il fenomeno dell'arabizzazione

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Università degli Studi Roma Tre Scuola di lettere e filosofia Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Straniere Corso di laurea in Lingue e Mediazione Linguistico-Culturale Tesi di Laurea in Lingua e letteratura araba Il fenomeno dell'arabizzazione L'influenza del lessico francese su quello arabo nel XIX secolo Relatore Candidata Solimando Cristina Tullio Giulia Matricola 448353 Anno Accademico 2013/2014

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Università degli Studi Roma Tre

Scuola di lettere e filosofia

Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Straniere

Corso di laurea in Lingue e Mediazione Linguistico-Culturale

Tesi di Laurea in

Lingua e letteratura araba

Il fenomeno dell'arabizzazione

L'influenza del lessico francese su quello arabo nel XIX secolo

Relatore Candidata

Solimando Cristina Tullio Giulia

Matricola 448353

Anno Accademico 2013/2014

Ai miei genitori per il loro sostegno e per i loro sacrifici,

ai miei amici, a Massimiliano che mi ha donato la forza e

la volontà per concludere questa prima avventura.

E' a lui, il mio futuro, cui questo lavoro è dedicato.

Indice

Introduzione............................................................................................................................1

1 La Nahḍa e la diffusione della stampa in Egitto nel XIX secolo

1.1 La Nahḍa, tra ritorno alle origini e modernità..........................................................5

1.1.2 La fine del periodo di stagnazione linguistica.................................................9

1.2 Il giornalismo arabo del XIX secolo, nascita ed evoluzione...................................11

1.2.1 Il ruolo di Muḥammad ʻalī.............................................................................12

1.2.2 L'ascesa al trono di Ismā’il e l'aumento del flusso di informazioni...............15

1.3 Nuovi ideali, nuovi concetti, nuovo linguaggio......................................................18

1.3.1 L'Arabo Standard Moderno: il linguaggio della stampa araba......................19

2 I metodi linguistici adottati per l'espansione lessicale

2.1 La riforma del lessico..............................................................................................25

2.2 I metodi di espansione lessicale..............................................................................29

2.2.1 Il metodo analogico di derivazione (al-qiyās)...............................................30

2.2.2 La derivazione da radici originariamente arabe (al-ištiqāq)..........................32

2.2.3 La formazione di parole composte (al-naḥt)..................................................36

2.3 L'assimilazione di parole straniere (al-taʿrīb).........................................................38

2.3.1 Definizione di arabizzazione..........................................................................38

2.3.2 La posizione dei filologi arabi.......................................................................38

2.3.3 L'origine delle nuove parole...........................................................................42

2.3.4 Lista di alcuni termini derivanti dalla lingua francese per assimilazione......43

2.3.5Analisi dell'adattamento morfologico e fonologico........................................45

3 L'arabo moderno nei giornali del XIX secolo.................................................................48

3.1 Rinnovamento, composizione e struttura................................................................48

3.2 Telegrammi.............................................................................................................50

3.3 Notizie politiche......................................................................................................53

3.4 Notizie commerciali e industriali............................................................................56

3.5 Corrispondenze ufficiali..........................................................................................58

Conclusione...........................................................................................................................64

Bibliografia

Introduzione

Vari sono i fattori che sono intervenuti a definire dettagliatamente la stesura del presente

lavoro, a partire dalla scelta del tema trattato. Innanzitutto, il mio temperamento personale ha

giocato un ruolo significativo: l'amore per la lingua francese e la predilezione per quelle

discipline che tendono a basarsi su regole fisse e inconfutabili, per quanto in alcuni casi

convenzionali ed arbitrarie, che godono di una certa regolarità nel loro campo di applicazione

mi ha portato a focalizzare l'attenzione su quell'ambito che, all'interno di un percorso didattico

di tipo umanistico, riflette maggiormente tale metodologia, la linguistica appunto.

L'interesse per il mondo arabo-islamico nasce da una semplice curiosità verso qualcosa che

al giorno d'oggi tende ad essere semplicisticamente liquidato come un corpo estraneo alla

nostra società e che di conseguenza ne è spesso emarginato, per non dire espulso. Per sfatare

questo mito è sufficiente una semplice constatazione: il mondo arabo si trova a pochissima

distanza da noi, dall'altra sponda del Mediterraneo in direzione sud ed est ed è quindi

impensabile che due realtà così vicine non siano reciprocamente influenzate nel corso dei

secoli; è proprio il fenomeno dell'interferenza lessicale, per cui si manifesta un influsso

straniero nella lingua di una data comunità, ad essere testimone del contatto fra Oriente ed

Occidente.

L'interesse per la lingua francese nasce dai lunghi soggiorni estivi a Grenoble (capoluogo

del dipartimento dell'Isère e antica capitale del Delfinato nella regione Rhône-Alpes) sin dai

primi anni di vita, il contatto con la cultura, con gli stili di vita e con la lingua francese hanno

suscitato una forte attrattiva e un amore equanime per questo linguaggio così melodioso e con

una storia etimologica così sorprendente. La presenza araba nel territorio in cui sono cresciuta

ha scaturito l'interesse per i rapporti linguistici sorti dal contatto tra le due culture.

Abbandonando una prospettiva eurocentrica, questo studio mette a fuoco l'influenza delle

lingue europee e, in particolare, della lingua francese sull'arabo dai punti di vista diacronico e

sincronico, contestualizzando e motivando storicamente i dati presentati ed al tempo stesso

estrapolando regole generali del cambiamento fono-morfologico da una lingua all'altra.

Nell'Ottocento il culto dell'Oriente portò molti studiosi a viaggiare in Medio Oriente e in Nord

Africa: questo e la successiva fase di colonizzazione di alcuni Paesi Arabi renderanno

inevitabile il contatto tra la lingue araba e le "nuove" lingue europee. Analizzeremo quindi

come l'arabo è stato influenzato da queste in termini di espansione lessicale. Ritenendo questo

fenomeno molto ampio, in un primo momento lo studio si concentrerà sulla forza del dominio

1

coloniale diretto francese ossia dell'ingresso inizialmente “fisico” dell'Europa in terra arabo-

islamica dovuto alla spedizione napoleonica in Egitto del 1798. L'analisi verterà sul momento

cruciale del contatto fra il mondo occidentale e il mondo arabo dove l'influenza della cultura,

della politica e della lingua francese, principale portatrice di ideali e di tecniche moderne, darà

un forte impulso alla nascita e allo sviluppo del giornalismo come principale forma di

veicolazione dell'informazione e del progresso. Fondamentale in questo periodo è il

contributo del capo di governo Muḥammad ʻAlī e di suo nipote Ismā’il che, grazie ad una

nuova impostazione della rete amministrativa e all'apertura verso la modernità, diedero una

svolta decisiva nell'uso dei metodi di comunicazione e di trasmissione delle notizie.

Ormai l'evoluzione linguistica è un dato di fatto, è un processo inevitabile come

l'invecchiamento organico. Ma, pensando a chi in passato doveva decidere se e come

introdurre un nuovo vocabolo, in un secondo capitolo vedremo tutti i problemi derivanti

dall'introduzione di nuovi concetti propri dell'età moderna, prenderemo in analisi le

metodologie linguistiche adottate dalla lingua araba per far fronte ai neologismi e ai nuovi

ideali provenienti dall'Occidente. In particolar modo si farà riferimento, attraverso il ricorso

ad esempi e a citazioni di grammatici e linguisti arabi illustri, ai metodi di espansione

lessicale meglio noti come al-qiyās, al-ištiqāq, al-naḥt con un approfondimento particolare su

uno dei più importanti fattori che ha contribuito alla rapida modernizzazione e

all'arricchimento della lingua araba attraverso l'assimilazione di termini di origine straniera, il

taʿrīb.

Un capitolo conclusivo verterà sull'analisi delle conseguenze della forte influenza

linguistica francese sulla lingua araba attraverso la presa in esame di frammenti giornalistici1.

Lo scopo di questo capitolo è quello di presentare frammenti di testi differenti provenienti dai

principali giornali siriani e egiziani dell'epoca. La decisione di prenderne in considerazione

solo alcune parti sta nell'intento di cercare di toccare gli argomenti più vari affinché ci si renda

conto che la difficoltà linguistica presente in questo periodo non rappresenta solamente un

problema relativo ad un determinato ambito, ma al contrario andò ad intaccare i settori più

disparati. L'analisi verterà su un esame linguistico legato agli aspetti fono-morfologici dei

vocaboli presi in esame accompagnati da un'adeguata contestualizzazione storico-politica.

Significativa è infine la ricerca bibliografica alla base di questo lavoro. Il materiale

recuperato, monografie, capitoli di monografie, articoli di periodici in lingua araba e francese,

1 Contenuti in Washington-Serruys, L'Arabe moderne étudié dans les journaux et les piècesofficielles. Beirut, Imprimerie catholique, 1897

2

documenti in rete su cui ho basato i vari capitoli in cui l'elaborato è suddiviso vuole tracciare

una sorta di percorso storico-linguistico della rinascita araba.

Concludendo, lo spirito con cui mi sono messa all'opera è stato quello di prendere le parti

del mondo arabo-islamico: difenderlo innanzitutto da sé stesso e dall'immagine fallace, perché

non totalmente rappresentativa, che spesso proietta all'esterno di un mondo ottusamente

conservatore, chiuso in sé stesso e vittima di un'influenza estranea vista come indesiderata e

corruttrice; a difesa della vivacità culturale di un popolo che ha dato i suoi frutti migliori

proprio nei momenti di sincretismo. Per avere prova di ciò è sufficiente considerare la

posizione assunta dai principali protagonisti di questo periodo storico noto come Nahḍa ma

anche la presenza di innumerevoli neologismi accolti e rielaborati secondo le necessità

fonologiche e morfologiche arabe.

La traslitterazione (o translitterazione) è l'operazione consistente nel trasporre i grafemi di

un sistema di scrittura nei grafemi di un altro sistema di scrittura (generalmente un alfabeto),

in modo tale che ad uno stesso grafema o sequenza di grafemi del sistema di partenza

corrisponda sempre uno stesso grafema o sequenza di grafemi del sistema di scrittura di

arrivo, e questo indipendentemente dalla pronuncia delle due lingue. Essendo un lavoro

destinato anche ad un pubblico che non conosce il sistema fonetico e morfologico arabo, i

caratteri arabi saranno traslitterati attraverso la seguente metodologia:

Grafema arabo Nome Traslitterazione Valore fonetico (IPA)

ا ʾalif ā [æː]-[a]

ب bā' b [b]

ت tā' t [t]

ث ṯā' ṯ [θ] di think

ج ǧīm ǧ [ʤ] / [ʒ]

ح ḥā' ḥ [ħ]

خ ḫā' ḫ [x]

د dāl d [d]

ذ ḏāl ḏ [ð]

ر rā' r [r]

ز zāy' z [z]

س sīn s [s]

3

Grafema arabo Nome Traslitterazione Valore fonetico (IPA)

ش šīn š [ʃ]

ص ṣād ṣ [sˁ]

ض ḍād ḍ [dˁ]

ط ṭāʼ ṭ [tˁ]

ظ ẓāʼ ẓ [ðˁ] / [zˁ]

ع ʿayn ʿ [ʕ] / [ʔˁ]

غ ġayn ġ [ɣ] / [ʁ]

ف fā f [f]

ق qāf q [q]

ك kāf k [k]

ل lām l [l], [lˁ] (solo in Allah)

م mīm m [m]

ن nūn n [n]

ه hāʼ h [h]

و wāw w / ū [w] / [uː]

ي yāʼ y / ī [j] / [iː]

4

La Nahḍa e la diffusione della stampa in Egitto nel XIX secolo

1.1 La Nahḍa, tra ritorno alle origini e modernità

Tra il 1798 e il 1799 il mondo arabo fu testimone di quella che è possibile definire come la

“scoperta dell'America” araba, ossia l'invasione napoleonica dell'Egitto nella quale le truppe

di Napoleone, sbarcate ad Alessandria, distrussero l'esercito dei neo-Mamelucchi (vassalli

d'Istanbul, ma con ampi margini di autonomia) nella battaglia delle Piramidi. La spedizione

napoleonica fu culturale poiché il monarca, innamorato dell'Oriente, ebbe un approccio

testuale nei confronti dell'Egitto tanto che portò con sé degli accademici grazie ai quali poté

sviluppare vasti progetti scientifici e culturali1. Gli arabi, come soggetti appartenenti ad una

comunità di individui che hanno in comune una lingua ed una cultura, non esistevano se non

nella prospettiva degli “altri”, in particolare degli europei. Riferendosi alle considerazioni

trascritte dai primi orientalisti del 1700, gli europei dell’epoca consideravano gli arabi come

un grande popolo portatore di una grande civiltà nel mondo e che al momento era decaduto

sotto la dominazione ottomana. Di fatto, all’epoca della spedizione francese in Egitto dal 1798

al 1801, Napoleone aveva ritenuto utile di poter ricorrere al “patriottismo arabo” contro i

turchi “usurpatori”, con risultati decisamente modesti, fra l’indifferenza e la totale

incomprensione delle masse. Quando il generale corso ricordò agli egiziani le glorie antiche

degli arabi, ricevette come risposta che la loro più grande fierezza era quella di essere stati i

primi destinatari della rivelazione coranica. Agli inizi del 1800 il sentimento arabo era dunque

essenzialmente genealogico, anche se spesso si accompagnava ad uno di superiorità, legato

all’uso della lingua della Rivelazione di Dio. Napoleone volle apparire come il nuovo

“Alessandro”2 e, in realtà, il suo desiderio era quello di far aderire l'oriente reale al suo oriente

ideale attraverso la sua “categorizzazione”. Le truppe francesi rimasero nel territorio egiziano

fino alla sconfitta militare nella battaglia del Nilo subita dall'ammiraglio britannico Nelson,

lasciando dietro di sé una parte delle sue forze d'occupazione, che si sarebbero ritirate

1 Questo spiegamento di risorse intellettuali è considerato come un'indicazione di quanto Napoleonetenesse in gran conto l'era delle grandi civiltà della storia antica e secondo altri come una forma dipropaganda populista per mascherare i motivi reali di una invasione imperialistica dell'Egitto,inoltre gli ingegneri, gli architetti, i matematici e così via servirono a Napoleone per costruirefortificazioni, strade e ponti ed altre opere utili per agevolare l'occupazione del territorio.

2 Napoleone intraprese la campagna d’Egitto non in base ad una chiara e ben definita concezionestrategica, ma principalmente per assecondare la propria ambizione personale, per preparare lemosse successive verso la conquista del potere politico, per costruire la propria leggenda di giovaneeroe intrepido ed emulo di Alessandro Magno, così da rafforzare la propria popolarità nell’opinionepubblica e soprattutto nell’esercito, strumento dei suoi progetti di conquista e di gloria.

5

dall'Egitto solo diversi anni più tardi.

La spedizione napoleonica fu politicamente e militarmente secondaria dal punto di vista

francese mentre, per il mondo arabo, essa rappresentò uno spartiacque tra il lungo periodo di

stagnazione e l'inizio della modernità e del rinnovamento. L'arrivo delle truppe francesi in

Egitto provocò un cambiamento dei rapporti di potere con l'Europa che, in quel periodo,

rappresentava una potenza militare e tecnologica più avanzata rispetto all'assonnato mondo

arabo. Muḥammad ʻAlī3, giovane ufficiale arrivato in Egitto col contingente albanese che

faceva parte delle forze di spedizione ottomane, intervenne per colmare il vuoto di potere

dopo la ritirata dei francesi. Senza che vi fosse nessun altro in grado di assumere le funzioni

di governo, il Sultano ottomano fu costretto a nominare Muḥammad ʻAlī suo wālī, ossia

governatore, in Egitto nel 1805. Egli fu riconosciuto legittimo sovrano dell'Islam, nonostante

le sue origini albanesi, grazie al fatto che nel mondo arabo islamico non esistevano problemi

di etnia tra popolo e sovrano per l'assenza del concetto e dell'ideale di nazione e di patria,

ideali che di fatto furono importati dall'Occidente.

L’Egitto con Muḥammad ʻAlī, agli inizi dell’Ottocento, vide il risveglio in senso

modernista del paese, fu il primo tra tutti i territori arabi. Egli stimolò la crescita economica

dell’Egitto, estendendo le coltivazioni e promuovendo un’agricoltura che cominciava ad avere

risvolti capitalistici, inoltre, riorganizzò la burocrazia, rese efficiente la riscossione delle tasse,

rafforzò l’esercito, promosse un’embrionale industria con scopi militari, patrocinò l’istruzione

moderna e inviò a studiare in Europa un numero consistente di giovani egiziani4. Muḥammad

ʻAlī promosse la riforma del sistema educativo, che aveva come modello di riferimento

l’Europa, egli mirava principalmente alla modernizzazione delle forze armate cosicché

promosse l'apertura della scuola di medicina e delle scuole delle arti militari5.

In questo periodo, mentre l’Europa da una parte appariva potente, dinamica, ricca con le

sue industrie, le sue armi e le sue scienze, dall’altra sfidava la tradizione islamica proponendo

le nuove categorie di nazione, popolo, libertà, democrazia e secolarismo.

3 Muḥammad ʻAlī (1769-1849), capo militare albanese d'Egitto dal 1805. È storicamente ritenuto ilpadre fondatore dell'Egitto moderno. Si dedicò all'opera di rinnovamento dell'Egitto, soprattuttonell'amministrazione dello stato, negli ordinamenti militari, nella vita economica del paese e nelladiffusione dell'istruzione e della stampa araba.

4 Mezran, Colombo, Van Genugten, L’Africa Mediterranea, storia e futuro, Donzelli editore, 2011.

p.4.

5 Branca, Paolo, Tradizione e modernizzazione in Egitto, Milano, F.Angeli, 2007. pp.120 – 121.

6

Questa rinascita letteraria, politica, amministrativa, culturale e religiosa del mondo arabo-

islamico basata sulla necessità di un rinnovamento identitario è noto come Nahḍa6.

Le ideologie che fecero da sfondo al desiderio di modernizzazione del mondo arabo nel

1800 furono il modernismo e il nazionalismo arabo. Il primo è inteso come un ritorno

all'Islam originario, attraverso il recupero e la rivitalizzazione della tradizione classica di un

tempo mitico: “l'età dell'oro”7. I modernisti, infatti, privilegiavano l’idea del ritorno alle fonti

e della continuità storica. La modernità non fu rigettata dall'Islam, al contrario fu ritenuta un

pretesto per depurare la tradizione dalle incrostazioni della decadenza contenute nei trattati di

Fiqh8. I principali rappresentanti di questa corrente furono il persiano Ǧamāl al-Dīn al-Afġānī

(1839-1897) e l'egiziano Muḥammad ʿAbduh (1849-1905), che ebbero il merito di aprire

l'Islam al modernismo.

Ǧamāl Al-Dīn Al-Afġānī, ricco di un'esperienza cosmopolita, avvertì la necessità di

purificare l'Islam dalle incrostazioni accumulatesi nei secoli, ma ebbe soprattutto un'acuta

coscienza della sfida posta dall'Occidente moderno all'Islam, che riteneva comunque

compatibile con le idee moderne e con la possibile accettazione delle innovazioni tecniche

occidentali. Agli europei rimproverava piuttosto di averle adoperate per fini imperialisti, in

odio all'Islam (siamo in piena espansione colonialistica europea). Per fronteggiare questo si

richiamava a ideali panislamici che superassero le divergenze tra sunniti e sciiti, e sul piano

socio-politico promuoveva idee liberali e democratiche, che secondo lui erano compatibili con

i principi musulmani. Incalcolabile è l'influsso esercitato da Al-Afġānī e dalle sue opere sugli

ambienti intellettuali dei paesi islamici, ispirando non solo il riformismo religioso ma anche le

correnti politiche nazionaliste allora emergenti9.

Muḥammad ʿAbduh, discepolo di Al-Afġānī, professore e pubblicista attivo politicamente,

6 Dalla radice n-h-ḍ , risveglio, rinascita.

7 Periodo Abbaside (dall'VII secolo fino al 1258), momento di massimo apogeo della culturaislamica, fu il più lungo periodo di dominio dinastico sul mondo arabo. In questo periodo, il mondoarabo divenne un centro intellettuale per la scienza, la filosofia, la medicina e l'istruzione, gliabbasidi istituirono la Casa della Saggezza a Baġdād, dove studiosi musulmani non tradussero eraccolsero tutta la conoscenza del mondo in arabo anche attraverso la traduzione di molte opereclassiche dell'antichità, che altrimenti sarebbero andate perdute

8 Ibn Khaldun definisce il fiqh come la “conoscenza dei comandamenti di Dio concernenti le azioni,qualificate come wāǧib (obbligatorie), ḥarām (vietate), mandūb (raccomandate), makrūḥ(disapprovate) o mubāḥ (indifferenti). Fiqh può essere tradotto con giurisprudenza coranica.

9 Keddie, N.R., Afgani, Ǧamal-Al-Din, Encyclopædia Iranica, I/5, pp. 481-486

7

fece carriera come magistrato, arrivando al vertice come gran muftī10 d'Egitto. In questo ruolo

egli poté adattare il diritto musulmano alle esigenze moderne ed ebbe una grande influenza

nell'aprire la prestigiosa università di Al-Azhar alle discipline della scienza moderna. L'idea

chiave di ʿAbduh stava nella convinzione che “è possibile essere al contempo moderni e

buoni musulmani”11. La convinzione di recuperare la purezza dell'Islam e di reinterpretarlo

alla luce delle conoscenze moderne, della sintonia dell'Islam con la ragione, della necessità di

accordare religione e scienza, i suoi ideali progressisti e ottimisti ne fanno anche un

personaggio molto tollerante verso le altre religioni.

Il nazionalismo arabo rappresentò l'altra risposta al bisogno di modernizzare il paese e fu un

movimento contrapposto al modernismo in quanto più laico e liberale. Grazie a questa

corrente fu posto al centro dell'interesse arabo il termine waṭan che rappresentava il luogo di

nascita (dalla radice w-t-n, risiedere, abitare, vivere in un luogo). Con la Nahḍa si ebbe, oltre

che un recupero dell'arabismo12, anche quello del localismo secondo cui gli Stati Nazionali

avrebbero sostituito il concetto di Dār-al-Islām13, che entrò in crisi profonda. Secondo i

nazionalisti, l'Islam rappresentava un ostacolo alla modernità, la patria di un musulmano era

laddove vigeva la Šariʿa14, pertanto i propugnatori di questo movimento si riconoscevano

ormai prioritariamente nella scelta del waṭan, modello nazionale di tipo europeo, piuttosto che

in quello tradizionale della Umma, la comunità religiosa a vocazione universale, nata dalla

predicazione del Profeta.

10 Giurisperito musulmano (faqīh) che, per i suoi studi e la sua buona nomea, è autorizzato a emettereuna fatwa, cioè un responso giuridico su una fattispecie astratta, basato sul disposto della Šarīʿa.

11 Black, Antony, The History of Islamic Political Thought:from the Prophet to the present, New

York, Routledge, 2001.

12 Principio già presente nel periodo Omayyade, che faceva dell'Arabismo la sua bandiera.

13 La cultura islamica identifica i territori che sono sottoposti all'imperio politico e giuridicodell'Islam, dove i musulmani possono compiere gli obblighi loro richiesti in quanto credenti(cinque pilastri dell'Islam). Nella dār al-Islām hanno diritto di vivere e operare solo i musulmani e,con diverse limitazioni gli appartenenti alle cosiddette religioni "del Libro" (Ahl al-Kitāb) mentrene sono esclusi i politeisti e gli atei. Questa non è più una realtà da quando il mondo islamico haassunto un assetto nazionale analogo a quello dell'Occidente cristiano.

14 Šariʿa è un termine utilizzato nel senso di “legge” che indica due diverse dimensioni, unametafisica ed una pragmatica. Nel significato metafisico, la Šarīʿa, è la Legge di Dio e, in quantotale, non può essere conosciuta dagli uomini. Per acquisire una dimensione pragmatica la Šariʿadeve essere interpretata dagli uomini che attraverso un’opera di Fiqh ne ricavano le indicazioni pergiudicare le azioni. La Šariʿa, in senso metafisico, riconosce come fonti solamente il Corano e laSunna in quanto entrambi diretta espressione della volontà divina.

8

La modernità, quindi, unì il vecchio e il nuovo. Per “vecchio” si deve intendere il pensiero

medioevale attraverso cui vi fu una riscoperta della propria tradizione culturale, letteraria e

linguistica assopita dopo secoli e secoli di stasi. Con “nuovo” si fa riferimento alla modernità

scientifica e letteraria per cui gli studiosi, gli educatori e i nuovi giornalisti aprirono l'Egitto

all'Occidente (e viceversa) attraverso opere di traduzioni e pubblicazioni. Il rinnovamento

linguistico avvenne, in particolare, per mezzo della stampa ed attraverso la separazione tra

lingua dei dotti e quella del popolo: si optò per la letteralizzazione del parlato e la

volgarizzazione, o alleggerimento, dello scritto; grazie a questa innovazione in ambito

linguistico la lingua araba moderna fu il frutto più alto della Nahḍa.

1.1.2 La fine del periodo di stagnazione linguistica

Con la caduta del califfato Abbaside nel 1258, dovuta alla conquista di Baġdād da parte dei

mongoli, la disintegrazione del mondo arabo medievale continuò e, sotto il dominio ottomano

(all'inizio del XVI secolo) la civiltà arabo-islamica raggiunse definitivamente un periodo di

stagnazione che durò fino al XIX secolo. Durante questo periodo il linguaggio arabo conobbe

una fase di degrado con una perdita progressiva delle sue multifunzionalità (universalità

linguistiche15) acquisendo un'unica funzione sociale, ossia quella di essere una lingua solenne.

D'ora in avanti essa fu utilizzata solamente nelle pratiche religiose (rituali, preghiere, sermoni)

e rappresentò il veicolo delle scienze islamiche (legge islamica, esegesi del Corano, tradizione

e filologia) per cui l'arabo divenne la lingua della moschea e della madrasa16.

Per molte generazioni la società medio orientale mantenne il proprio sofisticato sistema so-

ciopolitico, con delle relazioni regolamentate tra governanti e governati, élite e il resto della

società. Nel XIX secolo questa realtà iniziò a cambiare rapidamente. L’Europa, precedente-

mente considerata un’entità poco interessante, in questo periodo si impose nel Medio Oriente

con un esercito vittorioso, una tecnologia impressionante, idee politiche e culturali innovative.

Queste novità generarono molta curiosità tra i capi locali e presto divennero oggetto di ansio-

se emulazioni, tanto che alla fine del secolo il Medio Oriente adottò molti dei principi e delle

15 Con il termine “universali linguistici” si intendono principi generali ricorrenti in ogni lingua, ossiaprincipi comuni caratteristici di ogni variante del linguaggio verbale umano. Non è importante chetutte le lingue si adeguino ad un certo universale linguistico affinché questo venga considerato tale,l'importante è che nessuna lingua lo contraddica. Pioniere degli studi sugli universali linguistici ful'americano Joseph Greenberg (1915-2001).

16 L'istituzione legata all'educazione islamica superiore, capeggiata da una cerchia ristretta di studiosiislamici.

9

pratiche inizialmente proposte dallo stesso occidente. Questi rapidi sviluppi portarono inevita-

bilmente ad un’estensione del vocabolario indigeno che, nonostante il carattere ricco, vario-

pinto e ampiamente adeguato alle esigenze della tradizione, risultò invece manchevole difron-

te alla necessità di trasmissione di idee estranee e incomprensibili alle società della regione.

Per adattarsi al nuovo compito, il lessico arabo cambiò tanto quanto la realtà, la cui trasforma-

zione richiedeva un vero e proprio restauro. Questo nuovo tipo di linguaggio è considerabile

come un arrangiamento linguistico provvisorio che però ha rappresentato un fattore decisivo

nello sviluppo dell’Arabo Standard Moderno (MSA).

All’inizio del diciannovesimo secolo gli uomini colti e alcuni intellettuali si resero conto

che i fenomeni derivanti dalla vita e dalla politica occidentale erano decisamente diversi da

quelli della propria cultura, tanto che trovarono presto difficile, spesso anche impossibile, di-

scutere in modo appropriato di questi fenomeni attraverso l’utilizzo del loro vocabolario tradi-

zionale. Come esempio lampante di questa situazione ambigua e decentrante della lingua ara-

ba, in un momento in cui il confronto e la capacità di reagire alle forti correnti moderne pro-

venienti dall’Occidente si resero tanto necessarie quanto complicate, è possibile prendere in

considerazione la figura di Ibrahim al-Yāziǧī, giornalista libanese, il quale deplorò la degrada-

zione dell’arabo in uno stato di “lingua povera” asserendo17:

“Se qualcuno dovesse trovare [tale definizione] presuntuosa e un insulto nei confronti

dell’intelligenza araba, ponetegli il problema della traduzione di un discorso di un par-

lamentare inglese o, meglio ancora, chiedetegli di rendere in arabo il verbale di una se-

duta, un articolo sul teatro europeo, uno studio politico, una relazione commerciale, e

simili. Sicuramente si troverebbe di fronte ad un abisso in ogni singola frase. Potrebbe

non eccedere senza complicare seriamente la lingua, lasciando i suoi lettori nello scon-

certo e nel dubbio.”

Attraverso tale dichiarazione è possibile dedurre che il lavoro traduttorio, nonostante le

grandi difficoltà e il vivo interesse relativo al contatto con l’Europa, portò ad una necessità di

rinascita della cultura araba e ad una conseguente rivitalizzazione del linguaggio. La sua

diffusione e quella dei nuovi termini di origine europea è dovuta soprattutto alla nascita e alla

crescita della stampa nella prima metà del XIX secolo, strumento fondamentale di

veicolazione dell’informazione e di propagazione del sapere; l’'istituzione di un numero

crescente di uffici stampa nel mondo arabo durante la seconda metà del XIX secolo fu uno dei

prerequisiti fondamentali per la modernizzazione della lingua.

17 Al-Yāziǧī, 'Ibrāhīm, ḥadiqāt al-Aḫbār, 1858. pp. 1-17

10

1.2 Il giornalismo arabo del XIX secolo, nascita ed evoluzione

Il lancio dei giornali in Medio Oriente, così come per molte innovazioni moderne, fu la

prerogativa della maggior parte dei governi arabi. Per decenni nella capitale ottomana, in

Egitto ed in molte altre province i comunicati ufficiali erano gli unici periodici indigeni in

circolazione, ma grazie agli apparati governativi vi furono la motivazione e le risorse

necessarie per adottare la nuova idea straniera di diffusione rapida ed estesa dell'informazione.

Inizialmente si trattava di fogli rudimentali con obiettivi limitati; i primi giornali non

rappresentavano una richiesta popolare, né tanto meno svolsero ruoli sociali o culturali

significativi e ciò era dovuto al fatto che questi giornali rappresentavano i primi, se non i soli,

strumenti attraverso cui venne intrapresa un'iniziativa di tale genere. Con la diffusione della

stampa furono messe a disposizione le basi concettuali e pratiche per l'assimilazione dei nuovi

concetti derivanti dall'occidente.

Lo sbarco delle truppe francesi sulle spiagge di Alessandria nell'estate del 1798 e la

conseguente conquista dell'Egitto ebbero un impatto drammatico sulla civiltà egiziana. Così

come per le altre province arabe dell'impero ottomano, anche l'Egitto era rimasto fino a quel

momento ignaro e isolato dagli eventi europei relativi agli sviluppi tecnologici, politici e

culturali. L'invasione francese provocò uno shock culturale talmente notevole da scaturire dei

cambiamenti profondi nella società, nella cultura e nella politica araba. Il cambiamento non

avvenne immediatamente, ma solamente solo dopo che i francesi ripartirono e Muḥammad

ʻAlī salì al potere. Egli riuscì ad avere un'ampia visione della situazione di shock nella quale

cadde la civiltà egiziana, tanto che riuscì a plasmarla e a renderla un'ispirazione e un punto di

forza per la rinascita araba.

La modernità portata da Napoleone fu abilmente colta da Muḥammad ʻAlī il quale,

apparentemente, designò l'Egitto come il luogo di nascita del primo giornale arabo; l'utilizzo

dell'avverbio “apparentemente” è dovuto alla nostra oscura conoscenza del primo vero e

proprio giornale arabo18. Nel mondo islamico, la tecnica della stampa comparve prima dei

giornali effettivamente stampati, la prima stamperia fu fondata nella città di Aleppo all’alba

del diciottesimo secolo. Il primo periodico apparso nel territorio arabofono era scritto in

francese e fu intitolato Le courrier de l'Égypte, pubblicato da Bonaparte nel 1798, solamente

due settimane dopo la conquista del Cairo, designato alla circolazione tra i militari francesi e

il personale amministrativo, esso veniva stampato ogni cinque giorni e vi erano riportate

18 Ayalon, Ami, The Press in the Arab Middle East: A History, New York, Oxford University Press,1995. p.12

11

notizie ufficiali e locali. Due mesi dopo apparve un altro giornale francese, La Décade

Égyptienne, un periodico trimestrale destinato alla popolazione civile, relativo alla spedizione

scientifica in Egitto. Entrambe le pubblicazioni erano scritte in una lingua che i nativi egiziani

non erano in grado di leggere, furono infatti stampate per un pubblico non egiziano.19

Relativamente alle pubblicazioni per il pubblico arabofono, le testimonianze degli egiziani

contemporanei all'occupazione francese contengono vaghi riferimenti ad un comunicato

ufficiale arabo in quel periodo; lo storico Abd al-Raḥmān al-Ǧabarti20 rivelò che i francesi

“erano ansiosi di registrare gli sviluppi quotidiani nei loro vari dipartimenti e corti”. Essi

nominarono alcuni egiziani, come Al-Khašab, segretari del consiglio indetto da Napoleone per

preparare tali resoconti, intitolati Al-ḥawādiṯ al-Yawmiyya (Notizie giornaliere), che venivano

poi tradotti in francese per la loro diffusione tra le truppe nella capitale e nei dintorni21. Al-

Ǧabarti omise di menzionare cosa ne fu fatto dei testi arabi originali ma, basandosi su queste

informazioni, Philip di Tarrazi, il celebre storico della stampa araba, concluse che Al-ḥawādiṯ

al-Yawmiyya fu “indubitabilmente […] la madre di tutti i giornali arabi”22. Un altro giornale

che vide la luce per opera dei francesi, che avevano occupato l’Egitto portando con loro due

tipografie, una in caratteri latini e l'altra in caratteri francesi, greci e arabi fu Al-Tanbīh (il

Risveglio) nel 1800, ma non ebbe vita lunga poiché fu sospeso dopo qualche mese, quando i

francesi furono costretti ad abbandonare l’Egitto.

1.2.1 Il ruolo di Muḥammad ʻAlī

Con Muḥammad ʻAlī , uomo astuto ed ambizioso, vi fu una svolta decisiva nell'uso dei

metodi di comunicazione e di trasmissione delle notizie: egli comprese che le circolari ancora

scritte a mano e i comandi verbali erano completamente inadeguati allo scopo di instillare i

nuovi standard di rendimento nell'apparato statale. Un elemento chiave della nuova rete

amministrativa di Muḥammad ʻAlī fu un ufficio (diwān) che avrebbe regolarmente protetto i

19 Entrambe le pubblicazioni furono diffuse fino alla fine della spedizione francese nel 1801. Sulla condotta dell'informazione francese in Egitto: Salah al-Din al-Bustani, suhuf Bunabart. Egitto (1798-1801).

20 (1754 – 1822) Fu un fedele cronista della sua epoca. I suoi annali, 'Aǧa'ib al-āṯār fī'l-tarāǧim wa'l-aḫbār, sono un'opera importantissima della storiografia araba, essi sono una ricostruzionedell'impatto francese in Egitto.

21 Muḥammad, ʻIṣām ʻāyish, The New Arab Public Sphere, Berlino, Frank & Timme GmbH, 2008.

P.99.

22 Tarrazi, pp.48-49; citando 'Aǧa'ib di Ǧabarti.

12

resoconti che giungevano dalle varie regioni e che li avrebbe conseguentemente riassunti in

un documento noto come ǧurnal23. Questo documento apparve per la prima volta nel 1813,

ancora non era possibile identificarlo come un vero e proprio giornale, ma piuttosto come un

registro o un rapporto; la sede in cui venivano trattate e redatte le informazioni fu chiamato

diwān al-ǧurnal. Stampando il rapporto e facendone circolare numerose copie si sarebbero

potuti ottenere risultati di gran lunga migliori rispetto ai metodi antichi e inefficienti: sarebbe

stato più rapido e più chiaro e i testi sarebbero stati disponibili anche per ripetute

consultazioni. Nel 1822 Muḥammad ʻAlī istituì una tipografia nella cittadella del Cairo e

ordinò di stampare il rapporto sotto il nome di “Ǧurnal al-Khidiw” che divenne il primo

periodico arabo stampato24. Inizialmente scritto a mano, fu in seguito stampato per litografia,

divulgato prima settimanalmente e infine divenne un quotidiano comprensivo di notizie

ufficiali, rapporti relativi agli sviluppi nella capitale e nelle province, e per alleviare il rigore

della veste ufficiale, delle storie tratte da “Le mille e una notte”.

Muḥammad ʻAlī non cessò mai di essere affascinato dalle immense possibilità di stampa,

persino prima di divulgare la propria pubblicazione riceveva giornali e li ordinava per

leggerli. Investendo in una formazione personale, acquisendo l'attrezzatura necessaria e

sviluppando le basi per un uso tipografico esteso, egli diventò esperto di ogni dettaglio

dell'operazione delle stamperie cairote. Muḥammad ʻAlī considerava la stampa come il

simbolo del progresso e un veicolo per lo sviluppo e l'avanzamento di altri progetti; stanziò

ampie risorse e scelse i migliori studiosi per gestirle, se ne occupò in prima persona forgiando

la loro configurazione e il loro stile, supervisionò direttamente la prassi di elaborazione

chiedendo che il giornale venisse letto da lui prima della distribuzione. La stampa aveva dei

valori e i musulmani, soprattutto grazie a Muḥammad ʻAlī, iniziarono a riconoscerli. In una

visita a Parigi, nel 1826, un egiziano, inviato in Europa dal sovrano, di nome Šaiḫ Rifa’a

riportò nel suo resoconto di viaggio25:

“Gli uomini apprendono cosa succede nelle menti di altri da alcuni fogli diffusi

quotidianamente chiamati Journal e Gazette. Da questi, un uomo può venire a

conoscenza di nuovi accadimenti che possono avvenire sia dentro che fuori dal paese.

Sebbene possa trovare in essi più bugie di quante ne possano essere raccontate,

23 Hartmann, Martin, The arabic press of Egypt, London, Luzac & co, 1899. pp.2-3

24 Abduh, ta'riḫ Al-Waqa'i, pp.29-34 cit. Ayalon, Ami, The Press in the Arab Middle East: A History,New York, Oxford University Press, 1995.

25 Lewis, Bernard, The Muslim Discovery of Europe, New York, WW Norton and Company, 2001. pp.303-305.

13

ciononostante contengono notizie dalle quali gli uomini possono acquisire conoscenza;

discutono delle questioni scientifiche recentemente esaminate o di annunci interessanti

o di utili consigli, sia provenienti dagli illustri, sia dagli umili -talvolta questi ultimi

hanno delle idee che non posseggono i primi-. Tra i vantaggi di questi fogli: se un

uomo fa qualcosa -giusta o sbagliata che sia- ed è importante e conosciuto, le persone

del Journal scrivono a proposito di questo, quindi ciò può essere conosciuto sia dagli

illustri sia dalle persone comuni, per ottenere l'approvazione per gli uomini che

compiono delle buone azioni e per la condanna degli uomini che commettono delle

cattive azioni. Analogamente, se un uomo è offeso da un altro, egli scrive i motivi del

suo risentimento in questi fogli e ognuno, le persone illustri e le persone comuni, ne

divengono consapevoli e vengono a conoscenza della storia dell'oppresso e del suo

oppressore, esattamente così come è accaduto, senza alcun cambiamento, in tal modo

l'affare acquisisce il posto della giustizia ed è giudicato in accordo con delle leggi fisse,

quindi questo può essere un avvertimento e un esempio per gli altri”

“Ǧurnal al-Khidiw” fu ulteriormente sviluppato e rinominato Al-Waqā’i‘ al-Miṣriyya26

(Fatti egiziani) nel 1828, la prima edizione era in lingua turca, in seguito fu elaborata

un'edizione bilingue e solo nel 1829 il giornale apparve in lingua araba accompagnata da

un'edizione francese. Esso rappresentava il giornale ufficiale del governo, gli autori erano

letterati e studiosi ed al suo interno vi erano i rapporti dei movimenti militari, notizie locali e

relative ad argomenti scientifici e letterari. In questo periodo le informazioni provenienti da

altri stati o dall'occidente erano irrilevanti, non necessari e quindi trattate raramente.

Inizialmente il giornale apparve in maniera irregolare, in alcuni periodi due volte la settimana,

in altri ogni quindici giorni, ma ci furono anche intervalli più lunghi, tanto che per due anni

(tra il 1834 e il 1836) il giornale non pubblicò nemmeno un'edizione. Spesso le pubblicazioni

furono interrotte a causa della preoccupazione di Muḥammad ʻAlī relativamente alle questioni

di guerra, alle rivolte e ai problemi diplomatici27.

Un'altra causa delle difficoltà iniziali del progresso giornalistico arabo riguardò la lentezza

con cui circolavano le notizie dai dipartimenti amministrativi agli uffici stampa e dalle

province alla capitale poiché esse venivano spesso portate dai messaggeri a piedi o in sella ad

26 Hartmann, Martin, The arabic press of Egypt, London, Luzac & co, 1899. pp.2-3

27 Kelidar, Abbas, The Political Press in Egypt: 1882-1914 in Charles Trip [ed.], Contemporary

Egypt: Through Egyptian Eyes, London, Routledge, 1993.

14

un cammello. Per questi motivi le informazioni relative ad un evento potevano essere

trasmesse anche dopo mesi dall'accaduto. Il linguaggio, mai utilizzato in precedenza per

questo tipo di scrittura, risultò inadeguato ed insufficiente con l'inevitabile ricorso alle

terminologie turche, europee e dell'arabo colloquiale che produsse dei testi goffi non sempre

facilmente comprensibili. Anche l'assenza di punteggiatura, i frequenti errori tipografici e la

scarsa qualità di stampa si aggiunsero, in questo periodo, alla natura dilettantesca di Al-

Waqā’i‘ al-Miṣriyya. Intorno alla metà del secolo il giornale era ancora un triste organo

governativo rappresentante di comunicazioni ufficiali asciutte e notizie datate in un formato

sobrio per un ristretto gruppo di lettori, molti dei quali abbonati costretti.

1.2.2 L'ascesa al trono di Ismā’il e l'aumento del flusso di informazioni

L'ascesa al trono di Ismā’il28 tra il 1863 e il 1879, segnò un nuovo capitolo nella storia del

paese e in quella dello sviluppo della stampa araba; il suo regno fu caratterizzato da rapidi

cambiamenti specialmente in seguito all'ossimorico progresso stagnante dei suoi predecessori.

Le trasformazioni furono il risultato dello sviluppo della posizione internazionale del paese.

La crescente presenza degli occidentali in Egitto – missionari, mercanti, consoli e viaggiatori

– comportò l'aumento del flusso di informazioni, facilitato dal corrente sviluppo tecnologico.

Nel momento in cui Ismā’il salì al trono, la propagazione delle informazioni stampate era

molto diffusa nel paese tanto che apparve in Egitto, ma anche nelle altre province, un numero

sempre più elevato di giornali non arabi (francesi o italiani)29. Grazie all'operato del khedivé

Ismā’il, Al-Waqā’i‘ al-Miṣriyya divenne un quotidiano, fu rivitalizzato il suo ruolo

comunicativo e risultò un prodotto migliore rispetto al passato. Il programma di pubblicazione

fu ordinato (dal 1865 divenne un bisettimanale), la configurazione allargata, si optò per una

carta di maggiore qualità e per la diminuzione degli errori tipografici. Il giornale non puntava

ad intrattenere, ma fu concepito come uno strumento pratico dell'apparato governativo del

pasha affamato di efficienza. Il suo obiettivo principale era quello di introdurre all'interno

delle sue pagine giallastre informazioni pratiche relative agli sviluppi del piano riformatorio

tra cui informazioni sul cambiamento del personale, rapporti sul progresso dei progetti statali,

28 Nipote e successore di Muḥammad ʻAlī nel 1863, ricevette un'educazione di stampo europeo a Parigi, rilasciò la concessione per la costituzione di una società di costruzione che si occupasse della realizzazione del canale di Suez (1869).

29 ʿAbduh, tatawwu al-sihafa, pp.271-73. L'analisi della stampa non araba in Egitto e negli altri paesidella regione è uno degli scopi principali del suo studio.

15

encomi agli ufficiali devoti e rapporti sulle punizioni inflitte a coloro che vi si discostarono30.

Inoltre, grazie agli sviluppi tecnologici, all'espansione della rete ferroviaria e dei sistemi

telegrafici, il flusso di informazioni risultò più veloce e ci fu un incremento del ritmo di

elaborazione e di diffusione dei giornali. Si riscontrarono dei cambiamenti significativi nello

stile e nel linguaggio che divennero più funzionali e accurati sebbene, anche nelle loro

versioni migliorate, questi bollettini necessitavano ancora di un affinamento degli standard

editoriali.

Anche negli altri paesi arabi la stampa si diffuse in modo massiccio, nella seconda metà

dell'Ottocento Beyrut assunse il ruolo di altra importante città araba del Vicino Oriente per la

pubblicazione dei periodici. Nel 1858 fu fondato Hadiqāt Al-Aḫbār, un giornale pubblicato in

arabo e in francese con l'intento di far conoscere le posizioni della Porta Ottomana agli

stranieri presenti nei suoi territori ed in seguito furono elaborati anche dei giornali militari e

altri relativi al commercio e all’agricoltura. Le nuove pubblicazioni erano generalmente

divulgate in due lingue – arabo e turco – e si concentravano sulle notizie e sui progetti dello

Stato. Il primo giornale tunisino fu fondato nel 1860 e intitolato Al-Rā'id al-Tūnisiyy (il

pioniere tunisino), mentre in Iraq il governatore turco Medhat Pashà aprì nel 1869 il primo

giornale arabo, intitolato Al-Zawrā’, come un epiteto di Baġdād.

Inizialmente il giornalismo arabo fu ufficiale e governativo, incaricato di esprimere le

posizioni delle autorità al potere sia nazionali che straniere. In seguito alla nascita e alla

diffusione del primo giornale arabo, del progresso morale, e in seguito alla diffusione della

cultura epistolare, all'espansione dell'istruzione e ai sempre più intensi bisogni intellettuali, il

numero dei giornali non tardò ad aumentare rapidamente. Nel 1860 uscì anche nella capitale

del Califfato ottomano il primo giornale popolare: Al-Ğawā’ib (Notizie veloci), seguito da

altre testate in diverse zone del mondo arabo31.

Nel 1865, Ismā’il incoraggiò l'elaborazione di giornali specializzati come Al-ǧarīda

al-'Askariyya al-Miṣriyya, un mensile medico per gli studenti di medicina, veterinaria e

farmacologia32. Negli anni '70 del XIX secolo, si diffusero dei periodici privati che poterono

nascere beneficiando delle nuove tecnologie. Questi erano generalmente dei giornali stranieri

30 Ayalon, Ami, The Press in the Arab Middle East: A History, New York, Oxford University Press,

1995. p.15.

31 Amaldi, R. Mediouni, Crestomazia araba, Roma, Istituto per l’Oriente, 2009. pp. 119-121.

32 Iqbāl, Muẓaffar, Science and Islam, Greenwood Publishing Group, 2007.

16

finanziati dalle potenze estere e che furono spesso presi come modello dalle nuove riviste in

stile, linguaggio e organizzazione. Nella sempre più importante arena giornalistica, Al-

Waqā’i‘ al-Miṣriyya e le altre pubblicazioni statali divennero meno vitali e il loro ruolo fu

ristretto alla trasmissione delle notizie ufficiali e dei commentari (ormai prevedibili) degli

eventi in corso da parte di un governo che stava simultaneamente esplorando nuovi canali di

propaganda.

Accanto alla pubblicazione di giornali in lingua turca che apparvero soprattutto ad Istanbul,

in Egitto continuarono ad essere stampati altri periodici come Wādī Al-Nīl nel 186633. Nel

1870 apparve la rivista politica Laǧna (letteralmente Comitato), che durante la guerra franco-

tedesca diffuse le informazioni relative agli eventi in corso, tenendo i suoi lettori al corrente

delle fasi belliche ottenendo un grande successo, tanto che in Libano si finì per dare a tutti i

giornali il nome di Laǧna34. In seguito le testate si diffusero in Siria, in Egitto e nelle varie

regioni in cui era parlata la lingua araba come in Tunisia e nelle Indie. Altri gruppi editoriali

pubblicarono i propri giornali in Europa, a Parigi e a Londra anche se, in realtà,

rappresentavano per lo più fogli di propaganda politica redatti dagli adepti della giovane

Turchia. Ma è soprattutto tra il 1876 e il 1878 che in Egitto, sotto l'impulso dei siro-libanesi,

vennero pubblicati grandi organi di stampa in capo ai quali bisogna porre Al-Ahrām (le

Piramidi) che nel 1876 divenne il giornale più diffuso e più autorevole del mondo arabo35. Il

numero dei giornali arabi diffusi nel mondo intero sorpassarono il centinaio, solamente in

Egitto se ne contano più di cinquanta. Se questo paese, in particolare, presentò questo

notevole vantaggio, ciò è dovuto al fatto che in questo caso la libertà della stampa era

assoluta.

33 ‘Abduh, Ta'rīḫ Al-Waqa'i, p.41 cit.Ayalon, Ami, The Press in the Arab Middle East: A History, New

York, Oxford University Press, 1995.

34 Ibidem, p.43.

35 Il giornale fu fondato da due fratelli siriani, Bišara e Salim Taqla. Inizialmente uscì con cadenzasettimanale ogni sabato. Il giornale fu distribuito in Egitto e nel Mašreq. Due mesi dopo lafondazione del giornale, i fratelli Taqla decisero di trasformarlo in quotidiano. Nel novembre 1899la sede di Al-Ahrām fu spostata al Cairo. Alcuni fra i primi contributori di questo giornale furono

dotti religiosi come Muḥammad ʿAbduh e Ǧamāl al-Dīn Al-Afġānī.

17

1.3 Nuovi ideali, nuovi concetti, nuovo linguaggio

E' un fenomeno a dir poco straordinario vedere un popolo diviso in tribù che vivono separate

le une dalle altre, e osservare che parlano delle stesse regole fondamentali senza che sia

possibile, in realtà, fissare l'origine della loro grammatica. Nonostante ciò, se le regole

grammaticali arabe sono per così dire immutabili, non si può dire lo stesso della lingua

propriamente detta.

Gli arabi, in seguito alle loro conquiste, trovandosi a contatto con altre popolazioni

civilmente più avanzate e trovandosi di fronte ad un mondo nuovo e a nuovi stili di vita, sono

stati forzati ad introdurre nella propria lingua un gran numero di termini e di parole per

esprimere i nuovi ideali e i nuovi concetti provenienti dall'Europa. Ma, nonostante gli sforzi

operati dagli studiosi nella lingua, ciò che più influì e che diede un vero e proprio slancio

vitale e introdusse delle variazioni all'interno del linguaggio arabo fu il ruolo della stampa

periodica. Si potrebbe dire che, in qualche modo, fu il giornalismo ad aver creato la lingua

moderna, tanto differente dall'arabo coranico quanto il greco moderno da quello antico36.

Nessuna lingua può rimanere eternamente stazionaria, all'interno di ognuna esiste una parte

vivente, animata, progressiva. Esistono delle locuzioni che nascono e muoiono di volta in

volta: verborum vetus interit cetas (Orazio). Gli uomini e le nazioni cambiano

incessantemente, le idee si aprono a nuove vedute ed è bene che il linguaggio interpreti questi

nuovi bisogni, e che risponda a tutti i movimenti di senso, a tutte le trasformazioni del

pensiero umano così mobile e così vario.

Le lingue latine, nell'evoluzione che sono state costrette a subire in seguito allo sviluppo

dello spirito e del pensiero umano, ebbero il vantaggio di poter ricorrere al greco e al latino

quando, in seguito all'ampliamento del dominio intellettuale, si videro obbligate ad introdurre

nel loro vocabolario delle parole nuove. Per la lingua araba non si tratta dello stesso caso

poiché essa dovette adottare questi termini così come si presentavano o ripiegarsi su se stessa

e ritrovare tra le proprie viscere un vocabolario che rispondesse a tutti i nuovi bisogni.

Erano e sono tuttora presenti due fazioni: quella dei puristi che esigono di utilizzare parole

puramente arabe attraverso forme antiche appartenenti al lessico arabo, e quella più

indulgente che non si fa scrupoli nel prendere in prestito parole appartenenti al lessico

straniero semplicemente trascrivendole. Quest'ultimo sistema portò nella lingua araba tutta

una serie di parole denaturate che i traduttori trovarono più comode da utilizzare a discapito

36 Washington-Serruys, L'Arabe moderne étudié dans les journaux et les pièces officielles. Beirut,

Imprimerie catholique, 1897.

18

degli equivalenti arabi che ignoravano totalmente. La trascrizione delle parole e delle

locuzioni francesi facilitava il lavoro delle persone ignoranti che, per giustificarsi, asserivano

che queste parole non presentavano degli equivalenti arabi così come sottolineò Bresnier in

Chrestomathie arabe37:

”Secondo questo sistema di traduzione tanto inesatto quanto poco degno, basta

mascherare in lettere arabe tutte le parole francesi per dichiarare che se ne sono

riprodotte tutte le idee”

Fortunatamente per la lingua araba, negli anni '30 del 1900, si finì per comprendere che per

epurare la lingua era necessario rigettare tutte le trascrizioni barbare. A questo proposito

M.Barbier de Meynard38 asserì:

“[...] Pertanto l'arabo volgare ha saputo difendersi meglio. Traduce piuttosto che

trascrivere. In questo modo, ad esempio, la parola “ferrovia” (dal francese chemin de

fer) è reso con “sikka ḥadīdiyya” mentre “stazione”(dal francese station) con maḥaṭṭa.”

1.3.1 L'Arabo Standard Moderno: il linguaggio della stampa araba

Con lo sviluppo della stampa, delle traduzioni e dei testi letterari, dalle radici del linguaggio

classico emerse un nuovo linguaggio moderno che gli orientalisti europei del XIX e XX

secolo chiamarono “arabo moderno”. Messo in comparazione con la sua basse classica, esso

dovette continuamente far fronte alla necessità di creazione di nuovi termini con l'obiettivo di

riuscire ad esprimere i nuovi argomenti e le nuove conoscenze europee. Il contatto tra la

cultura e il linguaggio europei e quelli arabo-islamici forzò la rivitalizzazione e la

modernizzazione dell'arabo classico ad un'estensione tale che quello letterario ebbe la

possibilità di assumere una nuova funzione sociale.

L'arabo pre-moderno era un linguaggio ricco, dotato di un lessico elaborato, di una grande

capacità strutturale di auto-espansione grazie ai quali le nozioni scientifiche, umanistiche,

sociali, politiche e artistiche erano molto spesso espresse in modo elegante. Come ogni

linguaggio, l'arabo è il riflesso delle esigenze e dei valori della società, spesso di una natura

37 Bresnier, Louis-Jacques, Chrestomathie Arabe: Lettres, Actes Et Pièces Diverses, Algeri, Bastide,1867.pp.18,19

38 Barbier de Meynard, Charles, Rapport sur la mission accomplie par M. Basset dans le paysberbère, sous les auspices du gouverneur général de l'Algérie. In: Comptes rendus des séances del'Académie des Inscriptions et Belles-Lettres.Parigi, 1857.

19

islamica ben visibile, con un'armonia tra concezione ed espressione39. Sotto l'impatto degli

sviluppi moderni questa armonia venne a mancare e conseguentemente il linguaggio perse

una buona parte del proprio vigore espressivo.

Fino alla fine del XIX secolo gli sviluppi sociali, politici e tecnologici furono descritti e

discussi ampiamente in arabo. I concetti basilari relativi alle istituzioni governative e

amministrative, alle procedure politiche, ai controlli sociali, agli strumenti e ai metodi

agricoli, alle arti, ai mestieri e all'arte medica rimasero come in passato, presentando la loro

soddisfacente terminologia tradizionale. Quando i periodici dovettero confrontarsi con

determinati problemi in uno stile preciso, la difficoltà non apparve nel vocabolario; tuttavia,

una volta che gli scrittori dovettero competere con la sfida di gestire i nuovi concetti alla

quale la società fu esposta, il vocabolario esistente si dimostrò inadeguato. In poco tempo

molti concetti, strumenti, macchinari e ideali stranieri iniziarono ad essere importati nella

regione grazie all'iniziativa dei sovrani. Verso la fine del XIX secolo, con l'arrivo delle nuove

idee politiche come il nazionalismo, le assemblee rappresentative e le costituzioni, l'Egitto e il

Libano divennero il palcoscenico delle nuove sperimentazioni. Tutte le novità (anche nel

campo delle scienze e della tecnologia) necessitavano di modifiche linguistiche per essere

descritte e discusse così che, in alcune aree, i cambiamenti concettuali furono talmente

basilari al punto che il vocabolario dovette essere completamente trasformato.

Non furono solamente i giornalisti a dover far fronte alla sfida di adattare il linguaggio alle

nuove necessità, anche i traduttori di opere europee in arabo, compilatori di libri di testo

relativi alle nuove aree (specialmente scientifiche) e scrittori di viaggio dovettero operare

nella rappresentazione di un fenomeno mai affrontato prima dell'avvento della stampa. I

giornali arabi, costretti quotidianamente a lottare con i problemi terminologici, diedero il

maggiore contributo nel processo di metamorfosi della lingua araba in un linguaggio moderno

funzionale e articolato.

L'interazione tra il processo del cambiamento linguistico e lo sviluppo della stampa è

illuminante. Il mutamento della lingua araba incarnò completamente l'assimilazione del

mezzo tipografico nella regione, attraverso cui i giornalisti e i letterati furono costretti ad

abbandonare le modalità letterarie antiche adattandole ai nuovi criteri. L'ambito nel quale

l'arabo era meno preparato per questo compito era, per ovvie ragioni, quello scientifico e

quello tecnologico così i giornali, che si assunsero la responsabilità di far familiarizzare i

39 Per una discussione sulla relazione tra linguaggio e sfera politica nella storia islamica vediB.Lewis, A handbook of diplomatic and political Arabic, London, Luzac & Co, 1916.

20

propri lettori con i concetti scientifici40, necessitarono di una particolare intraprendenza e

ingegnosità per produrre una terminologia chiara e comprensibile. Tuttavia, anche negli

ambiti culturali, sociali e politici, di cui molti periodici avevano già trattato e per i quali

esisteva già un ampio vocabolario, la situazione risultò complessa. Sopraffatti dalla pluralità

dei nuovi ideali stranieri che spesso risultarono difformi (ma a volte anche conformi) con le

loro, gli arbitri del linguaggio cercarono di avvicinarsi a dei metodi efficaci per esprimerle.

Presero in prestito le parole straniere, forgiarono nuove espressioni, rivitalizzarono quelle

antiche ed alterarono i significati di altre. Ne risultò una considerevole ambiguità, e la stampa

andò incontro ad una fase di comunicazione fratturata tra scrittori e lettori41. A causa della

prossimità linguistica francese con il linguaggio arabo, quest'ultimo fu esposto alle influenze

ideali occidentali e molte espressioni francesi furono usate nel periodo del processo di

modernizzazione del linguaggio arabo. Essi presero in prestito termini stranieri come, ad

esempio, qumandān, qumisiyyun, bulīs (dal francese police, polizia), brins (dal francese

prince, principe), ǧandarma, suldāt (dal francese soldat, soldato).42

La misera capacità linguistica araba delle prime pubblicazioni portò alcuni scrittori ad

assumere una posizione purista e di rifiuto come quella che assunse lo scrittore e giornalista

egiziano al-Ṭahṭāwī43. Costui inizialmente ritenne inaccettabili i nuovi standard linguistici e

cercò di liberare la lingua dalle intrusioni derivanti dall'occidente sostituendole con

espressioni arabe appropriate che sarebbero risultate ugualmente effettive ed efficienti. Presto

però fu incluso in un gruppo di studenti inviato per volere di Muḥammad ʻAlī a Parigi (nel

1826) per approfondire le proprie conoscenze su un modello-Paese d'avanguardia in Europa e

studiò etica, filosofia sociale e politica, matematica e geometria. Egli fu sommerso dai nuovi

concetti e dai nuovi ideali tanto che fu inconsapevolmente costretto ad elaborare dei

40 Ad esempio la rivista scientifica Al-muqtataf (1876-1952), vedi Iqbāl, Muẓaffar, Science andIslam, Greenwood Publishing Group, 2007.

41 Per una discussione più ampia di questo processo vedi Ayalon, Ami, Language and Change in theArab Middle East: The Evolution of Modern Political Discourse, New York, Oxford UniversityPress, 1987. p. 206

42 ‘Abduh, Ta'rīḫ Al-Waqa'i. p.182 cit. Ayalon, Amy, The Press in the Arab Middle East: A HistoryNew York, Oxford University Press, 1995

43 (1801-1873) Fondò Al-Waqā’i‘ al-Miṣriyya, fu tra i primi studiosi egiziani a scrivere di culturaoccidentale, in uno sforzo di comprensione e di conciliazione fra il pensiero islamico e quellooccidentale. Fra le sue pubblicazioni: Takhlīṣ al-ibrīz ilā talhīs Bārīz (1834), scritto durante il suosoggiorno in Francia e Manāhiǧ al-albāb al-miṣriyya fī mabāhiǧ al-ādāb al-ʿaṣriyya (1869), sullesue concezioni circa la modernizzazione.

21

cambiamenti sotto la continua pressione della modernizzazione. Inevitabilmente, anche il suo

vocabolario incluse termini derivanti dal parlato vernacolare, termini stranieri, parole di

origine turca, insieme alle frasi che inventò ingegnosamente44. Nel 1835 fondò la Scuola di

Lingua ma i suoi allievi non sempre accettarono il suo contributo, spesso favorendo l'utilizzo

di espressioni antiche e meno affermate.

Altri letterati come Buṭrus e Salīm Al-Bustānī, Fāris Al-Šidyāq e Ibrahim al-Yāziǧī,

orgogliosi maestri del linguaggio e convinti delle sue capacità di regolare le nuove sfide, si

impegnarono nello sviluppo di un vocabolario arabo funzionale. La missione generò dibattiti e

controversie, la più famosa tra le quali fu quella tra Fāris Al-Šidyāq e Ibrahim Al-Yāziǧī sul

migliore modo di invigorire il linguaggio45. Inoltre, un ruolo molto importante nello sviluppo

del nuovo vocabolario fu svolto dagli emigranti libanesi in Europa nei primi anni '60; grazie

alla loro conoscenza degli affari europei, che occupò un posto di rilievo nella stampa araba, e

alla loro esperienza in una società in cui il giornale era ormai un prodotto popolare, diedero il

loro prezioso contributo ai nuovi sforzi culturali e linguistici arabi.

I giornali di questi primi anni offrirono un'abbondante testimonianza delle difficoltà

linguistiche a cui dovettero far fronte gli scrittori e i loro tentativi di superarle. La fluidità

terminologica fu una caratteristica di questa fase sperimentale, per cui un concetto avrebbe

potuto essere designato da una varietà di termini intercambiabili, a volte identici ma molte

altre volte solo parzialmente coincidenti nel significato. L'idea di conferenza internazionale,

ad esempio, una novità nell'esperienza araba, era riferita da uno stesso giornale in più modi

intercambiabili tra loro: ǧalsa (letteralmente una seduta), maǧlis (un posto seduto, una

sessione), ǧamʿiyya (una riunione o associazione) e muǧtamaʿ (assemblea). Lo stesso giornale

attribuì alle prime due parole due significati differenti: ǧalsa fu usata nel senso di “sessione di

una conferenza”, e maǧlis per descrivere il Parlamento inglese46. Inizialmente si utilizzò il

termine kunfirans (dal francese conférence), adattato poi, secondo le possibilità intrinseche

nel vocabolario arabo, con muʿtamar, un neologismo che apparve negli anni '70 e che fu

denotato come termine accettabile per rappresentare la nozione. Altri esempi significativi, in

riferimento all'assimilazione del vocabolario francese, sono l'utilizzo di ġazita da gazette o

44 Per gli esempi vedi Hamza, Adab al-Maqala, I, p.148

45 Ibyari; Yaziǧi; 'Abd al-Sayyid. Un breve esame delle maggiori controversie apparve anche in Al-Hilal, (1929) p. 305.

46 Ibrahim al-Yāziǧī, Hadiqat al-Akhbar,, 1858. pp.1-17 .

22

ǧurnal da journal47.

L'elasticità di significato, la comparsa e la scomparsa di termini, i prestiti, le derivazioni da

terminologie straniere e l'emergere di neologismi marcarono la fase transitoria a cui si era

sottoposto il linguaggio arabo. Sono riscontrabili altri segni tecnici di transizione particolari

adottati dai nuovi giornalisti come, ad esempio, la pratica comune di chiarire espressioni

sconosciute e poco familiari accostando tra parentesi dei termini meglio conosciuti. Si decise,

ad esempio, di riprodurre il termine “Camera dei Lords” con maǧlis al-a'yan (al-lurdiyya),

ossia, grossolanamente, “il consiglio degli eminenti (Lords)”48. I precedenti esempi riflettono

non tanto le difficoltà quanto una crisi virtuale di un linguaggio precedentemente ricco ma

successivamente divenuto inadeguato come mezzo di comunicazione. Tale crisi spinse gli

scrittori (giornalisti e non) a cercare delle soluzioni adeguate all'interno del proprio repertorio

linguistico per esprimere le nuove idee moderne. Ne derivò una situazione goffa e

confusionaria tra le nuove nozioni e ciò che era percepito o presentato dai vecchi termini

scelti come equivalenti. Ad esempio, spesso i giornali descrivevano gli stati-nazione europei

come milla (una comunità definita dalla sua religione)49, il Papa veniva così indicato con il

termine ḫalīfa (califfo) o šayḫ del Vaticano; oppure la cappella presente nella reggia di

Versailles come masǧid (moschea). Ovviamente, l'apposizione forzata di contesti irrilevanti

alle nuove idee avrebbe potuto annebbiare il senso di un testo divenendo difficilmente

propizio alla resa precisa del concetto. L'assenza temporanea di un vocabolario funzionale

impose un pesante fardello sulla stampa durante questa prima fase, danneggiando

inevitabilmente la sua assimilazione.

Con l'avvento del XX secolo, la stampa araba egiziana, così come quella europea, sembrò

emergere dal fondo della sua crisi linguistica. Diversi decenni di esperienza giornalistica e

un'intensa esplorazione delle possibilità linguistiche produssero il vocabolario elementare

necessario per una comunicazione fluida e ragionevole tra la stampa e il sempre più vasto

numero di lettori. I concetti politici, scientifici e sociali che mezzo secolo prima erano a

malapena conosciuti acquisirono dei nomi standard e furono discussi con una coerenza

47 Gli esempi sono contenuti in Ayalon, Ami, The Press in the Arab Middle East: A History, NewYork, Oxford University Press, 1995 p.187. facendo esplicito riferimento al giornale Al- Waqa'i'al-Misriyya, no. 110 (1830), pp. 3, 4

48 Ibidem, al-Qāhira al-Hurra, (1887), p. 1.

49 Dal giornale Wadi al-Nil, 23 April 1869, p. 16; molti esempi sono riscontrabili in Ayalon, Ami,Language and Change in the Arab Middle East: The Evolution of Modern Political Discourse,New York, Oxford University Press, 1987. p. 206.

23

notevolmente maggiore; molte idee estranee al mondo arabo divennero più familiari e diminuì

il bisogno di interpretarle. Si assistette, quindi, ad un'evoluzione ma non ad una completa

trasformazione del linguaggio, né tanto meno furono definitivamente rimossi gli ostacoli

relativi all'esigenza di chiarezza e accuratezza di designazione.

24

I metodi linguistici adottati per l'espansione lessicale

2.1 La riforma del lessico

Il linguaggio arabo può essere definito come una linguaggio privilegiato, esso è sopravvissuto

ad un millennio e mezzo essenzialmente immutato, nacque in un perfetto stato di bellezza

preservata nonostante tutti i rischi e i pericoli storici e nonostante le forze corrosive del

tempo. Esso ha conosciuto i suoi periodi gotici, rinascimentali e barocchi, ha conosciuto

l'austerità, l'estasi e la sensualità, la fioritura e la decadenza; esuberante nei momenti di

splendore, in pseudo-ibernazione nei momenti di avversità. Il fatto che l'arabo sia

sopravvissuto e che abbia ancora la vitalità necessaria per germogliare di nuovo è dovuto a dei

fattori religiosi e sociali, ma l'abilità maggiore di espansione e la capacità migliore di

raggiungere la perfezione e di mantenere le sue caratteristiche essenziali è merito

esclusivamente del linguaggio1.

L'espansione lessicale per le terminologie tecniche e politiche avvenne in un periodo che è

possibile identificare come parallelo a quello in cui la lingua araba incorporò un vocabolario

completamente nuovo con opere di traduzione dei trattati medici, logici e filosofici greci che

richiesero l'invenzione di molte nuove parole. I primi passi della cultura scientifica furono

mossi infatti nella seconda metà del VII secolo a Damasco, sotto gli ultimi Omayyadi2 per

svilupparsi poi a Baġdād con i primi Abbasidi3. Essi, in particolare, furono convinti sostenitori

dell'opportunità di far proprio il pensiero delle culture assoggettate (per molti versi assai più

progredite del relativamente povero mondo arabo), che si trattasse di cultura greca, copta,

ebraica, persiana, indiana e persino cinese. I primi indispensabili passi furono perciò quelli di

stimolare e proteggere l'attività di traduzione, volgendo in lingua araba opere classiche

dell'antichità. Esse contribuirono alla nascita di una cultura araba “classica”4 fungendo da

volano per il successivo lavoro di ricerca degli studiosi musulmani; inoltre, furono di

importante ausilio anche per il più tardo rinascimento europeo, che senza l'opera dei traduttori

1 Stetkevych, Jaroslav, The modern Arabic literary language: Lexical and Stylistic Developments,London, Cambridge University Press, 1970. pp.1-2

2 Dinastia di califfi arabi, che governarono l'impero musulmano dal 661 al 750 d.C.

3 Dinastia musulmana di califfi (750-1258), la più duratura del mondo medievale islamico. I cinquesecoli di dinastia Abbaside coincidono con la maggior fioritura della civiltà arabo-musulmana.

4 Alcune opere alessandrine di matematica, geometria, astronomia o di meccanica (come il libro deicongegni pneumatici di Filone di Bisanzio).

25

arabi non avrebbero potuto conoscere tanti testi legati alla sapienza antica, quasi del tutto

perduta.

Una maggiore differenza tra il periodo classico e quello moderno è rappresentata da un

diverso grado di uniformità. Inizialmente, i traduttori del periodo classico erano liberi di

creare la propria terminologia ma, con l'istituzione dell'accademia dei traduttori da parte di Al-

Maʾmūn5 , quella concernente le discipline greche come la medicina, la filosofia e la logica

divenne sempre più uniforme. Il più importante gruppo di traduttori al quale resta legato il

destino del sapere greco nel mondo musulmano, è quello connesso alla figura di Ḥunayn ibn

’Isḥāq6. Proveniente da una famiglia di nestoriani7 di origine siriaca, Ḥunayn ibn ’Isḥāq e i

suoi discepoli lavoravano “a più mani”: non tutti infatti conoscevano il greco alla perfezione

come Ḥunayn, che in gioventù aveva soggiornato anche alla scuola di medicina di Alessandria

e vi aveva studiato, in originale, i trattati di Galeno e Ippocrate; ma tutti conoscevano il

siriaco e l’arabo. Ecco quindi il lavoro d’équipe; uno tra loro traduceva, ad esempio, dal greco

in siriaco e un altro dal siriaco all’arabo. La separazione dell'operato era dovuta alla differente

destinazione di tali versioni: quelle in arabo per i califfi e gli altri dignitari musulmani, quelle

in siriaco per docenti e studiosi cristiani. Ḥunayn ibn ’Isḥāq e la sua scuola furono prodigiosi:

Ḥunayn soprattutto, del quale si contano oltre duecento opere scientifiche tradotte in arabo e/o

in siriaco, era sì esperto di medicina e medico lui stesso, ma seppe agevolmente passare con

pari maestria ad altri campi della scienza8.

Gli arabi, sebbene eredi di una civiltà orgogliosa e coerente che raggiunse il suo massimo

splendore nel periodo dell'Alto Medioevo europeo, con un impero che si estendeva dalla

Francia sino alla Cina, giunsero esausti dalle enormi attività intraprese e impoveriti dalla

dispersione fisica delle loro risorse. Per queste ragioni caddero sotto il dominio dei turchi, dei

5 Nel 830 d.C. il califfo fondò "la Casa della Saggezza" a Baġdād dove i letterati musulmanitraducevano in arabo opere scientifiche greche e, in particolare opere di medicina di Galeno, esuccessivamente opere di matematica, astronomia di Euclide, Tolomeo e Archimede, libri difilosofia di Platone, Aristotele e di scrittori persiani.

6 (808-873) Tradusse le Categorie, la Fisica e i Magna Moralia di Aristotele; la Repubblica, ilTimeo, le Leggi di Platone; gli Aforismi di Ippocrate, il Tetrabiblos di Tolomeo e l'AnticoTestamento.

7 Seguaci della dottrina di Nestorio (381-451), teologo siriano sostenitore dell'identità di natura epersona e dell'immutabilità di Dio per cui se Dio è immutabile, la sostanza umana e la sostanzadivina non possono fondersi; se a ogni sostanza deve corrispondere una persona, allora in Dio visono due persone distinte, una divina e una umana, con un'attività comune.

8 De Lacy, O'Leary, How Greek science passed to the Arabs, London, Routledge and Kegan Paul,

1948.

26

mongoli, dei berberi e dei persiani, crollando in un lungo “sonno” dalla fine del XIII fino al

XIX secolo. Durante questo periodo gli arabi non parteciparono in modo significativo alla vita

culturale, economica e politica mondiale, né tanto meno a quella Medio Orientale.

Essi furono bruscamente risvegliati da questo lungo “sonno” dalla spedizione napoleonica

del 1798, sopraffatti militarmente e in seguito, per tutta la durata del XIX secolo, dalla

violenta ondata di innovazione che questa spedizione portò con sé. Gli effetti del brusco

arrivo europeo nel territorio arabo-musulmano portò gli stessi arabi ad abbandonare i propri

vecchi stili di vita sotto l'impatto dell'occidente9. La nuova ondata di modernità provocò dei

cambiamenti significativi dal punto di vista politico, culturale ed economico tanto che,

all'inizio del XIX secolo, le Accademie arabe assunsero un ruolo centrale nel processo di

modernizzazione del linguaggio. Sul modello delle grandi accademie di lingua d'Europa, sia

l'Accademia di Damasco sia quella del Cairo vennero fondate facendo riferimento esplicito a

L'Académie Française 10, il loro scopo era quello di perfezionare il ruolo dell'arabo nel mondo

moderno, divenuto luogo comune durante la Nahḍa. Questo secolo è testimone delle attività

dei riformatori linguistici come Fāris al-Šidyāq (1804-87) e Buṭrus al-Bustānī (1819-83) i

quali diedero un importante impulso alla modernizzazione, ormai necessaria, del lessico

arabo. Al-Bustānī pubblicò il primo dizionario di arabo su larga scala e, prendendo in prestito

lessemi dai dizionari classici, puntò all'incorporazione di tutte le nuove ed eccitanti idee in

vesti arabe11. Sin dal principio, lo scopo dell'Accademia di Damasco era duplice: da una parte,

proteggere l'integrità del linguaggio arabo e preservarlo dalle influenze dialettali e straniere;

dall'altra, di adattare la lingua araba alle necessità dei tempi moderni. L'Arabizzazione è stata

la principale missione di questa Accademia dopo il lungo periodo di dominazione ottomana e

l'uso dell'ottomano-turco in grandi parti del mondo arabo. La principale funzione

dell'Accademia Cairota fu la creazione di una nuova terminologia, la riforma della

grammatica e della scrittura araba12.

Questo secolo rappresentò un periodo a partire dal quale gli scrittori arabi dovettero far

9 Stetkevych, Jaroslav, The modern Arabic literary language: Lexical and Stylistic Developments,London, Cambridge University Press, 1970. pp.xiii-xiv.

10 Fondata nel 1635 a cui venne conferito il compito di vigilare sulla lingua francese affinché vifossero regole certe che la rendessero pura, eloquente e capace di trattare sia le arti che le scienze(Art.XXIV degli statuti).

11 Al-Bustānī, Buṭrus, Muḥiṭ-al-Muḥiṭ, Vol.1, Beirut, Maktabat Lubnan, 1867.

12 Versteegh, Kees, Landmarks in Linguistic Thought III. The Arabic Linguistic Tradition, London &New York, Routledge, 1997.

27

fronte alle difficoltà relative all'utilizzo di termini occidentali in accordo con dei nuovi temi;

molti di loro cercarono una via araba efficace per esprimere i nuovi termini tecnici, altri si

dedicarono all'ambito scientifico, politico e sociale. Per più di quaranta anni l'Accademia

araba fu incaricata di far fronte al compito di rimodellare l'antica struttura linguistica araba al

fine di riadattarla all'uso moderno. Da quel momento molte parole vennero create con la

stessa velocità con cui venivano lasciate nel dimenticatoio tanto che gli accademici (e non)

dovettero limitare numero di tali parole regolamentando la loro nascita e il loro uso da parte

non solo degli studiosi e dei dotti ma anche della popolazione13.

Nell'affrontare l'influsso di nozioni occidentali nel linguaggio arabo vi furono delle

divergenze: nel momento in cui i pensatori politici differivano a proposito dell'Islam, della

civiltà islamica e della sua relazione con la cultura occidentale, i riformatori linguisti si

suddivisero tra coloro che credevano che il lessico arabo in sé fosse sufficiente per esprimere

qualsiasi necessità e tra coloro che difendevano fortemente l'adozione di parole occidentali e

la revisione completa del lessico arabo. L'approccio più attento dei moderati assomigliava a

quello dei pensatori politici, secondo cui la lingua araba in sé era sì la lingua perfetta ma i

parlanti avevano iniziato a corromperla; ciò che era necessario era un ritorno alla purezza del

linguaggio classico.

All'inizio del XIX secolo Il problema più urgente della riforma della lingua era legato

all'espansione del lessico. Oltre al confronto con le ideologie politiche14 europee, le province

arabe erano costrette a confrontarsi con un'ondata di nuove nozioni tecniche e oggetti i cui

nomi dovevano essere inventati. L'ampliamento lessicale fu intrapreso simultaneamente in

molti luoghi diversi, ogni paese intraprese la propria strada verso la modernizzazione e

neppure le Accademie furono in grado di unificare le terminologie “nazionali”.

Ciò che più accomuna i lavori svolti dai traduttori islamici nei vari secoli è rappresentato

dalla volontà di questi di trovare dei metodi efficaci per svolgere un lavoro attendibile e

quanto più veritiero nella diffusione delle arti e delle scienze provenienti dal mondo

occidentale. I traduttori e i linguisti elaborarono una serie di metodologie atte ad accogliere i

nuovi ideali e i nuovi concetti in continua evoluzione ed espansione derivanti, in particolare,

dalle nazioni europee. I sistemi ideati dai linguisti ed applicati dai traduttori arabi

necessitavano di una regolamentazione; in questo secolo di modernizzazione e di

rinnovamento i parlanti arabi si resero conto della mancanza delle tecniche e degli strumenti

13 Ibidem, The modern Arabic literary language, p.xi.

14 Fortemente scioccante l'arrivo dell'idea di “Nazione”. Vedi capitolo 1.

28

necessari per la formazione di termini appropriati in grado di riflettere l'ondata di modernità.

Grazie alla spedizione napoleonica del 1798 il Medio Oriente si rese conto delle disparità di

potere, ma anche di quelle economiche e sociali, rispetto all'Europa. In un certo senso, la

storia del XIX secolo potrebbe essere vista come un approfondimento della comprensione

delle ragioni relative ai continui fallimenti dell'individuo medio orientale di fronte alle

potenze occidentali. A causa dell'ormai palese sbilanciamento di potere, la reazione arabo-

islamica avvenne, in primo luogo, in termini religiosi per cui grazie agli stimoli occidentali ci

fu un interesse rinnovato per la religione15. Allo stesso modo, anche il linguaggio, arrivato ai

credenti direttamente da Dio attraverso il Corano, era visto come il nucleo della cultura, non

come una forma d'arte bensì come la forma d'arte degli arabi per eccellenza. Essi cercarono di

far fronte alla penetrazione occidentale attraverso la riaffermazione dell'unicità e della

perfezione del proprio linguaggio e perciò attraverso la sua rivitalizzazione. L'arrivo di forme,

usanze, beni e servizi occidentali sembrò caricare una spinta linguistica differente. Il

linguaggio risultò così biforcato: quello letterario fu ristretto alla sola cerchia degli individui

colti, mentre invece tutti coloro la cui educazione era orientata verso l'occidente e la

popolazione in generale si mossero a favore di uno sviluppo di forme linguistiche più adatte

alle necessità del momento.

2.2 I metodi di espansione lessicale

Per far fronte alla modernizzazione del linguaggio arabo letterario i linguisti decisero di

adottare dei metodi in grado di far fronte ad una espansione del lessico arabo. I seguenti criteri

possono essere distinti per la creazione di un nuovo vocabolo:

• Il metodo analogico della derivazione;

• La formazione di parole composte;

• L'assimilazione di parole straniere;

Tali metodologie non rappresentano fasi successive nella creazione di nuovi vocaboli, bensì

sono modi differenti di affrontare l'introduzione di nuove nozioni in una civiltà. Il metodo

analogico di derivazione è fondamentale per l'arricchimento lessicale all'interno della rigorosa

struttura della morfologia araba classica. La composizione e l'assimilazione di parole straniere

riflettono anch'esse la preoccupazione teoretica dei linguisti relativa alla questione lessicale.

15 Ibidem, p. xix. La cultura musulmana vista come supra-religiosa, per cui la religione rappresentavail cuore della cultura.

29

Infine, l'assimilazione di espressioni straniere è in stretta relazione con il concetto di

adattamento morfologico e fonologico e di semplificazione grammaticale, veri e propri

esempi di sviluppo stilistico e lessicale. La scelta attuale di una parola dipende da numerosi

fattori, come la natura della nozione da tradurre e le circostanze culturali e politiche in cui ciò

avviene.

2.2.1 Il metodo analogico di derivazione (al-qiyās)

Nel primo secolo islamico, l'astratta idea per cui la struttura della lingua araba fosse

paragonata ad una formula matematica iniziò a prendere forma nelle menti di uomini come

ʿAbū al-ʿAswad al-Duʿalī16, grazie al quale nacque la scienza della grammatica araba17. Il

processo di arabizzazione delle popolazioni entrate a far parte del dominio arabo-islamico

durante le prime futuḥāt registrò la comparsa di variazioni fonetiche e morfosintattiche

riconducibili alle lingue di “sostrato”18. Versteegh19 sottolineò come la tradizione araba abbia

preservato la memoria di tale processo attraverso l'elaborazione di numerosi aneddoti sulla

nascita della scienza linguistica: uno di questi racconta che il califfo ʿAlī incaricò ʿAbū al-

ʿAswad al-Duʿalī (m. 688) di redigere un testo grammaticale affinché i neofiti20 potessero

esprimersi e recitare il Testo Sacro senza commettere errori.

Inizialmente si trattava di una scienza empirica: un'osservazione conduceva ad un'altra,

rivelando caratteristiche e norme comuni che furono, di conseguenza, il prodotto di

somiglianze o analogie. Sebbene, inizialmente, l'analogia non acquisì una forma indipendente

di esistenza come criterio, la sua validità iniziò ad essere enfatizzata dagli studiosi, dai

16 Prima dell'Egira, Bassora, 680. Poeta e grammatico arabo.

17 Henri Fleisch (orientalista francese, 1904-1985) in realtà rigettò il ruolo di al-Duʿalī come ilcreatore della grammatica araba.(Vedi “traité de “traité de philologie arabe” (Beirut, 1961), pp.1-27). Egli, invece, avanzò la tesi per cui la nascita della grammatica araba potesse risalire ad ʿAbd

al-Lāh ibn ’Isḥāq (117 d.C.), il primo modello di riferimento di Sībawayhi ( considerato pionieredella grammatica e della linguistica araba, autore di un solo testo, databile verso la fine del secoloII/VIII, rimasto senza titolo e conosciuto col nome di Kitāb Sībawayhi -Il libro di Sībawayhi-). Uncapitolo su chi sia awwal man waḍaʿa al-naḥw -il primo a istituire la grammatica araba- è semprepresente nei vari trattati, fino ad Al-Suyūṭi (Muzhir; m.911/1505).

18 Lingua originaria di un territorio, soppiantata da un'altra lingua, alla quale ha trasmesso tratticaratteristici.

19 Versteegh, Kees, Landmarks in Linguistic Thought III. The Arabic Linguistic Tradition, London &New York, Routledge, 1997. p.111.

20 Fedeli di recente convertiti ad una nuova religione, in questo caso, l'Islam.

30

linguisti e dai traduttori arabi. Grazie al lavoro svolto dai grammatici di Baṣra21 l'attitudine

empirica riscontrò numerosi progressi tanto che l'analogia fu trasformata in regola vincolante,

abbastanza potente non solo da poter spiegare, ma anche in grado di correggere e configurare

un nuovo sistema linguistico arabo22.

Le scienze elleniche vennero introdotte nell'arabo nel primo periodo Abbaside, la lingua e

la grammatica erano già nel pieno del loro sviluppo e il principio vitale del qiyās, che

permetteva possibili derivazioni (attraverso il metodo dell'ištiqāq) e la creazione di nuove

forme composte (naḥt), così come permetteva l'arabizzazione in accordo con lo spirito del

linguaggio arabo (taʿrīb), era nel pieno del suo vigore, permettendo l'effettiva creazione di

una terminologia capace di assimilare le nuove scienze e i nuovi concetti derivanti dal mondo

ellenico23. Il più importante esponente della causa della modernizzazione del lessico arabo e

del principio analogico fu senz'altro ʿAbd al-Qādir Al-Maġribī secondo cui il linguaggio

rappresentava un prodotto derivante dalle necessità comunicative dell'essere umano24. Al-

Maġribī vedeva la lingua come un organismo sociologico la cui crescita ed evoluzione sono

analoghi a quelli di un popolo o di una nazione. Nel caso arabo, la nazione si sviluppò

attraverso il naturale aumento della popolazione autoctona all'interno dei gruppi etnici e arabi,

e attraverso l'assimilazione di elementi non arabi. Allo stesso modo, il linguaggio emerse,

crebbe e avrebbe potuto continuare a crescere sia attraverso la derivazione di parole da radici

arabe (ištiqāq) che attraverso l'assimilazione di vocaboli stranieri (taʿrīb).

Anche coloro che solitamente ammettevano prestiti stranieri concessero la soluzione più

elegante di sostituire parole straniere con parole arabe “pure”; in questo contesto, la struttura

del linguaggio rappresentava un fattore rilevante. In arabo, la possibilità di utilizzare dei nomi

composti era estremamente limitata, ma il linguaggio aveva a sua disposizione uno strumento

fondamentale ed efficace per la formazione di nuove parole: il cosiddetto qiyās (analogia).

Esso consisteva nell'applicare modelli morfologici a gruppi di radicali esistenti o prestiti e, di

fatto, le radici esistenti venivano utilizzate a questo scopo.

21 Mounin, Georges, Storia della linguistica: dalle origini al XX secolo, Parigi, Presses Universitaires

de France, 1967.

22 Ibidem,p.3

23 Wright, W., A grammar of the Arabic language, Cambridge, Cambridge University Press, 1995.

24 ʿAbd al-Qādir al-Maġribī, Al-ištiqāq. pp.6-7.

31

2.2.2 La derivazione da radici originariamente arabe (al-ištiqāq)

Con il termine ištiqāq si fa riferimento alla relazione tra due parole qualsiasi diverse l'una

dall'altra per forma o significato, dove un termine è dedotto dall'altro, ed entrambi derivano

dalla stessa radice25. Questa definizione condusse i linguisti arabi all'idea che tutte le parole

avrebbero dovuto presentare una certa origine di derivazione dalla quale tutte i termini arabi

potessero essere dedotti. Anche Ğurğānī26 definì il significato relativo al concetto di

derivazione asserendo:

“Derivare, è far risalire un'espressione da un'altra, dato che entrambe sono in rapporto

l'una con l'altra sul piano semantico e della combinazione [consonantica], ma differenti

l'una dall'altra in ciò che riguarda la forma. […]”

La derivazione da radici esistenti arabe è sempre stata considerata la modalità più naturale

di crescita del linguaggio, proprio per questo motivo esso fu soprannominato il linguaggio

dell'ištiqāq, grazie alla sua capacità di crescere e di espandersi direttamente dalla propria

essenza che, a sua volta, gli ha donato la sua rara omogeneità27. Derivare non significa trarre

una parola da una radice, ma una parola da un'altra; pertanto i grammatici arabi non

ignorarono né la radice né la forma dei termini arabi. Se nella definizione di Ğurğānī, la forma

è espressa attraverso il termine ṣīġa che ne è il corrispondente esatto, ciò non avviene per la

radice, chiamata in questo caso tarkīb, ossia «combinazione[di consonanti]». I grammatici

ignorarono più quest'ultima accezione che è quella che permetterebbe di distinguere i tre

livelli di derivazione: «piccola» (ṣaġīr) «grande» (kabīr) e «superiore» (’akbar), che lo stesso

Ğurğānī28 definì come segue:

“La piccola (o semplice) derivazione, rappresenta il fatto che tra le due espressioni vi

sia una corrispondenza reciproca in ciò che riguarda le consonanti ed il loro ordine,

cosicché ḍaraba (colpire) deriva da al-ḍarb (colpo)”(al-’ištiqāq al-ṣaġīr wa huwa ’an

yakūna bayna l-lafẓayn tanāsub fī l-ḥurūf wa-tartīb naḥw ḍaraba minal-ḍarb).29

25 https://www.academia.edu/4240879/Shaimaa_El_Sadek_MA p.25

26 Ğurğānī, Ta‘rīfāt, Kitāb al-ta‘rīfāt, Ed. Gustav Flügel, Leipzig, Vogel, 1845 (ristampa Beirut,Librairie du Liban, 1978). p.27

27 Ibidem, p.7. Tale omogeneità rappresenta l'orgoglio degli scrittori e dei filologi che hanno sempreoperato per la sua difesa e protezione.

28 Ibidem, p.28

29 Stetkevich annota, inoltre, che essa rappresenta un metodo attraverso cui le consonanti radicaliverbali non vengono cambiate in nessun modo ma, al contrario, a partire da (e intorno a) essevengono elaborati e costruiti nuovi termini. Es. la declinazione semplice: faʿla-yaʿfalu-fāʿilun-mafʿūlun.

32

“La grande derivazione, rappresenta il fatto che tra le due espressioni vi sia una

corrispondenza reciproca, formalmente e dal punto di vista semantico, ma non

nell'ordine [delle consonanti].”(al-’ištiqāq al-kabīr wa-huwa ’an yakūna bayna l-

lafẓayn tanāsub fī l-ḥurūf wa-l-ma‘nā dūna l-tartīb)30.

“La derivazione superiore, rappresenta il fatto che tra le due espressioni vi sia una

corrispondenza reciproca per ciò che riguarda il punto di articolazione e dal punto di

vista semantico, cosicché na'aqa [lanciare un grido] è tratto da nahq [grido

d'animale].” (al-’ištiqāq al-’akbar wa-huwa ’an yakūna bayna l-lafẓayn tanāsub fī l-

maḫrağ wa-l-ma‘nā dūna l-tartīb naḥw na‘aqa min al-nahq).

L' ištiqāq è definibile anche come il processo di derivazione di una parola (appartenente a

qualsiasi classe) da un'altra, dove la derivazione coinvolge entrambi i termini in forma e

significato. Questo è il senso inteso nel VIII secolo dal linguista Asma‘i (740-828)31 per cui la

derivazione rappresenta semplicemente qualsiasi relazione tra due parole (appartenenti a

qualsiasi classe) basati sulla stessa radice, in cui una delle due può dirsi essere basata (e

quindi derivata) dall'altra. Questa visione è riscontrabile anche nella concezione linguistica di

'Uṯmān ibn Ǧinnī32 il quale notò degli esempi in cui i nomi erano derivati da verbi e particelle,

e verbi da particelle.

ruğū’ “ritorno” ← rağa’ “ritornare”

lawlā “se solo x accadesse” ← law “se”+ lā “non”

sawwafa “rimandare” ← sawfa particella del futuro33

Ciò che più interessa relativamente allo sviluppo e all'arricchimento della lingua araba è

l'atteggiamento dei linguisti di fronte all'arrivo di neologismi occidentali; a questo proposito è

necessario fare riferimento al metodo analogico di derivazione relativo ai qawālib (modelli)

30 Versteegh, Kees, Landmarks in Linguistic Thought III. The Arabic Linguistic Tradition, London &New York, Routledge, 1997 esplicita tale fenomeno attraverso l'efficace esempio dei radicali K-L-M che nelle loro permutazioni differenti producono delle parole con la carica semantica di “forza,intensità”, es. kalm “ferita” (perché risultato della forza), kalām “parole-discorso”(perché causa dimali e di violenza).

31 Scrisse “Kitābu 'Ištiqaqi al-'Asami”(“libro sulla derivazione dei nomi”), uno dei primi libri digrammatica araba esistenti dopo Sībawayhi.

32 Ibn Ğinnī 'Uṯmān, Al-Khaṣā'iṣ, Beirut, Dār al-Hudá lil-Ṭibāʻah wa-al-Nashr, 1952. pp.33-35

33 Owens, Jonathan, The foundations of grammar, an introduction to medieval arabic grammatical

theory, Amsterdam, J. Benjamins Pub. Co, 1988.

33

linguistici pre-esistenti. Perciò, un termine come mağmaʿ (dal modello designante una

località34) che in origine significava un “luogo di riunione”, grazie al processo linguistico di

estensione semantica assunse il significato di “accademia”35. Nel lavoro di rivitalizzazione e

arricchimento del lessico arabo i linguisti si conformarono nell'adempimento a dei principi

linguistici concordanti con l'ambito relativo all'ištiqāq, alle sue funzioni e alla loro

realizzazione. Per tale motivo i principi guida che i linguisti arabi seguirono prevedevano:

• il processo di derivazione attraverso l'attualizzazione delle radici già esistenti;

• una derivazione attraverso l'adattamento dei vocaboli antichi ai nuovi significati,

attraverso un'estensione semantica figurativa oppure attraverso la rivitalizzazione

del vocabolario arcaico a cui sarebbero state donati dei significati moderni;

• la creazione di neologismi attraverso la traduzione di termini stranieri (al-ištiqāq bi

al-tarǧama) o attraverso delle parafrasi descrittive (al-ištiqāq al-maʿnawī).36.

Questi generi di metodologie sono state, sono e saranno applicate sia separatamente che in

concomitanza tra loro al fine di una buona riuscita lessicale atta all'arricchimento e alla

modernizzazione del lessico arabo. Tali criteri possono essere rivelati attraverso degli esempi

concreti:

• Il termine moderno miṣʿad (ascensore) può essere ritenuto come un semplice derivato

della sua radice verbale ṣaʿada (salire), sebbene esista tuttora il derivato affine

classico miṣʿad (uno strumento-un cerchio-per salire sulle palme)37.

• Il termine ḥarrāqa (siluro) rappresenta un'estensione semantica del “brulotto”

medioevale38 .

• Il termine ṯawra (rivoluzione) è un caso di estensione semantica dal significato

classico di “agitazione”. I primi traduttori del XIX secolo erano soliti ad utilizzare la V

forma taġayyur. Il dizionario di Bocthor suggerisce altre forme maṣdar derivabili

facilmente come: taġyīr, taqallub, inqilāb e qawma; proprio da quest'ultima forma

34 Modello: mafʿal, mafʿil, mafʿalah

35 El Shakry, Omnia, The great social laboratory: subjects of knowledge in colonial and postcolonial Egypt, Redwood, Stanford University Press, 2007.

36 Stetkevych, Jaroslav, The modern Arabic literary language: Lexical and Stylistic Developments,London, Cambridge University Press, 1970. pp.18-22

37 Traini, Renato, Vocabolario Arabo-Italiano, Roma, Istituto per l'Oriente, 1993.

38 Questo neologismo apparve per la prima volta nel 1892 appena subito dopo l'invenzione del

dispositivo. Vedi al-Ǧundī, Al-ʿArabīyah bayna ḥumātihā wa Khusumihā, pp.52-53

34

Bochtor39 derivò l'aggettivo e il sostantivo aggetivale qawmī (rivoluzionario).40

• Relativamente ai termini ottenuti per derivazione metaforica da significati antichi è

fondamentale l'esempio del sostantivo ǧarīda (giornale): questo termine, reso corrente

da Fāris al-Šidyāq (1805-1877) rappresenta una derivazione metaforica dall'antico

significato di “ramo di palma spoglio” utilizzato per le iscrizioni41

• Le traduzioni massicce e la proliferazione del giornalismo nel XIX secolo

influenzarono significativamente il linguaggio arabo moderno, il quale fu costretto a

far fronte all'inondazione di neologismi occidentali attraverso la formazione di termini

composti tradotti sotto forma di traduzioni (al-ištiqāq bi al-tarǧama) o parafrasi

descrittive (al-ištiqāq al-maʿnawī). Un esempio concreto di tali scelte è

rappresentabile dagli esempi dei termini: “camera dei deputati” reso attraverso la

traduzione “dīwān rusul al-ʿamālāt”42; “stazione di polizia” reso dalla forma

composta parafrasale “markaz al-šurṭa”43.

• Infine, per quanto riguarda il processo di derivazione di neologismi verbali, essi

appaiono in minore quantità rispetto ai neologismi nominali e aggettivali; di

conseguenza, sono riscontrabili nelle forme verbali derivate oppure come estensioni

semantiche di antichi significati verbali preesistenti. Molti derivati verbali possono

essere ottenuti da nomi concreti attraverso una derivazione primaria: es. kahraba

“elettrificare” dal sostantivo kahrabā’ “elettricità” oppure grazie ad una derivazione

secondaria: es. tamarkaza “concentrare” dal sostantivo markaz “centro”. Un esempio

conclusivo di estensione semantica verbale può essere reso prendendo in

considerazione il verbo ʿaḍraba che, pur mantenendo il significato originale di

“lasciare”/”abbandonare”, ha assunto anche il significato di “scioperare”44.

39 Bocthor, Ellious, Dictionnaire français-arabe, Parigi, Firmin-Didot, 1869. p.271

40 Ibidem Stetkevych; pp.27

41 Murūwah, ʿadīb, Ṣiḥāfa al-ʿarabīya. Našʾatuhā wa-taṭawwuruhā, Beirut, 1961. p.14

42 Di Rifā'ah Rāf'i al-Ṭahṭāwī; (1801–1873) contenuto nell'opera di Šayyāl, Ğamāl al-Dīn (1951):Ta'riḫ al-tarǧama. Cairo. p.214

43 Traini, Renato, Vocabolario Arabo-Italiano, Roma, Istituto per l'Oriente, 1993.44 Maggiori esempi in Maǧallat al-maǧma' al-'ilmī al-'Arabī 39, no.3 (Damasco: Luglio 1964):

502

35

2.2.3 La formazione di parole composte (al-naḥt)

La metodologia utilizzata dai linguistici arabi per la formazione di parole composte, meglio

nota come al naḥt, prevede una forma di creazione lessicale completamente differente. Si

tratta di un lavoro di scultura delle parole, attraverso la formazione di una singola parola in

due parole differenti, altrimenti non correlate tra loro, convenientemente accorciate. Un

esempio di formazione di una parola composta che renda l'idea di un genere misto tra il teatro

(masraḥ) e il romanzo (riwāya) può essere espresso dal termine al-masriwāya45.

Nella metodologia naḥt, così come nell'ištiqāq, il principio di analogia con modelli arabi

originali può essere legittimamente applicato, assicurando in tal modo la continuità delle

caratteristiche essenziali del linguaggio arabo. ʿAbd al-Qādir al-Maġribī46 considerava la

metodologia naḥt come una variante dell'ištiqāq. Egli la suddivise in quattro classi differenti:

1. al-naḥt al-fiʿlī (verbale)

2. al-naḥt al-waṣfī (aggettivale)

3. al-naḥt al-ismī (nominale)

1) al-naḥt al-fiʿlī consiste nella formazione di un verbo multiradicale (con più di tre

radici) derivante da un gruppo di parole rappresentativo di una frase nominale o

verbale. Al-Maġribī propone come esempio il verbo samʿala rappresentativo di al-

salāmu ʿalaykum e basmala per indicare "in nome di Dio" ( bi-smi llahi ).

2) al-naḥt al-waṣfī consiste nella formazione di aggettivi (generalmente con un

significato enfatico) derivante da due parole che si completano a vicenda, fornendo in

tal modo la connotazione desiderata o l'enfasi. Al-Maġribī asserì che l'aggettivo ḍibaṭr

(saldo, forte, un leone agile nei suoi movimenti) fosse composto da ḍabaṭa (difendere,

resistere) e ḍabara (saltare). Allo stesso modo ṣildim (forte colpo di zoccolo) è

composto da ṣalada (essere duro) e ṣadama (colpire).

3) al-naḥt al-ismī è la formazione di un nuovo nome derivante da due parole

complementari; è l'esempio di ǧulmūd (roccia) composto da ǧaluda (divenire forte,

duro) e ǧamada (congelare, divenire solido); dall'influenza europea venne generato il

termine raʿsmāliyya (capitalismo).

Ciò che è possibile dedurre da quanto offertoci da Al-Maġribī è che, in realtà, tale

45 Tawfiq al-ḥakīm definirebbe così il suo libro intitolato Bank al-Qalaq (Cairo, 1966).

46 ʿAbd al-Qādir al-Maġribī, Al-ištiqāq. pp.13-16.

36

metodologia non introduce alcun nuovo elemento esterno alla lingua araba, piuttosto si tratta

di una sistematizzazione del materiale tradizionale intrinseco ad essa attraverso la

composizione e la mescolanza di termini appartenenti al vocabolario arabo. Un'altra questione

analizzabile nello studio della formazione di parole composte è quella relativa all'uso dei

significati intrinsechi nei prefissi arabi47; per cui, la particella negativa lā, usata come prefisso,

può rendere possibile la creazione di termini come lāǧtimāʾī (asociale), lāʾḫlāqī (amorale), al-

lātanāhi (l'infinito), al-lāzamān (assenza di tempo); allo stesso modo qabla (prima), se usato

come prefisso, può rendere tutti quei termini indicanti anteriorità. In tal modo è possibile

ottenere, ad esempio, qabtaʾrīḫ (preistoria) e qabbulūġ (pre-pubertà). Un discorso analogo è

possibile per ġibba, per la formazione di parole che hanno un senso di posteriorità come

ġibmadrasī (post-scolastico) e ġibbulūġ (post-pubertà)48. Dal prefisso taḥta ne è derivato, ad

esempio, l'aggettivo taḥbaḥrī (subacqueo). L'utilizzo di questa metodologia ha reso possibile

l'arricchimento, ma anche la semplificazione, del vocabolario arabo moderno; allo stesso

tempo, però, è necessario notare come in realtà alcune tra queste neo-formazioni

rappresentino una caratteristica tipica delle lingue europee che attraverso la loro influenza nel

corso dei secoli hanno reso possibili tali costruzioni.

Secondo l'Accademia del Cairo il metodo naḥt era ammissibile solamente per il linguaggio

scientifico, e i termini risultanti dovevano essere trasparenti: da qui ne derivarono parole

come faḥmaʿyyāt (carboidrati) (da faḥm, carbone + maʿ, acqua). L'atteggiamento

dell'Accademia nei confronti delle parole composte risultò piuttosto conservativo e la maggior

parte delle proposte fu ritenuta contraria allo spirito della lingua araba. In realtà questa

posizione fu superata e, grazie al lavoro svolto dai linguisti ma anche dagli stessi letterati

arabi, furono presi in esame anche termini comuni (gli aggettivi composti divennero

relativamente comuni come, ad esempio, šarq-awsaṭi, medio orientale), utilizzati e inseriti

successivamente anche in molte opere letterarie49.

47 Particolarmente significativo il contributo di Ḥuṣrī, Abū Khaldūn Sāṭi, ārāʾ waʾaḥādīṯ, Beirut, Dār

al-ʻIlm lil-Malāyīn, 1882-1968. pp.142-44.

48 Stetkevych, Jaroslav, The modern Arabic literary language: Lexical and Stylistic Developments,London, Cambridge University Press, 1970. p.51.

49 Il termine al-lātanāhi (l'infinito), ad esempio venne inserito nel poema di Tūqān, Fadwā, AloneWith the Days, Beirut, Dār al-Adāb, 1952.

37

2.3 L'assimilazione di parole straniere (al-taʿrīb)

2.3.1 Definizione di arabizzazione

Il processo linguistico dell'arabizzazione (il taʿrīb) rappresenta uno dei più importanti fattori

che ha contribuito alla rapida modernizzazione e all'arricchimento della lingua araba

attraverso l'assimilazione di termini di origine straniera. Generalmente tale processo

linguistico era visto da filologi e linguisti arabi come una soluzione all'urgente necessità di

adeguare il vocabolario arabo ai termini moderni europei relativi alle scienze, alla letteratura e

alla politica giunti nel territorio. L'arabizzazione è stata definita in modi differenti da vari

studiosi letterari per riferirsi al processo linguistico relativo al metodo di derivazione

morfologica e fonologica dalla lingua araba che denota l'idea di pianificazione della

linguaggio.

Le definizioni seguenti di arabizzazione sono apparse nella letteratura sulla pianificazione

della lingua araba:

• Benabdi (1980:iii) definì arabizzazione “lo sforzo intenzionale atto a diffondere l'uso

dell'arabo classico”.

• Numan (1981: 14-15) vede il concetto di taʿrīb come “un mezzo di liberazione e

modernizzazione per raggiungere l'obiettivo di indipendenza nazionale, culturale e

politica a livello arabo.”

• Hammoud (1982:8-9) affermò la differenza tra due aspetti dell'arabizzazione: corpus e

status dell'arabizzazione. Il primo si riferisce a “la codificazione della forma e delle

elaborazioni delle funzioni”, mentre il secondo si riferisce a “tutte le decisioni

riguardanti l'uso dell'arabo e della sua assegnazione a funzioni ufficiali o non-

ufficiali”. Così lo status di arabizzazione “comporta decisioni sull'uso della lingua

nelle scuole pubbliche, nelle comunicazioni ufficiali e nei documenti, nei mass media

ecc..”

2.3.2. La posizione dei filologi arabi

Nonostante i traduttori della scuola egiziana fondata dal califfo Muḥammad ʻAlī facessero un

abbondante uso della terminologia straniera, era chiaro fin dal principio che molti tra quei

neologismi utilizzati sarebbero scomparsi e che il processo di taʿrīb non sarebbe restato a

lungo la risorsa principale per la crescita della lingua araba. Durante il periodo della Nahḍa,

nacque una discrepanza di opinioni tra i linguisti e filologi arabi concernente la vera natura

delle parole straniere arabizzate, la loro funzione e la loro posizione nella scala di valori del

38

linguaggio. Da una parte, vi era l'opinione che la funzione dei neologismi arabizzati fosse

provvisoria e che i neologismi sarebbero statti eliminati non appena fossero stati creati o

derivati dei termini arabi in gradi di sostituirli. Dall'altra parte, vi era l'opinione che

l'assimilazione di vocaboli stranieri è un processo che fonda le sue radici alle origini del

linguaggio arabo, nelle sue migliori poesie e persino nel Corano50. Secondo questa seconda

visione l'assimilazione né contamina né degrada il linguaggio e le parole arabizzate

dovrebbero essere riconosciute e trattate come valori permanenti51. Pertanto, mentre alcuni

deploravano questa invasione della lingua araba, preferendo lasciare le parole straniere nella

loro forma originale e separandole da quelle arabe, altri vedevano nell'arabizzazione la

migliore soluzione per preservare l'integrità del linguaggio.

La discussione riguardante il taʿrīb da parte dei filologi arabi può aiutarci a definire in

modo più preciso i metodi adottati nel processo di assimilazione di vocaboli stranieri, metodi

ideati dai filologi della Nahḍa, rafforzati dalla tradizione e convertiti in norme vincolanti. Le

più importanti differenze di opinioni sollevarono la questione se tutti i vocaboli stranieri

utilizzati dagli arabi dovessero essere considerati come assimilati o muʿarraba. Già intorno al

780 Sībawayhi52 mostrò un interesse piuttosto vivo per questi problemi e la sua definizione di

taʿrīb appare la più liberale, e gran parte di essa sarà rifiutata dai filologi che lo seguiranno.

Di seguito un estratto53:

“Loro (gli arabi) tendono a cambiare quei vocaboli stranieri che sono assolutamente

incongruenti con i propri, a volte assimilandoli nella struttura delle loro parole, e a

volte no. Come per quelli che assimilano nelle loro forme. […] Quando intendono

arabizzare vocaboli stranieri, li assimilano nella struttura dei vocaboli arabi allo stesso

modo in cui assimilano le lettere straniere trasformandole in lettere arabe. Spesso

cambiano la condizione di una parola da ciò che rappresentava nella lingua straniera,

assimilando in lettere arabe quelle non arabe, e sostituendo una lettera, anche se araba,

50 Ibn 'Abbas, cugino del Profeta (68 d.C). Indagò sulle etimologie dei vocaboli presenti in esso; fuattribuita a lui e alla sua scuola l'individuazione di una serie di parole coraniche di origini straniere.Dopo di lui molti filologi e lessicografi come, ad esempio, Al-Ǧawaliqi (466-539) si dedicaronoalla stesura di dizionari e raccolte di vocaboli con etimologia non araba presenti anche nel Corano.

51 Il punto di vista contrario al taʿrīb è rappresentato da Maḥmūd Šukrī al-ʿĀlūsī e Muṣṭafā ṣādiq al-

Rāfiʿī; mentre, tra i sostenitori più accesi di tale metodologia è possibile individuare ʿAbd al-Qādir

al-Maġribī (Al-'ištiqāq pp.120.31, 148-50) e Ṭāḥā Ḥusayn.

52 Considerato il più importante grammatico arabo grazie al suo libro, conosciuto con il titolo KitābSībawayhi (il libro di Sībawayhi) al quale fanno riferimento tutti i grammatici a lui posteriori.

53 Sībāwayhi (1881): Kitāb Sībawayhi. Parigi: Derenbourg. pp.208-209.

39

con un'altra. Inoltre, cambiano la vocalizzazione e la posizione delle lettere senza

raggiungere la struttura della parola araba dato che, dopo tutto, si tratta di una parola di

origine straniera la cui possibilità di cui dispone per raggiungere la struttura della

parola araba è, dal loro punto di vista, non sufficiente. Da ciò sono spinti dal fatto che i

vocaboli stranieri vengono trasformati attraverso la loro incorporazione nella lingua

araba e attraverso l'alterazione delle loro lettere, e questo cambiamento provoca la

sostituzione e il cambiamento della vocalizzazione, così come fanno gli arabi stessi

nella costruzione Nisba.

Spesso essi accorciano, come nel caso della costruzione Nisba, oppure aggiungono, per

cui o raggiungono la struttura araba oppure no. Ciò che fecero fu incorporare i

vocaboli stranieri nella struttura delle loro parole e, ciò che non poteva essere

incorporato, fu mutato attraverso cambiamento, sostituzione, aggiunta e elisione-in

accordo con i cambi richiesti dalla lingua.

Spesso lasciano un nome immutato quando le sue lettere sono simili alle loro-che sia la

sua struttura araba oppure no.

Spesso cambiano una lettera che non esiste nell'alfabeto arabo, senza però mutare la

struttura originale della parola.”

Dal testo proposto si evince che per Sībawayhi il concetto di taʿrīb è molto chiaro e lineare:

esso comprende tutti i vocaboli stranieri utilizzati dagli arabi, per quanto distanti dal calco

morfologico originale del linguaggio arabo è probabile che alcuni lo siano.

Un approccio più rigido e discriminante relativo all'assimilazione di vocaboli stranieri è

quello del famoso lessicografo Al-Ǧawharī54, che riprese in considerazione quanto asserito dal

grammatico Sībawayhi e secondo cui la cui preoccupazione relativa alla purezza del

linguaggio richiedeva una rigorosa osservanza del qawālib (calco), che egli riteneva fosse

l'unico strumento possibile che potesse arabizzare un vocabolo straniero. Al-Ḥarīrī55 mantenne

un punto di vista simile: a suo avviso “il criterio arabo, per cui ogni qualvolta un nome

straniero viene arabizzato, fa riferimento in tipo e forma ad una parola araba simile.”La

costruzione delle forme derivate da calchi stranieri è generalmente considerata come illecita,

in particolare dalla scuola di Al-Ǧawharī e Al-Ḥarīrī.

54 Haywood John A., Arabic Lexicography: Its History, and Its Place in the General History ofLexicography, cap.6 "The Ṣaḥāḥ of Al-ǧawāhri", Leiden, E. J. Brill, 1965.

55 Al-Ḥarīrī, Kitāb Durrat al-Ghawwāṣ fī 'Awhām al-Kawhāṣṣ, Cairo, Matbaʻat al-Haǧar al-Humaydah, 1871. p.131.

40

La definizione liberale di Sībawayhi, che implica che qualsiasi cosa utilizzata dagli arabi è

arabizzata, ha trovato un largo consenso in questo periodo di modernizzazione così

febbricitante. Così,ʿAbd Al-Qādir Al-Maġribī scrisse nel 190856:

“La nostra posizione rispetto al taʿrīb è l'inverso di quella degli arabi: mentre loro

raramente lasciarono che un vocabolo straniero mantenesse la sua forma originale, noi

raramente lo cambieremo in concordanza coi modelli della nostra lingua. Quindi,

pronunciamo telegrafo, telefono, fonografo, automobile, teatro, programma e molte

altre parole simili, all'incirca così come si presentano nella loro pronuncia, li definiamo

arabizzati...in conformità con il metodo di Sībawayhi (benedetto).”

Al-Maġribī era un ardente difensore del taʿrīb, tuttavia egli nutriva una certa cautela

rispetto alla definizione di Sībawayhi, infatti continuò asserendo:

“[…] Ad un certo punto dovremmo fermarci. Altrimenti parole straniere di forme e stili

diversi si moltiplicheranno nel nostro linguaggio letterario che, con il passare del

tempo, potrebbe perdere il suo carattere tradizionale e divenire una lingua ibrida- né

araba né straniera- un linguaggio simile al Maltese o ai dialetti vernacolari delle varie

regioni islamiche.”

Ai primi traduttori mancava quel senso di moderazione tipico di Al-Maġribī e il dilagare di

parole straniere indigeste, che essi stessi avevano inserito, fu presto controllato dal criterio più

potente ed efficace dell'ištiqāq che influenzò e diede forma a ulteriori metodi di assimilazione

di prestiti. La coscienza filologica esigeva dal nuovo scrittore arabo alcune osservanze di base

delle essenziali caratteristiche del proprio linguaggio. La crescente familiarità con altre lingue

permise l'introduzione di parole straniere con una precisione fonetica e semantica maggiore

mai attuata in passato. Mentre il filologo e lessicografo arabo classico era interessato

solamente alla lingua ed era fedele e leale solo ed esclusivamente ad essa; i moderni, pur

condividendo l'amore per l'arabo, praticarono una tendenza intellettuale sconosciuta in

passato; essi a volte nutrivano una lealtà discordante e un rimorso scientifico che proibì loro

di tagliare via le parole straniere in modo da arabizzarle. L'incorporazione diretta di parole

non arabe è rappresentato dal termine francese retouche, utilizzata dal poeta Ibrāhīm Al-

ʿUrayyid - “wa hiya baʿdu tahtaǧu 'ila rituš”57.

56 ʿAbd Al-Qādir Al-Maġribī, Al-'ištiqāq. p.43

57 'Ibrāhīm al-ʿUrayyid e altri, Fī al-ʿAdab al-ʿArabī al-ḥadīṯ, Cairo, 1954. p.75

41

2.3.3 L'origine delle nuove parole

Sia nel periodo classico che in quello moderno i puristi lottarono per una completa

eliminazione di tutti i prestiti stranieri dalla lingua araba e, al contempo, i moderati erano

disposti ad introdurli nel vocabolario a condizione che fossero adattati alla struttura araba, sia

nella forma fonetica (nessun suono straniero e nessuna combinazione di consonanti non

permessi) sia nel modello morfologico. Nel periodo classico, questa procedura di

arabizzazione (taʿrīb) ebbe successo e il numero di parole non adattate rimase minimo. Nel

periodo moderno, le accademie tentarono di adottare una linea di condotta restrittiva,

permettendo i prestiti solo dalla terminologia scientifica che mantennero la propria forma

straniera: come hidrūkarbūn (idrocarbone), klūrūfūrm (cloroformio)58.

All'origine delle nuove parole arabe utilizzate in seguito alla forte influenza europea è

possibile riscontrare una combinazione tra ciò che rappresenta il carattere etimologico di una

data parola e la sua parte fonologica. Nell'analisi linguistica ed etimologica di tali lessemi ci si

è trovati spesso di fronte ad una biforcazione a tal punto che H.Yule e A.Burnell59

evidenziarono l'esistenza di “due o più fonti dalla probabilità quasi eguale (…) è possibile

che, sebbene l'uso di una parola trovi origine in una delle due fonti, l'esistenza dell'altra

potrebbe invigorire tale uso e potrebbe contribuire alla sua eventuale diffusione”. La

rappresentazione fonemica del termine tiliġrāf, ad esempio, può derivare dal francese

télégraph (o inglese telegraph) ma non dall'italiano telegrafo o dallo spagnolo telégrafo.

Similarmente, l'omissione della /h/ all'inizio delle parole come iktūlītr, utīl riflettono la

pronuncia francese. Naturalmente, la situazione è abbastanza fangosa e questo ci fa capire

l'enormità di casi ambigui esistenti per cui la sola apparenza non può garantire una chiara

provenienza e per cui è maggiore la necessità di applicare dei criteri di classificazione. Il

termine wābūr, ad esempio, potrebbe risalire dal francese vapeur, dall'italiano vapore o dallo

spagnolo vapor. I fattori più rilevanti grazie ai quali è possibile rinvenire alle origini

etimologiche di date parole sono quelli relativi alla comparsa di queste in un determinato

periodo storico. Ciò che crea dei problemi più complessi è la questione relativa al fatto che

l'ortografia dei prestiti stranieri non era fissa; per indicare lo stesso concetto furono elaborate

molte varianti e, allo stesso tempo, sono riscontrabili fenomeni di omografia. Il termine

qamra, usato con significati differenti: “la cabina di una nave”, dallo spagnolo càmara e il

58 Rolland, Jean-Claude, Etymologie arabe: dictionnaire des mots de l'arabe moderne d'origine nonsémitique, Lione: lulu.com, 2014.

59 K.Vollers 1887-97: 627

42

“consiglio legislativo” dal francese chambre60.

La nazionalità degli autori svolse anch'esso un ruolo di grande importanza nella selezione

di prestiti derivanti da una lingua straniera, con l'uso di un etimologia derivante dallo

spagnolo maggiormente per gli autori del Marocco e una precedenza nell'uso di prestiti

derivanti dal francese, italiano e inglese per i paesi del Levante. Un altro fattore interessante è

quello relativo all'esistenza delle doppiette arabe italo-francesi: es. (anfi)tiyātir/(anfi)tiyātrū

(-théâtre/-teatro); mītr/mītrū (mètre/metro). In molti casi questo fu inizialmente il riflesso di

un “substrato” italiano e un “superstrato” francese con la sostituzione quasi totale di

quest'ultimo grazie alla sua influenza economica, sociale e politica nel XIX secolo. Inoltre,

molte parole derivarono dal greco e dal latino grazie alle immense opere di traduzione; in

realtà i prestiti da queste due lingue furono dimenticati e poi riesumati, riapparendo in tal

modo come prestiti dal francese/italiano/spagnolo ecc.

2.3.4 Lista di alcuni termini derivanti dalla lingua francese per assimilazione61

arduwāz “ardesia”, dal francese“ardoise”.

Dūk “duca”, dal francese duc, dal latino dux,ducis “capo”.

Ifrīz “fregio” dal francese “frise”,attestato come termine d'archittettura dalbasso latino phrygium.

Rābūr “rapporto”, dal francese rapport,derivato di apporter, dal latino apportare“portare qualcosa a qualcuno”.

Imbarāṭūriyya “impero” e imbiriāliyy“imperialista” dal francese impérialiste,derivato di impérial, lat. Imperialis.

Riǧīm “dieta”, dal francese régime, dal latinoregimen “governo”, da regere “dirigere”.

Ūbirīt “operetta”, dal francese opérette,diminutivo di opéra.

Rūl “ruolo”, dal francese rôle, dal latinomedioevale rollus “rotolo”, dal tardo latinorotulus “piccola ruota”.

Bāsāburṭ “passaporto”, dal francesepasseport, parola composta dal verbopasser e da port “passaggio”.

Sifilis “sifilide”, dal francese syphilis,prestito del latino del Rinascimento syphilis,termine creato dall'umanista italianoFracastoro da Verona che pubblicò nel 1530un poema intitolato Syphilis, sive morbusgallicus, “sifilide o malattia francese” dellaquale fu affetto un pastore chiamato Syphilis.

Barlamān “parlamento”, dal franceseparlement, nome derivato dal verboparler, dal basso latino paraulare.

Fuwāl “velo (tipo di tessuto)”, dal nomemaschile francese voile, dal latino velum,“velo, telo, tintura, tenda”.

60 Newman, Daniel L., The European influence on Arabic during the Nahda: lexical borrowing fromEuropean languages (ta’rib) in 19th-century literature, Arabic Language and Literature, Vol. 5, No.2, 2002.

61 Rolland, Jean-Claude, Etymologie arabe: dictionnaire des mots de l'arabe moderne d'origine nonsémitique, Lione: lulu.com, 2014.

43

Brūtūkūl “protocollo”, dal franceseprotocole, latino medioevaleprotocollum.

Faytūn “Fetonte”, dal francese Phaéton,personaggio della mitologia greca [Phaétôn],che morì precipitando nell’Eridano (il Po)perché aveva osato mettersi alla guida delcarro paterno nel cielo.

Bsīkūlūǧiyy o sīkūlūǧiyy “psicologico”,dal francese psychologie, dal latino coltopsychologia, propriamente “scienzadell'anima”.

Qubṭān o qabūdān o kabtan “capitano,comandante”, probabilmente dal francesecapitaine, l'ultima variante probabilmentedall'inglese captain. Derivanti dal latinocapitaneus “capo”, derivato di caput “testa”.

Bank “banca”, dall'inglese bank o dalfrancese banque, derivati dall'italiano“banca”, dal latino volgare bancus“seggio stretto e allungato”.

Kābil “cavo”, dal francese câble, esso stessodal basso latino capulum.

Bīrū “ufficio” dal francese bureau,derivato di bure, dal latino burra “saio”.Da cui il derivato bīrūqrāṭiyy“burocrazia”.

Kātidrāʿiyya “cattedrale”, dal francesecathédrale, dall'aggettivo latino cristianocathedralis, derivato di cathedra “sede di unpontefice”, latinizzazione del greco[kathédra] “banco, sedia”.

Tinis “tennis”, dall'inglese tennis essostesso derivante dal francese tenez (nelXIV secolo).

Krūkī “schizzo”, dal francese croquis,derivato di croquer “disegnare rapidamente”,da una radice onomatopeica krokk- cheesprime un rumore secco.

Ǧilyūtīn “ghigliottina”, dal franceseguillotine, da Guillotin, nome del medicoche raccomandò l'impiego di questamacchina per abbreviare le sofferenze delcondannato a morte.

Klāsīkiyy, dal francese classique, dal latinoclassicus “cittadino di prima classe,esemplare, de prima importanza”, derivato daclassis “classe”.

Ǧinrāl “generale”, dal francese général,abbreviazione di capitaine général, dallatino generalis “relativo ad una classeintera”, derivato di genus “classe,genere”.

Kunṣūl “console”, dal francese console,deverbale-con un'influenza probabile diconsolider-di consoler “addolcire un disturboo un male fisico, sostenere”, dal latinoclassico consolari “confortare, consolare”,derivato di solari “cercare di alleviare”.

Drāmiyy “drammatico”, dal francesedramatique, dal sostantivo drame, dalgreco [drama], “opera teatrale”.

Kūmāndān o qūmandān “comandante”, dalfrancese commandant, derivato dicommander, dal latino commandare, dallatino classico commendare, derivato dimandare “incaricare”, derivato di manus“mano”.

Dušš o dūš “doccia”, dal francesedouche, probabilmente dal latino volgare(aqui)ducium che fu sostituito da acquaeductus.

Mākiyāǧ “trucco”, dal francese maquillage,derivato di maquiller, termine gergaledell'antico verbo della Piccardia maquier“fare”, esso stesso in prestito dal medioolandese maken.

44

Dindiyy “tacchino”, dal francese dinde,proveniente da (poule) d'Inde.

Mitrāliyūz “mitragliatrice”, dal francesemitrailleuse, derivato di mitrailler, derivatodi mitraille, alterazione dell'antico francesemitaille “pezzo di metallo; piccola moneta”,derivato di mite “moneta di rame di Fiandra”.

Dūsyīh o dūsīh “dossier”, dal francesedossier, derivato di dos, dal latino volgaredossum, dal latino classico dorsum,probabilmente da deorsum “in basso,dall'alto al basso”.

”Misyū “signore”, dal francese monsieur,termine composto da mon e sieur, dal latinopopolare seior, forma contratta di quellaclassica senior “più anziano”, comparativo disenex.

Histīriyā “isteria”, dal francese hystérie,dal greco [hustéra] “utero.

Wābūr “macchina a vapore, locomotiva”, dalfrancese vapeur, dal latino vapor.

Alla luce degli esempi proposti, è importante identificare quei legami tessuti nel corso dei

secoli passati nel perimetro del Mediterraneo e oltre, verso l'Oriente; è quindi possibile

delineare un quadro linguistico per cui molte parole appartenenti al vocabolario arabo

moderno in realtà presentano un'origine morfologica e fonologica non semitica ma,

alcontrario, europea (in questo caso francese) e quindi greca o latina.

2.3.5Analisi dell'adattamento morfologico e fonologico62

Morfologia e grammatica

• Numero: Solamente pochi prestiti appaiono alla forma plurale; quelli che appaiono in

forma plurale acquisiscono il suono e la morfologia del femminile plurale arabo

(anche nel caso di referenti maschili); per cui è possibile considerare, ad esempio, il

termine tiyātru/tiyatrawāt (teatro-teatri; dal francese théatre), kardināl/-āt (cardinale-

cardinali; dal francese cardinal). E' ovviamente possibile riscontrare dei plurali

irregolari come milyūn/malaʻyin (milione-milioni; dal francese million), mītr/amtār,

(metro-metri; dal francese mètre), kunṣūl/kanāṣil (console-consoli; dal francese

console), tūnn/atnān (tonno-tonni, dal francese thon).

• Compressione sintattica: l'articolo derivante dalle forme linguistiche di origine non

semitica può emergere con il nome per formare un nuovo singolo lessema; è questo il

caso di: lʻūbrā (dal francese l’opéra).

62 L'osservazione e l'analisi linguistica è stata condotta dall'autrice sulla base dei lessemi presenti inRolland, Jean-Claude, Etymologie arabe: dictionnaire des mots de l'arabe moderne d'origine nonsémitique, Lione: lulu.com, 2014.

45

• Frasi nominali o aggettivali: vengono coniate come nomi singoli, è questo il caso al-

ḥamiḍkarbūnīk (dal francese acide carbonique), invece di ḥamiḍ al-karbūnīk oppure

al-ḥamiḍ al-karbūnīkī.

• La formazione delle parole: pochissime parole assimilate appaiono produttive dal

punto di vista flessivo come il caso di imbarāṭūri/imbarāṭūriyya oppure

Kunṣūl/Kunṣuliyya.

Fonologia

La seguente rappresenta un'analisi del trattamento arabo dei fonemi dei termini assimilati

nel linguaggio arabo derivanti dalla lingua francese, in base alla lista dei termini contenuti

nella tabella proposta nel paragrafo 2.3.4 sarà possibile notare come l'alfabeto arabo abbia

dovuto adattare i suoni dei quali dispone per una migliore resa fonetica possibile della

terminologia assimilata. Allo stesso modo, è possibile evidenziare come quei suoni già

presenti nel sistema fonologico arabo, e compatibili con quelli francesi, siano stati riprodotti

fedelmente.

Le consonanti

• Occlusive

/t/ → /t/:es. histīriyā /d/ → /d/:es. drāmiyy

/b/ → /b/:es. bank /k/ → /k/:es. klāsīkiyy

/p/ → /b/:es. rābūr /g/ → /ʤ/ es. ǧilyūtīn

/k/ → /q/:es. qūmandān /g/ → /ʁ/:es. tiliġrāf

• Fricative

/f/ → /f/:es. ifrīz /s/ → /s/:es. dūsyīh

/v/ → /f/:es. fuwāl /s/ → /ʃ/:es. šitrāt (fr. citrate)

/v/ → /w/:es. wābūr /s/ → /sˁ/:es. kunṣūl

/z/ → /z/:es. zūlūǧiyā

• Nasali

/m/ → /m/:es. mākiyāǧ /ɱ/ → /m/:es. amfitiyātru

/n/ → /n/:es. kunṣūl

46

• Laterale approssimante palatale

/ʎ/ → /i:/:es. mākiyāǧ /ʎ/ →[li:]:es. ǧilyūtīn

Vocali

• Apocope

Delle vocali brevi :es. mètre → mitr

• Corrispondenze vocaliche

/o/ → /u/:es. dūsyīh /i/ → /u:/:es. uksuǧīn

/u/ → /u/:es. dušš /a/ → /a:/:es. ġrām

/ɛɛ/ → /i/:es. dindiyy /ɑɛ/ → /a/:es. barlamān

/ɛ/ → /i/:es. kātidrāʿiyya /w/ → /w/:es. arduwāz

/œ/ → /u:/:es. misyū /ɥ/ → /i/:es. bīrū

/æ/ → [ai]:es. faytūn /eː/ → /i/:es. dūsīh

Sebbene siano necessarie delle ricerche aggiuntive, è possibile formulare le seguenti

conclusioni. L'influenza del linguaggio europeo nel XIX secolo fu abbastanza limitato e

ristretto ad un piccolo numero di aree, le più importanti tra le quali sono riscontrabili quella

statale, economica, scientifica, tecnologica e quelle relative alla comunicazione e ai trasporti.

Nel corso della storia, la relativa importante delle lingue “donatrici” è cambiato, con l'impatto

del latino e del greco, successivamente soppiantate dall'impatto dell'italiano e dello spagnolo,

anch'esse poi, a loro volta, sovrastale dalla forte influenza del francese e dell'inglese. Il

francese, in particolare, fu la guida indiscussa nelle aree politiche e scientifiche nella

proliferazione e nell'assimilazione degli ideali ma soprattutto delle terminologie che la

modernità Occidentale portò con sé al momento dell'invasione Napoleonica in Egitto nel 1798

e che poi continuò grazie al fenomeno della colonizzazione. Si può quindi affermare che così

come il francese ha contribuito al risveglio del mondo arabo islamico e alla sua

modernizzazione, il mondo arabo islamico a sua volta ha consolidato la posizione del francese

come un linguaggio di cultura e di prestigio in molte zone del mondo arabo.

47

L'arabo moderno nei giornali del XIX secolo

3.1 Rinnovamento, composizione e struttura

L'influenza occidentale diede un forte contributo allo sviluppo della civiltà arabo-musulmana

grazie ai nuovi sistemi tipografici che nacquero, dopo un lungo periodo di stasi culturale e

socio-politica, nella metà del XIX con la “rinascita” del popolo arabo. Grazie all’impulso

vitale che ne scaturì, determinato dall’incontro con le altre civiltà e dall’apertura al mondo, la

stampa araba si diffuse in tutti i paesi arabi con pubblicazioni (giornali e riviste di prestigio)

che diffusero nel mondo arabo il nuovo spirito della scienza e il pensiero dei movimenti

politici e sociali. In questo periodo la stampa si diffuse in modo massiccio nella maggior parte

dei paesi arabi. Le nuove pubblicazioni presentavano un nuovo assetto, il flusso di

informazioni si fece sempre più veloce e si assistette ad un incremento del ritmo di

elaborazione e di diffusione dei giornali. Questi furono divisi in sezioni secondo un ordine

ben preciso, al loro interno era possibile individuare:

• La rubrica dedicata ai telegrammi in cui era possibile reperire notizie politiche, di

cronaca, interne e locali;

• La rubrica dedicata alle notizie vere e proprie in cui erano presenti aggiornamenti

politici, notizie di cronaca locali o estere, dove erano spesso inseriti i fatti più

salienti della settimana o della giornata;

• La rubrica dedicata agli annunci relativi agli arrivi e alle partenze di personaggi

importanti, le nomine ufficiali, le dimissioni, le permute;

• La rubrica dedicata ai rapporti sui crimini, i misfatti e i sinistri;

• Nelle pagine interne era possibile trovare notizie relative allo sviluppo tecnologico,

industriale, agricolo, le corrispondenze ufficiali e non e, infine, le notizie

provenienti dall'estero che non erano altro che le traduzioni di articoli dei grandi

giornali d'Europa.

I rapidi sviluppi scaturiti dall'arrivo delle truppe napoleoniche in Egitto, dalla svolta

decisiva nell'uso dei metodi di comunicazione e di trasmissione delle notizie da parte di

Muḥammad ʻAlī e dal piano riformatorio di Ismā’il, rappresentarono uno spartiacque tra il

lungo periodo di stagnazione e l'inizio del rinnovamento. Essi condussero a dei cambiamenti

profondi legati alla politica, alla cultura e alla lingua dei paesi arabi. Il vocabolario indigeno,

nonostante il carattere ricco, variopinto e ampiamente adeguato alle esigenze della tradizione,

risultò carente di fronte alla necessità di trasmissione di idee estranee e incomprensibili alle

48

società delle varie regioni africane. Per adattarsi al nuovo compito, il lessico arabo cambiò

tanto quanto la realtà e i linguisti dovettero adottare delle metodologie linguistiche efficaci per

la formazione di nuove parole. Il ricorso al processo di assimilazione di termini stranieri

attraverso il processo linguistico del taʿrīb fu dovuto ad una necessità linguistica araba di far

fronte alla ventata di modernizzazione. La derivazione da radici esistenti arabe, ištiqāq, è

sempre stata considerata la modalità più naturale di crescita del linguaggio, grazie alla sua

capacità di svilupparsi e di espandersi direttamente dalla propria essenza che, a sua volta, gli

ha donato la sua rara omogeneità. Anche la metodologia utilizzata dai linguisti arabi per la

formazione di parole composte, meglio nota come al-naḥt, prevede un lavoro di scultura delle

parole, attraverso la formazione di una singola parola derivante da due parole differenti,

altrimenti non correlate tra loro, convenientemente accorciate. Il linguaggio arabo fu invaso

da nuovi termini nati grazie ai processi linguistici appena citati, e da accezioni difficilmente

reperibili nei dizionari, in questo periodo ciò rese difficile la lettura dei giornali da parte degli

stessi parlanti nativi e, allo stesso tempo, creò non poche confusioni e insicurezze stilistiche,

fonologiche e morfologiche relative ai termini derivanti dal lessico francese.

L'interazione tra il processo del cambiamento linguistico e lo sviluppo della stampa è

illuminante. Il mutamento della lingua araba incarnò completamente l'assimilazione del

mezzo tipografico nella regione, attraverso cui i giornalisti e i letterati furono costretti ad

abbandonare le modalità letterarie antiche adattandole ai nuovi criteri. L'ambito nel quale

l'arabo era meno preparato per questo compito era, per ovvie ragioni, quello scientifico e

quello tecnologico così i giornali, che si assunsero la responsabilità di far familiarizzare i

propri lettori con i concetti scientifici, necessitarono di una particolare intraprendenza e

ingegnosità per produrre una terminologia chiara e comprensibile. Tuttavia, anche negli

ambiti culturali, sociali e politici, di cui molti periodici avevano già trattato e per i quali

esisteva già un ampio vocabolario, la situazione risultò complessa. Sopraffatti dalla pluralità

dei nuovi ideali stranieri che spesso risultarono difformi (ma a volte anche conformi) con le

loro, gli arbitri del linguaggio cercarono di avvicinarsi a dei metodi efficaci per esprimerle.

Presero in prestito le parole straniere, forgiarono nuove espressioni, rivitalizzarono quelle

antiche ed alterarono i significati di altre. Ne risultò una considerevole ambiguità e la stampa

andò incontro ad una fase di comunicazione fratturata tra scrittori e lettori. I giornali di questi

primi anni offrirono un'abbondante testimonianza delle difficoltà linguistiche a cui dovettero

far fronte gli scrittori e i loro tentativi di superarle. La fluidità terminologica fu una

caratteristica di questa fase sperimentale, per cui un concetto avrebbe potuto essere designato

49

da una varietà di termini intercambiabili, a volte identici ma molte altre volte solo

parzialmente coincidenti nel significato1.

3.2. Telegrammi

Telegrammi

San Pietroburgo: La stampa russa protestacontro l'allusione contenuta nel discorso dilord (al-lūrd) Salisbury riguardo l'Egitto.

Bucharest: Un ministero liberale è statoformato sotto la presidenza di Monsieur(misyū) Stourdza che si è riservato ilportafoglio degli Affari Esteri.Parigi: Il Giappone ha firmato con la Francia(faransa), la Germania e la Russia, l'accordodefinitivo connesso all'evacuazione delterritorio cinese.Londra (lūndrā): Il Times asserisce che ilrifiuto della Francia (faransā) di autorizzarel'impiego dei fondi egiziani ha obbligato ilgoverno ad economizzare, ciò rappresenta lacausa per cui i soldati e gli ufficiali dellaspedizione hanno dovuto subire delleprivazioni. Ne risulta che l'Inghilterra(inklitirā) dovrà aiutare finanziariamente laspedizione (al-ḥamla).

Londra (lundrā): L'Inghilterra (inklitira) hainviato un ultimatum al re (di Koumassy).Esige che il protettorato (inglese) sia estesosul suo paese e che un commissario (qūmīsīr)(inglese) sia nominato al fianco del re. Insisteaffinché la risposta all'ultimatum sia rimessaprima della fine del mese di ottobre. E'prevista una spedizione a Koumassy, se il renon accedesse a queste richieste. [...]

تلغرافيةرسائلبطرس����بج: احتج����ت ال����رائد (الروس����ية) عل����ى م����اج��اء ف خط��اب (الل��ورد سالس��بوري) م��ن التلمي��ح

إل(مصر).الس�������يوبارس�������ت: ت�������ألفت وزارة ح�������رة برئاس�������ة (

ستوردزا) الذي اتذ أيضا لنفسه وزارة الارجية.ب����اريز: وقع����ت (الياب����ان) عل����ى اتف����اق ن����ائي م����ع

و ألانية و روسية) فيه�ا يتعل�ق ب�اللء ع�نفرنسة(الراضي الصينية.

)فرنس��ا: ق��الت جري��دة (التم��س) أن رف��ض (لون��درااستخدام القراطيس (الصرية) ق�د ن�م عن�ه اقتص�ادعظيم أدىى إل حرم�ان ض�باط المل�ة و عس��اكرها

المل�ة) مس�اعدةإنكلتابيث اصبح من واجب (مالياا.) ان����ذار ا نائي ����ا إل مل����كانكل����تة: ارس����لت (لن����درا

(كوماس������ي) و ه������ي تطل������ب في������ه نش������ر الماي������ة قوميس�����������ي(النكليزي�����������ة) عل�����������ى بلده و تع�����������بي

د بني���ل ال���واب قب���ل (انكلي�����زي)مشقيم ث ��� ان���ا تشش���دد حل�������ة إلارس��������الناي��������ة تش��������ريب اوو ل و ينتظ��������ر

(كوماسي) اذا رفض اللك هذه الطالب. [...]

1 Tutti i testi sono presenti in Washington-Serruys, L'Arabe moderne étudié dans les journaux et lespièces officielles. Beirut, Imprimerie catholique, 1897.

50

L'esempio proposto rappresenta la messa in atto delle necessità di adattamento del

linguaggio arabo alle nuove accezioni, ai nuovi strumenti e ai nuovi ideali provenienti

dall'Oriente. I telegrammi apparvero in Occidente a metà del XIX secolo poiché il primo tra

tutti fu spedito nel 1844 da Samuel Morse da Washington a Baltimora2. Il telegramma

proposto venne pubblicato nel giornale arabo Al-Waqā’i‘ al-Miṣriyya sotto il khedivé Ismā’il3.

E' possibile riscontrare un'incorporazione dei vocaboli stranieri nella struttura delle parole

appartenenti al lessico arabo secondo un adattamento morfologico e fonologico. Ciò che non

sarebbe potuto essere incorporato è stato mutato attraverso un cambiamento, una sostituzione,

un'aggiunta di lettere appartenenti all'alfabeto arabo, oppure un'elisione, senza però mutare la

struttura originale della parola.

Partendo dal titolo prenderemo in esame i vocaboli sottolineati nel testo.

• Tiliġrāfiyya (telegrafico) è un aggettivo derivato da tiliġrāf (telegrafo dal francese

télégraphe), Il telegrafo nacque infatti nel 1793 in Francia e giunse sino ai paesi arabi

grazie a Napoleone che, consapevole dell'importanza delle comunicazioni in campo

militare, commissionò stazioni telegrafiche mobili da installare sui campi di battaglia.

E' chiaro che si tratta di un vocabolo assimilato nel linguaggio arabo attraverso la

semplice sostituzione in chiave araba dei grafemi e dei fonemi appartenenti

all'alfabeto latino, per cui è possibile parlare di trascrizione. Da un punto di vista

meramente fonologico è riscontrabile come sia stato possibile la resa del suono duro

della consonante occlusiva /g/ attraverso il ricorso al grafema ġayn e quindi al

fonema /ʁ/. Grazie alla capacità di estensione morfologica araba attraverso la

derivazione da radici preesistenti nacquero i vocaboli tiliġrāfāt (telegrammi) e aḫbār

tiliġrāfiyya (notizie telegrafiche).

• Al-lūrd (il lord) è un sostantivo derivante per assimilazione (taʿrīb) dal termine lord, in

questo caso è possibile riscontrare che, in assenza della vocale e del fonema /o/ nella

morfologia e nella fonologia araba, è stato necessario ricorrere a un elemento quanto

più vicino al corrispondente originale attraverso la scelta del grafema wāw e quindi del

fonema /uː/.

2 "What hath God wrought!" (ovvero "Che cosa Dio ha creato!"), una citazione tratta dal libro deiNumeri della Bibbia (VI-V secolo a.C). È questo il contenuto di quello che è passato alla storiacome il primo telegramma.

3 La possibilità di rinvenire a questo periodo storico è dovuta alla presenza di nomi illustri comeLord Salisbury (Robert Gascoyne-Cecil, III marchese di Salisbury, 1830-1903) e Dimitrie Sturdza(1833-1914).

51

• Misyū (Signor) è un sostantivo derivante dal francese monsieur4. Grazie a questo

vocabolo è riscontrabile il fenomeno dell'assimilazione araba di un termine

propriamente francese e del suo adattamento alle necessità e alle regole morfologiche

e fonologiche del vocabolario d'arrivo (taʿrīb). Quando si tratta di un personaggio

straniero, si conserva davanti al suo nome il termine di buono creanza della sua

propria lingua cosicché sono stati elaborati neologismi come misyū (monsieur –

signor), mistar (mister), sīr (Sir), dūn (Don)5. In assenza di vocali nasali, il suono /õ/

corrispondente a mon è reso in arabo attraverso il fonema /i/, allo stesso modo il suono

/oe/ di sieur è dato dall'allungamento della vocale wāw e quindi attraverso la

riproduzione del suono /uː/.

• Il nome proprio per designare la nazione Francia viene rappresentato nello stesso testo

in due modi differenti faransa e faransā. E' chiaro che in questo caso ci si trova di

fronte al tentativo di realizzare lo stesso concetto attraverso l'elaborazione di diverse

varianti tramite il processo di assimilazione di parole straniere (taʿrīb) che, come è ben

visibile, in questi casi non fu propriamente efficace. Un caso analogo è riscontrabile

nella scelta stilistica atta a rappresentare l'Inghilterra con inklitirā ma anche inklitira,

dal francese Angleterre, in cui è però chiara un'omogeneità nella scelta di sostituire la

consonante occlusiva di origini latine /g/ con il fonema /k/. Il fonema di origine

latina /e/ è stata adattata con /i/. Un caso analogo di indecisione linguistica è

rappresentato dalle due varianti utilizzate per indicare la capitale inglese con lūndrā e

lundrā. Anche in questo caso, così come per al-lūrd, il fonema /o/ è stato sostituito

da /uː/ grazie all'ausilio del grafema wāw.

• In seguito all'arrivo delle truppe napoleoniche e all'ondata di modernizzazione furono

introdotte all'interno del vocabolario arabo delle parole derivanti dal processo di

derivazione attraverso l'attualizzazione delle radici già esistenti (ištiqāq)6. E' questo il

caso del termine al-ḥamla che, nel contesto proposto, ha il significato di spedizione.

Questo sostantivo deriva dalla radice verbale ḥ-m-l (trasportare) per cui si tratta di una

derivazione attraverso l'adattamento dei vocaboli antichi ai nuovi significati.

• Qūmīsīr (commissario) è la trascrizione derivante dal sostantivo francese commissaire.

4 Vedi capitolo 2, par. 2.3.4 e 2.3.55 Washington-Serruys, L'Arabe moderne étudié dans les journaux et les pièces officielles. Beirut,

Imprimerie catholique, 1897. p.116 Vedi capitolo 2, par. 2.2.2

52

Si noti come il fonema /o/ sia stato sostituito da /uː/ grazie al sussidio del grafema

wāw e come in assenza del fonema /ɛ/ all'interno del sistema fonologico arabo, esso

sia stato sostituito con /iː/.

[…] Parigi: In occasione della grande

rassegna militare che ebbe luogo nel corso

delle manovre (munāwirāt) di Angola,

Monsieur Felix Faure ha bevuto alla salute

dell'armata francese e ha detto che essa

rappresenta l'anima della nazione (che legava

e univa la nazione con il cuore e con l'anima).

[...]

ب����اريس: ش����رب الس����يو (فليك����س ف����ور) عن����د[...]من�������اوراتالس�������تعراض الب�������ديع ال�������ذي ج�������رى ف

(انك��وليم) الك��بى ن��ب الي��ش (الفرنس���وي)فقالانهش رابط الشعب وصلتهش قلب ا و نفس ا. [...]

• Il termine munāwirāt (manovre) è un sostantivo derivante dal francese manoeuvre, si

tratta di una trascrizione araba attraverso l'utilizzo del processo di assimilazione di

parole straniere (taʿrīb). In questo caso il suono /a/, nonostante la sua esistenza nel

sistema fonologico arabo, è stato sostituito dal fonema /u/. Il suono /oe/, a differenza

del caso di misyū da monsieur, è reso con l'allungamento del fonema /aː/. La forma

plurale, invece, mantiene l'aspetto morfologico arabo seguendo la regola grammaticale

dell'attaccamento del suffisso -āt ai sostantivi femminili.

3.3 Notizie politiche

Notizie politiche

Nota dei poteri- Messico e Belgio

Scritti dal Messico.

Un evento che si può considerare come

l'epilogo di un grande fatto storico che si è

appena prodotto. Il ministro del Belgio ha

presentato al presidente della Repubblica

messicana, il generale (ǧinrāl) Porfirio Diaz,

il cordone dell'ordine di Leopoldo, a

testimonianza dell'alta stima del re dei belgi

اخبار سياسية و بلجكاالكسيكمذكرة الدول-

).مكسيكوكتب من (ج��رى هن��ا ام��ر يع��د خات��ة لادث��ة تاريي��ة مهم��ة و

(بورففيي�و دي�از) الن�رالهم أن س�في بلجك�ا س�لىمرائي��س جهوري��ة (الكس��يك) و س��ام (ليوبول��د) م��نالرتب����ة الول علم����ة لزي���د اعتب����ار مل����ك (بلجك����ا)لرئيس حكومة (الكسيك) وله�داء ه�ذه النش�اب

53

nei confronti del capo del governo messicano.

Ciò che conferisce un significato particolare a

questo avvenimento è che il re Leopoldo è il

fratello dell'ex imperatrice (imbarāṭūra)

Charlotte. [...]

اهي�ة خاص�ة ب�النظر لك�ون خض�رة الل�ك (ليوبول�د) السابقة (شارلوت)[...] المباطورةهو شقيق

L'Ordine di Leopoldo è uno dei tre ordini nazionali belgi. Esso è il più alto, ed è stato

dedicato al Re Leopoldo I del Belgio, fondatore dello stato belga. Esso consiste in

onorificenze militari, marittime e civili. Con Gran Cordone (Grootlint) si fa riferimento al

momento in cui il re indossa una collana d'oro e una fascia trasversale oltre alla placca sulla

parte sinistra del petto; è riservato esclusivamente a membri della famiglia reale belga o a

regnanti, principi e capi di Stato di altre nazioni (in questo caso il presidente del Messico,

1876-1880).

• Nello stesso testo sono presenti due versioni differenti per designare il nome proprio

Messico, dal francese Mexique, resi con maksīk e maksīku. Anche in questo caso è

possibile individuare un'indecisione linguistica di assimilazione per la resa dei termini

di origine non semitica. Il fonema /e/ è stato adattato attraverso il ricorso al fonema /a/.

In assenza del grafema /x/, la consonante fricativa velare sorda /ks/ è resa con l'utilizzo

delle consonanti kāf e sīn. L'allungamento della vocale /iː/ serve per la resa fonetica di

derivazione dal francese che pone l'accento sull'ultima sillaba.

• Il termine ǧinrāl è un sostantivo derivante dal vocabolo francese général, dal latino

generalis “relativo ad una classe intera”, derivato di genus “classe, genere”. La scelta

stilistica e linguistica di assimilare il termine francese avviene attraverso la

sostituzione dei morfemi francesi con quelli arabi. In assenza della vocale /e/,

appartenente alla prima sillaba del sostantivo francese, in arabo si è optato per la

sostituzione di tale fonema con quello a apparentemente più vicino, ossia /i/. Benché

nella seconda sillaba del termine francese non vi sia una vocale breve, assistiamo al

fenomeno di apocope. In ultima istanza, l'allungamento della vocale /aː/ ha contribuito

ad una resa fonetica efficace della tradizionale tendenza del francese a porre l'accento

sull'ultima sillaba.

• Il sostantivo imbarāṭūra rappresenta la forma femminile araba di quella maschile

54

imbarāṭūr (imperatore). Questo deriva dal francese empereur, da empire ma è chiaro

come, in realtà, il neologismo arabo derivi dal latino imperator e come, grazie

all'influenza del francese (lingua romanza), esso abbia potuto prender vita. Ciò è

possibile poiché solamente pochi prestiti appaiono alla forma plurale; quelli che

appaiono in forma plurale acquisiscono il suono e la morfologia del femminile plurale

arabo (anche nel caso di referenti maschili). In questo caso particolare è riscontrabile

una scelta stilistica e linguistica araba di derivare la forma femminile direttamente dal

prestito maschile e perciò di non assimilare anche la forma femminile derivante dal

francese (impératrice). La scelta morfologica e fonologica araba di assimilare la forma

maschile attraverso il processo di arabizzazione ha portato ad un cambiamento

consonantico dell'originale /p/ in /b/ a causa della mancanza, all'interno dell'alfabeto

arabo, di tale consonante. Allo stesso modo, la vocale /e/, assente nel sistema

fonologico arabo, è stata sostituita dalla fonema /a/.

I giapponesi e la Russia

I giapponesi immaginavano che l'Europacivilizzata (al-mutamaddana) avrebbepermesso loro di sistemarsi a loro gradimentoin Corea e in Cina; ora, si rendono conto diessersi sbagliati nei loro calcoli. Le tre grandipotenze esigono che il Giappone lasci laCorea tranquilla e che ritiri le sue truppe dallapenisola (šabbah ǧazīra) di Liao-Tang.7 Perciò che concerne il Liao Tang, i giapponesinutrono il forte desiderio(confidano) (al-qatraǧāhā) di non abbandonare il paese. Essiavevano riposto la loro speranza negli inglesiche avevano affermato che l'intervento delletre grandi potenze non avrebbe portato adalcun risultato. I giapponesi non hannoconsiderato una circostanza importante (lamtaʿtabir al-amr al-muhim fī haḏihi al-maʾâsala) [...]

اليابانيون و ألروسيا[...]ك�������ان (الياب�������انيون) يتص�������ورون ان (أوروب�������ا)

تسمع لم أن يروا م�ا ي��وافقهم ف (كوري�االتمود نةو الص��������ي) و الي��������وم نظ���������روا أن الم��������ال ك��������انتت��������ادعهم لن ال��������دول الثلث ال��������ذكورة اردون أنت����������تك(اليابان) (كوري�����ا) عل�����ى حال�����ا و تس�����حب

(الي���������اوتنغ). أم���������ا ش���������به جزي���������رةجنوده���������ا م���������ن (الياب����������������ان)فتعب جش��������ل الرعب��������ة ف ع��������دم ت��������رك

عل�������ى الق�������ت رجاه�������ا(اللي�������اوتنغ) و ك�������انت ق�������د(النكلي�����ز) ال�����ذين اثبت������وا ل�����ا أن ت�����داخل ال�����دول

ل تعت�ب الم�رالثلث ل يكون ذا نتيج�ة غي ان�م [...]. الهم ف هذه السألة

7 Si tratta del conflitto (1904-05) che pose di fronte le due nazioni per la supremazia in EstremoOriente.

55

• Il termine al-mutamaddana (civilizzato/a) è un aggettivo derivante dal verbo di II

forma maddana (civilizzare) e da quello di V forma tamaddana (essere civilizzato). In

questo caso siamo di fronte ad un fenomeno di derivazione di una parola sulla base di

una o più radici verbale, l' ištiqāq. Si tratta infatti di una piccola derivazione, tra le due

espressioni vi è una corrispondenza reciproca in ciò che riguarda le consonanti ed il

loro ordine. L'aggettivo è un neologismo derivato sulla base di una radice verbale

preesistente.

• I termini šabbah ǧazīra hanno il significato di penisola. Le traduzioni massicce e la

proliferazione del giornalismo nel XIX secolo influenzarono significativamente il

linguaggio arabo moderno, il quale fu costretto a far fronte all'inondazione di

neologismi occidentali attraverso la formazione di termini composti tradotti sotto

forma di traduzioni. In questo caso siamo di fronte a al- ištiqāq bi al-tarǧamah poiché,

è avvenuta una traduzione sulla base del vocabolario tradizionale arabo.

• Nel frammento di testo proposto al-qat raǧāhā (confidare) e lam taʿtabir al-amr al-

muhim fī haḏihi al-maʾâsala (non considerare il lato serio di questo affare)

rappresentano delle espressioni tradotte letteralmente dal francese (elle a mis sa

confiance; n'envisager pas le côté sérieux de cette affaire). Si tratta di un calco

relativo alla traduzione attraverso cui si formano nuovi composti di lessemi

traducendo letteralmente i singoli componenti di una frase straniera.

3.4 Notizie commerciali ed industriali

Commercio e industriaAmmissione della ferrovia di Hauran8

La compagnia della ferrovia (sikka ḥadīd) diHauran9 ha richiesto al ministero dei lavoripubblici (wizāra al-nāfiʿa) di inviare unacommissione tecnica (liǧna fanniyya) perl'ammissione momentanea delle sezioni deibinari già terminati.

في التجارة و الصناعةسكة (حوران)

وزارة النافع��ة (ح���وران) م��ن س��كة حدي��دالتمس��ت ا القس�ام لكي تس�تلم موقت � لنة فنيةالليلة ارسال

الت نز إنشاؤها من الط .

8 Le brevi notizie che seguiranno sono prese in prestito per un'analisi linguistica dal giornale arabo“Al-Bašir” (letteralmente “il nunzio”) del 1858.

9 Regione della Siria Meridionale, Il suo nome moderno deriva dal nome antico, Auranitide (in latinoAuranitis, che proveniva dalla città di Auran) e che significa letteralmente "regione cavernosa".

56

• Il termine sikka ḥadīd (o sikka ḥadīdiyya) significa ferrovia, esso rappresenta uno dei

principali termini apparsi parallelamente all'avvento della modernizzazione nei paesi

arabi tra il XIX e il XX secolo. Uno dei primi progetti ferroviari africani risale al

1833, quando il sovrano egiziano Muḥammad ʻAlī studiò un metodo di collegamento

che andasse dal Cairo a Suez. Il progetto non fu finanziato. Nel 1851 il nuovo leader,

Abbas Pasha, firmò un contratto con Robert Stephenson per la costruzione di una

ferrovia egiziana10.

• Questo termine rappresenta pienamente un esempio di come il lessico arabo

tradizionale sia stato rielaborato dai linguisti del XIX secolo per far fronte all'arrivo di

nuovi mezzi di trasporto dall'occidente. Il termine deriva dal francese chemin de fer e

rappresenta un neologismo nato grazie all'accostamento di due parole appartenenti al

vocabolario arabo sikka (stazione) e ḥadīd (ferro) tramite il processo linguistico del

ištiqāq. Grazie all'introduzione della rete ferroviaria nacquero altri neologismi come:

maḥalla al-intiẓār (sala d'attesa), silk-aslāk (rotaia/e), ḫaṭ (linea), ʿaǧala (vagone), al-

daraǧa al-ūlaỳ /al-ṯānīa / al-ṯāliṯa (prima, seconda, terza classe). Un cenno a parte va

fatto per qitār (treno) che, letteralmente, designa una fila di cammelli attaccati gli uni

agli altri.

• Anche wizāra al-nāfiʿa (ministero dei lavori pubblici) e liǧna fanniyya (commissione

tecnica) sono considerati due neologismi nati nel XIX secolo in seguito alla nuova

ondata di innovazione politica e culturale proveniente dall'Occidente. Essi

rappresentano tutta quella serie di neologismi nati grazie all'accostamento di due

parole preesistenti nel vocabolario arabo e che sono state riadattate alle nuove

esigenze moderne attraverso il metodo linguistico ištiqāq.

Sottoscrizione della ferrovia di Ḥaifa11

Apprendiamo che la sottoscrizione (al-

iktitāb) aperta in Inghilterra per la ferrovia di

Ḥaifa ha ricevuto un'accoglienza eccellente

da parte dei capitalisti (al-mutawwamilūn)

[...]

)حيفاسكة ( ال��ذي أشفتت��ح ف انكل��تا س��كة الكتت��ابعلمن��ا أن

برعب��ة كلي�ة التمول��ونحدي�د (حيف�ا) ق�د اقب�ل علي�ه[...]

10 “Revue d'Histoire des chemins de fer” n.7 (Automne 1992) contiene 4 articoli sulle ferrovieafricane.

11 Ḥaifa, capitale del nord di Israele e terza città per estensione, sorge in una baia naturale, tra labellezza del Mediterraneo e la poesia del Monte Carmelo.

57

• Il sostantivo iktitāb, che significa sottoscrizione, deriva dal verbo iktatāba, derivato a

sua volta dalla radice verbale k-t-b (scrivere). Si tratta di un neologismo che può essere

ritenuto l'apologia del processo dell'ištiqāq poiché non solo è ottenuto tramite

l'attualizzazione di una radice già esistente, ma anche attraverso l'adattamento di

quest'ultima ad un nuovo significato moderno attraverso la sua rielaborazione.

• Al-mutawwamilūn, plurale maschile di al-mutawwamil (capitalista), è un sostantivo

che, in occidente, iniziò a circolare negli ambienti del socialismo utopistico intorno

alla metà del XIX secolo, per indicare e stigmatizzare il sistema economico nel quale i

lavoratori erano esclusi dalla proprietà del capitale. Nei paesi arabi questa accezione

arrivò solo qualche decennio più tardi. Il termine deriva da māl (capitale), anch'esso

rappresenta un neologismo apparso in seguito alla diffusione dei giornali e della

modernità. Quest'ultimo rappresenta un chiaro esempio del processo di estensione

semantica grazie al processo linguistico di derivazione dell'ištiqāq. Il termine māl

significa letteralmente “denaro, soldi, monete” e ha acquisito il significato odierno di

“capitale” solo in seguito all'arrivo della modernità. In tal modo è stato possibile

creare dei neologismi come al-mutawwamil(ūn).

3.5 Corrispondenze ufficiali

Al console generale tornato da un

congedo

Signor console (qunsulūs) generale (ǧinrāl)

dell'Iran rispettabile consapevole del

beneficio di eccellenza, la vostra lettera

datata 12 agosto (aġusṭus) '93, sub n°31, ci

annuncia che siete di ritorno dal vostro

congedo e che avete già ripreso la direzione

degli affari del vostro consolato (qunsulātū).

Vi rivolgiamo le nostre congratulazioni del

vostro felice ritorno e vi preghiamo di

gradire, etc.. [...]

عاد من ألجازةجنرال قنسلوسإلى قنس�������لوس جن�������رال دول�������ة (إران) س�������عادتلو م�������تم

12حض��رتلري عشل ��م م��ن اف��ادة س���عادتكم الرقيم��ة ان����ه ل����دى ع����ودتكم م����ن31 ن����ره 93 اغس����طس جن����رالالقنس����لتوباش����رت مه����ام أش����غال ألج����ازة

فنهنئ سعادتكم بسلمة الق�دوم و اقبل�وا من�ا مزي�دالحتام أفندم. [...]

58

Il testo proposto è presente in un'edizione di Al-Waqā’i‘ al-Miṣriyya del 1893 il cui

obiettivo principale era quello di diffondere informazioni pratiche relative agli sviluppi del

piano riformatorio dell'allora khedivé Ismā’il. In questo frammento è proposto un encomio ad

un ufficiale devoto ritornato da un congedo sotto forma di epistola ufficiale. Anche in questo

genere di pubblicazioni è possibile riscontrare delle particolarità linguistiche e delle nuove

forme lessicali precedentemente inesistenti nel lessico arabo.

• Il sostantivo qunsulūs (e il suo derivato qunsulātū) deriva dal francese console, con

un'influenza probabile dei verbi consolider-consoler “addolcire un disturbo o un male

fisico, sostenere”, dal latino classico consolari “confortare, consolare”, derivato di

solari “cercare di alleviare”. Il termine è apparso in altri testi in forme differenti:

qunṣul o qunsul ma anche kunṣūl12. E' perciò chiaro che anche in questo caso si assiste

ad un'indecisione linguistica relativa all'assimilazione e alla trascrizione in chiave

araba di termini stranieri di origine non semitica. Nel caso proposto13, il termine

presenta dei cambiamenti morfologici e fonologici nella scelta dei fonemi vocalici

poiché, in assenza del fonema /o/, è stato necessario sostituire quello di origine

romanza con /u/.

• Il sostantivo aġusṭus è un nome che deriva dalle lingue romanze, probabilmente dal

francese o dall'italiano e ha il significato di Agosto. In Egitto, così come nei documenti

ufficiali turchi, per descrivere i mesi dell'anno si impiegavano le denominazioni sia

francesi che italiane: ianāīr (gennaio), fibrāīr (febbraio), mārṯ (marzo), abrīl (aprile),

māīu (maggio), iunīu (giugno), iulīu (luglio), aġusṭus (agosto), sitimbir (settembre),

uktubir (ottobre), nufimbir (novembre), disimbir (dicembre). Nel caso proposto, il

termine aġusṭus presenta delle particolarità morfologiche e fonologiche dovute alla

necessità di adattamento della lingua araba alle nuove esigenze derivanti

dall'occidente. Il suono della occlusiva velare sorda /g/ è riprodotto in chiave araba

tramite il suono /ʁ/ e quindi attraverso l'utilizzo della consonante uvulare ġayn.

12 Rolland, Jean-Claude, Etymologie arabe: dictionnaire des mots de l'arabe moderne d'origine nonsémitique, Lione: lulu.com, 2014.

13 Washington-Serruys, L'Arabe moderne étudié dans les journaux et les pièces officielles. Beirut,Imprimerie catholique, 1897. p.54

59

Stabilimento di un cordone sanitario

Al reverendo console generale,

Reverendo nobile, che Dio onnipotente vi

protegga, ho l'onore di informarvi che sul

parere del Consiglio Sanitario superiore di

Costantinopoli attraverso un telegramma che

un vilayet (provinciale) di Siria ci ha

trasmesso ieri sera, in seguito a due casi di

morte per colera (al-kūlīrā) nella città di

Beirut, la Sublime Porta14 ha ordinato di

stabilire immediatamente un cordone

(qūrdūn) intorno alla città e di impedire ogni

comunicazione con l'esterno.

إقامة قوردون أي نطاق صحيإل جناب رتبتلو قونسلوس جنرال

جن���اب الك���رم حض���رة ال��ب الص���ديق الج���ل ال��تمحفظ�����هش ال تع�����ال ان�����هش بن�����اء عل�����ى ألوم�����ر التلغرافي�����ةالس����امية ال���ت ص���ار ش���رف وروده���ا ام���س مس���اء م���ن

ليل����ة البني����ةج����انب الب����اب الع����ال بواس����طة الولي����ة ال بالس�تانة العالي��ة التض�منةعل�ى أش�غار نظ�ارة الص�حة

يقتضي بالكولياانهش نظرا لوفاة شخصي ف (بيوت)د بكام����ل الس����رعة ح����ول مدين����ة ق����وردونعم����ل مش����د

ي����ت ب����ا م����ن جي����ع جهات����ا لج����ل من����ع (بيوت) يشاختلطها بالكلية مع الارج [...]

Il testo presentato rappresenta una lettera ufficiale contenuta nel giornale Ḥadīqat al-aḫbār,

fondato a Beirut nel 1860, fu per molto tempo l'organo ufficiale della provincia siriana e

apparve sia in francese che in lingua araba.

Il colera era una malattia endemica di alcune zone asiatiche e soprattutto dell'India

segnalata già nel 1490 nella regione del delta del Gange da Vasco de Gama. Nel corso

dell'Ottocento, a causa di movimenti militari e commerciali dell'Inghilterra nel continente

indiano, e delle macchine a vapore che resero sempre più numerosi i viaggi, il colera

cominciò a diffondersi su quasi tutto il globo. Nel luglio del 1821 giunse nel Mare Arabico

con una spedizione inglese inviata per soffocare la tratta degli schiavi, precisamente a Masqat,

importante snodo del traffico marittimo sulle coste d'Arabia, dove l'elevato numero di morti

rese impossibile il seppellimento nei cimiteri perciò migliaia di cadaveri furono affondati in

alto mare. Nel mese di agosto dello stesso anno approdò in altre città delle coste arabe e del

Golfo Persico. Dai porti persiani, punti nevralgici degli scambi commerciali tra la Persia e le

Indie inglesi, l'epidemia serpeggiò nella primavera del 1822 verso il Tigri e l'Eufrate fino a

14 Il nome deriva dal portone, situato a Istanbul nelle immediate vicinanze del Topkapi, checonduceva al quartier generale del gran visir, dove il sultano teneva la cerimonia di benvenuto pergli ambasciatori stranieri. Il termine ha origine dal francese, che era la lingua franca delladiplomazia europea. In seguito passò ad indicare il Ministero degli Esteri e in epoca contemporaneal'ufficio del governatore della Provincia di Istanbul. Il nome è stato interpretato anche comeriferimento alla posizione dell'Impero Ottomano, come punto di passaggio tra Europa ed Asia.

60

Baghdad. Nel 1823 arrivò in Siria, in Anatolia, a Tripoli e verso il Libano. L'infezione si

bloccò sulle coste del Mar Caspio nel settembre del 1823 a causa delle rigidissime

temperature facendo alimentare la speranza che il morbo asiatico, giunto dai caldi Paesi

orientali, sarebbe stato incompatibile con le temperature occidentali.

Il cordone sanitario costituisce una misura di carattere profilattico e di grado estremo, usata

specialmente in passato, consistente nell’isolamento completo e forzoso di una comunità o di

un territorio colpiti da malattie infettive a carattere epidemico.

• Il termine al-kūlīrā deriva dal francese choléra, dal latino cholera, dal greco antico

[χολέρα] kholéra, legato alla bile. Da un punto di vista linguistico è chiaro che

l'assenza all'interno dell'alfabeto arabo ha portato ad una resa etimologica del termine

quanto più vicina all'originale attraverso l'utilizzo del fonema /u/ in sostituzione di /o/

e del suono /i/ in sostituzione di /e/. Nonostante esista il termine bile (ṣafrā’) e

nonostante esista il sinonimo hawāʼ aṣfar (lett. aria gialla), il processo linguistico

utilizzato è quello relativo all'assimilazione di termini stranieri (taʿrīb) attraverso

l'adattamento morfologico arabo ai fonemi e ai grafemi d'origine.

• Il termine francese cordon sanitaire è apparso per la prima volta nel 182115 ed è stato

adottato dal lessico arabo dopo la comparsa del colera qualche anno più tardi. Nel

periodo moderno, le accademie linguistiche tentarono di adottare una linea di condotta

restrittiva, permettendo i prestiti solo dalla terminologia scientifica che mantennero la

propria forma straniera. Nonostante fosse possibile utilizzare la soluzione niṭāq ṣihiyy

(lett. campo/ambito/serie relativo alla salute), fu adottato il sostantivo qūrdūn. Si tratta

di un termine un derivato dall'originario francese attraverso il processo di

assimilazione e, anche in questo caso, è possibile riscontrare una combinazione tra ciò

che rappresenta il carattere etimologico di una data parola e la sua parte fonologica. E'

sconosciuto il motivo per cui si è deciso di utilizzare l'occlusiva velare sorda qāf per

riprodurre il suono della consonante palatale occlusiva /c/ quando in realtà tale suono è

presente anche in arabo con la lettera kāf. Poiché il sistema vocalico arabo non dispone

di un fonema corrispondente ad /o/ la scelta di trascrizione del termine originale

francese ricade sull'utilizzo del fonema /u/. Infine, il suono nasale /õ/, anch'esso

assente nel sistema vocalico arabo, è reso attraverso l'accostamento della vocale /u/ e

la consonante /n/ riprendendo letteralmente il termine originale.

15 Vedi cordon sanitaire. Latouche, L'Héritier, Lettres amans. (1821) p. 75.

61

Lettera allegata ad un'assegnazione

Al reverendo Console Generale,

Reverendo nobile, che Dio onnipotente ti

protegga, in base alla proposta avanzata dal

sostituto del Procuratore generale, a Beirut, vi

invio con la presente in allegato due

assegnazioni da esaminare, emanate dal

tribunale penale, pregandovi di volerle

trasmetterne una a una delle sentinelle

(iusāqiǧīa) del vostro consolato, e di

rinviarmi la seconda dopo avergliela fatta

firmare e datare.

رقيم متضمن ورقة جلبإل جناب رتبتلو قونسلوس جنرال دولة …

جناب الكرم حضرة الب الصديق الجل ال��تمحفظ����ه ال تع����ال بن����اء عل����ى التقري����ر التق����دم م����نمعاون م��د عي عم��ومي (بيوت) مشرسو��ل طي��ه ورق�وتو��

جل����ب ص����ادرتي م����ن دائرة ال����زاء لج����ل تبلي����غ و قنس��لتو يس��اقجيةوعط��اء أح��داها إل فلن اح��د

جن����ابكم وإمض����اء الثاني����ة من����هش م����ع التاري����خ عليه����ا [...]

• Il termine iusāqiǧīa ha il significato di sentinella, esso rappresenta un nome composto

nato grazie al processo di formazione delle parole noto come al-naḥt. In questa

metodologia il principio di analogia con modelli arabi originali può essere

legittimamente applicato, assicurando in tal modo la continuità delle caratteristiche

essenziali del linguaggio arabo. Seguendo la catalogazione di ʿAbd al-Qādir Al-

Maġribī 16 è possibile identificare che la metodologia adottata per la formazione di

questo termine corrisponde a al-naḥt al-ismī. In questo caso siamo di fronte alla

combinazione di un sostantivo e una desinenza; il termine infatti è composto dal nome

iusāq, difesa, e dalla desinenza ǧī che esprime il mestiere, la professione. Cosicché

una sentinella o un portiere dice “iusāq!” per impedire a qualcuno di entrare17. Esso

rappresenta un sinonimo di qawwās (fabbricante di archi; arciere; tiratore; gendarme;

guardia di una rappresentanza diplomatica in Oriente18).

16 Vedi cap.2, paragrafo 2.2.3

17 Washington-Serruys, L'Arabe moderne étudié dans les journaux et les pièces officielles. Beirut,Imprimerie catholique, 1897.

18 Traini, Renato, Vocabolario Arabo-Italiano, Roma, Istituto per l'Oriente, 1993.

62

Reclamo di un commerciante

Signor console (grandioso) del paese …

Abbiamo l'onore di portare alla vostra

conoscenza che nel negozio della dogana,

qui, per negligenza, alcuni operaie hanno

fatto cadere in mare una gomitolo (bāla) di

filo di cotone della marca (mārka) SDA n°1

che ci era arrivata da Liverpool. Il gomitolo è

stato ripescato ma ha subito una forte avaria

(muʿawwara) d'acqua di mare ed è stato

venduto all'asta per la somma di 6693

piastre... [...]

تظظلمم من نظارة الكمركسعادة قونسلوس دولة … ألفخيمة

بارك�ة غ�زل م�ن (ليفرب��ول) بال�ةالع�روض حض�ر لن�اADS وص�ار تغريقه��ا ب�الكمرك هن��ا فم�ن1 ن�ره

بع������د وص������ولا س������الة الش������غيلة ف الكم������رك لع������دم كليا�����امع�����و رةانتب�����اههم أوقع�����وا ف ال�����ر و طل عوه�����ا

ف���الكمرك باعه���ا ب���الزاد و بل���غ بيعه���ا عمل���ة دارج���ة [...] 6693قرش

• I termini bāla e mārka sono nomi derivanti dal vocabolario appartenente alla lingua

francese (balle e marque), divenuti neologismi in seguito ai rapporti commerciali con

l'Occidente durante il XIX secolo. L'elaborazione linguistica di questi sostantivi dal

francese è chiaramente avvenuta tramite il processo di assimilazione di termini

stranieri (taʿrīb) e attraverso l'adattamento del sistema morfologico e fonologico arabo

alle parole provenienti dal mondo occidentale.

• Il termine muʿawwara (lett.avariare/andare in avaria/deteriorarsi) è un neologismo

apparso nel XIX secolo e ottenuto grazie al processo linguistico dell' ištiqāq. Facendo

particolare riferimento alla classificazione di Ğurğānī19 è possibile constatare che esso

appartiene a quella classe di termini ottenuti tramite piccola derivazione (al-’ištiqāq

al-ṣaġīr) poiché questo verbo ha potuto formarsi dal sostantivo ʿawāriyya (avaria).

Quest'ultimo è un neologismo nato anch'esso nel 1800 grazie agli scambi commerciali

con le potenze occidentali. Si tratta di un sostantivo ottenuto grazie al processo di

assimilazione di parole straniere (taʿrīb), in particolare esso deriva dal francese avarie.

Dal punto di vista linguistico, in assenza della consonante fricativa labiodentale /v/, è

stato necessario adattare questa mancanza con l'ausilio della vocale /u/.

19 Vedi capitolo 2, par. 2.2.2

63

Conclusione

Fra lingue diverse presenti in un repertorio, e più generalmente fra lingue diverse i cui parlanti

vengano in qualche modo o si trovino ad avere rapporti comunicativi, si crea tutta una serie di

fenomeni di contatto, variamente condizionati dai caratteri sociolinguistici delle comunità

interessate. Fra i principali fenomeni e conseguenze del contatto linguistico vanno menzionati

l'interferenza e i prestiti da un lato e la commutazione di codice dall'altro.

Secondo la linguistica generale1, la nozione di interferenza riguarda l'influenza che un

sistema linguistico può avere su un altro, e il termine è spesso usato per coprire tutta la

gamma di fenomeni che avvengono in tal caso, e che consistono essenzialmente nel trasporto

di materiali linguistici (elementi, parole, regole, tratti, costrutti, categorie, opposizioni

funzionali, significati) da una lingua ad un'altra. L'interferenza può riguardare tutti i livelli di

analisi, spesso si manifesta sotto la superficie linguistica: il materiale linguistico di superficie

è interamente in una lingua, ma il modo in cui esso è organizzato risente dell'influsso dell'altra

lingua.

Quando ciò che viaggia da una lingua a un'altra è materiale linguistico di superficie

(fonemi, morfemi, parole, locuzioni, ecc.), e in particolare quando si tratta di elementi

lessicali, si parla più precisamente di “prestito”. L'uso dei prestiti, elementi del lessico presi

da un'altra lingua, non necessariamente implica il bilinguismo dei parlanti. Il prendere unità

lessicali da un'altra lingua (e in particolare dalla lingua che in un certo contesto storico è

dominante) è fisiologico e normale nella storia di tutte le lingue. Il lessico di una lingua è

infatti un insieme composito anche in relazione alla provenienza dei suoi elementi, essendo

costituito sia da lessemi di tradizione o formazione indigena, sia, in misura di solito ridotta,

ma comunque evidente, di lessemi provenienti da altre lingue, detti “forestierismi”. I prestiti

subiscono quasi sempre un adattamento (cioè un adeguamento parziale alle strutture proprie

del sistema ricevente) nella fonetica, e non raramente nella fonologia e nel significato,

diventando così pienamente integrati nella lingua che li accoglie. Dušš (doccia, dal francese

douche [duʃ]) è un prestito foneticamente adattato. Imbarāṭūriyya (dal francese impérial) è

un'integrazione morfologica, con aggiunta del morfema derivazionale arabo.

Quando ciò che passa da una lingua a un'altra non è una parola o un'espressione nei suoi

aspetti formali, ma il suo significato, o la sua struttura interna, resi con mezzi propri della

1 Berruto Gaetano; Cerruti Massimo, La linguistica. Un corso introduttivo, UTET Università, 2011.pp. 265,266.

64

lingua ricevente, si parla di calchi: sikka ḥadīd riproduce il francese chemin de fer,

letteralmente “strada di ferro”. Le interferenze, i prestiti e i calchi sono fenomeni che

avvengono sul piano del sistema linguistico e nell'arabo questi fenomeni sono riscontrabili

nelle parole di origine non semitica in cui si è ricorso ai processi di espansione lessicale.

La lingua araba è in continua espansione grazie al suo carattere introflessivo, per cui a

partire da una radice lessicale triconsonantica è possibile ottenere altre forme grazie a

transfissi, prefissi e suffissi.

Nelle lingue si verificano fluttuazioni, cambiamenti graduali, sviluppi. I colloquialismi

locali diventano generalizzati, le espressioni idiomatiche, i modelli linguistici attraversano i

confini diventando assimilati dai linguaggi limitrofi. Ed è questa ultima forma che ci

interessa, l'arabo moderno diviene un qualcosa di diverso dall'arabo tradizionale. L'arabo

moderno è divenuto un linguaggio utilizzabile, funzionale. Esso ha eliminato tutto ciò che non

fa più parte del nostro pensiero e delle nostre esperienze e lo ha sostituito con gli aspetti più

rilevanti della realtà moderna. L'arabo moderno è stato semplificato.

Nel XIX secolo gli scrittori e i linguisti arabi vedevano l'Occidente e la modernità con

occhi smarriti, senza un sistema linguistico di riferimento. La loro impotenza non era dovuta

solamente alla mancanza di un vocabolario adeguato, ma anche alla incapacità di chiamare i

nuovi oggetti, i nuovi ideali e i nuovi concetti con il loro nome. Questa è la prova che l'essere

umano non pensa in termini di oggetti, ma nei termini della loro correlazione e relazione con

noi, con le nostre conoscenze e con le nostre esperienze. In questo periodo i linguisti arabi

stavano creando un nuovo vocabolario senza ancora realizzare realmente un nuovo idioma.

Essi non pensavano ancora come uomini moderni perché il pensiero, per qualsiasi scopo

pratico, è inseparabile dal linguaggio. I primi modernisti erano principalmente neoclassicisti e

credevano di poter incidere le nuove parole sulle forme linguistiche rigide appartenenti al

linguaggio classico. La cultura araba moderna non rappresenta un fenomeno autoctono, è una

cultura che ha assimilato e preso in prestito concetti e pensieri, comprendendo che il mondo

moderno era un qualcosa che qualcun altro aveva creato. Per questi motivi, l'influenza

occidentale non fu sentita solamente dal vocabolario, ma anche in un nuovo stile e ritmo di

pensiero, da cui risultò un nuovo sentimento nei confronti del linguaggio. I nuovi pensieri

assimilati produssero nuove configurazioni linguistiche.

La scoperta che mancava un collegamento misterioso per una trasfusione di pensiero dalla

cultura occidentale a quella araba originò frustrazione specialmente tra i linguisti e gli scrittori

della seconda metà del XIX secolo. Nonostante le differenze strutturali tra la lingua e la

65

grammatica araba e quelle europee apparvero nuovi lessemi grazie ai metodi linguistici

adottati per l'espansione lessicale. L'arabo continuò, morfologicamente, a rimanere una lingua

semitica sebbene la sua sintassi, in seguito alla forte influenza europea, si conformò ad una

nuova dinamica di origine non semitica. Il pensiero arabo moderno è divenuto una

diramazione di quello occidentale e trattiene sempre meno le rigide abitudini semitiche così

come tende ad trattenere sempre di meno i calchi idiomatici tradizionali e le particolarità

strutturali. Il linguaggio arabo moderno può essere visto come un modello di linguaggio molto

più flessibile rispetto alle sue origini in riferimento ad una nuova dimensione di espressione

per cui serve da strumento. In questo periodo l'arabo moderno trasla lentamente,

allontanandosi dalle sue forme classiche e colloquiali seppur mantenendone la struttura

morfologica; esso è sempre più vicino alla forma e allo spirito delle famiglie linguistiche

occidentali.

Molto probabilmente la sintassi araba subirà dei cambiamenti di vasta portata dettati da

nuovi pensieri moderni e dinamici. Le categorie delle frasi nominali e verbali non

rappresenteranno le caratteristiche principali del linguaggio. La frase araba diventerà più ricca

di frasi subordinate e il loro ordine e il loro coordinamento sarà tanto flessibile quanto le

nuove abitudini di pensiero. Dei nuovi sviluppi secondari saranno i risultati dei prestiti

idiomatici primari avvenuti nel periodo preso in analisi e essi stessi potranno a loro volta

produrre nuove espressioni moderne. Le imitazioni analogiche e i prestiti comporteranno

ulteriori derivazioni stilistiche e lessicali che andranno di pari passo con il nuovo spirito del

linguaggio. Il futuro della lingua araba comporterà quindi dei compromessi tra le due sorgenti

linguistiche primarie del classicismo e del colloquialismo tanto contrastanti quanto presenti

sullo stesso binario dello sviluppo verso una morfologia e una sintassi dettata dalle abitudini e

dai pensieri dei parlanti. Solamente in questo frangente, nel quale si avrà finalmente una

lingua attraverso cui pensare, gli arabi saranno in grado di superare i conflitti interni alla

propria lingua, così indifesa di fronte al linguaggio colloquiale, incapace di riflettere le

abitudini dei suoi utenti. Il linguaggio arabo moderno diventerà una lingua per i pensieri

moderni, per una civiltà completamente sviluppata tanto che possiederà la vitalità necessaria

per sostituire i dialetti parlati senza doverli sopprimere artificialmente.

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