curiositas e caligo sondaggi sulla sopravvivenza di due topoi da boezio a tasso

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Materiali e discussioni per l’analisi dei testi classici Pisa Roma Istituti Editoriali e Poligraci Internazionali

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Materiali e discussioniper l’analisi dei testi classici

Pisa ⋅ Roma

Istituti Editorialie Poligrafici Internazionali

R i v i s t a s e m e s t r a l e

D i r e t t o r e : Gian Biagio Conte (Scuola Normale Superiore, Pisa)

C o m i t a t o s c i e n t i f i c o : Alessandro Barchiesi (Università di Siena-Arezzo),Maurizio Bettini (Università di Siena), Mario Citroni (Università di Firenze),Marco Fantuzzi (Università di Macerata), R. Elaine Fantham (Princeton Uni-versity), Rolando Ferri (Università di Pisa), Philip Hardie (Corpus Christi Col-lege, Oxford), Richard Hunter (Trinity College, Cambridge), Mario Labate (Uni-versità di Firenze), Glenn W. Most (Scuola Normale Superiore, Pisa), Alessan-dro Perutelli (Università di Pisa), Roberto Pretagostini (Università di Roma« Tor Vergata »), Michael Reeve (University of Cambridge), Gianpiero Rosati(Università di Udine), Luigi Enrico Rossi (Università di Roma «La Sapienza»),Richard Tarrant (Harvard University).

S e g r e t a r i d i r e d a z i o n e : Andrea Cucchiarelli (Università di Roma «La Sa-pienza »), Maria Luisa Delvigo (Università di Udine).

Sede della redazione : Dipartimento di Filologia Classica, Università degliStudi di Pisa ⋅ i Pisa, Via Galvani , telefono + , fax+ .

Si pregano gli autori, i cui articoli siano stati accettati, di inviare i dattilo-scritti in forma definitiva e di attenersi rigorosamente alle norme grafiche eai criteri di citazione elencati nelle ultime due pagine di ogni fascicolo dellarivista.

D i r e t t o r e r e s p o n s a b i l e : Gian Biagio Conte (Scuola Normale Superiore,Pisa)

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Valentina ProsperiCuriositas e caligoSondaggi sulla sopravvivenza di due topoi da Boezio a Tasso

CU R I O S I T A S

Ne l l a vicenda umana e letteraria di Tasso ha da tempo acqui-sito rilievo la lettera che il poeta inviò a Scipione Gonzaga il aprile , all’inizio della sua prigionia in S. Anna. È stato in par-ticolare già notato come in questo testo Tasso dia voce all’ango-scia della sua situazione presente secondo modalità letterarie, ecome in particolare la perorazione a Dio che nella lettera tiene laposizione centrale contenga la memoria di due canti della Libe-rata, il xiv e il xviii, relativamente agli episodi della conversionedel pagano Mago d’Ascalona e della purificazione di Rinaldo cheprecede la liberazione della selva incantata. Più esattamente, èstata notata la forte somiglianza delle ottave xiv, - con unpasso dell’epistola, passo nel quale spicca il sintagma «caliginedel mondo» già usato da Tasso per descrivere la condizione di Ri-naldo nel canto xviii.

Entrambi episodi di ‘conversione’, è parso suggestivo che lamemoria di essi rifluisse nella drammatica lettera al Gonzaga conla quale Tasso protestava la propria innocenza dalle accuse e in-sieme la propria fede in Dio: si è infatti parlato di vita che imital’arte. Ora, questa nozione è senz’altro condivisibile se la si in-tende nel senso che Tasso, anche nel frangente più drammaticodella sua vita, non potesse scindere neppure la scrittura più in-tima e accorata dalla memoria letteraria ed erudita che costituivail sostrato della sua langue poetica. Se la si intende invece nelsenso più ristretto di una pura ‘autoimitazione’ tassiana – dalpoema all’epistola – si perdono di vista proprio le rispondenze ele assonanze letterarie più ampie dei due testi.

Partiamo quindi dal testo anteriore, il canto xiv della Liberata,per individuare, se possibile, a quale o quali modelli risponda l’e-pisodio del Mago di Ascalona.

. D. Quint, Origin and Originality in Renaissance Literature. Versions of the Source,New Haven and London , p. n.

Valentina Prosperi

Nella Gerusalemme Liberata il Mago di Ascalona rievocava a bene-ficio dei due cavalieri cristiani il proprio passaggio dal pagane-simo alla religione cristiana e la nuova prospettiva che la fede gliaveva aperto sul mondo della natura oggetto delle sue indagini edei suoi incantesimi:

Nacqui io pagan, ma poi ne le sant’acquerigenerarmi a Dio per grazia piacque.[...]Di me medesmo fui pago cotantoch’io stimai già che ’l mio saper misuracerta fosse e infallibile di quantopuò far l’alto Fattor de la natura;ma quando il vostro Piero al fiume santom’asperse il crine e lavò l’alma impura,drizzò più su il mio guardo, e ’l fece accortoch’ei per se stesso è tenebroso e corto.Conobbi allor ch’augel notturno al soleè nostra mente a i rai del primo Vero,e di me stesso risi e de le foleche già cotanto insuperbir mi fero;ma pur seguito ancor, come egli vòle,le solite arti e l’uso mio primiero.Ben son in parte altr’uom da quel ch’io fui,ch’or da lui pendo e mi rivolgo a lui,e in lui m’acqueto. Egli comanda e insegna,mastro insieme e signor sommo e sovrano,né già per nostro mezzo oprar disdegnacose degne talor de la sua mano.

Il Mago non ha abbandonato dunque le antiche investigazioni,non le ha abiurate come indegne della sua nuova dimensione re-ligiosa : le ha anzi ricondotte all’interno di una nuova prospet-tiva, nella quale esse sono poste al servizio di Dio. Nel caso delMago la fede non ha interrotto bruscamente un’esperienza divita dedicata alla scienza; al contrario, l’ha consolidata.

Nella Consolazione della Filosofia di Boezio, il personaggio di Filo-sofia descrive con parole di compassione e rimpianto le mutatecondizioni spirituali e materiali di Boezio, che dalla più totale li-bertà, intellettuale e fisica, si trova ora non solo imprigionato, ma

. Liberata, xiv, -.

Due topoi da Boezio a Tasso

prostrato nello spirito tanto da non riuscire a sollevare lo sguardoda terra

Hic quondam caelo liber apertosuetus in aetherios ire meatuscernebat rosei lumina solis,visebat gelidae sidera lunaeet quaecumque vagos stella recursusexercet varios flexa per orbes,comprensam numeris victor habebat.Quin etiam causas, unde sonoraflamina sollicitent aequora ponti,quis volvat stabilem spiritus orbemvel cur Hesperias sidus in undascasurum rutila surgat ab ortu,quid veris placidas temeret horas,ut terram roseis floribus ornet,quis dedit ut pleno fertilis annoautumnus gravidis influat uvis,rimari solitus atque latentisnaturae varias reddere causas:nunc iacet effeto lumine mentiset pressus gravibus colla catenisdeclivemque gerens pondere vultumcogitur heu stolidam cernere terram.

(Cons. Phil. i, m. )

Se accostiamo ai versi - di questo metro le tre ottave nellequali il Mago descrive ai cavalieri cristiani le proprie attività ma-gico-scientifiche, non potremo mancare di notare più di una ca-suale rispondenza tra i due testi.

Né in virtù fatte son d’angioli stigil’opere mie meravigliose e conte(tolga Dio ch’usi note o suffumigiper isforzar Cocito e Flegetonte),ma spiando me ’n vo da’ lor vestigiqual in sé virtù celi o l’erba o ‘l fonte,e gli altri arcani di natura ignoticontemplo e de le stelle i vari moti.Però che non ognor lunge dal cielotra sotterranei chiostri è la mia stanza,ma su ’l Libano spesso e sul Carmeloin aerea magion fo dimoranza;ivi spiegansi a me senza alcun veloVenere e Marte in ogni lor sembianza,

Valentina Prosperi

e veggio come ogn’altra o presto o tardiroti, o benigna o minaccievol guardi.E sotto i piè mi veggio or folte or radele nubi, or negre ed or pinte da Iri;e generar le pioggie e le rugiaderisguardo, e come il vento obliquo spiri,come il folgor s’infiammi e per quai stradetortuose in giù rispinto ei si raggiri;scorgo comete e fochi altri sì pressoche soleva invaghir già di me stesso.

Esaminiamo partitamente le rispondenze tra i due testi tenendoconto che mentre per il protagonista della Consolazione l’indaginedei fenomeni naturali è proiettata in un passato archiviato trau-maticamente dall’incarcerazione, per il Mago tassesco essa è atti-vità viva e presente, nonostante si sia per lui conclusa la fase pu-ramente speculativa dell’esistenza. A ogni affermazione del Ma-go corrisponde perciò un’affermazione di identico contenuto madi segno opposto nel testo della Consolatio.

Entrambi i personaggi hanno familiarità con le regioni celesti,espressa nei termini di una vera e propria frequentazione fisica :

Hic quondam caelo liber a p e r t o / s u e t u s i n a e t h e r i o s i r em e a t u s

Però che n o n o g n o r l u n g e d a l c i e l o / tra sotterranei chiostriè la mia stanza / ma su ‘l Libano spesso e sul Carmelo / i n a e r e am a g i o n f o d i m o r a n z a

Entrambi sono dediti all’osservazione astronomica e gli astri nonserbano per loro alcun segreto.

c e r n e b a t rosei lumina solis, / visebat gelidae sidera lunae / e tq u a e c u m q u e v a g o s s t e l l a r e c u r s u s / e x e r c e t variosflexa per orbes, / comprensam numeris victor habebat.i v i s p i e g a n s i a me senza alcun velo / Venere e Marte in ogni lorsembianza / e v e g g i o c o m ’ o g n ’ a l t r a o presto o tardi / r o t i , obenigna o minaccievol guardi

La loro scienza, insomma, sa render conto di tutti i più riposti fe-nomeni della natura:

...rimari solitus atque l a t e n t i s / n a t u r a e varias reddere c a u -s a s

. Liberata, xiv, -.. Cons. Phil. i, m. , -.

Due topoi da Boezio a Tasso

ma s p i a n d o me ’n vo da’ lor vestigi / qual in sé virtù celi o l’erba o ’lfonte, / e gli altri a r c a n i d i n a t u r a i g n o t i / contemplo e de lestelle i vari moti.

Si apre qui ovviamente il problema di quale conoscenza avesseTasso della Consolatio anteriormente alla stesura del poema.Mentre infatti, negli scritti della prigionia e degli ultimi anni (Let-tere, Poema eroico, Dialoghi) non mancano, anche se rari, i cenni aBoezio, per il periodo anteriore si possono fare solo congetture.Forse il primo incontro con Boezio risaliva agli anni -,passati da Tasso alla scuola dei Gesuiti a Napoli e sappiamo chedurante la prigionia ebbe occasione di rileggere o leggere la Con-solatio mosso dalla suggestione di una comunanza di destini conl’antico filosofo. In ogni caso, dai dati in nostro possesso sem-bra emergere da parte di Tasso un tipo di fruizione della Consola-tio in linea col moderno gusto umanistico, che aveva archiviatol’opera come testo di scuola, ma continuava ad apprezzarne l’ele-ganza poetica. Nei Dialoghi del poema eroico Tasso colloca in-

. I Topica e il commento al De interpretatione vennero ufficialmente inseriti nellaratio studiorum dall’Ordine gesuita nel , ma è assai probabile che non si trattasseche di una ratificazione di uno status quo. Ringrazio il prof. Gian Paolo Brizzi perl’indicazione.

. Lettera a Alessandro Guarini del giugno : «Io pregherei Vostra Signoriache mi prestasse Boezio De Consolatione Philosophiae, s’io non avessi maggior vogliad’uscire che di leggere. Ma non potendo io vivere in prigione senza consolare mestesso in qualche modo, non le sia grave prestarlomi» (Tasso, Lettere, a cura di C.Guasti, Firenze , vol. ii, pp. -).

. Sulla sopravvivenza della Consolatio in età medioevale e moderna, vedi A. J.Minnis (ed.), The Medieval Boethius, Studies in the Vernacular Translations of De Conso-latione Philosophiae, Bury St Edmunds ; P. Courcelle, Etude critique sur les com-mentaires de la Consolation de Boèce, «Arch. d’Hist. Doctr.» , , - ; Idem, Laconsolation de Philosophie dans la tradition littéraire, Antécédents et Postérité de Boèce, Pa-ris ; Idem, La Survie comparée des Confessions augustiniennes et de la Consolationboécienne, in R. R. Bolgar (ed.), Classical Influences on European Culture A. D. -,« Proceedings of an International Conference Held at King’s College», CambridgeApril , Cambridge-London-New York-Melbourne , pp. - ; M. J. F. M.Hoenen, L. Nauta (edd.), Boethius in the Middle Ages, Latin and Vernacular Traditions ofthe Consolatio Philosophiae, Leiden-New York-Köln ; R. Black, G. Pomaro, Laconsolazione della filosofia nel medioevo e nel rinascimento italiano. Libri di scuola e glossenei manoscritti fiorentini, sismel-Edizioni del Galluzzo (fi) (« After a slow start inthe Duecento, the text reached the climax of its favour in the schoolroom in thefourteenth century, maintaining a considerable presence still in the early fifteenthcentury, but then rapidly disappearing from use in the second half of the Quattro-cento [...]. The disappearance of the Consolation from the Italian schoolroom in thesecond half of the fifteenth century, as suggested by manuscript copies, is confirmedby its early printing history in Italy. There were only eight Italian, as compared withfifty-six transalpine, incunabular editions of the text. The copies of these Italian edi-

Valentina Prosperi

fatti Boezio al culmine di una ideale gerarchia poetica, insieme aParmenide, Empedocle, Lucrezio e Dante.

Ma possiamo aggiungere una prova esterna che avvalora l’ipo-tesi di derivazione boeziana per queste ottave.

Nel Benedetto Varchi era stato incaricato da Cosimo de’Medici di tradurre in volgare la Consolazione di Boezio, compitoal quale Varchi aveva assolto come meglio poteva, dati i limiti ditempo a disposizione. Forse per la premura, forse per carenzadi estro poetico, la traduzione di Varchi si segnala per goffagginenella resa dei metri boeziani, spesso infarciti di zeppe solo per ra-gioni metriche.

I versi - di Cons. i, m. sono così resi da Varchi:

Questi, che gia solea libero al CieloPoggiar mirando quelle cose belle:Il Sol, la Luna, et tutte l’altre stelleO, vaghe, o, ferme, dintorno al suo steloVedea senza alcun veloPer varij cerchi, et mille strane vieRotare hor lente, hor toste, hor crude, hor pie.

Ora, la notazione sul modo (lento o rapido) e sull’effetto (bene-volo o maligno) del moto astrale, manca in Boezio, dove Filo-sofia si limitava a un generico quaecumque vagos stella recursus/

tions in Bodley and in the British Library show almost no possible school use inItaly »).

. All’altezza dei Discorsi del poema eroico il giudizio su Boezio poeta, ovvero sulBoezio della Consolatio era maturo e positivo. Nel Poema eroico Tasso colloca infattiBoezio tra i poeti «filosofici », insieme a Empedocle, Parmenide, Lucrezio e Dante,ovvero tra quei poeti capaci di ‘dimostrare’ al pari dei logici: «direi che la poesia nonfosse disposta sotto la dialettica, ma sotto la logica più tosto, la qual contiene treparti, la dimostrativa, la probabile e l’apparente probabile, ch’è la sofistica : peroch’ilpoeta in alcune cose dimostra, come fecero Parmenide ed Empedocle tra gli antichiGreci, Lucrezio e Boecio fra’ Latini, Dante fra’ Toscani» (Discorsi del Poema eroico, l.ii ; ed. a cura di Luigi Poma, Bari , p. ). Cf. L. Panizza, Italian Humanists andBoethius : was Philosophy for or against Poetry?, in J. Henry and S. Hutton (edd.), NewPerspectives in Renaissance Thought - Essays in the history of science, education and philo-sophy. In memory of Charles B. Schmitt, London , pp. - : .

. B. Varchi, Boezio Severino Della Consolazione della Filosofia. Tradotto di lingua la-tina in volgare Fiorentino, da Benedetto Varchi, Firenze, Lorenzo Torrentino . Ladedicatoria a Cosimo I espone le difficoltà di un lavoro condotto a termine in bre-vissimo tempo. Sui tempi e le circostanze della traduzione si veda D. Brancato, “Ofacitor de gli stellanti chiostri”: un’inedita traduzione di Benedetto Varchi di De Consol.Philosophiae, Lib. I m. , «Lettere Italiane» , , pp. -. Ringrazio la dott.ssaAnnalisa Andreoni per l’indicazione.

. Varchi, Boezio Severino Della Consolazione della Filosofia cit., p. .

Due topoi da Boezio a Tasso

exercet varios flexa per orbes; ma ricompare puntualmente inTasso, laddove il Mago dichiara le proprie capacità di astro-nomo :

spiegansi a me s e n z a a l c u n v e l oVenere e Marte in ogni lor sembianza,e veggio come ogn’altra o p r e s t o o t a r d ir o t i , o b e n i g n a o m i n a c c i e v o l g u a r d i .

Come si vede, i punti di contatto non interessano solo i conte-nuti, bensì anche il livello lessicale dei due testi, arrivando a com-prendere il sintagma «senza alcun velo» nella medesima colloca-zione in fin di verso; (si noti pure che in Varchi come in Tasso« velo » fa rima con «cielo » dopo una rima intermedia diversa).Anche il verbo scelto a indicare il moto astrale è il medesimo neidue passi: «rotare ».

Poste queste premesse, torniamo al rapporto tra episodio delMago e Consolazione ; è possibile ampliare la zona di contatto tra idue testi anche oltre il circoscritto gruppo di versi del m. . Filo-sofia, infatti, nella prosa i, che segue immediatamente il metroin questione, si accosta all’affranto Boezio per valutare la portatadel suo smarrimento. La sua diagnosi è che Boezio abbia di-menticato se stesso a causa della «nube delle cose mortali» che glioffusca lo sguardo ; come primo intervento, quindi, Filosofia dis-solve le tenebrae che accecano Boezio, restituendo ai suoi occhi ilpristino vigore:

Nihil, inquit, pericli est, lethargum patitur, communem illusarum men-tium morbum. Sui paulisper oblitus est. Recordabitur facile, si quidemnos ante cognoverit ; quod ut possit, paulisper lumina eius mortaliumrerum nube caligantia tergamus. Haec dixit oculosque meos fletibusundantes contracta in rugam veste siccavit.

Tunc me discussa liquerunt nocte t e n e b r a eluminibusque prior rediit vigor.

Ugualmente, Piero l’Eremita restituisce al Mago l’acutezza dellosguardo – fino allora immerso nelle tenebre della miscredenza

. Com’è noto Benedetto Varchi era stato amico e corrispondente di BernardoTasso : vedi B. Tasso, Lettere, Padova, presso G. Comino -, vol. ii, p. .

. Su temi e motivi medici nella Consolatio, vedi W. Schmid, Philosophisches undMedizinisches in der Consolatio des Boethius, in Festschrift Bruno Snell, Munich , pp.- : .

. Cons. i, , - - i, m. , -.

Valentina Prosperi

filosofica – attraverso la detersione letterale e simbolica assiemedel battesimo:

Ma quando il vostro Piero al fiume santom’asperse il crine e lavò l’alma impura,drizzò più su il mio guardo, e ’l fece accortoch’ei per se stesso è t e n e b r o s o e c o r t o .

Come già accennato, tuttavia, la conversione non interrompe laconsuetudine di vita del Mago, né àltera fondamentalmente ilsuo positivo giudizio sulle scienze naturali, consuetudine e giudi-zio avallati in certo modo da Tasso nell’Allegoria, immediata-mente successiva alla revisione del poema.

Che nelle ottave pronunciate dal Mago risuoni anzi una certaqual fierezza intellettuale risulterà tanto più evidente se si porràmente che modello del suo modello – se si accoglie la nostra pro-posta – ovvero modello del metro i, della Consolazione, eraLucrezio.

Come già da tempo è stato rilevato, i versi - del metro boe-ziano i, corrispondono all’ideale sommario di un poema dida-scalico ; ma soprattutto, come nota un recente lavoro, «the listof former achievements of the prisoner given in the poem is aninversion of the achievement of Epicurus, as described by Lucre-tius ». L’elogio di Epicuro cantato da Lucrezio nel primo librodel De rerum natura si trova puntualmente rovesciato nel metroboeziano, cosicché allo squallore della condizione umana primadell’intervento di Epicuro corrisponde l’attuale condizione vis-suta da Boezio ; ugualmente, tanto Epicuro quanto Boezio hannodominato i segreti della natura, ma per quest’ultimo si tratta diuna vittoria relegata nel passato; l’indagine dell’universo è evo-cata in termini di viaggio celeste in entrambi i testi: ma, dinuovo, riferiti tristemente al passato nella Consolatio.

Torniamo adesso all’epistola al Gonzaga dalla quale abbiamopreso le mosse, o meglio alla sezione centrale di essa, nella qualeTasso si rivolge direttamente a Dio, con finzione retorica che già

. Tasso, Liberata xiv, , -.. K. Reichenberger, Untersuchungen zur literarischen Stellung der Consolatio Philo-

sophiae, Köln , pp. ss ; J. Gruber, Kommentar zu Boethius De Consolatione Philoso-phiae, Berlin-New York , pp. ss.

. G. O’Daly, The Poetry of Boethius, London , p. .. Lucr. , ss.. O’ Daly, The Poetry of Boethius cit., per il puntuale raffronto tra i due passi.

Due topoi da Boezio a Tasso

dovrebbe essere al lettore segnale bastante della letterarietà diquesto testo.

Se scegliamo di ignorare l’eventuale valore di verità dell’epi-stola rispetto ai sentimenti che agitavano Tasso nella circostanzatraumatica della prigionia, permane tuttavia un nucleo signi-ficante al livello della forma del testo, della sua adesione a un mo-dello letterario. Quale sia quel modello è ciò che tenteremoadesso di stabilire.

L’ideale dialogo con Dio ha inizio con la confessione dell’er-rore, la contrizione

Dunque non mi scuso io, Signore, ma mi accuso, che tutto dentro e difuori lordo e infetto de’ vizi de la carne e de la caligine del mondo, an-dava pensando di te non altramente di quel che solessi talvolta pensare al’idee di Platone e a gli atomi di Democrito, a la mente d’Anassagora, ala lite e a l’amicizia d’Empedocle, a la materia prima d’Aristotele, a laforma de la corporalità, o a l’unità de l’intelletto sognata da Averroe, oad altre sì fatte cose de’ filosofi.

Tasso espone partitamente i dubbi sacrileghi che gli si agitavanoin petto:

Ma dubitava poi oltra modo, se tu avessi creato il mondo ... dubitava, setu avessi dotato l’uomo d’anima immortale, ...e dubitava di moltecose... Percioché come poteva io fermamente credere...?

(Lettere, ed. cit., vol. ii, p. )

Non teniamo conto in questa analisi del valore di verità di questeaffermazioni : se siano esse ragione sufficiente ad avvalorare la‘miscredenza’ giovanile di Tasso; fermiamoci alla superficie si-gnificante. Cosa dice Tasso in queste righe? Di essere stato trava-gliato da dubbi di natura filosofica, ai quali il suo intelletto incli-nava naturalmente perché «per se stesso curioso e vago de l’altee sovrane investigazioni ». Dice quindi di aver messo fine a talidubbi con un atto volontaristico; preoccupato di poter trascor-rere dal dubbio alla ‘miscredenza’ vera e propria Tasso avevafatto forza a se stesso, si era impegnato a avvicinarsi alla fede:« col frequentare più spesso i sacri uffici, e col dire ogni giorno al-cune orazioni, in questo stato, con qualche miglioramento,m’andava conservando; e la mia fede s’andava di giorno ingiorno più confermando ». L’epistola ci mostra quindi un Tassoche si fa guida spirituale di se stesso, ottenendo di piegare il pro-prio intelletto: «cominciava il mio intelletto a presumere di sestesso meno che non era usato; e cominciava a conoscere chiara-

Valentina Prosperi

mente per prova, ch’egli ubbidisce la volontà...». Nel resocontoquesto autoimposto avvicinamento a Dio non aveva però recatoa Tasso il dono della pienezza della fede: «E sebbene io cono-sceva che questo non era conoscere Iddio ne la sua essenza di-vina, o almeno vederlo faccia a faccia, come vide Mosé ; ...nondi-meno, per umiltà, di questa cognizion m’appagava».

Spostandosi dal recente passato all’istante in cui scrive Tassoelenca gli articoli di fede dei quali è giunto ad autoconvincersi:

Crederò dunque che sia Dio; e crederò di lui quel di più che per rivela-zione se ne sa: ch’egli sia trino e uno; e che il suo Verbo nel ventre ver-ginale di Maria si vestisse d’umanità ; e ch’egli ascendesse in cielo, e chelasciasse Piero vicario in terra: e crederò che la vera e certa determina-zione così di questi, come di tutti gli altri articoli de la fede, si debbaprender da’ pontefici romani, che sono di Piero legittimi successori.

Ma l’insufficienza di una fede intellettualistica, acquisita per attodi volontà, si fa sentire:

E se il mio intelletto non capisce come sia l’eterna generazion delfigliuolo non creato, né fatto dal padre, ma generato; o com’egli, incar-nandosi, accoppiasse la divinità con l’umanità in guisa, che una sola per-sona in due nature ne risultasse...

Tuttavia, l’inettitudine dell’intelletto umano di fronte a «questosole di certissima verità» è pienamente giustificata dalla sua piùgenerale inettitudine a spiegare la stragrande maggioranza dei fe-nomeni naturali.

E se del nascimento di Cristo e de la sua eterna generazione non so ren-der cagione, non la so anche rendere de la generazione de’ tuoni e de’lampi e de le grandini e de le tempeste e de’ venti, se non molto fallace eincerta : né so, se non molto dubbiosamente, come l’aria si dipinga ditanta varietà di colori in quel suo arco, che arco del patto è nominato:né come ne la regione del fuoco o ne la vicina ci appaiano le comete, e lastrada di latte, e tante altre apparenze ora spaventose ora vaghe, masempre maravigliose...

È questo il luogo dell’epistola che ha indotto David Quint a par-lare di « vita che imita l’arte» : infatti l’elenco dei fenomeni natu-rali ignorati da Tasso coincide pressappoco con quello delle inda-gini del Mago, il quale – come ricorderemo – non esitava a dichia-rarsi incapace di attingere la ragione ultima delle cose con la solascienza. Ma dagli anni del poema e della sua revisione al mo-

. Tasso, Lettera a Scipione Gonzaga del aprile , p. dell’ed. cit.

Due topoi da Boezio a Tasso

mento dell’epistola ciò che è profondamente mutato è in realtà ilgiudizio di Tasso sulla filosofia naturale del genere praticato dalMago. Non solo nella Liberata il Mago guarda senza rimorso alsuo passato: nell’Allegoria, testo immediatamente contiguo alpoema, è lo stesso autore a esprimere con decisione il proprio se-reno apprezzamento per la sfera delle scienze naturali. Tassocosì commenta, ‘allegorizzando’, l’episodio del Mago di Asca-lona :

Ma l’Eremita, che per la liberatione di Rinaldo indrizza i due Messag-gieri al Saggio, figura la cognitione sopranaturale, ricevuta per divinagratia : si come il Saggio la humana sapienza. Imperoche dall’humanasapienza, et dalla cognitione dell’opere della natura, et de magisterisuoi, si genera, et si conferma ne gli animi nostri la giustitia, la tempe-ranza, il disprezzo della morte, et delle cose mortali, la magnanimità etogni altra virtù morale, et grande aiuto può ricever l’huomo civile inciascuna sua operatione dalla contemplatione.

Al di là della quaestio di quale valore attribuire all’operazione del-l’Allegoria, resta in questo passo un giudizio nettamente positivosulla «humana sapienza» : lo studio dei fenomeni naturali svi-luppa le virtù morali nell’uomo.

Se dagli anni della revisione del poema e dell’Allegoria avanziamoal momento della prigionia di Tasso, non mancheremo di notareil mutamento profondo occorso nel giudizio verso la «humanasapienza ». L’autore si è da un lato sostituito al suo personaggio;ma dall’altro si è sostituito, e in un senso ben più attuale e dram-matico, al modello storico di quel personaggio.

Se in altre parole Tasso, nella sua prosopopea di ‘filosofo penti-to’ sceglie di esprimersi sulla filosofia umana, (la «humana sa-pienza») in termini reminiscenti di quelli adottati a suo tempo dalMago di Ascalona, è pur vero che, al di fuori della finzione lette-raria e della persona che sceglie di indossare, Tasso è in questomomento un nuovo Boezio: un poeta e filosofo incarceratosenza sua colpa.

Divenuto suo malgrado nuovo Boezio, Tasso non fa proprio ilmodello consolatorio filosofico adottato da Boezio nella Consola-zione ; né adotta d’altra parte la via ‘morbida’, già proposta dal

. Citato in L. Bolzoni, A proposito di Gerusalemme Liberata, XIV, -. (Accet-tando una provocazione di Galileo), in F. Fido, R. A. Syska-Lamparska, P. D. Stewart(edd.), Studies for Dante. Essays in Honor of Dante della Terza, Fiesole , pp. - :.

Valentina Prosperi

suo Mago, di una filosofia riveduta e corretta alla luce della fede.Per il Tasso di questa epistola, al di fuori della fede, senza di essa,non vi è per l’uomo non solo speranza alcuna di salvezza, maneppure di conoscenza. Se rileggiamo per un istante il passo del-l’epistola più vicino nei contenuti all’episodio del Mago, ve-dremo come la memoria autoimitativa non sia che transitoria esubito contraddetta da una memoria letteraria diversa e antago-nista.

Tasso qui si professa ignorante, incapace di conoscenza, nonsolo rispetto ai fenomeni naturali – maestosi e nobili – che si di-spiegavano «senza alcun velo» al Mago; osserviamo come se-guita l’elenco:

né so come ne le viscere de la terra si generi l’oro e l’argento e gli altrimetalli, e nel letto del mare le perle e i coralli si producano: né saprei dela generazion de gli animali abbastanza ragionare; o come o perché al-cuni di materia putrida, altri di seme sien generati; e come quelli che al-tra madre non hanno che la putrefatta materia, e altro padre che il sole,siano poi atti a generar figliuoli a se somiglianti: e come dal tergo delbue spuntino l’api ; e con quale artificio il verme, che in queste parti ca-valiero è nominato, pascendosi di foglia di gelso, tessa a se medesimoricca e vaga prigione di seta e muoia e rinasca maravigliosamente; ecome la fenice deponga la vecchiaia nel fuoco e a lunghissima vita si rin-novelli ; o come di due bruti di diversa specie ne nasca un misto che né ala madre né al padre sia somigliante, o come i mostri sian generati oltrel’intenzione de la natura, ch’è sì saggia e possente maestra.

La generazione spontanea, la bugonia, il baco da seta, la fenice, imostri : Tasso è trascorso insensibilmente ma decisamente daipiù alti misteri della natura, dai grandi fenomeni che un tempooccupavano il suo intelletto «curioso e vago delle alte e sovraneinvestigazioni » alle minuzie da centone pliniano.

È in questo scarto di tono che si rivela il diverso modello lette-rario imitato da Tasso in questa sezione della lettera: non il sestesso di pochi anni avanti, non Boezio, men che mai Lucrezio.Se confessione è la parola che spontaneamente si presenta a chivoglia definire questa appassionata perorazione di Tasso a Dio, latradizione letteraria facente capo alle Confessioni di Agostino è ilmodello della sua recisa negazione di ogni possibile conoscenzaumana al di fuori della fede.

Nella famosissima epistola sull’ascesa al Ventoso a Dionigi da

. Lettera a Scipione Gonzaga, ed. cit., pp. -.

Due topoi da Boezio a Tasso

Borgo S. Sepolcro, Petrarca racconta come, giunto sulla vetta delmonte, avesse voluto aprire a caso l’inseparabile volumetto delleConfessioni, dono dello stesso Dionigi:

Deum testor ipsumque qui aderat, quod ubi primum defixi oculos,scriptum erat: «Et eunt homines admirari alta montium et ingentesfluctus maris et latissimos lapsus fluminum et oceani ambitum et girossiderum, et relinquunt se ipsos».

Nel passo agostiniano Petrarca ravvisa una condanna della pro-pria condotta ed è preso da turbamento e contrizione per losforzo profuso nell’ascesa al monte; i versi delle Georgiche cheVirgilio levava in lode di Lucrezio perdono qui il loro referenteoriginario per divenire anzi elogio di un ideale sapiente cheesclude l’indagine dell’universo a tutto vantaggio della cono-scenza di se stesso.

iratus michimet quod nunc terrestria mirarer, qui iampridem ab ipsisgentium philosophis discere debuissem nichil preter animum esse mi-rabile, cui magno nichil est magnum. [...]quotocuique accidet, ut ab hac semita, vel durarum metu rerum velmollium cupidine non divertat? O nimium felix! siquis usquam est, deillo sensisse arbitrer poetam:felix qui potuit rerum cognoscere causasAtque metus omnes et inexorabile fatumSubiecit pedibus strepitumque Acherontis avari!O quanto studio laborandum esset, non ut altiorem terram, sed ut ela-tos terrenis impulsis appetitus sub pedibus haberemus!

Lo studio della natura assume la connotazione negativa della cu-riositas, ben nota a Petrarca dalla frequentazione di S. Agostino;

quanto ai philosophi gentium che potevano aver trasmesso a Pe-trarca la nozione della dannosa vacuità della curiositas figuravaSeneca in rappresentanza della scuola stoica; una importante epi-stola a Lucilio mette in guardia dal trarre motivo di superbia dalle

. Per l’influenza delle Confessioni sulla struttura dell’epistola petrarchesca, veditra gli altri Gius. Billanovich, Petrarca e il Ventoso, «Italia Medioevale e Umanistica», , pp. - : .

. Petrarca, Familiares iv, , .. Petrarca mutuava l’episodio delle sortes biblicae proprio su un passo delle Con-

fessioni, vedi Billanovich, cit., p. .. Petrarca, Familiares iv, , -.. Vedi A. Labhardt, Curiositas. Notes sur l’histoire d’un mot et d’une notion, «Mus.

Helv. » , , pp. -. Sulla curiositas in S. Agostino, vedi H.-I. Marrou, S. Ago-stino e la fine della cultura antica, tr. it., Milano , pp. -, -, -.

Valentina Prosperi

scienze umane che trascurano l’unico oggetto di conoscenza ve-ramente degno, ovvero l’animo umano:

O egregiam artem ! scis rotunda metiri, in quadratum redigis quamcum-que acceperis formam, intervalla siderum dicis, nihil est quod in men-suram tuam non cadat: si artifex es, metire hominis animum, dic quammagnus sit, dic quam pusillus sit. Scis quae recta sit linea: quid tibi pro-dest, si quid in vita rectum sit ignoras?Venio nunc ad illum qui caelestium notitia gloriatur [...] Hoc scire quidproderit ? ut sollicitus sim cum Saturnus et Mars ex contrario stabuntaut cum Mercurius vespertinum faciet occasum vidente Saturno, potiusquam hoc discam, ubicumque sunt ista, propitia esse nec posse mutari?Agit illa continuus ordo fatorum et inevitabilis cursus.

Non è nostro proposito ricostruire la tradizione di un tema filo-sofico di tale complessità e durata, che affonda le sue radici addi-rittura nel motto delfico «conosci te stesso» ; per quanto sia im-possibile ormai sottrarsi all’impressione che anche l’intelletto« c u r i o s o e vago» che Tasso deprecava in sé risuoni di remini-scenze agostiniane, specialmente dell’Agostino delle Confessioni,pronto ad ammettere un’analoga inclinazione alla curiositas.

Vorremmo piuttosto concentrarci su una particolare realizza-zione di questo tema, sempre con riguardo al nostro punto di par-tenza, l’epistola tassiana al Gonzaga. La forma che qui ci interessaè quella, in parte già esemplificata, dell’elenco di nozioni scienti-fiche accompagnato da espressioni di condanna e di irrisione.

Negli stessi anni in cui portava a perfezione la Familiare a Dio-nigi, Petrarca si trovava intento alla stesura del Secretum, comedimostrano tra l’altro numerose corrispondenze testuali. E tra itratti di influenza agostiniana comuni ai due testi non pare fuor diluogo contare lo stilema di cui si è detto, ovvero l’elenco di no-zioni scientifiche, denunciate come vane e deteriori, contrappo-sto alla ‘vera dottrina’ della conoscenza di se stessi.

Oltre al passo che citò nella Familiare a Dionigi, Petrarca po-

. Seneca, epist. ad Luc. , -. Sulla curiositas vedi G. Bös, Curiositas, Schöning ; A. Kessler, Th. Ricklin, G. Wurst, Peregrina Curiositas, Göttingen . Per l’in-fluenza delle epistole Ad Lucilium sulla Fam. iv, , vedi Billanovich, Petrarca e il Ven-toso cit., p. .

. Platone, Fedro, e ; per un primo orientamento su questo vastissimo temanella letteratura tardoantica, si veda P. Courcelle, ‘Nosce teipsum’ du Bas-Empire auHaut Moyen Âge, in Settimane di Studio del Centro italiano di Studi sull’Alto Medioevo, ix,Spoleto , pp. -.

. Aug. Conf. x, , .. Billanovich, Petrarca e il Ventoso cit.

Due topoi da Boezio a Tasso

teva mutuare questo espediente retorico anche da un altro luogodelle Confessioni, dove a fare le spese dell’attacco polemico è lafalsa scienza dei manichei:

Quoniam magnus es, domine, et humilia respicis, excelsa autem a longecognoscis nec propinquas nisi obtritis corde nec inveniris a superbis,nec si illi curiosa peritia n u m e r e n t s t e l l a s e t h a r e n a m e td i m e t i a n t u r s i d e r e a s p l a g a s e t v e s t i g e n t v i a sa s t r o r u m [...] Infelix enim homo, qui scit illa omnia, te autem ne-scit.

Se, come si è detto, la forma elencatoria, l’accumulo, costituiscedi per sé un forte indizio del giudizio autoriale negativo per l’in-sufficienza delle nozioni enumerate rispetto alla conoscenza di sestessi, un passo del Secretum chiarisce questo giudizio di valore. Èproprio Agostino, voce dell’autorità, a rendere manifesta la va-lenza negativa della forma elencatoria, quando, come personag-gio del Secretum, nega ogni valore di reale conoscenza all’inda-gine dei fenomeni naturali, quando si sia poi ignoti a se stessi.

Excute pectus tuum acriter; invenies cuncta que nosti, si ad ignorata re-ferantur, eam proportionem obtinere quam collatus Occeano rivolusestivis siccandus ardoribus. Quanquam vel multa nosse quid relevat si,cum celi terreque ambitum, si, c u m m a r i s s p a t i u m e t a s t r o -r u m c u r s u s h e r b a r u m q u e v i r t u t e s a c l a p i d u m e tn a t u r e s e c r e t a didiceritis, vobis estis incogniti?

Sarà, significativamente, nello scritto polemico indirizzato con-tro la falsa dottrina degli aristotelici, De sui ipsius ac multorumignorantia (), che Petrarca adotterà l’arma retorica già agosti-niana dell’elencazione, portandola a veri estremi di parossismoper smascherarla da ultimo con l’obiezione già di Agostino e diSeneca. A che serve conoscere la natura degli animali, chiede Pe-trarca (o meglio : le mille inutili minuzie che i suoi avversari con-fondono con la conoscenza) quando si ignori la natura del-l’uomo, la ragione della nostra esistenza?

. Conf. v, iii, -v, iv, . v. P. Courcelle, Les Confessions de Saint Augustin dans la tra-dition littéraire, Paris , cap. ii, Le péché de curiosité : Augustin et Apulée, pp. -.Isidoro di Siviglia rimedita e rielabora questo passo, cf. Courcelle, pp. ss. ; vedianche Beierwaltes: «La meravigliosa osservazione del creato, del bello in naturaporta per Agostino legittimamente o necessariamente al pensiero che riflette su sestesso o all’accertamento dell’origine divina in se stesso. In questa tradizione si col-loca ancora l’esperienza di Petrarca presso l’ascesa del Mont Ventoux» (W. Beier-waltes, Agostino e il neoplatonismo cristiano, tr. it., Milano , p. n. ).

. Petrarca, Secretum ii, .

Valentina Prosperi

Multa ille igitur de beluis deque avibus ac piscibus: quot leo pilos in ver-tice, quot plumas accipiter in cauda, quot polipus spiris naufragum li-get, ut aversi coeunt elephantes biennioquo uterum tument, ut docilevivaxque animal et humano proximi ingenio et ad secundi tertiiquefinem seculi vivendo perveniens; ut phenix aromatico igne consumiturustusque renascitur; ut echinus quovis actam impetu proram frenat,cum fluctibus erutus nil possit; ut venator speculo tigrem ludit, Arima-spus griphen ferro impetit, cete tergo nautam fallunt; ut informis ursepartus, mule rarus, vipere unicus isque infelix, ut ceci talpe, surde apes,ut postremo superiorem mandibulam omnium solus animantium coco-drillus movet. Que quidem vel magna ex parte falsa sunt – quod in mul-tis horum similibus, ubi in nostrum orbem delata sunt, patuit – vel certeipsis autctoribus incomperta, sed propter absentiam vel credita prom-ptius vel ficta licentius; quid denique, quamvis vera essent, nichil peni-tus ad beatam vitam. Nam quid, oro, naturas beluarum et volucrum etpiscium et serpentum nosse profuerit, et naturam hominum, ad quodnati sumus, unde et quo pergimus, vel nescire vel spernere?

Come si noterà, lo schema retorico di questo passo è identico aquello adottato da Tasso nell’epistola al Gonzaga: a un lungo, ac-cumulatorio elenco di oziose nozioni naturalistiche viene oppo-sta una succinta ma decisiva obiezione su quale debba esserel’oggetto della conoscenza umana. Di quanto Tasso ammette diignorare – articoli di fede e fenomeni naturali – le «scienze mon-dane » dei «filosofi» sanno rendere ragione solo di questi ultimi eneppure interamente.

E se pure di sì fatte c o s e u n n o n s o c h e d i s i m i l e a l v e r od i c o n o i f i l o s o f i , quante altre ce ne sono ne le quali confessano dinon conoscere l’ambizioso artificio de la natura; [...] sempre più mi an-dava accorgendo de l’incertitudine de le scienze mondane.

Il ricorso a uno stilema legato in maniera incontrovertibile allatradizione agostiniano-petrarchesca quale quello descritto sug-gella l’affinità ultima dell’epistola tassiana con gli archetipi del Se-cretum e delle Confessioni ; affinità preannunciata e ribadita finoalla fine dall’insistita veste retorica di muto dialogo, tuttora incorso, con Dio:

. Petrarca, De sui ipsius ac multorum ignorantia -.. Le opere di sant’Agostino, nell’edizione Epitome omnium operum Divi Aurelii

Augustini, Ginevra furono tra i testi più letti annotati e utilizzati da Tasso; vediE. Ardissino, Le postille del Tasso all’Epitome di Sant’Agostino: datazione e riscontri, inW. Moretti, L. Pepe (a cura di), Torquato Tasso e l’Università, Firenze, Olschki ,pp. -.

Due topoi da Boezio a Tasso

E se in ciò mento, tu Dio, che sei spiator de’ cuori, e sei giustissimo giu-dice, in quel tanto da me temuto giorno non aspettar di rammentar-lomi ; ma qui, con maravigliosa dimostrazione, simile a quella con laquale in vita m’hai conservato, la mia menzogna fa manifesta.

CA L I G O

Abbiamo già avuto modo di osservare come la rispondenza di Li-berata xiv, - ai versi centrali di Cons. Phil. i, m. portasse a in-dividuare nello sguardo «tenebroso e corto» che affliggeva ilMago prima della conversione, un’eco dei lumina ... mortalium re-rum nube caligantia dell’affranto Boezio. Nell’uno e nell’altro casoil protagonista viene restituito alle attività intellettuali prece-denti la crisi dal depositario di una superiore sapienza – l’Ere-mita, Filosofia – che lo libera dalle tenebre aumentandone le fa-coltà percettive.

Quando Tasso, nel momento della crisi e della prigionia, siconfessa ottenebrato dalla «caligine del mondo», «Dunque nonmi scuso io, Signore, ma mi accuso, che tutto dentro e di fuorilordo e infetto de’ vizi de la carne e de la c a l i g i n e d e lm o n d o ...») offre al destinatario il segnale, forte, della propriavolontà di redenzione. Già nella Liberata, quando Rinaldo si puri-fica dalla « c a l i g i n e d e l m o n d o / e de la carne» il riferi-mento primo è infatti alle anime del Purgatorio dantesco che« vanno in tondo ... purgando la caligine del mondo».

Ora, se per la «caligine del mondo» dantesca non è forse fuor diluogo pensare all’analoga nebbia «delle cose mortali» che ottene-brava Boezio, è indubbio che il motivo della liberazione dalla ca-ligo come descritto da Boezio sia il modello dell’iter petrarchescodescritto nel Secretum : da uno stato di ottenebramento dovuto acaligo fino alla liberazione.

All’inizio del Secretum la Verità indica nell’ottenebramento spi-rituale che affligge Francesco la ragione del suo intervento:

. Tasso, Lettera a Scipione Gonzaga, p. . Dopo queste parole Tasso torna a ri-volgersi al suo destinatario reale, Scipione Gonzaga, ma non prima di ribadireun’ultima volta la ‘verità’ di tutta la sezione precedente: «Ma tempo è ormai, illu-strissimo signore, che io a voi mi rivolga, e che dopo sì lunga digressione, (la qualenon mosso da artificio oratorio, ma r a p i t o d a u n c e r t o s p i r i t o d i v e -r i t à ho fatta, non contro mia voglia, ma certo oltre ogni mia intenzione) il comin-ciato ragionamento torni a seguitare...».

. Cf. Liberata xviii, 8, -2. Non è forse sbagliato ricondurre la caligine dantesca almodello boeziano della Consolazione, dove il motivo ha grande risalto, piuttostoche, col Tommaseo e coi successivi commentatori della Commedia, al generico fu-mus dei Salmi agostiniani.

Valentina Prosperi

Errores tuos miserata, de longinquo tempestivum tibi auxilium laturadescendi. Satis superque satis hactenus terram c a l i g a n t i b u s o c u -l i s aspexisti ; quos si usqueadeo mortalia ista permulcent, quid futu-rum speras si eos ad aeterna sustuleris?

Al termine dei tre giorni di dialogo con Agostino, Francesco è li-bero dalla caligo :

Ego vero tibi, tum pro aliis multis, tum pro hoc triduano colloquiomagnas gratias ago, quoniam et c a l i g a n t i a l u m i n a detersisti etdensam circumfusi erroris nebulam discussisti.

Lo stesso motivo dell’offuscamento spirituale come caligo si ri-trova nelle Confessioni di S. Agostino – fosse o no noto a Boezio –dove l’intervento divino liberava Agostino dalla caligo mon-dana :

et in omnibus erat c a l i g o intercludens mihi, deus meus, serenitatemveritatis tuae

(ii, , )Et misisti manum tuam ex alto et de hac profunda c a l i g i n e eruistianimam meam

(iii, , xix)

Tasso nella prigione di S. Anna ripercorre le stesse tappe toccateda Rinaldo nell’ideale cammino di redenzione: a una fase di vitatrascorsa nel peccato (e ascritta, nella lettera a Gonzaga, a un pas-sato recente), ha fatto seguito una fase di crisi, di contrizione.Questa, a sua volta, è sfociata nella piena e franca confessione deipeccati, che la finzione retorica tassiana colloca però nell’i -s t a n t e p r e s e n t e , contemporaneo alla stesura dell’epistolastessa e quindi alla sua ricezione. Una conseguenza di questa fin-zione retorica è lo spostamento in un incerto futuro, ignoto tantoall’autore dell’epistola quanto ai suoi destinatari, dell’auspicatointervento purificatore della grazia divina. Tasso si congedaquindi da Dio senza poter sapere se le sue preghiere troverannoascolto ; e tuttavia, se è giusto ciò che finora abbiamo argomen-tato circa la rispondenza di questa epistola al paradigma della con-fessio, Tasso sapeva dai suoi modelli che il peccatore contrito po-teva contare sulla liberazione dalla caligo.

Scuola Normale Superiore, Pisa

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