore, il doppio della resistenza agli urti, doppia

resistenza termica, doppio coefficiente di assorbimento dei raggi ultravioletti che, per la facciata

principale rivolta a sud, sono sempre stati un problema.

Il consolidamento delle strutture murarie lesionate fu realizzato con il sistema “cuci scuci”19

. Sotto il

piano di calpestio vennero realizzati dei cordoli di cemento armato per l’irrigidimento della struttura in

base alla normativa antisismica.

Figura 41 La struttura dopo il restauro del 2000. www.simonetta.tripod.com

101

Già nel 2008 un nuovo generale stato di degrado, dovuto alla scarsa manutenzione ed alla necessità di

inserimento delle opere impiantistiche ha causato un progressivo deterioramento della struttura, ha

imposto la necessità di un nuovo restauro terminato nel 2013 per un valore complessivo di 950.000

euro. La filosofia dell’intervento è stata quella di considerare l’edificio per quello che è sempre stato:

un padiglione espositivo aperto, una struttura monumentale leggera e libera, inserita in un parco e con

esso unita da una sorta di simbiosi, che si esprime soprattutto nella scelta del materiale della

pavimentazione in calcestruzzo architettonico inghiaiato come il resto del Giardino dell’Orticoltura. Gli

interventi effettuati sono stati minimali e a basso impatto ambientale: “sono stati effettuati la pulitura e

la nuova stuccatura dei giunti di congiunzione alla struttura portante, la sostituzione di alcune vetrate

rotte con dei pannelli di policarbonato (tipo Lexan-Margard); la ristuccatura completa delle vetrate

andate perse; la revisione generale delle opere in ferro, il ripristino dei serramenti, delle serrature e dei

maniglioni antipanico; la tinteggiatura delle parti intonacate interne attaccate da micosi e umidità e la

ripresa della tinteggiatura dei componenti in ferro e ghisa; la pulitura e la revisione delle gronde. Altri

interventi hanno interessato il risanamento delle parti murarie delle scale (consolidamento delle rampe

esistenti e di quelle retrostanti di servizio) che risultavano aggrediti da umidità e muffe e la realizzazione

di servizi igienici per il pubblico e uno ad uso del personale di servizio, più un magazzino e un locale

tecnico. Per quanto riguarda le opere impiantistiche è stato installato un impianto di climatizzazione a

pompa di calore in grado di soddisfare le necessità minime di riscaldamento invernale e il

raffrescamento estivo con inserimento di sistema a pompa di calore con circuito idraulico di emissione

costituito da pannelli radianti a pavimento (serpentine). Questa soluzione permette di avere tutta la

superficie calpestabile libera da ingombri tecnologici. Il consumo di energia elettrica necessario per il

lavoro della pompa di calore è molto basso e consente di realizzare nel tempo un notevole risparmio

energetico. Dal punto di vista della sicurezza è stato messo a punto un sistema organizzato di vie di

uscita per il deflusso rapido e ordinato delle persone, un sistema di illuminazione per l’indicazione dei

percorsi di deflusso delle persone e le uscite di sicurezza e un impianto elettrico di ultima generazione

completo di sistema di luci interne e illuminazione architettonica a led”20

.

Tornato all’antico splendore, il Tepidario ospita oggi mostre, fiere, manifestazioni musicali ed

artistiche di vario genere: è un grande spazio libero multifunzionale.

102

2.3.3 La serra Carolina

La serra Carolina si trova all’interno dell’Orto Botanico di Palermo. Nel 1823 Maria Carolina, moglie

del Re di Napoli, donò all’Orto una serra in legno proveniente dall’Inghilterra, inizialmente destinata

alla Reggia di Caserta. Nel 1857, la vecchia serra in legno ormai completamente degradata, venne

sostituita con una in ferro commissionata alla ditta parigina “La Febre”.

L’architetto Carlo Giachery realizzò il basamento in calcare e seguì i lavori di assemblaggio degli

elementi prefabbricati. Così nel 1862 a Palermo veniva realizzata la prima opera prefabbricata in ferro,

simbolo della nuova architettura del secolo.

La serra misura 37 metri per 13 metri, è alta 8 metri circa ed è caratterizzata da pregiati dettagli

decorativi.

Nel Luglio 2005 venne eseguito il restauro della struttura, inserito nel più ampio progetto di restauro

dell’Orto Botanico, redatto dall’Arch. Giuseppe Pagnano. A quella data la serra presentava uno stato di

degrado avanzato, soprattutto per quanto riguardava gli elementi strutturali, fortemente corrosi, come

si può vedere dalle seguenti immagini, gentilmente inviatemi dall’Arch. Rosario Lo Piccolo, direttore

dei lavori di restauro della sezione storica dell’Orto Botanico.

Figura 42 L'esterno della serra prima dell'intervento di recupero

103

Figura 43 Particolare della struttura danneggiata.

Figura 44 Le decorazioni in ferro prima del restauro

104

Figura 45 La copertura degradata vista dall'interno

Per tutti gli elementi metallici è stata fatta un’operazione di restauro ove possibile o altrimenti di

sostituzione con una copia dimensionalmente e morfologicamente uguale al pezzo originale.

I pezzi salvabili sono stati sverniciati e sono state rimosse incrostazioni e ossidazioni per mezzo di

opera meccanica di precisione o microsaldatura.

I pezzi irrimediabilmente deteriorati sono stati sostituiti con copie in acciaio, con le stesse

caratteristiche formali e dimensionali.

Per le parti vetrate è stato previsto lo smontaggio e le stesse operazioni di restauro delle parti

strutturali, con la sostituzione delle lastre mancanti, e la registrazione dei sistemi di chiusura delle ante

mobili. Il sistema di smaltimento delle acque meteoriche era causa di infiltrazioni che avevano causato

105

col passare del tempo danni alle strutture metalliche. E’ stato quindi previsto il totale rivestimento in

rame della gronda e la sostituzione dei pluviali.

Figura 46 Dettagli in ferro restaurati prima del montaggio Figura 47 La struttura restaurata rimontata com'era e dov'era prima

della verniciatura

Figura 48 Dettagli in ferro in fase di verniciatura Figura 49 La struttura verniciata e la posa in opera dei vetri restaurati

106

Il basamento in calcarenite e faccia vista è stato restaurato per restituire l’immagine originaria della

serra.

Altro intervento fondamentale per questo scopo è stato l’eliminazione di una struttura intelaiata

tubolare inserita negli anni ’50 per contrastare eventuali spinte orizzontali sulle pareti ed evitare

movimenti rotazionali alla base dei contrafforti. In realtà staticamente questa struttura aggiunta non

dava reali benefici, d’altro canto alterava notevolmente l’aspetto originario della serra.

L’ Ing. Mario di Paola ha eseguito uno studio strutturale al quale è seguito l’eliminazione di tale

superfetazione e un intervento di consolidamento mirato e poco invasivo, effettuato alle fondazioni di

tutti i montanti principali e secondari, per evitare i problemi statici sopra descritti21

.

Figura 50 La facciata principale dopo il restauro

107

Figura 51 La copertura vista dall'alto

Figura 52 Particolare della decorazione della porta d'ingresso

108

Figura 53 Particolari in rame usati per protezione dall'acqua

Attualmente la serra è tornata ad assolvere le funzioni per le quali è nata, cioè quelle di serra botanica.

2.4 Conclusioni

Lo studio delle tipologie di serre e di casi concreti, ha portato a delle considerazioni utili da tener

presente al momento del progetto.

A livello di scelta di materiali, il vetro risulta essere più economico e soprattutto durevole nel tempo,

non avendo i problemi di ingiallimento e abrasione del policarbonato (che generalmente ha una vita

utile senza perdita di prestazioni intorno ai 10 anni), è assolutamente trasparente, non è combustibile,

isola termicamente, è inalterabile da acidi e umidità ed è insensibile all’irraggiamento solare. D’altro

canto il policarbonato è più leggero e non presenta problemi a livello di sicurezza che però, utilizzando

il vetro, potrebbero essere superati impiegando un vetro stratificato di sicurezza22

.

A livello di prestazioni termiche si possono raggiungere più o meno gli stessi risultati.

109

Dall’analisi degli esempi si è potuto vedere che in due casi sono stati recuperati e riutilizzati i vetri

originali con integrazioni di vetri nuovi per le parti mancanti, mentre nel caso del Tepidario i vetri rotti

sono stati sostituiti con dei pannelli in policarbonato.

In tutti i casi la struttura è stata smontata per la pulizia dei pezzi recuperabili e la sostituzione delle

parti irrecuperabili, con pezzi con le stesse caratteristiche formali e dimensionali.

Il consolidamento della struttura ha previsto in tutti i casi analizzati soluzioni poco invasive e poco

visibili e comunque non alteranti la struttura originaria.

In tutti i casi si è cercato di esaltare l’aspetto originario delle serre, eliminando, ove presenti, elementi

postumi che ne alteravano la percezione.

Per quanto riguarda le destinazioni d’uso, solo la serra Carolina ha mantenuto l’uso originario di serra

botanica, in virtù della sua collocazione all’interno di un Orto Botanico molto attivo. Gli altri due casi

hanno invece diversificato l’uso, cercando di ottimizzare lo sfruttamento degli spazi diversificando il

calendario delle attività proposte e rendendosi il più versatile possibile.

110

1 Così sostiene Pugin in “Contrasts, or a parallel between the Noble Edificies of the Middle Ages, and corresponding

Building of the Present Day, showing the Present Decay of Taste”. M. Dezzi Bardeschi (a cura di), “Le Officine Michelucci e

l’industria artistica del ferro in Toscana (1834-1918)”, CASSA DI RISPARMIO DI PISTOIA E PESCIA, Pistoia 1981, pag. 19

2 N. Squicciarino, La great exhibition del 1851, una svolta epocale nella comunicazione, Armando Editore, Roma 2014,

pag. 43

3 www.treccani.it 4 N. Squicciarino, op. cit. pag. 45

5

N. Squicciarino, op. cit. pag. 147-148

6

Con il termine mica si definisce una serie di minerali allumino-silicati complessi, i cui cristalli tendono a delaminarsi su

una superficie, provocandone la tipica strutture a lamelle o scaglie. La mica possiede notevoli proprietà termiche

(resistenza ad alta temperatura, ininfiammabilità, bassa conduttività elettrica), elettriche (alta resistività elettrica) e

chimiche (ottima stabilità nei confronti delle sostanze aggressive, con l’eccezione di acido fluoridrico e solforico

concentrato), che la rendono un materiale di largo utilizzo industriale. www.euroguarco.com

7 “Una delle prime serre fu costruita del 1599 a Leida: presentava una planimetria stretta ed allungata ed aveva delle grandi

finestre apribili sulla facciata a sud. Ad Heidelberg invece Salomon de Caus progettò una serra per l’Hortus Palatinus: si

trattava di un edificio di 80 metri con una capienza fino a 400 piante di agrumi, riscaldato da quattro stufe, con pareti in

legno e copertura ad assi rimovibili per far entrare la luce”, L. Zangheri, Storia del giardino e del paesaggio. Il verde nella

cultura occidentale, LEO S. OLSCHKI, Città di Castello (PG) 2002, pag. 97

8

C. Zappone, La serra solare, SISTEMI EDITORIALI, Napoli 2008, pag. 20

9

www.treccani.it

10

In Inghilterra all’inizio dell’800 a livello tipologico esisteva la distinzione tra “green house”, serra vetrata anche

superiormente e “glasshouse”, serra vetrata verticalmente, ma opaca in copertura. John Hix, The glasshouse, PHAIDON

PRESS LIMITED, Hong Kong 2005, pag.

11

C. Zappone, op. cit. pag. 29-30

111

12 B. Del Corno, G. Mottura, Serre e verande, con 9 soluzioni progettuali, MAGGIOLI EDITORI, Dogana 2014, pag. 27-28-52

13

www.serradeigiardini.org

14

www.serradeigiardini.org

15

www.ettorebertoldini.com

16

www.comune.venezia.it

17

www.nuok.it

18

“Il restauro della parte strutturale metallica è stato condotto dal Comune di Firenze, proprietario del monumento […]. Le

opere che sono state realizzate riguardano quindi la riabilitazione della compagine metallica che costituisce la struttura, ma

che in questo particolare caso, rappresenta anche l’architettura della costruzione: molte delle decorazioni costituiscono per

esempio gli elementi di connessione fra i vari componenti o i collegamenti secondari fra quelli seriali, o, infine, i controventi

di stabilizzazione, tanto utili quanto in tal caso decorativi! La filosofia del consolidamento è stata: smontiamo tutti i singoli

pezzi, riportiamoli ad uno “stato a nuovo”; riformiamo gli elementi di connessione reciproca; rimontiamo infine tutto il

grande organismo metallico. In tutti questi passaggi si è cercato ovviamente di migliorare ogni particolare costruttivo in

modo da ottenere lo stesso effetto archiettonico finale, ma con una capacità latente di resistenza complessiva decisamente

migliorata. I pezzi sono stati tutti completamente smontati, siglandoli e posizionandoli su un modello disegnato in C.A.D.

necessario per il riconoscimento ed il rimontaggio dei pezzi. Tutti gli elementi rimossi, salvo le 24 grandi colonne centrali,

sono stati stoccati su pallets trasportabili ed inviati presso imprese specializzate nella pulizia profonda per sabbiatura

industriale e nella riverniciatura protettiva. Tutti i collegamenti sono stati ricostituiti, con una nuova alesatura dei fori di

accoppiamento, dopo la raddrizzatura dei pezzi ancora utilizzabili o la copiatura dei pezzi fratturati o perduti. Tutte le

bullonature sono state infine sostituite con connettori a vite di qualità, ma si sottolinea nuovamente, i nodi di collegamento

sono stati tutti puliti e nuovamente protetti sulle superfici interne di contatto ed i fori sono stati per larga parte corretti per

ottenere un giunto bullonato scevro da giochi di assestamento successivo. Durante lo smontaggio è stato così possibile

visionare e rendersi conto, pezzo per pezzo, di come era costituita l’originale ossatura metallica e di come nel tempo, erano

stati, in certe zone, trasformati gli organismi di collegamento ed erroneamente interpretate alcune necessarie sconnessioni

esitenti nella redazione originale. Procedendo secondo questi criteri è stato possibile ricostituire l’appoggio a slitta

autoequilibrata per la grande volta a padiglione; infatti sulla sommità delle colonne principali, gli arconi reticolari che

formano le centine di carena della volta stessa, appoggiano su altrettanti piani inclinati verso il centro a terra del padiglione

stesso: una sorta di piramide rovescia entro la quale la copertura curva può espandersi o contrarsi per le azioni termiche,

rimanendo in posizione geometricamente autocentrata. Contemporaneamente all’esecuzione dei rimontaggi è stato possibile

112

individuare un facile miglioramento del comportamento statico complessivo, senza alterare la compagine architettonica

originaria. Le 24 colonne in ghisa principali sono state consolidate singolarmente e nel loro comportamento complessivo di

elementi portanti verticali. All’interno delle grandi colonne principali, uniche parti non rimosse dalla loro originaria posizione,

è stato calato un nuovo elemento strutturale in acciaio inossidabile a sezione circolare cava. Questa nuova colonna interna è

stata solidarizzata al plinto fondale in pietra arenaria ed a tutta la lunghezza in elevazione della colonna in ghisa; il materiale

cementante è stato scelto nella categoria dei riaggreganti pompabili per strutture murarie. Dopo l’inserimento del nuovo

elemento, il volume interno di intercapedine è stato riempito per la maggior parte con sabbia monogranulare silicea, asciutta

per provocarne naturalmente il massimo grado di compattazione per caduta; successivamente i cavi sono stati occlusi

tramite iniezione di calce colloidale micronizzata ad alto tenore di idraulicità, operando dal basso fino a rifiuto sommitale. Le

colonne così affiancate internamente sono state poi tutte collegate fra loro tramite una sorta di anello rigido a giacitura piana

a circa mezza altezza, esistente all’interno del padiglione maggiore. Questo è stato possibile utilizzando con una differente

valenza rispetto all’originale uno dei ballatoi (quello interno) che caratterizzano l’architettura del luogo. Al ballatoio in

questione mancava ormai ogni traccia del piano di calpestio. La scelta del disegno ha permesso di intuirne la notevole

valenza statica complessiva e quindi una conseguente realizzazione con tipologia da struttura e non da semplice finitura. Lo

studio della configurazione delle maglie ha portato alla scelta di uno schema romboidale che si adegua otticamente alle

tipologie dei decori esitenti ma contemporaneamente permette la formazione di una serie continua di croci di S.Andrea; si

genera così una trave reticolare a giacitura orizzontale, di forte rigidezza, che collega tutte le colonne fra loro e si chiude

sulle due torri tergali portascale a struttura muraria. Il nuovo dispositivo costituisce un efficace controvento alle azioni

orizzontali sulla costruzione”, www.arvha.org

19 “…consiste nella sostituzione delle parti ammalorate di muratura mediante rifacimento con materiale nuovo e malte forti di

cemento. Si utilizza soprattutto quando si presentano lesioni isolate su una muratura continua: in casi più gravi si utilizzano

tecniche come la ricostruzione totale, o nel caso di colonne in pietra altamente degradate si utilizza la cerchiatura con staffe

di acciaio. L’operazione di rafforzamento con la tecnica del cuci e scuci si divide in tre fasi:

1)Nella prima fase viene eliminato il vecchio intonaco per mettere a nudo la muratura;

2)nella seconda vengono asportati gli elementi di muro interessati dalla lesione fino a formare un vano di dimensioni tali da

permettere l’inserimento di nuovi elementi murari (solitamente mattoni pieni), avendo cura di rendere abbastanza omogenea

la fusione tra muratura vecchia e nuova;

3)Infine viene ricoperto il tutto con piccoli tratti di muro con malte leggermente espansive confezionate con inerti simili a

quelli che costituiscono la malta esistente”, www.doc.studenti.it

20

www.comune.fi.it

21

Si ringrazia l’Arch. Rosario Lo Piccolo per le informazioni circa il restauro e le foto dell’intervento gentilmente fornite.

22 B. Del Corno, G. Mottura, Serre e verande, con 9 soluzioni progettuali, MAGGIOLI EDITORI, Dogana 2014

113

3. APPROCCIO ALL’AREA. ANALISI DELLO STATO DI FATTO E RILIEVO

3.1 L’area di progetto

L’area interessata dal progetto di recupero è un lotto di circa 1693 metri quadrati che fa parte del

Parco della Torretta, delimitato da Via Baragiola e dal Viale dei Tigli sui lati lunghi, leggermente in

pendenza. L’accesso è garantito da due cancelli, uno a nord sulla via Baragiola e uno a sud, sul Viale.

Figura 1 Visione satellitare del lotto

Il Comune di Montecatini, nella Variante al PRG vigente, individua nel territorio comunale diverse

destinazioni d’uso:

a) Conservazione ambientale;

b) Mantenimento e Ristrutturazione - Completamento;

c) Espansione;

d) Attività Produttive;

e) Zone Agricole;

114

f) Attrezzature;

g) Zone a vincolo speciale.

Le serre sono poste all’interno della sottozona F3A2 che comprende le attrezzature termali dismesse,

in particolare “gli immobili e le aree appartenenti al compendio termale le cui funzioni ed attività

risultano cessate in quanto non più strategiche alle finalità aziendali”1

(F3:attrezzature e impianti

afferenti al compendio termale; F3A:attrezzature termali esistenti).

Il lotto è inserito all’interno dell’ambito di recupero 19 della Variante al PRG vigente.

Figura 2 Quadro sinottico dei comparti di recupero compresi nell’ ambito di recupero n. 19. www.comune.montecatini-terme.pt.it

115

In dettaglio le serre sono classificate come edifici di particolare pregio storico e architettonico e

identificate rispettivamente come “A+” la serra in ferro e vetro ed “A” quella in muratura.

Sono definiti edifici “A+” gli edifici o i manufatti vincolati ai sensi del D.Lgs.42/04 Parte II. “I progetti

degli interventi relativi agli edifici o ai manufatti di cui al presente alinea devono documentare gli

elementi tipologici, formali e strutturali che qualificano il valore degli immobili stessi e dimostrare la

compatibilità con la tutela e la conservazione dei suddetti elementi”2

.

Sono definiti edifici “A”, “gli edifici o i manufatti che per caratteristiche tipologiche, per conservazione

degli elementi costruttivi e decorativi tradizionali, per epoca e per criteri di inserimento, costituiscono i

capisaldi della strutturazione urbana e paesaggistica del territorio. I progetti degli interventi relativi agli

edifici o manufatti di cui al presente alinea devono documentare gli elementi tipologici, formali e

strutturali che qualificano il valore degli immobili stessi e dimostrare la compatibilità con la tutela e la

conservazione dei suddetti elementi”3

.

Figura 3 Particolare Tavola 3 “Catalogazione degli edifici di particolare pregio storico-architettonico” della Variante al PRG vigente.

www.comune.montecatini-terme.pt.it

116

Le serre sono anche soggette a vincolo paesaggistico e ambientale secondo la legge n.1497/1939 e il

T.U. 490/1999.

Figura 4 Particolare Tavola QC12 “I vincoli paesaggistici” del Piano strutturale vigente. www.comune.montecatini-terme.pt.it

Le possibili destinazioni d’uso previste per i progetti di restauro per le serre Torretta sono di servizio,

commerciale e direzionale.

Per quanto riguarda gli ampliamenti, sono permessi “incrementi volumetrici eccedenti le addizioni

funzionali come definite dall’art. 79, comma 2, lett. d) n. 3 della L.R. 1/2005 e s.m.i., compatibili con

l’insieme e necessari all’uso, nel limite del 30 per cento del volume esistente”4

.

Come già detto in precedenza, le serre sono state abbandonate negli anni ’90 e da allora sono stati

effettuati pochissimi interventi per salvaguardarle.

La disposizione delle serre nel lotto è funzionale all’orientamento rispetto al sole. La prima è orientata

a sud-est, la seconda ha tutta la facciata principale rivolta a sud.

La serra più interessante, come si è detto, è quella in ferro e vetro: è composta da un corpo principale

117

più alto dal quale si dipanano tre ali, due maggiori e simmetriche e una posteriore più piccola.

L’ingresso è protetto da una tettoia sempre in ferro e vetro. Originariamente nel corpo principale erano

alloggiate le palme e c’era il deposito dell’acqua utilizzato dal sistema di riscaldamento a termosifoni

composto da quattro elementi terminali. All’interno dell’ala a nord ci sono due piani laterali che

corrono lungo i lati più lunghi con piani di pitch-pine e delle mensole centrali sempre dello stesso

materiale sorrette da strutture metalliche. Il padiglione a sud contiene un bancone centrale in muratura

con mensole di pitch-pine e delle vasche in muratura disposte lateralmente. Quello sul retro invece

era utilizzato dai giardinieri e vi è l’accesso al sottostante locale contenente la caldaia a carboncook,

negli anni poi sostituita. Attualmente è presente una caldaia Riello completamente arrugginita.

Il Testimoniale di Stato nel quale l’Arch. Bernardini descrive le serre parla solo di una tipologia di

pavimentazione: “la serra era pavimentata in battuto di cemento con solchi per lo scarico dell’acqua di

innaffiamento”. Questo potrebbe far pensare che la pavimentazione del corpo principale in mattonelle

sia un’aggiunta postuma, probabilmente risalente agli anni ‘20/’30 visto la tipologia delle stesse: si

tratta di mattonelle esagonali in graniglia di cotto finissima. Ma questa resta solo un’ipotesi.

La struttura in ferro e vetro della serra poggia su un muro basamentale di circa 90 cm al quale

internamente corrispondono le vasche e i piani che erano usati per alloggiare le piante.

La facciata principale è caratterizzata da un rosone in vetro policromo che viene ripetuto anche nella

facciata retrostante. Altri elementi caratterizzanti i due prospetti sono le decorazioni in ferro della

copertura e, nella facciata principale, della porta d’ingresso.

La facciata a sud è rivestita completamente da intelaiature a stecche di pitch-pine verdi

(originariamente non solo la facciata a sud da quanto risulta dal Testimoniale di Stato: “La serra (...)

aveva la tettoia munita di docce pluviali, le pareti laterali protette da intelaiature a stecche di pitch-pine

e aveva la porta principale sormontata da una pensilina di vetro e ferro”).

La serra in muratura invece è a pianta rettangolare con copertura a doppia falda: quella a sud è in ferro

e vetro mentre quella a nord a tavelle ed embrici marsigliesi.

La facciata principale rivolta a sud è completamente vetrata e qui si trova anche l’unico elemento

ornamentale della serra, che è la decorazione floreale della porta d’ingresso.

Sul retro ci sono degli ambienti di servizio e un bagno.

L’originario disegno del lotto è solo in parte percepibile e la pavimentazione originale è quasi

completamente coperta dalle erbacce nel vialetto, ma del tutto intorno alla serra, dove non è più

riconoscibile.

118

Figura 5 Planimetria del lotto fornita dall’Ufficio Tecnico delle Terme

Figura 6 Le serre quando erano ancora un Garden, in gestione ad Andrea Romualdi, che ha gentilmente fornito questa foto e le seguenti

119

Figura 7 Le serre negli anni '90 subito prima dell'abbandono (foto A. Romuladi)

Figura 8 Lo stato attuale del vialetto

120

Figura 9 Altra immagine del lotto ad oggi. Si vede l’ingresso a nord su Via Baragiola e la serra in muratura

Figura 10 La pavimentazione originale davanti alla serra principale è del tutto scomparsa

121

Figura 11 L'ingresso principale e il padiglione sud della serra in ferro e vetro

Figura 12 Il vialetto verso l’ingresso sul Viale dei Tigli e la facciata della serra principale, completamente infestata dalla vegetazione

122

Figura 13 Il lato nord della serra principale

123

Figura 14 Il retro della serra principale, completamente inaccessibile.

La struttura in ferro e vetro della serra principale è completamente degradata: le parti in ferro sono

arrugginite e, in molti casi, rotte. I pochi vetri che rimangono sono rotti in più punti e pericolanti.

Solo i vetri policromi del rosone della facciata principale e posteriore e della porta d’ingresso (non

tutti), sembrano in condizioni migliori.

Le travi in legno sono completamente marce.

I sistemi di scarico delle acque pluviali sono stati rubati e quelli rimasti sono crollati e sfasciati.

L’ala a nord risulta comunque molto più compromessa di quella a sud.

124

Figura 15 In questo particolare si può notare sia la struttura fortemente compromessa dalla ruggine, sia le travi in legno della copertura,

sia i vetri rotti

125

Figura 16 L'attuale stato di degrado della copertura dell'ala a nord della serra principale: i vetri rotti in bilico in posizione pericolante non

ne rendono agevole l’accesso

126

Figura 17 La facciata dell'ala a sud è uno dei pochi punti in cui è sopravvissuta la gronda in rame, anche se completamente compromessa

127

Figura 18 I vetri policromi del rosone inserito nella facciata principale

Figura 19La porta d'ingresso principale con la tettoia Figura 20 Particolare dei vetri policromi della porta principale

128

Figura 21 I rampicanti si sono infiltrati all'interno della serra, danneggiando fortemente sia la struttura metallica che i vetri

I meccanismi e i decori in ferro sono completamente arrugginiti.

Gli impianti sono rugginosi ed obsoleti. I radiatori originali invece non sono in cattivo stato.

Delle porte in legno interne che dovevano essere tre, ne è rimasta solo una. Quelle esterne invece

sono ancora presenti.

La pavimentazione in mattonelle nel corpo centrale è in alcuni punti rotta e quella delle ali non è quasi

più visibile a causa delle erbacce e delle foglie sedimentate.

Gli elementi di arredo interno che erano di servizio alla serra sono completamente degradati, vittime

oltre che dell’incuria anche di atti vandalici, come tutta la struttura del resto.

129

Figura 22 Particolare del meccanismo che era usato per aprire e chiudere le tende in copertura

130

Figura 23 Questo meccanismo serviva per aprire le finestre delle ali della serra principale

Figura 24 Particolare dell'ingranaggio

131

Figura 25 Meccanismo per aprire le finestre in copertura nel corpo centrale della serra principale

Figura 26 I decori in ferro sulla facciata principale

132

Figura 27 Decorazione in ferro della porta d'ingresso principale

Figura 28 Il termosifone originale prodotto dalla ditta Hontsch

133

Figura 29 L'unica porta interna rimasta

134

Figura 30 Particolare della pavimentazione del corpo principale

Figura 31 L'interno dell'ala sinistra: il pavimento Figura 32 Interno dell'ala destra: anche qui il pavimento è

non è quasi visibile sommerso da erbacce e foglie

135

Figura 33 Le vasche in muratura nell'ala sinistra

Figura 34 Il banco centrale in muratura con mensole di pitch-pine

136

Anche la seconda serra non versa in buone condizioni. I telai metallici delle finestre sono stati

fortemente aggrediti dalla ruggine, molti vetri sono rotti, il tetto nello spiovente a embrici e tegole

marsigliesi presenta evidenti danneggiamenti dovuti ad infiltrazioni.

Tutti gli arredi interni versano in pessime condizioni.

Figura 35 L'ingresso principale della serra in muratura

137

Figura 36 Le vasche in cemento esterne alla serra negli anni '90 (foto gentilmente concessa da A. Romualdi)

Figura 37 L'interno negli anni '90 quando il Garden era attivo (foto gentilmente concessa da A. Romualdi)

138

Figura 38 L'ingresso: si può vedere la pavimentazione e il rivestimento di legno delle mensole espositive (foto gentilmente concessa da A.

Romualdi)

139

Figura 39 L'interno della serra in muratura

Figura 40 Altra immagine dell'interno

140

Figura 41 Le condizioni della copertura.

3.2 La campagna di rilievo

La fase del rilievo è stata molto complessa a causa delle precarie condizioni nelle quali versano le

serre. L’immensa quantità di piante che, sia fuori sia dentro, infestano soprattutto la serra in ferro e

vetro, non hanno permesso di utilizzare le più moderne strumentazioni, come il laser scanner 3D, in

quanto si sarebbe generato troppo “rumore”.

141

Ho quindi proceduto con un rilievo tradizionale, per il quale anche l’uso del disto è stato quasi

impossibile (usato solo in rari casi soprattutto per verificare le altezze, dopo averle prese con altri

metodi), sempre a causa della vegetazione presente.

Per quanto riguarda la serra principale, sono partita verificando la pianta che mi era stata fornita

dall’Ufficio Tecnico delle Terme. Dopo aver verificato e corretto quella, ho cominciato a prendere tutte

le misure che mi necessitavano per crearmi innanzitutto dei prospetti basici, che mi sarebbero serviti

da base per la realizzazione del modello 3D.

Molto importanti sono state anche le centinaia di foto scattate durante la campagna, che in fase di

restituzione del rilievo, si sono rivelate preziose.

Una volta definiti i prospetti negli ingombri e nelle misure principali, sono passata a costruire il 3D su

Rhinoceros. Passare velocemente dal 2D al 3D è stato molto importante per riuscire a capire bene

come effettivamente funzionasse la serra e come fosse stata realizzata la sua struttura, di cui nessuno

sapeva nulla. Una volta passata al 3D è stato necessario tornare sul posto numerose volte, in quanto le

misure da prendere per riuscire a far tornare tutto erano davvero molte e, per la gran quantità di dettagli

presenti, era indispensabile di volta in volta disegnare subito gli oggetti rilevati. Per realizzare il

modello 3D era fondamentale capire bene come la serra fosse stata costruita e con quali pezzi, perché

era come costruirla nuovamente, e se un pezzo non andava al suo posto, c’era qualcosa di sbagliato.

Comprendere come era composta la struttura è stato uno degli aspetti più difficoltosi. Questo perché

molte parti non erano ben leggibili a causa dell’avanzato degrado e in molti punti c’erano profilati

saldati o imbullonati gli uni con gli altri che non permettevano di capire effettivamente quanti pezzi

fossero presenti (esempio di questo sono gli angoli della facciata principale). In questo caso l’alto

degrado della struttura ha forse aiutato, perché dalle deformazioni di alcuni profilati si potevano vedere

i pezzi che stavano nascosti.

La parte più difficoltosa è stata sicuramente la ricostruzione delle coperture. Grazie alle fotografie

realizzate in quota con il monopiede, è stato possibile formulare delle ipotesi realistiche circa il

possibile funzionamento sia del tetto dell’ala a sud che dell’ala a nord. Le strutture, profondamente

compromesse, sono formate da molti pezzi che è stato molto difficile ricostruire.

La copertura dell’ala nord è stata studiata attraverso l’analisi delle fotografie scattate da fuori la serra e

dall’interno del corpo centrale in quanto all’interno era troppo pericoloso addentrarsi. In questo caso la

142

simmetria dei padiglioni laterali, che è stata utile per la ricostruzione delle chiusure verticali, non è

stata utile per la copertura, in quanto le due ali presentavano tetti diversi.

Una volta completato il modello della struttura è giunto il momento di passare ai dettagli: il rilievo e la

restituzione dei meccanismi presenti ha impegnato un notevole spazio di tempo, per la complessità

dei singoli pezzi che li componevano e per capire come effettivamente venivano usati, o arrivare ad

ipotizzarlo.

Per esempio, per quanto riguarda i meccanismi che venivano usati per aprire e chiudere le tende in

copertura, è stata fatta un’ipotesi in base a ciò che è rimasto del meccanismo originario: la tenda era

attaccata tramite degli occhielli ai tubi alle estremità della falda di copertura. Attraverso la manovella si

azionava il meccanismo che metteva in moto il tubo, facendo arrotolare o scendere la tenda. Il tubo

collegato alla parte inferiore della tenda saliva e scendeva lungo la falda del tetto scorrendo su delle

guide costituite a delle travi a T per mezzo di una rotella sagomata.

Figura 42 Il meccanismo per srotolare e mettere in tensione le tende sulle coperture laterali

143

Figura 43 Il meccanismo posto sulla facciata principale per aprire e chiudere le tende del corpo centrale. In questo caso, in quota, si

hanno due rotelle dentate: attraverso la manovella a terra si faceva ruotare la prima rotella che trasmetteva la rotazione al la seconda e,

attraverso la seconda catena in copertura, ad una terza, che azionava il tubo sul quale erano arrotolate le tende (vista frontale e

particolari).

144

Figura 44 Il meccanismo utilizzato per aprire le finestre laterali: girando la ruota si metteva in movimento l'albero, collegato ad un

meccanismo a vite che, facendo ruotare la rotella, muoveva il tubo nel senso di apertura e chiusura delle finestre

Figura 45 La versione del modello vista sul programma Rhinoceros.

145

Figura 46 Il particolare dell'apertura del vetro

146

E’ in questa fase che, grazie all’analisi delle fotografie, è stato possibile ricostruire l’origine tedesca

della serra e avere più informazioni circa il funzionamento dei meccanismi (vedi cap.1.3.1).

Sempre durante la fase di modellazione ho individuato sulla fotografia di una tubazione, la sigla AFL e

una misura che sembra essere 2 ½.

Figura 47 L'immagine del tubo riportante la cifra AFL

Cercando su Internet AFL è venuta fuori un’azienda, “AFL S.p.a.”, con sede a Dongo, vicino Como, che

produceva raccordi in ghisa malleabile da più di settant’anni, ma che nel Marzo del 2009 ha dichiarato

fallimento. Questo mi ha fatto presupporre che le tubazioni attualmente presenti nella serra non fossero

147

originali ma postume, probabilmente coeve alla caldaia Riello, probabilmente risalente agli anni

‘60/’70.

Figura 48 La caldaia attualmente presente nella serra

148

Figura 49 Visione generale del modello della serra in ferro e vetro

Per quanto riguarda la serra in muratura, trattandosi di una struttura più semplice ed immediatamente

riconoscibile, è stato molto più agile ricavarne il modello 3d (anche per la mancanza di meccanismi

complessi al suo interno).

Una volta terminati i due modelli 3D, questi sono stati posizionati sul lotto tridimensionale.

A questo punto le serre erano state ricostruite e studiate in tutte le loro parti, ed era possibile passare

alla fase successiva, quella della proposta d’intervento.

Figura 50 Visione del modello della copertura della serra in muratura

149

Figura 51 Il lotto

Figura 52 Pianta della serra principale quotata

150

Figura 53 Pianta della serra in muratura quotata

151

1

“Norme tecniche di attuazione, stato modificato. Approvazione del C.C. n. 17 del 28-02-2013”.

www.comune.montecatini-terme.pt.it, pag. 46

2

“Norme tecniche di attuazione, stato modificato. Approvazione del C.C. n. 17 del 28-02-2013”.

www.comune.montecatini-terme.pt.it, pag. 58

3

“Norme tecniche di attuazione, stato modificato. Approvazione del C.C. n. 17 del 28-02-2013”.

www.comune.montecatini-terme.pt.it, pag. 58

4

“Norme tecniche di attuazione, stato modificato. Approvazione del C.C. n. 17 del 28-02-2013”.

www.comune.montecatini-terme.pt.it, pag. 91

152

153

4. L’IDEA DI PROGETTO

L’approccio che ho avuto nel momento di valutare la metodologia di recupero delle serre, è stato un

approccio “morbido”, che miri ad un intervento conservativo dell’aspetto architettonico e del rapporto

con il parco, oltre che dell’apparato tecnico del quale sono dotate.

Un recupero conservativo che permetta alle serre, anche se con diverse funzioni, di mantenere e

potenziare il loro valore architettonico, storico e culturale: le serre diventeranno museo di se stesse,

ospitando funzioni nuove.

Per raggiungere questo scopo verranno salvaguardati tutti gli apparati tecnici e gli elementi decorativi

in ferro mentre, all’interno, si cercherà di liberare il più possibile lo spazio, per garantire la migliore

gestione degli ambienti.

Per quanto riguarda l’intervento sulla prima serra, si procederà allo smontaggio della struttura:

l’intelaiatura in ferro, che risulta fortemente ossidata e danneggiata, verrà se possibile recuperata

attraverso un’operazione di pulizia per “sabbiatura a metallo bianco” (in caso di necessità, per

esempio per pezzi particolarmente delicati o particolarmente aggrediti, si potrà procedere con la

pulizia manuale o meccanica), asportando quindi totalmente tutti i prodotti della corrosione, le tracce

di vecchie pitture e tutte le impurità della superficie metallica, per ottenere una superficie di color

grigio chiaro, di aspetto uniforme e con una ruvidità tale da garantire l’adesione perfetta dei successivi

strati di pittura.

In caso di presenza di sostanze estranee e dannose come olio, grasso, sudiciume ecc., prima di

eseguire la sabbiatura verrà fatta una pulitura con solventi, emulsioni o composti detergenti.

Una volta ripuliti, i pezzi verranno ricoperti con rivestimenti protettivi per salvaguardarli dalle future

aggressioni che potranno essere di natura chimica (acidi, alcali, sali, solventi, ecc.), termica,

atmosferica e meccanica (abrasione, urti, vibrazioni ecc.).

Dopo la posa in opera, i pezzi verranno verniciati del colore originario (grigio chiaro).

Per i pezzi non recuperabili verranno create delle copie identiche, sia dimensionalmente che

morfologicamente, in acciaio zincato a caldo, applicando uno strato primer aggrappante prima della

verniciatura finale per evitare che si stacchi.

154

Le travi in legno, in molti casi marce e in altri proprio scomparse, verranno sostituite con travi

identiche per dimensioni e fattezze, ma realizzate in legno lamellare.

Le lastre di vetro verranno quasi tutte sostituite con lastre in vetro temprato e stratificato di sicurezza

3+3 (6/7), tipo “Plastofloat Seristal”1

, con un gommino cuscinetto da sistemare lungo i bordi del

vetro a contatto con le parti metalliche e un sigillante siliconico monocomponente, tixotropico2

,

resistente agli agenti atmosferici, antimacchia e non corrosivo per le parti metalliche.

Le uniche parti vetrate recuperabili sono le lastre in vetro “cattedrale” policromo del rosone, della

porta d’ingresso principale, delle decorazioni della tettoia e di alcuni punti isolati della facciata.

Queste, meglio conservate, verranno smontate, sottoposte alle operazioni di pulizia e rimontate. Per le

lastre rotte o disperse si procederà alla riproduzione delle stesse replicandone esattamente le fattezze.

L’intelaiatura a stecche di pitch-pine verdi presenti sulla facciata a sud verrà eliminata.

Il muro basamentale sul quale si imposta il telaio metallico verrà sottoposto a consolidamento e

restauro se possibile o altrimenti rifatto.

Circa il sistema di smaltimento delle acque meteoriche, verranno ripristinate le gronde lungo il

perimetro dell’edificio dove erano presenti e verranno ricollocati anche i pluviali.

In riferimento alle parti più importanti in quanto punto di forza del progetto di recupero dell’identità

della serra, cioè i meccanismi e i decori in ferro, si procederà come per il telaio: si tenterà di

recuperare i pezzi originali attraverso un attento lavoro di smontaggio, pulitura, trattamento antiruggine

e tinteggiatura. I pezzi mancanti (soprattutto nei tubi delle ali laterali che servivano per le tende)

verranno rifatti com’erano e dov’erano allo scopo di ricreare l’armonia architettonica del fabbricato.

Per quanto riguarda i meccanismi, quelli di apertura delle tende in copertura, una volta riposizionati,

avranno solo uno scopo di memoria storica, non funzionale. Verranno infatti previsti dei nuovi sistemi

di oscuramento a tende esterne, che costituiscono un efficace sistema per la protezione

dall'irraggiamento solare e favoriscono la riduzione del fabbisogno energetico dell'edificio. Le tende a

rullo verranno applicate su tutte le facciate tranne quella a nord. La soluzione proposta riguarda

l’utilizzo di tende a rullo per ambiente interno ed esterno con testate e supporti in acciaio inox AISI 304

satinato nella versione a motore. La tenda a rullo Extra Large di Pronema è adatta per applicazione a

parete e in copertura. Il tessuto per la tenda sarà il “Mermet Sunscreen Satinè 5500”, che garantisce

una “protezione efficace contro il calore, in grado di combinare un buon livello di luce naturale e

un’ottima visione verso l’esterno e, soprattutto, passiva, limitando in larga misura l’utilizzo di luce

155

artificiale e/o di climatizzazione (responsabili entrambe per oltre il 40 % delle emissioni di biossido di

carbonio)”3

.

Figura 1 Particolare della guida in acciaio inox. www.pronema.it

156

Figura 2 Scheda tecnica del sistema. www.pronema.it

157

Se possibile, verranno invece recuperati anche funzionalmente i meccanismi predisposti all’apertura

delle finestre dei padiglioni laterali e della copertura centrale.

Internamente, al fine di liberare il più possibile lo spazio, verranno eliminate tutte le tubazioni relative

all’impianto di riscaldamento oltre che la caldaia (postumi rispetto all’edificio), mantenendo solo i

quattro radiatori originali Hontsch, ma con il solo scopo di memoria, non funzionale.

Il riscaldamento invernale ed il raffrescamento estivo saranno garantiti da un impianto a serpentina a

pavimento, alimentato da un sistema a pompa di calore che permette di lasciare lo spazio

completamente libero da ingombri. Inoltre consente di distribuire in modo uniforme il clima su tutta la

superficie. Infatti la distribuzione del calore in un impianto di riscaldamento a pavimento avviene

mediante irraggiamento. Al contrario della convezione, sulla quale si basano i termosifoni e i radiatori,

l'irraggiamento è una forma omogenea di trasmissione del calore. Tramite la distribuzione uniforme su

tutto il pavimento, e grazie al relativo irraggiamento del calore, si raggiunge lo stesso grado di

climatizzazione in tutti gli ambienti, eliminando gli sbalzi termici e le dispersioni. Il risparmio

energetico è permesso dal fatto che viene usata acqua con una temperatura più bassa del normale:

30°C contro 50/ 70°C richiesti da un normale riscaldamento. La temperatura più bassa, anche se di

qualche grado, consente un maggior benessere personale e anche a livello di salute si avranno

benefici importanti, grazie ad un controllo stretto dell’umidità, clima fecondo per il moltiplicarsi dei

batteri, e alla mancanza di combustione delle polveri contenute all’interno di un normale radiatore.

L’aria meno secca e più pulita è un notevole vantaggio poiché agevola la respirazione.

Figura 3 Spaccato di un impianto di riscaldamento a pavimento. www.ecohousecostruzioni.it

158

Un ulteriore risparmio energetico sarà garantito dall’installazione della pompa di calore ad alto

rendimento (l’efficienza di una pompa di calore migliora del 25% se abbinata ad un sistema radiante

rispetto ad un impianto a ventilconvettori): “le pompe di calore sono macchine in grado di trasferire

l'energia gratuita presente nelle sorgenti esterne (aria, acqua, suolo) agli impianti per il riscaldamento e

l'acqua calda sanitaria. Il trasferimento di calore avviene per mezzo di un circuito frigorifero ad alta

efficienza con un ridotto assorbimento di energia elettrica. Circa il 75% dell'energia prodotta proviene

dall'ambiente esterno e l'apporto di energia elettrica è solo del 25%”4

.

Figura 4 Schema di funzionamento di una pompa di calore ad alto rendinento. www.ecohousecostruzioni.it

La pavimentazione in battuto di cemento verrà ripristinata dopo l’installazione dell’impianto di

climatizzazione nell’ala a sud e nel retro. Nell’ala nord verrà sostituita con una pavimentazione in teak

(tipologia di legno compatibile con la tipologia di impianto di riscaldamento). Per quanto riguarda

invece il corpo centrale si procederà allo smontaggio e pulitura delle mattonelle che verranno

riposizionate all’interno di una cornice di pietra serena di 25 cm.

159

Nell’ala sud i muretti e il bancone centrale in muratura verranno eliminati e verrà ripristinata la porta

interna; nell’altra saranno rimossi i piani laterali e i sostegni delle mensole centrali (mantenuti, con il

ripristino delle mensole, nell’ala sud), sempre nell’ottica di liberare lo spazio.

Per la seconda serra verrà seguito esattamente lo stesso procedimento: si provvederà alla verifica dello

stato delle murature con eventuale consolidamento e restauro o rifacimento; gli infissi verranno

smontati e restaurati se possibile o rifatti identici; sarà installato lo stesso sistema di oscuramento a

tenda della serra in vetro sulla facciata principale a sud; il tetto dovrà essere completamente

restaurato; tutti gli arredi interni saranno eliminati, così come l’obsoleto sistema di riscaldamento che

sarà sostituito, anche in questo caso, da un impianto a pavimento.

Per quanto riguarda il lotto, si seguirà la stessa logica che ha mosso il recupero della serra: si aprirà

l’area il più possibile eliminando erbacce e piante senza valore, nate spontaneamente durante il

periodo di abbandono e si ripristinerà il disegno originario del lotto, le sue aiuole e la zona

pavimentata, con il ripristino della pavimentazione originale utilizzando una pavimentazione

architettonica ad effetto ghiaia a vista.

Verranno eliminate le vasche in cemento prospicienti la facciata della serra in muratura, il vano

interrato sul lato est e i resti di quelle accanto al cancello, ormai distrutte dalle radici del grande

albero. Quest’ultimo dovrà subire un’operazione di potatura delle radici e di contenimento.

Verranno eliminati tutti gli scalini che possano creare intralcio, affinché il complesso possa essere

fruibile anche dai portatori di handicap.

Per arrivare alla definizione delle nuove funzioni sono partita da un’analisi degli input che potevo

cogliere a livello nazionale e poi a livello locale.

Guardando al momento storico che sta attraversando il Paese, negli ultimi anni sta crescendo la

domanda nel settore turistico, con una sempre più ampia e diffusa richiesta di cultura. Questo fa sì che

i paesi con una forte identità culturale e storica ne risultino avvantaggiati, se riescono a sfruttare queste

loro potenzialità. Oltre a questo, c’è una sempre maggior richiesta di qualità dei luoghi e dello spazio

urbano, per contrastare il degrado che in molte città sta prendendo il sopravvento. Da questo trend in

aumento, si sono sviluppate molte attività collaterali, come la diffusione di caffè letterari, di spazi

alternativi di sperimentazione, la cultura del bio, del chilometro zero e del recupero, oltre alla nascita

di molte iniziative di diffusione della cultura del verde e del vivere naturale, in risposta al degrado

urbano e all’incuria, soprattutto nelle grandi città. Proprio in questo ambito sono nate moltissime

160

associazioni che hanno creato orti urbani, angoli verdi nel cemento, laboratori e corsi ad hoc legati alla

conoscenza delle piante ecc. e che si fanno portavoce di questa cultura alternativa. Tra queste è

particolarmente famoso il gruppo “Guerrilla Gardening”, gruppo di volontariato del verde urbano,

aperto a tutti gli appassionati, che ha deciso di interagire positivamente con lo spazio urbano attraverso

piccoli atti dimostrativi in una sorta di “libero giardinaggio”, contro la speculazione edilizia e lo stato

di totale abbandono e degrado in cui versano molti spazi urbani. Attraverso i loro “attacchi”, cercano di

diffondere questa contro-cultura del verde e della qualità degli spazi da vivere.

Figura 5 Esempio di un'area prima e dopo l' "attacco verde". www.wordpress.com

161

Anche a Firenze ci sono molte iniziative in questo senso, per esempio il Community Garden “Orti

dipinti” di Borgo Pinti, nato dal recupero di uno spazio urbano abbandonato.

Figura 6 L'orto didattico in Borgo Pinti, Firenze. www.corrierefiorentino.it

Molti laboratori del verde per far conoscere le varie specie botaniche vengono portati avanti in molte

città. Sempre per fare un esempio fiorentino, lo IED promuove ciclicamente dei workshop gratuiti

proprio sulla cultura del verde anche, ma non solo, legata all’arredo urbano. Lo IED promuove

attraverso i suoi corsi anche l’idea di design di recupero creativo. Questo solo per fare un esempio: di

casi come questi ce ne sono moltissimi diffusi sull’intero territorio nazionale. Laboratori di ogni tipo

162

sono ormai all’ordine del giorno e, soprattutto, sono molto frequentati: corsi di cucina, showcooking,

club del libro, corsi di cucito, ecc.

Anche a livello locale ho potuto constatare che sono state organizzate molte iniziative con scopo

culturale e sociale, come il festival “Food&Book, la cultura del cibo, il cibo nella cultura”, la “Fiera di

primavera”, per valorizzare i prodotti gastronomici tipici, o i percorsi didattici ideati dalla cooperativa

Keras per le Terme, creati per “sviluppare nelle nuove generazioni un senso di appartenenza, l’identità

dei luoghi (...) imparare a conoscere la città termale, unica nel suo genere per una straordinaria

compresenza di arte, storia, architettura, ambiente”5

.

Altro punto di forza è sicuramente il Parco, sempre molto frequentato, sia dai turisti che visitano gli

stabilimenti che dai montecatinesi che vi praticano attività sportive, portano a passeggio il cane o

cercano un po’ di relax. In questo contesto le serre potrebbero rappresentare un buon punto di

partenza o di sosta per chi vive il parco. Quest’ultimo ospita tra l’altro una ricca flora ornamentale e

numerosi esemplari arborei di grandi dimensioni, alcuni dei quali considerati “monumentali”. Il verde,

oltre all’acqua, è da considerarsi come patrimonio cittadino: basti pensare che un recente censimento

ha documentato che, solo lungo le strade cittadine, esclusi i parchi, sono presenti più di

seimiladuecento alberi ad alto fusto tra platani, lecci, tigli, pini, aceri e cipressi, mentre i parchi

termali hanno un patrimonio arboreo di ben 30000 unità caratterizzato dalle più svariate specie quali “palme (Phoenix canariensis, Butia capitata, Washingtonia filifera, Jubaea chilensis, Trachycarpus sp.

pl., ecc.) che danno un tocco di esotismo, conifere come sequoie, pini, cedri, cipressi di varie

provenienze, libocedri (Sequoia sempervirens, Pinus sp. pl., Cedrus sp. pl., Cupressus sp. pl.,

Calocedrus decurrens) o ancora latifoglie quali ippocastani, magnolie, platani, lecci (Aesculus

hippocastanum, Magnolia grandiflora, Platanus hybrida, Quercus ilex) ed altre ancora. Ricche fioriture

stagionali come begonie, canne (Begonia sp. pl., Canna indica) e varie bulbose, nonché arbusti di

azalee e rododendri (Rhododendron sp. pl.) in vaso o in piena terra creano colore in tutti i periodi

dell'anno”6

. Purtroppo nelle aree di pianura “gli effetti ormai consolidati della pressione antropica e

delle trasformazioni urbane hanno modificato da tempo gli originari ecosistemi della flora”7

ed alcune

specie sono ormai andate perdute (mi è stato fatto l’esempio all’Ufficio Tecnico delle Terme

dell’attuale numero di tipologie di rose presenti all’interno del parco, fortemente ridotto rispetto

all’origine).

Dall’analisi di tutti questi spunti, ho potuto trarre i “temi” fondamentali da affrontare nella definizione

delle nuove funzioni. Questi sono stati individuati in:

163

- turismo;

- recupero della memoria e dell’identità;

- qualità del vivere;

- luogo di scambio culturale;

- ispirazione musicale (concerti, spettacoli dal vivo, ecc.);

- creatività (mostre, installazioni, laboratori artistici, ecc.);

- digitalizzazione e didattica;

- sostentamento economico.

Da questa lista di temi, è stato facile estrapolare le funzioni per le nuove serre.

La funzione principale sarà sicuramente quella di “caffè letterario”, che è fondamentale sia per scopo

di sostentamento economico del centro, sia come punto di ritrovo collettivo. Sarà anche previsto un

Info Point per i turisti, in modo che le Serre Torretta diventino il punto di partenza e sosta dei molti

ospiti che visitano il Parco. Sarà anche prevista un’area dedicata all’attività didattica legata alle piante

con connessa attività di vendita, per non dimenticare qual’era lo scopo originario del posto e

valorizzarne la memoria e la storia. Sarebbe interessante riuscire a realizzare un sistema digitale che

permetta di avere informazioni dettagliate sul patrimonio botanico del Parco e sulle specie ormai non

più presenti, con la possibilità di scaricare, tramite un’applicazione, la guida botanica del Parco, oltre

che quella storica relativa ai vari stabilimenti. Questo sarebbe un incentivo sia per i turisti che per le

attività scolastiche (collaborazione con le iniziative della già citata cooperativa Keras), e permetterebbe

di realizzare una specie di museo a cielo aperto, che ha come punto di partenza le nuove Serre

Torretta.

Altro aspetto fondamentale per il funzionamento del complesso, è quello della “polivalenza”: la

presenza di uno spazio nel quale sia possibile fare riunioni, cerimonie, presentazioni, corsi,

installazioni artistiche di vario genere e che sia anche affittabile da enti pubblici o privati, sempre

nell’ottica dell’autofinanziamento.

164

Figura 7 Schema logico creato per la definizione delle nuove funzioni.

165

L’analisi degli esempi fatta nel capitolo 2 fa capire che, se ben sfruttati, queste tipologie di ambienti

possono funzionare molto bene e riscuotere molto successo tra il pubblico. Il loro innato fascino

sicuramente contribuisce allo scopo. Per questo credo sia possibile anche per queste serre una

rinascita e vita florida.

La dislocazione delle varie funzioni all’interno degli spazi disponibili è venuta molto naturalmente,

come se ogni spazio avesse già insita una propria vocazione.

Il caffè letterario sarà collocato all’interno della serra principale, creando uno spazio affascinante e

confortevole: nel corpo centrale verrà posizionato il bancone del bar (con gli ambienti di servizio sul

retro), mentre nell’ala nord la saletta con i tavoli e i divanetti. Sempre nel corpo centrale sarà dislocato

l’Info Point, che sarà del tipo “digitale”, non prevedendo quindi la presenza di personale e consisterà

nell’installazione di un totem multimediale interattivo del tipo “Kiosk Nice”.

Figura 8 La gamma “Kiosk Nice” . www.kioskwebsite.com

166

Figura 9 Possibili configurazioni. www.kioskwebsite.com

Il formato scelto sarà quello medio (770x2210x170 mm), con display multitouch di 42’’ e ne verranno

installati due, proprio all’ingresso della serra.

Sempre nella serra principale, ma nell’ala sud, sarà collocata la parte dedicata alla didattica e alla

botanica, con strumenti interattivi e la possibilità di conoscere ed acquistare le piante. Nella parte

centrale verranno ripristinate le mensole in legno aeree per alloggiarvi delle piante e saranno disposti

dei grandi tavoli ad uso del laboratorio; sul lato della facciata principale saranno disposte le piante

usate sia per le attività del laboratorio che per la vendita e sarà installato un lavandino. Dal lato

opposto saranno posizionati dei dispositivi digitali del tipo “InfoRead” con display multitouch di 46’’,

per il database delle specie botaniche del parco e le guide botanica e storica citate sopra e con la

possibilità di usarli anche per attività connesse all’aspetto didattico del laboratorio, quindi con giochi

interattivi, accessi a contenuti online ed altro.

La serra in muratura invece sarà deputata a luogo multifunzionale, nel quale verranno variate di volta in

volta le attività, in relazione al calendario del nuovo centro e alle attività esterne.

Verrà prevista la realizzazione di un blocco di servizi nella parte a sud del lotto, per posizionare i servizi

igienici di pertinenza della serra in ferro e vetro in quanto non ci sono spazi dedicabili a tale scopo al

suo interno. Nella serra in muratura invece, gli ambienti retrostanti si prestano bene a diventare area

167

deposito e destinata al personale e l’attuale bagno presente verrà ingrandito per ospitarne altri, in

modo da rendere i due edifici completamente indipendenti l’uno dall’altro. Questo risulta di

fondamentale importanza dal momento che si concede l’affitto della serra in muratura, che deve essere

quindi fruibile ed indipendente anche in caso l’altra sia in orario di chiusura.

Il nuovo edificio sarà disposto in asse con la serra vetrata e sarà largo quanto il corpo centrale della

stessa; verrà rivestito da una “pelle metallica” su tutti i lati tranne quello a nord sotto la pensilina, dove

sarà posizionato l’ingresso con tettoia. La forma deriva dalla volontà di creare una specie di invito

all’ingresso per il fruitore e una zona coperta in caso di attesa all’esterno. Al suo interno saranno

disposti separatamente due servizi igienici femminili, due maschili e uno per portatori di handicap,

oltre ad un vano di servizio. Sarà previsto un impianto di climatizzazione e ventilazione forzata: i motori

saranno posizionati sulla copertura piana.

Figura 10 Pianta di progetto della serra in ferro e vetro

168

Figura 11 Pianta del nuovo edificio

169

Figura 12 Pianta di progetto della serra in muratura

170

1

“I vetri Plastofloat Seristal accumulano i vantaggi di entrambi le lavorazioni :

-Vetri temprati : possono quindi essere mantenuti o articolati tramite parti metalliche

-Vetri stratificati : in caso di rottura, i frammenti di vetro sono trattenuti dagli intercalari in plastica.

Sono utilizzabili per tutte le realizzazioni interamente in vetro trasparente (…):facciate o vetrine in vetro strutturale, (…)

coperture, pozzi di luce o pavimenti in vetro”, www.macocco.com

2

Il comportamento tixotropico di un materiale ne facilita l’applicazione.

3 www.italianhomenews.it 4 www.ecohousecostruzioni.it 5

www.keras.it

6

www.floricoltura.arsia.toscana.it

7 Regolamento Urbanistico, Rapporto ambientale, pag. 116, www.comune.montecatini-terme.pt.it

171

CONCLUSIONI

Alla fine di questo percorso si può dire che il lavoro condotto è stato particolarmente gratificante in

quanto partendo da zero, cioè da una totale assenza di notizie di qualsiasi genere e senza una base di

rilievo pre-esistente, è stato comunque possibile raggiungere l’intento prefissato.

E’ stata un’esperienza faticosa e a volte frustante, soprattutto durante le prime fasi, quando le poche

indicazioni e le poche certezze sembravano portare solo a brancolare nel buio.

Durante il proseguo del percorso le cose sono andate a migliorare, quasi che i molteplici pezzetti del

puzzle andassero componendosi, da una scoperta ne veniva fuori un’altra, fino a costruire un quadro

completo soddisfacente.

E' giunta quindi la soddisfazione di aver restituito alle serre la loro storia, che nessuno ricordava più e

di aver proposto un progetto che permette di valorizzarle attraverso la comprensione della loro reale

forma e funzione, come erano e come potrebbero essere.

Visto il successo ottenuto da strutture simili, recuperate e destinate ai più svariati usi, è probabile che

anche in questo caso un'operazione analoga potrebbe funzionare. Ovviamente i servizi offerti devono

essere coerenti con la naturale vocazione dei luoghi e in linea con le richieste del pubblico fruitore.

Questo aspetto è stato particolarmente curato nella fase pre-progettuale, proprio per non ripetere gli

errori che già sono stati fatti anni addietro nel vicino centro della Torretta, dove valutazioni sbagliate

hanno condotto all’odierna situazione di abbandono. Anche la scelta di cercare di rendere le nuove

serre autonome grazie all’autofinanziamento, che potrebbe anche portare ad un ammortamento

dell'investimento, è un passo nella stessa direzione. Sicuramente il fatto che la zona sia molto

frequentata è un valore aggiunto, una chance in più.

La probabilità però che effettivamente queste serre tornino ad essere operative è purtroppo molto

bassa, a causa dei costi di restauro che la Società delle Terme non può accollarsi, soprattutto a causa

del faraonico progetto presso le Terme Leopoldine. Scelta fatta per rilanciare l’immagine della Città

Termale all’avanguardia e competitiva. Ma forse sarebbe stato meglio, secondo l’umile parere di chi

scrive, rinunciare alla grande firma ed agire con un piano generale per il recupero di tutta l’area

termale, con interventi mirati e coerenti.

172

Il progetto di recupero proposto è basato su sponsor privati o pubblici, intenzionati a sposare la causa

di un recupero attento e logico, evidentemente rivedibile ed ampliabile in base all’eventuale

adeguamento delle funzioni e delle nuove destinazioni d'uso. Questo potrebbe rappresentare il primo

passo per il futuro (si spera non remoto) recupero dell’intero Parco Torretta, gioiello architettonico e

paesaggistico abbandonato all’incuria e al degrado, che meriterebbe di venire salvato.

173

BIBLIOGRAFIA

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178

179

RINGRAZIAMENTI

Alla fine di questo percorso mi sento di ringraziare molte persone che hanno contribuito al

raggiungimento di questo obiettivo.

Ringrazio il Professore Giorgio Verdiani per la sua pazienza e calma, fondamentali nei concitati

momenti finali e l’architetto che mi ha seguito come correlatore, Gianni Sani.

Ringrazio soprattutto i miei genitori che mi hanno permesso di affrontare questo percorso di studi.

Un grazie speciale alle mie adorabili coinquiline, in particolare a mia cugina Federica, che si sono

prese cura di me, soprattutto in questo ultimo mese.

Grazie a tutti gli amici che mi sono stati vicini e mi hanno spronata. In particolare ad Elisa, Rossella,

mio fratello Massimiliano e Francesca per l’aiuto materiale che mi hanno dato, soprattutto in fase di

rilievo.

Ringrazio molto l’architetto Rosario Lo Piccolo per i materiali che mi ha fornito sulla Serra Carolina e

per l’assistenza nella fase di proposta di recupero delle strutture e il Sig. Andrea Romualdi e

l’architetto Claudia Massi che mi hanno fornito informazioni e materiali importanti.

Un pensiero anche al gentile dipendente comunale di Montecatini Terme, Claudio Guardigli e all’Ing.

Gino Lenzi, Direttore Tecnico delle Terme di Montecatini S.P.A.

Infine un grazie generale a tutti coloro che in qualche modo hanno fatto parte di questa avventura e che

non ho citato personalmente.