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VITA E PENSIERO Università

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VITA E PENSIEROUniversità

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a cura diPAOLO ALFIERI SIMONETTA POLENGHI

GLI ORATORI AMBROSIANINEL NOVECENTOEDUCAZIONE E PASTORALE GIOVANILENELLA CHIESA DI MILANO

VITA E PENSIERORICERCHEPEDAGOGIA E SCIENZE DELL’EDUCAZIONE

PP_Alfieri-Polenghi.indd 3 17/11/15 15:40

La pubblicazione del volume è stata finanziata con il con-tributo della Fondazione Oratori Milanesi.

www.vitaepensiero.it

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633.Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Cen-tro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail: [email protected] e sito web www.clearedi.org

© 2015 Vita e Pensiero - Largo A. Gemelli, 1 - 20123 MilanoISBN 978-88-343-3136-1

IL COPY RIMANE 2015, ANCHE SE IL LIBRO USCIRÀ NEL 2016

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INDICE

Prefazione di Mons. Pierantonio Tremolada 7

PAOLO ALFIERI - SIMONETTA POLENGHIIntroduzione. Uno studio storico-educativo sugli oratori ambrosiani in occasione del centenario della FOM 9

PAOLO ALFIERIAlle origini di un progetto federativo. Gli oratori milanesi e le loro prime esperienze associative dalla fi ne dell’Ottocento al primo dopoguerra 17

EVELINA SCAGLIA«Scopo dell’oratorio è l’educazione cristiana della gioventù». Nascita e sviluppo della Federazione degli Oratorii Milanesi negli anni del fascismo 53

SIMONE RIBOLDI«Per la sana tradizione ambrosiana degli oratori». Gli oratori milanesi fra guerra civile, ricostruzione e ‘boom economico’ (1943-1955) 83

ILARIA MATTIONIUna ‘bussola’ per la gioventù: l’oratorio e la FOM fra Montini e Colombo 103

MARCO VERGOTTINIScommettere ancora sull’oratorio. La lezione di Martini e Tettamanzi 133

DON SAMUELE MARELLIPostfazione. Una storia che continua 167

Indice dei nomi 172

SIMONE RIBOLDI

«Per la sana tradizione ambrosiana degli oratori»Gli oratori milanesi fra guerra civile, ricostruzione e ‘boom economico’ (1943-1955)

1. Gli oratori e il secondo confl itto mondiale: una diffi cile e complessa quotidianità

Nel 1943 in Italia si verifi carono alcuni eventi di grande signifi cato per la vita politico-militare del paese. Infatti il 25 luglio il Gran consiglio del fa-scismo depose Benito Mussolini: diretta conseguenza di tale evento, do-po gli incerti ‘quarantacinque giorni’ a guida badogliana, fu che l’Italia abbandonò l’alleanza stretta con la Germania, arrendendosi in modo in-condizionato alle potenze alleate l’8 settembre.

Questo secondo avvenimento determinò, da un lato, il totale sbanda-mento dell’apparato militare nazionale e, dall’altro, la divisione dell’Italia in due parti, una legata alla monarchia sabauda e l’altra invece fedele a Mussolini e alla sua nuova espressione, la Repubblica sociale italiana, con sede a Salò, sul lago di Garda. L’Italia peraltro, oltre a essere divisa, era divenuta inoltre un campo di battaglia in cui le truppe tedesche con-tendevano a palmo a palmo il terreno alle forze alleate che avanzavano dal sud verso il nord del paese1.

Tutti questi eventi fecero sì che si sviluppasse una situazione di vera e propria guerra civile2, specie nel nord d’Italia dove, accanto alla violen-ta lotta senza quartiere tra nazifascisti e partigiani, si verifi cavano bom-bardamenti sempre più frequenti3.

È in questo scenario, tratteggiato a grandi linee ma che, nonostan-

1 Su tali questioni (e sul contesto storico cui si fa riferimento) si vedano almeno S. Colarizi, Storia del Novecento italiano. Cent’anni di entusiasmi, di paure, di speranze, Rizzoli, Milano 20077, pp. 255-277; M. Gioannini, Le strategie alleate e le vittime civili, in N. Labanca (a cura di), I bombardamenti aerei sull’Italia. Politica, stato e società (1939-1945), Il Mulino, Bologna 2012, pp. 79-98; F.W. Deakin, Storia della repubblica di Salò, Einaudi, Torino 1963, special-mente le pp. 414-479 e 541-795; E. Aga Rossi, Una nazione allo sbando. L’armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, Il Mulino, Bologna 2003; A. Lepre - C. Petraccone, Storia d’Italia dall’Unità a oggi, Il Mulino, Bologna 2008, pp. 264-272.2 Il riferimento è al fondamentale studio di C. Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità della resistenza, Bollati Boringhieri, Torino 1991.3 Per conoscere nello specifi co date e danni dei numerosi bombardamenti aerei subiti dal capoluogo lombardo, nonché per comprendere come si sia articolata la sua ricostru-

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te questo, appare in tutta la sua complessità, che gli oratori milanesi, co-sì come qualsiasi altra struttura della vita associata italiana, cercavano di sopravvivere, fronteggiando la diffi cile situazione in cui si trovavano coinvolti4.

Lo stesso arcivescovo di Milano Schuster, già nel gennaio del 1943, aveva invitato il suo clero a ridurre la durata delle funzioni, anche per evitare grandi assembramenti di persone presenti per troppo tempo in un edifi cio, e a portare in luoghi sicuri paramenti e oggetti sacri di particolare valore, prescrivendo nello stesso tempo come comportar-si nel caso le funzioni dovessero essere interrotte a causa dei bombar-damenti5.

Di poco successive furono invece le norme relative alla requisizio-ne degli edifi ci di proprietà ecclesiastica da parte delle autorità milita-ri. Schuster ricordava che facevano «parte degli edifi ci di culto anche gli oratori parrocchiali»: essi non dovevano in alcun modo essere utilizzati, fosse anche per ospitare gli sfollati, perché dovevano «più che mai esse-re in funzione, siccome vere scuole di dottrina cristiana»6.

Accanto alle pressanti preoccupazioni per la drammatica contempo-

zione, vedasi M.A. Crippa - D. Mericio - F. Zanzottera, Milano bombardata e ricostruita: 1940-1955, Istituto Gaetano Pini, Milano 2001.4 In effetti, come ricorda anche Giorgio Vecchio, la guerra limitò notevolmente la viva-cità degli oratori milanesi, specie a partire dal 1942, quando «le vicende belliche e la drammatica situazione dell’Italia costrinsero ad ulteriori ripiegamenti» (G. Vecchio, Gli oratori milanesi negli anni della ricostruzione: tradizione e novità, «Bollettino dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia», 29, 1994, 3, p. 413): infatti, dopo la partenza per il fronte di molti coadiutori e le conseguenti diffi coltà a proseguire in modo organico l’attività negli oratori, in quell’anno venne sospesa la pubblicazione dell’«Eco degli oratori» e le problematiche legate alla guerra crebbero notevolmente, specie a cau-sa dei bombardamenti e dell’inizio della resistenza. Il saggio di Vecchio analizza in modo compiuto le vicende degli oratori milanesi fra il 1945 e l’episcopato di Giovanni Battista Montini, conclusosi nel 1963 con la sua elezione al soglio pontifi cio, senza peraltro tra-scurare la loro storia precedente, nel XX secolo ma anche nei secoli precedenti. Per una breve disamina dei principali eventi vissuti dagli oratori nell’arco temporale oggetto del presente saggio il rimando è a L. Longoni, Gli ottant’anni di «Eco», «Eco degli oratori» (d’ora in poi «Eco»), 1987, 15, pp. 26-44.5 Cfr. L’arcivescovo di Milano detta norme di vita pastorale per le presenti circostanze, «Rivista dio-cesana milanese. Uffi ciale per gli atti arcivescovili» (d’ora in poi RDM), 32 (1943), 1, pp. 13-14. Anche in seguito non mancarono gli appelli all’evacuazione dei beni artistici dalle chiese, in particolare se queste ultime sorgevano in prossimità di siti militari (cfr. Ai RR. parroci e rettori di chiese per la difesa del patrimonio ecclesiastico, RDM, 32, 1943, 8-9, p. 185). L’attenzione dell’arcivescovo ai disagi legati alle vicende belliche si manifestò anche in seguito, specie in occasione dei bombardamenti (cfr. Lettera pastorale del cardinal Schuster ai RR. sacerdoti e ai diletti fi gli dell’archidiocesi ambrosiana, RDM, 32, 1943, 9-10, pp. 206-207).6 Per la requisizione dei locali di culto. Norme concordatarie, RDM, 32 (1943), 2, pp. 56-57. L’as-sistenza agli sfollati era comunque in cima alle preoccupazioni del clero milanese, come ricordano le prescrizioni illustrate in Importanti disposizioni dell’e.mo card. arciv. al clero ed ai fedeli. Per l’assistenza spirituale degli sfollati, RDM, 32 (1943), 4-5, p. 118; lo stesso dicasi

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raneità non mancavano, tuttavia, le aperture al futuro, con una parti-colare attenzione rivolta non solo a rimediare ai danni fi sici della guer-ra7, ma anche a mantenere vive le strutture parrocchiali (tra cui, ovvia-mente, gli oratori): i sacerdoti vennero infatti invitati a consentire, «nel-le condizioni permesse, la normale vita degli oratori, delle associazioni, dei vari rami d’Azione cattolica, obbligando ed animando i reverendi coadiutori a riprendere gioiosamente l’antico lavoro»8. Tali indicazioni mostrano chiaramente che ci doveva essere attenzione per l’emergenza, ma ciò non doveva portare a trascurare gli elementi fondanti della vita parrocchiale, quasi che si volesse mantenere gli stessi vitali, anche se sot-to traccia, e pronti a tornare rapidamente a una vita piena al momento della cessazione delle ostilità.

È in quest’ottica che vanno perciò lette iniziative come la ‘Giornata dei genitori’, prevista per il 19 dicembre 19449, oppure le sollecitazio-ni contenute nella lettera Lo spirito dei nostri oratori, apparsa sulla rivista diocesana nell’agosto del 1944. Tale appello, forse il testo più signifi ca-tivo del periodo 1943-1945 tra quelli dedicati dal cardinale Schuster agli oratori, rimarcava il loro ruolo, che avrebbe dovuto essere, però, più di natura catechistico-formativa che di svago10. Questa tematica fu sempre molto cara a Schuster e, come vedremo, sarebbe stata una costante dei suoi interventi relativi agli oratori fi no alla conclusione del suo episco-pato nel 1954.

Il cardinale, infatti, ricordava ai sacerdoti più giovani (ma anche ai loro parroci) che «l’attività degli oratori milanesi [aveva] scopo infatti essenzialmente catechistico e lo spirito che li anima[va] v[oleva] esse-

per l’aiuto da prestare in caso di incursioni aeree (cfr. Opera assistenza spirituale durante e dopo le incursioni aeree. ven. curia arcivescovile, Milano (1), RDM, 32, 1943, 8-9, pp. 189-193).7 Soprattutto la necessità di riedifi care quanto prima le chiese danneggiate (cfr. Un grave ed urgente problema. La ricostruzione delle chiese di Milano. Necessità dell’assistenza spirituale al popolo. Nuovi criteri urbanistici. Appello alle anime generose, RDM, 32, 1943, 9-10, pp. 217-218).8 Ai rev.mi preposti parroci di Milano, RDM, 33 (1944), 1, pp. 21-22.9 Cfr. La ‘Giornata dei genitori’, RDM, 33 (1944), 2, pp. 52-53. L’iniziativa, da tenere «nel salone dell’oratorio parrocchiale da un laico o da una professoressa cattolica», doveva essere «un corso d’istruzione sui loro [dei genitori] doveri speciali circa l’educazione dei fi gli».10 Cfr. Lo spirito dei nostri oratori. Lettera aperta al r.mo d. Ambrogio Pantalini, presidente della Federazione degli oratori milanesi, RDM, 33 (1944), 7-8, pp. 145-146. La lettera può essere vista come uno degli atti del nuovo attivismo cattolico che, oltre a riguardare gli oratori, assunse anche atteggiamenti più ‘politici’, volti a fronteggiare il pericolo comunista che, al momento della sconfi tta nazifascista, avrebbe potuto dare vita a un regime altrettanto duro (cfr. O Cristo, o comunismo. Lettera pastorale nel sesto anniversario dalla morte di Pio XI di s.m., RDM, 34, 1945, 3, pp. 36-40). L’insistenza del cardinal Schuster sulla prevalenza dell’attività catechistica negli oratori rispetto a ogni altro aspetto è ricordata anche da Giorgio Vecchio nel suo già menzionato saggio (Vecchio, Gli oratori milanesi negli anni della ricostruzione, pp. 413-414).

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re eminentemente soprannaturale»11. Perciò i coadiutori erano esortati a conquistare i giovani non con l’attività sportiva, «un mezzo umano, la cui attrattiva [sarebbe venuta] sensibilmente meno quando […] il gio-vane» avesse trovato «altri diversivi o divertimenti» in grado di attrarlo maggiormente, bensì con strumenti «soprannaturali, a base cioè di sodi principii di vita spirituale, di santi sacramenti e di seria guida del giova-ne nell’esercizio della virtù»12.

In pratica si sosteneva che «il divertimento ci» voleva «pure», ma che l’oratorio nasceva per altre, più elevate fi nalità; di conseguenza i «gio-vani coadiutori» non dovevano darsi «a corpo perduto all’esercizio as-siduo del cinema parrocchiale13 e delle partite di calcio»14, perché essi avrebbero faticato molto per ottenere poco.

È ben chiaro come la lettera, una sorta di direttiva rivolta ai sacerdo-ti impegnati negli oratori, auspicasse che gli stessi si dedicassero mag-giormente agli aspetti formativi e spirituali del loro mandato, nell’ambi-to del quale la pratica sportiva e ricreativa non doveva assumere un ruo-lo e un valore preponderanti, bensì costituire una sorta di mezzo di at-trazione in grado di dare un valore aggiunto alla proposta oratoriana, il cui fulcro rimaneva però, sempre e comunque, la preparazione spiritua-le dei più giovani.

D’altronde, «nel modello di oratorio prefi gurato dal cardinale l’ac-cento, coerentemente con l’intera sua concezione pastorale, batteva sul primato dello spirituale»: ne conseguivano, come ben evidenzia-to dai brani appena riportati, reprimende anche aspre nei confronti di quei sacerdoti «che, snaturando la fi sionomia eminentemente reli-giosa e formativa dell’oratorio, con il pretesto […] di attirare un mag-gior numero di ragazzi e di giovani, erano indotti ad allentare l’atten-zione verso la catechesi e la vita di pietà, a vantaggio delle attività ri-creative e sportive»15.

Nell’immediatezza dei pericoli legati alla guerra in corso, dunque, l’attenzione del clero e dell’arcivescovo furono improntate prevalen-temente a una difesa della Chiesa e delle sue diverse componenti, in-clusi gli oratori, onde preservare alcune prerogative e alcune struttu-

11 Lo spirito dei nostri oratori, p. 145.12 Ibidem.13 Il problematico rapporto del cardinal Schuster con il cinematografo e con la sua pre-senza negli oratori, è affrontato da D. Viganò, Un cinema ogni campanile. Chiesa e cinema nella diocesi di Milano, Il Castoro, Milano 1997, specialmente le pp. 57-99.14 Lo spirito dei nostri oratori, p. 146.15 L. Caimi, Popolo ed educazione cristiana: gli oratori (1945-1958), in Id., Cattolici per l’educa-zione. Studi su oratori e associazioni giovanili nell’Italia unita, La Scuola, Brescia 2006, p. 245.

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re da poter utilizzare già all’indomani dell’avvenuta conclusione del confl itto.

Accanto a questa attenzione alla drammatica quotidianità e alle sue violenze non mancavano però, specie a partire dalla seconda metà del 1944, rifl essioni volte a confi gurare il futuro dell’Italia dopo la conclu-sione del confl itto, al fi ne di preparare, per quanto possibile, un avveni-re più normale, da organizzare per tempo gettando basi solide per gli oratori e per la loro proposta educativa. E proprio Milano fu un centro quanto mai attivo nel pensare alle strutture dell’Italia post-bellica, rifl et-tendo sul suo recente passato e abbozzando progetti da realizzare una volta che il confl itto fosse terminato.

Così proprio nella città ambrosiana si concretizzarono le voci per un ‘ordine nuovo’, che videro in primo piano l’Università cattolica del Sa-cro Cuore e che determinarono inoltre la nascita del partito della De-mocrazia cristiana.

Nel primo caso l’Università si era caratterizzata per un «intenso la-vorio che dall’inizio della guerra impegnava il gruppo di Gemelli, ben presto indirizzatosi a elaborare un aggiornato “codice sociale”»16. Ta-le attività, accresciuta dopo il radiomessaggio natalizio del 1942 di Pio XII, si concentrò su svariati temi che, se non è il caso di approfondi-re in questa sede, evidenziano tuttavia come la Cattolica volesse parte-cipare a «quella che più tardi La Pira avrebbe chiamato la “trasforma-zione in senso cristiano dell’ordinamento economico, culturale e po-litico della civiltà”»17.

Nel secondo, invece, il partito che avrebbe di fatto dominato la sce-na politica italiana dal 1945 fi no alla sua scomparsa nel 1994 nacque dalla convergenza, manifestatasi nell’agosto del 1942 e rinvigorita dai già ricordati accadimenti del 1943, dell’iniziativa guelfa di Malvestiti e Falck con l’azione svolta da Alcide De Gasperi18: tale incontro fu fon-damentale «per la riunifi cazione delle diverse correnti [cattoliche] in un unico partito» e per dare vita a incontri sempre più allargati da te-

16 M. Bocci, Oltre lo stato liberale. Ipotesi su politica e società nel dibattito cattolico tra fascismo e democrazia, Bulzoni, Roma 1999, p. 287. Oltre che in questo volume una ricostruzione del ruolo dell’Università cattolica nella fase della transizione dal regime fascista alla repub-blica è presente anche nel lavoro che la studiosa milanese ha dedicato a padre Gemelli (cfr. Id., Agostino Gemelli rettore e francescano. Chiesa, regime, democrazia, Morcelliana, Brescia 2003).17 Bocci, Oltre lo stato liberale, p. 289. Gli argomenti toccati riguardarono, tra gli altri, le caratteristiche del nuovo partito dei cattolici, le problematiche di natura economica, il ruolo dello stato nella società (cfr. ibi, pp. 289-333).18 Sulle variegate vicende che portarono alla costituzione della Democrazia cristiana co-me partito organico si veda S. Tramontin, La Democrazia cristiana dalla resistenza alla re-pubblica (1943-1948), in F. Malgeri (a cura di), Storia della Democrazia cristiana, vol. I, Dalla resistenza alla repubblica 1943-1948, Cinque lune, Roma 1987, specialmente pp. 13-117.

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nersi non solo a Milano, ma anche a Roma, perché nelle due città, «do-ve ogni punto del programma veniva sottoposto ad un esame minuzio-so, dovevano proseguire parallelamente»19 le attività della neonata for-mazione politica.

2. Un paese (e gli oratori) da ricostruire

Ovviamente queste aperture al futuro, assieme all’auspicio di un gradua-le ritorno alla normalità, si moltiplicarono dopo l’insurrezione del 25 aprile 1945 e la resa delle forze nazifasciste in Italia (2 maggio 1945)20.

Nello specifi co gli oratori milanesi, anche grazie agli sforzi che l’arci-vescovo aveva chiesto al proprio clero, cercarono, già a pochi giorni dal-la Liberazione, di fare un punto della situazione, per capire quale fosse lo stato dell’arte e quali potessero essere i suoi sviluppi.

Così «il 10 maggio 1945 la Federazione milanese oratori (FOM) in-viava agli assistenti parrocchiali della gioventù un questionario per rac-cogliere elementi utili a delineare un quadro della situazione orato-riana in città»21. Essa non era delle più semplici: alcuni oratori erano stati danneggiati dai bombardamenti, altri erano divenuti, nonostan-te le obiezioni dell’ordinario diocesano, centri per sfollati, altri anco-ra erano privi del sacerdote a causa del servizio militare; ciò, tuttavia, non creava insormontabili diffi coltà, visto che anche nella fase termi-nale della guerra gli oratori «con le forze a disposizione» avevano te-nuto «vive le principali attività: insegnamento del catechismo, gioco, fi lodrammatica, sport»22.

Schuster23, ben conscio del grande ruolo dell’oratorio nell’educazio-ne dei giovani24, così come durante la guerra aveva premuto per il man-

19 Bocci, Oltre lo stato liberale, p. 266. Il processo che portò alla creazione della Dc, stante anche la liberazione di Roma, avvenuta il 4 giugno 1944, e il crescente interesse del Vat-icano per la collocazione internazionale dell’Italia, si spostò presto nella capitale. A tal proposito si rinvia chi volesse conoscere in maniera più approfondita le circostanze della nascita del partito democristiano e le idealità che ne caratterizzarono gli esordi ad A. Giovagnoli, Il partito italiano. La Democrazia cristiana dal 1942 al 1994, Laterza, Roma-Bari 1996, pp. 27-40.20 Cfr. E. Aga-Rossi - B.F. Smith, Operation Sunrise. La resa tedesca in Italia 2 maggio 1945, Mondadori, Milano 2005.21 Caimi, Popolo ed educazione cristiana, p. 243.22 Ibidem.23 Per una disamina, concisa ma in grado di rendere con compiutezza la cifra dell’episco-pato schusteriano a Milano, il riferimento obbligato è a G. Rumi, Il tesoro vitale della nostra verità. Da Achille Ratti a Giovanni Battista Montini (1921-1963), in A. Caprioli - A. Rimoldi - L. Vaccaro (a cura di), Diocesi di Milano, vol. II, La Scuola, Brescia 1990, pp. 826-840.24 Cfr. Caimi, Popolo ed educazione cristiana, p. 244. Anche per Giorgio Vecchio, Schuster,

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tenimento in vita degli stessi, con una netta preminenza, al loro inter-no, delle attività di natura spirituale rispetto a quelle più ludico-sporti-ve, ora, a guerra fi nita e in una situazione ancora diffi cile ma molto me-no drammatica25, proseguiva la sua azione in tal senso, indicando, a par-tire dal febbraio 1946, quali fossero le linee da seguire.

In quel mese, infatti, la rivista diocesana ospitava il primo di una se-rie di interventi che, nel luglio del 1947, sarebbero infi ne culminati nel-la pubblicazione di un nuovo statuto della FOM26.

Nel febbraio del 1946, dunque, si faceva riferimento a un preceden-te (ma foriero di risultati positivi) periodo di ‘rinascita’ e di rilancio del-la Chiesa, cioè si ricordava la tradizione post-tridentina, ipotizzando (o, per meglio dire, riaffermando) per gli oratori un’azione che non si ba-sasse sul cinema e sul divertimento ma fosse, al contrario, imperniata sulla formazione delle coscienze tramite il catechismo, cui chiamare a collaborare l’Azione cattolica, onde rafforzare l’azione formativa delle parrocchie27.

Partendo da questa considerazione di fondo, quasi una sorta di di-chiarazione programmatica su cui imperniare lo sviluppo dell’intera struttura educativo-ricreativa che faceva capo agli oratori, gli organismi della diocesi milanese affrontarono innanzitutto la questione dei teatri e dei cinema parrocchiali, invitando a non dare a tali forme di diverti-mento troppa importanza e seguendo precise regole sia per le opere da

fi n dal 1929, mise al centro della sua azione pastorale nei confronti dei giovani l’attività svolta negli oratori (cfr. Vecchio, Gli oratori milanesi negli anni della ricostruzione, pp. 407 ss.).25 Nella predica tenuta in Duomo il 6 maggio 1945 il frate benedettino, ripercorrendo le drammatiche vicende appena vissute dalla città, gioiva per la liberazione, ricordando però che ora, in vista della ricostruzione, era necessario fare ricorso all’unica «roccia sopra la quale si p[oteva] costruire con sicurezza», cioè «quella indicata da Cristo stesso, quando [aveva] detto a Pietro: su questa pietra io edifi cherò la mia Chiesa» (Discorso tenu-to in Duomo da Sua Eminenza la domenica 6 maggio, RDM, 34, 1945, 6, p. 99). Da un punto di vista generale l’Italia, uscita provata ma non distrutta come la Germania dalla seconda guerra mondiale, aveva subito danni rilevanti soprattutto all’apparato industriale (specie al sud), al proprio patrimonio di abitazioni e di infrastrutture (in particolare i trasporti) e alle realtà deputate alla produzione di beni di prima necessità, con un conseguente peggioramento delle condizioni di vita rispetto agli anni immediatamente precedenti alla guerra. Fu pertanto necessario, soprattutto tra il 1945 e il 1946, concentrarsi sulla «soluzione dei problemi più urgenti relativi al soddisfacimento dei bisogni essenziali da cui dipendeva la sopravvivenza stessa delle persone» (P. Galea, Tra ricostruzione e sviluppo, in A. Leonardi - A. Cova - P. Galea, Il Novecento economico italiano. Dalla grande guerra al ‘miracolo economico’ (1914-1962), Monduzzi, Bologna 1997, p. 230).26 Cfr. Caimi, Popolo ed educazione cristiana, p. 246. Tale nuovo statuto nacque «nel com-plesso» per accentuare «ancora più la fi nalità religiosa dell’istituzione» (Vecchio, Gli oratori milanesi negli anni della ricostruzione, p. 415).27 Cfr. Nella scia del Conc. ecumenico tridentino, RDM, 35 (1946), 2, pp. 38-39.

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rappresentare sia per i giorni in cui tenere le rappresentazioni28 sia, più in generale, per la gestione delle sale cinematografi che29.

In particolare, come evidenziato dallo stesso presidente della FOM don Pantalini, un grave pericolo era costituito dalla «facilità di dare in affi tto l’esercizio degli spettacoli cinematografi ci a privati», determinan-do, di fatto, «la limitazione dell’uso dei saloni per propri spettacoli tea-trali ed anche per l’insegnamento della dottrina cristiana» e, peggio an-cora, «la trascuratezza degli interessi dell’oratorio, ridotti al puro pro-vento fi nanziario»30. A tali rimostranze il cardinal Schuster replicò mo-strando ancora una volta le sue preoccupazioni circa la presenza di un cinematografo presso gli oratori: esso era paragonato al «maneggiare una rivoltella»31, di cui si sarebbe fatto volentieri a meno. Non essendo ciò però possibile (evidentemente lo stesso presule era conscio del fatto che gli spettacoli offerti dall’oratorio erano un valido richiamo per gli abitanti delle parrocchie) si invitavano i parroci a rifarsi alle «prescrizio-ni diocesane», ricordando altresì loro che «la responsabilità del cinema parrocchiale [era] strettamente personale e non p[oteva] essere scarica-ta su alcun altro»32.

La necessità che la pratica oratoriana fosse più incentrata sul catechi-smo che sulla pratica ricreativa e sportiva fu una costante dei richiami dell’arcivescovo per il 194633: l’oratorio era infatti visto come «il vero se-minario dell’Azione cattolica»34 e come un utile strumento anche per la formazione dei sacerdoti.

Purtroppo tale profondo valore formativo era minato da «tre gravi pericoli»35. Il primo era «il prevalente spirito sportivo e ricreativo», che «aveva ricacciato in un secondo piano l’opera catechistica e formativa del genuino oratorio milanese» ed era da attribuire ai parroci, che non

28 Cfr. Precisazioni sul divertimento educativo, RDM, 35 (1946), 3, pp. 70-71.29 Cfr. L’organizzazione delle sale cinematografi che diocesane, RDM, 35 (1946), 5, pp. 120-121. Sulle norme che avrebbero dovuto regolare l’esistenza delle sale teatrali degli oratori intervenne anche la Conferenza episcopale lombarda (cfr. Norme per i teatri degli oratori ed istituti religiosi, RDM, 35, 1946, 7, p. 147).30 Feder. dioces. oratorii milanesi, RDM, 35 (1946), 7, p. 160.31 Ibidem.32 Ibidem.33 Si vedano a tal proposito la volontà di rilancio della confraternita di San Luigi (cfr. Le confraternite del SS. Sacramento e le Pie associazioni di S. Luigi nella tradizione ambrosiana, RDM, 35, 1946, 8, pp. 170-172) e la necessità di mantenere viva la tradizione ambrosiana degli oratori (cfr. Per la sana tradizione ambrosiana degli oratori, RDM, 35,1946, 9, pp. 188-190), basata sulla presenza forte, attiva e vivifi catrice nelle comunità parrocchiali ambrosiane di tali realtà.34 Ibi, p. 189.35 Ibidem.

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avrebbero mai dovuto «cedere a dei giovani sventati di pochi mesi o po-chi anni di sacerdozio l’esclusiva direzione dell’oratorio parrocchiale»36.

Il secondo era invece una diretta conseguenza della decisione, pre-sa in tempi di guerra, di affi ttare l’oratorio agli sfollati i quali, pur essen-do terminato il confl itto, non volevano ancora abbandonare la struttura parrocchiale37. Il terzo problema era invece costituito, ancora una volta, dal cinema, defi nito «corruttore» e in grado di portare il giovane «a vi-vere ed a muoversi entro un’atmosfera fantastica, irreale e fi ttizia», cre-ando «quindi degli illusi e dei sognatori»38.

Per eliminare tali problemi l’autorità diocesana invitava la Federa-zione diocesana degli oratori a porre le problematiche testé evidenziate all’attenzione delle congregazioni vicariali, calendarizzando inoltre una serie di visite agli oratori, «in ordine soprattutto alla possibile liberazio-ne degli stabili dal vincolo degli affi tti agli sfollati»39. Veniva quindi rite-nuto necessario un maggior controllo da parte della struttura centrale deputata al governo degli oratori sulle realtà periferiche ad essa afferen-ti per realizzare, allo stesso tempo, un coordinamento a livello diocesa-no. Esso veniva individuato nel neo costituito Centro diocesano per l’e-ducazione cristiana della gioventù, creato «allo scopo di unifi care le di-verse attività che si svolg[evano] nel campo giovanile quali [erano] la Fe-derazione degli oratori, la Gioventù di azione cattolica, l’istituzione ca-techistica, le associazioni scoutistiche e sportive, le attività artistiche e ri-creative, la Gioventù studentesca»40.

Culmine di tutti questi richiami e di queste prescrizioni fu, come ricor-dato in precedenza, il nuovo statuto della Federazione degli oratori mila-nesi, apparso sulle colonne della «Rivista diocesana milanese» nel nume-ro di giugno-luglio del 1947, nato dalla collaborazione di oltre duecento assistenti presenti in primavera alla ‘Tre giorni’ di Triuggio e rivisto perso-nalmente dal cardinal Schuster il 15 maggio 194741. Il regolamento, «pur ricalcando, quanto a fi nalità e strutture organizzative, quello in vigore dal ’29, sembrava però rendersi maggiormente sensibile, rispetto al prece-dente, al compito globale di promozione umana della gioventù. Con più decisione, infatti, poneva l’accento sulla necessità di preparare il giovane

36 Ibidem.37 Cfr. ibi, p. 190.38 Ibidem.39 Ibidem.40 Un centro diocesano per la educazione cristiana della gioventù, RDM, 35 (1946), 12, p. 245. Il centro sarebbe stato presieduto da monsignor Luigi Mainardi, coadiuvato dal segretario don Ferdinando Maggioni e costituito dai «diversi sacerdoti incaricati dell’assistenza del-la gioventù e delle molteplici attività che richied[eva]no i giovani» (ibi, p. 246).41 Cfr. Federazione oratori milanesi, RDM, 36 (1947), 6-7, pp. 141-143.

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anche alla vita socio-familiare e sull’esigenza di farsi carico dei crescenti bisogni culturali, ricreativi, sportivi dei minori»42.

In realtà a Triuggio vennero approvati due statuti (mentre erano in via di elaborazione «i regolamenti tipo per gli oratori maggiori, oratori rurali e oratori femminili»)43, quello relativo alla Federazione oratori e quello specifi co per l’oratorio milanese.

Nel primo venivano defi nite le caratteristiche della Federazione, ret-ta da un Uffi cio diocesano oratori, costituito da un direttore, da un vice-direttore e da un consiglio dei coadiutori, cui si affi ancavano una con-sulta dei cooperatori e una delle cooperatrici44; per essere membri della Federazione era inoltre necessario pagare una quota annuale, diversa a seconda della tipologia di oratorio45.

Nel secondo invece, oltre a defi nire la struttura gerarchica e di go-verno di ogni singolo oratorio, si ribadiva innanzitutto lo stretto legame che doveva intercorrere fra oratorio e Azione cattolica; in particolare si doveva curare che «i migliori oratoriani» fossero «iscritti e […] mem-bri attivi dell’Azione cattolica italiana nei rispettivi rami»46. Si evidenzia-va poi come, in linea con quanto già sottolineato in precedenza, l’ora-torio avrebbe dovuto curare «innanzitutto la santifi cazione della festa. Tutti gli iscritti [avrebbero dovuto] assistere con spirito di soda pietà al-la s. messa, ascoltare la spiegazione del s. Vangelo ed intervenire settima-nalmente alla scuola della dottrina cristiana»47. Accanto alla prioritaria e fondamentale formazione religiosa si sarebbero «pure tenute in effi -cienza altre iniziative atte al conseguimento del fi ne dell’oratorio, com-preso l’onesto svago degli iscritti (adunanze periodiche, passeggiate, ri-trovi, rappresentazioni, sport)»48. Dunque il catechismo rimaneva sem-pre l’occupazione principale degli oratori, con lo sport e, più in gene-rale, qualsiasi attività di natura ricreativa ancora in secondo piano e con una sorta di funzione sussidiaria di attrazione e di rigenerazione per chi viveva la vita di oratorio.

42 Caimi, Popolo ed educazione cristiana, p. 246.43 Federazione oratori milanesi, p. 141.44 Cfr. ibi, pp. 141-142.45 Cfr. ibi, p. 143.46 Ibidem.47 Ibidem. La formazione del cristiano, secondo Schuster, aveva come pilastro fondamen-tale la frequentazione del catechismo: un appello in tal senso venne formulato anche ai quadri dell’Azione cattolica nel 1949 quando il cardinale, nel corso dell’Assemblea diocesana del movimento, ricordò che «Cristo, prima ancora di affi dare agli apostoli i sacramenti, [era] venuto a consegnare al mondo un libro di dottrine» e che cristiano era «solo chi lo conosce[va], lo accetta[va] e lo rivive[va]» (Compiti dell’A.C. nell’ora presente, RDM, 38, 1949, 12, p. 274).48 Federazione oratori milanesi, p. 143.

«PER LA SANA TRADIZIONE AMBROSIANA DEGLI ORATORI» 93

3. Gli oratori e la ‘modernità’: i tentativi di evoluzione tra il 1947 e il 1954

L’elaborazione degli statuti, però, non permise di mutare di colpo la si-tuazione, visto che «i problemi aperti al termine della guerra non pote-vano certo essere risolti in breve tempo. Era questo, per esempio, il ca-so di un’attività di primaria rilevanza come l’insegnamento del catechi-smo. Al Congresso catechistico diocesano del 1949 se ne denunciò in-fatti a più riprese «la grave crisi di metodo», nonché l’eccesso «di teoria ed astrattismo»49.

Vennero così elaborate alcune nuove iniziative per animare in tal senso gli oratori: «la più nota fu la cosiddetta “Lega dei vittoriosi”, pro-mossa a partire dal 1947-’48. Indirizzata a fanciulli e preadolescenti» era basata sui «principi dell’educazione integrale, individualizzata, attiva» e su di una «fervida opera nei settori culturale, ludico, sportivo, turistico», con un’attività in grado di offrire «agli oratoriani una formazione uma-na e cristiana non adultistica o disincarnata, ma attenta […] all’interez-za e concretezza dei loro bisogni psico-fi sici e spirituali».

Inoltre tale esperienza si poneva come ulteriore obiettivo quello «di far maturare nei ragazzi una sensibilità per i valori sociali e civici» trami-te le ‘Città vitt’. Esse, «ispirate al modello organizzativo, allora abbastan-za sentito, delle “Repubbliche dei ragazzi”» volevano «favorire non solo stili di vita democratici sul piano personale mediante la pratica dell’au-togoverno e la partecipazione all’elezione degli incaricati, ma anche un processo di revisione del tradizionale modello ‘patriarcale’ di gestione oratoriana»50.

Stabilito questo obiettivo l’attenzione dell’ordinario si concentrò sull’evento più signifi cativo, cioè le elezioni politiche dell’aprile del 1948 e il percorso che avrebbe portato alle stesse51, per poi tornare a oc-cuparsi concretamente degli oratori dopo l’importante consultazione del 18 aprile. Così, dopo aver ricordato ai cattolici che correva per loro

49 Caimi, Popolo ed educazione cristiana: gli oratori, p. 246.50 Ibidem.51 Le elezioni politiche del 18 aprile, oltre a rappresentare una svolta per la storia po-litica italiana, grazie alla vittoria della Democrazia cristiana, furono anche l’occasione per una massiccia mobilitazione di tutto il mondo cattolico in favore del partito dello scudocrociato. Si vedano a tal proposito, fra le molte opere dedicate a tale mobilitazione, M. Invernizzi (a cura di), 18 aprile 1948. L’‘anomalia italiana’, Ares, Milano 2007 e M. Casella, 18 aprile 1948. La mobilitazione delle organizzazioni cattoliche, Congedo, Galatina 1992 nonché M. Invernizzi, Luigi Gedda e il movimento cattolico in Italia, Sugarco, Milano 2012 e E. Preziosi (a cura di), Luigi Gedda nella storia della Chiesa e del paese, Ave, Roma 2013. Queste due ultime opere, dedicate alla fi gura di Luigi Gedda, ricordano il ruolo di primo piano che egli, curando l’organizzazione dei Comitati civici, ebbe nella vittoria cattolica alle urne.

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«l’obbligo gravissimo di coscienza di concorrere con tutti i mezzi legali per assicurare alla patria un governo veramente consono all’anima cat-tolica della nazione»52, il cardinale salutava con vivo apprezzamento l’e-sito elettorale, che aveva visto «il valido apporto arrecato dal clero e dal-le nostre associazioni cattoliche alla vittoria elettorale»53.

Il successo delle urne, però, non poteva cancellare la costatazione che «i comunisti in Italia» rimanevano «tra i sei o sette milioni» e che la loro azione, stante anche il contesto elettorale, doveva essere limitata, con particolare attenzione, per quanto concerneva l’attività degli orato-ri, al «cinema incontrollato, che troppo facilmente [diventava] veicolo di male, specialmente per i ragazzi» e alla «graduale trasformazione de-gli oratori in ricreatorii e circoli sportivi, laicizzando così e riducendo a spirito borghese il pensiero soprannaturale dell’apostolato cattolico e della pedagogia spirituale»54.

Dunque non era ancora il momento di abbassare la guardia; anzi, al contrario, il cardinal Schuster richiamò ancora una volta gli orato-ri a un ferreo controllo sulle proiezioni cinematografi che da essi pro-poste55 e insistette a più riprese sulla necessità di un’attenta sorveglian-za sull’offerta catechistica, da realizzare ogni anno tramite «la gara ca-techistica […], un accurato esame della materia studiata durante l’an-no in oratorio»56.

L’attenzione agli oratori non si fermava, però, solo alle prescrizioni ri-spetto alla scuola catechistica e alle sale cinematografi che parrocchiali57,

52 Smantellamento della patria. Discorso pronunciato nella prima domenica di Avvento in Duomo da S.E. l’arcivescovo di Milano card. I. Schuster, RDM, 36 (1947), 12, p. 205.53 Dopo le elezioni, RDM, 37 (1948), 4-5, p. 77.54 Ibi, p. 78.55 Cfr. Disposizioni per i cinema parrocchiali, RDM, 38 (1949), 4, p. 91; cfr. L’elenco delle sale cinematografi che cattoliche, RDM, 39 (1950), 4, p. 94. Tali disposizioni divennero anche più organiche nel 1950, quando venne emanato un apposito regolamento, fi glio delle «nostre disposizioni» e dei «ripetuti nostri ammonimenti al clero in materia di gestione e direzione di sale cinematografi che cattoliche» (Regolamento arcivescovile per la gestione delle sale cattoliche cinematografi che, RDM, 39, 1950, 9, p. 200). Sull’attuazione del regolamento avrebbe vigilato la Commissione diocesana di revisione, ai cui giudizi sui fi lm ogni sala parrocchiale avrebbe dovuto scrupolosamente attenersi (cfr. ibi, p. 201).56 Uffi cio catechistico diocesano. Gara catechistica diocesana 1950, RDM, 39 (1950), 4, p. 100. Nelle pagine successive venivano inoltre elencate le materia oggetto di esame per le diver-se classi scolastiche, mentre nel mese di settembre del 1950 vennero emanati i program-mi uffi ciali cui avrebbero dovuto «uniformarsi le scuole parrocchiali di catechismo, gli oratori maschili e femminili, le sezioni ed i circoli delle associazioni di Azione cattolica […], i curatori d’anime per l’istruzione catechistica festiva ai fedeli» (Uffi cio catechistico diocesano. Programma generale diocesano per l’istruzione catechistica, RDM, 39, 1950, 9, p. 205). Simili disposizioni vennero emanate anche nel 1951 (cfr. Uffi cio catechistico diocesano. Gara catechistica diocesana 1951, RDM, 40, 1951, 2, pp. 62-63).57 Le sale cinematografi che parrocchiali avrebbero comunque continuato a preoccupare

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ma riguardava anche la formazione del clero, necessaria per evitare la de-cadenza di oratori, un tempo fl oridi e ora in pericolo stante le diffi col-tà dei coadiutori di dedicarsi con passione e competenza alla loro cura58.

L’attenzione era comunque riservata, al di là dei singoli aspetti del-la vita oratoriana oggetto dei diversi provvedimenti emanati, in via prio-ritaria all’azione formativa dell’oratorio nei confronti dei giovani59: ta-le azione, come dichiarò il cardinal Schuster alla vigilia del Sinodo dio-cesano, era fi glia di «una delle più provvide tradizioni ambrosiane», ma andava protetta e tutelata, perché «troppo spesso i giovani» trasformava-no «l’oratorio catechistico in un’associazione ricreatoria o in un’azien-da cinematografi ca commerciale»60.

l’arcivescovo, tanto da fargli dichiarare che «in ventidue anni di episcopato nessuna cosa» gli aveva «cagionato tanti dolori e preoccupazioni quanto i cinema parrocchiali» (Per i cinema parrocchiali, RDM, 40, 1951, 12, p. 300). L’attenzione nei confronti del cinema e dei suoi contenuti fu comunque viva anche tra i vescovi lombardi (cfr. Conclusioni dell’adu-nanza dei delegati dei centri cinematografi ci diocesani della Lombardia da presentarsi agli ecc.mi vescovi della provincia lombarda, RDM, 41, 1952, 7, pp. 189-192), presso la Santa sede (cfr. Pontifi cia commissione per la cinematografi a, RDM, 42, 1953, 8, pp. 198-201) e presso gli ordi-ni regolari (cfr. Istruzione circa l’apostolato cinematografi co, RDM, 43, 1954, 9, pp. 276-278).58 Cfr. Per gli oratori parrocchiali, RDM, 39 (1950), 10, p. 234. Nel testo si ipotizzava di organizzare «per i teologi un corso biennale obbligatorio di metodologia oratoriana», cui associare la pratica: «i quartari» avrebbero infatti dovuto essere «destinati all’insegna-mento festivo del catechismo nelle parrocchie della zona, perché […] i parroci» potes-sero «fornire al rettore maggiore relazione scritta sull’idoneità dei diaconi alla direzione degli oratori».59 Importanza all’azione degli oratori venne riservata anche in campo politico, settore in cui l’azione, pur delegata in via prioritaria alla Dc ed ai Comitati civici, vedeva però anche la collaborazione dell’Azione cattolica (cfr. Per le future elezioni, RDM, 41, 1950, 3, pp. 81-82) e degli stessi oratori, luoghi di formazione per eccellenza delle anime grazie al catechismo (cfr. Dopo le elezioni amministrative, RDM, 40,1951, 6, p. 151).60 Al venerabile clero ed ai fedeli dell’archidiocesi ambrosiana, in RDM, 40 (1951), 9, p. 210. La lettera del cardinale era un invito generalizzato alle diverse realtà della Chiesa ambro-siana ad agire perché «più d’un indizio» portava a cogliere il delinearsi di «un prossimo pericolo di decrescenza della fede» e di «indebolimento dell’ecclesiastica disciplina» (ibi, p. 210). L’idea di fondo di quegli anni è quella di una Chiesa sotto assedio: a tale pres-sione la Chiesa replicava compattando tutte le sue varie componenti. L’atteggiamento appena denotato fu peraltro tipico degli ultimi anni del pontifi cato di Pio XII, nei corsi dei quali per il pontefi ce e la Chiesa stessa «la gravità dei problemi in cui si dibatteva la società» era dovuta a una sempre maggiore diffusione della cultura moderna. Ne conse-guiva, per il mondo cattolico, la «necessità di serrare ulteriormente i ranghi, di chiudersi e di arroccarsi sulle proprie posizioni, in una contrapposizione ai “nemici di Dio” e alle “forze del male”» da realizzare tramite «la totale ricomposizione dell’umanità nell’unità istituzionale e disciplinare della Chiesa» (G. Miccoli, Chiesa, partito cattolico e società civile (1945-1975), in Id., Fra mito della cristianità e secolarizzazione. Studi sul rapporto Chiesa-società nell’età contemporanea, Marietti, Casale Monferrato 1985, p. 415). L’attenzione contro il principale nemico della Chiesa, il comunismo, era notevole, ma non era minore neppure nei confronti della modernità, intesa anch’essa, in senso lato, come avversaria. D’altron-de anche le indicazioni dello stesso Schuster «nei confronti degli oratori […] assunsero un tono sempre più deciso ed incalzante, sulla base di una lettura che poneva in luce

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Le medesime preoccupazioni vennero riprese anche nella lettera pastorale inviata alla diocesi in occasione della Quaresima del 1953. Nella missiva il presule ribadì che il ruolo della parrocchia era innanzi-tutto quello della formazione delle coscienze dei fedeli tramite il cate-chismo: per questo Schuster sottolineò ancora una volta come gli ora-tori non dovessero divenire «semplicemente dei ricreatori», caratteriz-zati da un «insegnamento catechistico […] ridotto al minimo, per cor-rere poi al cinema o al gioco del calcio»61, perché ciò avrebbe causato l’allontanamento della gioventù non solo dall’oratorio, ma anche dal-la Chiesa.

Le attenzioni dell’arcivescovo per l’oratorio e la sua funzione, costan-ti, come si è potuto vedere, per tutto la durata del suo episcopato in ter-ra ambrosiana, culminarono nella celebrazione, nel settembre del 1953, del Congresso diocesano della Federazione degli oratori62. Esso «rap-presentò il momento più importante e più interessante per lo sforzo di verifi ca e di aggiornamento» messo in campo, sebbene alla fi ne riuscis-se solo ad alternare, «come frequentemente si verifi ca[va] in simili oc-casioni, momenti di apertura e lucidità ad altri più ripetitivi ed arretra-ti sul piano culturale»63.

Dopo aver tracciato le ascendenze storiche dell’istituzione oratoria-na l’arcivescovo ricordò come gli oratori fossero ancora «assolutamen-te necessari in ciascuna parrocchia», perché «senza oratorio parrocchia-le non si forma[va]no dei buoni cristiani»64. Perciò era quanto mai ne-cessario che l’oratorio rimanesse, pur con un incremento della sua do-tazione di impianti sportivi, una palestra di formazione dei laici alla vi-ta cristiana, non trasformandosi quindi «in una qualsiasi palestra laica di calciatori»65.

Allo sviluppo dell’oratorio in tal senso avrebbero dovuto collaborare le diverse associazioni che ad esso facevano capo, in primis l’Azione cat-tolica, al fi ne di rinnovare l’azione catechistica sviluppata dalla parroc-chia sotto la guida della Federazione degli oratori ma, soprattutto, del

prevalentemente gli aspetti negativi come la minaccia comunista, il pericolo protestante e il “paganesimo scettico ed amorale” diffuso» (Vecchio, Gli oratori milanesi negli anni della ricostruzione, p. 413).61 La missione della parrocchia nella vita della s. Chiesa, RDM, 42 (1953), 2, p. 45.62 Sui suoi specifi ci contenuti, su cui ci si soffermerà meglio nella prosecuzione del se-guente testo, si veda anche il già ricordato contributo di Vecchio, Gli oratori milanesi negli anni della ricostruzione, pp. 417-419.63 Ibi, p. 418.64 In preparazione al Congresso diocesano della Federazione degli oratori ambrosiani, RDM, 42 (1953), 5, p. 123.65 Ibidem.

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parroco, che ne era ritenuto il principale responsabile e promotore, an-che sotto il profi lo del rinnovamento delle strutture oratoriane66.

Il congresso, sviluppatosi tra il 22 e il 25 settembre 1953, alla presen-za quasi ininterrotta dell’arcivescovo67, vide il suo intervento introdutti-vo volto proprio a ribadire, ancora una volta, i principi appena ricorda-ti e la necessità della formulazione, da parte dei congressisti, dei cardi-ni su cui basare l’attività degli oratori, defi niti «fondamentalmente» una «scuola di formazione integrale del giovane»68.

Tale formazione doveva però «accettare quelle forme di pedagogia attiva (Lega vitt)69 destinate a migliorare i vari momenti ed aspetti della vita del ragazzo allo scopo di dargli una personalità completa»70 ma, an-che e soprattutto, guardare a quei giovani che, non potendo o volendo partecipare alla vita dell’Azione cattolica, volessero comunque rimane-re all’interno dell’oratorio. A tal fi ne venne pensata per i maggiori di 16 anni «l’istituzione di circoli giovanili a fi anco o fuori oratorio», ove essi potessero trovare «in ambiente sano possibilità di assistenza religiosa e formativa e un divertimento corrispondente»71 alla loro età72.

Vennero inoltre promulgati i nuovi statuti della Federazione degli oratori milanesi, dell’oratorio maschile e dell’oratorio femminile, non-ché i regolamenti relativi a queste due ultime istituzioni73.

La Federazione, per statuto, avrebbe raggruppato gli oratori maschi-li e femminili, rappresentando allo stesso tempo «l’ordinario nelle que-stioni riguardanti gli oratori stessi», al fi ne di «potenziare l’organizzazio-ne e il lavoro dei singoli oratori, dare le opportune direttive, fomentan-do e diffondendo le migliori esperienze, aiutando gli oratori nelle loro

66 Cfr. ibi, pp. 124-125.67 Cfr. Congresso oratorii - 22-25 settembre 1953, RDM, 42 (1953), 10, p. 301.68 Ibi, p. 302.69 Tale proposta venne promossa a partire dagli anni 1947-1948. Essa era articolata at-torno ai principi dell’educazione integrale in forma attiva e individualizzata, che veniva completata con attività in campo culturale, ludico, sportivo e turistico e attenzione ai bisogni non solo psico-fi sici e spirituali, ma anche sociali e civili dei ragazzi (cfr. Caimi, Popolo ed educazione cristiana, p. 247). Per un ulteriore approfondimento delle fi nalità con cui tale iniziativa nacque e si sviluppò vedasi anche Vecchio, Gli oratori milanesi negli anni della ricostruzione, p. 416.70 Congresso Oratorii - 22-25 settembre 1953, p. 302.71 Ibidem. Venne infatti sottolineato anche in un altro intervento che «l’oratorio» non doveva limitarsi «ai soli ragazzi fi no ai 14 anni, ma [doveva] abbracciare anche i giovani» e gli «uomini, creando ambienti distinti per ragazzi, per giovani e per uomini, nell’unità dell’oratorio» (Mozioni e proposte della sezione maschile, «Eco», 1953, 6, p. 3).72 Ampio spazio al dibattito congressuale venne ovviamente riservato dall’«Eco degli ora-tori», che dedicò ad esso, ai suoi contenuti e alle sue risultanze i numeri 6, 7, 8 e 9 del 1953 e 1-2 del 1954 della pubblicazione.73 Cfr. Statuto della Federazione oratori milanesi, RDM, 43 (1954), 2, pp. 115-119.

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pratiche e, possibilmente, con qualche mezzo fi nanziario»74. La FOM, dunque, si sarebbe confi gurata come una sorta di testa pensante, da cui dipendevano e ricevevano stimoli e indirizzi le membra, cioè gli oratori.

Questi ultimi, dal canto loro, avrebbero avuto come «principale atti-vità […] l’insegnamento ordinario, serio, attivo del catechismo», cui sa-rebbero state affi ancate «la santifi cazione della festa» e la preparazione del «giovane alla vita parrocchiale sentitamente cristiana in tutti i suoi aspetti», senza però trascurare «il divertimento vario fi sico e sportivo, mezzo importante di educazione e nota di letizia indispensabile alla gio-ventù», anche al fi ne di poterlo utilizzare come strumento di «apostola-to verso gli estranei»75.

La preparazione al Congresso diocesano del 1953 vide inoltre la ri-presa della pubblicazione dell’«Eco degli oratori»76, sulle cui colonne vennero ribadite con maggior forza e maggior approfondimento le te-matiche già presenti sulle pagine della «Rivista diocesana milanese».

La pubblicazione rivide la luce dopo dodici anni perché «un con-gresso da preparare richiede[va] un mezzo di comunicazione e di propaganda»77, ma non solo. Era infatti necessario dare uno sguar-do alla storia più recente degli oratori milanesi, visto che l’ultimo lo-ro congresso si era tenuto nel 1936 e che la lezione del cardinal Fer-rari si presentava ancora come utile, attuale e imprescindibile per «fa-re oratorio»78.

In particolare, della storia degli oratori nel XX secolo si sottolinea-va innanzitutto il collegamento tra gli stessi, che si era concretizzato proprio grazie al cardinal Ferrari (risalivano infatti al 1904 gli statuti dell’oratorio maschile, al 1913 la creazione della Federazione oratori milanesi)79, ma anche la valenza dell’oratorio come luogo di diffusione

74 Ibidem.75 Statuto dell’oratorio maschile, «Eco», 1954, 3, pp. 4-5. Le medesime fi nalità erano alla base anche dell’oratorio femminile (cfr. Statuto dell’oratorio femminile, «Eco», 1954, 3, pp. 7-8).76 La ripresa delle pubblicazioni può anche essere letta come esempio della generale e crescente attenzione riservata da Pio XII (e, più in generale, dalla Chiesa) ai mezzi di comunicazione di massa, cui il pontefi ce rivolgeva «numerosi incoraggiamenti […] diretti a rafforzare la presenza cattolica nell’opinione pubblica», ritenendoli «strumenti d’un nuovo consenso» nei confronti sia del papa sia della Chiesa (A. Riccardi, Governo e ‘profezia’ nel pontifi cato di Pio XII, in Id., a cura di, Pio XII, Laterza, Roma-Bari, 1985, p. 56).77 ‘Ripresa’, «Eco», 1953, 1, p. 3.78 Ibidem.79 Cfr. ibi, pp. 3-5. La storia degli oratori, però, non si limita solo al periodo dell’episco-pato del cardinal Ferrari e alla prima metà del XX secolo (per conoscere tali vicende si rinvia a Vecchio, Gli oratori milanesi negli anni della ricostruzione, pp. 396-413, e a P. Alfie-ri, Oltre il ‘recinto’. L’educazione popolare negli oratori milanesi tra otto e novecento, Sei, Torino 2011), ma si sviluppa anche nei tre secoli precedenti, come ci ricordano sia, in modo sintetico, l’appena citata opera di Giorgio Vecchio sia, in modo molto più approfondito e

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del catechismo80 e l’importanza della crescente inclusione dell’Azione cattolica al suo interno; essa si era realizzata tra la Prima guerra mondia-le e il 1936, e aveva subito una forte accelerazione, come è facile intuire, negli anni dell’avvento del fascismo81.

Contemporaneamente era però necessario rifl ettere anche sull’ora-torio femminile, integrato nella FOM a partire dallo statuto del 192982, visto che «il primo congresso in cui gli oratori femminili [avrebbero avuto] una parte diretta [sarebbe stato proprio] quello del prossimo settembre»83.

Anche la rivista, va da sé, insisteva sui temi cari all’arcivescovo Schu-ster, specialmente sul controllo dei fi lm proiettati negli oratori e sulla grande importanza riservata all’insegnamento catechistico84.

Nello stesso tempo, però, emergeva chiaramente la necessità di un aggiornamento complessivo dell’oratorio, il quale, pur «mantenendo le basi insostituibili della pietà e dello studio catechistico», doveva «aggior-narsi nei criteri educativi e nella modernità d’ambienti». Tale aggior-namento avrebbe riguardato anche «le forme della pietà e del catechi-smo», ma avrebbe dovuto pure considerare altri ambiti quali la vita fede-rativa, utile «per risolvere problemi che diffi cilmente si [potevano] risol-vere singolarmente (es. colonie marine e montane, piscine ecc.); […] per promuovere manifestazioni o scambi collettivi, che [fossero] di sti-molo alle diverse attività dell’oratorio; […] per un aiuto vicendevole nei rapporti con altri enti ed autorità»85 grazie alla partecipazione alla vita della FOM.

Nel campo delle relazioni avrebbero dovuto essere resi «più intimi i rapporti tra la FOM e l’Azione cattolica […] facendo entrare nella pre-sidenza gli assistenti giovanili di AC e nel consiglio i presidenti di GM e GF» e quelli con la ‘Lega vitt’86 per realizzare le «manifestazioni esterne

dettagliato, G. Barzaghi, Tre secoli di storia e pastorale degli oratori milanesi, Elledici, Torino 1985.80 Cfr. L’oratorio del XX secolo. Continuazione, «Eco», 1953, 2, pp. 3-5.81 Cfr. L’oratorio del secolo XX. Continuazione e fi ne, «Eco», 1953, 3, pp. 2-3. Gli oratori, «tol-lerati come opere religiose parrocchiali» dal regime fascista, ressero all’urto di Mussolini e dei suo sodali e divennero «non solo il semenzaio, ma il campo stesso ove» le sezioni giovanili dell’Azione cattolica «nascevano, si sviluppavano ed operavano».82 Cfr. L’oratorio del XX secolo. Continuazione, p. 3.83 ‘Ripresa’, p. 5.84 Nel primo numero del 1953, solo a titolo di esempio, erano presenti sia la Rubrica… Cinema sia lo spazio Riservato al maestro di catechismo e la prima parte de La grazia ci rende santi.85 Il congresso incomincia, «Eco», 1953, 3, p. 4.86 La ‘Lega vitt’, a sua volta, veniva indicata, nella relazione di Franco Carcano, come uno dei nuovi metodi di educazione dei ragazzi (cfr. F. Carcano, Metodi e forme nuove di educazione dei ragazzi, «Eco», 1953, 8, pp. 4-7).

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all’oratorio», perché le stesse riguardavano «anime che non [si poteva-no] dimenticare»87.

Il tutto tenendo presente che il ruolo precipuo della FOM non era quello di studiare «ogni mese […] nuove manifestazioni collettive», ma di fornire «quei consigli e quegli aiuti» che permettessero a ogni orato-rio di «attuare quanto entra[va] nei piani della sua azione»88, da svol-gere ovviamente sotto il controllo della FOM e in collaborazione con la stessa, dato che veniva sollecitata la più ampia collaborazione possibile dei coadiutori all’attività del centro diocesano89.

Al di là di queste indicazioni di massima la lettura degli atti del Con-gresso diocesano degli oratori colpisce in modo particolare per la sua at-tenzione non solo alla dimensione femminile della pratica oratoriana, ben evidenziata dall’integrazione degli oratori femminili nella Federa-zione, ma anche agli aspetti psicologici dell’attività educativa che gli ora-tori erano chiamati a sviluppare90.

Si può vedere in queste aperture al rinnovamento degli oratori, del-le loro modalità formative e delle loro strutture un’anticipazione dell’a-zione poi sviluppata dal successore di Schuster alla guida della diocesi milanese, il futuro cardinale Giovanni Battista Montini. Il presule bre-sciano era conscio dei problemi che caratterizzavano la vita degli oratori ambrosiani, soprattutto della necessità di recuperare il valore della pra-

87 Il congresso incomincia, p. 4. Questa apertura venne contemplata sia nel regolamento degli oratori maschili sia in quello dell’oratorio femminile.88 Il congresso è cominciato, «Eco», 1953, 4, p. 2.89 Cfr. ibidem. Questa particolare sfumatura del ruolo del centro diocesano fu messa in particolare rilievo in occasione della programmazione dell’annata catechistica e orato-riana 1954-1955, quando venne sottolineata con particolare enfasi la necessità che «ogni oratorio» segnalasse «al centro le realizzazioni delle sue attività […] invitando a volte a qualche riunione preparatoria qualcuno del centro» e portando «a conoscenza del centro l’acquisto di un particolare gioco, un buon affare, un’agevolazione avuta, una gita ben realizzata». Solo in questo modo, infatti, «il centro» avrebbe servito «gli oratori, [sarebbe stato] da essi valorizzato, si [sarebbe riusciti] ad accomunare idee, principi, dif-fi coltà ed attività, si [sarebbe sentita] la necessità di coordinare il proprio lavoro perché se ne [sarebbe riscontrato] il vero benefi cio e ci si [sarebbe sentiti] veramente utili gli uni agli altri e saldamente uniti in tutte le circostanze» (Impostazione e realizzazione, «Eco», 1954, 8-9, p. 6).90 Cfr. S. Gogna, Alcuni aspetti psicologici della fanciulla dai 6 agli 11 anni, «Eco», 1953, 7, pp. 5-8; cfr. Psicologia e mentalità del ragazzo, «Eco», 1953, 7, pp. 9-11; cfr. Metodi e forme di educazione attuale della fanciulla (6-11 anni), «Eco», 1953, 8, pp. 11-14; cfr. Crisi e bisogni dell’adolescente, «Eco», 1953, 9, pp. 1-3; cfr. Metodi e forme di agganciamento dell’adolescen-te, «Eco», 1953, 9, pp. 4-8; cfr. C. Ghetti Negri, Crisi e bisogni dell’adolescenza femminile, «Eco», 1953, 9, pp. 8-11; cfr. S. Bergadano, Mezzi di accostamento della giovane, «Eco», 1954, 1, pp. 10-15. Tali «vere e proprie lezioni di pedagogia, distinte per di più secondo le varie fasi della vita del ragazzo e della ragazza», possono essere tranquillamente lette come «il tentativo di enucleare le novità del tempo» (Vecchio, Gli oratori milanesi negli anni della ricostruzione, p. 418).

«PER LA SANA TRADIZIONE AMBROSIANA DEGLI ORATORI» 101

tica sportiva e ricreativa, dandole il giusto peso nella missione educativa, senza demonizzarla e senza collocarla ai margini dell’attività degli ora-tori come aveva invece fatto il suo predecessore91.

Va comunque sottolineato come l’esperienza degli oratori milane-si durante l’episcopato del cardinal Schuster possa essere vista come un percorso che, partendo dalla sfi lacciata e frammentaria situazione de-rivante dalle distruzioni belliche e dalla necessità di una ricostruzione complessiva del tessuto sociale milanese, arrivò a una sorta di propo-sta unitaria quanto a contenuti e strutture proprio con il congresso del 1953. Anche se l’appuntamento, come ogni momento di studio e di ri-fl essione che si rispetti, non costituì solo un punto di arrivo, ma fu anche uno strumento per correggere la rotta degli oratori e ridare loro motiva-zione e slancio per poter affrontare con maggiore capacità di compren-sione e di azione le novità e le sfi de date dalla contemporaneità.

Dunque il congresso del 1953 può essere agevolmente letto come un punto di arrivo di un percorso che, tra mille diffi coltà e fatiche, vide un rilancio complessivo della presenza oratoriana nella diocesi di Milano; tale presenza, però, poteva ora giovarsi di una struttura di coordinamen-to, la FOM, cui era affi dato dallo stesso arcivescovo un ruolo di control-lo e di collegamento degli oratori, nonché la funzione di essere punto di incontro tra chi agiva al loro interno per la formazione dei giovani.

A tale proposito il pensiero va subito, come già ricordato in prece-denza, all’Azione cattolica, ma non possono essere trascurate le, peral-tro sollecitate, collaborazioni con realtà più specialistiche quali le Acli92 e l’attenzione, forse la vera, grande novità del congresso del 1953, an-che nei confronti di chi, per svariati motivi, volesse vivere la realtà di ora-torio non impegnandosi nell’Azione cattolica ma puntasse comunque a connotare in senso cristiano le proprie attività ricreative, sia in ambito giovanile sia in ambito adulto93.

Venne inoltre riservato spazio al divertimento che, pur se utile solo se inteso come uno strumento adatto a «ristabilire l’equilibrio delle capaci-

91 Cfr. ibi, pp. 420-421. D’altro canto l’episcopato di Montini coincise con la ripresa dell’i-niziativa da parte della FOM, la cui attività «consentì di dare attuazione in modo ab-bastanza coordinato su scala diocesana al piano di avvaloramento degli oratori voluto dall’arcivescovo Giovanni Battista Montini sin dall’inizio del suo episcopato» (Caimi, Po-polo ed educazione cristiana, p. 250).92 Cfr. Mozioni e proposte della sezione maschile, p. 2, con particolare riferimento all’enun-ciato n. 4, in cui, per particolari situazioni, si invocava la collaborazione di Gs, dell’Asci e delle Acli.93 Cfr. A. Mauri, L’oratorio dei grandi, «Eco», 1954, 1, pp. 1-4. Tale attenzione fu ribadita in modo uffi ciale indicando queste azioni come momenti qualifi canti delle cosiddette ‘attività esterne’ degli oratori, così come le stesse venivano intese nei regolamenti degli oratori maschili e femminili.

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tà fi siche e psichiche»94, era introdotto tra le fi nalità dell’azione dell’ora-torio95, specie se connotato come integrazione della pratica religiosa96.

Problemi irrisolti rimanevano ancora, però, nel rapporto con la pra-tica sportiva e il cinematografo, visti sempre, nonostante le progressive aperture nei loro confronti, come delle ‘appendici’ non sempre neces-sarie alla pratica del catechismo e dell’educazione alla vita cristiana e di fede dei giovani.

Su questi temi, come peraltro si è già avuto modo di ricordare, il suc-cessore di Schuster operò tanto in continuità (specie per quanto con-cerne i rapporti con le altre realtà cattoliche, in particolare l’Azione cat-tolica) tanto in aperta discontinuità (è il caso della pratica sportiva, cui Montini diede «un signifi cato estremamente positivo e superando quin-di tante remore del suo predecessore»)97.

Anche per il presule bresciano, tuttavia, il compito di fondo dell’ora-torio rimaneva sempre quello di formare le coscienze degli individui in modo adeguato, però, alle profonde evoluzioni che l’Italia e la sua socie-tà proprio in quegli anni stavano subendo98. Ciò determinava la necessi-tà di un atteggiamento che avrebbe dovuto essere, a differenza di quel-lo adottato da Schuster, meno tradizionalista e più aperto e attento nei confronti dell’innovazione, come peraltro cercò di essere, fi n dai suoi esordi, quello messo in campo da Montini nella diocesi ambrosiana99.

94 M. Vassali, Il divertimento fuori oratorio, «Eco», 1, p. 18.95 Cfr. A. Manzoni, Il divertimento in oratorio, «Eco», 1, pp. 21-24. Il divertimento doveva però essere connotato in senso religioso e morale: così, ad esempio, gli spettacoli cinema-tografi ci avrebbero dovuto essere «pochi», «buoni» ed «educativi», mentre lo sport non avrebbe dovuto mai avere un «vero senso di competizione agonistica», in quanto «nocivo alla salute».96 Cfr. Vassalli, Il divertimento fuori oratorio, pp. 19-20.97 Vecchio, Gli oratori milanesi negli anni della ricostruzione, p. 421.98 La novità montiniana è ben rappresentata dal Decalogo degli oratori (cfr. ibi, p. 422).99 Tale atteggiamento, seppure colto in modo sintetico, è ben schematizzato da Rumi, Il tesoro vitale della nostra verità, pp. 840-843.