il fenomeno dell'arabizzazione
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Università degli Studi Roma Tre
Scuola di lettere e filosofia
Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Straniere
Corso di laurea in Lingue e Mediazione Linguistico-Culturale
Tesi di Laurea in
Lingua e letteratura araba
Il fenomeno dell'arabizzazione
L'influenza del lessico francese su quello arabo nel XIX secolo
Relatore Candidata
Solimando Cristina Tullio Giulia
Matricola 448353
Anno Accademico 2013/2014
Ai miei genitori per il loro sostegno e per i loro sacrifici,
ai miei amici, a Massimiliano che mi ha donato la forza e
la volontà per concludere questa prima avventura.
E' a lui, il mio futuro, cui questo lavoro è dedicato.
Indice
Introduzione............................................................................................................................1
1 La Nahḍa e la diffusione della stampa in Egitto nel XIX secolo
1.1 La Nahḍa, tra ritorno alle origini e modernità..........................................................5
1.1.2 La fine del periodo di stagnazione linguistica.................................................9
1.2 Il giornalismo arabo del XIX secolo, nascita ed evoluzione...................................11
1.2.1 Il ruolo di Muḥammad ʻalī.............................................................................12
1.2.2 L'ascesa al trono di Ismā’il e l'aumento del flusso di informazioni...............15
1.3 Nuovi ideali, nuovi concetti, nuovo linguaggio......................................................18
1.3.1 L'Arabo Standard Moderno: il linguaggio della stampa araba......................19
2 I metodi linguistici adottati per l'espansione lessicale
2.1 La riforma del lessico..............................................................................................25
2.2 I metodi di espansione lessicale..............................................................................29
2.2.1 Il metodo analogico di derivazione (al-qiyās)...............................................30
2.2.2 La derivazione da radici originariamente arabe (al-ištiqāq)..........................32
2.2.3 La formazione di parole composte (al-naḥt)..................................................36
2.3 L'assimilazione di parole straniere (al-taʿrīb).........................................................38
2.3.1 Definizione di arabizzazione..........................................................................38
2.3.2 La posizione dei filologi arabi.......................................................................38
2.3.3 L'origine delle nuove parole...........................................................................42
2.3.4 Lista di alcuni termini derivanti dalla lingua francese per assimilazione......43
2.3.5Analisi dell'adattamento morfologico e fonologico........................................45
3 L'arabo moderno nei giornali del XIX secolo.................................................................48
3.1 Rinnovamento, composizione e struttura................................................................48
3.2 Telegrammi.............................................................................................................50
3.3 Notizie politiche......................................................................................................53
3.4 Notizie commerciali e industriali............................................................................56
3.5 Corrispondenze ufficiali..........................................................................................58
Conclusione...........................................................................................................................64
Bibliografia
Introduzione
Vari sono i fattori che sono intervenuti a definire dettagliatamente la stesura del presente
lavoro, a partire dalla scelta del tema trattato. Innanzitutto, il mio temperamento personale ha
giocato un ruolo significativo: l'amore per la lingua francese e la predilezione per quelle
discipline che tendono a basarsi su regole fisse e inconfutabili, per quanto in alcuni casi
convenzionali ed arbitrarie, che godono di una certa regolarità nel loro campo di applicazione
mi ha portato a focalizzare l'attenzione su quell'ambito che, all'interno di un percorso didattico
di tipo umanistico, riflette maggiormente tale metodologia, la linguistica appunto.
L'interesse per il mondo arabo-islamico nasce da una semplice curiosità verso qualcosa che
al giorno d'oggi tende ad essere semplicisticamente liquidato come un corpo estraneo alla
nostra società e che di conseguenza ne è spesso emarginato, per non dire espulso. Per sfatare
questo mito è sufficiente una semplice constatazione: il mondo arabo si trova a pochissima
distanza da noi, dall'altra sponda del Mediterraneo in direzione sud ed est ed è quindi
impensabile che due realtà così vicine non siano reciprocamente influenzate nel corso dei
secoli; è proprio il fenomeno dell'interferenza lessicale, per cui si manifesta un influsso
straniero nella lingua di una data comunità, ad essere testimone del contatto fra Oriente ed
Occidente.
L'interesse per la lingua francese nasce dai lunghi soggiorni estivi a Grenoble (capoluogo
del dipartimento dell'Isère e antica capitale del Delfinato nella regione Rhône-Alpes) sin dai
primi anni di vita, il contatto con la cultura, con gli stili di vita e con la lingua francese hanno
suscitato una forte attrattiva e un amore equanime per questo linguaggio così melodioso e con
una storia etimologica così sorprendente. La presenza araba nel territorio in cui sono cresciuta
ha scaturito l'interesse per i rapporti linguistici sorti dal contatto tra le due culture.
Abbandonando una prospettiva eurocentrica, questo studio mette a fuoco l'influenza delle
lingue europee e, in particolare, della lingua francese sull'arabo dai punti di vista diacronico e
sincronico, contestualizzando e motivando storicamente i dati presentati ed al tempo stesso
estrapolando regole generali del cambiamento fono-morfologico da una lingua all'altra.
Nell'Ottocento il culto dell'Oriente portò molti studiosi a viaggiare in Medio Oriente e in Nord
Africa: questo e la successiva fase di colonizzazione di alcuni Paesi Arabi renderanno
inevitabile il contatto tra la lingue araba e le "nuove" lingue europee. Analizzeremo quindi
come l'arabo è stato influenzato da queste in termini di espansione lessicale. Ritenendo questo
fenomeno molto ampio, in un primo momento lo studio si concentrerà sulla forza del dominio
1
coloniale diretto francese ossia dell'ingresso inizialmente “fisico” dell'Europa in terra arabo-
islamica dovuto alla spedizione napoleonica in Egitto del 1798. L'analisi verterà sul momento
cruciale del contatto fra il mondo occidentale e il mondo arabo dove l'influenza della cultura,
della politica e della lingua francese, principale portatrice di ideali e di tecniche moderne, darà
un forte impulso alla nascita e allo sviluppo del giornalismo come principale forma di
veicolazione dell'informazione e del progresso. Fondamentale in questo periodo è il
contributo del capo di governo Muḥammad ʻAlī e di suo nipote Ismā’il che, grazie ad una
nuova impostazione della rete amministrativa e all'apertura verso la modernità, diedero una
svolta decisiva nell'uso dei metodi di comunicazione e di trasmissione delle notizie.
Ormai l'evoluzione linguistica è un dato di fatto, è un processo inevitabile come
l'invecchiamento organico. Ma, pensando a chi in passato doveva decidere se e come
introdurre un nuovo vocabolo, in un secondo capitolo vedremo tutti i problemi derivanti
dall'introduzione di nuovi concetti propri dell'età moderna, prenderemo in analisi le
metodologie linguistiche adottate dalla lingua araba per far fronte ai neologismi e ai nuovi
ideali provenienti dall'Occidente. In particolar modo si farà riferimento, attraverso il ricorso
ad esempi e a citazioni di grammatici e linguisti arabi illustri, ai metodi di espansione
lessicale meglio noti come al-qiyās, al-ištiqāq, al-naḥt con un approfondimento particolare su
uno dei più importanti fattori che ha contribuito alla rapida modernizzazione e
all'arricchimento della lingua araba attraverso l'assimilazione di termini di origine straniera, il
taʿrīb.
Un capitolo conclusivo verterà sull'analisi delle conseguenze della forte influenza
linguistica francese sulla lingua araba attraverso la presa in esame di frammenti giornalistici1.
Lo scopo di questo capitolo è quello di presentare frammenti di testi differenti provenienti dai
principali giornali siriani e egiziani dell'epoca. La decisione di prenderne in considerazione
solo alcune parti sta nell'intento di cercare di toccare gli argomenti più vari affinché ci si renda
conto che la difficoltà linguistica presente in questo periodo non rappresenta solamente un
problema relativo ad un determinato ambito, ma al contrario andò ad intaccare i settori più
disparati. L'analisi verterà su un esame linguistico legato agli aspetti fono-morfologici dei
vocaboli presi in esame accompagnati da un'adeguata contestualizzazione storico-politica.
Significativa è infine la ricerca bibliografica alla base di questo lavoro. Il materiale
recuperato, monografie, capitoli di monografie, articoli di periodici in lingua araba e francese,
1 Contenuti in Washington-Serruys, L'Arabe moderne étudié dans les journaux et les piècesofficielles. Beirut, Imprimerie catholique, 1897
2
documenti in rete su cui ho basato i vari capitoli in cui l'elaborato è suddiviso vuole tracciare
una sorta di percorso storico-linguistico della rinascita araba.
Concludendo, lo spirito con cui mi sono messa all'opera è stato quello di prendere le parti
del mondo arabo-islamico: difenderlo innanzitutto da sé stesso e dall'immagine fallace, perché
non totalmente rappresentativa, che spesso proietta all'esterno di un mondo ottusamente
conservatore, chiuso in sé stesso e vittima di un'influenza estranea vista come indesiderata e
corruttrice; a difesa della vivacità culturale di un popolo che ha dato i suoi frutti migliori
proprio nei momenti di sincretismo. Per avere prova di ciò è sufficiente considerare la
posizione assunta dai principali protagonisti di questo periodo storico noto come Nahḍa ma
anche la presenza di innumerevoli neologismi accolti e rielaborati secondo le necessità
fonologiche e morfologiche arabe.
La traslitterazione (o translitterazione) è l'operazione consistente nel trasporre i grafemi di
un sistema di scrittura nei grafemi di un altro sistema di scrittura (generalmente un alfabeto),
in modo tale che ad uno stesso grafema o sequenza di grafemi del sistema di partenza
corrisponda sempre uno stesso grafema o sequenza di grafemi del sistema di scrittura di
arrivo, e questo indipendentemente dalla pronuncia delle due lingue. Essendo un lavoro
destinato anche ad un pubblico che non conosce il sistema fonetico e morfologico arabo, i
caratteri arabi saranno traslitterati attraverso la seguente metodologia:
Grafema arabo Nome Traslitterazione Valore fonetico (IPA)
ا ʾalif ā [æː]-[a]
ب bā' b [b]
ت tā' t [t]
ث ṯā' ṯ [θ] di think
ج ǧīm ǧ [ʤ] / [ʒ]
ح ḥā' ḥ [ħ]
خ ḫā' ḫ [x]
د dāl d [d]
ذ ḏāl ḏ [ð]
ر rā' r [r]
ز zāy' z [z]
س sīn s [s]
3
Grafema arabo Nome Traslitterazione Valore fonetico (IPA)
ش šīn š [ʃ]
ص ṣād ṣ [sˁ]
ض ḍād ḍ [dˁ]
ط ṭāʼ ṭ [tˁ]
ظ ẓāʼ ẓ [ðˁ] / [zˁ]
ع ʿayn ʿ [ʕ] / [ʔˁ]
غ ġayn ġ [ɣ] / [ʁ]
ف fā f [f]
ق qāf q [q]
ك kāf k [k]
ل lām l [l], [lˁ] (solo in Allah)
م mīm m [m]
ن nūn n [n]
ه hāʼ h [h]
و wāw w / ū [w] / [uː]
ي yāʼ y / ī [j] / [iː]
4
La Nahḍa e la diffusione della stampa in Egitto nel XIX secolo
1.1 La Nahḍa, tra ritorno alle origini e modernità
Tra il 1798 e il 1799 il mondo arabo fu testimone di quella che è possibile definire come la
“scoperta dell'America” araba, ossia l'invasione napoleonica dell'Egitto nella quale le truppe
di Napoleone, sbarcate ad Alessandria, distrussero l'esercito dei neo-Mamelucchi (vassalli
d'Istanbul, ma con ampi margini di autonomia) nella battaglia delle Piramidi. La spedizione
napoleonica fu culturale poiché il monarca, innamorato dell'Oriente, ebbe un approccio
testuale nei confronti dell'Egitto tanto che portò con sé degli accademici grazie ai quali poté
sviluppare vasti progetti scientifici e culturali1. Gli arabi, come soggetti appartenenti ad una
comunità di individui che hanno in comune una lingua ed una cultura, non esistevano se non
nella prospettiva degli “altri”, in particolare degli europei. Riferendosi alle considerazioni
trascritte dai primi orientalisti del 1700, gli europei dell’epoca consideravano gli arabi come
un grande popolo portatore di una grande civiltà nel mondo e che al momento era decaduto
sotto la dominazione ottomana. Di fatto, all’epoca della spedizione francese in Egitto dal 1798
al 1801, Napoleone aveva ritenuto utile di poter ricorrere al “patriottismo arabo” contro i
turchi “usurpatori”, con risultati decisamente modesti, fra l’indifferenza e la totale
incomprensione delle masse. Quando il generale corso ricordò agli egiziani le glorie antiche
degli arabi, ricevette come risposta che la loro più grande fierezza era quella di essere stati i
primi destinatari della rivelazione coranica. Agli inizi del 1800 il sentimento arabo era dunque
essenzialmente genealogico, anche se spesso si accompagnava ad uno di superiorità, legato
all’uso della lingua della Rivelazione di Dio. Napoleone volle apparire come il nuovo
“Alessandro”2 e, in realtà, il suo desiderio era quello di far aderire l'oriente reale al suo oriente
ideale attraverso la sua “categorizzazione”. Le truppe francesi rimasero nel territorio egiziano
fino alla sconfitta militare nella battaglia del Nilo subita dall'ammiraglio britannico Nelson,
lasciando dietro di sé una parte delle sue forze d'occupazione, che si sarebbero ritirate
1 Questo spiegamento di risorse intellettuali è considerato come un'indicazione di quanto Napoleonetenesse in gran conto l'era delle grandi civiltà della storia antica e secondo altri come una forma dipropaganda populista per mascherare i motivi reali di una invasione imperialistica dell'Egitto,inoltre gli ingegneri, gli architetti, i matematici e così via servirono a Napoleone per costruirefortificazioni, strade e ponti ed altre opere utili per agevolare l'occupazione del territorio.
2 Napoleone intraprese la campagna d’Egitto non in base ad una chiara e ben definita concezionestrategica, ma principalmente per assecondare la propria ambizione personale, per preparare lemosse successive verso la conquista del potere politico, per costruire la propria leggenda di giovaneeroe intrepido ed emulo di Alessandro Magno, così da rafforzare la propria popolarità nell’opinionepubblica e soprattutto nell’esercito, strumento dei suoi progetti di conquista e di gloria.
5
dall'Egitto solo diversi anni più tardi.
La spedizione napoleonica fu politicamente e militarmente secondaria dal punto di vista
francese mentre, per il mondo arabo, essa rappresentò uno spartiacque tra il lungo periodo di
stagnazione e l'inizio della modernità e del rinnovamento. L'arrivo delle truppe francesi in
Egitto provocò un cambiamento dei rapporti di potere con l'Europa che, in quel periodo,
rappresentava una potenza militare e tecnologica più avanzata rispetto all'assonnato mondo
arabo. Muḥammad ʻAlī3, giovane ufficiale arrivato in Egitto col contingente albanese che
faceva parte delle forze di spedizione ottomane, intervenne per colmare il vuoto di potere
dopo la ritirata dei francesi. Senza che vi fosse nessun altro in grado di assumere le funzioni
di governo, il Sultano ottomano fu costretto a nominare Muḥammad ʻAlī suo wālī, ossia
governatore, in Egitto nel 1805. Egli fu riconosciuto legittimo sovrano dell'Islam, nonostante
le sue origini albanesi, grazie al fatto che nel mondo arabo islamico non esistevano problemi
di etnia tra popolo e sovrano per l'assenza del concetto e dell'ideale di nazione e di patria,
ideali che di fatto furono importati dall'Occidente.
L’Egitto con Muḥammad ʻAlī, agli inizi dell’Ottocento, vide il risveglio in senso
modernista del paese, fu il primo tra tutti i territori arabi. Egli stimolò la crescita economica
dell’Egitto, estendendo le coltivazioni e promuovendo un’agricoltura che cominciava ad avere
risvolti capitalistici, inoltre, riorganizzò la burocrazia, rese efficiente la riscossione delle tasse,
rafforzò l’esercito, promosse un’embrionale industria con scopi militari, patrocinò l’istruzione
moderna e inviò a studiare in Europa un numero consistente di giovani egiziani4. Muḥammad
ʻAlī promosse la riforma del sistema educativo, che aveva come modello di riferimento
l’Europa, egli mirava principalmente alla modernizzazione delle forze armate cosicché
promosse l'apertura della scuola di medicina e delle scuole delle arti militari5.
In questo periodo, mentre l’Europa da una parte appariva potente, dinamica, ricca con le
sue industrie, le sue armi e le sue scienze, dall’altra sfidava la tradizione islamica proponendo
le nuove categorie di nazione, popolo, libertà, democrazia e secolarismo.
3 Muḥammad ʻAlī (1769-1849), capo militare albanese d'Egitto dal 1805. È storicamente ritenuto ilpadre fondatore dell'Egitto moderno. Si dedicò all'opera di rinnovamento dell'Egitto, soprattuttonell'amministrazione dello stato, negli ordinamenti militari, nella vita economica del paese e nelladiffusione dell'istruzione e della stampa araba.
4 Mezran, Colombo, Van Genugten, L’Africa Mediterranea, storia e futuro, Donzelli editore, 2011.
p.4.
5 Branca, Paolo, Tradizione e modernizzazione in Egitto, Milano, F.Angeli, 2007. pp.120 – 121.
6
Questa rinascita letteraria, politica, amministrativa, culturale e religiosa del mondo arabo-
islamico basata sulla necessità di un rinnovamento identitario è noto come Nahḍa6.
Le ideologie che fecero da sfondo al desiderio di modernizzazione del mondo arabo nel
1800 furono il modernismo e il nazionalismo arabo. Il primo è inteso come un ritorno
all'Islam originario, attraverso il recupero e la rivitalizzazione della tradizione classica di un
tempo mitico: “l'età dell'oro”7. I modernisti, infatti, privilegiavano l’idea del ritorno alle fonti
e della continuità storica. La modernità non fu rigettata dall'Islam, al contrario fu ritenuta un
pretesto per depurare la tradizione dalle incrostazioni della decadenza contenute nei trattati di
Fiqh8. I principali rappresentanti di questa corrente furono il persiano Ǧamāl al-Dīn al-Afġānī
(1839-1897) e l'egiziano Muḥammad ʿAbduh (1849-1905), che ebbero il merito di aprire
l'Islam al modernismo.
Ǧamāl Al-Dīn Al-Afġānī, ricco di un'esperienza cosmopolita, avvertì la necessità di
purificare l'Islam dalle incrostazioni accumulatesi nei secoli, ma ebbe soprattutto un'acuta
coscienza della sfida posta dall'Occidente moderno all'Islam, che riteneva comunque
compatibile con le idee moderne e con la possibile accettazione delle innovazioni tecniche
occidentali. Agli europei rimproverava piuttosto di averle adoperate per fini imperialisti, in
odio all'Islam (siamo in piena espansione colonialistica europea). Per fronteggiare questo si
richiamava a ideali panislamici che superassero le divergenze tra sunniti e sciiti, e sul piano
socio-politico promuoveva idee liberali e democratiche, che secondo lui erano compatibili con
i principi musulmani. Incalcolabile è l'influsso esercitato da Al-Afġānī e dalle sue opere sugli
ambienti intellettuali dei paesi islamici, ispirando non solo il riformismo religioso ma anche le
correnti politiche nazionaliste allora emergenti9.
Muḥammad ʿAbduh, discepolo di Al-Afġānī, professore e pubblicista attivo politicamente,
6 Dalla radice n-h-ḍ , risveglio, rinascita.
7 Periodo Abbaside (dall'VII secolo fino al 1258), momento di massimo apogeo della culturaislamica, fu il più lungo periodo di dominio dinastico sul mondo arabo. In questo periodo, il mondoarabo divenne un centro intellettuale per la scienza, la filosofia, la medicina e l'istruzione, gliabbasidi istituirono la Casa della Saggezza a Baġdād, dove studiosi musulmani non tradussero eraccolsero tutta la conoscenza del mondo in arabo anche attraverso la traduzione di molte opereclassiche dell'antichità, che altrimenti sarebbero andate perdute
8 Ibn Khaldun definisce il fiqh come la “conoscenza dei comandamenti di Dio concernenti le azioni,qualificate come wāǧib (obbligatorie), ḥarām (vietate), mandūb (raccomandate), makrūḥ(disapprovate) o mubāḥ (indifferenti). Fiqh può essere tradotto con giurisprudenza coranica.
9 Keddie, N.R., Afgani, Ǧamal-Al-Din, Encyclopædia Iranica, I/5, pp. 481-486
7
fece carriera come magistrato, arrivando al vertice come gran muftī10 d'Egitto. In questo ruolo
egli poté adattare il diritto musulmano alle esigenze moderne ed ebbe una grande influenza
nell'aprire la prestigiosa università di Al-Azhar alle discipline della scienza moderna. L'idea
chiave di ʿAbduh stava nella convinzione che “è possibile essere al contempo moderni e
buoni musulmani”11. La convinzione di recuperare la purezza dell'Islam e di reinterpretarlo
alla luce delle conoscenze moderne, della sintonia dell'Islam con la ragione, della necessità di
accordare religione e scienza, i suoi ideali progressisti e ottimisti ne fanno anche un
personaggio molto tollerante verso le altre religioni.
Il nazionalismo arabo rappresentò l'altra risposta al bisogno di modernizzare il paese e fu un
movimento contrapposto al modernismo in quanto più laico e liberale. Grazie a questa
corrente fu posto al centro dell'interesse arabo il termine waṭan che rappresentava il luogo di
nascita (dalla radice w-t-n, risiedere, abitare, vivere in un luogo). Con la Nahḍa si ebbe, oltre
che un recupero dell'arabismo12, anche quello del localismo secondo cui gli Stati Nazionali
avrebbero sostituito il concetto di Dār-al-Islām13, che entrò in crisi profonda. Secondo i
nazionalisti, l'Islam rappresentava un ostacolo alla modernità, la patria di un musulmano era
laddove vigeva la Šariʿa14, pertanto i propugnatori di questo movimento si riconoscevano
ormai prioritariamente nella scelta del waṭan, modello nazionale di tipo europeo, piuttosto che
in quello tradizionale della Umma, la comunità religiosa a vocazione universale, nata dalla
predicazione del Profeta.
10 Giurisperito musulmano (faqīh) che, per i suoi studi e la sua buona nomea, è autorizzato a emettereuna fatwa, cioè un responso giuridico su una fattispecie astratta, basato sul disposto della Šarīʿa.
11 Black, Antony, The History of Islamic Political Thought:from the Prophet to the present, New
York, Routledge, 2001.
12 Principio già presente nel periodo Omayyade, che faceva dell'Arabismo la sua bandiera.
13 La cultura islamica identifica i territori che sono sottoposti all'imperio politico e giuridicodell'Islam, dove i musulmani possono compiere gli obblighi loro richiesti in quanto credenti(cinque pilastri dell'Islam). Nella dār al-Islām hanno diritto di vivere e operare solo i musulmani e,con diverse limitazioni gli appartenenti alle cosiddette religioni "del Libro" (Ahl al-Kitāb) mentrene sono esclusi i politeisti e gli atei. Questa non è più una realtà da quando il mondo islamico haassunto un assetto nazionale analogo a quello dell'Occidente cristiano.
14 Šariʿa è un termine utilizzato nel senso di “legge” che indica due diverse dimensioni, unametafisica ed una pragmatica. Nel significato metafisico, la Šarīʿa, è la Legge di Dio e, in quantotale, non può essere conosciuta dagli uomini. Per acquisire una dimensione pragmatica la Šariʿadeve essere interpretata dagli uomini che attraverso un’opera di Fiqh ne ricavano le indicazioni pergiudicare le azioni. La Šariʿa, in senso metafisico, riconosce come fonti solamente il Corano e laSunna in quanto entrambi diretta espressione della volontà divina.
8
La modernità, quindi, unì il vecchio e il nuovo. Per “vecchio” si deve intendere il pensiero
medioevale attraverso cui vi fu una riscoperta della propria tradizione culturale, letteraria e
linguistica assopita dopo secoli e secoli di stasi. Con “nuovo” si fa riferimento alla modernità
scientifica e letteraria per cui gli studiosi, gli educatori e i nuovi giornalisti aprirono l'Egitto
all'Occidente (e viceversa) attraverso opere di traduzioni e pubblicazioni. Il rinnovamento
linguistico avvenne, in particolare, per mezzo della stampa ed attraverso la separazione tra
lingua dei dotti e quella del popolo: si optò per la letteralizzazione del parlato e la
volgarizzazione, o alleggerimento, dello scritto; grazie a questa innovazione in ambito
linguistico la lingua araba moderna fu il frutto più alto della Nahḍa.
1.1.2 La fine del periodo di stagnazione linguistica
Con la caduta del califfato Abbaside nel 1258, dovuta alla conquista di Baġdād da parte dei
mongoli, la disintegrazione del mondo arabo medievale continuò e, sotto il dominio ottomano
(all'inizio del XVI secolo) la civiltà arabo-islamica raggiunse definitivamente un periodo di
stagnazione che durò fino al XIX secolo. Durante questo periodo il linguaggio arabo conobbe
una fase di degrado con una perdita progressiva delle sue multifunzionalità (universalità
linguistiche15) acquisendo un'unica funzione sociale, ossia quella di essere una lingua solenne.
D'ora in avanti essa fu utilizzata solamente nelle pratiche religiose (rituali, preghiere, sermoni)
e rappresentò il veicolo delle scienze islamiche (legge islamica, esegesi del Corano, tradizione
e filologia) per cui l'arabo divenne la lingua della moschea e della madrasa16.
Per molte generazioni la società medio orientale mantenne il proprio sofisticato sistema so-
ciopolitico, con delle relazioni regolamentate tra governanti e governati, élite e il resto della
società. Nel XIX secolo questa realtà iniziò a cambiare rapidamente. L’Europa, precedente-
mente considerata un’entità poco interessante, in questo periodo si impose nel Medio Oriente
con un esercito vittorioso, una tecnologia impressionante, idee politiche e culturali innovative.
Queste novità generarono molta curiosità tra i capi locali e presto divennero oggetto di ansio-
se emulazioni, tanto che alla fine del secolo il Medio Oriente adottò molti dei principi e delle
15 Con il termine “universali linguistici” si intendono principi generali ricorrenti in ogni lingua, ossiaprincipi comuni caratteristici di ogni variante del linguaggio verbale umano. Non è importante chetutte le lingue si adeguino ad un certo universale linguistico affinché questo venga considerato tale,l'importante è che nessuna lingua lo contraddica. Pioniere degli studi sugli universali linguistici ful'americano Joseph Greenberg (1915-2001).
16 L'istituzione legata all'educazione islamica superiore, capeggiata da una cerchia ristretta di studiosiislamici.
9
pratiche inizialmente proposte dallo stesso occidente. Questi rapidi sviluppi portarono inevita-
bilmente ad un’estensione del vocabolario indigeno che, nonostante il carattere ricco, vario-
pinto e ampiamente adeguato alle esigenze della tradizione, risultò invece manchevole difron-
te alla necessità di trasmissione di idee estranee e incomprensibili alle società della regione.
Per adattarsi al nuovo compito, il lessico arabo cambiò tanto quanto la realtà, la cui trasforma-
zione richiedeva un vero e proprio restauro. Questo nuovo tipo di linguaggio è considerabile
come un arrangiamento linguistico provvisorio che però ha rappresentato un fattore decisivo
nello sviluppo dell’Arabo Standard Moderno (MSA).
All’inizio del diciannovesimo secolo gli uomini colti e alcuni intellettuali si resero conto
che i fenomeni derivanti dalla vita e dalla politica occidentale erano decisamente diversi da
quelli della propria cultura, tanto che trovarono presto difficile, spesso anche impossibile, di-
scutere in modo appropriato di questi fenomeni attraverso l’utilizzo del loro vocabolario tradi-
zionale. Come esempio lampante di questa situazione ambigua e decentrante della lingua ara-
ba, in un momento in cui il confronto e la capacità di reagire alle forti correnti moderne pro-
venienti dall’Occidente si resero tanto necessarie quanto complicate, è possibile prendere in
considerazione la figura di Ibrahim al-Yāziǧī, giornalista libanese, il quale deplorò la degrada-
zione dell’arabo in uno stato di “lingua povera” asserendo17:
“Se qualcuno dovesse trovare [tale definizione] presuntuosa e un insulto nei confronti
dell’intelligenza araba, ponetegli il problema della traduzione di un discorso di un par-
lamentare inglese o, meglio ancora, chiedetegli di rendere in arabo il verbale di una se-
duta, un articolo sul teatro europeo, uno studio politico, una relazione commerciale, e
simili. Sicuramente si troverebbe di fronte ad un abisso in ogni singola frase. Potrebbe
non eccedere senza complicare seriamente la lingua, lasciando i suoi lettori nello scon-
certo e nel dubbio.”
Attraverso tale dichiarazione è possibile dedurre che il lavoro traduttorio, nonostante le
grandi difficoltà e il vivo interesse relativo al contatto con l’Europa, portò ad una necessità di
rinascita della cultura araba e ad una conseguente rivitalizzazione del linguaggio. La sua
diffusione e quella dei nuovi termini di origine europea è dovuta soprattutto alla nascita e alla
crescita della stampa nella prima metà del XIX secolo, strumento fondamentale di
veicolazione dell’informazione e di propagazione del sapere; l’'istituzione di un numero
crescente di uffici stampa nel mondo arabo durante la seconda metà del XIX secolo fu uno dei
prerequisiti fondamentali per la modernizzazione della lingua.
17 Al-Yāziǧī, 'Ibrāhīm, ḥadiqāt al-Aḫbār, 1858. pp. 1-17
10
1.2 Il giornalismo arabo del XIX secolo, nascita ed evoluzione
Il lancio dei giornali in Medio Oriente, così come per molte innovazioni moderne, fu la
prerogativa della maggior parte dei governi arabi. Per decenni nella capitale ottomana, in
Egitto ed in molte altre province i comunicati ufficiali erano gli unici periodici indigeni in
circolazione, ma grazie agli apparati governativi vi furono la motivazione e le risorse
necessarie per adottare la nuova idea straniera di diffusione rapida ed estesa dell'informazione.
Inizialmente si trattava di fogli rudimentali con obiettivi limitati; i primi giornali non
rappresentavano una richiesta popolare, né tanto meno svolsero ruoli sociali o culturali
significativi e ciò era dovuto al fatto che questi giornali rappresentavano i primi, se non i soli,
strumenti attraverso cui venne intrapresa un'iniziativa di tale genere. Con la diffusione della
stampa furono messe a disposizione le basi concettuali e pratiche per l'assimilazione dei nuovi
concetti derivanti dall'occidente.
Lo sbarco delle truppe francesi sulle spiagge di Alessandria nell'estate del 1798 e la
conseguente conquista dell'Egitto ebbero un impatto drammatico sulla civiltà egiziana. Così
come per le altre province arabe dell'impero ottomano, anche l'Egitto era rimasto fino a quel
momento ignaro e isolato dagli eventi europei relativi agli sviluppi tecnologici, politici e
culturali. L'invasione francese provocò uno shock culturale talmente notevole da scaturire dei
cambiamenti profondi nella società, nella cultura e nella politica araba. Il cambiamento non
avvenne immediatamente, ma solamente solo dopo che i francesi ripartirono e Muḥammad
ʻAlī salì al potere. Egli riuscì ad avere un'ampia visione della situazione di shock nella quale
cadde la civiltà egiziana, tanto che riuscì a plasmarla e a renderla un'ispirazione e un punto di
forza per la rinascita araba.
La modernità portata da Napoleone fu abilmente colta da Muḥammad ʻAlī il quale,
apparentemente, designò l'Egitto come il luogo di nascita del primo giornale arabo; l'utilizzo
dell'avverbio “apparentemente” è dovuto alla nostra oscura conoscenza del primo vero e
proprio giornale arabo18. Nel mondo islamico, la tecnica della stampa comparve prima dei
giornali effettivamente stampati, la prima stamperia fu fondata nella città di Aleppo all’alba
del diciottesimo secolo. Il primo periodico apparso nel territorio arabofono era scritto in
francese e fu intitolato Le courrier de l'Égypte, pubblicato da Bonaparte nel 1798, solamente
due settimane dopo la conquista del Cairo, designato alla circolazione tra i militari francesi e
il personale amministrativo, esso veniva stampato ogni cinque giorni e vi erano riportate
18 Ayalon, Ami, The Press in the Arab Middle East: A History, New York, Oxford University Press,1995. p.12
11
notizie ufficiali e locali. Due mesi dopo apparve un altro giornale francese, La Décade
Égyptienne, un periodico trimestrale destinato alla popolazione civile, relativo alla spedizione
scientifica in Egitto. Entrambe le pubblicazioni erano scritte in una lingua che i nativi egiziani
non erano in grado di leggere, furono infatti stampate per un pubblico non egiziano.19
Relativamente alle pubblicazioni per il pubblico arabofono, le testimonianze degli egiziani
contemporanei all'occupazione francese contengono vaghi riferimenti ad un comunicato
ufficiale arabo in quel periodo; lo storico Abd al-Raḥmān al-Ǧabarti20 rivelò che i francesi
“erano ansiosi di registrare gli sviluppi quotidiani nei loro vari dipartimenti e corti”. Essi
nominarono alcuni egiziani, come Al-Khašab, segretari del consiglio indetto da Napoleone per
preparare tali resoconti, intitolati Al-ḥawādiṯ al-Yawmiyya (Notizie giornaliere), che venivano
poi tradotti in francese per la loro diffusione tra le truppe nella capitale e nei dintorni21. Al-
Ǧabarti omise di menzionare cosa ne fu fatto dei testi arabi originali ma, basandosi su queste
informazioni, Philip di Tarrazi, il celebre storico della stampa araba, concluse che Al-ḥawādiṯ
al-Yawmiyya fu “indubitabilmente […] la madre di tutti i giornali arabi”22. Un altro giornale
che vide la luce per opera dei francesi, che avevano occupato l’Egitto portando con loro due
tipografie, una in caratteri latini e l'altra in caratteri francesi, greci e arabi fu Al-Tanbīh (il
Risveglio) nel 1800, ma non ebbe vita lunga poiché fu sospeso dopo qualche mese, quando i
francesi furono costretti ad abbandonare l’Egitto.
1.2.1 Il ruolo di Muḥammad ʻAlī
Con Muḥammad ʻAlī , uomo astuto ed ambizioso, vi fu una svolta decisiva nell'uso dei
metodi di comunicazione e di trasmissione delle notizie: egli comprese che le circolari ancora
scritte a mano e i comandi verbali erano completamente inadeguati allo scopo di instillare i
nuovi standard di rendimento nell'apparato statale. Un elemento chiave della nuova rete
amministrativa di Muḥammad ʻAlī fu un ufficio (diwān) che avrebbe regolarmente protetto i
19 Entrambe le pubblicazioni furono diffuse fino alla fine della spedizione francese nel 1801. Sulla condotta dell'informazione francese in Egitto: Salah al-Din al-Bustani, suhuf Bunabart. Egitto (1798-1801).
20 (1754 – 1822) Fu un fedele cronista della sua epoca. I suoi annali, 'Aǧa'ib al-āṯār fī'l-tarāǧim wa'l-aḫbār, sono un'opera importantissima della storiografia araba, essi sono una ricostruzionedell'impatto francese in Egitto.
21 Muḥammad, ʻIṣām ʻāyish, The New Arab Public Sphere, Berlino, Frank & Timme GmbH, 2008.
P.99.
22 Tarrazi, pp.48-49; citando 'Aǧa'ib di Ǧabarti.
12
resoconti che giungevano dalle varie regioni e che li avrebbe conseguentemente riassunti in
un documento noto come ǧurnal23. Questo documento apparve per la prima volta nel 1813,
ancora non era possibile identificarlo come un vero e proprio giornale, ma piuttosto come un
registro o un rapporto; la sede in cui venivano trattate e redatte le informazioni fu chiamato
diwān al-ǧurnal. Stampando il rapporto e facendone circolare numerose copie si sarebbero
potuti ottenere risultati di gran lunga migliori rispetto ai metodi antichi e inefficienti: sarebbe
stato più rapido e più chiaro e i testi sarebbero stati disponibili anche per ripetute
consultazioni. Nel 1822 Muḥammad ʻAlī istituì una tipografia nella cittadella del Cairo e
ordinò di stampare il rapporto sotto il nome di “Ǧurnal al-Khidiw” che divenne il primo
periodico arabo stampato24. Inizialmente scritto a mano, fu in seguito stampato per litografia,
divulgato prima settimanalmente e infine divenne un quotidiano comprensivo di notizie
ufficiali, rapporti relativi agli sviluppi nella capitale e nelle province, e per alleviare il rigore
della veste ufficiale, delle storie tratte da “Le mille e una notte”.
Muḥammad ʻAlī non cessò mai di essere affascinato dalle immense possibilità di stampa,
persino prima di divulgare la propria pubblicazione riceveva giornali e li ordinava per
leggerli. Investendo in una formazione personale, acquisendo l'attrezzatura necessaria e
sviluppando le basi per un uso tipografico esteso, egli diventò esperto di ogni dettaglio
dell'operazione delle stamperie cairote. Muḥammad ʻAlī considerava la stampa come il
simbolo del progresso e un veicolo per lo sviluppo e l'avanzamento di altri progetti; stanziò
ampie risorse e scelse i migliori studiosi per gestirle, se ne occupò in prima persona forgiando
la loro configurazione e il loro stile, supervisionò direttamente la prassi di elaborazione
chiedendo che il giornale venisse letto da lui prima della distribuzione. La stampa aveva dei
valori e i musulmani, soprattutto grazie a Muḥammad ʻAlī, iniziarono a riconoscerli. In una
visita a Parigi, nel 1826, un egiziano, inviato in Europa dal sovrano, di nome Šaiḫ Rifa’a
riportò nel suo resoconto di viaggio25:
“Gli uomini apprendono cosa succede nelle menti di altri da alcuni fogli diffusi
quotidianamente chiamati Journal e Gazette. Da questi, un uomo può venire a
conoscenza di nuovi accadimenti che possono avvenire sia dentro che fuori dal paese.
Sebbene possa trovare in essi più bugie di quante ne possano essere raccontate,
23 Hartmann, Martin, The arabic press of Egypt, London, Luzac & co, 1899. pp.2-3
24 Abduh, ta'riḫ Al-Waqa'i, pp.29-34 cit. Ayalon, Ami, The Press in the Arab Middle East: A History,New York, Oxford University Press, 1995.
25 Lewis, Bernard, The Muslim Discovery of Europe, New York, WW Norton and Company, 2001. pp.303-305.
13
ciononostante contengono notizie dalle quali gli uomini possono acquisire conoscenza;
discutono delle questioni scientifiche recentemente esaminate o di annunci interessanti
o di utili consigli, sia provenienti dagli illustri, sia dagli umili -talvolta questi ultimi
hanno delle idee che non posseggono i primi-. Tra i vantaggi di questi fogli: se un
uomo fa qualcosa -giusta o sbagliata che sia- ed è importante e conosciuto, le persone
del Journal scrivono a proposito di questo, quindi ciò può essere conosciuto sia dagli
illustri sia dalle persone comuni, per ottenere l'approvazione per gli uomini che
compiono delle buone azioni e per la condanna degli uomini che commettono delle
cattive azioni. Analogamente, se un uomo è offeso da un altro, egli scrive i motivi del
suo risentimento in questi fogli e ognuno, le persone illustri e le persone comuni, ne
divengono consapevoli e vengono a conoscenza della storia dell'oppresso e del suo
oppressore, esattamente così come è accaduto, senza alcun cambiamento, in tal modo
l'affare acquisisce il posto della giustizia ed è giudicato in accordo con delle leggi fisse,
quindi questo può essere un avvertimento e un esempio per gli altri”
“Ǧurnal al-Khidiw” fu ulteriormente sviluppato e rinominato Al-Waqā’i‘ al-Miṣriyya26
(Fatti egiziani) nel 1828, la prima edizione era in lingua turca, in seguito fu elaborata
un'edizione bilingue e solo nel 1829 il giornale apparve in lingua araba accompagnata da
un'edizione francese. Esso rappresentava il giornale ufficiale del governo, gli autori erano
letterati e studiosi ed al suo interno vi erano i rapporti dei movimenti militari, notizie locali e
relative ad argomenti scientifici e letterari. In questo periodo le informazioni provenienti da
altri stati o dall'occidente erano irrilevanti, non necessari e quindi trattate raramente.
Inizialmente il giornale apparve in maniera irregolare, in alcuni periodi due volte la settimana,
in altri ogni quindici giorni, ma ci furono anche intervalli più lunghi, tanto che per due anni
(tra il 1834 e il 1836) il giornale non pubblicò nemmeno un'edizione. Spesso le pubblicazioni
furono interrotte a causa della preoccupazione di Muḥammad ʻAlī relativamente alle questioni
di guerra, alle rivolte e ai problemi diplomatici27.
Un'altra causa delle difficoltà iniziali del progresso giornalistico arabo riguardò la lentezza
con cui circolavano le notizie dai dipartimenti amministrativi agli uffici stampa e dalle
province alla capitale poiché esse venivano spesso portate dai messaggeri a piedi o in sella ad
26 Hartmann, Martin, The arabic press of Egypt, London, Luzac & co, 1899. pp.2-3
27 Kelidar, Abbas, The Political Press in Egypt: 1882-1914 in Charles Trip [ed.], Contemporary
Egypt: Through Egyptian Eyes, London, Routledge, 1993.
14
un cammello. Per questi motivi le informazioni relative ad un evento potevano essere
trasmesse anche dopo mesi dall'accaduto. Il linguaggio, mai utilizzato in precedenza per
questo tipo di scrittura, risultò inadeguato ed insufficiente con l'inevitabile ricorso alle
terminologie turche, europee e dell'arabo colloquiale che produsse dei testi goffi non sempre
facilmente comprensibili. Anche l'assenza di punteggiatura, i frequenti errori tipografici e la
scarsa qualità di stampa si aggiunsero, in questo periodo, alla natura dilettantesca di Al-
Waqā’i‘ al-Miṣriyya. Intorno alla metà del secolo il giornale era ancora un triste organo
governativo rappresentante di comunicazioni ufficiali asciutte e notizie datate in un formato
sobrio per un ristretto gruppo di lettori, molti dei quali abbonati costretti.
1.2.2 L'ascesa al trono di Ismā’il e l'aumento del flusso di informazioni
L'ascesa al trono di Ismā’il28 tra il 1863 e il 1879, segnò un nuovo capitolo nella storia del
paese e in quella dello sviluppo della stampa araba; il suo regno fu caratterizzato da rapidi
cambiamenti specialmente in seguito all'ossimorico progresso stagnante dei suoi predecessori.
Le trasformazioni furono il risultato dello sviluppo della posizione internazionale del paese.
La crescente presenza degli occidentali in Egitto – missionari, mercanti, consoli e viaggiatori
– comportò l'aumento del flusso di informazioni, facilitato dal corrente sviluppo tecnologico.
Nel momento in cui Ismā’il salì al trono, la propagazione delle informazioni stampate era
molto diffusa nel paese tanto che apparve in Egitto, ma anche nelle altre province, un numero
sempre più elevato di giornali non arabi (francesi o italiani)29. Grazie all'operato del khedivé
Ismā’il, Al-Waqā’i‘ al-Miṣriyya divenne un quotidiano, fu rivitalizzato il suo ruolo
comunicativo e risultò un prodotto migliore rispetto al passato. Il programma di pubblicazione
fu ordinato (dal 1865 divenne un bisettimanale), la configurazione allargata, si optò per una
carta di maggiore qualità e per la diminuzione degli errori tipografici. Il giornale non puntava
ad intrattenere, ma fu concepito come uno strumento pratico dell'apparato governativo del
pasha affamato di efficienza. Il suo obiettivo principale era quello di introdurre all'interno
delle sue pagine giallastre informazioni pratiche relative agli sviluppi del piano riformatorio
tra cui informazioni sul cambiamento del personale, rapporti sul progresso dei progetti statali,
28 Nipote e successore di Muḥammad ʻAlī nel 1863, ricevette un'educazione di stampo europeo a Parigi, rilasciò la concessione per la costituzione di una società di costruzione che si occupasse della realizzazione del canale di Suez (1869).
29 ʿAbduh, tatawwu al-sihafa, pp.271-73. L'analisi della stampa non araba in Egitto e negli altri paesidella regione è uno degli scopi principali del suo studio.
15
encomi agli ufficiali devoti e rapporti sulle punizioni inflitte a coloro che vi si discostarono30.
Inoltre, grazie agli sviluppi tecnologici, all'espansione della rete ferroviaria e dei sistemi
telegrafici, il flusso di informazioni risultò più veloce e ci fu un incremento del ritmo di
elaborazione e di diffusione dei giornali. Si riscontrarono dei cambiamenti significativi nello
stile e nel linguaggio che divennero più funzionali e accurati sebbene, anche nelle loro
versioni migliorate, questi bollettini necessitavano ancora di un affinamento degli standard
editoriali.
Anche negli altri paesi arabi la stampa si diffuse in modo massiccio, nella seconda metà
dell'Ottocento Beyrut assunse il ruolo di altra importante città araba del Vicino Oriente per la
pubblicazione dei periodici. Nel 1858 fu fondato Hadiqāt Al-Aḫbār, un giornale pubblicato in
arabo e in francese con l'intento di far conoscere le posizioni della Porta Ottomana agli
stranieri presenti nei suoi territori ed in seguito furono elaborati anche dei giornali militari e
altri relativi al commercio e all’agricoltura. Le nuove pubblicazioni erano generalmente
divulgate in due lingue – arabo e turco – e si concentravano sulle notizie e sui progetti dello
Stato. Il primo giornale tunisino fu fondato nel 1860 e intitolato Al-Rā'id al-Tūnisiyy (il
pioniere tunisino), mentre in Iraq il governatore turco Medhat Pashà aprì nel 1869 il primo
giornale arabo, intitolato Al-Zawrā’, come un epiteto di Baġdād.
Inizialmente il giornalismo arabo fu ufficiale e governativo, incaricato di esprimere le
posizioni delle autorità al potere sia nazionali che straniere. In seguito alla nascita e alla
diffusione del primo giornale arabo, del progresso morale, e in seguito alla diffusione della
cultura epistolare, all'espansione dell'istruzione e ai sempre più intensi bisogni intellettuali, il
numero dei giornali non tardò ad aumentare rapidamente. Nel 1860 uscì anche nella capitale
del Califfato ottomano il primo giornale popolare: Al-Ğawā’ib (Notizie veloci), seguito da
altre testate in diverse zone del mondo arabo31.
Nel 1865, Ismā’il incoraggiò l'elaborazione di giornali specializzati come Al-ǧarīda
al-'Askariyya al-Miṣriyya, un mensile medico per gli studenti di medicina, veterinaria e
farmacologia32. Negli anni '70 del XIX secolo, si diffusero dei periodici privati che poterono
nascere beneficiando delle nuove tecnologie. Questi erano generalmente dei giornali stranieri
30 Ayalon, Ami, The Press in the Arab Middle East: A History, New York, Oxford University Press,
1995. p.15.
31 Amaldi, R. Mediouni, Crestomazia araba, Roma, Istituto per l’Oriente, 2009. pp. 119-121.
32 Iqbāl, Muẓaffar, Science and Islam, Greenwood Publishing Group, 2007.
16
finanziati dalle potenze estere e che furono spesso presi come modello dalle nuove riviste in
stile, linguaggio e organizzazione. Nella sempre più importante arena giornalistica, Al-
Waqā’i‘ al-Miṣriyya e le altre pubblicazioni statali divennero meno vitali e il loro ruolo fu
ristretto alla trasmissione delle notizie ufficiali e dei commentari (ormai prevedibili) degli
eventi in corso da parte di un governo che stava simultaneamente esplorando nuovi canali di
propaganda.
Accanto alla pubblicazione di giornali in lingua turca che apparvero soprattutto ad Istanbul,
in Egitto continuarono ad essere stampati altri periodici come Wādī Al-Nīl nel 186633. Nel
1870 apparve la rivista politica Laǧna (letteralmente Comitato), che durante la guerra franco-
tedesca diffuse le informazioni relative agli eventi in corso, tenendo i suoi lettori al corrente
delle fasi belliche ottenendo un grande successo, tanto che in Libano si finì per dare a tutti i
giornali il nome di Laǧna34. In seguito le testate si diffusero in Siria, in Egitto e nelle varie
regioni in cui era parlata la lingua araba come in Tunisia e nelle Indie. Altri gruppi editoriali
pubblicarono i propri giornali in Europa, a Parigi e a Londra anche se, in realtà,
rappresentavano per lo più fogli di propaganda politica redatti dagli adepti della giovane
Turchia. Ma è soprattutto tra il 1876 e il 1878 che in Egitto, sotto l'impulso dei siro-libanesi,
vennero pubblicati grandi organi di stampa in capo ai quali bisogna porre Al-Ahrām (le
Piramidi) che nel 1876 divenne il giornale più diffuso e più autorevole del mondo arabo35. Il
numero dei giornali arabi diffusi nel mondo intero sorpassarono il centinaio, solamente in
Egitto se ne contano più di cinquanta. Se questo paese, in particolare, presentò questo
notevole vantaggio, ciò è dovuto al fatto che in questo caso la libertà della stampa era
assoluta.
33 ‘Abduh, Ta'rīḫ Al-Waqa'i, p.41 cit.Ayalon, Ami, The Press in the Arab Middle East: A History, New
York, Oxford University Press, 1995.
34 Ibidem, p.43.
35 Il giornale fu fondato da due fratelli siriani, Bišara e Salim Taqla. Inizialmente uscì con cadenzasettimanale ogni sabato. Il giornale fu distribuito in Egitto e nel Mašreq. Due mesi dopo lafondazione del giornale, i fratelli Taqla decisero di trasformarlo in quotidiano. Nel novembre 1899la sede di Al-Ahrām fu spostata al Cairo. Alcuni fra i primi contributori di questo giornale furono
dotti religiosi come Muḥammad ʿAbduh e Ǧamāl al-Dīn Al-Afġānī.
17
1.3 Nuovi ideali, nuovi concetti, nuovo linguaggio
E' un fenomeno a dir poco straordinario vedere un popolo diviso in tribù che vivono separate
le une dalle altre, e osservare che parlano delle stesse regole fondamentali senza che sia
possibile, in realtà, fissare l'origine della loro grammatica. Nonostante ciò, se le regole
grammaticali arabe sono per così dire immutabili, non si può dire lo stesso della lingua
propriamente detta.
Gli arabi, in seguito alle loro conquiste, trovandosi a contatto con altre popolazioni
civilmente più avanzate e trovandosi di fronte ad un mondo nuovo e a nuovi stili di vita, sono
stati forzati ad introdurre nella propria lingua un gran numero di termini e di parole per
esprimere i nuovi ideali e i nuovi concetti provenienti dall'Europa. Ma, nonostante gli sforzi
operati dagli studiosi nella lingua, ciò che più influì e che diede un vero e proprio slancio
vitale e introdusse delle variazioni all'interno del linguaggio arabo fu il ruolo della stampa
periodica. Si potrebbe dire che, in qualche modo, fu il giornalismo ad aver creato la lingua
moderna, tanto differente dall'arabo coranico quanto il greco moderno da quello antico36.
Nessuna lingua può rimanere eternamente stazionaria, all'interno di ognuna esiste una parte
vivente, animata, progressiva. Esistono delle locuzioni che nascono e muoiono di volta in
volta: verborum vetus interit cetas (Orazio). Gli uomini e le nazioni cambiano
incessantemente, le idee si aprono a nuove vedute ed è bene che il linguaggio interpreti questi
nuovi bisogni, e che risponda a tutti i movimenti di senso, a tutte le trasformazioni del
pensiero umano così mobile e così vario.
Le lingue latine, nell'evoluzione che sono state costrette a subire in seguito allo sviluppo
dello spirito e del pensiero umano, ebbero il vantaggio di poter ricorrere al greco e al latino
quando, in seguito all'ampliamento del dominio intellettuale, si videro obbligate ad introdurre
nel loro vocabolario delle parole nuove. Per la lingua araba non si tratta dello stesso caso
poiché essa dovette adottare questi termini così come si presentavano o ripiegarsi su se stessa
e ritrovare tra le proprie viscere un vocabolario che rispondesse a tutti i nuovi bisogni.
Erano e sono tuttora presenti due fazioni: quella dei puristi che esigono di utilizzare parole
puramente arabe attraverso forme antiche appartenenti al lessico arabo, e quella più
indulgente che non si fa scrupoli nel prendere in prestito parole appartenenti al lessico
straniero semplicemente trascrivendole. Quest'ultimo sistema portò nella lingua araba tutta
una serie di parole denaturate che i traduttori trovarono più comode da utilizzare a discapito
36 Washington-Serruys, L'Arabe moderne étudié dans les journaux et les pièces officielles. Beirut,
Imprimerie catholique, 1897.
18
degli equivalenti arabi che ignoravano totalmente. La trascrizione delle parole e delle
locuzioni francesi facilitava il lavoro delle persone ignoranti che, per giustificarsi, asserivano
che queste parole non presentavano degli equivalenti arabi così come sottolineò Bresnier in
Chrestomathie arabe37:
”Secondo questo sistema di traduzione tanto inesatto quanto poco degno, basta
mascherare in lettere arabe tutte le parole francesi per dichiarare che se ne sono
riprodotte tutte le idee”
Fortunatamente per la lingua araba, negli anni '30 del 1900, si finì per comprendere che per
epurare la lingua era necessario rigettare tutte le trascrizioni barbare. A questo proposito
M.Barbier de Meynard38 asserì:
“[...] Pertanto l'arabo volgare ha saputo difendersi meglio. Traduce piuttosto che
trascrivere. In questo modo, ad esempio, la parola “ferrovia” (dal francese chemin de
fer) è reso con “sikka ḥadīdiyya” mentre “stazione”(dal francese station) con maḥaṭṭa.”
1.3.1 L'Arabo Standard Moderno: il linguaggio della stampa araba
Con lo sviluppo della stampa, delle traduzioni e dei testi letterari, dalle radici del linguaggio
classico emerse un nuovo linguaggio moderno che gli orientalisti europei del XIX e XX
secolo chiamarono “arabo moderno”. Messo in comparazione con la sua basse classica, esso
dovette continuamente far fronte alla necessità di creazione di nuovi termini con l'obiettivo di
riuscire ad esprimere i nuovi argomenti e le nuove conoscenze europee. Il contatto tra la
cultura e il linguaggio europei e quelli arabo-islamici forzò la rivitalizzazione e la
modernizzazione dell'arabo classico ad un'estensione tale che quello letterario ebbe la
possibilità di assumere una nuova funzione sociale.
L'arabo pre-moderno era un linguaggio ricco, dotato di un lessico elaborato, di una grande
capacità strutturale di auto-espansione grazie ai quali le nozioni scientifiche, umanistiche,
sociali, politiche e artistiche erano molto spesso espresse in modo elegante. Come ogni
linguaggio, l'arabo è il riflesso delle esigenze e dei valori della società, spesso di una natura
37 Bresnier, Louis-Jacques, Chrestomathie Arabe: Lettres, Actes Et Pièces Diverses, Algeri, Bastide,1867.pp.18,19
38 Barbier de Meynard, Charles, Rapport sur la mission accomplie par M. Basset dans le paysberbère, sous les auspices du gouverneur général de l'Algérie. In: Comptes rendus des séances del'Académie des Inscriptions et Belles-Lettres.Parigi, 1857.
19
islamica ben visibile, con un'armonia tra concezione ed espressione39. Sotto l'impatto degli
sviluppi moderni questa armonia venne a mancare e conseguentemente il linguaggio perse
una buona parte del proprio vigore espressivo.
Fino alla fine del XIX secolo gli sviluppi sociali, politici e tecnologici furono descritti e
discussi ampiamente in arabo. I concetti basilari relativi alle istituzioni governative e
amministrative, alle procedure politiche, ai controlli sociali, agli strumenti e ai metodi
agricoli, alle arti, ai mestieri e all'arte medica rimasero come in passato, presentando la loro
soddisfacente terminologia tradizionale. Quando i periodici dovettero confrontarsi con
determinati problemi in uno stile preciso, la difficoltà non apparve nel vocabolario; tuttavia,
una volta che gli scrittori dovettero competere con la sfida di gestire i nuovi concetti alla
quale la società fu esposta, il vocabolario esistente si dimostrò inadeguato. In poco tempo
molti concetti, strumenti, macchinari e ideali stranieri iniziarono ad essere importati nella
regione grazie all'iniziativa dei sovrani. Verso la fine del XIX secolo, con l'arrivo delle nuove
idee politiche come il nazionalismo, le assemblee rappresentative e le costituzioni, l'Egitto e il
Libano divennero il palcoscenico delle nuove sperimentazioni. Tutte le novità (anche nel
campo delle scienze e della tecnologia) necessitavano di modifiche linguistiche per essere
descritte e discusse così che, in alcune aree, i cambiamenti concettuali furono talmente
basilari al punto che il vocabolario dovette essere completamente trasformato.
Non furono solamente i giornalisti a dover far fronte alla sfida di adattare il linguaggio alle
nuove necessità, anche i traduttori di opere europee in arabo, compilatori di libri di testo
relativi alle nuove aree (specialmente scientifiche) e scrittori di viaggio dovettero operare
nella rappresentazione di un fenomeno mai affrontato prima dell'avvento della stampa. I
giornali arabi, costretti quotidianamente a lottare con i problemi terminologici, diedero il
maggiore contributo nel processo di metamorfosi della lingua araba in un linguaggio moderno
funzionale e articolato.
L'interazione tra il processo del cambiamento linguistico e lo sviluppo della stampa è
illuminante. Il mutamento della lingua araba incarnò completamente l'assimilazione del
mezzo tipografico nella regione, attraverso cui i giornalisti e i letterati furono costretti ad
abbandonare le modalità letterarie antiche adattandole ai nuovi criteri. L'ambito nel quale
l'arabo era meno preparato per questo compito era, per ovvie ragioni, quello scientifico e
quello tecnologico così i giornali, che si assunsero la responsabilità di far familiarizzare i
39 Per una discussione sulla relazione tra linguaggio e sfera politica nella storia islamica vediB.Lewis, A handbook of diplomatic and political Arabic, London, Luzac & Co, 1916.
20
propri lettori con i concetti scientifici40, necessitarono di una particolare intraprendenza e
ingegnosità per produrre una terminologia chiara e comprensibile. Tuttavia, anche negli
ambiti culturali, sociali e politici, di cui molti periodici avevano già trattato e per i quali
esisteva già un ampio vocabolario, la situazione risultò complessa. Sopraffatti dalla pluralità
dei nuovi ideali stranieri che spesso risultarono difformi (ma a volte anche conformi) con le
loro, gli arbitri del linguaggio cercarono di avvicinarsi a dei metodi efficaci per esprimerle.
Presero in prestito le parole straniere, forgiarono nuove espressioni, rivitalizzarono quelle
antiche ed alterarono i significati di altre. Ne risultò una considerevole ambiguità, e la stampa
andò incontro ad una fase di comunicazione fratturata tra scrittori e lettori41. A causa della
prossimità linguistica francese con il linguaggio arabo, quest'ultimo fu esposto alle influenze
ideali occidentali e molte espressioni francesi furono usate nel periodo del processo di
modernizzazione del linguaggio arabo. Essi presero in prestito termini stranieri come, ad
esempio, qumandān, qumisiyyun, bulīs (dal francese police, polizia), brins (dal francese
prince, principe), ǧandarma, suldāt (dal francese soldat, soldato).42
La misera capacità linguistica araba delle prime pubblicazioni portò alcuni scrittori ad
assumere una posizione purista e di rifiuto come quella che assunse lo scrittore e giornalista
egiziano al-Ṭahṭāwī43. Costui inizialmente ritenne inaccettabili i nuovi standard linguistici e
cercò di liberare la lingua dalle intrusioni derivanti dall'occidente sostituendole con
espressioni arabe appropriate che sarebbero risultate ugualmente effettive ed efficienti. Presto
però fu incluso in un gruppo di studenti inviato per volere di Muḥammad ʻAlī a Parigi (nel
1826) per approfondire le proprie conoscenze su un modello-Paese d'avanguardia in Europa e
studiò etica, filosofia sociale e politica, matematica e geometria. Egli fu sommerso dai nuovi
concetti e dai nuovi ideali tanto che fu inconsapevolmente costretto ad elaborare dei
40 Ad esempio la rivista scientifica Al-muqtataf (1876-1952), vedi Iqbāl, Muẓaffar, Science andIslam, Greenwood Publishing Group, 2007.
41 Per una discussione più ampia di questo processo vedi Ayalon, Ami, Language and Change in theArab Middle East: The Evolution of Modern Political Discourse, New York, Oxford UniversityPress, 1987. p. 206
42 ‘Abduh, Ta'rīḫ Al-Waqa'i. p.182 cit. Ayalon, Amy, The Press in the Arab Middle East: A HistoryNew York, Oxford University Press, 1995
43 (1801-1873) Fondò Al-Waqā’i‘ al-Miṣriyya, fu tra i primi studiosi egiziani a scrivere di culturaoccidentale, in uno sforzo di comprensione e di conciliazione fra il pensiero islamico e quellooccidentale. Fra le sue pubblicazioni: Takhlīṣ al-ibrīz ilā talhīs Bārīz (1834), scritto durante il suosoggiorno in Francia e Manāhiǧ al-albāb al-miṣriyya fī mabāhiǧ al-ādāb al-ʿaṣriyya (1869), sullesue concezioni circa la modernizzazione.
21
cambiamenti sotto la continua pressione della modernizzazione. Inevitabilmente, anche il suo
vocabolario incluse termini derivanti dal parlato vernacolare, termini stranieri, parole di
origine turca, insieme alle frasi che inventò ingegnosamente44. Nel 1835 fondò la Scuola di
Lingua ma i suoi allievi non sempre accettarono il suo contributo, spesso favorendo l'utilizzo
di espressioni antiche e meno affermate.
Altri letterati come Buṭrus e Salīm Al-Bustānī, Fāris Al-Šidyāq e Ibrahim al-Yāziǧī,
orgogliosi maestri del linguaggio e convinti delle sue capacità di regolare le nuove sfide, si
impegnarono nello sviluppo di un vocabolario arabo funzionale. La missione generò dibattiti e
controversie, la più famosa tra le quali fu quella tra Fāris Al-Šidyāq e Ibrahim Al-Yāziǧī sul
migliore modo di invigorire il linguaggio45. Inoltre, un ruolo molto importante nello sviluppo
del nuovo vocabolario fu svolto dagli emigranti libanesi in Europa nei primi anni '60; grazie
alla loro conoscenza degli affari europei, che occupò un posto di rilievo nella stampa araba, e
alla loro esperienza in una società in cui il giornale era ormai un prodotto popolare, diedero il
loro prezioso contributo ai nuovi sforzi culturali e linguistici arabi.
I giornali di questi primi anni offrirono un'abbondante testimonianza delle difficoltà
linguistiche a cui dovettero far fronte gli scrittori e i loro tentativi di superarle. La fluidità
terminologica fu una caratteristica di questa fase sperimentale, per cui un concetto avrebbe
potuto essere designato da una varietà di termini intercambiabili, a volte identici ma molte
altre volte solo parzialmente coincidenti nel significato. L'idea di conferenza internazionale,
ad esempio, una novità nell'esperienza araba, era riferita da uno stesso giornale in più modi
intercambiabili tra loro: ǧalsa (letteralmente una seduta), maǧlis (un posto seduto, una
sessione), ǧamʿiyya (una riunione o associazione) e muǧtamaʿ (assemblea). Lo stesso giornale
attribuì alle prime due parole due significati differenti: ǧalsa fu usata nel senso di “sessione di
una conferenza”, e maǧlis per descrivere il Parlamento inglese46. Inizialmente si utilizzò il
termine kunfirans (dal francese conférence), adattato poi, secondo le possibilità intrinseche
nel vocabolario arabo, con muʿtamar, un neologismo che apparve negli anni '70 e che fu
denotato come termine accettabile per rappresentare la nozione. Altri esempi significativi, in
riferimento all'assimilazione del vocabolario francese, sono l'utilizzo di ġazita da gazette o
44 Per gli esempi vedi Hamza, Adab al-Maqala, I, p.148
45 Ibyari; Yaziǧi; 'Abd al-Sayyid. Un breve esame delle maggiori controversie apparve anche in Al-Hilal, (1929) p. 305.
46 Ibrahim al-Yāziǧī, Hadiqat al-Akhbar,, 1858. pp.1-17 .
22
ǧurnal da journal47.
L'elasticità di significato, la comparsa e la scomparsa di termini, i prestiti, le derivazioni da
terminologie straniere e l'emergere di neologismi marcarono la fase transitoria a cui si era
sottoposto il linguaggio arabo. Sono riscontrabili altri segni tecnici di transizione particolari
adottati dai nuovi giornalisti come, ad esempio, la pratica comune di chiarire espressioni
sconosciute e poco familiari accostando tra parentesi dei termini meglio conosciuti. Si decise,
ad esempio, di riprodurre il termine “Camera dei Lords” con maǧlis al-a'yan (al-lurdiyya),
ossia, grossolanamente, “il consiglio degli eminenti (Lords)”48. I precedenti esempi riflettono
non tanto le difficoltà quanto una crisi virtuale di un linguaggio precedentemente ricco ma
successivamente divenuto inadeguato come mezzo di comunicazione. Tale crisi spinse gli
scrittori (giornalisti e non) a cercare delle soluzioni adeguate all'interno del proprio repertorio
linguistico per esprimere le nuove idee moderne. Ne derivò una situazione goffa e
confusionaria tra le nuove nozioni e ciò che era percepito o presentato dai vecchi termini
scelti come equivalenti. Ad esempio, spesso i giornali descrivevano gli stati-nazione europei
come milla (una comunità definita dalla sua religione)49, il Papa veniva così indicato con il
termine ḫalīfa (califfo) o šayḫ del Vaticano; oppure la cappella presente nella reggia di
Versailles come masǧid (moschea). Ovviamente, l'apposizione forzata di contesti irrilevanti
alle nuove idee avrebbe potuto annebbiare il senso di un testo divenendo difficilmente
propizio alla resa precisa del concetto. L'assenza temporanea di un vocabolario funzionale
impose un pesante fardello sulla stampa durante questa prima fase, danneggiando
inevitabilmente la sua assimilazione.
Con l'avvento del XX secolo, la stampa araba egiziana, così come quella europea, sembrò
emergere dal fondo della sua crisi linguistica. Diversi decenni di esperienza giornalistica e
un'intensa esplorazione delle possibilità linguistiche produssero il vocabolario elementare
necessario per una comunicazione fluida e ragionevole tra la stampa e il sempre più vasto
numero di lettori. I concetti politici, scientifici e sociali che mezzo secolo prima erano a
malapena conosciuti acquisirono dei nomi standard e furono discussi con una coerenza
47 Gli esempi sono contenuti in Ayalon, Ami, The Press in the Arab Middle East: A History, NewYork, Oxford University Press, 1995 p.187. facendo esplicito riferimento al giornale Al- Waqa'i'al-Misriyya, no. 110 (1830), pp. 3, 4
48 Ibidem, al-Qāhira al-Hurra, (1887), p. 1.
49 Dal giornale Wadi al-Nil, 23 April 1869, p. 16; molti esempi sono riscontrabili in Ayalon, Ami,Language and Change in the Arab Middle East: The Evolution of Modern Political Discourse,New York, Oxford University Press, 1987. p. 206.
23
notevolmente maggiore; molte idee estranee al mondo arabo divennero più familiari e diminuì
il bisogno di interpretarle. Si assistette, quindi, ad un'evoluzione ma non ad una completa
trasformazione del linguaggio, né tanto meno furono definitivamente rimossi gli ostacoli
relativi all'esigenza di chiarezza e accuratezza di designazione.
24
I metodi linguistici adottati per l'espansione lessicale
2.1 La riforma del lessico
Il linguaggio arabo può essere definito come una linguaggio privilegiato, esso è sopravvissuto
ad un millennio e mezzo essenzialmente immutato, nacque in un perfetto stato di bellezza
preservata nonostante tutti i rischi e i pericoli storici e nonostante le forze corrosive del
tempo. Esso ha conosciuto i suoi periodi gotici, rinascimentali e barocchi, ha conosciuto
l'austerità, l'estasi e la sensualità, la fioritura e la decadenza; esuberante nei momenti di
splendore, in pseudo-ibernazione nei momenti di avversità. Il fatto che l'arabo sia
sopravvissuto e che abbia ancora la vitalità necessaria per germogliare di nuovo è dovuto a dei
fattori religiosi e sociali, ma l'abilità maggiore di espansione e la capacità migliore di
raggiungere la perfezione e di mantenere le sue caratteristiche essenziali è merito
esclusivamente del linguaggio1.
L'espansione lessicale per le terminologie tecniche e politiche avvenne in un periodo che è
possibile identificare come parallelo a quello in cui la lingua araba incorporò un vocabolario
completamente nuovo con opere di traduzione dei trattati medici, logici e filosofici greci che
richiesero l'invenzione di molte nuove parole. I primi passi della cultura scientifica furono
mossi infatti nella seconda metà del VII secolo a Damasco, sotto gli ultimi Omayyadi2 per
svilupparsi poi a Baġdād con i primi Abbasidi3. Essi, in particolare, furono convinti sostenitori
dell'opportunità di far proprio il pensiero delle culture assoggettate (per molti versi assai più
progredite del relativamente povero mondo arabo), che si trattasse di cultura greca, copta,
ebraica, persiana, indiana e persino cinese. I primi indispensabili passi furono perciò quelli di
stimolare e proteggere l'attività di traduzione, volgendo in lingua araba opere classiche
dell'antichità. Esse contribuirono alla nascita di una cultura araba “classica”4 fungendo da
volano per il successivo lavoro di ricerca degli studiosi musulmani; inoltre, furono di
importante ausilio anche per il più tardo rinascimento europeo, che senza l'opera dei traduttori
1 Stetkevych, Jaroslav, The modern Arabic literary language: Lexical and Stylistic Developments,London, Cambridge University Press, 1970. pp.1-2
2 Dinastia di califfi arabi, che governarono l'impero musulmano dal 661 al 750 d.C.
3 Dinastia musulmana di califfi (750-1258), la più duratura del mondo medievale islamico. I cinquesecoli di dinastia Abbaside coincidono con la maggior fioritura della civiltà arabo-musulmana.
4 Alcune opere alessandrine di matematica, geometria, astronomia o di meccanica (come il libro deicongegni pneumatici di Filone di Bisanzio).
25
arabi non avrebbero potuto conoscere tanti testi legati alla sapienza antica, quasi del tutto
perduta.
Una maggiore differenza tra il periodo classico e quello moderno è rappresentata da un
diverso grado di uniformità. Inizialmente, i traduttori del periodo classico erano liberi di
creare la propria terminologia ma, con l'istituzione dell'accademia dei traduttori da parte di Al-
Maʾmūn5 , quella concernente le discipline greche come la medicina, la filosofia e la logica
divenne sempre più uniforme. Il più importante gruppo di traduttori al quale resta legato il
destino del sapere greco nel mondo musulmano, è quello connesso alla figura di Ḥunayn ibn
’Isḥāq6. Proveniente da una famiglia di nestoriani7 di origine siriaca, Ḥunayn ibn ’Isḥāq e i
suoi discepoli lavoravano “a più mani”: non tutti infatti conoscevano il greco alla perfezione
come Ḥunayn, che in gioventù aveva soggiornato anche alla scuola di medicina di Alessandria
e vi aveva studiato, in originale, i trattati di Galeno e Ippocrate; ma tutti conoscevano il
siriaco e l’arabo. Ecco quindi il lavoro d’équipe; uno tra loro traduceva, ad esempio, dal greco
in siriaco e un altro dal siriaco all’arabo. La separazione dell'operato era dovuta alla differente
destinazione di tali versioni: quelle in arabo per i califfi e gli altri dignitari musulmani, quelle
in siriaco per docenti e studiosi cristiani. Ḥunayn ibn ’Isḥāq e la sua scuola furono prodigiosi:
Ḥunayn soprattutto, del quale si contano oltre duecento opere scientifiche tradotte in arabo e/o
in siriaco, era sì esperto di medicina e medico lui stesso, ma seppe agevolmente passare con
pari maestria ad altri campi della scienza8.
Gli arabi, sebbene eredi di una civiltà orgogliosa e coerente che raggiunse il suo massimo
splendore nel periodo dell'Alto Medioevo europeo, con un impero che si estendeva dalla
Francia sino alla Cina, giunsero esausti dalle enormi attività intraprese e impoveriti dalla
dispersione fisica delle loro risorse. Per queste ragioni caddero sotto il dominio dei turchi, dei
5 Nel 830 d.C. il califfo fondò "la Casa della Saggezza" a Baġdād dove i letterati musulmanitraducevano in arabo opere scientifiche greche e, in particolare opere di medicina di Galeno, esuccessivamente opere di matematica, astronomia di Euclide, Tolomeo e Archimede, libri difilosofia di Platone, Aristotele e di scrittori persiani.
6 (808-873) Tradusse le Categorie, la Fisica e i Magna Moralia di Aristotele; la Repubblica, ilTimeo, le Leggi di Platone; gli Aforismi di Ippocrate, il Tetrabiblos di Tolomeo e l'AnticoTestamento.
7 Seguaci della dottrina di Nestorio (381-451), teologo siriano sostenitore dell'identità di natura epersona e dell'immutabilità di Dio per cui se Dio è immutabile, la sostanza umana e la sostanzadivina non possono fondersi; se a ogni sostanza deve corrispondere una persona, allora in Dio visono due persone distinte, una divina e una umana, con un'attività comune.
8 De Lacy, O'Leary, How Greek science passed to the Arabs, London, Routledge and Kegan Paul,
1948.
26
mongoli, dei berberi e dei persiani, crollando in un lungo “sonno” dalla fine del XIII fino al
XIX secolo. Durante questo periodo gli arabi non parteciparono in modo significativo alla vita
culturale, economica e politica mondiale, né tanto meno a quella Medio Orientale.
Essi furono bruscamente risvegliati da questo lungo “sonno” dalla spedizione napoleonica
del 1798, sopraffatti militarmente e in seguito, per tutta la durata del XIX secolo, dalla
violenta ondata di innovazione che questa spedizione portò con sé. Gli effetti del brusco
arrivo europeo nel territorio arabo-musulmano portò gli stessi arabi ad abbandonare i propri
vecchi stili di vita sotto l'impatto dell'occidente9. La nuova ondata di modernità provocò dei
cambiamenti significativi dal punto di vista politico, culturale ed economico tanto che,
all'inizio del XIX secolo, le Accademie arabe assunsero un ruolo centrale nel processo di
modernizzazione del linguaggio. Sul modello delle grandi accademie di lingua d'Europa, sia
l'Accademia di Damasco sia quella del Cairo vennero fondate facendo riferimento esplicito a
L'Académie Française 10, il loro scopo era quello di perfezionare il ruolo dell'arabo nel mondo
moderno, divenuto luogo comune durante la Nahḍa. Questo secolo è testimone delle attività
dei riformatori linguistici come Fāris al-Šidyāq (1804-87) e Buṭrus al-Bustānī (1819-83) i
quali diedero un importante impulso alla modernizzazione, ormai necessaria, del lessico
arabo. Al-Bustānī pubblicò il primo dizionario di arabo su larga scala e, prendendo in prestito
lessemi dai dizionari classici, puntò all'incorporazione di tutte le nuove ed eccitanti idee in
vesti arabe11. Sin dal principio, lo scopo dell'Accademia di Damasco era duplice: da una parte,
proteggere l'integrità del linguaggio arabo e preservarlo dalle influenze dialettali e straniere;
dall'altra, di adattare la lingua araba alle necessità dei tempi moderni. L'Arabizzazione è stata
la principale missione di questa Accademia dopo il lungo periodo di dominazione ottomana e
l'uso dell'ottomano-turco in grandi parti del mondo arabo. La principale funzione
dell'Accademia Cairota fu la creazione di una nuova terminologia, la riforma della
grammatica e della scrittura araba12.
Questo secolo rappresentò un periodo a partire dal quale gli scrittori arabi dovettero far
9 Stetkevych, Jaroslav, The modern Arabic literary language: Lexical and Stylistic Developments,London, Cambridge University Press, 1970. pp.xiii-xiv.
10 Fondata nel 1635 a cui venne conferito il compito di vigilare sulla lingua francese affinché vifossero regole certe che la rendessero pura, eloquente e capace di trattare sia le arti che le scienze(Art.XXIV degli statuti).
11 Al-Bustānī, Buṭrus, Muḥiṭ-al-Muḥiṭ, Vol.1, Beirut, Maktabat Lubnan, 1867.
12 Versteegh, Kees, Landmarks in Linguistic Thought III. The Arabic Linguistic Tradition, London &New York, Routledge, 1997.
27
fronte alle difficoltà relative all'utilizzo di termini occidentali in accordo con dei nuovi temi;
molti di loro cercarono una via araba efficace per esprimere i nuovi termini tecnici, altri si
dedicarono all'ambito scientifico, politico e sociale. Per più di quaranta anni l'Accademia
araba fu incaricata di far fronte al compito di rimodellare l'antica struttura linguistica araba al
fine di riadattarla all'uso moderno. Da quel momento molte parole vennero create con la
stessa velocità con cui venivano lasciate nel dimenticatoio tanto che gli accademici (e non)
dovettero limitare numero di tali parole regolamentando la loro nascita e il loro uso da parte
non solo degli studiosi e dei dotti ma anche della popolazione13.
Nell'affrontare l'influsso di nozioni occidentali nel linguaggio arabo vi furono delle
divergenze: nel momento in cui i pensatori politici differivano a proposito dell'Islam, della
civiltà islamica e della sua relazione con la cultura occidentale, i riformatori linguisti si
suddivisero tra coloro che credevano che il lessico arabo in sé fosse sufficiente per esprimere
qualsiasi necessità e tra coloro che difendevano fortemente l'adozione di parole occidentali e
la revisione completa del lessico arabo. L'approccio più attento dei moderati assomigliava a
quello dei pensatori politici, secondo cui la lingua araba in sé era sì la lingua perfetta ma i
parlanti avevano iniziato a corromperla; ciò che era necessario era un ritorno alla purezza del
linguaggio classico.
All'inizio del XIX secolo Il problema più urgente della riforma della lingua era legato
all'espansione del lessico. Oltre al confronto con le ideologie politiche14 europee, le province
arabe erano costrette a confrontarsi con un'ondata di nuove nozioni tecniche e oggetti i cui
nomi dovevano essere inventati. L'ampliamento lessicale fu intrapreso simultaneamente in
molti luoghi diversi, ogni paese intraprese la propria strada verso la modernizzazione e
neppure le Accademie furono in grado di unificare le terminologie “nazionali”.
Ciò che più accomuna i lavori svolti dai traduttori islamici nei vari secoli è rappresentato
dalla volontà di questi di trovare dei metodi efficaci per svolgere un lavoro attendibile e
quanto più veritiero nella diffusione delle arti e delle scienze provenienti dal mondo
occidentale. I traduttori e i linguisti elaborarono una serie di metodologie atte ad accogliere i
nuovi ideali e i nuovi concetti in continua evoluzione ed espansione derivanti, in particolare,
dalle nazioni europee. I sistemi ideati dai linguisti ed applicati dai traduttori arabi
necessitavano di una regolamentazione; in questo secolo di modernizzazione e di
rinnovamento i parlanti arabi si resero conto della mancanza delle tecniche e degli strumenti
13 Ibidem, The modern Arabic literary language, p.xi.
14 Fortemente scioccante l'arrivo dell'idea di “Nazione”. Vedi capitolo 1.
28
necessari per la formazione di termini appropriati in grado di riflettere l'ondata di modernità.
Grazie alla spedizione napoleonica del 1798 il Medio Oriente si rese conto delle disparità di
potere, ma anche di quelle economiche e sociali, rispetto all'Europa. In un certo senso, la
storia del XIX secolo potrebbe essere vista come un approfondimento della comprensione
delle ragioni relative ai continui fallimenti dell'individuo medio orientale di fronte alle
potenze occidentali. A causa dell'ormai palese sbilanciamento di potere, la reazione arabo-
islamica avvenne, in primo luogo, in termini religiosi per cui grazie agli stimoli occidentali ci
fu un interesse rinnovato per la religione15. Allo stesso modo, anche il linguaggio, arrivato ai
credenti direttamente da Dio attraverso il Corano, era visto come il nucleo della cultura, non
come una forma d'arte bensì come la forma d'arte degli arabi per eccellenza. Essi cercarono di
far fronte alla penetrazione occidentale attraverso la riaffermazione dell'unicità e della
perfezione del proprio linguaggio e perciò attraverso la sua rivitalizzazione. L'arrivo di forme,
usanze, beni e servizi occidentali sembrò caricare una spinta linguistica differente. Il
linguaggio risultò così biforcato: quello letterario fu ristretto alla sola cerchia degli individui
colti, mentre invece tutti coloro la cui educazione era orientata verso l'occidente e la
popolazione in generale si mossero a favore di uno sviluppo di forme linguistiche più adatte
alle necessità del momento.
2.2 I metodi di espansione lessicale
Per far fronte alla modernizzazione del linguaggio arabo letterario i linguisti decisero di
adottare dei metodi in grado di far fronte ad una espansione del lessico arabo. I seguenti criteri
possono essere distinti per la creazione di un nuovo vocabolo:
• Il metodo analogico della derivazione;
• La formazione di parole composte;
• L'assimilazione di parole straniere;
Tali metodologie non rappresentano fasi successive nella creazione di nuovi vocaboli, bensì
sono modi differenti di affrontare l'introduzione di nuove nozioni in una civiltà. Il metodo
analogico di derivazione è fondamentale per l'arricchimento lessicale all'interno della rigorosa
struttura della morfologia araba classica. La composizione e l'assimilazione di parole straniere
riflettono anch'esse la preoccupazione teoretica dei linguisti relativa alla questione lessicale.
15 Ibidem, p. xix. La cultura musulmana vista come supra-religiosa, per cui la religione rappresentavail cuore della cultura.
29
Infine, l'assimilazione di espressioni straniere è in stretta relazione con il concetto di
adattamento morfologico e fonologico e di semplificazione grammaticale, veri e propri
esempi di sviluppo stilistico e lessicale. La scelta attuale di una parola dipende da numerosi
fattori, come la natura della nozione da tradurre e le circostanze culturali e politiche in cui ciò
avviene.
2.2.1 Il metodo analogico di derivazione (al-qiyās)
Nel primo secolo islamico, l'astratta idea per cui la struttura della lingua araba fosse
paragonata ad una formula matematica iniziò a prendere forma nelle menti di uomini come
ʿAbū al-ʿAswad al-Duʿalī16, grazie al quale nacque la scienza della grammatica araba17. Il
processo di arabizzazione delle popolazioni entrate a far parte del dominio arabo-islamico
durante le prime futuḥāt registrò la comparsa di variazioni fonetiche e morfosintattiche
riconducibili alle lingue di “sostrato”18. Versteegh19 sottolineò come la tradizione araba abbia
preservato la memoria di tale processo attraverso l'elaborazione di numerosi aneddoti sulla
nascita della scienza linguistica: uno di questi racconta che il califfo ʿAlī incaricò ʿAbū al-
ʿAswad al-Duʿalī (m. 688) di redigere un testo grammaticale affinché i neofiti20 potessero
esprimersi e recitare il Testo Sacro senza commettere errori.
Inizialmente si trattava di una scienza empirica: un'osservazione conduceva ad un'altra,
rivelando caratteristiche e norme comuni che furono, di conseguenza, il prodotto di
somiglianze o analogie. Sebbene, inizialmente, l'analogia non acquisì una forma indipendente
di esistenza come criterio, la sua validità iniziò ad essere enfatizzata dagli studiosi, dai
16 Prima dell'Egira, Bassora, 680. Poeta e grammatico arabo.
17 Henri Fleisch (orientalista francese, 1904-1985) in realtà rigettò il ruolo di al-Duʿalī come ilcreatore della grammatica araba.(Vedi “traité de “traité de philologie arabe” (Beirut, 1961), pp.1-27). Egli, invece, avanzò la tesi per cui la nascita della grammatica araba potesse risalire ad ʿAbd
al-Lāh ibn ’Isḥāq (117 d.C.), il primo modello di riferimento di Sībawayhi ( considerato pionieredella grammatica e della linguistica araba, autore di un solo testo, databile verso la fine del secoloII/VIII, rimasto senza titolo e conosciuto col nome di Kitāb Sībawayhi -Il libro di Sībawayhi-). Uncapitolo su chi sia awwal man waḍaʿa al-naḥw -il primo a istituire la grammatica araba- è semprepresente nei vari trattati, fino ad Al-Suyūṭi (Muzhir; m.911/1505).
18 Lingua originaria di un territorio, soppiantata da un'altra lingua, alla quale ha trasmesso tratticaratteristici.
19 Versteegh, Kees, Landmarks in Linguistic Thought III. The Arabic Linguistic Tradition, London &New York, Routledge, 1997. p.111.
20 Fedeli di recente convertiti ad una nuova religione, in questo caso, l'Islam.
30
linguisti e dai traduttori arabi. Grazie al lavoro svolto dai grammatici di Baṣra21 l'attitudine
empirica riscontrò numerosi progressi tanto che l'analogia fu trasformata in regola vincolante,
abbastanza potente non solo da poter spiegare, ma anche in grado di correggere e configurare
un nuovo sistema linguistico arabo22.
Le scienze elleniche vennero introdotte nell'arabo nel primo periodo Abbaside, la lingua e
la grammatica erano già nel pieno del loro sviluppo e il principio vitale del qiyās, che
permetteva possibili derivazioni (attraverso il metodo dell'ištiqāq) e la creazione di nuove
forme composte (naḥt), così come permetteva l'arabizzazione in accordo con lo spirito del
linguaggio arabo (taʿrīb), era nel pieno del suo vigore, permettendo l'effettiva creazione di
una terminologia capace di assimilare le nuove scienze e i nuovi concetti derivanti dal mondo
ellenico23. Il più importante esponente della causa della modernizzazione del lessico arabo e
del principio analogico fu senz'altro ʿAbd al-Qādir Al-Maġribī secondo cui il linguaggio
rappresentava un prodotto derivante dalle necessità comunicative dell'essere umano24. Al-
Maġribī vedeva la lingua come un organismo sociologico la cui crescita ed evoluzione sono
analoghi a quelli di un popolo o di una nazione. Nel caso arabo, la nazione si sviluppò
attraverso il naturale aumento della popolazione autoctona all'interno dei gruppi etnici e arabi,
e attraverso l'assimilazione di elementi non arabi. Allo stesso modo, il linguaggio emerse,
crebbe e avrebbe potuto continuare a crescere sia attraverso la derivazione di parole da radici
arabe (ištiqāq) che attraverso l'assimilazione di vocaboli stranieri (taʿrīb).
Anche coloro che solitamente ammettevano prestiti stranieri concessero la soluzione più
elegante di sostituire parole straniere con parole arabe “pure”; in questo contesto, la struttura
del linguaggio rappresentava un fattore rilevante. In arabo, la possibilità di utilizzare dei nomi
composti era estremamente limitata, ma il linguaggio aveva a sua disposizione uno strumento
fondamentale ed efficace per la formazione di nuove parole: il cosiddetto qiyās (analogia).
Esso consisteva nell'applicare modelli morfologici a gruppi di radicali esistenti o prestiti e, di
fatto, le radici esistenti venivano utilizzate a questo scopo.
21 Mounin, Georges, Storia della linguistica: dalle origini al XX secolo, Parigi, Presses Universitaires
de France, 1967.
22 Ibidem,p.3
23 Wright, W., A grammar of the Arabic language, Cambridge, Cambridge University Press, 1995.
24 ʿAbd al-Qādir al-Maġribī, Al-ištiqāq. pp.6-7.
31
2.2.2 La derivazione da radici originariamente arabe (al-ištiqāq)
Con il termine ištiqāq si fa riferimento alla relazione tra due parole qualsiasi diverse l'una
dall'altra per forma o significato, dove un termine è dedotto dall'altro, ed entrambi derivano
dalla stessa radice25. Questa definizione condusse i linguisti arabi all'idea che tutte le parole
avrebbero dovuto presentare una certa origine di derivazione dalla quale tutte i termini arabi
potessero essere dedotti. Anche Ğurğānī26 definì il significato relativo al concetto di
derivazione asserendo:
“Derivare, è far risalire un'espressione da un'altra, dato che entrambe sono in rapporto
l'una con l'altra sul piano semantico e della combinazione [consonantica], ma differenti
l'una dall'altra in ciò che riguarda la forma. […]”
La derivazione da radici esistenti arabe è sempre stata considerata la modalità più naturale
di crescita del linguaggio, proprio per questo motivo esso fu soprannominato il linguaggio
dell'ištiqāq, grazie alla sua capacità di crescere e di espandersi direttamente dalla propria
essenza che, a sua volta, gli ha donato la sua rara omogeneità27. Derivare non significa trarre
una parola da una radice, ma una parola da un'altra; pertanto i grammatici arabi non
ignorarono né la radice né la forma dei termini arabi. Se nella definizione di Ğurğānī, la forma
è espressa attraverso il termine ṣīġa che ne è il corrispondente esatto, ciò non avviene per la
radice, chiamata in questo caso tarkīb, ossia «combinazione[di consonanti]». I grammatici
ignorarono più quest'ultima accezione che è quella che permetterebbe di distinguere i tre
livelli di derivazione: «piccola» (ṣaġīr) «grande» (kabīr) e «superiore» (’akbar), che lo stesso
Ğurğānī28 definì come segue:
“La piccola (o semplice) derivazione, rappresenta il fatto che tra le due espressioni vi
sia una corrispondenza reciproca in ciò che riguarda le consonanti ed il loro ordine,
cosicché ḍaraba (colpire) deriva da al-ḍarb (colpo)”(al-’ištiqāq al-ṣaġīr wa huwa ’an
yakūna bayna l-lafẓayn tanāsub fī l-ḥurūf wa-tartīb naḥw ḍaraba minal-ḍarb).29
25 https://www.academia.edu/4240879/Shaimaa_El_Sadek_MA p.25
26 Ğurğānī, Ta‘rīfāt, Kitāb al-ta‘rīfāt, Ed. Gustav Flügel, Leipzig, Vogel, 1845 (ristampa Beirut,Librairie du Liban, 1978). p.27
27 Ibidem, p.7. Tale omogeneità rappresenta l'orgoglio degli scrittori e dei filologi che hanno sempreoperato per la sua difesa e protezione.
28 Ibidem, p.28
29 Stetkevich annota, inoltre, che essa rappresenta un metodo attraverso cui le consonanti radicaliverbali non vengono cambiate in nessun modo ma, al contrario, a partire da (e intorno a) essevengono elaborati e costruiti nuovi termini. Es. la declinazione semplice: faʿla-yaʿfalu-fāʿilun-mafʿūlun.
32
“La grande derivazione, rappresenta il fatto che tra le due espressioni vi sia una
corrispondenza reciproca, formalmente e dal punto di vista semantico, ma non
nell'ordine [delle consonanti].”(al-’ištiqāq al-kabīr wa-huwa ’an yakūna bayna l-
lafẓayn tanāsub fī l-ḥurūf wa-l-ma‘nā dūna l-tartīb)30.
“La derivazione superiore, rappresenta il fatto che tra le due espressioni vi sia una
corrispondenza reciproca per ciò che riguarda il punto di articolazione e dal punto di
vista semantico, cosicché na'aqa [lanciare un grido] è tratto da nahq [grido
d'animale].” (al-’ištiqāq al-’akbar wa-huwa ’an yakūna bayna l-lafẓayn tanāsub fī l-
maḫrağ wa-l-ma‘nā dūna l-tartīb naḥw na‘aqa min al-nahq).
L' ištiqāq è definibile anche come il processo di derivazione di una parola (appartenente a
qualsiasi classe) da un'altra, dove la derivazione coinvolge entrambi i termini in forma e
significato. Questo è il senso inteso nel VIII secolo dal linguista Asma‘i (740-828)31 per cui la
derivazione rappresenta semplicemente qualsiasi relazione tra due parole (appartenenti a
qualsiasi classe) basati sulla stessa radice, in cui una delle due può dirsi essere basata (e
quindi derivata) dall'altra. Questa visione è riscontrabile anche nella concezione linguistica di
'Uṯmān ibn Ǧinnī32 il quale notò degli esempi in cui i nomi erano derivati da verbi e particelle,
e verbi da particelle.
ruğū’ “ritorno” ← rağa’ “ritornare”
lawlā “se solo x accadesse” ← law “se”+ lā “non”
sawwafa “rimandare” ← sawfa particella del futuro33
Ciò che più interessa relativamente allo sviluppo e all'arricchimento della lingua araba è
l'atteggiamento dei linguisti di fronte all'arrivo di neologismi occidentali; a questo proposito è
necessario fare riferimento al metodo analogico di derivazione relativo ai qawālib (modelli)
30 Versteegh, Kees, Landmarks in Linguistic Thought III. The Arabic Linguistic Tradition, London &New York, Routledge, 1997 esplicita tale fenomeno attraverso l'efficace esempio dei radicali K-L-M che nelle loro permutazioni differenti producono delle parole con la carica semantica di “forza,intensità”, es. kalm “ferita” (perché risultato della forza), kalām “parole-discorso”(perché causa dimali e di violenza).
31 Scrisse “Kitābu 'Ištiqaqi al-'Asami”(“libro sulla derivazione dei nomi”), uno dei primi libri digrammatica araba esistenti dopo Sībawayhi.
32 Ibn Ğinnī 'Uṯmān, Al-Khaṣā'iṣ, Beirut, Dār al-Hudá lil-Ṭibāʻah wa-al-Nashr, 1952. pp.33-35
33 Owens, Jonathan, The foundations of grammar, an introduction to medieval arabic grammatical
theory, Amsterdam, J. Benjamins Pub. Co, 1988.
33
linguistici pre-esistenti. Perciò, un termine come mağmaʿ (dal modello designante una
località34) che in origine significava un “luogo di riunione”, grazie al processo linguistico di
estensione semantica assunse il significato di “accademia”35. Nel lavoro di rivitalizzazione e
arricchimento del lessico arabo i linguisti si conformarono nell'adempimento a dei principi
linguistici concordanti con l'ambito relativo all'ištiqāq, alle sue funzioni e alla loro
realizzazione. Per tale motivo i principi guida che i linguisti arabi seguirono prevedevano:
• il processo di derivazione attraverso l'attualizzazione delle radici già esistenti;
• una derivazione attraverso l'adattamento dei vocaboli antichi ai nuovi significati,
attraverso un'estensione semantica figurativa oppure attraverso la rivitalizzazione
del vocabolario arcaico a cui sarebbero state donati dei significati moderni;
• la creazione di neologismi attraverso la traduzione di termini stranieri (al-ištiqāq bi
al-tarǧama) o attraverso delle parafrasi descrittive (al-ištiqāq al-maʿnawī).36.
Questi generi di metodologie sono state, sono e saranno applicate sia separatamente che in
concomitanza tra loro al fine di una buona riuscita lessicale atta all'arricchimento e alla
modernizzazione del lessico arabo. Tali criteri possono essere rivelati attraverso degli esempi
concreti:
• Il termine moderno miṣʿad (ascensore) può essere ritenuto come un semplice derivato
della sua radice verbale ṣaʿada (salire), sebbene esista tuttora il derivato affine
classico miṣʿad (uno strumento-un cerchio-per salire sulle palme)37.
• Il termine ḥarrāqa (siluro) rappresenta un'estensione semantica del “brulotto”
medioevale38 .
• Il termine ṯawra (rivoluzione) è un caso di estensione semantica dal significato
classico di “agitazione”. I primi traduttori del XIX secolo erano soliti ad utilizzare la V
forma taġayyur. Il dizionario di Bocthor suggerisce altre forme maṣdar derivabili
facilmente come: taġyīr, taqallub, inqilāb e qawma; proprio da quest'ultima forma
34 Modello: mafʿal, mafʿil, mafʿalah
35 El Shakry, Omnia, The great social laboratory: subjects of knowledge in colonial and postcolonial Egypt, Redwood, Stanford University Press, 2007.
36 Stetkevych, Jaroslav, The modern Arabic literary language: Lexical and Stylistic Developments,London, Cambridge University Press, 1970. pp.18-22
37 Traini, Renato, Vocabolario Arabo-Italiano, Roma, Istituto per l'Oriente, 1993.
38 Questo neologismo apparve per la prima volta nel 1892 appena subito dopo l'invenzione del
dispositivo. Vedi al-Ǧundī, Al-ʿArabīyah bayna ḥumātihā wa Khusumihā, pp.52-53
34
Bochtor39 derivò l'aggettivo e il sostantivo aggetivale qawmī (rivoluzionario).40
• Relativamente ai termini ottenuti per derivazione metaforica da significati antichi è
fondamentale l'esempio del sostantivo ǧarīda (giornale): questo termine, reso corrente
da Fāris al-Šidyāq (1805-1877) rappresenta una derivazione metaforica dall'antico
significato di “ramo di palma spoglio” utilizzato per le iscrizioni41
• Le traduzioni massicce e la proliferazione del giornalismo nel XIX secolo
influenzarono significativamente il linguaggio arabo moderno, il quale fu costretto a
far fronte all'inondazione di neologismi occidentali attraverso la formazione di termini
composti tradotti sotto forma di traduzioni (al-ištiqāq bi al-tarǧama) o parafrasi
descrittive (al-ištiqāq al-maʿnawī). Un esempio concreto di tali scelte è
rappresentabile dagli esempi dei termini: “camera dei deputati” reso attraverso la
traduzione “dīwān rusul al-ʿamālāt”42; “stazione di polizia” reso dalla forma
composta parafrasale “markaz al-šurṭa”43.
• Infine, per quanto riguarda il processo di derivazione di neologismi verbali, essi
appaiono in minore quantità rispetto ai neologismi nominali e aggettivali; di
conseguenza, sono riscontrabili nelle forme verbali derivate oppure come estensioni
semantiche di antichi significati verbali preesistenti. Molti derivati verbali possono
essere ottenuti da nomi concreti attraverso una derivazione primaria: es. kahraba
“elettrificare” dal sostantivo kahrabā’ “elettricità” oppure grazie ad una derivazione
secondaria: es. tamarkaza “concentrare” dal sostantivo markaz “centro”. Un esempio
conclusivo di estensione semantica verbale può essere reso prendendo in
considerazione il verbo ʿaḍraba che, pur mantenendo il significato originale di
“lasciare”/”abbandonare”, ha assunto anche il significato di “scioperare”44.
39 Bocthor, Ellious, Dictionnaire français-arabe, Parigi, Firmin-Didot, 1869. p.271
40 Ibidem Stetkevych; pp.27
41 Murūwah, ʿadīb, Ṣiḥāfa al-ʿarabīya. Našʾatuhā wa-taṭawwuruhā, Beirut, 1961. p.14
42 Di Rifā'ah Rāf'i al-Ṭahṭāwī; (1801–1873) contenuto nell'opera di Šayyāl, Ğamāl al-Dīn (1951):Ta'riḫ al-tarǧama. Cairo. p.214
43 Traini, Renato, Vocabolario Arabo-Italiano, Roma, Istituto per l'Oriente, 1993.44 Maggiori esempi in Maǧallat al-maǧma' al-'ilmī al-'Arabī 39, no.3 (Damasco: Luglio 1964):
502
35
2.2.3 La formazione di parole composte (al-naḥt)
La metodologia utilizzata dai linguistici arabi per la formazione di parole composte, meglio
nota come al naḥt, prevede una forma di creazione lessicale completamente differente. Si
tratta di un lavoro di scultura delle parole, attraverso la formazione di una singola parola in
due parole differenti, altrimenti non correlate tra loro, convenientemente accorciate. Un
esempio di formazione di una parola composta che renda l'idea di un genere misto tra il teatro
(masraḥ) e il romanzo (riwāya) può essere espresso dal termine al-masriwāya45.
Nella metodologia naḥt, così come nell'ištiqāq, il principio di analogia con modelli arabi
originali può essere legittimamente applicato, assicurando in tal modo la continuità delle
caratteristiche essenziali del linguaggio arabo. ʿAbd al-Qādir al-Maġribī46 considerava la
metodologia naḥt come una variante dell'ištiqāq. Egli la suddivise in quattro classi differenti:
1. al-naḥt al-fiʿlī (verbale)
2. al-naḥt al-waṣfī (aggettivale)
3. al-naḥt al-ismī (nominale)
1) al-naḥt al-fiʿlī consiste nella formazione di un verbo multiradicale (con più di tre
radici) derivante da un gruppo di parole rappresentativo di una frase nominale o
verbale. Al-Maġribī propone come esempio il verbo samʿala rappresentativo di al-
salāmu ʿalaykum e basmala per indicare "in nome di Dio" ( bi-smi llahi ).
2) al-naḥt al-waṣfī consiste nella formazione di aggettivi (generalmente con un
significato enfatico) derivante da due parole che si completano a vicenda, fornendo in
tal modo la connotazione desiderata o l'enfasi. Al-Maġribī asserì che l'aggettivo ḍibaṭr
(saldo, forte, un leone agile nei suoi movimenti) fosse composto da ḍabaṭa (difendere,
resistere) e ḍabara (saltare). Allo stesso modo ṣildim (forte colpo di zoccolo) è
composto da ṣalada (essere duro) e ṣadama (colpire).
3) al-naḥt al-ismī è la formazione di un nuovo nome derivante da due parole
complementari; è l'esempio di ǧulmūd (roccia) composto da ǧaluda (divenire forte,
duro) e ǧamada (congelare, divenire solido); dall'influenza europea venne generato il
termine raʿsmāliyya (capitalismo).
Ciò che è possibile dedurre da quanto offertoci da Al-Maġribī è che, in realtà, tale
45 Tawfiq al-ḥakīm definirebbe così il suo libro intitolato Bank al-Qalaq (Cairo, 1966).
46 ʿAbd al-Qādir al-Maġribī, Al-ištiqāq. pp.13-16.
36
metodologia non introduce alcun nuovo elemento esterno alla lingua araba, piuttosto si tratta
di una sistematizzazione del materiale tradizionale intrinseco ad essa attraverso la
composizione e la mescolanza di termini appartenenti al vocabolario arabo. Un'altra questione
analizzabile nello studio della formazione di parole composte è quella relativa all'uso dei
significati intrinsechi nei prefissi arabi47; per cui, la particella negativa lā, usata come prefisso,
può rendere possibile la creazione di termini come lāǧtimāʾī (asociale), lāʾḫlāqī (amorale), al-
lātanāhi (l'infinito), al-lāzamān (assenza di tempo); allo stesso modo qabla (prima), se usato
come prefisso, può rendere tutti quei termini indicanti anteriorità. In tal modo è possibile
ottenere, ad esempio, qabtaʾrīḫ (preistoria) e qabbulūġ (pre-pubertà). Un discorso analogo è
possibile per ġibba, per la formazione di parole che hanno un senso di posteriorità come
ġibmadrasī (post-scolastico) e ġibbulūġ (post-pubertà)48. Dal prefisso taḥta ne è derivato, ad
esempio, l'aggettivo taḥbaḥrī (subacqueo). L'utilizzo di questa metodologia ha reso possibile
l'arricchimento, ma anche la semplificazione, del vocabolario arabo moderno; allo stesso
tempo, però, è necessario notare come in realtà alcune tra queste neo-formazioni
rappresentino una caratteristica tipica delle lingue europee che attraverso la loro influenza nel
corso dei secoli hanno reso possibili tali costruzioni.
Secondo l'Accademia del Cairo il metodo naḥt era ammissibile solamente per il linguaggio
scientifico, e i termini risultanti dovevano essere trasparenti: da qui ne derivarono parole
come faḥmaʿyyāt (carboidrati) (da faḥm, carbone + maʿ, acqua). L'atteggiamento
dell'Accademia nei confronti delle parole composte risultò piuttosto conservativo e la maggior
parte delle proposte fu ritenuta contraria allo spirito della lingua araba. In realtà questa
posizione fu superata e, grazie al lavoro svolto dai linguisti ma anche dagli stessi letterati
arabi, furono presi in esame anche termini comuni (gli aggettivi composti divennero
relativamente comuni come, ad esempio, šarq-awsaṭi, medio orientale), utilizzati e inseriti
successivamente anche in molte opere letterarie49.
47 Particolarmente significativo il contributo di Ḥuṣrī, Abū Khaldūn Sāṭi, ārāʾ waʾaḥādīṯ, Beirut, Dār
al-ʻIlm lil-Malāyīn, 1882-1968. pp.142-44.
48 Stetkevych, Jaroslav, The modern Arabic literary language: Lexical and Stylistic Developments,London, Cambridge University Press, 1970. p.51.
49 Il termine al-lātanāhi (l'infinito), ad esempio venne inserito nel poema di Tūqān, Fadwā, AloneWith the Days, Beirut, Dār al-Adāb, 1952.
37
2.3 L'assimilazione di parole straniere (al-taʿrīb)
2.3.1 Definizione di arabizzazione
Il processo linguistico dell'arabizzazione (il taʿrīb) rappresenta uno dei più importanti fattori
che ha contribuito alla rapida modernizzazione e all'arricchimento della lingua araba
attraverso l'assimilazione di termini di origine straniera. Generalmente tale processo
linguistico era visto da filologi e linguisti arabi come una soluzione all'urgente necessità di
adeguare il vocabolario arabo ai termini moderni europei relativi alle scienze, alla letteratura e
alla politica giunti nel territorio. L'arabizzazione è stata definita in modi differenti da vari
studiosi letterari per riferirsi al processo linguistico relativo al metodo di derivazione
morfologica e fonologica dalla lingua araba che denota l'idea di pianificazione della
linguaggio.
Le definizioni seguenti di arabizzazione sono apparse nella letteratura sulla pianificazione
della lingua araba:
• Benabdi (1980:iii) definì arabizzazione “lo sforzo intenzionale atto a diffondere l'uso
dell'arabo classico”.
• Numan (1981: 14-15) vede il concetto di taʿrīb come “un mezzo di liberazione e
modernizzazione per raggiungere l'obiettivo di indipendenza nazionale, culturale e
politica a livello arabo.”
• Hammoud (1982:8-9) affermò la differenza tra due aspetti dell'arabizzazione: corpus e
status dell'arabizzazione. Il primo si riferisce a “la codificazione della forma e delle
elaborazioni delle funzioni”, mentre il secondo si riferisce a “tutte le decisioni
riguardanti l'uso dell'arabo e della sua assegnazione a funzioni ufficiali o non-
ufficiali”. Così lo status di arabizzazione “comporta decisioni sull'uso della lingua
nelle scuole pubbliche, nelle comunicazioni ufficiali e nei documenti, nei mass media
ecc..”
2.3.2. La posizione dei filologi arabi
Nonostante i traduttori della scuola egiziana fondata dal califfo Muḥammad ʻAlī facessero un
abbondante uso della terminologia straniera, era chiaro fin dal principio che molti tra quei
neologismi utilizzati sarebbero scomparsi e che il processo di taʿrīb non sarebbe restato a
lungo la risorsa principale per la crescita della lingua araba. Durante il periodo della Nahḍa,
nacque una discrepanza di opinioni tra i linguisti e filologi arabi concernente la vera natura
delle parole straniere arabizzate, la loro funzione e la loro posizione nella scala di valori del
38
linguaggio. Da una parte, vi era l'opinione che la funzione dei neologismi arabizzati fosse
provvisoria e che i neologismi sarebbero statti eliminati non appena fossero stati creati o
derivati dei termini arabi in gradi di sostituirli. Dall'altra parte, vi era l'opinione che
l'assimilazione di vocaboli stranieri è un processo che fonda le sue radici alle origini del
linguaggio arabo, nelle sue migliori poesie e persino nel Corano50. Secondo questa seconda
visione l'assimilazione né contamina né degrada il linguaggio e le parole arabizzate
dovrebbero essere riconosciute e trattate come valori permanenti51. Pertanto, mentre alcuni
deploravano questa invasione della lingua araba, preferendo lasciare le parole straniere nella
loro forma originale e separandole da quelle arabe, altri vedevano nell'arabizzazione la
migliore soluzione per preservare l'integrità del linguaggio.
La discussione riguardante il taʿrīb da parte dei filologi arabi può aiutarci a definire in
modo più preciso i metodi adottati nel processo di assimilazione di vocaboli stranieri, metodi
ideati dai filologi della Nahḍa, rafforzati dalla tradizione e convertiti in norme vincolanti. Le
più importanti differenze di opinioni sollevarono la questione se tutti i vocaboli stranieri
utilizzati dagli arabi dovessero essere considerati come assimilati o muʿarraba. Già intorno al
780 Sībawayhi52 mostrò un interesse piuttosto vivo per questi problemi e la sua definizione di
taʿrīb appare la più liberale, e gran parte di essa sarà rifiutata dai filologi che lo seguiranno.
Di seguito un estratto53:
“Loro (gli arabi) tendono a cambiare quei vocaboli stranieri che sono assolutamente
incongruenti con i propri, a volte assimilandoli nella struttura delle loro parole, e a
volte no. Come per quelli che assimilano nelle loro forme. […] Quando intendono
arabizzare vocaboli stranieri, li assimilano nella struttura dei vocaboli arabi allo stesso
modo in cui assimilano le lettere straniere trasformandole in lettere arabe. Spesso
cambiano la condizione di una parola da ciò che rappresentava nella lingua straniera,
assimilando in lettere arabe quelle non arabe, e sostituendo una lettera, anche se araba,
50 Ibn 'Abbas, cugino del Profeta (68 d.C). Indagò sulle etimologie dei vocaboli presenti in esso; fuattribuita a lui e alla sua scuola l'individuazione di una serie di parole coraniche di origini straniere.Dopo di lui molti filologi e lessicografi come, ad esempio, Al-Ǧawaliqi (466-539) si dedicaronoalla stesura di dizionari e raccolte di vocaboli con etimologia non araba presenti anche nel Corano.
51 Il punto di vista contrario al taʿrīb è rappresentato da Maḥmūd Šukrī al-ʿĀlūsī e Muṣṭafā ṣādiq al-
Rāfiʿī; mentre, tra i sostenitori più accesi di tale metodologia è possibile individuare ʿAbd al-Qādir
al-Maġribī (Al-'ištiqāq pp.120.31, 148-50) e Ṭāḥā Ḥusayn.
52 Considerato il più importante grammatico arabo grazie al suo libro, conosciuto con il titolo KitābSībawayhi (il libro di Sībawayhi) al quale fanno riferimento tutti i grammatici a lui posteriori.
53 Sībāwayhi (1881): Kitāb Sībawayhi. Parigi: Derenbourg. pp.208-209.
39
con un'altra. Inoltre, cambiano la vocalizzazione e la posizione delle lettere senza
raggiungere la struttura della parola araba dato che, dopo tutto, si tratta di una parola di
origine straniera la cui possibilità di cui dispone per raggiungere la struttura della
parola araba è, dal loro punto di vista, non sufficiente. Da ciò sono spinti dal fatto che i
vocaboli stranieri vengono trasformati attraverso la loro incorporazione nella lingua
araba e attraverso l'alterazione delle loro lettere, e questo cambiamento provoca la
sostituzione e il cambiamento della vocalizzazione, così come fanno gli arabi stessi
nella costruzione Nisba.
Spesso essi accorciano, come nel caso della costruzione Nisba, oppure aggiungono, per
cui o raggiungono la struttura araba oppure no. Ciò che fecero fu incorporare i
vocaboli stranieri nella struttura delle loro parole e, ciò che non poteva essere
incorporato, fu mutato attraverso cambiamento, sostituzione, aggiunta e elisione-in
accordo con i cambi richiesti dalla lingua.
Spesso lasciano un nome immutato quando le sue lettere sono simili alle loro-che sia la
sua struttura araba oppure no.
Spesso cambiano una lettera che non esiste nell'alfabeto arabo, senza però mutare la
struttura originale della parola.”
Dal testo proposto si evince che per Sībawayhi il concetto di taʿrīb è molto chiaro e lineare:
esso comprende tutti i vocaboli stranieri utilizzati dagli arabi, per quanto distanti dal calco
morfologico originale del linguaggio arabo è probabile che alcuni lo siano.
Un approccio più rigido e discriminante relativo all'assimilazione di vocaboli stranieri è
quello del famoso lessicografo Al-Ǧawharī54, che riprese in considerazione quanto asserito dal
grammatico Sībawayhi e secondo cui la cui preoccupazione relativa alla purezza del
linguaggio richiedeva una rigorosa osservanza del qawālib (calco), che egli riteneva fosse
l'unico strumento possibile che potesse arabizzare un vocabolo straniero. Al-Ḥarīrī55 mantenne
un punto di vista simile: a suo avviso “il criterio arabo, per cui ogni qualvolta un nome
straniero viene arabizzato, fa riferimento in tipo e forma ad una parola araba simile.”La
costruzione delle forme derivate da calchi stranieri è generalmente considerata come illecita,
in particolare dalla scuola di Al-Ǧawharī e Al-Ḥarīrī.
54 Haywood John A., Arabic Lexicography: Its History, and Its Place in the General History ofLexicography, cap.6 "The Ṣaḥāḥ of Al-ǧawāhri", Leiden, E. J. Brill, 1965.
55 Al-Ḥarīrī, Kitāb Durrat al-Ghawwāṣ fī 'Awhām al-Kawhāṣṣ, Cairo, Matbaʻat al-Haǧar al-Humaydah, 1871. p.131.
40
La definizione liberale di Sībawayhi, che implica che qualsiasi cosa utilizzata dagli arabi è
arabizzata, ha trovato un largo consenso in questo periodo di modernizzazione così
febbricitante. Così,ʿAbd Al-Qādir Al-Maġribī scrisse nel 190856:
“La nostra posizione rispetto al taʿrīb è l'inverso di quella degli arabi: mentre loro
raramente lasciarono che un vocabolo straniero mantenesse la sua forma originale, noi
raramente lo cambieremo in concordanza coi modelli della nostra lingua. Quindi,
pronunciamo telegrafo, telefono, fonografo, automobile, teatro, programma e molte
altre parole simili, all'incirca così come si presentano nella loro pronuncia, li definiamo
arabizzati...in conformità con il metodo di Sībawayhi (benedetto).”
Al-Maġribī era un ardente difensore del taʿrīb, tuttavia egli nutriva una certa cautela
rispetto alla definizione di Sībawayhi, infatti continuò asserendo:
“[…] Ad un certo punto dovremmo fermarci. Altrimenti parole straniere di forme e stili
diversi si moltiplicheranno nel nostro linguaggio letterario che, con il passare del
tempo, potrebbe perdere il suo carattere tradizionale e divenire una lingua ibrida- né
araba né straniera- un linguaggio simile al Maltese o ai dialetti vernacolari delle varie
regioni islamiche.”
Ai primi traduttori mancava quel senso di moderazione tipico di Al-Maġribī e il dilagare di
parole straniere indigeste, che essi stessi avevano inserito, fu presto controllato dal criterio più
potente ed efficace dell'ištiqāq che influenzò e diede forma a ulteriori metodi di assimilazione
di prestiti. La coscienza filologica esigeva dal nuovo scrittore arabo alcune osservanze di base
delle essenziali caratteristiche del proprio linguaggio. La crescente familiarità con altre lingue
permise l'introduzione di parole straniere con una precisione fonetica e semantica maggiore
mai attuata in passato. Mentre il filologo e lessicografo arabo classico era interessato
solamente alla lingua ed era fedele e leale solo ed esclusivamente ad essa; i moderni, pur
condividendo l'amore per l'arabo, praticarono una tendenza intellettuale sconosciuta in
passato; essi a volte nutrivano una lealtà discordante e un rimorso scientifico che proibì loro
di tagliare via le parole straniere in modo da arabizzarle. L'incorporazione diretta di parole
non arabe è rappresentato dal termine francese retouche, utilizzata dal poeta Ibrāhīm Al-
ʿUrayyid - “wa hiya baʿdu tahtaǧu 'ila rituš”57.
56 ʿAbd Al-Qādir Al-Maġribī, Al-'ištiqāq. p.43
57 'Ibrāhīm al-ʿUrayyid e altri, Fī al-ʿAdab al-ʿArabī al-ḥadīṯ, Cairo, 1954. p.75
41
2.3.3 L'origine delle nuove parole
Sia nel periodo classico che in quello moderno i puristi lottarono per una completa
eliminazione di tutti i prestiti stranieri dalla lingua araba e, al contempo, i moderati erano
disposti ad introdurli nel vocabolario a condizione che fossero adattati alla struttura araba, sia
nella forma fonetica (nessun suono straniero e nessuna combinazione di consonanti non
permessi) sia nel modello morfologico. Nel periodo classico, questa procedura di
arabizzazione (taʿrīb) ebbe successo e il numero di parole non adattate rimase minimo. Nel
periodo moderno, le accademie tentarono di adottare una linea di condotta restrittiva,
permettendo i prestiti solo dalla terminologia scientifica che mantennero la propria forma
straniera: come hidrūkarbūn (idrocarbone), klūrūfūrm (cloroformio)58.
All'origine delle nuove parole arabe utilizzate in seguito alla forte influenza europea è
possibile riscontrare una combinazione tra ciò che rappresenta il carattere etimologico di una
data parola e la sua parte fonologica. Nell'analisi linguistica ed etimologica di tali lessemi ci si
è trovati spesso di fronte ad una biforcazione a tal punto che H.Yule e A.Burnell59
evidenziarono l'esistenza di “due o più fonti dalla probabilità quasi eguale (…) è possibile
che, sebbene l'uso di una parola trovi origine in una delle due fonti, l'esistenza dell'altra
potrebbe invigorire tale uso e potrebbe contribuire alla sua eventuale diffusione”. La
rappresentazione fonemica del termine tiliġrāf, ad esempio, può derivare dal francese
télégraph (o inglese telegraph) ma non dall'italiano telegrafo o dallo spagnolo telégrafo.
Similarmente, l'omissione della /h/ all'inizio delle parole come iktūlītr, utīl riflettono la
pronuncia francese. Naturalmente, la situazione è abbastanza fangosa e questo ci fa capire
l'enormità di casi ambigui esistenti per cui la sola apparenza non può garantire una chiara
provenienza e per cui è maggiore la necessità di applicare dei criteri di classificazione. Il
termine wābūr, ad esempio, potrebbe risalire dal francese vapeur, dall'italiano vapore o dallo
spagnolo vapor. I fattori più rilevanti grazie ai quali è possibile rinvenire alle origini
etimologiche di date parole sono quelli relativi alla comparsa di queste in un determinato
periodo storico. Ciò che crea dei problemi più complessi è la questione relativa al fatto che
l'ortografia dei prestiti stranieri non era fissa; per indicare lo stesso concetto furono elaborate
molte varianti e, allo stesso tempo, sono riscontrabili fenomeni di omografia. Il termine
qamra, usato con significati differenti: “la cabina di una nave”, dallo spagnolo càmara e il
58 Rolland, Jean-Claude, Etymologie arabe: dictionnaire des mots de l'arabe moderne d'origine nonsémitique, Lione: lulu.com, 2014.
59 K.Vollers 1887-97: 627
42
“consiglio legislativo” dal francese chambre60.
La nazionalità degli autori svolse anch'esso un ruolo di grande importanza nella selezione
di prestiti derivanti da una lingua straniera, con l'uso di un etimologia derivante dallo
spagnolo maggiormente per gli autori del Marocco e una precedenza nell'uso di prestiti
derivanti dal francese, italiano e inglese per i paesi del Levante. Un altro fattore interessante è
quello relativo all'esistenza delle doppiette arabe italo-francesi: es. (anfi)tiyātir/(anfi)tiyātrū
(-théâtre/-teatro); mītr/mītrū (mètre/metro). In molti casi questo fu inizialmente il riflesso di
un “substrato” italiano e un “superstrato” francese con la sostituzione quasi totale di
quest'ultimo grazie alla sua influenza economica, sociale e politica nel XIX secolo. Inoltre,
molte parole derivarono dal greco e dal latino grazie alle immense opere di traduzione; in
realtà i prestiti da queste due lingue furono dimenticati e poi riesumati, riapparendo in tal
modo come prestiti dal francese/italiano/spagnolo ecc.
2.3.4 Lista di alcuni termini derivanti dalla lingua francese per assimilazione61
arduwāz “ardesia”, dal francese“ardoise”.
Dūk “duca”, dal francese duc, dal latino dux,ducis “capo”.
Ifrīz “fregio” dal francese “frise”,attestato come termine d'archittettura dalbasso latino phrygium.
Rābūr “rapporto”, dal francese rapport,derivato di apporter, dal latino apportare“portare qualcosa a qualcuno”.
Imbarāṭūriyya “impero” e imbiriāliyy“imperialista” dal francese impérialiste,derivato di impérial, lat. Imperialis.
Riǧīm “dieta”, dal francese régime, dal latinoregimen “governo”, da regere “dirigere”.
Ūbirīt “operetta”, dal francese opérette,diminutivo di opéra.
Rūl “ruolo”, dal francese rôle, dal latinomedioevale rollus “rotolo”, dal tardo latinorotulus “piccola ruota”.
Bāsāburṭ “passaporto”, dal francesepasseport, parola composta dal verbopasser e da port “passaggio”.
Sifilis “sifilide”, dal francese syphilis,prestito del latino del Rinascimento syphilis,termine creato dall'umanista italianoFracastoro da Verona che pubblicò nel 1530un poema intitolato Syphilis, sive morbusgallicus, “sifilide o malattia francese” dellaquale fu affetto un pastore chiamato Syphilis.
Barlamān “parlamento”, dal franceseparlement, nome derivato dal verboparler, dal basso latino paraulare.
Fuwāl “velo (tipo di tessuto)”, dal nomemaschile francese voile, dal latino velum,“velo, telo, tintura, tenda”.
60 Newman, Daniel L., The European influence on Arabic during the Nahda: lexical borrowing fromEuropean languages (ta’rib) in 19th-century literature, Arabic Language and Literature, Vol. 5, No.2, 2002.
61 Rolland, Jean-Claude, Etymologie arabe: dictionnaire des mots de l'arabe moderne d'origine nonsémitique, Lione: lulu.com, 2014.
43
Brūtūkūl “protocollo”, dal franceseprotocole, latino medioevaleprotocollum.
Faytūn “Fetonte”, dal francese Phaéton,personaggio della mitologia greca [Phaétôn],che morì precipitando nell’Eridano (il Po)perché aveva osato mettersi alla guida delcarro paterno nel cielo.
Bsīkūlūǧiyy o sīkūlūǧiyy “psicologico”,dal francese psychologie, dal latino coltopsychologia, propriamente “scienzadell'anima”.
Qubṭān o qabūdān o kabtan “capitano,comandante”, probabilmente dal francesecapitaine, l'ultima variante probabilmentedall'inglese captain. Derivanti dal latinocapitaneus “capo”, derivato di caput “testa”.
Bank “banca”, dall'inglese bank o dalfrancese banque, derivati dall'italiano“banca”, dal latino volgare bancus“seggio stretto e allungato”.
Kābil “cavo”, dal francese câble, esso stessodal basso latino capulum.
Bīrū “ufficio” dal francese bureau,derivato di bure, dal latino burra “saio”.Da cui il derivato bīrūqrāṭiyy“burocrazia”.
Kātidrāʿiyya “cattedrale”, dal francesecathédrale, dall'aggettivo latino cristianocathedralis, derivato di cathedra “sede di unpontefice”, latinizzazione del greco[kathédra] “banco, sedia”.
Tinis “tennis”, dall'inglese tennis essostesso derivante dal francese tenez (nelXIV secolo).
Krūkī “schizzo”, dal francese croquis,derivato di croquer “disegnare rapidamente”,da una radice onomatopeica krokk- cheesprime un rumore secco.
Ǧilyūtīn “ghigliottina”, dal franceseguillotine, da Guillotin, nome del medicoche raccomandò l'impiego di questamacchina per abbreviare le sofferenze delcondannato a morte.
Klāsīkiyy, dal francese classique, dal latinoclassicus “cittadino di prima classe,esemplare, de prima importanza”, derivato daclassis “classe”.
Ǧinrāl “generale”, dal francese général,abbreviazione di capitaine général, dallatino generalis “relativo ad una classeintera”, derivato di genus “classe,genere”.
Kunṣūl “console”, dal francese console,deverbale-con un'influenza probabile diconsolider-di consoler “addolcire un disturboo un male fisico, sostenere”, dal latinoclassico consolari “confortare, consolare”,derivato di solari “cercare di alleviare”.
Drāmiyy “drammatico”, dal francesedramatique, dal sostantivo drame, dalgreco [drama], “opera teatrale”.
Kūmāndān o qūmandān “comandante”, dalfrancese commandant, derivato dicommander, dal latino commandare, dallatino classico commendare, derivato dimandare “incaricare”, derivato di manus“mano”.
Dušš o dūš “doccia”, dal francesedouche, probabilmente dal latino volgare(aqui)ducium che fu sostituito da acquaeductus.
Mākiyāǧ “trucco”, dal francese maquillage,derivato di maquiller, termine gergaledell'antico verbo della Piccardia maquier“fare”, esso stesso in prestito dal medioolandese maken.
44
Dindiyy “tacchino”, dal francese dinde,proveniente da (poule) d'Inde.
Mitrāliyūz “mitragliatrice”, dal francesemitrailleuse, derivato di mitrailler, derivatodi mitraille, alterazione dell'antico francesemitaille “pezzo di metallo; piccola moneta”,derivato di mite “moneta di rame di Fiandra”.
Dūsyīh o dūsīh “dossier”, dal francesedossier, derivato di dos, dal latino volgaredossum, dal latino classico dorsum,probabilmente da deorsum “in basso,dall'alto al basso”.
”Misyū “signore”, dal francese monsieur,termine composto da mon e sieur, dal latinopopolare seior, forma contratta di quellaclassica senior “più anziano”, comparativo disenex.
Histīriyā “isteria”, dal francese hystérie,dal greco [hustéra] “utero.
Wābūr “macchina a vapore, locomotiva”, dalfrancese vapeur, dal latino vapor.
Alla luce degli esempi proposti, è importante identificare quei legami tessuti nel corso dei
secoli passati nel perimetro del Mediterraneo e oltre, verso l'Oriente; è quindi possibile
delineare un quadro linguistico per cui molte parole appartenenti al vocabolario arabo
moderno in realtà presentano un'origine morfologica e fonologica non semitica ma,
alcontrario, europea (in questo caso francese) e quindi greca o latina.
2.3.5Analisi dell'adattamento morfologico e fonologico62
Morfologia e grammatica
• Numero: Solamente pochi prestiti appaiono alla forma plurale; quelli che appaiono in
forma plurale acquisiscono il suono e la morfologia del femminile plurale arabo
(anche nel caso di referenti maschili); per cui è possibile considerare, ad esempio, il
termine tiyātru/tiyatrawāt (teatro-teatri; dal francese théatre), kardināl/-āt (cardinale-
cardinali; dal francese cardinal). E' ovviamente possibile riscontrare dei plurali
irregolari come milyūn/malaʻyin (milione-milioni; dal francese million), mītr/amtār,
(metro-metri; dal francese mètre), kunṣūl/kanāṣil (console-consoli; dal francese
console), tūnn/atnān (tonno-tonni, dal francese thon).
• Compressione sintattica: l'articolo derivante dalle forme linguistiche di origine non
semitica può emergere con il nome per formare un nuovo singolo lessema; è questo il
caso di: lʻūbrā (dal francese l’opéra).
62 L'osservazione e l'analisi linguistica è stata condotta dall'autrice sulla base dei lessemi presenti inRolland, Jean-Claude, Etymologie arabe: dictionnaire des mots de l'arabe moderne d'origine nonsémitique, Lione: lulu.com, 2014.
45
• Frasi nominali o aggettivali: vengono coniate come nomi singoli, è questo il caso al-
ḥamiḍkarbūnīk (dal francese acide carbonique), invece di ḥamiḍ al-karbūnīk oppure
al-ḥamiḍ al-karbūnīkī.
• La formazione delle parole: pochissime parole assimilate appaiono produttive dal
punto di vista flessivo come il caso di imbarāṭūri/imbarāṭūriyya oppure
Kunṣūl/Kunṣuliyya.
Fonologia
La seguente rappresenta un'analisi del trattamento arabo dei fonemi dei termini assimilati
nel linguaggio arabo derivanti dalla lingua francese, in base alla lista dei termini contenuti
nella tabella proposta nel paragrafo 2.3.4 sarà possibile notare come l'alfabeto arabo abbia
dovuto adattare i suoni dei quali dispone per una migliore resa fonetica possibile della
terminologia assimilata. Allo stesso modo, è possibile evidenziare come quei suoni già
presenti nel sistema fonologico arabo, e compatibili con quelli francesi, siano stati riprodotti
fedelmente.
Le consonanti
• Occlusive
/t/ → /t/:es. histīriyā /d/ → /d/:es. drāmiyy
/b/ → /b/:es. bank /k/ → /k/:es. klāsīkiyy
/p/ → /b/:es. rābūr /g/ → /ʤ/ es. ǧilyūtīn
/k/ → /q/:es. qūmandān /g/ → /ʁ/:es. tiliġrāf
• Fricative
/f/ → /f/:es. ifrīz /s/ → /s/:es. dūsyīh
/v/ → /f/:es. fuwāl /s/ → /ʃ/:es. šitrāt (fr. citrate)
/v/ → /w/:es. wābūr /s/ → /sˁ/:es. kunṣūl
/z/ → /z/:es. zūlūǧiyā
• Nasali
/m/ → /m/:es. mākiyāǧ /ɱ/ → /m/:es. amfitiyātru
/n/ → /n/:es. kunṣūl
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• Laterale approssimante palatale
/ʎ/ → /i:/:es. mākiyāǧ /ʎ/ →[li:]:es. ǧilyūtīn
Vocali
• Apocope
Delle vocali brevi :es. mètre → mitr
• Corrispondenze vocaliche
/o/ → /u/:es. dūsyīh /i/ → /u:/:es. uksuǧīn
/u/ → /u/:es. dušš /a/ → /a:/:es. ġrām
/ɛɛ/ → /i/:es. dindiyy /ɑɛ/ → /a/:es. barlamān
/ɛ/ → /i/:es. kātidrāʿiyya /w/ → /w/:es. arduwāz
/œ/ → /u:/:es. misyū /ɥ/ → /i/:es. bīrū
/æ/ → [ai]:es. faytūn /eː/ → /i/:es. dūsīh
Sebbene siano necessarie delle ricerche aggiuntive, è possibile formulare le seguenti
conclusioni. L'influenza del linguaggio europeo nel XIX secolo fu abbastanza limitato e
ristretto ad un piccolo numero di aree, le più importanti tra le quali sono riscontrabili quella
statale, economica, scientifica, tecnologica e quelle relative alla comunicazione e ai trasporti.
Nel corso della storia, la relativa importante delle lingue “donatrici” è cambiato, con l'impatto
del latino e del greco, successivamente soppiantate dall'impatto dell'italiano e dello spagnolo,
anch'esse poi, a loro volta, sovrastale dalla forte influenza del francese e dell'inglese. Il
francese, in particolare, fu la guida indiscussa nelle aree politiche e scientifiche nella
proliferazione e nell'assimilazione degli ideali ma soprattutto delle terminologie che la
modernità Occidentale portò con sé al momento dell'invasione Napoleonica in Egitto nel 1798
e che poi continuò grazie al fenomeno della colonizzazione. Si può quindi affermare che così
come il francese ha contribuito al risveglio del mondo arabo islamico e alla sua
modernizzazione, il mondo arabo islamico a sua volta ha consolidato la posizione del francese
come un linguaggio di cultura e di prestigio in molte zone del mondo arabo.
47
L'arabo moderno nei giornali del XIX secolo
3.1 Rinnovamento, composizione e struttura
L'influenza occidentale diede un forte contributo allo sviluppo della civiltà arabo-musulmana
grazie ai nuovi sistemi tipografici che nacquero, dopo un lungo periodo di stasi culturale e
socio-politica, nella metà del XIX con la “rinascita” del popolo arabo. Grazie all’impulso
vitale che ne scaturì, determinato dall’incontro con le altre civiltà e dall’apertura al mondo, la
stampa araba si diffuse in tutti i paesi arabi con pubblicazioni (giornali e riviste di prestigio)
che diffusero nel mondo arabo il nuovo spirito della scienza e il pensiero dei movimenti
politici e sociali. In questo periodo la stampa si diffuse in modo massiccio nella maggior parte
dei paesi arabi. Le nuove pubblicazioni presentavano un nuovo assetto, il flusso di
informazioni si fece sempre più veloce e si assistette ad un incremento del ritmo di
elaborazione e di diffusione dei giornali. Questi furono divisi in sezioni secondo un ordine
ben preciso, al loro interno era possibile individuare:
• La rubrica dedicata ai telegrammi in cui era possibile reperire notizie politiche, di
cronaca, interne e locali;
• La rubrica dedicata alle notizie vere e proprie in cui erano presenti aggiornamenti
politici, notizie di cronaca locali o estere, dove erano spesso inseriti i fatti più
salienti della settimana o della giornata;
• La rubrica dedicata agli annunci relativi agli arrivi e alle partenze di personaggi
importanti, le nomine ufficiali, le dimissioni, le permute;
• La rubrica dedicata ai rapporti sui crimini, i misfatti e i sinistri;
• Nelle pagine interne era possibile trovare notizie relative allo sviluppo tecnologico,
industriale, agricolo, le corrispondenze ufficiali e non e, infine, le notizie
provenienti dall'estero che non erano altro che le traduzioni di articoli dei grandi
giornali d'Europa.
I rapidi sviluppi scaturiti dall'arrivo delle truppe napoleoniche in Egitto, dalla svolta
decisiva nell'uso dei metodi di comunicazione e di trasmissione delle notizie da parte di
Muḥammad ʻAlī e dal piano riformatorio di Ismā’il, rappresentarono uno spartiacque tra il
lungo periodo di stagnazione e l'inizio del rinnovamento. Essi condussero a dei cambiamenti
profondi legati alla politica, alla cultura e alla lingua dei paesi arabi. Il vocabolario indigeno,
nonostante il carattere ricco, variopinto e ampiamente adeguato alle esigenze della tradizione,
risultò carente di fronte alla necessità di trasmissione di idee estranee e incomprensibili alle
48
società delle varie regioni africane. Per adattarsi al nuovo compito, il lessico arabo cambiò
tanto quanto la realtà e i linguisti dovettero adottare delle metodologie linguistiche efficaci per
la formazione di nuove parole. Il ricorso al processo di assimilazione di termini stranieri
attraverso il processo linguistico del taʿrīb fu dovuto ad una necessità linguistica araba di far
fronte alla ventata di modernizzazione. La derivazione da radici esistenti arabe, ištiqāq, è
sempre stata considerata la modalità più naturale di crescita del linguaggio, grazie alla sua
capacità di svilupparsi e di espandersi direttamente dalla propria essenza che, a sua volta, gli
ha donato la sua rara omogeneità. Anche la metodologia utilizzata dai linguisti arabi per la
formazione di parole composte, meglio nota come al-naḥt, prevede un lavoro di scultura delle
parole, attraverso la formazione di una singola parola derivante da due parole differenti,
altrimenti non correlate tra loro, convenientemente accorciate. Il linguaggio arabo fu invaso
da nuovi termini nati grazie ai processi linguistici appena citati, e da accezioni difficilmente
reperibili nei dizionari, in questo periodo ciò rese difficile la lettura dei giornali da parte degli
stessi parlanti nativi e, allo stesso tempo, creò non poche confusioni e insicurezze stilistiche,
fonologiche e morfologiche relative ai termini derivanti dal lessico francese.
L'interazione tra il processo del cambiamento linguistico e lo sviluppo della stampa è
illuminante. Il mutamento della lingua araba incarnò completamente l'assimilazione del
mezzo tipografico nella regione, attraverso cui i giornalisti e i letterati furono costretti ad
abbandonare le modalità letterarie antiche adattandole ai nuovi criteri. L'ambito nel quale
l'arabo era meno preparato per questo compito era, per ovvie ragioni, quello scientifico e
quello tecnologico così i giornali, che si assunsero la responsabilità di far familiarizzare i
propri lettori con i concetti scientifici, necessitarono di una particolare intraprendenza e
ingegnosità per produrre una terminologia chiara e comprensibile. Tuttavia, anche negli
ambiti culturali, sociali e politici, di cui molti periodici avevano già trattato e per i quali
esisteva già un ampio vocabolario, la situazione risultò complessa. Sopraffatti dalla pluralità
dei nuovi ideali stranieri che spesso risultarono difformi (ma a volte anche conformi) con le
loro, gli arbitri del linguaggio cercarono di avvicinarsi a dei metodi efficaci per esprimerle.
Presero in prestito le parole straniere, forgiarono nuove espressioni, rivitalizzarono quelle
antiche ed alterarono i significati di altre. Ne risultò una considerevole ambiguità e la stampa
andò incontro ad una fase di comunicazione fratturata tra scrittori e lettori. I giornali di questi
primi anni offrirono un'abbondante testimonianza delle difficoltà linguistiche a cui dovettero
far fronte gli scrittori e i loro tentativi di superarle. La fluidità terminologica fu una
caratteristica di questa fase sperimentale, per cui un concetto avrebbe potuto essere designato
49
da una varietà di termini intercambiabili, a volte identici ma molte altre volte solo
parzialmente coincidenti nel significato1.
3.2. Telegrammi
Telegrammi
San Pietroburgo: La stampa russa protestacontro l'allusione contenuta nel discorso dilord (al-lūrd) Salisbury riguardo l'Egitto.
Bucharest: Un ministero liberale è statoformato sotto la presidenza di Monsieur(misyū) Stourdza che si è riservato ilportafoglio degli Affari Esteri.Parigi: Il Giappone ha firmato con la Francia(faransa), la Germania e la Russia, l'accordodefinitivo connesso all'evacuazione delterritorio cinese.Londra (lūndrā): Il Times asserisce che ilrifiuto della Francia (faransā) di autorizzarel'impiego dei fondi egiziani ha obbligato ilgoverno ad economizzare, ciò rappresenta lacausa per cui i soldati e gli ufficiali dellaspedizione hanno dovuto subire delleprivazioni. Ne risulta che l'Inghilterra(inklitirā) dovrà aiutare finanziariamente laspedizione (al-ḥamla).
Londra (lundrā): L'Inghilterra (inklitira) hainviato un ultimatum al re (di Koumassy).Esige che il protettorato (inglese) sia estesosul suo paese e che un commissario (qūmīsīr)(inglese) sia nominato al fianco del re. Insisteaffinché la risposta all'ultimatum sia rimessaprima della fine del mese di ottobre. E'prevista una spedizione a Koumassy, se il renon accedesse a queste richieste. [...]
تلغرافيةرسائلبطرس����بج: احتج����ت ال����رائد (الروس����ية) عل����ى م����اج��اء ف خط��اب (الل��ورد سالس��بوري) م��ن التلمي��ح
إل(مصر).الس�������يوبارس�������ت: ت�������ألفت وزارة ح�������رة برئاس�������ة (
ستوردزا) الذي اتذ أيضا لنفسه وزارة الارجية.ب����اريز: وقع����ت (الياب����ان) عل����ى اتف����اق ن����ائي م����ع
و ألانية و روسية) فيه�ا يتعل�ق ب�اللء ع�نفرنسة(الراضي الصينية.
)فرنس��ا: ق��الت جري��دة (التم��س) أن رف��ض (لون��درااستخدام القراطيس (الصرية) ق�د ن�م عن�ه اقتص�ادعظيم أدىى إل حرم�ان ض�باط المل�ة و عس��اكرها
المل�ة) مس�اعدةإنكلتابيث اصبح من واجب (مالياا.) ان����ذار ا نائي ����ا إل مل����كانكل����تة: ارس����لت (لن����درا
(كوماس������ي) و ه������ي تطل������ب في������ه نش������ر الماي������ة قوميس�����������ي(النكليزي�����������ة) عل�����������ى بلده و تع�����������بي
د بني���ل ال���واب قب���ل (انكلي�����زي)مشقيم ث ��� ان���ا تشش���دد حل�������ة إلارس��������الناي��������ة تش��������ريب اوو ل و ينتظ��������ر
(كوماسي) اذا رفض اللك هذه الطالب. [...]
1 Tutti i testi sono presenti in Washington-Serruys, L'Arabe moderne étudié dans les journaux et lespièces officielles. Beirut, Imprimerie catholique, 1897.
50
L'esempio proposto rappresenta la messa in atto delle necessità di adattamento del
linguaggio arabo alle nuove accezioni, ai nuovi strumenti e ai nuovi ideali provenienti
dall'Oriente. I telegrammi apparvero in Occidente a metà del XIX secolo poiché il primo tra
tutti fu spedito nel 1844 da Samuel Morse da Washington a Baltimora2. Il telegramma
proposto venne pubblicato nel giornale arabo Al-Waqā’i‘ al-Miṣriyya sotto il khedivé Ismā’il3.
E' possibile riscontrare un'incorporazione dei vocaboli stranieri nella struttura delle parole
appartenenti al lessico arabo secondo un adattamento morfologico e fonologico. Ciò che non
sarebbe potuto essere incorporato è stato mutato attraverso un cambiamento, una sostituzione,
un'aggiunta di lettere appartenenti all'alfabeto arabo, oppure un'elisione, senza però mutare la
struttura originale della parola.
Partendo dal titolo prenderemo in esame i vocaboli sottolineati nel testo.
• Tiliġrāfiyya (telegrafico) è un aggettivo derivato da tiliġrāf (telegrafo dal francese
télégraphe), Il telegrafo nacque infatti nel 1793 in Francia e giunse sino ai paesi arabi
grazie a Napoleone che, consapevole dell'importanza delle comunicazioni in campo
militare, commissionò stazioni telegrafiche mobili da installare sui campi di battaglia.
E' chiaro che si tratta di un vocabolo assimilato nel linguaggio arabo attraverso la
semplice sostituzione in chiave araba dei grafemi e dei fonemi appartenenti
all'alfabeto latino, per cui è possibile parlare di trascrizione. Da un punto di vista
meramente fonologico è riscontrabile come sia stato possibile la resa del suono duro
della consonante occlusiva /g/ attraverso il ricorso al grafema ġayn e quindi al
fonema /ʁ/. Grazie alla capacità di estensione morfologica araba attraverso la
derivazione da radici preesistenti nacquero i vocaboli tiliġrāfāt (telegrammi) e aḫbār
tiliġrāfiyya (notizie telegrafiche).
• Al-lūrd (il lord) è un sostantivo derivante per assimilazione (taʿrīb) dal termine lord, in
questo caso è possibile riscontrare che, in assenza della vocale e del fonema /o/ nella
morfologia e nella fonologia araba, è stato necessario ricorrere a un elemento quanto
più vicino al corrispondente originale attraverso la scelta del grafema wāw e quindi del
fonema /uː/.
2 "What hath God wrought!" (ovvero "Che cosa Dio ha creato!"), una citazione tratta dal libro deiNumeri della Bibbia (VI-V secolo a.C). È questo il contenuto di quello che è passato alla storiacome il primo telegramma.
3 La possibilità di rinvenire a questo periodo storico è dovuta alla presenza di nomi illustri comeLord Salisbury (Robert Gascoyne-Cecil, III marchese di Salisbury, 1830-1903) e Dimitrie Sturdza(1833-1914).
51
• Misyū (Signor) è un sostantivo derivante dal francese monsieur4. Grazie a questo
vocabolo è riscontrabile il fenomeno dell'assimilazione araba di un termine
propriamente francese e del suo adattamento alle necessità e alle regole morfologiche
e fonologiche del vocabolario d'arrivo (taʿrīb). Quando si tratta di un personaggio
straniero, si conserva davanti al suo nome il termine di buono creanza della sua
propria lingua cosicché sono stati elaborati neologismi come misyū (monsieur –
signor), mistar (mister), sīr (Sir), dūn (Don)5. In assenza di vocali nasali, il suono /õ/
corrispondente a mon è reso in arabo attraverso il fonema /i/, allo stesso modo il suono
/oe/ di sieur è dato dall'allungamento della vocale wāw e quindi attraverso la
riproduzione del suono /uː/.
• Il nome proprio per designare la nazione Francia viene rappresentato nello stesso testo
in due modi differenti faransa e faransā. E' chiaro che in questo caso ci si trova di
fronte al tentativo di realizzare lo stesso concetto attraverso l'elaborazione di diverse
varianti tramite il processo di assimilazione di parole straniere (taʿrīb) che, come è ben
visibile, in questi casi non fu propriamente efficace. Un caso analogo è riscontrabile
nella scelta stilistica atta a rappresentare l'Inghilterra con inklitirā ma anche inklitira,
dal francese Angleterre, in cui è però chiara un'omogeneità nella scelta di sostituire la
consonante occlusiva di origini latine /g/ con il fonema /k/. Il fonema di origine
latina /e/ è stata adattata con /i/. Un caso analogo di indecisione linguistica è
rappresentato dalle due varianti utilizzate per indicare la capitale inglese con lūndrā e
lundrā. Anche in questo caso, così come per al-lūrd, il fonema /o/ è stato sostituito
da /uː/ grazie all'ausilio del grafema wāw.
• In seguito all'arrivo delle truppe napoleoniche e all'ondata di modernizzazione furono
introdotte all'interno del vocabolario arabo delle parole derivanti dal processo di
derivazione attraverso l'attualizzazione delle radici già esistenti (ištiqāq)6. E' questo il
caso del termine al-ḥamla che, nel contesto proposto, ha il significato di spedizione.
Questo sostantivo deriva dalla radice verbale ḥ-m-l (trasportare) per cui si tratta di una
derivazione attraverso l'adattamento dei vocaboli antichi ai nuovi significati.
• Qūmīsīr (commissario) è la trascrizione derivante dal sostantivo francese commissaire.
4 Vedi capitolo 2, par. 2.3.4 e 2.3.55 Washington-Serruys, L'Arabe moderne étudié dans les journaux et les pièces officielles. Beirut,
Imprimerie catholique, 1897. p.116 Vedi capitolo 2, par. 2.2.2
52
Si noti come il fonema /o/ sia stato sostituito da /uː/ grazie al sussidio del grafema
wāw e come in assenza del fonema /ɛ/ all'interno del sistema fonologico arabo, esso
sia stato sostituito con /iː/.
[…] Parigi: In occasione della grande
rassegna militare che ebbe luogo nel corso
delle manovre (munāwirāt) di Angola,
Monsieur Felix Faure ha bevuto alla salute
dell'armata francese e ha detto che essa
rappresenta l'anima della nazione (che legava
e univa la nazione con il cuore e con l'anima).
[...]
ب����اريس: ش����رب الس����يو (فليك����س ف����ور) عن����د[...]من�������اوراتالس�������تعراض الب�������ديع ال�������ذي ج�������رى ف
(انك��وليم) الك��بى ن��ب الي��ش (الفرنس���وي)فقالانهش رابط الشعب وصلتهش قلب ا و نفس ا. [...]
• Il termine munāwirāt (manovre) è un sostantivo derivante dal francese manoeuvre, si
tratta di una trascrizione araba attraverso l'utilizzo del processo di assimilazione di
parole straniere (taʿrīb). In questo caso il suono /a/, nonostante la sua esistenza nel
sistema fonologico arabo, è stato sostituito dal fonema /u/. Il suono /oe/, a differenza
del caso di misyū da monsieur, è reso con l'allungamento del fonema /aː/. La forma
plurale, invece, mantiene l'aspetto morfologico arabo seguendo la regola grammaticale
dell'attaccamento del suffisso -āt ai sostantivi femminili.
3.3 Notizie politiche
Notizie politiche
Nota dei poteri- Messico e Belgio
Scritti dal Messico.
Un evento che si può considerare come
l'epilogo di un grande fatto storico che si è
appena prodotto. Il ministro del Belgio ha
presentato al presidente della Repubblica
messicana, il generale (ǧinrāl) Porfirio Diaz,
il cordone dell'ordine di Leopoldo, a
testimonianza dell'alta stima del re dei belgi
اخبار سياسية و بلجكاالكسيكمذكرة الدول-
).مكسيكوكتب من (ج��رى هن��ا ام��ر يع��د خات��ة لادث��ة تاريي��ة مهم��ة و
(بورففيي�و دي�از) الن�رالهم أن س�في بلجك�ا س�لىمرائي��س جهوري��ة (الكس��يك) و س��ام (ليوبول��د) م��نالرتب����ة الول علم����ة لزي���د اعتب����ار مل����ك (بلجك����ا)لرئيس حكومة (الكسيك) وله�داء ه�ذه النش�اب
53
nei confronti del capo del governo messicano.
Ciò che conferisce un significato particolare a
questo avvenimento è che il re Leopoldo è il
fratello dell'ex imperatrice (imbarāṭūra)
Charlotte. [...]
اهي�ة خاص�ة ب�النظر لك�ون خض�رة الل�ك (ليوبول�د) السابقة (شارلوت)[...] المباطورةهو شقيق
L'Ordine di Leopoldo è uno dei tre ordini nazionali belgi. Esso è il più alto, ed è stato
dedicato al Re Leopoldo I del Belgio, fondatore dello stato belga. Esso consiste in
onorificenze militari, marittime e civili. Con Gran Cordone (Grootlint) si fa riferimento al
momento in cui il re indossa una collana d'oro e una fascia trasversale oltre alla placca sulla
parte sinistra del petto; è riservato esclusivamente a membri della famiglia reale belga o a
regnanti, principi e capi di Stato di altre nazioni (in questo caso il presidente del Messico,
1876-1880).
• Nello stesso testo sono presenti due versioni differenti per designare il nome proprio
Messico, dal francese Mexique, resi con maksīk e maksīku. Anche in questo caso è
possibile individuare un'indecisione linguistica di assimilazione per la resa dei termini
di origine non semitica. Il fonema /e/ è stato adattato attraverso il ricorso al fonema /a/.
In assenza del grafema /x/, la consonante fricativa velare sorda /ks/ è resa con l'utilizzo
delle consonanti kāf e sīn. L'allungamento della vocale /iː/ serve per la resa fonetica di
derivazione dal francese che pone l'accento sull'ultima sillaba.
• Il termine ǧinrāl è un sostantivo derivante dal vocabolo francese général, dal latino
generalis “relativo ad una classe intera”, derivato di genus “classe, genere”. La scelta
stilistica e linguistica di assimilare il termine francese avviene attraverso la
sostituzione dei morfemi francesi con quelli arabi. In assenza della vocale /e/,
appartenente alla prima sillaba del sostantivo francese, in arabo si è optato per la
sostituzione di tale fonema con quello a apparentemente più vicino, ossia /i/. Benché
nella seconda sillaba del termine francese non vi sia una vocale breve, assistiamo al
fenomeno di apocope. In ultima istanza, l'allungamento della vocale /aː/ ha contribuito
ad una resa fonetica efficace della tradizionale tendenza del francese a porre l'accento
sull'ultima sillaba.
• Il sostantivo imbarāṭūra rappresenta la forma femminile araba di quella maschile
54
imbarāṭūr (imperatore). Questo deriva dal francese empereur, da empire ma è chiaro
come, in realtà, il neologismo arabo derivi dal latino imperator e come, grazie
all'influenza del francese (lingua romanza), esso abbia potuto prender vita. Ciò è
possibile poiché solamente pochi prestiti appaiono alla forma plurale; quelli che
appaiono in forma plurale acquisiscono il suono e la morfologia del femminile plurale
arabo (anche nel caso di referenti maschili). In questo caso particolare è riscontrabile
una scelta stilistica e linguistica araba di derivare la forma femminile direttamente dal
prestito maschile e perciò di non assimilare anche la forma femminile derivante dal
francese (impératrice). La scelta morfologica e fonologica araba di assimilare la forma
maschile attraverso il processo di arabizzazione ha portato ad un cambiamento
consonantico dell'originale /p/ in /b/ a causa della mancanza, all'interno dell'alfabeto
arabo, di tale consonante. Allo stesso modo, la vocale /e/, assente nel sistema
fonologico arabo, è stata sostituita dalla fonema /a/.
I giapponesi e la Russia
I giapponesi immaginavano che l'Europacivilizzata (al-mutamaddana) avrebbepermesso loro di sistemarsi a loro gradimentoin Corea e in Cina; ora, si rendono conto diessersi sbagliati nei loro calcoli. Le tre grandipotenze esigono che il Giappone lasci laCorea tranquilla e che ritiri le sue truppe dallapenisola (šabbah ǧazīra) di Liao-Tang.7 Perciò che concerne il Liao Tang, i giapponesinutrono il forte desiderio(confidano) (al-qatraǧāhā) di non abbandonare il paese. Essiavevano riposto la loro speranza negli inglesiche avevano affermato che l'intervento delletre grandi potenze non avrebbe portato adalcun risultato. I giapponesi non hannoconsiderato una circostanza importante (lamtaʿtabir al-amr al-muhim fī haḏihi al-maʾâsala) [...]
اليابانيون و ألروسيا[...]ك�������ان (الياب�������انيون) يتص�������ورون ان (أوروب�������ا)
تسمع لم أن يروا م�ا ي��وافقهم ف (كوري�االتمود نةو الص��������ي) و الي��������وم نظ���������روا أن الم��������ال ك��������انتت��������ادعهم لن ال��������دول الثلث ال��������ذكورة اردون أنت����������تك(اليابان) (كوري�����ا) عل�����ى حال�����ا و تس�����حب
(الي���������اوتنغ). أم���������ا ش���������به جزي���������رةجنوده���������ا م���������ن (الياب����������������ان)فتعب جش��������ل الرعب��������ة ف ع��������دم ت��������رك
عل�������ى الق�������ت رجاه�������ا(اللي�������اوتنغ) و ك�������انت ق�������د(النكلي�����ز) ال�����ذين اثبت������وا ل�����ا أن ت�����داخل ال�����دول
ل تعت�ب الم�رالثلث ل يكون ذا نتيج�ة غي ان�م [...]. الهم ف هذه السألة
7 Si tratta del conflitto (1904-05) che pose di fronte le due nazioni per la supremazia in EstremoOriente.
55
• Il termine al-mutamaddana (civilizzato/a) è un aggettivo derivante dal verbo di II
forma maddana (civilizzare) e da quello di V forma tamaddana (essere civilizzato). In
questo caso siamo di fronte ad un fenomeno di derivazione di una parola sulla base di
una o più radici verbale, l' ištiqāq. Si tratta infatti di una piccola derivazione, tra le due
espressioni vi è una corrispondenza reciproca in ciò che riguarda le consonanti ed il
loro ordine. L'aggettivo è un neologismo derivato sulla base di una radice verbale
preesistente.
• I termini šabbah ǧazīra hanno il significato di penisola. Le traduzioni massicce e la
proliferazione del giornalismo nel XIX secolo influenzarono significativamente il
linguaggio arabo moderno, il quale fu costretto a far fronte all'inondazione di
neologismi occidentali attraverso la formazione di termini composti tradotti sotto
forma di traduzioni. In questo caso siamo di fronte a al- ištiqāq bi al-tarǧamah poiché,
è avvenuta una traduzione sulla base del vocabolario tradizionale arabo.
• Nel frammento di testo proposto al-qat raǧāhā (confidare) e lam taʿtabir al-amr al-
muhim fī haḏihi al-maʾâsala (non considerare il lato serio di questo affare)
rappresentano delle espressioni tradotte letteralmente dal francese (elle a mis sa
confiance; n'envisager pas le côté sérieux de cette affaire). Si tratta di un calco
relativo alla traduzione attraverso cui si formano nuovi composti di lessemi
traducendo letteralmente i singoli componenti di una frase straniera.
3.4 Notizie commerciali ed industriali
Commercio e industriaAmmissione della ferrovia di Hauran8
La compagnia della ferrovia (sikka ḥadīd) diHauran9 ha richiesto al ministero dei lavoripubblici (wizāra al-nāfiʿa) di inviare unacommissione tecnica (liǧna fanniyya) perl'ammissione momentanea delle sezioni deibinari già terminati.
في التجارة و الصناعةسكة (حوران)
وزارة النافع��ة (ح���وران) م��ن س��كة حدي��دالتمس��ت ا القس�ام لكي تس�تلم موقت � لنة فنيةالليلة ارسال
الت نز إنشاؤها من الط .
8 Le brevi notizie che seguiranno sono prese in prestito per un'analisi linguistica dal giornale arabo“Al-Bašir” (letteralmente “il nunzio”) del 1858.
9 Regione della Siria Meridionale, Il suo nome moderno deriva dal nome antico, Auranitide (in latinoAuranitis, che proveniva dalla città di Auran) e che significa letteralmente "regione cavernosa".
56
• Il termine sikka ḥadīd (o sikka ḥadīdiyya) significa ferrovia, esso rappresenta uno dei
principali termini apparsi parallelamente all'avvento della modernizzazione nei paesi
arabi tra il XIX e il XX secolo. Uno dei primi progetti ferroviari africani risale al
1833, quando il sovrano egiziano Muḥammad ʻAlī studiò un metodo di collegamento
che andasse dal Cairo a Suez. Il progetto non fu finanziato. Nel 1851 il nuovo leader,
Abbas Pasha, firmò un contratto con Robert Stephenson per la costruzione di una
ferrovia egiziana10.
• Questo termine rappresenta pienamente un esempio di come il lessico arabo
tradizionale sia stato rielaborato dai linguisti del XIX secolo per far fronte all'arrivo di
nuovi mezzi di trasporto dall'occidente. Il termine deriva dal francese chemin de fer e
rappresenta un neologismo nato grazie all'accostamento di due parole appartenenti al
vocabolario arabo sikka (stazione) e ḥadīd (ferro) tramite il processo linguistico del
ištiqāq. Grazie all'introduzione della rete ferroviaria nacquero altri neologismi come:
maḥalla al-intiẓār (sala d'attesa), silk-aslāk (rotaia/e), ḫaṭ (linea), ʿaǧala (vagone), al-
daraǧa al-ūlaỳ /al-ṯānīa / al-ṯāliṯa (prima, seconda, terza classe). Un cenno a parte va
fatto per qitār (treno) che, letteralmente, designa una fila di cammelli attaccati gli uni
agli altri.
• Anche wizāra al-nāfiʿa (ministero dei lavori pubblici) e liǧna fanniyya (commissione
tecnica) sono considerati due neologismi nati nel XIX secolo in seguito alla nuova
ondata di innovazione politica e culturale proveniente dall'Occidente. Essi
rappresentano tutta quella serie di neologismi nati grazie all'accostamento di due
parole preesistenti nel vocabolario arabo e che sono state riadattate alle nuove
esigenze moderne attraverso il metodo linguistico ištiqāq.
Sottoscrizione della ferrovia di Ḥaifa11
Apprendiamo che la sottoscrizione (al-
iktitāb) aperta in Inghilterra per la ferrovia di
Ḥaifa ha ricevuto un'accoglienza eccellente
da parte dei capitalisti (al-mutawwamilūn)
[...]
)حيفاسكة ( ال��ذي أشفتت��ح ف انكل��تا س��كة الكتت��ابعلمن��ا أن
برعب��ة كلي�ة التمول��ونحدي�د (حيف�ا) ق�د اقب�ل علي�ه[...]
10 “Revue d'Histoire des chemins de fer” n.7 (Automne 1992) contiene 4 articoli sulle ferrovieafricane.
11 Ḥaifa, capitale del nord di Israele e terza città per estensione, sorge in una baia naturale, tra labellezza del Mediterraneo e la poesia del Monte Carmelo.
57
• Il sostantivo iktitāb, che significa sottoscrizione, deriva dal verbo iktatāba, derivato a
sua volta dalla radice verbale k-t-b (scrivere). Si tratta di un neologismo che può essere
ritenuto l'apologia del processo dell'ištiqāq poiché non solo è ottenuto tramite
l'attualizzazione di una radice già esistente, ma anche attraverso l'adattamento di
quest'ultima ad un nuovo significato moderno attraverso la sua rielaborazione.
• Al-mutawwamilūn, plurale maschile di al-mutawwamil (capitalista), è un sostantivo
che, in occidente, iniziò a circolare negli ambienti del socialismo utopistico intorno
alla metà del XIX secolo, per indicare e stigmatizzare il sistema economico nel quale i
lavoratori erano esclusi dalla proprietà del capitale. Nei paesi arabi questa accezione
arrivò solo qualche decennio più tardi. Il termine deriva da māl (capitale), anch'esso
rappresenta un neologismo apparso in seguito alla diffusione dei giornali e della
modernità. Quest'ultimo rappresenta un chiaro esempio del processo di estensione
semantica grazie al processo linguistico di derivazione dell'ištiqāq. Il termine māl
significa letteralmente “denaro, soldi, monete” e ha acquisito il significato odierno di
“capitale” solo in seguito all'arrivo della modernità. In tal modo è stato possibile
creare dei neologismi come al-mutawwamil(ūn).
3.5 Corrispondenze ufficiali
Al console generale tornato da un
congedo
Signor console (qunsulūs) generale (ǧinrāl)
dell'Iran rispettabile consapevole del
beneficio di eccellenza, la vostra lettera
datata 12 agosto (aġusṭus) '93, sub n°31, ci
annuncia che siete di ritorno dal vostro
congedo e che avete già ripreso la direzione
degli affari del vostro consolato (qunsulātū).
Vi rivolgiamo le nostre congratulazioni del
vostro felice ritorno e vi preghiamo di
gradire, etc.. [...]
عاد من ألجازةجنرال قنسلوسإلى قنس�������لوس جن�������رال دول�������ة (إران) س�������عادتلو م�������تم
12حض��رتلري عشل ��م م��ن اف��ادة س���عادتكم الرقيم��ة ان����ه ل����دى ع����ودتكم م����ن31 ن����ره 93 اغس����طس جن����رالالقنس����لتوباش����رت مه����ام أش����غال ألج����ازة
فنهنئ سعادتكم بسلمة الق�دوم و اقبل�وا من�ا مزي�دالحتام أفندم. [...]
58
Il testo proposto è presente in un'edizione di Al-Waqā’i‘ al-Miṣriyya del 1893 il cui
obiettivo principale era quello di diffondere informazioni pratiche relative agli sviluppi del
piano riformatorio dell'allora khedivé Ismā’il. In questo frammento è proposto un encomio ad
un ufficiale devoto ritornato da un congedo sotto forma di epistola ufficiale. Anche in questo
genere di pubblicazioni è possibile riscontrare delle particolarità linguistiche e delle nuove
forme lessicali precedentemente inesistenti nel lessico arabo.
• Il sostantivo qunsulūs (e il suo derivato qunsulātū) deriva dal francese console, con
un'influenza probabile dei verbi consolider-consoler “addolcire un disturbo o un male
fisico, sostenere”, dal latino classico consolari “confortare, consolare”, derivato di
solari “cercare di alleviare”. Il termine è apparso in altri testi in forme differenti:
qunṣul o qunsul ma anche kunṣūl12. E' perciò chiaro che anche in questo caso si assiste
ad un'indecisione linguistica relativa all'assimilazione e alla trascrizione in chiave
araba di termini stranieri di origine non semitica. Nel caso proposto13, il termine
presenta dei cambiamenti morfologici e fonologici nella scelta dei fonemi vocalici
poiché, in assenza del fonema /o/, è stato necessario sostituire quello di origine
romanza con /u/.
• Il sostantivo aġusṭus è un nome che deriva dalle lingue romanze, probabilmente dal
francese o dall'italiano e ha il significato di Agosto. In Egitto, così come nei documenti
ufficiali turchi, per descrivere i mesi dell'anno si impiegavano le denominazioni sia
francesi che italiane: ianāīr (gennaio), fibrāīr (febbraio), mārṯ (marzo), abrīl (aprile),
māīu (maggio), iunīu (giugno), iulīu (luglio), aġusṭus (agosto), sitimbir (settembre),
uktubir (ottobre), nufimbir (novembre), disimbir (dicembre). Nel caso proposto, il
termine aġusṭus presenta delle particolarità morfologiche e fonologiche dovute alla
necessità di adattamento della lingua araba alle nuove esigenze derivanti
dall'occidente. Il suono della occlusiva velare sorda /g/ è riprodotto in chiave araba
tramite il suono /ʁ/ e quindi attraverso l'utilizzo della consonante uvulare ġayn.
12 Rolland, Jean-Claude, Etymologie arabe: dictionnaire des mots de l'arabe moderne d'origine nonsémitique, Lione: lulu.com, 2014.
13 Washington-Serruys, L'Arabe moderne étudié dans les journaux et les pièces officielles. Beirut,Imprimerie catholique, 1897. p.54
59
Stabilimento di un cordone sanitario
Al reverendo console generale,
Reverendo nobile, che Dio onnipotente vi
protegga, ho l'onore di informarvi che sul
parere del Consiglio Sanitario superiore di
Costantinopoli attraverso un telegramma che
un vilayet (provinciale) di Siria ci ha
trasmesso ieri sera, in seguito a due casi di
morte per colera (al-kūlīrā) nella città di
Beirut, la Sublime Porta14 ha ordinato di
stabilire immediatamente un cordone
(qūrdūn) intorno alla città e di impedire ogni
comunicazione con l'esterno.
إقامة قوردون أي نطاق صحيإل جناب رتبتلو قونسلوس جنرال
جن���اب الك���رم حض���رة ال��ب الص���ديق الج���ل ال��تمحفظ�����هش ال تع�����ال ان�����هش بن�����اء عل�����ى ألوم�����ر التلغرافي�����ةالس����امية ال���ت ص���ار ش���رف وروده���ا ام���س مس���اء م���ن
ليل����ة البني����ةج����انب الب����اب الع����ال بواس����طة الولي����ة ال بالس�تانة العالي��ة التض�منةعل�ى أش�غار نظ�ارة الص�حة
يقتضي بالكولياانهش نظرا لوفاة شخصي ف (بيوت)د بكام����ل الس����رعة ح����ول مدين����ة ق����وردونعم����ل مش����د
ي����ت ب����ا م����ن جي����ع جهات����ا لج����ل من����ع (بيوت) يشاختلطها بالكلية مع الارج [...]
Il testo presentato rappresenta una lettera ufficiale contenuta nel giornale Ḥadīqat al-aḫbār,
fondato a Beirut nel 1860, fu per molto tempo l'organo ufficiale della provincia siriana e
apparve sia in francese che in lingua araba.
Il colera era una malattia endemica di alcune zone asiatiche e soprattutto dell'India
segnalata già nel 1490 nella regione del delta del Gange da Vasco de Gama. Nel corso
dell'Ottocento, a causa di movimenti militari e commerciali dell'Inghilterra nel continente
indiano, e delle macchine a vapore che resero sempre più numerosi i viaggi, il colera
cominciò a diffondersi su quasi tutto il globo. Nel luglio del 1821 giunse nel Mare Arabico
con una spedizione inglese inviata per soffocare la tratta degli schiavi, precisamente a Masqat,
importante snodo del traffico marittimo sulle coste d'Arabia, dove l'elevato numero di morti
rese impossibile il seppellimento nei cimiteri perciò migliaia di cadaveri furono affondati in
alto mare. Nel mese di agosto dello stesso anno approdò in altre città delle coste arabe e del
Golfo Persico. Dai porti persiani, punti nevralgici degli scambi commerciali tra la Persia e le
Indie inglesi, l'epidemia serpeggiò nella primavera del 1822 verso il Tigri e l'Eufrate fino a
14 Il nome deriva dal portone, situato a Istanbul nelle immediate vicinanze del Topkapi, checonduceva al quartier generale del gran visir, dove il sultano teneva la cerimonia di benvenuto pergli ambasciatori stranieri. Il termine ha origine dal francese, che era la lingua franca delladiplomazia europea. In seguito passò ad indicare il Ministero degli Esteri e in epoca contemporaneal'ufficio del governatore della Provincia di Istanbul. Il nome è stato interpretato anche comeriferimento alla posizione dell'Impero Ottomano, come punto di passaggio tra Europa ed Asia.
60
Baghdad. Nel 1823 arrivò in Siria, in Anatolia, a Tripoli e verso il Libano. L'infezione si
bloccò sulle coste del Mar Caspio nel settembre del 1823 a causa delle rigidissime
temperature facendo alimentare la speranza che il morbo asiatico, giunto dai caldi Paesi
orientali, sarebbe stato incompatibile con le temperature occidentali.
Il cordone sanitario costituisce una misura di carattere profilattico e di grado estremo, usata
specialmente in passato, consistente nell’isolamento completo e forzoso di una comunità o di
un territorio colpiti da malattie infettive a carattere epidemico.
• Il termine al-kūlīrā deriva dal francese choléra, dal latino cholera, dal greco antico
[χολέρα] kholéra, legato alla bile. Da un punto di vista linguistico è chiaro che
l'assenza all'interno dell'alfabeto arabo ha portato ad una resa etimologica del termine
quanto più vicina all'originale attraverso l'utilizzo del fonema /u/ in sostituzione di /o/
e del suono /i/ in sostituzione di /e/. Nonostante esista il termine bile (ṣafrā’) e
nonostante esista il sinonimo hawāʼ aṣfar (lett. aria gialla), il processo linguistico
utilizzato è quello relativo all'assimilazione di termini stranieri (taʿrīb) attraverso
l'adattamento morfologico arabo ai fonemi e ai grafemi d'origine.
• Il termine francese cordon sanitaire è apparso per la prima volta nel 182115 ed è stato
adottato dal lessico arabo dopo la comparsa del colera qualche anno più tardi. Nel
periodo moderno, le accademie linguistiche tentarono di adottare una linea di condotta
restrittiva, permettendo i prestiti solo dalla terminologia scientifica che mantennero la
propria forma straniera. Nonostante fosse possibile utilizzare la soluzione niṭāq ṣihiyy
(lett. campo/ambito/serie relativo alla salute), fu adottato il sostantivo qūrdūn. Si tratta
di un termine un derivato dall'originario francese attraverso il processo di
assimilazione e, anche in questo caso, è possibile riscontrare una combinazione tra ciò
che rappresenta il carattere etimologico di una data parola e la sua parte fonologica. E'
sconosciuto il motivo per cui si è deciso di utilizzare l'occlusiva velare sorda qāf per
riprodurre il suono della consonante palatale occlusiva /c/ quando in realtà tale suono è
presente anche in arabo con la lettera kāf. Poiché il sistema vocalico arabo non dispone
di un fonema corrispondente ad /o/ la scelta di trascrizione del termine originale
francese ricade sull'utilizzo del fonema /u/. Infine, il suono nasale /õ/, anch'esso
assente nel sistema vocalico arabo, è reso attraverso l'accostamento della vocale /u/ e
la consonante /n/ riprendendo letteralmente il termine originale.
15 Vedi cordon sanitaire. Latouche, L'Héritier, Lettres amans. (1821) p. 75.
61
Lettera allegata ad un'assegnazione
Al reverendo Console Generale,
Reverendo nobile, che Dio onnipotente ti
protegga, in base alla proposta avanzata dal
sostituto del Procuratore generale, a Beirut, vi
invio con la presente in allegato due
assegnazioni da esaminare, emanate dal
tribunale penale, pregandovi di volerle
trasmetterne una a una delle sentinelle
(iusāqiǧīa) del vostro consolato, e di
rinviarmi la seconda dopo avergliela fatta
firmare e datare.
رقيم متضمن ورقة جلبإل جناب رتبتلو قونسلوس جنرال دولة …
جناب الكرم حضرة الب الصديق الجل ال��تمحفظ����ه ال تع����ال بن����اء عل����ى التقري����ر التق����دم م����نمعاون م��د عي عم��ومي (بيوت) مشرسو��ل طي��ه ورق�وتو��
جل����ب ص����ادرتي م����ن دائرة ال����زاء لج����ل تبلي����غ و قنس��لتو يس��اقجيةوعط��اء أح��داها إل فلن اح��د
جن����ابكم وإمض����اء الثاني����ة من����هش م����ع التاري����خ عليه����ا [...]
• Il termine iusāqiǧīa ha il significato di sentinella, esso rappresenta un nome composto
nato grazie al processo di formazione delle parole noto come al-naḥt. In questa
metodologia il principio di analogia con modelli arabi originali può essere
legittimamente applicato, assicurando in tal modo la continuità delle caratteristiche
essenziali del linguaggio arabo. Seguendo la catalogazione di ʿAbd al-Qādir Al-
Maġribī 16 è possibile identificare che la metodologia adottata per la formazione di
questo termine corrisponde a al-naḥt al-ismī. In questo caso siamo di fronte alla
combinazione di un sostantivo e una desinenza; il termine infatti è composto dal nome
iusāq, difesa, e dalla desinenza ǧī che esprime il mestiere, la professione. Cosicché
una sentinella o un portiere dice “iusāq!” per impedire a qualcuno di entrare17. Esso
rappresenta un sinonimo di qawwās (fabbricante di archi; arciere; tiratore; gendarme;
guardia di una rappresentanza diplomatica in Oriente18).
16 Vedi cap.2, paragrafo 2.2.3
17 Washington-Serruys, L'Arabe moderne étudié dans les journaux et les pièces officielles. Beirut,Imprimerie catholique, 1897.
18 Traini, Renato, Vocabolario Arabo-Italiano, Roma, Istituto per l'Oriente, 1993.
62
Reclamo di un commerciante
Signor console (grandioso) del paese …
Abbiamo l'onore di portare alla vostra
conoscenza che nel negozio della dogana,
qui, per negligenza, alcuni operaie hanno
fatto cadere in mare una gomitolo (bāla) di
filo di cotone della marca (mārka) SDA n°1
che ci era arrivata da Liverpool. Il gomitolo è
stato ripescato ma ha subito una forte avaria
(muʿawwara) d'acqua di mare ed è stato
venduto all'asta per la somma di 6693
piastre... [...]
تظظلمم من نظارة الكمركسعادة قونسلوس دولة … ألفخيمة
بارك�ة غ�زل م�ن (ليفرب��ول) بال�ةالع�روض حض�ر لن�اADS وص�ار تغريقه��ا ب�الكمرك هن��ا فم�ن1 ن�ره
بع������د وص������ولا س������الة الش������غيلة ف الكم������رك لع������دم كليا�����امع�����و رةانتب�����اههم أوقع�����وا ف ال�����ر و طل عوه�����ا
ف���الكمرك باعه���ا ب���الزاد و بل���غ بيعه���ا عمل���ة دارج���ة [...] 6693قرش
• I termini bāla e mārka sono nomi derivanti dal vocabolario appartenente alla lingua
francese (balle e marque), divenuti neologismi in seguito ai rapporti commerciali con
l'Occidente durante il XIX secolo. L'elaborazione linguistica di questi sostantivi dal
francese è chiaramente avvenuta tramite il processo di assimilazione di termini
stranieri (taʿrīb) e attraverso l'adattamento del sistema morfologico e fonologico arabo
alle parole provenienti dal mondo occidentale.
• Il termine muʿawwara (lett.avariare/andare in avaria/deteriorarsi) è un neologismo
apparso nel XIX secolo e ottenuto grazie al processo linguistico dell' ištiqāq. Facendo
particolare riferimento alla classificazione di Ğurğānī19 è possibile constatare che esso
appartiene a quella classe di termini ottenuti tramite piccola derivazione (al-’ištiqāq
al-ṣaġīr) poiché questo verbo ha potuto formarsi dal sostantivo ʿawāriyya (avaria).
Quest'ultimo è un neologismo nato anch'esso nel 1800 grazie agli scambi commerciali
con le potenze occidentali. Si tratta di un sostantivo ottenuto grazie al processo di
assimilazione di parole straniere (taʿrīb), in particolare esso deriva dal francese avarie.
Dal punto di vista linguistico, in assenza della consonante fricativa labiodentale /v/, è
stato necessario adattare questa mancanza con l'ausilio della vocale /u/.
19 Vedi capitolo 2, par. 2.2.2
63
Conclusione
Fra lingue diverse presenti in un repertorio, e più generalmente fra lingue diverse i cui parlanti
vengano in qualche modo o si trovino ad avere rapporti comunicativi, si crea tutta una serie di
fenomeni di contatto, variamente condizionati dai caratteri sociolinguistici delle comunità
interessate. Fra i principali fenomeni e conseguenze del contatto linguistico vanno menzionati
l'interferenza e i prestiti da un lato e la commutazione di codice dall'altro.
Secondo la linguistica generale1, la nozione di interferenza riguarda l'influenza che un
sistema linguistico può avere su un altro, e il termine è spesso usato per coprire tutta la
gamma di fenomeni che avvengono in tal caso, e che consistono essenzialmente nel trasporto
di materiali linguistici (elementi, parole, regole, tratti, costrutti, categorie, opposizioni
funzionali, significati) da una lingua ad un'altra. L'interferenza può riguardare tutti i livelli di
analisi, spesso si manifesta sotto la superficie linguistica: il materiale linguistico di superficie
è interamente in una lingua, ma il modo in cui esso è organizzato risente dell'influsso dell'altra
lingua.
Quando ciò che viaggia da una lingua a un'altra è materiale linguistico di superficie
(fonemi, morfemi, parole, locuzioni, ecc.), e in particolare quando si tratta di elementi
lessicali, si parla più precisamente di “prestito”. L'uso dei prestiti, elementi del lessico presi
da un'altra lingua, non necessariamente implica il bilinguismo dei parlanti. Il prendere unità
lessicali da un'altra lingua (e in particolare dalla lingua che in un certo contesto storico è
dominante) è fisiologico e normale nella storia di tutte le lingue. Il lessico di una lingua è
infatti un insieme composito anche in relazione alla provenienza dei suoi elementi, essendo
costituito sia da lessemi di tradizione o formazione indigena, sia, in misura di solito ridotta,
ma comunque evidente, di lessemi provenienti da altre lingue, detti “forestierismi”. I prestiti
subiscono quasi sempre un adattamento (cioè un adeguamento parziale alle strutture proprie
del sistema ricevente) nella fonetica, e non raramente nella fonologia e nel significato,
diventando così pienamente integrati nella lingua che li accoglie. Dušš (doccia, dal francese
douche [duʃ]) è un prestito foneticamente adattato. Imbarāṭūriyya (dal francese impérial) è
un'integrazione morfologica, con aggiunta del morfema derivazionale arabo.
Quando ciò che passa da una lingua a un'altra non è una parola o un'espressione nei suoi
aspetti formali, ma il suo significato, o la sua struttura interna, resi con mezzi propri della
1 Berruto Gaetano; Cerruti Massimo, La linguistica. Un corso introduttivo, UTET Università, 2011.pp. 265,266.
64
lingua ricevente, si parla di calchi: sikka ḥadīd riproduce il francese chemin de fer,
letteralmente “strada di ferro”. Le interferenze, i prestiti e i calchi sono fenomeni che
avvengono sul piano del sistema linguistico e nell'arabo questi fenomeni sono riscontrabili
nelle parole di origine non semitica in cui si è ricorso ai processi di espansione lessicale.
La lingua araba è in continua espansione grazie al suo carattere introflessivo, per cui a
partire da una radice lessicale triconsonantica è possibile ottenere altre forme grazie a
transfissi, prefissi e suffissi.
Nelle lingue si verificano fluttuazioni, cambiamenti graduali, sviluppi. I colloquialismi
locali diventano generalizzati, le espressioni idiomatiche, i modelli linguistici attraversano i
confini diventando assimilati dai linguaggi limitrofi. Ed è questa ultima forma che ci
interessa, l'arabo moderno diviene un qualcosa di diverso dall'arabo tradizionale. L'arabo
moderno è divenuto un linguaggio utilizzabile, funzionale. Esso ha eliminato tutto ciò che non
fa più parte del nostro pensiero e delle nostre esperienze e lo ha sostituito con gli aspetti più
rilevanti della realtà moderna. L'arabo moderno è stato semplificato.
Nel XIX secolo gli scrittori e i linguisti arabi vedevano l'Occidente e la modernità con
occhi smarriti, senza un sistema linguistico di riferimento. La loro impotenza non era dovuta
solamente alla mancanza di un vocabolario adeguato, ma anche alla incapacità di chiamare i
nuovi oggetti, i nuovi ideali e i nuovi concetti con il loro nome. Questa è la prova che l'essere
umano non pensa in termini di oggetti, ma nei termini della loro correlazione e relazione con
noi, con le nostre conoscenze e con le nostre esperienze. In questo periodo i linguisti arabi
stavano creando un nuovo vocabolario senza ancora realizzare realmente un nuovo idioma.
Essi non pensavano ancora come uomini moderni perché il pensiero, per qualsiasi scopo
pratico, è inseparabile dal linguaggio. I primi modernisti erano principalmente neoclassicisti e
credevano di poter incidere le nuove parole sulle forme linguistiche rigide appartenenti al
linguaggio classico. La cultura araba moderna non rappresenta un fenomeno autoctono, è una
cultura che ha assimilato e preso in prestito concetti e pensieri, comprendendo che il mondo
moderno era un qualcosa che qualcun altro aveva creato. Per questi motivi, l'influenza
occidentale non fu sentita solamente dal vocabolario, ma anche in un nuovo stile e ritmo di
pensiero, da cui risultò un nuovo sentimento nei confronti del linguaggio. I nuovi pensieri
assimilati produssero nuove configurazioni linguistiche.
La scoperta che mancava un collegamento misterioso per una trasfusione di pensiero dalla
cultura occidentale a quella araba originò frustrazione specialmente tra i linguisti e gli scrittori
della seconda metà del XIX secolo. Nonostante le differenze strutturali tra la lingua e la
65
grammatica araba e quelle europee apparvero nuovi lessemi grazie ai metodi linguistici
adottati per l'espansione lessicale. L'arabo continuò, morfologicamente, a rimanere una lingua
semitica sebbene la sua sintassi, in seguito alla forte influenza europea, si conformò ad una
nuova dinamica di origine non semitica. Il pensiero arabo moderno è divenuto una
diramazione di quello occidentale e trattiene sempre meno le rigide abitudini semitiche così
come tende ad trattenere sempre di meno i calchi idiomatici tradizionali e le particolarità
strutturali. Il linguaggio arabo moderno può essere visto come un modello di linguaggio molto
più flessibile rispetto alle sue origini in riferimento ad una nuova dimensione di espressione
per cui serve da strumento. In questo periodo l'arabo moderno trasla lentamente,
allontanandosi dalle sue forme classiche e colloquiali seppur mantenendone la struttura
morfologica; esso è sempre più vicino alla forma e allo spirito delle famiglie linguistiche
occidentali.
Molto probabilmente la sintassi araba subirà dei cambiamenti di vasta portata dettati da
nuovi pensieri moderni e dinamici. Le categorie delle frasi nominali e verbali non
rappresenteranno le caratteristiche principali del linguaggio. La frase araba diventerà più ricca
di frasi subordinate e il loro ordine e il loro coordinamento sarà tanto flessibile quanto le
nuove abitudini di pensiero. Dei nuovi sviluppi secondari saranno i risultati dei prestiti
idiomatici primari avvenuti nel periodo preso in analisi e essi stessi potranno a loro volta
produrre nuove espressioni moderne. Le imitazioni analogiche e i prestiti comporteranno
ulteriori derivazioni stilistiche e lessicali che andranno di pari passo con il nuovo spirito del
linguaggio. Il futuro della lingua araba comporterà quindi dei compromessi tra le due sorgenti
linguistiche primarie del classicismo e del colloquialismo tanto contrastanti quanto presenti
sullo stesso binario dello sviluppo verso una morfologia e una sintassi dettata dalle abitudini e
dai pensieri dei parlanti. Solamente in questo frangente, nel quale si avrà finalmente una
lingua attraverso cui pensare, gli arabi saranno in grado di superare i conflitti interni alla
propria lingua, così indifesa di fronte al linguaggio colloquiale, incapace di riflettere le
abitudini dei suoi utenti. Il linguaggio arabo moderno diventerà una lingua per i pensieri
moderni, per una civiltà completamente sviluppata tanto che possiederà la vitalità necessaria
per sostituire i dialetti parlati senza doverli sopprimere artificialmente.
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