santa maria delle grazie senigallia

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· UNIVERSITA DEGLJ STUD! I I ROMA "LA SAPIENZA" QUADERNI D'ELL'ISTITUTO DI STORIA DELL' ARCHITETTURA DIPARTIMENTO DI STORIA DELL' ARCHITETTURA, RESTAURO E CONSERVAZIONE DEI BENI ARCHITETIONICI NUOVA SERlE, FASCICOLO 31 - 1998 SAGGI Peler Draper LA TRANSIZIONE TRA ROMANICO EGOTICO IN lNGHILTERRA L'ESPRESSIONE DELL'JDENTITA ATTRAVERSO L'ARCHITETTURA, p. 3 Francesco Benelli BACCIO PONTELLI, GIOV ANNI DELLA ROVERE, IL CONVENTO ELA CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE ASENIGALLIA, p. 13 Wolfgang lung COERENTf INCONGRUENZE. SULLA INCISrONE PREVEDARI ElLCORO DI SANTA MARIA PRESSO SAN SATIRO DI BRAMANTE, p. 27 Flaminia Bardali UN COMMITTENTE BRETOl\'E AROMA: GLI INTERVENTI DI THOMAS REGIS NEL RIONE PARIONE,p.41 Carla Schianone PALAZZO REGIS STORIA DELLE TRASFORMAZIONI, p. 59 RlLIEVI E DOCUMENT] Rossana Mancini e Crislina Udina LA CINTA MURARlA DELLA CITTA Dr NfNfA, p. 75 Marco Calino e Marco Di Pasqua SANTA MARIA DEI MARTIRJ AMARANOLA, p. 81 Santi Ramella LA CHIESA DELL' ANNUNZIATA APALAZZOLO ACREIDE INFLUSSI BAROCCHI NELLA SICILIA SUD-ORIENTALE, p. 85 Rossella Foschi CARLO MARCHIONNI ELE MOLE CIVICHE DI CIVITA VECCHIA, p. 87 BONSIGNORI EDITORE 1999

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·UNIVERSITA DEGLJ STUD! II ROMA "LA SAPIENZA"

QUADERNI D'ELL'ISTITUTO DI STORIA DELL' ARCHITETTURA DIPARTIMENTO DI STORIA DELL' ARCHITETTURA, RESTAURO E CONSERVAZIONE DEI BENI ARCHITETIONICI

NUOVA SERlE, FASCICOLO 31 - 1998

SAGGI

Peler Draper LA TRANSIZIONE TRA ROMANICO EGOTICO IN lNGHILTERRA L'ESPRESSIONE DELL'JDENTITA ATTRAVERSO L'ARCHITETTURA, p. 3

Francesco Benelli BACCIO PONTELLI, GIOV ANNI DELLA ROVERE, IL CONVENTO ELA CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE ASENIGALLIA, p. 13

Wolfgang lung COERENTf INCONGRUENZE. SULLA INCISrONE PREVEDARI ElLCORO DI SANTA MARIA PRESSO SAN SATIRO DI BRAMANTE, p. 27

Flaminia Bardali UN COMMITTENTE BRETOl\'E AROMA: GLI INTERVENTI DI THOMAS REGIS NEL RIONE PARIONE,p.41

Carla Schianone PALAZZO REGIS STORIA DELLE TRASFORMAZIONI, p. 59

RlLIEVI E DOCUMENT]

Rossana Mancini eCrislina Udina LA CINTA MURARlA DELLA CITTA Dr NfNfA, p. 75

Marco Calino e Marco Di Pasqua SANTA MARIA DEI MARTIRJ AMARANOLA, p. 81

Santi Ramella LA CHIESA DELL' ANNUNZIATA APALAZZOLO ACREIDE INFLUSSI BAROCCHI NELLA SICILIA SUD-ORIENTALE, p. 85

Rossella Foschi CARLO MARCHIONNI ELE MOLE CIVICHE DI CIVITA VECCHIA, p. 87

BONSIGNORI EDITORE 1999

Fig. 1 - Senz'gallz'a, zl /ronte nord del complesso dz' Santa Mana delle Grazz'e nel1924 (ICCD, E 8846).

BACCIO PONTELLI, GIOVANNI DELLA ROVERE, IL CONVENTO E LA CHIESA DI SANTA MARIA

DELLE GRAZIE A SENIGALLIA

Nel 1491 Giovanni Della Rovere 0), signore di Senigallia, incarico Baccio Pon­telli del progetto della chiesa e del con­vento di Santa Maria delle Grazie (2). I motivi che indussero Giovanni a costruire U convento sarebbero legati ad un voto fatto per la nascita, avvenuta nel1490, del figlio Francesco Maria I, futuro duca del Montefeltro (3), rna eprobabUe che I'in­tenzione fosse anche quella di edificare un mausoleo di famiglia (4).

Sono noti i rapporti di committenza fra l'architetto fiorentino e i Della Rovere - da Sisto IV a Giuliano, futuro Giulio II (5) - rna poco si sa di quelli con Giovanni. Baccio, oltre ad essere l' architetto dei Della Rovere fin dal 1483 (6), e legato a Giovanni anche per via dei Montefeltro­Giovanna da Montefeltro, moglie di Gio­vanni, era figlia di Federico duca di Urbi­no - in quanto documentato nella capita­Ie montefeltresca dal1479 al1482, come collaboratore di Francesco di Giorgio Martini (7). Giovanni era stato commit­tente dell'architetto senese per due opere militari: la rocca di Mondolfo (8) e quella di Mondavio (9) nel 1490 aveva anche richiesto alia Signoria di Siena il permesso

di FRANCESCO BENELLI

(negato) di avere Francesco per un lavoro da svolgersi «per un mese 0 un mese et mezo» (0). Egli aveva avuto modo anche di conoscere direttamen te alcune sue opere di altro ambito: nel 1490 si reco personalmente a Urbino in San Bernardi­no per intervenire al capitolo Generale degli Osservan~i (1) e nello stesso perio­do esamino i dlsegni della chiesa dell'Os­servanza alla Capriola presso Siena (2).

II rapporto stabilitosi fra il Duca e Bac­cio produsse, oltre alie Grazie, la ricostru­zione della rocca di Senigallia (13), comin­ciata da Luciano Laurana (4), e fra il 1490-92, la costruzione della chiesa di Santa Maria Nuova di Orciano (15). Emerge quindi la tendenza di Giovanni di servirsi di architetti - Luciano Laurana, Francesco di Giorgio e Baccio Pontelli ­gia sperimentati e apprezzati alIa corte urbinate.

II complesso delle Grazie esituato fuo­ri, rna non lontano, dalia citta di Senigal­lia, in mezzo ad una selva in collina, secondo Ie consuetudini dei Minori Osservanti come ricordato da Francesco di Giorgio: «Situati i posti in loco remoto fuore e non molto distante dalla citta»

(6) (jigg. 1-6). II fronte principale dell'e­dificio, aliora rivolto a sud, affacciava sill­la valiata e consentiva una vista a sud-est, verso il mare, rna anche a ovest, su parte degli Appennini (jig. 8).

II progetto di Pontelli per U convento delle Grazie si puC> ricostruire da una veduta attribuita a Gherardo Cibo del 1596 (fig. 7), pubblicata da Pietro Ridolfi da Tossignano vescovo di Senigaliia, nel Historzarum llbri duo (17). L'immagine, ripresa da Gherardo da un disegno di cir­ca un secolo prima, appartenente alia sua collezione privata, restituisce l'edificio, visto da sud-ovest, intorno ali'anno 1495. La veduta desClive una fabbrica non con­clusa, con una chiesa con I'ingresso rivol­to a sud, corrispondente all'odierno coro, di altezza inferiore, rna di larghezza pari ali'attuale. II presunto «transetto», date Ie sue dimensioni compatibili con queIle di due celle conventuali sovrapposte OS), doveva essere l'inizio di un braccio a due piani che delimitava a ovest un secondo chiostro quadrato mai realizzato (19), uguale, per dimensioni a queIlo maggiore esistente (jig. 9). Le due «feritoie» dove­vano essere Ie finestre relative aIle due cel­

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Fig, 2 - San/a Maria delle Grazie, pian/a del piano /erreno (nlievo di F Benelft),

5 10,

Ie sovrapposte. Anche il convento aveva l'ingresso principale a sud opposto a quello attuale; nel chiostro maggiore tro­viamo infatti la scala principale a destra vicina al lato sud e i locali di servizio (eucina, elispense e canova) sullato nord, opposto a quello d'accesso, come era uso comune nei conventi. Anche i peducci del chiostro maggiore collocati su quello che secondo questa ipotesi diviene il percorso principale ingresso-scala, hanno dei moti­vi decorativi piu prestigiosi: 10 stemma eli Carlo VIII (20), quello del cardinale Giu­

liano; proseguendo verso la scala si trova san Francesco che riceve Ie stimmate (jigg 10-12). Si tratta di referenti fonda­mentali per Giovanni, che costituiscono due livelli di rango e protezione: quella terrena, politico-militare e quella spiritua­le-religiosa.

Si devono distinguere due progetti diversi, non realizzati integralmente, attri­buibili a Baccio PonteW: entrambi preve­devano un convento organizzato intorno a due chiostri quadrati uguali, divisi al piano terreno da un muro, che costituiva-

Fig. 3 - San/a Maria delle Grazie, pian/a del primo plano (rilievo di F Benelb),

no la matrice geometrica di tutto l'im­pian to planimetrico: il principio composi­tivo era di mantenere intatta la loro forma ed estendere verso l'estemo i vari ambien­ti circostanti che diventano moduli di varia grandezza, dimensionata secondo la funzione, e si aggregano al di fuori dei lati dei due quadrati accostati; COSl i volumi della scala maggiore, della sacrestia e del­la chiesta interrompono iJ profilo esterno dei prospetti. La differenza principale fra i due progetti riguarda la disposizione della chiesa (21). Inizialmente questa ven­ne pensata orientata secondo l' asse est­ovest, larga quanto la profondita della sacrestia e ad essa adiacente. Doveva esse­re dotata di scarsella affiancata da due piccoli ambienti, 1'uno corrispondente al campanile, l'altro Forse a stanza di servi­zio. In questa soluzione il prospetto sud sarebbe stato Formato da due fronti non allineati: quello piu arretrato del conven­to e quello piu sporgente che allineava la sacrestia, il campanile e la chiesa.

Quando vennero portati a termine la sacrestia e il campanile, per motivi non chiari ma Forse a causa della cedevolezza del terreno, si muto 1'orientamento della chiesa: mantenendola della stessa dimen­sione, la si dispose secondo l'asse nord­sud, creando una progressione di spor­genze fra il piano del convento, quello della sacrestia e quello della chiesa. Nella nuova disposizione, la pianta della chiesa, che non fu piu allineata allato ovest del convento, determino una rientranza sulla facciata occidentale. Questo cambiamen­to in opera del progetto etestimoniato dal parziale soffocamento della finestra ad arco in corrispondenza del primo piano e satto al campanile da parte del muro est della chiesa (jig. 13).

In seguito la chiesa venne modificata in due fasi: entro iJ 1538 Girolamo Gen­ga, incaricato da Francesco Maria I, la trasformo in cora aggiungendo l' aula attuale, piu bassa, e ribaltando l'ingresso verso nord; nel 1626, sotto Francesco Maria II, la chiesa assunse l'aspetto odier­no, provvista della Fodera interna con nic­chie e lesene e volta a batte (22).

Stabilito che la chiesa ponteWana cor­risponde al coro della chiesa attuale, e possibile derivare una serie di considera­ziani sul carattere dell'edificio e sul modo di operare di Baccio. A navata unica, e coperta a capriate (23), la chiesa eascrivi­bile al tipo a «fienile» (24) e il suo asse eli simmetria appartiene al sistema modulare del convento. L'interno e composto dal­1'accostamento di due quadrati con lati eli lunghezza pari a 2,5 moduli; aggiungendo 10 spessore dei muri laterali si arriva a 3 moduli. La facciata epari alia meta della lunghezza dell'aula; l'altezza corrisponde­

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Fig. 4 -Santa Mal"la dette Grazle, seztone est-ovest (rillevo dl F. Benelb).

va alla larghezza del fronte (25), quineli il volume ecostituito da due cubi accostati. Questa rapporto dimensionale elementa­re di 1:2 ecomune anche a diverse chiese francescane umbre, come San Francesco ad Orvieto e San Francesco di Montefal­co (26). Sotto tale aspetto, la chiesa e quindi perfettamente inserita nella tradi­zione francescana del centro Italia. Ma questo ancora non soddisfa del tutto la comprensione della sua origine: se si sovrappone la planimetria della chiesa

delle Grazie con quella della cattedrale di Sant'Aurea ad Ostia si nota una perfetta coincidenza dimensionale !jig. 14).1l con­franto epossibile anche dal punto di vista volumetrico, essendo la chiesa ostiense il risultato dell'accostamento di due cubi. Sant'Aurea, spogliata delle sue decorazio­ni lapidee e dell'ordine architettonico, avrebbe dunque un aspetto esterno simile a quello delle Grazie. In Sant'Aurea l'aula coperta a capriate e divisa dalla scarsella da un arco trionfale. Giuliano Della

Rovere, fratello di Giovanni, avrebbe commissionato a Baccio Pontelli la costruzione eli una chiesa, secondo From­mel (27), direttamente derivata da un tempio all'antica. La chiesa doveva fun­zionare per la vicina racca, in costruzione fra il1483 e il1486, e il cantiere presumi­bilmente doveva esserle contemporaneo. Le argomentazioni di Frommel sono ineccepibili per quanto riguarda l'ester­no. Dubbi sorgono invece dall'esame del­la planimetria, se confrontata con due

Fig. 5 -Santa Marta dette Grazie, sezione nord-sud (rilievo di F. Benelb)

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Fig. 6 - Santa Maria dette Grazie, II /ronte nord net 1924 (ICCD, E 8848)

esempi toscani di ambito mediceo, attri­buibili a Michelozzo: la cappella del castello di Trebbio, dei primi anni venti del Quattrocento, e la cappella del Novi­ziato in Santa Croce a Firenze, datata alia meta degli anni quaranta (28) (jig. 15). Le due cappelle sono coincidenti Era di loro e con Sant'Aurea per Ie dimensioni e la volumetria: un'aula dimensionata da due quadrati separata con un arco dalia scar­sella in cui si affiancano due ambienti che saturano gli spigoli posteriori del rettan­golo. La differenza tra Ie chiese micheloz­zesche e quelle di Ostia e Senigaliia enella copertura dell' aula, a doppia crociera. Due finestre per lato, in asse con il colmo della crociera assicurano l'illuminazione intema (29). nprototipo per queste cap­pelle e riconoscibile nella Sacrestia Vec­chia di San Lorenzo, della quale Miche­lozzo duplica la campata (0).

Per la loro posizione geografica, per il

prestigio della commlttenza edell'archi­tetto e per l'importanza di Santa Croce nell'Ordine francescano, esse dovevano essere conosciute a Baccio, di origine fio­rentina, e forse anche a Giuliano Della Rovere. Pontelli sembra dunque adottare un modello flessibile e disponibile a diverse fWlzioni che la committenza attri­buisce alia chiesa senigalliese: mausoleo di famiglia come la Sacrestia Vecchia, cappella privata del signore come quella del castello di Trebbio e della rocca di Ostia, chiesa conventuale dei frati minori francescani come Santa Croce (31).

La planimetria del complesso conven­tuale e organizzata secondo una griglia geometrica rigorosa (jig. 9): il modulo base ecostituito da un quadrato che cor­risponde a 6 braccia fiorentine (0,584 m) o a 12 piedi medievali (32). Baccio non era nuovo ali'luSO del braccio fiorentino: in Sant'Aurea ad Ostia aveva adottato

Fig. 7 -J!fi-onte sud-ovest de! convento di Santa Maria delle Grazie in un disegno di Gherardo Cz"bo.

proporzioni semplici di numeri interi di questa unita di misura (33). II braccio medievale - corrispondente a quello fio­rentino e uguale a due piedi romani - era comunque una misura largamente in usa nelle chiese francescane del centro Italia (34). Sovrapponendo la griglia alia pianta del piano terreno, si nota l'emergenza eLi un asse principale nord-sud che taglia simmetricamente l'ingresso, il chiostro est e l'uscita posteriore. A partire da questo riferimento si puo rilevare che i due chio­stri hanno una dimensione di 4 moduli per lato, il portico occupa 6 moduli di lunghezza e 1 di profondita, gli ambienti circostanti hanno una larghezza di 2 moduli. Anche di fronte a dimensiona­menti che non permettono il rispetto del modulo intero, si ricone alla meta del quarto di modulo. Questo accade per la disposizione delle pareti ortogonali ai lati del chiostro, che dimensionano i locali circostanti, come il refettorio, la cucina e le dispense, ma anche per l'involucro del­la scala maggiore, largo 1,25 moduli e profondo 2,75 moduli. Le linee della gri­glia si dispongono in maniera sistematica in asse, nei muri con andamento est-ove­st, e diventano tangenti al filo nord di quelli con disposizione nord-sud.

II chiostro ovest (non realizzato), secondo l'uso dei frati e secondo France­sco di Giorgio Martini, doveva essere destinato alla sepoltura «dove uno acci­mitero 0 sepolture attribuito sia» (35). L'accesso da sud era assicurato da un cor­ridoio tangenziale al chiostro che prolun­gava il portico est, creando un'asse rettili­neo percorribile che arriva fino alia fac­ciata nord, misurando tutta la profondita dell' edificio. II corpo scala relativo al chiostro ovest difficilmente poteva avere climensioni simili a quelle della scala prin­cipale, perche nelle due posizioni, dove sembra piG opportuno collocarlo, avreb­be creato notevoli inconvenienti compo­sitivi e distributivi: in simmetria al corpo scala esistente, avrebbe comportato nel prospetto una continuita di superficie abbastanza insolita e poco gradevole con la facciata della chiesa. Disposta nord-sud suI portico ovest, la scala avrebbe tolto spazio eccessivo ai locali attigui e determi­nato una sporgenza anomala sul prospet­to ovest. Le alternative possono dunque essere due: 0 la scala era prevista sul fron­te nord adiacente al corridoio, sporgente dal prospetto nella stessa maniera di quel­la principale ad est; 0 era stata prevista una chiocciola inserita a meta del portico sud fra la chiesa e la sacrestia, adiacente all' altare. Sarebbe anche state possibile avere contemporaneamente Ie due scale.

Sullato opposto verso valie nell'unico posto disponibile e allo stesso modo di

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Sant'Aurea e della disposizione comune delle chiese contemporanee, viene collo­cato il campanile che 11 rimane anche dopo la modifica della disposizione della chiesa. Nel nuovo contesto - quello attua­Ie - la torre campanaria assume tuttavia una posizione inusuale, trovandosi a meta della lunghezza dell'aula. Al primo piano la presenza delle due scale non avrebbe comportato problemi distribuitivi, per­mettendo l'inserimento di un congruo numero di celle elisposte sui lati esterni e in quello prospettante sullato nord del chiostro occidentale (fig. 16). E altresi permesso il prolungamento in asse del corridoio est-ovest piu vicino alla facciata nord. La scala a chiocciola sarebbe stata servita dal corridoio est-ovest adiacente alla chiesa; questo, intercettando l'ortogo­nale a nord, avrebbe determinato una stanza isolata sull'angolo nord-ovest che, similmente aIle piante per conventi di Francesco eli Giorgio (36), avrebbe potu­to ospitare Ie latrine.

L'impianto planimetrico del progetto di Baccio Pontelli e pensato per soddisfa­re al meglio Ie esigenze funzionali dei frati prestando molta attenzione all'organizza­zione dei percorsi. Si puo inelividuare una generale consonanza col trattato eli Fran­cesco di Giorgio, anche se Ie sue osserva­zioni sui conventi risultano a volte ovvie e inevitabili per questo tipo di eelificio.

La porta d'ingresso sullato sud ecolle­gata al portico che circonda il chiostro maggiore tramite un androne [5] (37). Su questo lato si trovano, secondo gli usi degli Osservanti, gli ambienti destinati alia pratica ed istruzione dei frati, la stan­za del professorio, la biblioteca e la stanza da lavoro del padre guardiano. Entrando a destra c'e un ambiente con l'accesso diretto sui portico, prowisto di una fine­stra collocata asimmetricamente nella parete sud [6]. Proseguendo, all'inizio del lato est del portico si trova il p011:ale d'in­gresso al convento recante sui fregio l'epi­grafe 10 DUX, evidente richiamo al FE DUX del palazzo ducale di Urbino (8) e di forma martiniana (39). U portale intro­duce in un corridoio [9] che a destra distribuisce il disimpegno della scala maggiore e un'ampia stanza quadrata dotata di due finestre [8]; da qui si puo entrare in un altro ambiente che poteva essere la stanza del priore [7]. Nel corri­doio d'entrata a destra e situato un lava­mani in pietra eli Cagli inserito nel muro, e di fronte sull'asse centrale del corpo eli fabbrica, un portale uguale a quello d'in­gresso rna recante l'iscrizione 10 PRE (40). Da qui ci si immette in un ambiente che per ie sue grandi dimensioni (e la stanza piu grande del convento) e identi­ficabile con il refettorio [10]. Colpisce

Fig. 9 - Santa Maria delle Grave, rzcostruzione della pianta del piano terreno secondo la veduta di Gherardo Cibo. A tratteggio la parte de! progetto di Pontelli non realizzata con fa chiesa disposta in direzione est-ovest. Nel chiostro costruito si nota la composizione modulare secondo quadrati dz lato pari a 6 braccia /iorentine (disegno di F. Benel/z)

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Fig. 8 - Santa Maria delle Grazie, ilfrol1te sud-est.

che il p011:ale d'ingresso, in asse con il cor­ridoio e non con la scala, privilegi il per­corso chiostro-lavamani-refettorio ed i flussi interni scala-lavamani-refettorio 0

scala-stanza grande a destra; non altrer­tanta importanza e attribuita al tragitto eliretto chiostro-scala. Si potrebbe quindi affermare che 10 sbocco della scala non sia parte del sistema del chiostro, rna appartenga ad una logica di percorsi interni al convento. U refettorio e lungo circa 13 metri, quanto un lato intero del chiostro e prende luce da tre finestre affacciate sullato esterno disposte a distanze regolari. II refettorio fungeva anche da sala capitolare in quanto la rego­la degli Osservanti non prevedeva sale eli rappresentanza, in disaccordo con il voto

di poverta ed umilta. Era anche 10 spazio in cui, oltre alla chiesa, secondo la regola di quest'ordine, awenivano Ie vestizioni dei novizi e in cui nel tempo libero si porevano leggere i libri in volgare custodi­ti nella biblioteca (41). Quindi complessi­vamente era l'ambiente centrale dell'orga­nismo conventuale e della vita sociale dei frari.

Adiacente al refettorio si trova la cano­va [11], luogo destinato allavaggio delle biancherie e dei canovacci, al deposito del vino, rna anche ufficio di contabilita per gli approwigionamenti del convento. La canova era elirettamente collegata con il chiostro, e quineli con il pozzo. La presen­za del passaggio che immette nel portico determina 10 slittamento della parete che

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Fig. 10 - Santa Maria delle Grazie, cbiostro maggiore, peducCZo COI1 stemma di Carlo VIII.

Fig. 11 - Santa Maria delle Grazie, cbiostro maggiore, peducCio con stemma di Giuliano della Rovere.

Fig. 12 - Santa Marza delle Grazie, cbiostro maggiore, peducCio con S. Francesco cbe rice­ve Ie stimmate.

divide il refettorio dalia canova, spezzan­do cosll'a1lineamento con il muro del portico. In questo caso Pontelli privilegia la componente funzionale a scapito delia regola compositiva modulare, esaltando ancora di piu il carattere di «macchina» dell'organismo conventuale. Le canove secondo Francesco di Giorgio dovevano «essar volte a tramontana» (42), cioe a nord, assieme ai depositi e aile can tine, dove l'ambiente e piu fresco e asciutto, adatto anche alla conservazione degli ali­menti. La corrispondenza con Ie direttive martiniane e anche qui puntuale: sullato nord dalla canova si poteva accedere direttamente alia cucina e da qui, tramite una scala, a1la sottostante cantina. La cucina inoltre comunicava ali'esterno con gli orti e vi funzionava un grosso camino (43). Essa era contigua alie stanze adibite a dispense e magazzini. Queste avevano Ie porte d'accesso tangenti aile pareti in modo tale da concedere piu spazio possi­bile agli scaffali; an cora una volta e evi­dente, da parte di Baccio, l'attenzione ai dettagli funzionali. Completano illato nord altri due locali adibiti a stalla e latri­na. La zona fin qui descritta, tranne la stanza [6], e totalmente percorribile all'interno dell'edificio senza ricorrere al portico come elemento distributore. Per­cia Ie stanze separate da questo percorso, e accessibili solo dal chiostro, forse erano adibite a funzioni piu distaccate 0 riserva­te rispetto alia vita quotidiana del conven­to. E' il caso delia stanza a sud a sinistra dell'entrata: un ampio ambiente con accesso assiale dal chiostro dotato di due finestre. Dai confronti dimensionali e pla­nimetrici con un progetto per un mona­stero a Firenze di Baldassarre Peruzzi

Fig. 13 - Santa Maria delle Grade, fronte sud, finestro 01 primo piano in asse con it campanile.

questo ambiente potrebbe essere identifi­cata con la biblioteca (44). Tutte Ie fun­zioni meno <<llobili» si trovano sui lato posteriore a nord, lasciando il fronte prin­cipale a quelie piu «spirituali».

Per raggiungere la chiesa dal convento si doveva accedere prima alia sacrestia [) J e passare sotto al campanile [2J, dove si poteva azionare il meccanismo delle cam­pane.

Sulla base della veduta di Gherardo Cibo, il piano superiore doveva essere piu incompleto del piano terra, alr:neno prima' del 1497, in particolare nel corpo di fab­brica posteriore a nord, nellato ovest del chiostro e anche sullato sud (jig. 16). Le celle dovevano tuttavia essere in numero sufficiente ali'insediamento dei frati che si stabilirono nel convento gia nel 1492 (45). La scala di collegamento doveva essere unicamente quella principale del chiostro. La disposizione delle celie e semplice rna efficace: esse occupano la maggioranza dello spazio disponibile e si attestano lungo i lati del chiostro e delle pareti esterne, distribuite dai quattro grandi corridoi. Le celle angolari che si affacciano sui chiostro, di dimensioni maggiori e coperte da una volta a padi­glione con lunette, secondo Francesco di Giorgio servivano ad accogliere i frati superiori in grade: «Le camere de' frati con una loggia camera, studio con saletta, sicondo 10 spazio e grandezza loro son da compartire. Faccisi alcune ornate camare per li loro generali 0 maggiori e altre stan­ze sicondo si ricerca, atte per state e ver­no» (46). La loro maggiore dimensione deriva, oltreche da ragioni gerarchiche e funzionali, anche dali'esigenza compositi­va di consentire l'apertura di una finestra in facciata e il recupero dell'allineamenta interno del corridoio. Si ottiene in questa maniera, nella disposizione delle celie prospettanti sui chiostro, un curioso e inedito disegno a «svastica» che foroisce un incastro formaJmente e funzionaJmen­te migliore di quello proposto negli sche­rni di Francesco di Giorgio (jig. 17) (47): Ie stanze COS1 disposte 'avvolgono' il peri­metro del chiostro, sottolineando il suo aspetto di elemento compositivamente centrale (e possibile avere assi di simme­tria diagonali) e aumentando il senso di circolarita del percorso dei corridoi.

Gli ambienti situati in corrispondenza degli angoli esterni erano di solito desti­nati a servizi, come queUo dell'angolo nord-est, probabilmente adibito a latrina. E' questo un tipo di distribuzione comu­ne nei conventi, non solo francescani: tro­viamo latrine collocate negli angoIi poste­riori nel convento dei Minori Conventuali di Ripatransone (48), nei vari disegni di Antonio da Sangallo il Giovane per il

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convento di Castro (49) e anche France­sco di Giorgio, negli schemi ideali per conventi, colloca i «destl"i» in prossimita degli angoli del prospetto posteriore, facendoli fuoriuscire dal corpo di fabbri­ca (50). Baldassarre Peruzzi arrivera adeli­rittura a staccarli dal retro dell'edificio, assicurando il collegamento con un porti­co (51). Sul chiostro, secondo Francesco di Giorgio, si dovevano affacciare «dor­mentori, forestarie, rifettori, librarie, infermarie, barberia, destri (Iatririe), e altri luoghi opportuni ail'uso lora» (52). Egli inoitre raccomandava che alcune camere dei frati «sicondo 10 spazio e grandezza lora son da compartire» (53), quindi non estrano se si travano celle fra lora comlU1icanti.

nchiostra maggiore e senz'altra la par­te piu monumentale del complesso delle Grazie, composto da pOltici eli 5 archi su colonne monolitiche appoggiate su un muretto che fWlge da basamento. Sopra Ie ~lfcate una fascia modanata segna il marcadavanzale sul quale impostano cin­que piccole finestre che illwninano Ie cel­Ie del primo piano; Ie pareti dovevano essere intonacate (tracce di intonaco era­no ~lI1cora visibili nel 1924). L'interco­lumnio ha lU1a di.mensione che si ricava dividendo per 5 i 4 moduli planimetrici che dimensionano il chiostro, composti da 6 palmi fiorentini (1 palmo =0,584 m). nnuovo modulo che si ottiene e quindi equivalente a 5:4 del modulo planimetri­co, cioe a 4,8 palmi fiorentini e diviene l'elemento regolatore dei praspetti del chiostro. L'altezza della facciata e di 3,5 moduli cosl che il rappOlto fra la larghez­za di un lato e la sua altezza eeli 5:3,5; una proporzjone che permette una buona illu­minazione naturale del chiostra consen­tendo di avere per gran parte della gior­nata i portici assolati. n rapporto tra inter­columnio e altezza degli archi rilevata sopra il muretto e di 1: 1,5. Se invece si considera I'altezza partendo dalla quota di calpestio del primo piano, e all'incirca pari a 2 moduli; la differenza che risulta fra questa ed il filo superiore della cornice daU'arco edi 1:4 eli modulo. Come avvie­ne per I'impianto planimetrico anche per la facciata viene dunque usata la meta ed il quarto di modulo.

Ugualmente al chiostro della canonica di Sant'Ambrogio a Milano, pragetto bra­mantesco contemporaneo alle Grazie (54), l'altezza delle colonne e pari aila luce degli archi (55). L'uso del modulo e diffe­rente neUe facciate del cOltile del palazzo ducale di Urbino e nell'abbazia di Grotta­ferrata (56), edifici in cui Baccio e impli­cato (57): in entrambi si usa un modulo quasi identico (4 m a Urbino e 3,9 m a Grottaferrata), rna l'altezza delle arcate e

approssimata a poco meno eli due modu­li. Trattandosi di palazzi e non di conven­ti, viene inoltre a mancare Umuretto su cui appoggiano Ie colonne e quineli I'arca­ta risulta piu slanciata. Un'altra sostanzia­Ie differenza proporzionale sta nel dimen­sionamento: aile Grazie elementi come la distanza dal colmo dell'arco al marcada­vanzale, quella dalla cornice superiore delle finestre alia linea di gronda, rna soprattutto I~ ridotta dimensione delle finestre, fanno sl che la parete sostenuta daile colonne sembri oltremodo pesante, se messa in relazione con il vuoto degli archi sottostanti. Cia non avviene nel cor­tue urbinate, a Grottaferrata e a Sant'Am­brogio, dove la massa piena del primo piano e alleggerita dalla maggiore lar­ghezza della facciata, daile ampie finestre e, ad Urbino specialmente, dalla esigua distanza fra queste e gli archi e la trabea­zione sottostanti. Nel palazzo Ducale urbinate inoltre, Ie paraste del piano nobile prolungano 10 slancio verticale del­le colonne ed 'arretrano' la facciata, con­tribuendo ad aUeggerirla ulteriormente. Anche aRoma e a Firenze, soprattutto nei chiostri michelozzeschi, non vi emai 10 stesso tipo eli relazione fra pieno e vuo­to che si rileva aile Grazie (58): si potreb­be affermare che Baccio in questo aspetto sia ancora legato a 'pesanti' proporzioni medievali (jig 18).

Nel chiostro delle Grazie, come e nor­ma nel Quattrocento, non esiste alcuna corrispondenza fra il ritmo delle colonne e Ie aperture all'interno del portico. Le piccole finestre del piano superiore sono cinque, come gli archi, ma non sono sullo stesso asse; cia edovuto ad esigenze di distribuzione interna (figg. 4, 5). Per riu­scire ad illwninare Ie celle angolari Ie fine­stre sonG elisposte il piu vicino possibue al cantone e solo la finestra centrale e in asse con I'arco sqttostante. Le due rimanenti sono collocate equielistanti fra quella cen­trale e Ie due esterne; si ottiene cos1 un rit­mo costante indipendente da quelle degli archi che pera, data la ridotta di.mensione delle finestre e la loro rada scansione, non interferisce con quello del portico (59) e contribuisce ad 'allargare' prospettica­mente la facciata.

Le colonne sono eli ordine composito con lU1 rapporto di 1:9 fra il eliametro del­Ia base del fusto (30 cm) e l'intercolum­nio. nfusto ealto 7 volte il diametro sen­za il capitello: una proporzione che sia Vitruvio sia I' Alberti (60) assegnano all'ordine dorico e che Francesco di Gior­gio e Filarete (61) ammettono per 10 ioni­co (fig. 19). nmuretto che separa il porti­co dal chiostro termina con una cornice in marmo composta da una gola dritta ed un gocciolatoio. La base della colonna e

Fig. 14 - Sovrapposizione della pianta della cbiesa di Santa Maria delle Grazze, ne! proget­to originario de! Ponte!Lz; a que!!a di Sant'Au­rea ad Ostia (disegno di F Bene!b).

una comune base attica, di derivazione vitruviana, formata da un pieelistallo qua­drato sotto alla consueta progressione toro-scozia-toro. La cimbia raccorda la base con il fusto, liscio e monolitico di pietra (a differenza dei pilastri angolari che sono composti da cinque rocchi), che si rastrema a lU1 terzo dell'altezza.

I capitelli anche se con qualche varia­zione presentano tutti Ie stesse caratteri­stiche (/zgg. 20-22): un solo ordine di foglie eli acanto che avvolgono un calato

Fig. 15 " (1) Firenze, cbiesa di Santa Croce, cappe!!a de! noviziato; (2) Trebbio, caste!!o mediceo, sezione e pianta della cappella (da 0. Mar/sam; Michelozzo, cit.).

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Fig. 16 - Santa Maria deLLe Grcwe, rzcostruzione della pzanta del primo piano secondo la veduta dz Gberardo Cibo. A trat/eggio La parte del progetto di PonteLLI non reaLtzzata (disegno di F BerteLLz).

liscio, a campana, ben in vista; Ie volute sono disposte a 45° sui prolungamenti delle diagonali e nascono dall'echino 0,

sovrapponendosi ad esso, dal calato. L'e­chino non elavorato e sostiene un abaco composto da tre fasce sovrapposte. Le foglie sono caratterizzate da £itte nervatu­re verticali accoppiate, 11101to lineari, che contr<lstano il contorno frastagliato; di norma queUe disposte parallelamente al portico si sovrappongono a queUe che r ggono Ie volute, hanna tre eliramazioni laterali ' una centrale che risvolta in maniera tale da lasciare bene in vista i.l calato. In modo casuale a volte viene a

mancare la Foglia centrale sostituita da rami di quercia con foghe e ghiande, sim­boli rovereschi (62). Le volute sono di due tipi: pill frequentemente nascono da dietro l'echino oppure si uniscono al cen­tro deUa campana con un ramo pendente e salendo si sovrappongono all'echino. In questo caso non compare la Foglia centra­le. I flares abaCI sono vari: a Fiore con petali, a foglia, mentre spesso al centro compare una ghianda.

Ogni elemento del capitello eben distinto e la sua composizione sembra provenire da un disegno architettonico ragionato. n calato liscio, un solo ordine

Fig. 17 - Francesco di Glorgzo Martlm, plante dl conventl IdeaLz (Torma, Bib Ltoteca Reale, Cod ice Saluzziano, / 121).

di foglie e l'echino non lavorato non sono riconducibili a repenori romani (63), anti­chi 0 contemporanei, ma si avvici.nano pill a tipi fiorentini e lombareli (64). Anche se a Firenze questi tre elementi non si trova­no mai insieme, vi sono esempi simili nel­l'opera eli Michelozzo: nel conile di palaz­zo Medici, nel chiostro delle donne dello spedale eli San Paolo e nel conile interno di Careggi (65). Le differenze tra questi capiteUi e queUi senigalliesi sono ne11e proporzioni pill slanciate (tranne che a Careggi), nell'echino decorato, nel mag­giore aggetto delle volute e nella lavora­zione pill modellata (quineli con un mag­gior effetto di chiaro scuro), tipica degli scalpellini toscani. Un capitello pill vicino a quelli del chiostro delle Grazie si trova nel portico del palazzo arcivescovile di Pisa (66) (jig. 23). ncapitello pisano diffe­risce da quello senigalliese solo nell'echi­no, intagliato, nella voluta decorata e nelle foglie disposte a due altezze diverse: alte quelle che reggono le volute, basse quelle centrali. La lavorazione, pill piatta di quella fiorentina, e vicina alio stile degli scalpellini lombardi. Maestranze lombar­de e toscane infatti terminarono i lavori del loggiato di Pisa presumibilmente nel 1472, e nel1476 sonG documentati paga­menti a Baccio «per costruire pill palchi». Pontelli conosceva da vicino il cantiere dell'arcivescovado, avendovi prestato la sua opera come intagliatore.

L'echino liscio e una caratteristica lom­barda: e diffuso a Milano e 10 si trova nel­l'ordine composito della canonica di Sant'Ambrogio e nel portale di S. Maria delle Grazie, anche se in entrambi i casi con uno spessore minore (67) (jigg. 24, 25). In questi esempi milanesi confluisco­no tutte le altre caratteristiche fondamen­tali del capitello senigalliese che potrebbe quindi avere due origini diverse, rna intrecciate (68): una lombarda bramante­sca, e una toscana. Ma l'echino liscio potrebbe derivare anche da una migliore consonanza con la sobrietil francescana e dal minore costo eli realizzazione. Baccio conosceva elirettamente gli esempi toscani, mentre quelli lombardi erano venuti alia sua conoscenza soprattutto durante il sog­giorno urbinate. Non enemmeno escluso che i capitelli delle Grazie siano stati scol­piti da maestranze lombarde, in quel tem­po molto diffuse e attive neUe Marche. Nella citta di Giovanni esistevano comun­que scalpellini in grado eli svolgere questo tipo di lavoro che godevano di una certa stima anche al cli fuori della Signoria: uno di questi eBernarcli.no da SenigalJia (69).

I peducci suI lato interno del ponico sono realizzati in pietra di Cagu, compat­ta e adatta a11a lavorazione min uta. Piu eleganti e minuti eli quelli della rocca di

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SenigaUia essi ricordano da vicino, sem­plificati, quelli del palazzo di Urbino, di palazzo A1bizzini a Citta di Castello, quel­Ii martiniani della rocca di Mondolfo. Sono composti di un abaco concavo a tre fasce orizzontali sovrapposte e di un echi­no semplice convesso; in basso, sotto l'a­stragalo, pende un elemento a goccia. Le volute, che compaiono solo in sei peduc­ci, situati nella parte ovest del chiostra, sono sporgenti verso I'esterno, a seguire la direzione dell'abaco, e Ie lora facce sono divergenti; non esiste apparente­mente una relazione fra il tipo di volute e i simboli contenuti.

n programma generale della simbolo­gia e probabilmente opera dello stesso Giovanni, che sfoggia un repertorio di immagini, stemmi, emblemi ed allegorie che descrivono la sua vicenda umana e spirituale. Si trovano in posizione premi­nente gli stemmi di Carlo VIII e Giuliano Della Rovere, cardinale di San Pietro in Vincoli. Compaiono simboli religiosi come s. Francesco che riceve Ie stimmate - ripetuto due volte -l'agnello (jig 26), il monogramma di Cristo IHS all'interno dell' ostia fiammeggiante, simbolo di s. Bernardino (jig. 27). A fianco ci sono anche allegorie riferite alla fede e alla guer­ra, e stemmi papali e cardinalizi rovere­schi, relativi a Sisto IV (jig. 28) e di nuovo a Giuliano (70). Colpisce come nella varie­

las dei simboli si trovino uniti con pari importanza stemmi tra loro discordanti, come quello di Carlo VIII 0 degli Aragona e dei Montefeltro (che compongono meta della stemma di Giovanni), allegorie rife­rite sia alia Carita che alla guerra, nel ten­tativo di esaltare comunque l'alto rango

Fig. 19 - Santa Maria dette Grazie, chiostro maggiore, cotonna.

Fig. 18 - Santa Mana dette Grazie, chiostro maggiore, tati nord ed est.

della famiglia, con il suo notevole passato e un presente ben collegato ai piu impor­tanti personaggi dell'ultimo scorcio deJ Quattrocento. A parte gli stemmi posti a fianco degli ingressi, quelli araJdici a sud e quelli relativi a s. Bernardino a nord non e possibile individuare una regola nella loro disposizione.

Un elemento importante del chiostro e la soluzione angolare, costituita da un piJastro a 'L' in pietra al quale si congiun­gono due semicoJonne, uguali a quelle intere (jig. 29). n£Osto e composto da cin­que racchi sagomati di eguale altezza, piu un sesto in cui e scolpito iJ capitello. La cornice superiore che stacca il pilastro dall'imposta degli archi nei due lati inter­ni, verso il portico, riprende all'incirca Ie

Fig. 20 - Santa Maria dette Grazie, chiostro maggiore, capitetto angotare con stemma di Carto VIII.

dimensioni dell'abaco, aggiungendo una piccola gola dritta; questa cornice non e presente nei due lati corti che affacciano verso l'esterno. Lo stacco che questi pro­ducono dalio spigolo e sufficientemente dimensionato per permettere all' archivol­to delle campate angolari - formato da una gola dritta in pietra e staccato dal pro­filo dell'arco da una serie di mattoni disposti di fascia - di completare illoro arco senza mai intersecarsi; questo detta­glio permette alie facciate di acquistare una maggiore indipendenza. La composi­zione degli elementi che costituiscono l' angolo e, come nel capitello, molto chia­ra; ogni parte eben distinta e proporzio­nata, frutto di un preciso disegno architet­tonico. Gia Vitruvio raccomandava l'in-

Fig. 21 - Santa M.ana dette Grave, chiostro maggiore, capitetto.

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Fig. 22 - Santa Maria delle Grazie, c!Jiostro maggiore, capitella Fig. 23 - Plsa, c!Jiostro del palazzo arcivescovile, capitella del portico.·

Fig. 24 - Milano, c!Jios/ro della canonica di SantAmbrogio, capitella. Fig. 25 - Milano, Santa Maria delle Grade, capitella del porta Ie.

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grossamento dell'elemento angolare, e l'Alberti per I'angolo dei giardini propo­ne: «Volendo fare opera solidissima, irnpiegavano un tipo di colonna a pianta quadrata dalia quale sporgevano, da una pane e dali'altra, due semicolonne roton­de» (71). II pilastro angolare e comune nel medioevo e, a ritroso, si ritrova fino aile case di Ercolano (72). In questo aspetto Baccio non raccoglie la tradizione fioren­tina che pone in angolo una colonna (73), dando origine a un problema di difficile soluzione (74): l'intersezione degli archi­volti angolari. Michelozzo nel cortile di palazzo Medici, abbassando la colonna angolare e consentendo al1'archivolto di aurnentare il suo giro, dimostra di consi· derare un inconvenienre: I'intersezione degli archivolti, che tuttavia permane in nurnerose architetture toscane e milanesi, quali i chiostri dorico e ionico di Sant'Ambrogio (75).

Modelli piu vicini, ma ancora non sod­disfacenti per la comprensione dell'origi­ne della soluzione angolare senigalliese, si trovano aRoma: nel portico di S. Pietro in Vincoli e in quelli di S. Spirito in Sassia. Questi due esempi sono tuttavia ancora molto rudimentali e possono ricoI'dare l'angolo del palazzo di Giulio Cesare Varano a Camerino (jig. 30) e quello, piu riuscito, dell'oreline inferiore del chiostro di S. Salvatore in Lauro (76). Queste osservazioni confermano che anche I'an­golo del chiostro di Senigallia non eliscen­de da precedenti romani. Nel cortile di palazzo Venezia si trova un pilastro ad 'L' ma con colonne fuse sullo spigolo interno. In questo caso pero I'archivolto conclude I'intero arco. Nell' angolo del palazzetto Venezia-forsel'esempio romano piu vici­no alie Grazie - il pilastro ha semicolonne addossate, ma gli elementi sono ancora molto confusi tra di loro e i rispettivi capi­telli si intersecano. Anche in questo caso l'archivolto non si sovrappone. Nel secon­do ordine del palazzo della Cancelleria si trova infine un semplice pilastro a 'L' che ricorda, anche se piu elaborato e con dimensioni maggiori, quello Fiorentino del chiostro eli S. Maria Maddalena de' Pazzi.

Ancora una volta gli esempi che piu corrispondono a Senigallia sono I'angolo del palazzo ducale di Urbino e quello del palazzo di Gubbio. Anche se semplificata e spogliata delle paraste che nascondono 10 spigolo, per la composizione chiara e distinta degli elementi, la soluzione seni­galliese sembra derivare da un ragiona­mento compositivo analogo (77).

I prospetti esterni del convento non hanno subito grosse alterazioni. Gli ele­menti eli maggior spicco sono Ie grandi finestre guelfe posizionate in corrispon­denza della testata dei corridoi. La stessa

disposizione si puo incontrare anche nel­I'abbazia di Praglia (78), nel convento del santuario di Forno (79) e a S. Sisto a Pia­

. cenza (80). Le comici in pietra sono rette da tre mensole, sotto la soglia e in corri­spondenza con gli elementi verticali. Questo tipo di finestre, diffuso soprattut­to sui versante ovest dell'Italia, aRoma e largamente in uso gia dalla meta del Quattrocento, soprattutto in edifici di carattere civile, e in misura minore in quelli religiosi (81).

La disposizione delle finestre degli ambienti e dovuta a ragioni eli funziona­lita intema e non e discordante con la tra­dizione dei conventi meelievali e quattro­centeschi. IIloro nurnero e proporzionale alla grandezza della stanza. Nelle stanze bimodulari, a parte la eucina, si cerca eli rispettare I'asse centrale della parete esterna; 10 stesso atteggiamento non si riscontra nella disposizione di porte e finestre che affacciano sui chiostro dove viene privilegiata, piuttosto che un rap­pono con Ie arcate, la collocazione vicino alio spigolo. Al piano superiore Ie apertu­re hanno una maggiore uniformita eli rit­mo perche illuminano prevalentemenre celle eli eguale dimensione e sono dispo­ste pressappoco in asse con la pona.

II metodo di privilegiare Ie pareti inter­ne dei locali comporta nei prospetti ester­ni una certa casualita della disposizione delle aperture, Ie quali non appartengono ad alcuno schema geometrico e - oltre ad evidenziare ancora una volta il carattere funzionale dell'eelificio - impoverisce I'a­spetto esterno. Questa poverta esterna contrasta invece con la ricchezza interna del chiostro, in perfetto accordo con la mentalita francescana.

II complesso delle Grazie e una delle ultime opere certe di Pontelli assieme a S. Maria Nuova di Orciano. Quando Baccio prepara ill(rogetto di Senigallia, prima di trasferirsi presso gli Aragona (82), ha alie spal1e Ie esperienze di Pisa (dov'e attivo solo come legnaiuolo), Urbino, Roma e il secondo soggiorno marchigiano. Ne! con­vento delle Grazie si trovano aggregati, in misura diversa, elementi che appartengo­no a ciascuna eli queste fasi, con una pre­minenza di motivi urbinati. Tale domi­nante potrebbe derivare da due canali paralieli: dal rapporto tra Baccio Pontelli e Francesco di Giorgio e da quello tra Giovanni della Rovere e Federico da Montefeltro. Due rapporti eli emulazione simili, rna differenti: Giovanni non riesce a staccarsi - almeno da quanto traspare da quello che ne! convento non dipende dali'opera di Baccio e dalia necessita dei frati - dalla personalita di Federico da Montefeltro (a cominciare dalla scelta di Baccio come architetto), ne dal fratello

Fig. 26 . Senigallia, Santa Maria delle Grazie, chiostra maggiore, peduccio con l'agnello e if libra della regola /rancescana

Giuliano Della Rovere e dalio zio Sisto IV dali'altra. Baccio, da parte sua, si ispira a Francesco di Giorgio fino a raggiungere risultati in qualche caso migliori ed inno­vativi (per esempio la disposizione a 'sva­stica' delle celle del primo piano e la com­posizione della facciata de! chiostro), rna restando comunque ali'inrerno della rra­dizione francescana. Egli adatta Ie diverse esigenze della committenza, soluzioni funzionali e formali tratte dali'archirettu­ra an rica - il tern pio per I' esterno di Sant'Aurea, I'impianto a quincunx e 1'01'­dine dorico in S. Maria Nuova (83) ­medievale e contemporanea - nelle Gra­zie non si trovano cirazione dali'antico ­assemblandole fra loro con una buona capacita professionale.

Fig. 27 - Santa Maria delle Grazie, chiostro maggiore, peduccio con l'ostia !iammeggiante, emblema di S. Bernardino.

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NOTE

(1) Giovanni della Rovere nasce ad AJbisola vicino a Savona neJ 1457, da Raffaello - frarello di papa Sisto IV - e Teodora Manerola; terzoaenito dopo Giuliano - fuwro papa Giulio II - e B:nolo­meo, che divenne vescovo di Massa e di Ferrara e patriarca di Antiochia; essi avevano anche una sorella, Luchina. Giovanni, nel 1474, sposo Gio­vanna da Monrefelrro, figlia di Federico duca di Urbino e nello stesso anno venne nomina to signore e preleno di Senigallia dallo zio papa Sisto IV (M. BONVINI MAZZANTI, Giovanni Della Rovere. Un «principe nu.()vo» nelle vicende ilalzone degli tlllimi decenni del XV secolo, Senigallia 1983; F. PETRUC­CI, Giovanni delta Rovere, in Dizionario biogra/ico degliIlalianz; vol. 37, Roma 1989, pp. 347-350).

(2) Le prime notizie sul convenro delle Grazie e la sua fondazione si devono a Frate Grazia di Fran­cia, priore del convento e storiografo dei Della Rovere. La vicenda e tranata nella biografia di Gio­vanm della Rovere, fin ita di scrivere nel 1552: La vila e i gesli della bona memoria: Sig[noreJ Iohan Pre/ello, capia del manoscritto conservara nella Biblioteca Apostolica Vaticana (BAV), Codice Urbinale talino, nO 1023, e in un'altra opera minore senza titolo dello stesso anno, da lui iniziata e con­tinuata dai priori del convento suoi successori fino al 1862, denominata per convenzione Cronichella Falconara (AN), Archivio Provinciale dei Frat; Minori delle Marche (APFMM). Cfr. G. PAGNA I L'asservanza nelle Marche nel primo Irentennio del secolo XVI, in Le orlgini delta rt/orma CappuCCtllfl, Attl del Convegno di Sttldi Storiet; Camerino, 18-21 settembre 1978, Ancona 1979; M. BONVINI MAZ­ZANTI, Tra XVe XVI secolo: l'opera sloriogra/ica di Frale Grazia di Francia, in «Fonri e Documenri» (Swdi in onore di Lorenzo Bedeschil, II, vol. :3 (fasc.l4), Urbino 1985; lD., Frale Grazia di Francia storico dei Della Rovere tra XV e XVI secolo i~ «Swdi Senigalliesi» (Bollenino della Societa d~gli amici dell'ane e deJla cultural, aa. 1985-86, pp.1l9-134.

(3) Frate Grazia wnavia non fa cenno al voto. La prima notizia al riguardo e dello storico del­J'Ordine francescano F. GONZAGA, De oriaine seraphica religionis franciscana et"usqtle progr;ss/~ bus, de regularis observaneto instiltllione, forma ad mimslratioms ac legibus admirabilique eius propa­gattOne F. Francisci Gonzagae eiusdem religionis mimslri gnalts ad S-D-N Sixtus V opus in quatuor

Fig. 28 . Santa Maria delle Grazie, chios/ro maggiore, peduccio con stemma di Sisto N.

paries divisum earum quid ullaquaeque cOlllineat sequens pagina indicabil, Roma 1587 (Falconara, APFMM). Le fonti successive sono concordi con Gonzaga: F.P. RODULPHT, HiSloriarum Libri duo, CIt., lenera inedita datata 30 luglio 1630 del fano­re di SenigalJia al duca Francesco Maria II Della Rovere (Firenze, Archivio di Stato (ASF), fondo DucalO di Urbino, classe III, filza XXXVIII, f.159r); WADDING, Annales Fratrum Minorum, tome VII, 1648 (I ed.), p. 274; P.L. STE A, StOrta della citta di Senigallla, 1746.

. (4) Nell'arco di quanro anni vi vengono sepol­u, olere al prefetto nel 1501, tre parenti molto VIClm: nel 1498 il cognato Anronello Sanseverino principe di Salerno e nel1502 la figJia Girolama e la madre Teodora Manerola, mona qualche anno pnma (dr. FRJlTE GRAZIA, Cronichetta, f. 16r; 10., La vila e gesli della bona memoria: Sig[noreJ Iohan Pre/etto, f. 330; M. BmNINI MAZZANTI, Giovanni della Rovere, cit., p. 13).

(5) G. VASAm, Le vile de' piu eccellenli pillori seulloYi ed archilel/i, ed. 1568, a CLIra di G. Milane­si, voJ. II, Firenze 1878, p. 647, pp. 653 ss., pp. 659-665; P. GlI\NUIZZI, Documenti retalivi a Bawo Pontelli, in «Archivio Storico dell'alte», III, 1890, pp. 269-299; E. ROCCHI, Baccio Pontelli e la rocca di Ostia, in «L'Ane», 1,1908, pp. 27-31; P. GIOR­DANI, Baccio Pontelli a Rorna, in «L'Ane», XI, pp. 96-112; E. LAVAGNINO, L'architello di SISIO IV, in «L'Ane», XXVII, 1924, pp. 4-13; P. E. VECCHIO­NI, It convenlo di sanla Maria delle Grazie in Seni­gall~ nelta stoY/a e nell'arte, in «Societa degli amici dell ane e della cultura», II, Pesaro 1924, pp. 6-46; L. SERRA, L'arte neUe Marche, Roma 1934; P. TOMEI, L'architel/ura aRoma nel Quattrocenlo, Roma 1942; T. MAGNUSSON, Siudies in Roman Quattrocento Archilecture, Stockolm 1958; G. DE FIORE, Baccio Ponlelli architello fiorentino, Roma 1963; D. REDJG DE CAMPOS, L'architettura e it costml/ore delta Cappelta Sislina, in «II Palatino», IX, 1965, pp. 4-7; S. CORRJIDINI, IL palazzo di Giu­110 Cesare Varano e t'archiletto Baccio POlllelli in Civilta del Rinascimento nel Maceratese, Atti d;l V convegno del Cenlro di Studi Siorici Maceratesi Macerata 1971, pp. 186-220; V. GOLZIO e G. ZAN: DER, L'arte in Roma nel secolo XV Roma 1968· M BONVINI MAZZANTI, Giovanni D~lla Rovere, 'Cit.: c. L. FROM MEL, Chi era t'archiletto di palazzo Venezia, in Siudi In onore di G. e. A rgan , Roma 1985, pp. 39-61; 10., It cardinale Raffaele Rim·io ed il Palazzo della Cancelleria, in Sisto IV e Giulio II mecena/l e promolori di cultura, Atti del convegno tnlernaztonale di Siudi, Savona, 1985, Savona 1989, pp. 73-85; 10., I chiostri di S. Ambrogio e il cortile delta Cancelleria a Roma: un con/ronlo stilislico, in «Ane Lombar?a», 79, 198?/4, pp. 9-18; 10., La Cancellerw e ta nnasClla dell archttettura a"tica sot­to Innocenzo VIII, in Roma quanla /uit ipsa mina docel, colloqui della Bibltoteca Hertzlana di Roma 15-17 apriJe 1986; 10., Kirche und Tempel: Giulia: no Della Rovere Kathedrale Sant'Aurea in Ostia in Festschrtft fur N. Himmelmann, Mainz am Rh~im 1989, pp. 491-505; P. N. PAGLlARJI, Grolla/errata e Giuliano Delta Rovere, in «Quaderni dell'Istituto di storia dell'architettura», n. s., 13, 1991, pp. 19­42; M. MORRESI, Baccio Pontelli Ira ;-omanico e romano: la chiesa di S. Maria Nuova a Oreiano di Pesaro, it Belvedere di Innocenzo IfIll e il palazzo della Cancelleria, in «Architenura storia e docu­memi», 1991/1996, pp. 99-151.

(6) Con un breve di Sisto IV del 27 luglio 1483, Baccio, definito per la prima volta architec­tus, ispeziona la rocca di Civitavecchia. Cfr. V. GOLZIO e G. ZANDER, L'arle aRoma nel secolo XV, cit., pp. 500-501.

(7) M. MORRESI Bawo Pontelti Ira rornanico e romano, cit., p. 142.

(8) N. ADAMS eJ. KRJlSINSKI, La rocca Rovere­sca di Mondol/o. 1483-1490 CIrca, dlstrutta, in F. P. FIORE e M. TMURI (a cura di), Francesco di Giorgio architetlo, Milano 1993, pp 280-282.

(9) N. AOtIMS, La rocca Roveresca di Monda­via. Anni novanta del XV secolo (?), ibidem, pp. 274-278.

. (10) Lettera del Duca Giovanni aHa Signoria dt Siena dal castello di San Leo datata 24 ottobre 1490, conservata nell'Archivio di Stato di Siena Archivio d. Rtf Le., filza 54 (dr. G. GAYE, Car: leggio inedito d'artisti del secoli XIV, XV, XVI, FIrenze 1839-40).

(11) FRATE GRJlZTA, La vila e gesli, cit., f. 321.

. (12) Secondo frate Grazia, prima della reda­zlOne del progetto di Pomelli per Ie Grazie, Gio­vanni invio in Italia «piu maestri» per cercare esempi di belle chiese da prendere come modella­ne scelse due: <<la chiesa del loco nostro da Ver: cello», anuale parrocchia di S. Agnese ed ex chie­sa di S. Francesco fondata alla fine del XIII seco­10, e S. Bernardino alia Capriola. FRJlTE GRAZIA La Vita e Gesti, cit., ff. 321-322. '

(13) II Siena ritiene che i lavori terminarono nel 1480. Se cos1 fosse, 1a data assumerebbe una cena importanza in quamo Giovanni sarebbe il primo Della Rovere committente di Baccio e quindi il tramite con Sisto IV e Giuliano. Cfr. P.L. SIENA: Storla della C1aa di Senigallla, cit., p. 157. BonvlOl Mazzanti concorda con il Siena datando 1a fase del cantiere pontelliano a1 1480: 81. La testimonianza si basa su una cronaca ano­nima denominata per convenzione Memorie della citta di Semgallia dall'anno 1450 all'anno 1486 Senigallia Archivio Comunale (ASCI, p. 35. Cfr: M. BONVINI MAZZANTI, Giovanni della Rovere, CIt., p. 74. Ebhardt pero posticipa i lavori al 1492 (E. EBHARDT, Die bttrgen flallen, Berlin 1927, vol. VI, p. 56). II rappono tra Giovanni e Baccio si dividerebbe quindi in due fasi: dal 1480-81 al 1482, quando Baccio lascia Urbino - do po la mone dl Fedenco da Montefeltro - per trasferirsi aRoma al servizio di Sisto IV (dr. M. MORREST, BaCCto Pontelli/ra romanico e romano, cit., p. 102) e dal 1487 a11492, da quando cioe Alessandro VI 10 nomina commissario delle rocche delle Mar­che, fino all'ultima testimonianza della sua pre­senza a Camerino (dr. P. GIANUIZZI, Documenli relalivi a Baccio Pontelli, cit.; V. E. ALEANORI L'architetto Baccio Ponlelli debilore di Giuli; Cesare Varano, in «Arte e Storia», XXIII, Firenze 1904, n. 8). Sorge il dubbio se in un arco comples­SIVO dl CIrca sette anni di collaborazione, il novero delle opere commission ate non sia maggiore. Fra­te Grazia in effetti afferma che i1 Pomelli «desi­gno la Roccha de Senegaglia et molti altri hedifici» (Cronichetta, cit., f. 3 r). Bonvini Maz­zami, in via del tutto ipotetica, propone I'amibu­Zlone a Baccio di palazzo Baviera a Senigallia, adlacente alia rocca e oggi profondameme altera­to, senza tuttavia alcun supporto documentario ne stilistico. Cfr. M. BONVINI MAZZA TI, Potere e res Aedijicatoria, Senigallia 1992, p. 37.

(14) Nel 1479 Laurana termino l'ultimo dei suoi interventi alla rocca disegnando il ponte levatOlo che la collega alia terra, Memorie, cit., p. 35. Cfr. L. SERRA, L'arle nelle Marche, cit., p. 132.

(15) Convince la datazione proposta da Manuela Morresi (M. MORRESI, Baccio POII/elli/ra romamco e romano, cit., pp. 99-105).

(16) Come si vedra i richiami al Trattato di Francesco di Giorgio, piu che le sue architetture costruite, saranno frequenti (FRJlNCESCO Dl GIOR­GIO MARTINI, Trattali di A rchitettura ingegnena e arle mililare, a cura di C. Maltese, Milano 1967, pp.236-239).

(17) F. PETRI RODULPHI, Senogallio et comilis historiarum libri duo quiblls haec continelur: de Prima urbis senogalliae origine.· de Episcopis & praeclam eorum gestls, qui Senogalliensls Ecleslae prae/uerlltll: itemque de universir Diocesis Eccle­siis:· ~e earundem boms: de Rectortblls & ipsomm o/fiClls. QUlb/lsdam ali;s ad sallltarem erudilionem irtlerposlis. Anno MDLXXXXlfI, SenigalJia,

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Biblioteca Comunale Antoneiliana. Cfr. M. BON­VINI MAZZANTI, L'opera pastorale di !rate Pietro Ridolfi da Tomgnano, in «Picenum Seraphicum», XVII, 1984-87; A. NESSELRATH, Gberardo Cibo «ql/i non ecognito», in Gberardo Cibo alias UlisJe Severino da Gngoli, Firenze 1989, pp. 10-12; 10., Itlul'trazioni per l'opera di Pietro Ridolfi da Tossi­gnano, in ibidem, pp. 112-117; L. TONGIORGI TOM/lSI, Giardino Segreto-Gberardo Cibo, in «F!',,!X», 70, 1989, p. 60.

(18) Sulla facciata estern a ovest dell'attuale aula della chiesa, a circa 2,5 m dallo spigolo di congiuozione con iI coro, esiste una ripresa mura­ria verticale (ondulata' che distingue Ie due fasi costruttive.

(19) Fra il 1495 e iI 1501 verra realizzata, al posto del chiostro quadrato, una semicorte a 'U' sulla quale si affaccia I'appartamento privato che Giovanni costruid invece della parte mancante del convento. Cfr. F. BENELLI, It convento e la chiesa di 5 Maria dette Grave a Senigallia, stona e restauro, tesi di laurea discllssa presso la facolta di Architettura dell'Universita degli Studi di Roma "La Sapienza", A.A. 1994-95, relatore prof. P. N. Pagliara, correlatore prof. P. Marconi.

(20) Lo stemma di Carlo VIII, composto da tre gigli su uno scudo, e un elemento utile pet la datazione delle decorazioni lapidee: Giovanni infatti non pote fregiarsi di quello stemma fioo al 26 novembre 1494, quando iI re di Francia, con un dOClimento redatto in suo favore a Firenze, 10 nomina tra i comandanti dell'esercito francese. Cfr. M. BONVINI MAZZANTI, Giovanni detta Rove­re, un «principe nuovo», cit., pp. 263-264.

(21) Nella facciata sud, la finestra ad arco sot­to iI campanile, adiacente allo spigolo della chie­sa, sebbene in asse con Ie finestre superiori, risul­ta in parte 'tagliata' dalJa parete ortogonale della chiesa. Questo fatto non pua essere spiegato da.l­!'aggiunta di una Fodera muraria perche altrimen­ti la muratura sarebbe continuata fino a terra e cia non avviene. Si potrebbe pensare che la chiesa del progetto iniziale di Baccio, mantenendo Ie stesse dimensioni, Fosse motata di 900 a ovest. Questa finestra, per Ie sue dimensiooi molto vicine a quelle delle bifore che illuminaoo lateralmente Sant'Aurea, poteva essere la prima di una serie di Ire aperture uguali poste sui fianco della chiesa.

(22) Cfr. F. BENELLl, It convento e la cbiesa di 5 Marta dette Grazie, cit.

(23) E ancora possibile riscontrare, fra l'estra­dosso della volta del coro e al di sotto della coper­mra, Ie predisposizioni per l'alloggiamento delle travi Jignee di copertura.

(24) W. KRONIG, Note sutt'arcbitellura religio­"a medievale dette Marche, in Alii del XI congresso di Storia dett'Architellura, Marcbe, 6-13 setlembre /959, Roma 1965, pp. 205-232; 10., Cal'alleri del­t'architellura degti Ordini Mendicanti in Umbrza, Alii de! convegno di Studi Umbri, Perugia 1971, pp. 165-198; G. ZANDER, Pro/ito storico, in Ita!ia meravig!iosa - Abbazie e con venti, Milano 1973, pp. 179-191; C. BOZZONI, Le tipo!ogie, in France­sco d'Assisi, Chiese e conventi, Milano 1982, pp. 143-149; A. CADEI, Arcbitellura mendicante: it problema di una de/inizione tipo!ogica, in «Storia della citta», 26/27,1983, pp. 21-32.

(25) La chiesa verra sopraelevata da Girolamo Genga prima del 1538, e in seguito nel1626. Per la cronologia della storia efr. F. BENELLI, It con­vento e la chiesa di 5 Maria dette Grazie a Seniga!­tia, Roma 1994-95.

(26) G. DE ANGELIS D'OSSAT, Proporzioni e accorgimenti vis/lali negti intemi, in Francesco d'Assisl; Chiese e conventl, cit., pp. 150-161.

(27) C. 1. FROMMEL, Kircbe lind Tempe!, cit., pp.493-496.

(28) O. MORIS/INI, Miche!ozzo al'chitello, Tori­no 1951, pp. 41-43, 64, 91; H. Mc NEAL CAPLOW,

Micbe!ozzo, New York & London 1977, pp. 577­585,595-596; M. FERRARA e F. QUINTERIO, Micbdozzo di Bartolomeo, Firenze 1984, pp. 168­173,200-204.

(29) Questo daro eutile a confermare iltipo di copertura originale a capriate delle Grazie. Nella veduta del Cibo il fianco della chiesa edotato di tre finestre disposte ad intervalli regolari: in queslO modo - se la volta Fosse a vela come San Berna rdi­no a Urbino 0 a crociera, come gli esempi miche­Jozziani - queUa centrale capiterebbe in un posto inopportuno alia statica della copertura, a meta dell'aula, sotto agli scarichi delle forze verticali.

(0) L'intuizione edi Manuela Morresi.

(1) Una planimetria identica a Sant' Aurea, rranne che per la scarsella semicircolare, e dise­gnata da Francesco di Giorgio net Codice Saluz­zlano 148, f. 65, in basso a destra.

(2) Un piede medievale corrisponde circa all'antico piede romano: 0,2957 m.

(3) C. 1. FROMMEL, Die klrche und Tempe!, cit., p. 500.

(4) G. DE ANGELIS D'OSSAT, Proporzioni e accol'gimenti visuafi negfi interni, in Francesco d'Assisl; OJiese e Conventi, cit., pp. 150-161.

(5) II capirolo sui conventi dei minori osser­vanti, che Francesco di Giorgio inserisce nel suo trattato, sembrerebbe una descrizione di conventi da lui visitati, piuttosro che un insieme di suggeri­menti e indicazioni su come progettarJi. Cfr. FRANCESCO 01 GIORGIO MARTINI, hallati dl architellllra ingegnel'ia e arte milltare, cit., p. 236.

(36) Ibidem, p. 236.

(37) I numeri tra parentesi quadra sono da riferirsi alla fig. 9.

(8) Anche a Urbino una delle incisioni FE DUX esui ponale d'ingresso alJa rampa elicoidaJe. AJtte iscrizioni di questo tipo sono situate sugli a.rchitravi delle porte e nella sala degli Angeli. L'iscrizione 10 DUX e riIerita aJ titolo eli duca di Arce e Sora che Giovanni ricevette da Ferdinando d' Aragona re di Napoli il25 novembre 1475. efr. N. ADAMS, scheda XNlc., in F. P. FIORE e M. TAFURJ (a cura eli), fran­cesco di Giorgio arcbitellO, cit., p. 284.

(39) FRANCESCO or GIORGIO MARTINI, Tralla­ti, cit., tav. 238.

(40) 10 PRE (JOHANNES PREFECTUS) e riferiro al tirolo di prefetto di Senigallia e Roma, del quale Giovanni era stato insignito il 7 dicem­bre 1475, alla mone del cugino Leonardo Della Rovere.. efr. N. ADAMS, scheda XIVlc., efr. p. 284

(41) FR<\TE GRAZIA, Cronicbella, cit., f. 6 1'.

Sono elencati i libt'i raccolti nella biblioteca.

(42) Per Francesco di Giorgio la distribuzione di alcuni ambienti di un convento esimile a quelJa prevista perle «case». Cfr. FRANCESCO DI GIOR­GrO MARTINI, Trallati, cit., pp. 325-359, in parti­colare p. 337.

(43)E tuttora visibile a terra la traccia del camino, e in una foto del prospetto nord del 1924 e ancora visibile un comignolo sui tetto in corri­spondenza della cucina.

(44) H.WuRM, Ba!dassarre Peruzzi Archltek­tlll'Seichnungen, Tubingen 1984, p. 224.

(45) Libra Maestrale de! convcnto dl Santa Maria deffa Grazie di Sinigag!ia, ristaurato i! p. 0

Gennaio 1749 in cui sono notate tulle !e memorie de! Con vento, e deff'Ospizio, SenigalJia ACS, nota non datata.

(46) FRANCESCO 01 GIORGIO MARTJNI, Tralla­ti, cit., p. 237.

(47) A quanto risulta non esistono precedenti per questo sistema planimetrico, e nemmeno suc­cessive imitazioni, almeno nei conventi francesca­ni. Nella pianta a desrra del f. 65 del Codice Saluz­ziano /48 (FRANCESCO 01 GIORGIO, Traltatl, cit.,

tav. 121) inserita tra gli schel1li ideali di convenri, i1 senese propone un edificio composto cia tre chiostri quadrati e uno rettangolare. Le celie han­no disposizioni diverse, in ciascun chiostro. Esse variano per forma e grandezza, da quadrate a ret­tangolari, rna vengono collocate secondo un crite­rio di simmetria assente aile Grazie. Nel caso del chioslfo di destra, la disposizione delle stanze angolari rettangolari assomiglia a quella delle Grazie, rna non ha ancora la piu sofisticata corri­spondenza d iagonale.

(48) L ALTOBELLI, Descnptlo conventullm /ra­trum minorum iraliae, pro. Mal'chide ancol'litanae (conventua!ium), cod. 2/17, Archivio dei Frati Minori Osservanti Irlandesi di S. Isidoro di Roma, f. 183 1'.

(49) H. GrESS, Kil'cbe und Kloster S. Francesco, in «Romisches jahbuch fur Konstgeschichte», 1981, pp. 118-128.

(50) FRANCESCO or GIORGIO MARTINI, Tralla­tl, cit., p. 236.

(51) H.\XIURM, Ba!dassarre Peruzzi, cit., p. 244.

(52) FRANCESCO or GIORGIO MARTINI, Tralla­ti, cit., p. 236.

(53) Ibidem.

(54) C. 1. FROMMEL, J cbiostri di 5 Ambrogio e iI cortile deffa Cancetteria a Roma: un con/ronto sti!istico, in «Ane Lombarda», 79,1986, pp. 9-18; A. E. WERDEHAUSE, Bramante e iI convento di 5 Ambrogio, ibidem, pp.19-48; C. DENKER NESSEL­RATH, I chlostrz di S, Ambrogio If dellagtio deg!i ordim; IbIdem, pp. 49-60.

(55) Nel chiostrino dei Voti della chiesa della Santissima Annunziata 10 stesso rapporto 1:1 e mantenuro anche in assenza del muretto.

(56) Frommel afferma che il cortile del palaz­zo e il cbiostro del convento appartengono a due tipologie differenti: nel caso dei convenri i portici servono «come ambulacro dei monaci e Ie sue proporzioni orizzontaleggianti sembrano addirit­tora esprimere questa funzione». Nei palazzi invece rappresentano il fulcro dei sistemi di colle­gamento e quindi hanno bisogno di piu accessi.

(57) Per Grottaferrata efr. P. N. PAGLIARA, Grotla/errata e Gil/!Iano De!!a Rovere, cit., 1991.

(58) Solo nel chiostro di Santa Maria Madda­lena de' Pazzi il 'pieno' gravita pesantemenre sui ponico, perc' il caso ediverso perche non ci sona archi, l1la una trabeazione lineare.

Fig. 29 . Santa Maria de!!e Grazie, chiostro maggiore, so/uzione ango/are.

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(59) Non si conoscono, il gUilnto risulta, illtri casi come questa. Nel palnzo dei Priori di Viter­bo, nella facciata principale, portico e finestre (guelfe) sana regolati da una scansione differente, e coincidono solo nella terza campata da destra. lvla in questo caso il ritmo fitto e Ie dimensioni deglj e1ementi in gioco danno un ilspetto irregola­re al prospetto. Baccio, se si accetta l'attribuzione, gia nel palazzo di GiuEo Cesare Varano a Cameri­no, tcnninato presumibilmente nel 1492, speri­menta una soluzione diversa dal canonico aJllnea­menta verticale arco del ponico finestra al primo piano. Uniche, fra i cortili di palazzi quattrocente­schi, Ie facciate pmpongono un allineamento ver­ticale colonna-finestra e arco-pieno del muro. Questa soluzione formale, dall'analisi della plani­metria, sembra voluta e non derivallte da vincoli di distribuzione interna. Tale composizione dei vuoti e dei pieni a 'scacchiera', potrebbe ricorda­re, in altro ambito, la 'facciata ad ali' del palazzo ducale di Urbina. Per una cronologia del palazzo Varano dr. S. CORRADINI, Il palazzo dl Glullo Cesare Varano, cit., pp. 186-220, taw. 1,2.

(60) L. B. ALBERTI, De Re Aedt/icatona, IX, 7, a cura di G. Orlandi e P. Portoghesi, Milano 1966.

(61) A. AVERLlNO detto il FILARETE, Trallato dl archltellura, lib. VIII, a cura di M. Finoli e L. Grassi, Milano 1972, p. 221.

(62) Questa espediente si trova anche nei capitelli di San Nilo e, come nota Pagliara, emol­to adatto all'inserimento di simboli 0 stemmi aral­dici. Or. P. N. PAGLlARA, Grolla/errata e Glulia­110 Della Rovere, cit., p. 27.

(63) Nel chiostro di San Giovanni in Laterano fra i material; di spoglio ci sono Ie guattro colon­ne della Mensura Christi, con capitelli compositi simili a quelli senegalliesi, ma senza echino. Un aitro esempio simile si trova nel chiostro della Cisterna a Santa Maria sopra Minerva. Cfr. P. TOMEI, L'archltellura aRoma nel Quallrocento, cit., fig. 111. Essi comunque rappresentano ecce­zioni nel panorama generale romano.

(64) Bruschi afferma: «Questi tipi di capitelli (compositi), non sono direttamente riconducibili ai canonici ordini vitruviani (ed anzi saran no con­dannati da Vitruvio); ma pure spesso desllnti da anomali modelli antichi, saranno prevalenti OVlln­que nell'architettllra della seconda meta del Quattrocento; almeno fino alia 'riforma' braman­tica del primi anni del Cinquecento». A. BRUS HI,

L'al1tieo e if processo di identl/icazlone degll ordini nella seeollda meta del Quallrocento, in L'emplol des ordes dans l'architecture de la renaissance, Acte du eolloque telllf a Tours du 9 au 15 juin ]986, Paris 1992, pp. II-57, in particolare p. 13. Cfr. C. THOE0lES, «Spezie» e «Ordine» di colonne nell'ar­chltellura del Brunelleschi, in Filtppo Brunellesch/~

la sua opera e if suo tempo, Alii del convegno inter­l1azlol1ale, Firenze 1977, Firenze.1980, 1Omo 2°, pp.459-469.

(65) A lora volta essi si avvicinano a queJli del conile di palazzo Gondi e del portico di palazzo Riario a lmola.

(66) M. A. GIlJSTI, Architellure a Pisa nella seconda meta del Quallrocento. II palazzo arelve­scovile, in L'Architeliura dl Lorenzo il Magmjico, Firenze 1992, pp. 199-206.

(67) In Toscana 10 stesso tipo e presente ad Arezzo net portico dl Santa Maria delle Grazie.

(68) Anche se ancora una volta Ft'ancesco di Giorgio e Filarete disegnano esempi molto simili; eEr. FRANCESCO DI GIORGIO MARTINI, Trallati, cit., taw. 220-222, 225.

(69) Bernardino il 28 aprile 1498 viene chia­mato a lesi per giudicare la qualita della realizza­zione di lavori in pietra nel palazzo della Signoria. L'anno seguente II 2 magglo 1499, sara 1I respon­sabile deUa stima delle fioestre dello stesso palaz­zo. efr. A. GIANJINDREA, II palazzo del COmtllle di

lesi,Iesi 1887, pp. 44-45. Non Cpossibile stabilire can esattezza l'origiLle di Bernardino: nel catasto Rustico Roveresco (ACS), redatto fra il 1489-90, sono elencati 7 abitanti di Senigallia con ques10 nome; it piLI ricco eBernardiLlo da Milano con 7 proprieta (f VII! r). Sono comungue documentati a Senigallia, a partire dagli anni settanta, numerosi abltanti provenientl dalla Lombardia, attratti da agevolazioni economiche e fiscali promessa da Governo, aJ fine di ripopolare la citta. Cfr. M. BON­VlNI JV!AZZJlNTI, Giovanni della Rovere, cit., p. 42.

(70) Stemmi simili SOno presenti nel secondo cortile del palazzo dei Santi Apostoli.

(71) L. B. ALBERTI, De Re Aedl/lcatoria, IX, 1, cit., p. 786.

(72) Or. C. L. FROMMEL, I chiostri di S. Ambro­gio e il corllie della Cancellerla a Roma, cit., p. 16. Soluzioni angolari antiche molto evolute, si trova­no anche in Siria, a Palmira nel tempio di Bel.

(73) Fa eccezione l' angolo del cbiostro di San­ta Maria MaddaJena de' Pazzi, nel quale si trova un pilastro a 'L'.

(74) Anche nella tipologia ecclesiastica si pre­senta 10 stesso problema. L'esempio piLl impor­tante e San Lorenzo, nel risvolto della campata cen trale verso il transetto.

(75) Or. M. BULGARELLI, La cappella Cardini a Peseta, in M. BULGARELLl e M. CERIANA, All'ombra delle volte, Milano 1996, pp. 67, 99.

(76) A Camerino e nel convento di San Salva­tore in Lauro, l'archivol1O non descrive l'intero arco, giungendo pero ad un risultato piLI soddi­sfacente del casi fiorentioi.

(77) Aoche se a Urbino I'archivolto non riesce a concludere interamente la semicirconferenza andando ad intersecarsi con la parasta.

(78) In questo caso sono finestre a bifora.

(79) Il santuario di Forno estato fondato nel 1450, come si legge nell'iscrizione sulla10 interno della porta d'accesso alia chiesa. Nel convento adiacente> anch'esso quattrocentesco, compare in testata del corridoio una finestra guelfa che pero sembrerebbe un rifacimenro recenre.

(80) Devo la segnalazione al prof. P. N. Pagliara.

(81) Esse caratterizzano Ie facciate di molti edi­fici romani della seconda meta del Quattrocento: palazzi privati (Venezia, cardinale della Rovere, Capranica, Pichi, Nicolo V, Riario Altemps); palaz­

zi pubblici 0 di istituzioni (Senatorio e dei cavaJieri di Rodl); ville private (casa del cardinale Bessario­ne, Mattei, Anguillara e villa papaJe alla Magliana). Sono presenti anche in architetture fortificate (castello Orsini di Bracciano, ma anche nella faccia­ta sud di castel Nuovo a Napoli). Negli edifici reli­giosi appaiono nel palazzo Diaconale di Santa Maria in Cosmedin e a Santa Costanza. La loro ori­gine, secondo Tomei - che riprende una considera­zione di Giovannoni - sarebbe nell'arcbitettura del­la Francia meridionaJe gia del Trecento, come «pie­trificazione del telaio ligneo» (efr. P. TOMEI, L'ar­chilellura aRoma nel Quallrocento, cit., p. 49). Importate in halia dai papi tornati da Avignone, sonO diffuse sui territorio italiano soprattutto sul­I'asse deUa VaJ d'Aosta (Aosta e castello d'Issogne), Piemonte (Torino, SaJuzzo e Asti), Toscana (es. pal. vescovile di Pienza e convento di Monteolive­to), Lazio, fino a Napoli. Da Roma 'rim balzano' neUe Marche (es. Urbino, Visso, Monte San Giu­sto, lesi), e in Umbria (Perugia e Gubbio). II suo usc durera per parecchi decenni fino aJmeno a Raf­faello che adotta frnestre crociate in villa MaddaJe­na.

(82) Or. P. N. PAGLJARA, Grolla/errata e Giu­liano Della Rovere, cit.

(83) Cfr. M. MORRESI, Baccio Pontelli jra romanico e mmal1O, cit.

Questo saggio deriva da aggiornamenti deUa tesi di laurea discussa presso la facolta di Archi­tettura dell'Universita di Roma "La Sapienza", A.A. 1994/95, relatore prof. Pier Nicola Pagliara, correlatore prof. Paolo Marconi. Desidero ringra­ziare il personaJe del museo della Mezzadria di Seni­gaUia, in particolare Adriano Narini, direttore del­l'Archivio ComunaJe di Senigallia, il dott. Eros Gre­gorini e la profssa Mariella Bonvini Mazzanti. La mia gratitudine va inoltre a padre Bernardino Pulei­nelli O.F.M., direttore dell'APPFM di FaJconara, ai proff. Francesco Paolo Fiore, Paolo Marconi, Arnold Nesselrath, Patrizio Pensabene Perez e Chris10f Thoenes per i loro indispensabiJi consigli. Ringrazio anche la profssa Manuela Mortesi per Ie utili critiche e la rilettura del testo. Sono grato anche ai miei genitori, Anna Maria e Maurizio, per la low pazienza e sostegno, oltre che per la collaborazione al rilievo. Infine questo lavoro non sarebbe stato possibile senza Ie qualita umane e scientifiche del prof Pier Nicola Pagliara. Questo articolo ededica­to alla memoria di F.B.

Fig. 30· Camerino, carlile deL paLazzo di CiuLto Cesare Varano.

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