con c. dubois, fra greci, indigeni e greci d’occidente. parures e amuleti dalle sepolture...

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A10 La presenza dei bambini nelle religioni del Mediterraneo antico O biettivo di questa miscellanea di studi è di trattare, grazie all’interdi- sciplinarietà fra la storia delle religioni, l’archeologia e l’antropologia, la presenza dei bambini come privilegiati intermediari fra uomini e dèi nel Mediterraneo antico, con particolare attenzione alle religiosità ellenica, ma- gnogreca, romana e punica. Nel mondo antico il bambino è un essere tut- to permeato di “natura”, che solo l’educazione e l’ingresso nella sfera del- la “cultura” può rendere un individuo vero e proprio. I bambini, dunque, saranno visti attraverso diverse “prospettive”, che, mediante i nomi, i gio- chi, i suoni, i rituali, le sepolture e le voci stesse degli antichi, li vedranno sempre protagonisti di un esclusivo rapporto con il divino. C ontributi di Angela Bellia, Valentina Caminneci, Stefano G. Caneva, Romina Car- boni, Daniela Costanzo, Emiliano Cruccas, Gabriela Cursaru, Beatriz De Paoli, Au- rian Delli Pizzi, Céline Dubois, Doralice Fabiano, Alessandra Foscati, Giulia Pedrucci, Ser- gio Russo, Filippo Sciacca, Francesca Spatafora, Giovanni Tosetti, Stefano Vassallo. C hiara Terranova ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Storia delle Religioni. È attualmente Cultore della materia, a Messina, in Storia delle Religioni e in Storia del Cristianesimo e delle Chiese. Ha prodotto numerosi contributi scientifici, fra i quali Morire di parto nell’antica Grecia: la storia di Plangon di Platea, che ha ottenuto il Primo Premio alla VII Selezione “For- ma Urbis per l’Archeologia” (2013). Ha recentemente pubblicato con Aracne Editrice le monografie Tra cielo e terra: Amphiaraos nel Mediterraneo antico e La Cripta delle Repentite. In copertina Fanciullo raffigurato come Ercole che strozza i serpenti Roma, Musei Capitolini, inv. MC 247/S. Negativo: Archivio Fotografico dei Musei Capitolini. ARACNE euro 28,00 ISBN 978-88-548-7156-4 LA PRESENZA DEI BAMBINI NELLE RELIGIONI DEL MEDITERRANEO ANTICO La presenza dei bambini nelle religioni del Mediterraneo antico a cura di C. Terranova a cura di Chiara Terranova LA VITA E LA MORTE, I RITUALI E I CULTI TRA ARCHEOLOGIA, ANTROPOLOGIA E STORIA DELLE RELIGIONI 7156 copertina_A 170 mastro copertine 09/05/14 10.28 Pagina 1

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A10

La presenza dei bambini nelle religioni del Mediterraneo antico

Obiettivo di questa miscellanea di studi è di trattare, grazie all’interdi-sciplinarietà fra la storia delle religioni, l’archeologia e l’antropologia,

la presenza dei bambini come privilegiati intermediari fra uomini e dèi nelMediterraneo antico, con particolare attenzione alle religiosità ellenica, ma-gnogreca, romana e punica. Nel mondo antico il bambino è un essere tut-to permeato di “natura”, che solo l’educazione e l’ingresso nella sfera del-la “cultura” può rendere un individuo vero e proprio. I bambini, dunque,saranno visti attraverso diverse “prospettive”, che, mediante i nomi, i gio-chi, i suoni, i rituali, le sepolture e le voci stesse degli antichi, li vedrannosempre protagonisti di un esclusivo rapporto con il divino.

Contributi di Angela Bellia, Valentina Caminneci, Stefano G. Caneva, Romina Car-boni, Daniela Costanzo, Emiliano Cruccas, Gabriela Cursaru, Beatriz De Paoli, Au-

rian Delli Pizzi, Céline Dubois, Doralice Fabiano, Alessandra Foscati, Giulia Pedrucci, Ser-gio Russo, Filippo Sciacca, Francesca Spatafora, Giovanni Tosetti, Stefano Vassallo.

Chiara Terranova ha conseguito il titolo di Dottore di Ricercain Storia delle Religioni. È attualmente Cultore della materia,

a Messina, in Storia delle Religioni e in Storia del Cristianesimoe delle Chiese. Ha prodotto numerosi contributi scientifici, fra iquali Morire di parto nell’antica Grecia: la storia di Plangon diPlatea, che ha ottenuto il Primo Premio alla VII Selezione “For-ma Urbis per l’Archeologia” (2013). Ha recentemente pubblicatocon Aracne Editrice le monografie Tra cielo e terra: Amphiaraosnel Mediterraneo antico e La Cripta delle Repentite.

In copertina

Fanciullo raffigurato come Ercole che strozza i serpenti

Roma, Musei Capitolini, inv. MC 247/S. Negativo: Archivio Fotografico dei Musei Capitolini.

AR

AC

NE

euro 28,00

ISBN 978-88-548-7156-4

LA PRESENZA DEI BAMBININELLE RELIGIONI

DEL MEDITERRANEO ANTICO

La presenza dei bambini nelle religioni del M

editerraneo anticoa cura di C. Terranova

a cura diChiara Terranova

LA VITA E LA MORTE, I RITUALI E I CULTITRA ARCHEOLOGIA, ANTROPOLOGIA E STORIA DELLE RELIGIONI

7156 copertina_A 170 mastro copertine 09/05/14 10.28 Pagina 1

Indice

9 Prefazione di Chiara Terranova

PARTE I

La vita e la morte

29 Il volto della promessa: l‘attribuzione del nome nelle scene

d‘annuncio, tra poesia greca preclassica e Vangeli dell‘Infanzia GIOVANNI TOSETTI

53 La musica e l‘infanzia nel mondo antico. Fonti scritte e docu-

mentazione archeologica ANGELA BELLIA

71 Cenni sulle sepolture infantili nel mondo greco e romano GIORGIA TULUMELLO

111 Raptus a Nymphis. Emozioni e gender nelle epigrafi funerarie

di bambini DORALICE FABIANO

141 Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente. Parures e amuleti dal-

le sepolture infantili del Mediterraneo antico DANIELA COSTANZO, CÉLINE DUBOIS

Indice 6

185 Cuccioli d‘uomo, cuccioli di cane. Nuove proposte per

l‘interpretazione del materiale proveniente dalla necropoli di Lugna-

no in Teverina GIULIA PEDRUCCI

217 A proposito di un amuleto dall‘Emporion agrigentino:

l‘evidenza archeologica della morte del lattante nell‘antica Agrigento VALENTINA CAMINNECI

257 Le sepolture dei bambini nelle necropoli di Himera: dati pre-

liminari STEFANO VASSALLO

291 Seppellimenti infantili nella necropoli punica di Palermo FRANCESCA SPATAFORA

311 La scena del parto. Nascita del corpo e salvezza dell‘anima tra

religione, medicina e ―magia‖ nell‘altomedioevo ALESSANDRA FOSCATI

PARTE II

Il mito

341 Le nascite traumatiche di Dioniso: iniziazioni e gruppi dioni-

siaci FILIPPO SCIACCA

361 Exposition et initiation: enfants mythiques soumis à l‘épreuve

du coffre et abandonnés aux flots GABRIELA CURSARU

387 Orestes as the avenging child in Greek tragedy BEATRIZ DE PAOLI

Indice 7

403 Cannibalismo infantile fra mito e ritualità SERGIO RUSSO

PARTE III

Il bambino

come “soggetto” del rituale

443 Canti di fanciulli in onore della dea. I bambini nell‘ambito di

pratiche rituali per le divinità: il caso di Ecate e Zeus nella Caria el-

lenistico–romana ROMINA CARBONI

PARTE IV

Il bambino

come “oggetto” del rituale

467 Doni votivi al Pais. Trottole e giochi dal Kabirion tebano, tra

riti di passaggio, Mysteria e miti orfici EMILIANO CRUCCAS

495 Classical and Hellenistic statuettes of the so–called ―Temple

Boys‖: A religious and social reappraisal STEFANO G. CANEVA, AURIAN DELLI PIZZI

Fra Greci, indigeni e Greci dřOccidente.

Parures e amuleti dalle sepolture infantili

del Mediterraneo antico*

DANIELA COSTANZO

CÉLINE DUBOIS

Abstract

Nel mondo antico il bambino è considerato, a causa del suo stato biologico tran-

sitorio, un essere fragile, bisognoso di particolare cura e protezione. I diversi tipi di

parures e amuleti scoperti nelle sepolture infantili delle necropoli dellřItalia meri-

dionale indicano questa attenzione, comune tanto alle società indigene che a quelle

greche in tutto il bacino del Mediterraneo. Tuttavia, lřimportanza di questi oggetti

travalica la loro funzione apotropaica. Testimonianze di scambi culturali, parures e

amuleti sono anche marcatori di identità e strumenti di distinzione sociale o di pre-

stigio, che fanno del bambino un riflesso delle differenti gerarchie e delle dinamiche

in atto nelle società antiche.

Among Greeks, indigenous populations and Western Greeks. Parures and amulets in

infant burials of the ancient Mediterranean

In the Ancient world, children are regarded as frail, requiring care and special

protection because of their transitional biological state. Different sets of jewels and

amulets found in infant graves from southern Italian cemeteries demonstrate the at-

tention shared by the indigenous and Greek societies in the Mediterranean area.

However, these objects do not express only apotropaic values. Jewellery and amulets

evidence crossŔcultural exchanges; they are also identity and social markers, and

even signs of fame and prestige. The study of this material exemplifies how early

childhood can reflect the socioŔeconomic hierarchies and dynamics of ancient socie-

ties.

Seppure in maniera differente, mondo magnogreco e indigeno con-

dividono una serie di difficoltà circa lo studio della sfera infantile. Il

bambino, essere Ŗminoreŗ, inattivo, dipendente per natura, è al tempo

stesso considerato, al di là di un evidente attaccamento affettivo, come

garante della continuità, depositario della sopravvivenza stessa della

Daniela CostanzoŔCéline Dubois 142

polis o gruppo e pertanto da sottoporre a particolare tutela. A questi

caratteri, comuni a tutte le civiltà del mondo antico, si aggiungono

quelli specifici di ogni società, da indagare con approcci metodologici

differenti adeguati alle diverse tipologie di fonti disponibili1.

Se per il mondo ellenico possediamo infatti delle fonti letterarie, va

rilevato che gli autori antichi accordano però poca attenzione al bam-

bino, in particolare a quelli di età inferiore ai 6Ŕ7 anni, considerandoli

evidentemente privi di interesse2. Ancora, nel generale naufragio della

letteratura magnogreca, nessun testo di autori italioti è conservato con

riferimento al mondo dellřinfanzia; ciò implica la necessità di con-

frontare i dati con fonti della madrepatria, con tutta la parzialità che ne

consegue. Si tratta, in particolare, di testi riferiti al mondo ateniese, e i

pericoli di una meccanica sovrapposizione di tali fonti al variegato

mondo greco e coloniale sono fin troppo evidenti per essere ulterior-

mente discussi. Anche lřanalisi del ricco dossier iconografico greco

sul bambino presenta non poche difficoltà, soprattutto nel confronto

tra il repertorio di immagini e i realia noti dalla documentazione ar-

cheologica, secondo una problematica che sarà in seguito affrontata.

Tali caratteristiche esprimono bene le difficoltà che lo studio del mon-

do greco e magnogreco in particolare comporta e, se certi fenomeni

non riguardano solamente la storia dellřinfanzia, è pur vero che tale

settore di studi ne risente in modo particolare3.

La definizione dello status di neonati, bambini e fanciulli presso le

civiltà indigene dellřItalia arcaica si presenta particolarmente difficol-

tosa per una serie di limiti intrinseci alla ricerca. Lřassenza di fonti

scritte direttamente riconducibili a queste società pesa su una ricostru-

zione dellřelemento infantile che prescinda dalla cultura materiale,

impedendo nella maggior parte dei casi di operare un confronto tra il

*Sono scritti in comune lřintroduzione e il paragrafo 3, il paragrafo 1 è di Daniela Costan-

zo, il paragrafo 2 di Céline Dubois. 1 Impostazione metodologica e sviluppo della ricerca sono oggetto del dottorato condotto

da Daniela Costanzo Sépultures infantiles dans l‘Italie du Sud entre l‘Âge du Fer et l‘époque

archaïque. Espaces, pratiques et offrandes funéraires sotto la direzione dei proff. S. Verger

(École Pratique des Hautes Études) ed E. Lippolis (Università «La Sapienza»). 2 Nel IV secolo Platone nella Repubblica esprime il disinteresse per le classi di età più

basse: ŖSui morti appena nati, o su quelli che ebbero vita breve raccontò altre storie che ora

non val la pena di ricordareŗ (X, 615c, traduzione di G. Reale). 3 Questa problematica è oggetto del lavoro di dottorato di Céline Dubois Du fœtus à

l‘enfant dans le monde grec archaïque et classique: pratiques rituelles et gestes funéraires

condotto sotto la direzione dei proff. V. Dasen (Université de Fribourg) e A. Hermary (AixŔ

Marseille Université).

Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente 143

dato archeologico e la condizione sociale e antropologica del bambino

che può essere parzialmente evinta dagli autori antichi per il mondo

greco, romano e, a volte, etrusco4. Ciò impone estrema cautela nella

lettura dei dati materiali, cui deve riconoscersi una parzialità dovuta

tanto alla frammentarietà dei contesti indagati quanto alla difformità

della documentazione, che non impedisce tuttavia di ricostruire un

quadro di riferimento generale entro cui inserire i singoli fenomeni e

proporre ipotesi interpretative.

La questione degli amuleti interessa da vicino la componente infan-

tile sovrapponendosi in molti casi alla sfera femminile: in società agri-

cole spesso prive di risposte efficaci ai pericoli derivanti dal parto,

tanto per la madre che per il nascituro, e ai malanni caratteristici

dellřetà infantile, gli amuleti rappresentavano una forma di tutela con-

siderata necessaria a contrastare tali costanti minacce5. Un ulteriore

elemento di lettura è rappresentato dalla provenienza di tali oggetti,

spia di contatti commerciali e trasmissione, ricezione e interpretazione

di credenze allogene. La loro presenza nei corredi funerari implica

unřestensione del valore protettivo dalla vita quotidiana alla sfera ol-

tremondana, ma riguarda altresì la Ŗrappresentazione socialeŗ dei de-

funti stessi. Gli amuleti segnalano, infatti, lřappartenenza a un deter-

minato gruppo, secondo un modello che riguarda anche le parures or-

namentali, in cui è forte la connotazione di genere.

Lřorizzonte cronologico considerato (VIIŔIV secolo a.C.) si carat-

terizza per una serie di mutamenti e contatti che modificano in modo

sostanziale la fisionomia dellřItalia meridionale: le poleis sono ormai

4 Non di rado le fonti letterarie riferiscono anche di credenze e pratiche sui riti di passag-

gio dalla fanciullezza allřetà adulta. Mancano altresì, per le fasce cronologiche più alte, rife-

rimenti di ordine iconografico che possano sostenere il tentativo di ricostruzione

dellřimmagine dei bambini nel mondo indigeno, secondo un approccio utilizzato per contesti

diversi e cronologicamente più avanzati (per cui si pensi alla necropoli di Valle Trebba a Spi-

na, MUGGIA 2004, o anche al metodo più volte adoperato nellřambito del progetto L‘Enfant et

la Mort dans l‘Antiquité). Tuttavia, lavori come ZIFFERERO 1995 e MODICA 2007, riferiti ri-

spettivamente al mondo etrusco e laziale, dimostrano come sia possibile risalire, per mezzo

della documentazione archeologica, a una definizione attendibile del problema. Una significa-

tiva eccezione per le fonti iconografiche indigene di età arcaica è rappresentata dalle steli fu-

nerarie daunie, per cui si veda la classificazione proposta in VERGER 2008, con ampia biblio-

grafia. 5 In società agricole preŔindustriali la percentuale dei defunti in età infantile si aggira, in-

fatti, intorno al 50% dellřintera popolazione funeraria: NIZZO 2011, p. 53. Unřintroduzione al-

la problematica nel mondo greco e romano, con riferimenti anche allřambito etrusco-italico e

gallico, si legge in DASEN 2003; nel lavoro si rivela come cifra caratterizzante dei diversi am-

biti culturali sia la preponderante presenza di amuleti nelle sepolture femminili e infantili.

Daniela CostanzoŔCéline Dubois 144

strutturate e hanno impiantato subcolonie e le diverse realtà indigene

si rapportano a modelli greci ed etruschi, partecipando inoltre della

moda orientalizzante, con fenomeni di osmosi e rinnovamento6. Dal V

secolo altri processi ŕ come, per esempio, il ridimensionamento della

presenza etrusca e lřetnogenesi lucana ŕ determinano cambiamenti

nella cultura materiale e riorganizzazioni territoriali che aprono, di fat-

to, una nuova pagina.

Per ovvie questioni di sintesi, si è dovuta operare una scelta: i para-

grafi tratteranno quindi di amuleti e parures in contesti cronologici e

culturali distinti, ma che offrono una documentazione sufficientemen-

te vasta per avanzare proposte interpretative e suggerire molteplici

prospettive di indagine.

1. Parures e amuleti nelle sepolture infantili. Alcune riflessioni sul

mondo indigeno dell’Italia meridionale

1.1. Amuleti egizi ed egittizzanti

Lo scarabeo è lřoggetto magico egizio più diffuso numericamente

e territorialmente nel bacino mediterraneo per diversi motivi: cultura

popolare e teologia ufficiale avevano riconosciuto al coleottero e

allřoggetto che lo raffigurava funzioni terapeutiche (con particolare ri-

ferimento alla sfera riproduttiva), connotazioni sacrali (associazione al

Sole nascente) e destinazioni funerarie (legame con lřidea della rina-

scita) che, innestandosi su tradizioni locali, ne favorirono lřampia for-

tuna presso diverse popolazioni. Lřacquisizione degli scarabei in am-

bito enotrio rientra nella più ampia problematica della ricezione di

modelli culturali allogeni nelle comunità dellřItalia meridionale per il

tramite di tali oggetti. Lřinterpretatio phoenicia ne privilegiò le fun-

zioni protettive e le virtù medicoŔmagiche sulla fertilità muliebre e la

salute dei bambini, secondo unřanalogia ampiamente dibattuta7. In

6 Per unřefficace analisi dei fenomeni qui solamente accennati e per il rapporto con la ri-

cerca archeologica si vedano BOTTINI 1999 e LIPPOLIS 2007. 7 Che la funzione medicoŔmagica nei confronti di donne e bambini sia recepita anche al di

fuori dellřEgitto faraonico è testimoniato dalla presenza di scarabei in tombe femminili e in-

fantili nonché in santuari dedicati a divinità curotrofiche e titolari di culti legati alla fertilità e

al mondo dellřinfanzia, tanto in area semitica che ellenica e indigena; tali amuleti compaiono

infatti su manufatti semitici di donne e bambini raffigurati mentre li indossano: DE SALVIA

2012, p. 232, con bibliografia precedente. Da Cartagine e Cipro sono note rappresentazioni di

Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente 145

egual modo, la vicinanza a credenze locali affini avrebbe favorito la

diffusione dellřudjat (che rievoca il potere ora benefico ora malefico

dellřocchio, largamente presente entro ambiti culturali e orizzonti cro-

nologici differenti) e della conchiglia ciprea (amuleto diffuso fin dalla

Preistoria), mentre per motivazioni opposte risulta molto raro il wadj:

rappresentando il fusto del papiro esso era infatti difficilmente com-

prensibile dalle popolazioni non gravitanti sulla valle nilotica. Tanto

più significativa è dunque la presenza di un unicum come il wadj rin-

venuto nella tomba 28bis di contrada Mangosa ad Amendolara: la sua

presenza in una tomba infantile indurrebbe a ipotizzare una compren-

sione del valore amuletico dellřoggetto in riferimento al mondo pueri-

le entro il milieu enotrio8. La pratica di inumare bambini e fanciulli

con al collo uno scarabeo, invece, è variamente attestata nelle popola-

zioni anelleniche dellřItalia meridionale fin dallřetà del Ferro: già dal-

la fine del X secolo la ricezione e la corretta interpretazione della loro

funzione magica sarebbe attestata dalla necropoli di Torre Galli nel

Vibonese9, per cui è stata ipotizzata una via di trasmissione inter-

femminile, secondo scambi che hanno riguardato da una parte mogli e

serve dei naviganti orientali (fenici e fenicioŔciprioti, di cui è ben nota

la frequentazione delle coste ioniche e tirreniche della Penisola in que-

sto arco cronologico) e dallřaltra le donne dellřaristocrazia locale10

;

questo meccanismo spiegherebbe anche la precisa connessione con

lřelemento infantile e femminile riscontrabile in ambito funerario.

donne con lo scarabeo sul ventre con eloquente finalità protettiva dellřapparato riproduttivo e

della sfera della fertilità. Nellřarco ionico essi ricorrono tanto nei santuari di Cozzo Michelic-

chio e Timpone della Motta di Francavilla che nel santuario di Demetra a Policoro (VIIŔV

sec. a. C.): PACE 2011, HÖLBL 20123, pp. 51Ŕ52, con bibliografia. Sulla questione

dellřinterpretatio phoenicia si veda ancora ACQUARO 1988. 8 Il significato del wadj era originariamente quello di Ŗverdeŗ (motivo per cui se ne rac-

comanda la realizzazione in faïence o smeraldo) e, in senso traslato, Ŗgioventù, vigoriaŗ con

funzione protettiva che investe tanto la vita quotidiana che la dimensione oltremondana. Dif-

fusosi al di fuori dellřEgitto dalla fine dellřEtà Libica (XXIIŔXXIII Dinastia, 945Ŕ712 a.C.),

esso venne inteso dalle popolazioni semitiche Ŗnella sua primitiva accezione di oggetto protet-

tore del vivo, ed in particolare delle donne e dei bambiniŗ: DE SALVIA 2012, p. 218. La sele-

zione iconografica, così come lřassimilazione alle credenze locali sono ritenute, credo a ra-

gione, indizio di una richiesta non indiscriminata da parte delle popolazioni locali di quella

che troppo spesso è stata considerata semplice Ŗpaccottigliaŗ orientale. Ulteriore conferma

verrebbe dalla costante associazione di Sekhmet e Nefertum in Campania, che presuppone

una conoscenza della religione egizia seppur nelle sue linee essenziali: MELANDRI 2010, p. 27. 9 Per le edizioni sistematiche del sito: ORSI 1926 e PACCIARELLI 1999. 10 Ŗ…le sole che potevano intenderne lřimportanza ed affrontarne eventualmente il costoŗ:

DE SALVIA 2012, p. 233.

Daniela CostanzoŔCéline Dubois 146

Dalla fine del IX secoloŔinizio dellřVIII secolo amuleti di tipo egi-

zio (tra cui anche statuette di divinità in faïence) si diffondono tra le

popolazioni del Latium Vetus e dellřEtruria meridionale e campana

(Cuma e Capua)11

, conoscendo un incremento in seguito al sorgere

dello stanziamento di Pithecusa, che diviene immediatamente snodo

importante nelle rotte fenicie, gestendo traffici con Mozia, le colonie

fenicie della Sardegna e la stessa Cartagine12

e consolidando al con-

tempo il vettore euboico nelle transazioni commerciali mediterranee.

Dalla metà del secolo successivo questi manufatti sono presenti anche

a Pontecagnano13

, San Marzano14

, Francavilla Marittima15

e, nella Ca-

labria meridionale ionica di facies sicula, a Canale Janchina16

.

Insieme alla Campania e allřEtruria, il territorio compreso fra Ta-

ranto e Sibari rappresenta una delle aree di maggiore concentrazione

nella Penisola di questi peculiari oggetti. In ambiente indigeno, tra i

corpora più significativi di scarabei si distingue quello proveniente

dalla necropoli enotria di Amendolara, dove per tutto il VII secolo tali

oggetti sono dedicati esclusivamente a infanti, bambini e adolescenti e

in un solo caso (tomba 126) ad una giovane donna. Nonostante il nu-

mero tutto sommato ridotto di esemplari (25 dal settore di Paladino

11 In questi ambiti si riscontra tuttavia una diversificazione nellřuso funerario: a Capua

sono le sepolture di donne adulte ad aver restituito scarabei, mentre a Cuma, così come a

Pithecusa e nella necropoli arcaica del Fusco presso Siracusa, ricorrono soprattutto nelle tom-

be infantili; MELANDRI 2010, pp. 27Ŕ28, con bibliografia. In questřultimo sito le tombe infan-

tili CXVIII e CXXVI hanno restituito raffigurazioni di Bes, per cui Paolo Orsi notava che:

ŖLa presenza relativamente frequente dei piccoli Bes nelle tombe di fanciulli si spiega col ca-

rattere di protezione dellřinfanzia, proprio ai Ŗqeoˆ pataikoˆŗ, istituendo un confronto con le

terrecotte cirenaiche conservate al Museo del Louvre; ORSI 1893, p. 481, nota 3. 12 BOTTO 2011, p. 169. 13 Necropoli di contrada SantřAntonio: tombe infantili V, VI, XI, XIV e XVII (730Ŕ710

a.C. ca.) e ancora nella XXIX datata al 630Ŕ620 a.C.: DřAGOSTINO 1968, passim; prima anco-

ra, nella fase II (780/770Ŕ730 a.C.) quattro scarabei erano noti da tre tombe del Picentino, di

cui due, la 211 e la 227, infantili: BOTTO 2011, p. 169, con bibliografia relativa. 14 Recenti scavi (2011) hanno riportato alla luce un nucleo di sepolture in via Caduti per la

Patria databili tra il 740 e il 725 a. C. (Orientalizzante Antico I, fase IIIA) in cui la tomba

2059, femminile, era dotata di quattro scarabei in pasta bianca (le notizie preliminari sullo

scavo sono reperibili sul sito ufficiale della Direzione Generale per le Antichità allřindirizzo

http://www.archeologia.beniculturali.it/index.php?it/142/scavi/scaviarcheologici_4e048966c

a3a/225). Per gli altri amuleti egizi cfr. HÖLBL 1979, II, p. 201, con bibliografia. 15 Tomba infantile 69 (ZANCANI MONTUORO 1974Ŕ1976, pp. 51Ŕ66) e tombe 8 e 67, en-

trambe femminili e caratterizzate da un notevole livello di ricchezza e complessità del corredo

e del rituale funerario: ZANCANI MONTUORO 1980Ŕ1982, pp. 29Ŕ40, figg. 11Ŕ15, tavv. XIb-

XVI e ZANCANI MONTUORO 1983Ŕ1984, pp. 41Ŕ47, figg. 10Ŕ11, tavv. XXVIŔXXIX. 16 Tomba 15: ORSI 1926, c. 231, con bibliografia. Dalla stessa necropoli sono noti altri

scarabei dalle deposizioni multiple 59, 103 e 108.

Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente 147

Ovest e uno da Mangosa), gli scarabei di Amendolara presentano so-

miglianze non trascurabili con quelli rinvenuti a Pithecusa ŕ come

dimostrato dalla possibilità di creare raggruppamenti tipologici simili

e dalle affinità delle iscrizioni17

ŕ e inducono a riflettere sulle dina-

miche di acquisizione e trasmissione di tali amuleti in ambiente eno-

trio. Gli scarabei di Amendolara, sia quelli di produzione egizia che

quelli appartenenti al gruppo PerachoraŔLindos, recano incisi simboli

magici e nomi divini e regali, che ne rafforzano la funzione protettiva.

Ciò che qui interessa particolarmente è la funzione profilattica e

protettiva ad essi riconosciuta nei confronti di non adulti e donne18

,

configurandosi, pertanto, quale straordinario indicatore archeologico

non soltanto per lřindividuazione e lřanalisi delle sepolture infantili,

ma anche per la ricostruzione di teorie escatologiche, forme di religio-

sità popolare e pratiche funerarie particolarmente legate a questo seg-

mento della popolazione.

In età preŔcoloniale la diffusione di tali manufatti sullřarco ionico,

dalla Siritide alla Locride, è assicurata dal terminale di una ŖVia ioni-

ca degli Ægyptiacaŗ19

, parallela a quella tirrenica, che doveva dira-

marsi allřaltezza dello Stretto di Messina. La strada di contatti ricono-

sciuta sarebbe stata interrotta dallřesperienza coloniale, per cui si do-

vrebbe pensare agli Ŗscarabei di Amendolara, o almeno ad alcuni di

essi, quali importazioni asiatiche dellřultimo periodo preŔcoloniale,

poi conservate per generazioni presso lřaristocrazia indigena come

preziosi heirlooms di famigliaŗ20

, mentre nella fase successiva lřarrivo

di oggetti esotici sarà mediato dalla polis di Siris21

.

17 La legenda dellřesemplare n. 1 dalla tomba P.O. 125 è paragonabile a quello dello sca-

raboide n. 4 della tomba 600 di Pithecusa (750Ŕ725 a.C. circa; DE SALVIA 1993, p. 796, fig. 6,

tav. CLXXVIII, con confronti), quella dellřesemplare n. 1 dalla tomba P.O. 126 allo scarabeo

della tomba 977 (725 a.C. circa; il pezzo non è ancora stato pubblicato, ma il confronto è cita-

to in DE SALVIA 2012, p. 228), a sua volta assimilabile a quelli rinvenuti a Cipro e, in Italia

meridionale, a Villasmundo nel territorio di Megara Hyblaea e Pellaro presso Rhegion (DE

SALVIA 2012, pp. 228Ŕ229, con bibliografia relativa alle note 86-88). 18 Ampiamente sviluppata in termini generali in DE SALVIA 1978 e riconfermata per quan-

to concerne lo specifico caso di Amendolara in DE SALVIA 2012. 19 Con il termine ŖAegyptiacaŗ ci si riferisce solitamente ad amuleti egizi ed egittizzanti

rinvenuti al di fuori della Valle del Nilo in età preŔellenistica; occorre qui sottolineare che per

egittizzante si intende qualunque oggetto, anche prodotto in Egitto, da artigiani non Egizi così

come, naturalmente, i manufatti prodotti altrove con tecniche e motivi nilotici: DE SALVIA

2012, p. 217, nota 1, con bibliografia precedente. 20

DE SALVIA 2012, p. 231. La crisi delle importazioni attraverso i canali propri del perio-

do precoloniale sarebbe dovuta, oltre che alla fondazione di Sibari, anche ai rivolgimenti in

Daniela CostanzoŔCéline Dubois 148

Pur accettando questa ipotesi, occorre sottolineare una continuità

fra le credenze più antiche e il VII secolo: sembra infatti delinearsi un

quadro coerente per cui da una parte, gli scarabei sono legati alla sfera

femminile e infantile nel senso profilattico che dalla vita quotidiana si

estende alla dimensione oltremondana, e dallřaltra, a unřesigenza di

manifestare un diverso status sociale che passa anche attraverso

lřacquisto e lřostentazione di amuleti esotici, caratterizzando in taluni

casi i diversi raggruppamenti familiari (Fig. 1).

La tomba infantile 321 (limite N della necropoli, presso il Canale

Taviano), ad esempio, è lřunica del suo gruppo a recare uno scarabeo

nel corredo, tuttavia la tomba 322, anchřessa infantile e di poco suc-

cessiva, è connotata dalla presenza di vaghi dřambra, di uno spillone

assimilabile ai tipi studiati da Jacobsthal ŕ databili allřOrientalizzante

1 ŕ e di un anello maschile bronzeo con incisione di volatile che ri-

chiama lřorizzonte levantino e suggerisce, forse, un contatto fra il

gruppo familiare e il mondo mediterraneo orientale22

.

Le tombe di due adolescenti (259 e 263), entrambe di sesso femmi-

nile, hanno restituito il maggior numero di scarabei, segnalandosi an-

che per la ricchezza e la complessità dei corredi: nella prima si ricorda

la presenza di una phiale mesomphalos riconosciuta da Stéphane Ver-

ger come identica allřesemplare 157 dal Tumulo MM di Gordion (ter-

zo quarto dellřVIII secolo), che rappresenta al momento il più antico

vaso metallico di tipo frigio rinvenuto in un contesto del Mediterraneo

occidentale23

; la tomba 263 reca, tra gli altri oggetti, un cerchio di

bronzo pieno, a sezione rotonda, collocato in corrispondenza

dellřaddome, vicino ad altri cerchi ornamentali in ambra e bottoncini

Asia anteriore seguiti alla conquista delle città fenicie da parte del re assiro Tiglatpileser III

(745Ŕ727 a. C.). 21 La città avrebbe gestito i traffici non solo nellřarco ionico ma anche verso Nord, lungo

le coste adriatiche, come sembrerebbe suggerire il Bes rinvenuto a San Severino Marche. Dal-

la necropoli della stessa Siris proviene un altro amuleto in faïence raffigurante Bes (tomba 4 a

enchytrismòs, infantile, fine VIIIŔinizio VII secolo): BERLINGÒ 2004Ŕ2005, pp. 333Ŕ336 e

378, fig. 4/3 e 5/3, vedi fig. 7. 22 DE LA GENIÈRE 2012, pp. 203Ŕ206. 23 VERGER 2012, pp. 148Ŕ150. Il corredo vascolare era disposto ai piedi: 3 brocche (una a

imboccatura larga e profilo continuo, una a collo troncoconico e una a corto collo cilindrico)

insieme a una coppa subgeometrica. Nella mano sinistra era un aryballos protocorinzio ovoi-

de con decorazione a teoria di animali sulla pancia, presso il limite sud della fossa 6 perline

dřambra mentre in corrispondenza della parte superiore del corpo erano gli 8 scarabei e altri

ornamenti personali (orecchino dřargento, fibula, fermatrecce): DE LA GENIÈRE 2012, pp.

146Ŕ152.

Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente 149

di bronzo che dovevano addobbare una stoffa o un velo sulla testa se-

condo la moda tipica della prima età del Ferro24

.

Fig. 1

Se il mondo enotrio accoglie gli amuleti egizi ed egittizzanti è pur

vero che i casi esaminati testimoniano come essi siano destinati a in-

dividui di rango più elevato rispetto alla media o, comunque, apparte-

nenti a gruppi con una certa disponibilità economica, motivo per cui

ad Amendolara compaiono in un numero limitato di sepolture25

, carat-

terizzate inoltre da corredi ricchi e complessi26

. Ciò è da imputarsi in

24 DE LA GENIÈRE 2012, pp. 152Ŕ155. La vicinanza topografica delle due tombe, la mede-

sima tipologia degli oggetti di corredo e di disposizione in relazione al corpo hanno spinto Ju-

liette de La Genière a ipotizzare una parentela fra le due fanciulle, in ogni caso sicuramente

appartenenti a famiglie notabili della comunità, in grado di assicurare un materiale di accom-

pagno numericamente importante e qualitativamente prestigioso e inoltre consapevoli, per

usare unřespressione di Maria Assunta Cuozzo, della valenza del rituale funerario quale

Ŗstrumento attivo e produttivo nella costruzione socialeŗ. 25 HÖLBL 20123, p. 52. 26 Unřeccezione potrebbe sembrare la tomba di neonato 222, in cui lo scarabeo è lřunico

oggetto del corredo insieme a un anello in bronzo e una perlina dřambra; tuttavia, analizzando

le tombe più prossime e con tutta probabilità (per quota e datazione) dello stesso gruppo fami-

Daniela CostanzoŔCéline Dubois 150

parte ad un diverso canale commerciale tramite cui questi oggetti rag-

giungono la costa ionica, con un volume di traffici sostenuto ma non

paragonabile alla direttrice tirrenica che rifornisce Pithecusa, dove tali

oggetti compaiono fin dal TGI e, forse per la stabile presenza di Le-

vantini, assumono una mera funzione protettiva e non assurgono a

simbolo di status. Nello stanziamento euboico, infatti, gli scarabei

compaiono anche in contesti tombali di modesta ricchezza o in gruppi

familiari non socialmente elevati27

.

1.2. Parures

Dalla prima metà del VII secolo le aristocrazie indigene divengono

i principali committenti di beni di prestigio, come dimostrano le ric-

chissime parures delle sepolture femminili di alto rango. Nel compar-

to territoriale che sarà analizzato in questa sede, quello nordŔlucano,

alcune sepolture di bambine riproducono lřesuberanza del costume fu-

nerario femminile, con ricchi ornamenti in argento, oro, bronzo e fer-

ro, a cui si associa spesso un materiale prezioso e dalle riconosciute

proprietà protettive come lřambra28

. Lřassociazione di materiali diver-

liare, ci si rende conto che in esso compaiono uomini armati di lancia (tomba 8 e 194), ricche

tombe femminili (tomba 220) e una sepoltura infantile (tomba 193) in cui un oggetto orna-

mentale, probabilmente un bracciale, è identico a un esemplare rinvenuto nel tempio di Arte-

mide Orthia a Sparta.

Ancora in ambiente enotrio, si pensi alla tomba 315 di Alianello (femminile, fine VIIŔ

inizio VI sec. a.C.) in cui è presente un complesso copricapo con sette scarabei del tipo Pera-

choraŔLindos, una dozzina di conchiglie cipree, elementi in pasta vitrea e avorio: Greci, Eno-

tri e Lucani, p. 62 e 152Ŕ153. In questo ambito culturale lřesibizione di forme esclusive di ab-

bigliamento femminile (diademi, acconciature e cinture bronzee, falere, xilofoni e fibule) cor-

risponde, al pari della spada per le sepolture maschili, a manifestazione delle differenze di

rango: ibidem, p. 47. È qui chiaro come i termini della questione (amuleti e parures), qui arti-

ficiosamente suddivisi per consentire una trattazione sintetica, siano correlati in maniera in-

scindibile gli uni agli altri. 27 A queste conclusioni giungono gli stessi editori della necropoli di San Montano, per cui

si veda soprattutto RIDGWAY 2000; per i dettagli sulla documentazione offerta da Pithecusa

vedi infra. 28 Occorre ricordare che i coloni greci stanziati nellřarco ionico non sono i soli interlocu-

tori: soprattutto la Basilicata nordŔorientale risente di forti influenze sulla cultura materiale

dallřEtruria campana (Pontecagnano in primis), che giungono attraverso le valli del Sele e

dellřOfanto, arricchendosi al tempo stesso dellřapporto greco e cumano in particolare, mentre

tra la fine del VII e gli inizi del VI secolo sarà Capua a gestire il commercio di beni di presti-

gio lungo le direttrici interne. Lungo la valle del Basento, infine, si consolida il rapporto fra

Metaponto e la colonia sibarita tirrenica di Poseidonia fondata intorno al 600 a.C. Per quantità

di rinvenimento di questo materiale, i corredi enotri sono paragonabili solo a quelli piceni, te-

stimoniando delle notevoli capacità di acquisto raggiunte dai capi di queste comunità. In ge-

Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente 151

si nelle parures è finalizzata ad aumentarne la funzione protettiva: il

tintinnìo del bronzo ha il potere, secondo alcune tradizioni antiche, di

allontanare i mali e la presenza di ambre, scarabei, avorio e conchiglie

è riferibile ad una sorta di protezione cosmogonica che utilizza le pro-

prietà di materiali provenienti da ogni angolo del mondo conosciuto29

.

La complessità delle parures ornamentali testimonia la continuità

strutturale tra la precedente età del Ferro e queste comunità, ma è ora

arricchita dai continui apporti della cultura greca ed etrusca giunti

lungo le direttrici fluviali interne; allo stesso tempo la strutturazione in

gruppi gentilizi si manifesta attraverso un cambiamento del corredo

funerario che implica la presenza di vasi e oggetti utili al rituale fune-

rario e nuovi modelli che inaugurano la facies orientalizzante30

.

La tomba infantile 102 di Braida di Vaglio rappresenta un esempio

eloquente dellřimportanza di simili oggetti nella cultura nordŔ

lucana31

, sia per le implicazioni magicoŔprotettive connesse alla sfera

funeraria sia per il valore simbolico ŕ nel senso dellřaffermazione di

status degli individui appartenenti ad alti ranghi sociali ŕ indipenden-

temente dallřetà. La bambina, dellřetà di circa 7Ŕ8 anni, era stata inu-

mata con il corpo completamente ricoperto da circa 300 vaghi e pen-

denti figurati in ambra e circa 40 fibule in argento (miniaturistiche e

non); la fronte era decorata con un diadema dřoro lavorato a sbalzo

(Fig. 2), mentre sulla mandibola è stata rinvenuta una placchetta

dřargento dorato lavorata a bassissimo rilievo con motivi fitomorfi; i

capelli erano contenuti in fermatrecce anchřessi in oro e forse decorati

posteriormente da altri vaghi, rinvenuti nei pressi della nuca. Ai piedi

era collocata una serie di dischi in ambra sagomati, sovrapposti in sen-

so longitudinale.

nerale, per un inquadramento delle proprietà dellřambra nel mondo antico e sulla relativa do-

cumentazione archeologica, si vedano i cataloghi Ambre, Magie d‘ambra e Zauber in Bern-

stein. 29 Per questa idea, introdotta in merito alla tomba 660 di Megara Hyblaea, cfr. VERGER

2011. 30 BIANCO 1990, pp. 8Ŕ12. 31 Per la definizione del comprensorio nordŔlucano e le dinamiche sociali che lo caratte-

rizzano si vedano DI LIETO 2006Ŕ2007e RUSSO 2008, per la nascita e strutturazione delle ari-

stocrazie OSANNAŔSCALICI 2011.

Daniela CostanzoŔCéline Dubois 152

Fig. 2

Le collane di cui si è accennato sono composte da vaghi e pendenti

di diversa foggia32

, tra cui spicca una placca a rilievo che raffigura una

Sfinge alata attribuita alla classe Ŗdel Satiro e della Menadeŗ (Fig. 3).

A questo punto è necessario evidenziare come le valenze magicoŔ

protettive dellřambra siano spesso potenziate dai soggetti intagliati,

donne o, più in generale, figure alate da intendere come personaggi

divini incaricati di condurre i defunti nellřAldilà e probabilmente con-

nessi a credenze escatologiche. Questi soggetti caratterizzano le più

importanti sculture in ambra di VIŔIV secolo della Basilicata centro-

settentrionale, come esemplificato dalla Sfinge della tomba 102 di

Braida di Vaglio: associata ad altri simboli di fertilità, essa richiama il

passo plutarcheo che mette in connessione la Sfinge al potere di Afro-

dite, divinità considerata Ŕ in virtù del suo potere sulla fecondità della

natura che ella risveglia ogni primavera Ŕ Ŗliberatrice dallřAde e fau-

trice di nuove rinasciteŗ33

.

32 Protomi umane e animali, animali accovacciati (cane, cinghiale, vitello, toro), forme

vascolari (anforetta, aryballoi, alabastra), frutti (melograno, pigna), a conchiglia, dischetto, a

goccia, a losanga. 33 Magie d‘ambra, p. 119; il passo ricordato in questa occasione da Alfonsina Russo è

Plutarco, ap. Stob., Floril., 64, 31. La diffusione di dottrine escatologiche è testimoniata, nello

stesso sito, da una sepoltura di bambina entro abitato della fine del V sec. a. C.: già la posi-

zione in un contesto non funerario ne segnala lřimportanza, così come il rituale ŕ eccezionale

ŕ di cremazione del corpo. Del corredo fanno parte una bambola snodabile, una pantera

(animale chiaramente dionisiaco), una chous attica a figure rosse e un cratere del Pittore di Pi-

sticci con il mito di Eos e Kephalos: Magie d‘ambra, pp. 80Ŕ82. Anche a Ruvo del Monte

Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente 153

Fig. 3

In ambra era realizzato anche un oggetto, interpretato ora come fu-

so/conocchia ora come scettro, composto da elementi di varia forma

fissati su un sostegno ligneo34

. Il rango elevato è affermato anche dal

ricco corredo di accompagno: vasellame in bronzo, due lebeti in ferro,

due bacili a orlo perlinato, uno stamnos, una grattugia, alari, spiedi e

tripode in ferro, ceramica miniaturistica, attica e subgeometrica35

. La

sepoltura infantile di Braida di Vaglio spinge a riflettere non solo sulla

ricchezza ma anche sulla varietà dei materiali preziosi donati alla pic-

cola defunta: oro, argento, bronzo, ferro, avorio e ambra compaiono

(tombe 64 e 65) il mito è attestato da un altro cratere del Pittore di Pisticci e dalla cimasa di

un candelabro etrusco: Ornamenti e lusso…, p. 28. 34 Magie d‘ambra, figura a p. 76. 35 BOTTINIŔSETARI 2003, pp. 32Ŕ40, figg. 19Ŕ21. La composizione del set di questa tomba

infantile è identica a quella degli adulti sepolti nel nucleo di Braida, in cui le donne di rango

principesco sono connotate come portatrici della ricchezza dellřoikos per mezzo di ricchi or-

namenti metallici e in ambra, nonché come parte attiva nella gestione e distribuzione delle ri-

sorse del gruppo per mezzo di alari e spiedi e, forse, nella pratica del banchetto. Elementi di

affinità compaiono pure con le sepolture degli uomini adulti, capi militari di rango equestre,

anchřessi sepolti con gli strumenti per il focolare (Trésors, pp. 43Ŕ45). Anche la presenza di

vasellame bronzeo rimanda al Ŗvalore sociale dellřoikosŗ, secondo quanto riconosciuto, in

contesto daunio, per le sepolture femminili emergenti di Cupola e Canosa: MONTANARO 2011,

p. 27.

Daniela CostanzoŔCéline Dubois 154

tutti a segnalare il prestigio e le capacità economiche del gruppo socia-

le di riferimento36

, con interessanti fenomeni di acculturazione che,

nel caso del diadema aureo, si traducono nellřadozione di forme indi-

gene realizzate secondo metodi e tecniche greci37

.

La tomba infantile 38 da Baragiano, località Spinituro (inizio VI

sec. a.C.), è anchřessa caratterizzata da una notevole ricchezza e com-

plessità del corredo, con un cospicuo servizio da mensa38

, vasellame

bronzeo39

e una parure ornamentale, in cui una serie di fibule (in am-

bra, avorio e ferro) è associata ad una collana in ambra con vaghi a

goccia, a pigna, a globetto, alternati a vaghi circolari a sezione lentico-

lare (Fig. 4). In questa sepoltura sono ravvisabili i primi segni che ca-

ratterizzeranno in seguito il costume funerario del cantone culturale di

riferimento: lo spostamento, in termini di ostentazione della ricchezza,

verso modelli ideologici che privilegiano il banchetto e il consumo del

vino40

, con un lento ma progressivo abbandono degli ornamenti tradi-

zionali.

36 Il sistema di valori che sottende a queste pratiche è rintracciabile, seppure con variazio-

ni considerevoli in relazione al periodo storico, anche nel mondo greco, in cui, analogamente

a quanto si osserva per le società indigene, Ŗlřesibizione della ricchezza è uno dei comporta-

menti possibili del sistema sociale e il lusso femminile, in particolare, assume uno specifico

valore espressivo, complementare ad altre forme rappresentative delle classi abbientiŗ: LIPPO-

LIS 2009, p. 39. I dovuti distinguo si devono operare nel momento in cui intervengano leggi

sontuarie a limitare lřostentazione funeraria, pratica diffusa nelle poleis che non interessa in-

vece i centri indigeni dellřItalia meridionale. 37 LIPPOLIS 2007, p. 9; nella stessa sede lřAutore ricorda come ci sia in alcuni casi una di-

versa ricezione dei modelli allogeni, con una maggiore resistenza allřinnovazione del costume

femminile, che si assesta su tradizioni locali di origine protostorica. 38 Kotylai a filetti di tipo corinzio, kylix di tipo ionico, olle, ceramica a decorazione geo-

metrica di produzione nordŔlucana (brocchette, anforetta, ollette kantharoidi). 39 Bacili a orlo perlinato. 40 Ŗ[…] simili cerimonie in ambito funerario si caricano di significati allusivi alla condi-

zione di beatitudine ultraterrena, che si può raggiungere attraverso pratiche e comportamenti

eticoŔreligiosi che consentono una proiezione verso la sfera divinaŗ: Magie d‘ambra, p. 101.

Entro la fine del secolo il rituale funerario sarà definitivamente mutato, con la manifestazione

del prestigio sociale tramite le cerimonie del sacrificioŔbanchetto e del simposio. Un altro

esempio di diffusione di credenze greche nella sfera funeraria viene, stavolta in ambito eno-

trio, dalla necropoli di Alianello dove, dalla seconda metà del VI secolo, si diffondono nelle

sepolture infantili statuette fittili di divinità (Kore? Afrodite?) preposte allřaccompagnamento

nellřAldilà dei defunti: TAGLIENTE 1999, pp. 20Ŕ21, tav. VI, 2.

Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente 155

Fig. 4a

Fig. 4b

Di particolare interesse può essere il confronto con il sito daunio di

Banzi, posto al confine tra differenti aree etnicoŔculturali e crocevia di

importanti itinerari fluviali, che ne hanno fatto, tra il VI e il IV sec.

a.C., una delle zone più ricettive in termini di apporti culturali esterni.

La necropoli di Banzi ha restituito ricchi corredi funerari, in cui è

chiara lřadesione della società indigena a modelli culturali greci, in

primis lřeroizzazione del defunto e lřidea del simposio ultraterreno se-

Daniela CostanzoŔCéline Dubois 156

gnalato dalla presenza di vasellame e strumenti in esso utilizzati. La

presenza di beni di prestigio di provenienze differenti testimonia un

Ŗpersistente interesse per comportamenti e costumi stranieri, in preva-

lenza, ma non esclusivamente, ellenici, che costituisce uno dei tratti

più caratteristici di queste genti indigeneŗ41

.

Fig. 5

La tomba infantile 419 da Piano Carbone (fine V sec. a.C.) si di-

stingue innanzitutto per la complessità della struttura tombale42

e,

quindi, per il corredo, ricco sul piano qualitativo e quantitativo. La pa-

rure del bambino è costituita da un cinturone bronzeo, una bulla, tre

distanziatori, due armille dřoro, quattro pendenti e quattro fibule

dřargento, due fibule di ferro, due pendenti a protome femminile e una

maschile in ambra, ancora da intendere come figure divine (Fig. 5)43

.

41 BOTTINI 1987, p. 1. 42 Una cassa di blocchi di tufo squadrati coperti da un unico lastrone in arenaria, secondo

una tipologia propria delle tombe emergenti della regione. 43 Tale caratteristica è peculiare dei siti della Daunia interna (corrispondente allřattuale

Basilicata settentrionale) dove, contrariamente a quanto avviene nellřarea garganica, in cui tali

ostentazioni di ricchezza interessano soprattutto il VII e VI secolo, i corredi aristocratici si

presentano molto sfarzosi anche nelle fasi successive. Per la provenienza dei manufatti

dřambra dagli ateliers campani: BOTTINI 1987, pp. 11Ŕ12, dove si insiste anche sul ruolo

dellřambra per manifestare il Ŗsorgere e consolidarsi delle élites dominantiŗ, divenendo siste-

matica espressione di status a partire dalla fine del VII secolo.

Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente 157

Fra gli oggetti ceramici di accompagno appare significativo un askos a

forma di colomba che rappresenta una costante entro le sepolture di

bambini e adolescenti nelle necropoli rodie, con la medesima associa-

zione a contenitori in pasta vitrea e unguentari44

, suggerendo, pertanto,

lřadozione di una rituale di derivazione grecoŔorientale45

.

2. Parures e amuleti nelle sepolture infantili: riflessioni sulle colo-

nie greche dell’Italia meridionale

2.1. Amuleti egizi ed egittizzanti nel contesto greco

Se gli amuleti, in particolare quelli egizi ed egittizzanti, fanno parte

del corredo funerario regolarmente associato alle sepolture infantili

indigene, nel mondo greco questo tipo di deposito è meno frequente e

circoscritto ad alcune città. Tuttavia, la presenza di Aegyptiaca in con-

testi funerari è attestata in ambito egeo a partire dallřEtà del Bronzo,

ma è soprattutto dallřXIŔX secolo che essi sono compaiono princi-

palmente nelle sepolture di bambini e donne a Creta, nel Dodecaneso,

in Eubea e ad Atene sotto forma di pendenti in faïence raffiguranti di-

vinità egizie (Sekhmet, Iside che allatta Horus, Nefertum e Ptah) e

scarabei46

. In età protogeometrica e geometrica, questo tipo di parure

resta eccezionale ed è sempre associato a un corredo molto ricco,

44 Lřoggetto in esame sarebbe una variante locale del tipo grecoŔorientale, ma sembra ar-

duo al momento ricostruire i canali attraverso cui un tale scambio sia avvenuto. Dalla tomba

provengono: un cratere attico a figure rosse con rappresentazione dei Dioscuri, uno stamnos,

due oinochoai a bocca rotonda, due coppe Ŗa labbro interrottoŗ, quattro lekanai, tre brocchette

della classe Ŗa bande ed ondeŗ, quattro kylikes Bloesch C, uno skyphos, un cup-skyphos, una

coppetta a vernice nera, unřanforetta a decorazione geometrica, un baby–feeder a vernice ne-

ra, tre askoi di tipo daunio, due lekythoi a vernice nera decorata. Al corredo ceramico si ag-

giunge il vasellame bronzeo (uno stamnos, due oinochoai e un bacile ad orlo estroflesso) e

una oinochoe di pasta vitrea blu con decorazione a intarsio giallo e azzurro: NARDELLAŔ

SETARI 2008, pp. 23Ŕ26, figg. 9Ŕ12. 45 Lřaskos appartiene a una classe diffusa tra VII e VI secolo a.C. in varie regioni del Me-

diterraneo, ma che in Magna Grecia è nota solo dai contesti tarantini. 46 Sullřassociazione di scarabei e divinità egizie alla protezione dellřinfanzia si veda su-

pra. Questo tipo di amuleti è stato ritrovato nelle tombe infantili di età protogeometrica e

geometrica al Serraglio (Cos), Ialysos (Rodi), Lefkandi, Cnosso; ad Atene due fermatrecce in

oro e un sigillo lenticolare in cristallo di rocca sono stati ritrovati in una tomba di infante del

X secolo: POMADÈRE 2011, p. 573 con bibliografia, a cui bisogna aggiungere DE SALVIA

1991, pp. 335Ŕ337 ; 1978 e HÖLBL 1986, p. 201.

Daniela CostanzoŔCéline Dubois 158

composto da vasi di produzione locale e di importazione, perle e og-

getti metallici (fibule, gioielli). La composizione dei corredi testimo-

nia di contatti e scambi continui tra le regioni costiere e lřOriente (Fe-

nicia, Cipro, Egitto) e mostra allo stesso tempo come le sepolture in-

fantili possano essere integrate nelle strategie di rappresentazione di

ceti elevati e/o della ricchezza delle famiglie o clan ai quali il bambino

apparteneva47

.

Il periodo fra la metà dellřVIII e la metà del VII secolo è caratteriz-

zato dallo sviluppo della navigazione greca, di cui una delle maggiori

conseguenze è lřincremento delle rotte commerciali tra il mar Egeo,

Cipro, il Vicino Oriente (Fenicia) e il delta del Nilo. Il moltiplicarsi

degli scambi influenza il gusto greco, che tende ora a una certa forma

di orientalismo nella pittura, così come nelle arti minori e negli oggetti

di uso comune. È nel corso di questo periodo che hanno luogo i grandi

movimenti coloniali greci verso lřOccidente. La presenza di Aegyptia-

ca nelle città fondate in Italia meridionale si inscrive in questa rivolu-

zione Ŗorientalizzanteŗ48

. È per tale ragione che i contesti di scoperta

di alcuni di questi oggetti, soprattutto amuleti e pendenti, testimoniano

di un processo più complesso che include pratiche cultuali e culturali

specifiche. Anche nelle colonie greche elementi di parure di tipo egi-

zio sono stati messi in luce in necropoli e santuari. In contesto funera-

rio, questi oggetti sono stati ritrovati in un numero ridotto di città e

quasi esclusivamente in sepolture di bambini o adolescenti dallřVIII al

VI secolo: Pithecusa49

, Cuma50

, Taranto51

, Siris52

, Siracusa53

.

47 POMADÈRE 2011, p. 573. 48 Per lřinterpretazione delle parures di tipo egizio nel periodo orientalizzante si veda

BURKERT 1997, p. 15. 49 A Pithecusa 52 scarabei e scaraboidi e 37 sigilli sono stati scoperti in 60 sepolture, so-

prattutto di bambini (le tombe 592 e 647 appartenevano ad adulti ŕ un uomo e una donna, le

tombe 208, 243 e 223 contenevano del materiale femminile ma non è stato possibile definire

lřetà dei defunti). Infine, sette pendenti raffiguranti divinità egiziane (Nefertum, Sekhmet,

Ptah e PtahŔPateco) sono stati rinvenuti in quattro sepolture in vaso (T. 393, 546, 553 et 696)

alle quali si può aggiungere la scoperta di uno Wḏ ӡ t in faïence deposto nella ricca sepoltura

di unřadolescente di circa 17 anni e che costituisce lřunico esemplare in contesto coloniale no-

to in Italia meridionale (T. 272); BUCHNERŔRIDGWAY 1993; RIDGWAY 2000 e DE SALVIA

1993a. 50 Una quindicina di sepolture di VIIIŔVII secolo conteneva almeno uno scarabeo in

faïence, steatite o pasta blu e una tomba preellenica conteneva un pendente in faïence raffigu-

rante la testa di una divinità egizia (Mut?); HÖLBL 1979, II, pp. 859Ŕ934 ; DE SALVIA 1978, p.

130 n. 43.

Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente 159

Il deposito nelle tombe infantili è ugualmente attestato in altre co-

lonie del mondo greco come Ampurias, dove uno scarabeo di corniola,

probabilmente di Naukratis, un pendente in pasta vitrea raffigurante

Iside Lactans e un secondo in osso configurato a scimmia seduta sono

stati scoperti in tre tombe, tutte appartenenti a bambini54

. Questi amu-

leti, per il loro esotismo e la loro rarità, sono stati spesso interpretati

come indicatori di prestigio55

. Ma se nellřXI e X secolo tali oggetti

erano sempre associati, nelle tombe greche, a materiale molto ricco, in

epoca arcaica gli amuleti egizi ed egittizzanti trovati nelle necropoli

elleniche dellřItalia meridionale non sempre sono deposti nelle sepol-

ture eminenti.

A Pithecusa uno scarabeo poteva essere la sola componente del

corredo o al contrario essere associato a una ricca serie di oggetti56

. In

questo contesto, la presenza di Aegyptiaca nelle sepolture infantili non

sembra essere condizionata da uno statuto elevato del giovane defunto

o della sua famiglia, ma sembra piuttosto aver origine da pratiche pri-

vate forse legate a credenze personali57

.

Inoltre, se la maggior parte degli amuleti egizi ed egittizzanti trova-

ti in Italia meridionale era costituita da scarabei e scaraboidi forati o

51 HÖLBL 1979, II, n° 1053Ŕ1221. Sfortunatamente, non è stato possibile identificare lřetà

dei defunti. Occorre tuttavia ricordare la tomba I di via Nitti che conteneva più di 150 scarabei

probabilmente facenti parte di un unico collier (VI secolo). 52 Un pendente di Bes di produzione egiziana è stato ritrovato in una sepoltura entro

pithos del VII secolo nella necropoli occidentale: BERLINGÒ 2004Ŕ2005, T. 4. 53 Si cita qui Siracusa allo scopo di confrontarla con le colonie dellřItalia meridionale. Per

una lista completa delle sei sepolture della necropoli del Fusco dotate di Aegyptiaca si veda

DE SALVIA 1978, p. 1031; T. 30: fanciulla con tre scarabei in faïence della fine VIIŔinizio VI

secolo (ORSI 1893, pp. 458Ŕ459); T. 81: uno scarabeo in steatite in tomba infantile (ORSI

1893 p. 429); T. 194: uno scarabeo in steatite (ORSI 1895, p. 145); T. 208: due scarabei in

faïence in una sepoltura contenente due individui giovani (ORSI 1895, pp. 146Ŕ147). Infine le

tombe di bambino 118 e 126 contenevano ciascuna un pendente a forma di Bes (ORSI 1893,

pp. 480Ŕ482). 54 PARCERISA 2002Ŕ2003, p. 248. Nella penisola iberica, gli amuleti egizi o egittizzanti

sono stati ritrovati soprattutto nelle sepolture indigene femminili e infantili, come in Italia me-

ridionale. 55 POMADÈRE 2011; DUPLOUY 2006, pp. 162Ŕ164. 56 Le tombe infantili 701 e 478 non avevano che un sigillo del Lyre-Player Group nel cor-

redo, mentre per esempio la tomba 354 conteneva undici vasi, due fibule in bronzo e quattro

scarabei in faïence. In contesto egeo, e particolarmente a Rodi, gli scarabei deposti in tombe

di bambini erano al contrario associati sempre a un ricco corredo. 57 Sul carattere privato del deposito di amuleti egizi nelle sepolture greche si veda DE

SALVIA 1993b, pp. 66Ŕ67.

Daniela CostanzoŔCéline Dubois 160

dotati di montatura che ne indicano lřuso come pendenti (Fig. 6)58

,

qualcuno poteva anche presentare, come ad Ampurias, la forma di una

divinità egizia: Bes, Ptah, Nefertum e Sekhmet (Fig. 7). La Triade di

Menfi (Ptah, Nefertum e Sekhmet) è presente in tutto il bacino del

Mediterraneo a motivo della collocazione geografica del Delta che ha

facilitato una sua rapida diffusione per mezzo dei Fenici59

. Questa as-

sociazione frequente in contesto greco testimonia di una certa cono-

scenza del pantheon egizio, ma il deposito nelle sepolture infantili sot-

to forma di amuleti deve essere interpretata anche in rapporto al loro

valore apotropaico60

.

Se è difficile sapere quali attributi di questi dei siano stati recepiti

dal mondo greco, la loro associazione con lřinfanzia è ricorrente nelle

pratiche funerarie, ma non soltanto: nella Grecia egea rappresentazioni

di Ptah associato a SekhmetŔBastet e talvolta a Bes sono state scoper-

te nellřArtemision di Paro, nel santuario di Hera Kourotrophos a Samo

e in quello di Ilizia a Inatos, tutti luoghi di culto di divinità legate

allřinfanzia e al mondo femminile61

.

Fig. 6

58 Una tipologia degli scarabei e scaraboidi con una lista completa dei siti di rinvenimento

si deve a A. F. Gorton: GORTON 1996 (per lřItalia si vedano nello specifico le pp. 155Ŕ164). 59 La Triade è tuttavia presente soprattutto nella Grecia orientale e nella penisola italiana

(più di 200 esemplari, contro una dozzina in Sardegna e sette in Sicilia): FLETCHER 2004, pp.

52Ŕ54. 60 Sullřinterpretazione di Nefertum e degli amuleti Wḏ ӡ t in termini di protezione del

bambino si veda DE SALVIA 1991, p. 338. 61 DASEN 2013² p. 202 e 2014b, con bibliografia. Per una lista completa dei luoghi di sco-

perta della Triade nel mondo greco FLETCHER 2004, appendice II. Amuleti di questo tipo sono

stati scoperti pure in santuari di Apollo, come ad esempio quello di Eretria, cfr. infra.

Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente 161

La presenza di pendenti raffiguranti Bes non è meno significativa

in una sepoltura infantile. Come PtahŔPateco, Bes è un dio nano molto

popolare in Egitto, la cui raffigurazione si è diffusa rapidamente in tut-

to il contesto mediterraneo62

. In ambito greco, è associato alla prote-

zione della procreazione, della nascita e dellřinfanzia63

, come attestato

dalla presenza ricorrente nei santuari di divinità femminili64

.

In effetti, contrariamente alle colonie greche, dove gli Aegyptiaca

si ritrovano soprattutto nelle sepolture infantili e più raramente nei

santuari femminili dotati di legami con la curotrofia65

, in Grecia gli

scarabei e i pendenti raffiguranti divinità egiziane sono stati scoperti

soprattutto in contesti votivi.

Fig. 7

Così, se in Italia meridionale Pithecusa è la colonia che ha restituito

il maggior numero di amuleti di tipo egizio nelle tombe infantili, le

pratiche funerarie della madrepatria Eretria non hanno le stesse carat-

teristiche. Solo tre scarabei sono stati messi in luce in tre sepolture a

62 CAPRIOTTI VITTOZZI 2003; DASEN 2014b. 63 La questione è stata trattata in maniera completa da V. Dasen: DASEN 2013², pp. 65Ŕ75. 64 Si veda DASEN 2014b. Questa associazione non è del resto specifica del mondo greco,

poiché gli amuleti di Bes sono stati ritrovati anche in santuari indigeni legati alla sfera femmi-

nile. 65 Per lřItalia meridionale, scarabei in contesto votivo greco sono stati ritrovati a Locri

(santuario di Persefone) e a Crotone (santuario di Hera Lacinia). Un pendente di Bes è stato

ugualmente rinvenuto a Sibari: HÖLBL 2012, p. 55.

Daniela CostanzoŔCéline Dubois 162

cremazione di epoca geometrica appartenenti a individui adulti66

, ma

scarabei, scaraboidi e sigilli di tipo egizio sono stati ritrovati nel san-

tuario di Apollo Daphnephoros e nellřadiacente area sacrificale67

.

Questo tipo di oggetti è stato messo in luce in altri santuari di Apollo,

venerato come divinità curotrofica, come testimoniato a Cipro dagli

scarabei trovati nel santuario arcaico di Apollo Hylates a Kounion,

luogo dove a partire dal V secolo sono dedicati i temple–boys ornati di

amuleti68

. Se secondo B. Blandin la presenza di questi oggetti nel san-

tuario di Apollo a Eretria non sarebbe da interpretare in rapporto alla

sfera infantile, per via dellřassenza di scarabei nelle tombe di bambi-

ni69

, occorre tuttavia notare che la maggior parte degli Aegyptiaca di

fabbricazione egizia o greca è stata ritrovata in Grecia soprattutto in

santuari associati al matrimonio, alla procreazione e allřinfanzia (Ar-

temide, Aphaia, Athena, Demetra e Hera)70

.

In contesto funerario, gli amuleti di tipo egizio sono stati messi in

luce unicamente in sepolture infantili a Rodi, nelle necropoli di Cami-

ro, Ialysos, Vroulia e ad Astipalea nella necropoli di neonati, dove il

solo corredo funerario scoperto nelle sepolture in vaso è un amuleto di

Bes del VII secolo71

. Le due isole sono collocate nel Dodecaneso, re-

gione i cui contatti con la Fenicia, lřEgitto e Cipro sono sempre stati

molto stretti, circostanza che può spiegare la presenza di questi ele-

menti di ornamento in contesto funerario. Siano essi di produzione

greca o egizia, la loro presenza esclusiva nelle tombe di bambini in al-

cuni siti particolari della Grecia egea e nelle colonie occidentali testi-

monia che il valore esotico di questi oggetti non è la sola ragione del

loro deposito, ma questo deriva anche da pratiche funerarie e magico-

religiose incentrate sul bambino importate dallřOriente72

.

66 BLANDIN 2007, p. 107Ŕ109. 67 Ibidem; HUBER 1998, pp. 114Ŕ125. 68 Sullřinterpretazione dei temple–boys ciprioti in rapporto con i riti di passaggio si veda

DUBOIS 2014 e bibliografia. 69 BLANDIN 2007, p. 108 che contesta la teoria di S. Huber che identifica questi oggetti

come amuleti che sarebbero stati dedicati nel corso di un rito di iniziazione (HUBER 1998, p.

118 n. 52). 70 Sulla questione delle offerte orientali nei santuari del mondo greco arcaico, una tesi di

dottorato è stata sostenuta nel 2005, ma non è stato possibile consultarla per la stesura del pre-

sente articolo: SAINTŔPIERRE 2005, Les offrandes orientales dans les sanctuaires du monde

grec à l‘époque archaïque, Université Paris I (inedita). 71 DASENŔMICHALAKI KOLLIA 2013. 72 DE SALVIA 1993b; 2012, p. 33.

Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente 163

Lřuso di amuleti egizi o egittizzanti per i bambini è dřaltronde atte-

stato a Cipro sui temple–boys che rappresentano, a partire dal V seco-

lo, dei fanciulli adornati di colliers di amuleti a tracolla73

. Su alcune di

queste statuette gli scarabei sono chiaramente presenti fra gli amuleti,

così come una maschera barbuta che potrebbe essere identificata con

Bes (Fig. 8)74

.

Fig. 8

Questo schema iconografico appare qualche tempo dopo a Posei-

doniaŔPaestum su statuette di neonati in fasce e in Attica sulle

choes75

. Questi piccoli vasi per vino forniscono un ricco corpus di

rappresentazione di bambini nudi, fanciulli e più raramente fanciulle,

che portano sul torso, come i temple–boys ciprioti, collane composte

73 Per i molteplici problemi interpretativi sollevati dal corpus delle statuette cipriote si ve-

da il contributo di Stefano Caneva e Aurian Delli Pizzi in questo stesso volume. 74 DE SALVIA 1983, pp. 93Ŕ94; 1993b, p. 66; LAGARCE 1976, p. 172. 75 Sottolineiamo che i temple-boys greci, contrariamente a quelli ciprioti, non sono mai

raffigurati con un collier dřamuleti; DUBOIS 2014. A PoseidoniaŔPaestum, la produzione di

statuette di bambini con amuleti perdura fino alla fase romana, con lřaggiunta della bulla;

MILLER AMMERMAN 2007, pp. 142Ŕ148.

Daniela CostanzoŔCéline Dubois 164

da un cordone ornato di pendenti la cui forma è spesso di difficile

comprensione76

. Queste parures sono utilizzate dai pittori come attri-

buto dellřinfanzia a partire dal secondo quarto del V secolo, momento

in cui questo tipo di raffigurazione si diffonde in altri contesti icono-

grafici: nascita divine o eroiche, rappresentazioni di scene familiari

etc.77

. Le choes sono ampiamente diffuse nel mondo greco, partico-

larmente nelle colonie dellřItalia meridionale e in Sicilia, al punto che

mentre nel IV secolo questo tipo di produzione tende a sparire dalla

ceramica attica, lřiconografia italiota continua a riprendere il tema del

bambino con la collana di amuleti.

Così, se lřarcheologia funeraria ci fornisce fino al VI secolo testi-

monianze che sembrano suggerire lřuso di amuleti egizi ed egittizzanti

per i bambini, a partire dal V secolo, periodo in cui questi oggetti non

compaiono più nelle tombe infantili, lřiconografia del bambino con

collana di amuleti si sviluppa e raggiunge il suo apice. Nel contesto at-

tico di V secolo, dove si mescolano leggi sontuarie e fenomeni di

chiusura del corpo civico, questo tipo di oggetti diviene attributo del

bambino e forse di un certo statuto che sembrerebbe espresso

dallřiconografia, senza trovare unřeffettiva corrispondenza nelle sepol-

ture né della Grecia né delle colonie greche78

.

2.2. La questione delle parures nelle sepolture infantili greche

Esiste dunque uno iato tra i dati iconografici e lřarcheologia funera-

ria, che non ha restituito per lřepoca classica nessuna sepoltura infanti-

le dotata di un insieme di amuleti che potessero in qualche modo cor-

rispondere ai colliers raffigurati sui vasi79

. Alcuni gioielli sono stati

deposti in tombe infantili di V e IV secolo, ma sempre in maniera spo-

radica e senza costituire dei veri insiemi. Quando elementi di parure

sono presenti, si limitano generalmente a un pendente (spesso una per-

la), orecchini o un anello o braccialetto in bronzo. Il corredo funerario

sepolto con i bambini è raramente oggetto di una ostentazione in epo-

76 DASEN 2003. 77 DUBOIS 2014. 78 Si apre pertanto la questione del significato che questo tipo di rappresentazione abbia

potuto rivestire al di fuori dellřAttica, in particolare in Italia e in Sicilia dove le choes erano

molto diffuse; Ibidem con bibliografia. 79 Bisogna attendere lřetà ellenistica perché insiemi di pendenti formanti un collier siano

ritrovati in tombe infantili della Grecia settentrionale: DUBOIS 2014, con bibliografia.

Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente 165

ca classica, tuttavia delle fibule sono frequenti nelle sepolture infantili.

Al di là di unřevidente funzione estetica, esse hanno potuto esprimere,

a seconda dei contesti, una forma di ostentazione, vale a dire la volon-

tà di sottolineare lřappartenenza sociale e/o familiare del bambino.

Così a Locri, due fibule di ferro ornate da figurine di animali, una

cicala in avorio e una colomba in osso, sono state trovate in due sepol-

ture infantili (Fig. 9)80

. La fibula ornata dalla colomba era associata ad

altre due fibule, un anello in ferro e una perla in osso, tutti oggetti tro-

vati sul petto della giovane defunta. Questo tipo di deposito non sem-

bra essere peculiare dei bambini, poiché una terza fibula decorata da

una colomba in avorio è stata scoperta in una sepoltura di adulto (T.

849).

Fig. 9

Nelle necropoli della chora di Metaponto, insiemi di fibule del tipo

a sanguisuga disposte intorno alle spalle sono state trovate in sepolture

infantili81

; neppure in questo caso, tuttavia, si tratta di un oggetto pe-

culiare per i bambini, poiché alcune sepolture di adulti contenevano

allo stesso modo più di sei fibule. Gli elementi di parure della tomba

354 (donna di 20Ŕ25 anni) composti da otto fibule a sanguisuga e per-

le di terracotta di forma conica formanti un diadema o un collier sono

così identici a quelli rinvenuti nella tomba 95 di un bambino di 10Ŕ14

anni che aveva allo stesso modo ricevuto sei fibule a sanguisuga e un

80 ORSI 1913, T. 564 e 866. Fibule dello stesso tipo sono state rinvenute a Crotone e Ta-

ranto. 81 Due sepolture infantili avevano ricevuto più di sei fibule: CARTER ET AL. 1998, T. 95 e

330.

Daniela CostanzoŔCéline Dubois 166

insieme di perle coniche82

. Le due sepolture, databili alla seconda me-

tà del V secolo, non appartengono allo stesso gruppo e sono piuttosto

distanti nella necropoli. Ciononostante, la medesima composizione del

corredo potrebbe testimoniare di un legame tra i defunti perpetuato

dagli oggetti deposti nel corredo. Tuttavia se il collier/diadema si col-

loca in corrispondenza della testa della donna, nella tomba di bambino

si trovava a livello degli arti inferiori. È poco probabile che siano stati

processi tafonomici a spostare lřinsieme delle 83 perle, la disposizione

della parure indica perciò che essa non era indossata al momento

dellřinumazione, ma che è stata deposta nella sepoltura. Una constata-

zione simile si può fare per gli anelli digitali rinvenuti nelle tombe in-

fantili in prossimità o meno delle mani, ma il cui diametro non corri-

sponde a quello delle dita di un bambino83

.

Nelle necropoli greche dellřItalia meridionale, il V e IV secolo non

sono dunque sinonimi di una profusione di parures nelle sepolture di

bambini come di adulti. I gioielli sono più frequenti allřinizio della co-

lonizzazione greca e costituiscono a volte dei veri complessi, in parti-

colare a Pithecusa, dove le sepolture più ricche sono quelle di donne e

bambini, con braccialetti, pendenti, anelli e fibule in bronzo, ferro o

argento. La tomba 652, probabilmente di un bambino di meno di 3 an-

ni considerando la taglia dello scheletro (60Ŕ80 cm), conteneva così

20 fibule in bronzo e in ferro disposte sul torso del bambino, due brac-

cialetti in bronzo sullřavambraccio destro84

, un terzo braccialetto

sullřavambraccio sinistro, un anello in bronzo e uno scarabeo (Fig.

10).

A questa parure si aggiunge un insieme di materiale ceramico di

produzione locale e importazione (una oinochoe, due lekythoi e quat-

tro aryballoi).

82 Sottolineiamo che anche il resto del corredo delle due sepolture era molto simile: en-

trambe contenevano almeno uno specchio in bronzo e unřanfora corinzia. 83 Ad esempio a Metaponto, due bambini sono stati inumati con due anelli in bronzo: T.

15 un bambino di 12Ŕ24 mesi era accompagnato da un anello in bronzo di 1,8 cm di diametro

allřaltezza della spalla destra, T. 271 un neonato di 0Ŕ3 mesi con un anello in bronzo di 2 cm

di diametro la cui precisa collocazione non è stata registrata. Anelli dello stesso tipo con dia-

metro equivalente sono stati ugualmente rinvenuti nelle tombe di adulti della necropoli Panta-

nello, la loro posizione indica che potevano essere portati, in questo contesto, al dito. 84 Gli stessi Editori sottolineano che: Ŗle armille sono senzřaltro troppo grandi per poter

essere portate in vita da un infante; così come non è possibile che questi abbia realmente por-

tato addosso un tale numero di fibule di dimensioni piuttosto grandiŗ: BUCHNERŔRIDGWAY

1993, p. 631.

Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente 167

Se la scoperta di braccialetti nelle tombe di bambini di Pithecusa

non è eccezionale85

, il numero elevato di fibule disposte

Fig. 10

intorno al petto di un defunto così giovane denota la volontà di una

Ŗmessinscenaŗ del morto che oltrepassa il fattore dellřeffetto e/o

dellřuso estetico. Tale Ŗmessinscenaŗ si rivolge alla funzione rappre-

sentativa86

, in cui lřaspetto economico non deve essere dimenticato,

poiché alcune parures possono veicolare un valore pecuniario impor-

85 BUCHNERŔRIDGWAY 1993, T. 591, 581, 517, 515, 507, 500, 488, 469, 245. Alcuni brac-

ciali erano allřaltezza delle braccia, altri in corrispondenza degli arti inferiori. 86 Questa Ŗmessinscenaŗ può riguardare anche i neonati, come quello di circa 6 mesi della

sepoltura in fossa 364, che è stato sepolto con 11 fibule ritrovate sulle spalle e sul petto, due

fermatrecce in argento disposti a ogni lato del cranio, due anelli in bronzo, due in argento, due

perle in vetro e tre scarabei in corrispondenza del collo.

Daniela CostanzoŔCéline Dubois 168

tante. Il bambino di 12 anni della tomba 591 è stato inumato con due

vasi (uno di produzione locale e lřaltro corinzio) e soprattutto con cin-

que scarabei e scaraboidi, due bracciali in bronzo, una collana costitui-

ta da anelletti in bronzo e un insieme di gioielli in argento: collana

dello stesso tipo della precedente, due fibule, un anello a spirale utiliz-

zato come decorazione di una delle fibule, due anelli digitali, un anel-

lo in argento e due fermatrecce87

.

Questo tipo di corredo deve essere considerato come un patrimonio

che, inumato con il defunto, è immobilizzato, perso88

. Come per le ne-

cropoli indigene, questa tesaurizzazione improduttiva non poteva esse-

re compiuta da tutte le famiglie. Lřapparato ornamentale del defunto

può intervenire, perciò, nel corso dellřesposizione del corpo, per se-

gnalare una distinzione (economica, sociale, politica oppure etnica)

del bambino e per convalidare la sua appartenenza a un gruppo: fami-

glia, genos etc. a partire fin dalla più tenera età89

.

Inoltre, tutti questi elementi di parure non hanno per unica funzio-

ne quella di ornare i defunti. Deposti presso i bambini, categoria di in-

dividui che si caratterizza per una forte vulnerabilità, alcuni gioielli

hanno potuto rivestire una funzione apotropaica allo stesso modo degli

scarabei egizi ed egittizzanti precedentemente esaminati. Così, se po-

chi oggetti di questo tipo sono stati ritrovati nelle sepolture infantili di

V e IV secolo, il periodo arcaico presenta nella necropoli di Pithecusa

alcuni esempi di deposito che hanno potuto avere una funzione di pro-

tezione del defunto nel corso della vita e anche dopo la morte.

Cinque bullae in bronzo sono state rinvenute in quattro sepolture

della fine dellřVIII secolo: due di adolescenti di 14Ŕ15 anni (T. 363 e

544), un enchytrismòs (T. 518) e una cremazione in cui lřetà del de-

funto non è stata determinata (T. 179). Se la bulla è ben conosciuta in

epoca romana per proteggere i bambini, in Grecia questo tipo di og-

getto non è attestata prima del II sec. a.C. Al contrario, lřuso di indos-

sare la bulla è attestato in Etruria fin dalla prima metà dellřVIII secolo

e in contesto villanoviano alcune bulle sono state ritrovate nella ne-

87 Non si tratta di una sepoltura isolata, elementi di parure in argento sono stati rinvenuti

in altre tombe di bambini più giovani: BUCHNERŔRIDGWAY 1993, T. 286 (bambino di 2 anni),

364 (neonato di 6 mesi) 420 (bambino di età indeterminata), 432 (bambino di 8Ŕ12 anni) e

651 (bambino di 5 anni). 88 LIPPOLIS 2009, p. 36. 89 La funzione ornamentale è superata dalla manifestazione di ricchezza utilizzata come

marcatore dei valori collettivi del gruppo: Ibid., pp. 39Ŕ40.

Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente 169

cropoli dei ŖQuattro Fontaniliŗ di Veio, a Tarquinia90

… Lontane

dallřavere un valore onorifico o prestigioso, le bulle etrusche sembra-

no aver avuto soprattutto un significato apotropaico destinato a tutti

senza distinzione di età o sesso91

. A Pithecusa, questi oggetti erano

tuttavia associati prevalentemente a bambini e adolescenti e testimo-

niano di pratiche non greche in seno alla necropoli, senza che si possa

affermare con certezza se la loro funzione protettiva sia stata determi-

nante nel loro deposito.

Altri pendenti più frequenti in contesto greco sono stati scoperti as-

sociati a bambini, in particolare miniature di asce bipenni in osso e

avorio ritrovate in tombe infantili: T. 495 di un bambino Ŗdi tenera

etàŗ (lřascia è stata trovata allřaltezza del collo) e T. 575, sepoltura in

vaso (Fig. 11)92

. Nei due casi, lřascia era di piccole dimensioni (infe-

riori a 3 cm di lunghezza) e associata ad uno scarabeo in steatite o

faïence. Solitamente identificato come motivo minoico/miceneo, la

bipenne, quando è miniaturistica e facente parte di un pendente, sem-

bra evocare, in periodo arcaico, un discorso associato alla parure. Il

collo di una hydria ceretana del VI secolo conservata ai Musei Vati-

cani presenta così una collana che alterna perle ovoidali e asce bipen-

ni, suggerendo che questo tipo di oggetto fosse utilizzato come gioiel-

lo93

. Questa rappresentazione corrisponde a uno sviluppo del motivo

dellřascia bipenne in Etruria nel VIIŔVI secolo, ma nelle colonie gre-

che della Magna Grecia resta molto raro in questo periodo.

I pendenti di Pithecusa non sono tuttavia isolati: a Megara Hyblaea

e nella necropoli del Fusco di Siracusa asce bipenni sono state egual-

mente rinvenute in due sepolture arcaiche, di cui almeno una, incisa,

apparteneva a un bambino94

. Talvolta interpretate come dřorigine fe-

nicia95

, questo tipo di pendente in osso e avorio è perciò frequente so-

90 Questo tipo di oggetto sarà utilizzato dagli Etruschi fino al IV secolo, prima di essere

ripreso dai Romani nel II secolo a. C.: HAACK 2007, pp. 60Ŕ62, con bibliografia. 91 Ibidem. 92 NIZZO 2007, p. 102; 2008, p. 175 n. 34. Una terza sepoltura infantile contiene ugual-

mente cinque asce bipenni in bronzo: BUCHNERŔRIDGWAY 1993, T. 433. Tuttavia, la dimen-

sione di queste (più di 6 cm) e la loro posizione nella tomba indicherebbero un uso diverso da

quello di pendente (per la questione si veda la tesi di D. Costanzo). 93 Il vaso rappresenta la morte di Alcioneo per mano di Eracle (Museo Gregoriano Etru-

sco, inv. 16521). 94 ORSI 1895, p. 127, n. 2: lřascia bipenne in osso da Megara è stata scoperta durante i

primi scavi, il contesto preciso di rinvenimento non è specificato dallřOrsi. 95 Per una sintesi delle differenti teorie sullřorigine dei pendenti di Pithecusa: NIZZO 2008,

n. 35.

Daniela CostanzoŔCéline Dubois 170

prattutto nellřVIII e VII secolo nelle città greche dellřEgeo, in partico-

lare nei santuari femminili di cui alcuni ricalcano la carta dei rinveni-

menti di Aegyptiaca in contesto votivo: santuario di Artemide Orthia a

Sparta, di Aphaia a Egina, tempio di Atena a Chios, di Artemide a

Efeso, di Hera a Itaca e Perachora, santuari di Demetra a Tocra e a Ci-

rene96

.

Fig. 11

Se nella Grecia egea arcaica questi gioielli sono soprattutto votivi e

legati a divinità protettrici delle donne e dei bambini, a Pithecusa i

pendenti ad ascia associati a scarabei sembrano aver costituito soprat-

tutto insiemi di parures privilegiati per i bambini, combinazione che è

altrove rappresentata, qualche secolo, dopo dalle collane di amuleti dei

temple–boys ciprioti (Fig. 11)97

.

96 A questa lista bisognerebbe aggiungere la scoperta di unřascia bipenne miniaturistica in

osso a Olinto e di una seconda decorata da otto cerchi sullřacropoli di Sifno. Per una biblio-

grafia dei rinvenimenti: WHITE 1990, p. 21. 97 Lřascia bipenne sotto forma di amuleto è anche rappresentata sulle statuette di bambini

di Paestum (MILLER AMMERMAN 2007, fig. 7.3) e su una chous di IV secolo proveniente dalla

Puglia (British Museum, inv. 1856,0512.12). Le asce bipenni sotto forma di pendenti sono

frequenti in contesti funerari, soprattutto a partire dalla fine del IV secolo, nelle regioni del

Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente 171

3. Le sepolture infantili greche e indigene: dalla morte alla rico-

struzione di fenomeni complessi

Sia per quanto riguarda i contesti indigeni che greci, amuleti e pa-

rures sono solitamente letti attraverso le due principali funzioni ad es-

si riconosciute: la funzione estetica e la funzione apotropaica e/o tera-

peutica98

. Se la prima è quella più immediatamente percepibile, essa

devřessere al tempo stesso supportata da altre considerazioni. Non bi-

sogna infatti trascurare che tali oggetti facevano effettivamente parte

del costume del defunto e potevano di conseguenza avere un ruolo

non trascurabile nel rituale funebre ŕ per esempio lřesposizione del

corpo ŕ oppure alludere a cerimoniali precisi ŕ come quelli legati a

riti di passaggio ŕ che nel caso specifico dei bambini potevano essere

celebrati o quantomeno evocati in modo Ŗcompensativoŗ.

Per quanto riguarda la funzione apotropaica e/o terapeutica, essa è

facilmente comprensibile per la natura stessa del bambino, che per la

giovane età e la vulnerabilità che ne deriva è oggetto di diverse forme

di protezione, secondo quanto testimoniato, oltre che dalla composi-

zione del corredo, anche dalle fonti iconografiche; tale aspetto è stato

sufficientemente trattato in questa come in altre sedi e non si tornerà

ancora su di esso.

Tuttavia, lřanalisi della documentazione archeologica dimostra co-

me tale classe di oggetti suggerisca interpretazioni a differenti livelli:

quello religioso, direttamente connesso al valore profilattico degli og-

getti, che implica al tempo stesso la pratica di particolari rituali legati

alla morte, lřadesione a credenze legate allřAldilà e la trasmissione di

credenze fra contesti culturali diversi, e quello rappresentativo, vale a

dire di manifestazione della persona sociale messo in atto da un de-

terminato gruppo attraverso strategie di volta in volta differenti. Il lin-

guaggio simbolico veicolato dalle ricche parures ornamentali, e in al-

cuni casi anche dagli amuleti, si inserisce dunque in posizione emi-

nente tra gli elementi di autorappresentazione che esprimono differen-

nord della Grecia e sulle rive del mar Nero, dove la scoperta di matrici per gioielli testimonia

una produzione locale: DUBOIS 2014, fig. 7. 98 La questione è affrontata anche in CAUSEY 2011, pp. 15Ŕ20.

Daniela CostanzoŔCéline Dubois 172

ziazioni verticali di rango e orizzontali di ruolo legate al sesso o

allřetà.

La perdita dei giovanissimi membri del clan aristocratico ŕ con

conseguenze traumatiche sul piano della sopravvivenza del gruppo

stesso ŕ deve aver rappresentato un momento di frattura, anche so-

ciale, da neutralizzare attraverso la riaffermazione della solidità e

compattezza del gruppo sul duplice versante dellřemulazione/ diffe-

renziazione. Tale processo comporta: la selezione qualitativa del mate-

riale, la reiterazione quantitativa degli oggetti, il linguaggio simbolico

del rito, vero momento di produzione ideologica solo in minima parte,

purtroppo, decodificabile archeologicamente.

Si osserva in generale che unřostentazione del potere in ambito fu-

nerario è propria delle società indigene, mentre nelle colonie italiote,

secondo una tendenza evidente già in madrepatria dallřVIII secolo in

poi, è più rara la manifestazione della ricchezza, evidentemente perché

la nascita e lo sviluppo della polis determina nuove forme di imposi-

zione sociale99

. Questa constatazione evidenzia come attraverso lo

studio di un segmento della società (componente infantile), in questo

caso associato a una particolare classe di materiali (amuleti e parures),

si possa far luce sulle strutture economiche e di pensiero di ciascuna

società100

.

La presenza di amuleti e parures nelle tombe infantili segnala an-

che la capacità di perdita sotto forma di tesaurizzazione funeraria o,

come è stato efficacemente definito il fenomeno, lo Ŗspreco necessa-

rioŗ101

, ovvio appannaggio delle famiglie economicamente in grado di

permettersi una tale dispersione di risorse. La prospettiva non cambia

pur ammettendo differenti modalità di acquisizione delle parures nel

complesso funerario, modalità spesso coesistenti, cřè da immaginare,

e tra loro non necessariamente in opposizione:

deposito di oggetti appartenuti in vita; la posizione delle paru-

res nelle tombe (orecchini vicino al cranio, bracciali e armille

99 Riflessioni in merito si leggono in LIPPOLIS 2009, in particolare pp. 39Ŕ42. 100 Per motivi di spazio, non si possono trattare dettagliatamente in questa sede gli altri

criteri di analisi propri dellřarcheologia funeraria: localizzazione delle sepolture infantili e

rapporto con la composizione della necropoli, rituali e trattamento del corpo. 101 Si tratta del titolo di una mostra inaugurata nel 2013 presso il Polo Museale di Ascoli

Satriano e relativa alla documentazione in tal senso del centro daunio di Ausculum dal IV sec.

a.C. al I sec. d.C.

Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente 173

in corrispondenza delle braccia, pendenti e collane sul petto) e

la loro dimensione possono indicare se essi erano indossati dal

bambino al momento della sepoltura o se non siano stati depo-

sti nella tomba da unřaltra persona, per esempio un membro

della famiglia102

. Questřultimo tipo di deposito suggerisce a

sua volta due possibili ipotesi: la prima è che si tratti di oggetti

riuniti come anticipazione di quelli che il bambino avrebbe

dovuto indossare in età adulta, la seconda che essi appartenes-

sero a un individuo adulto e che questi li abbia deposti come

segno di compassione, status e/o protezione103

. Questa specifi-

ca classe di materiali può quindi fornire talvolta informazioni

tanto più sulla persona (o il gruppo familiare e sociale di rife-

rimento) che ha effettuato il deposito, che sul defunto stesso.

realizzazione e/o acquisto finalizzati allřesposizione funera-

ria104

, in cui i beni sono privi di reale funzionalità se non quel-

la di marcatore di appartenenza, Ŗvocaboloŗ di un complesso

linguaggio sociale e culturale che non riguarda unicamente il

defunto. Nel contesto coloniale dellřItalia meridionale, infatti,

la presenza ricorrente o al contrario lřassenza di taluni oggetti

associati ai bambini oltrepassa la questione individuale.

Lřesempio degli amuleti egizi o egittizzanti è in questo senso

assai significativo: ricorrenti nelle sepolture infantili e femmi-

nili indigene, ma meno attestati nelle necropoli greche, presen-

ti in alcuni santuari italioti (soprattutto in quelli di divinità

femminili), questi oggetti esprimono la complessità di una re-

gione crocevia di culture, in cui i contatti materiali si traduco-

no in influenze più o meno pronunciate o forme diverse per le

società che le recepiscono105

. In funzione dei bisogni, tanto

pratici che di rappresentazione, Greci e indigeni hanno così po-

102 DUBOIS 2014. 103 Ibidem. È il caso, ad esempio, della già citata tomba 322 di Amendolara (inizio VI sec.

a.C.): il bambino è stato deposto con uno spillone femminile di tipo Ŗorientalizzanteŗ e un

anello maschile in bronzo con parte superiore decorata con volatile; entrambi gli oggetti mal

si addicono a un bambino e sono da interpretare come doni dei genitori per il piccolo defunto;

DE LA GENIÈRE 2012, pp. 204Ŕ206 e 254; per la presenza di spilloni in contesti tombali si ve-

da LIPPOLIS 2009, pp. 43Ŕ44, fig. 6. 104 Dati, questi, che possono essere evinti ad esempio dalla mancanza di segni di usura. 105 Rispettivamente per mondo greco e indigeno si vedano le riflessioni in DE SALVIA

1993 e DE SALVIA 2012.

Daniela CostanzoŔCéline Dubois 174

tuto selezionare temi e oggetti106

, scelti per la messinscena in

contesto funerario e/o religioso.

Nellřarticolata opera di autorappresentazione attuata per mezzo del

rituale funerario i bambini partecipano dunque delle strategie che il

proprio gruppo sceglie di volta in volta per la manifestazione di valori

complessi e tra loro correlati: più che attori, però, essi sono strumento

per mezzo del quale tali valori sono espressi e comunicati, rivelando,

ancora una volta, lřambivalenza del loro ruolo, al tempo stesso passivo

ma integrato nelle dinamiche del corpo sociale di riferimento.

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Fig. 2. Diadema aureo a sbalzo (L.: 32,4 cm; h.: 3,6 cm) dalla Tomba 102 di

Braida di Vaglio, inv. 95207 (Magie d‘ambra 2007, p. 75).

Fig. 3. a. Parure in ambra e oro dalla Tomba 102 di Braida di Vaglio (CAU-

SEY 2011, p. 19, fig. 6); b. ricostruzione grafica del costume funerario

(BOTTINIŔSETARI 2003, fig. 21).

Fig. 4. a. Parure dalla Tomba 38 di Baragiano, località Spinituro, e partico-

lari della fibula in ambra e ferro con decorazione a cerchi concentrici, lato

A e B, inv. 96500, 96522, 96499; b. altri ornamenti in bronzo, ferro, osso

e pasta vitrea, inv. 96511, 96504, 96503, 96510, 96501, 96507, 96508,

96509, 96505, 96506, vago in pasta vitrea s.i. (su concessione del Mini-

stero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Direzione Regio-

nale per i Beni Culturali e Paesaggistici della BasilicataŔŔSoprintendenza

per i Beni Archeologici della Basilicata).

Fig. 5. Parure dalla Tomba 419 di Banzi (Magie d‘ambra 2007).

Fig. 6. Scarabeo di faïence con castone dřoro pallido e pendente dřargento

(produzione egiziana) (L.: 1, 7 cm) dalla Tomba 456 di Pithecusa, inv.

167774 (DE SALVIA 1993, fig. 4, 11).

Fra Greci, indigeni e Greci d‘Occidente 183

Fig. 7. Pendente raffigurante Bes accosciato in faïence di color verdastro con

copricapo di piume (produzione egiziana) (h.: 4 cm) dalla Tomba 4 di Po-

licoro, Matera, inv. 200100 (BERLINGÒ 2004Ŕ2005, fig. 5).

Fig. 8. Temple–boy cipriota (h.: 41 cm), 300 a.C. ca., British Museum, inv.

1917,0701.125 (©Trustees of the British Museum).

Fig. 9. Decorazioni in avorio (a) e in osso (b) delle fibule rinvenute nelle

Tombe 564 e 866 di Locri (a.: ORSI 1913, fig. 6; b.: ORSI 1913, fig. 51).

Fig. 10. Parure dalla Tomba 652 di Pithecusa (BUCHNERŔRIDGWAY 1993,

tav. CLXXXIII).

Fig. 11. a. Temple–boy cipriota (h. 46 cm) 425-400 a. C. ca., Paris, Louvre

AM 2828+2927 (DASEN 2003, fig. 5); b. Scarabeo di steatite (produzione

egiziana) (L.: 1, 44 cm) dalla Tomba 575 di Pithecusa, inv. 168281 (DE

SALVIA 1993a, fig. 6); c. Pendente ad ascia bipenne in osso dalla Tomba

575 di Pithecusa (L. cons. : 2,7 cm), inv. 168282 (BUCHNERŔRIDGWAY

1993, tav. 169).

Daniela Costanzo

École Pratique des Hautes Études, Paris (France)

Università di Roma ŖLa Sapienzaŗ (Italia)

Céline Dubois

Université de Fribourg (Suisse)

AixŔMarseille Université (France)