"cluster creativi per i beni culturali"

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Ministero dell‟Istruzione, dell‟Università e della Ricerca ACCADEMIA DELLE BELLE ARTI DI NAPOLI Diploma accademico di I livello In Didattica dell‟arte Corso di Beni Culturali “Cluster Creativi per i Beni Culturali” Candidata: Francesca Daniele Mat. 36616 Relatore: Prof.ssa De Rosa Federica Relatore Progetto Artistico: Prof. re Luigi Affuso Anno Accademico 2014/2015

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Ministero dell‟Istruzione, dell‟Università e della Ricerca

ACCADEMIA DELLE BELLE ARTI DI NAPOLI

Diploma accademico di I livello

In Didattica dell‟arte

Corso di Beni Culturali

“Cluster Creativi per i Beni Culturali”

Candidata:

Francesca Daniele

Mat. 36616

Relatore:

Prof.ssa De Rosa Federica

Relatore Progetto Artistico:

Prof. re Luigi Affuso

Anno Accademico 2014/2015

INDICE

Premessa ............................................................................................................................................... 4

Introduzione ......................................................................................................................................... 6

Capitolo 1 I BENI CULTURALI

1.1 Il Patrimonio ed i Beni Culturali. Definizione e Classificazione ................................ 10

1.1.1 Atti ed attori tradizionali dei beni culturali .................................................................. 24

1.1.2 Ministero ed enti territoriali. Le Regioni ........................................................................ 26

1.1.3 La Santa Sede .......................................................................................................................... 32

1.1.4 Organizzazioni Internazionali. Unione Europea ed UNESCO ................................. 37

1.2 Le criticità del sistema .............................................................................................................. 44

1.2.1 Sovrapposizione di competenze e crisi economica .................................................. 45

1.2.2 Frammentazione del corpo normativo ........................................................................... 46

Capitolo 2 CLUSTER CREATIVI

2.1 L‟atmosfera Creativa ................................................................................................................. 47

2.2 Cambia l‟approccio ed evolve il modello ......................................................................... 49

2.3 Dal Distretto culturale al Cluster Creativo ........................................................................ 51

2.3.1 Il Distretto culturale creativo. Un cluster creativo per i Beni Culturali ................ 53

2.3.2 Richard Florida e la Creative Class ................................................................................... 55

2.3.3 Il Crowdfunding per i Beni Culturali ................................................................................ 59

Capitolo 3 OGGETTO DI STUDIO E PROGETTO DI CROWDFUNDING

3.1 La Chiesa della Congregazione “Immacolata Concezione” ........................................ 62

3.1.1 Il culto Mariano nella Terra di Lavoro e gli Ordini di Congregazione della città di Maddaloni ........................................................................................................................... 65

3.1.2 Analisi storico-artistica della Chiesa della Concezione ........................................... 70

3.2 Progetto di Crowdfunding per il restauro della Chiesa della Concezione ........... 86

3.2.1 “Abbi Cultura di Te” ............................................................................................................... 87

Conclusioni .......................................................................................................................................... 91

Bibliografia .......................................................................................................................................... 93

Sitografia .............................................................................................................................................. 95

Ringraziamenti ................................................................................................................................... 97

Appendice elettronica A. “Chiesa della Concezione”

Appendice elettronica B. “Arte e Storia tra le strade della città di Maddaloni

4

Premessa

Durante la mia esperienza Erasmus, vissuta in Turchia presso la Maltepe Univeristy

di Istanbul, ho avuto la possibilità di ampliare i miei orizzonti, di aprire la mia

mente, di accrescere le mie conoscenze, ma, soprattutto ho vissuto una

indimenticabile esperienza di crescita. Nel periodo trascorso in quella che da

sempre è la porta tra Occidente e Oriente, ho partecipato a diverse iniziative

artistico-culturali e di altrettante sono stata spettatrice. Io che sono cittadina

Italiana, cittadina Europea, registravo con ammirazione e stupore la partecipazione

di una popolo alla propria cultura in tutte le sue forme: arte, religione, lingua, cibo

e molto altro ancora. Una cultura millenaria saldamente ancorata alla proprie

radici e al tempo stesso evoluta, pronta a cogliere le sfide tecnologiche ed

antropologiche che il progresso ha da offrire. I prodotti di tale processo,

soprattutto quelli che concernono le diverse forme d‟arte, si raccolgono in “spazi”

quasi impossibili da catalogare, in cui la partecipazione della popolazione, aldilà di

sesso, età e provenienza socio-culturale, metaforicamente ricorda un formicaio.

Osservando e successivamente partecipando a tale febbrile accadimento, cresceva

in me la sensazione di essere parte di un qualcosa che necessitava di essere

analizzato e denominato. Ho dunque cominciato ad interrogarmi circa quale tipo

di processo storico-culturale avesse prodotto tali “spazi”, quali erano gli organi che

li gestivano, secondo quali metodologie e risorse. Risposte sterili a quesiti tecnici,

a cui pochi sapevano dare risposta. Ho custodito nella mia mente la curiosità e nel

mio cuore la meraviglia, accantonando nel rientro l‟idea di un approfondimento.

Un giorno, fortuitamente, mi sono imbattuta in una piccola Chiesa, locata nei

pressi del centro storico della mia città, Maddaloni, una cittadina Campana in

provincia di Caserta, bella in un tempo trascorso e narrato nei libri impolverati

della biblioteca comunale. Affascinata dai manufatti artistici ho cominciato a

studiarli, valutato al contempo che questa Chiesa era spesso chiusa al pubblico e

non ha mai beneficiato d‟interventi di restauro. Ricerca ed accumulo di materiale

bibliografico di rilevanza storico-artistica, architettonica e urbanistica, eppure c‟era

dell‟altro. Questo monumento, un bene culturale, mai tutelato e poco fruito, era

stato impedito nello svolgere la sua principale funzione d‟essere, ovvero quella

5

culturale. Mi sono interrogata su quali potevano essere le iniziative, le soluzioni

alle criticità, analizzando le ultime misure adottate in materia ed affrontando gli

aspetti storici e burocratici dei beni culturali, inciampando spesso in retorica e

polemiche sterili. Solo a quel punto ho capito che spesso non sono le risposte ad

essere errate ma i quesiti e forse i punti di vista circa la faccenda. Studio, metodo e

ricerca hanno contribuito alla mio sovvertimento di prospettiva circa la disciplina,

donandomi finalmente la giusta chiave di lettura circa ciò che avevo visto e vissuto

in Turchia. Gli “spazi”, gli oggetti in essi contenuti e le attività a cui la società turca

si affaccendava a partecipare con entusiasmo, erano il prodotto unico di un

processo antropologico fondato su: senso di appartenenza, consapevolezza del

proprio corredo culturale e progresso. Una risposta, scritta non troppo tra le righe

anche nel nostro DNA, nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio e nella

Costituzione. In conclusione? La Creative Class in cui mi sono imbattuta aveva

prodotto dei Cluster Creativi, innovativi e funzionali soprattutto per i beni culturali,

ed io cercavo di fare lo stesso. Semplicemente!

6

Introduzione

Il cluster, parola originariamente di lingua inglese, è spesso tradotta in italiano con

la locuzione agglomerato o raggruppamento. Fin dal principio questo termine è

stato collegato a campi semantici tecnici ed impiegato in discipline scientifiche

come ad esempio la chimica, la medicina, la biologica o l‟informatica. Il termine

clustering fu coniato nel 1939 dallo psicologo Robert Choate Tryon nei suoi studi

circa la psicometria, cioè la misura della conoscenza, delle abilità, degli

atteggiamenti e delle caratteristiche della personalità di un individuo. Nel corso XX

secolo la parola cluster, è sempre più divenuta protagonista di una disciplina

scientifico-economica, la statistica, in cui viene intesa come una serie di tecniche

d‟analisi mirate a selezionare un insieme omogeneo di dati. Negli ultimi anni la

disciplina economica, intreccia sempre di più i suoi studi scientifici con ambiti

umanistico-antropologici, dato il ruolo fondamentale ricoperto dal capitale umano

e dalle sue capacità in questo ambito. Nel 2002 un‟economista statunitense,

Richard Florida, concentrandosi esattamente sulle capacità del capitale umano,

teorizzò un‟innovativa ipotesi di sviluppo economico secondo cui sono: la

creatività, la presenza di un imponente patrimonio storico-culturale ed un capitale

umano Threet-T, cioè una società caratterizzata da tolleranza, talento e tecnologia,

le principali motivazioni della crescita economia di un paese. Per la prima volta,

quindi, fu ipotizzato che la capacità creatività del capitale umano, cioè

dell‟individuo come singolo ma soprattutto come comunità, ed il retaggio

culturale, fossero elementi fondamentali per lo sviluppo sociale, culturale e quindi

economico di una nazione. In questo millennio abitato, secondo Florida, da una

peculiare terza generazione, sono fattori competitivi la Cultura capace di attivare le

risorse sia identitarie che innovative, la Comunicazione come potente strumento

strategico e la Cooperazione in grado di stimolare la comunità ad un processo di

corresponsabilizzazione. La peculiarità della terza generazione a cui l‟economista si

riferiva è la creatività. Senza ombra di dubbio la società contemporanea è più che

mai dipendente dal fattore creativo, un concetto posto al servizio dei più svariati

campi: economica, arte, medicina, tecnologia, cultura e molto altro.

7

Style of life di successo planetario, forma prevalente dello stare al mondo che si

tramuta sempre più in una growth machine dello sviluppo sociale, culturale ed

economico di una comunità e quindi di una nazione. La creatività è divenuta icona

della contemporaneità, strumento per definire progetti, guidare attività in qualsiasi

ambito e spesso retorica per disegnare filosofiche nuove visioni d‟umanità. Si può

definirla semplicemente, un‟attitudine all‟innovazione necessaria per essere al

passo con i tempi, perché intrinseca nell‟ingegno umano, nell‟abilità di generate

nuove idee, tecniche, tecnologie e soprattutto nel suo logos culturale. La cultura,

non è un concetto di facile definizione, ma al fine di comprendere come essa

concorre fattivamente al processo di rinnovamento del patrimonio ed i beni che lo

compongono, il testo qui redatto comincia proprio da qui. Un‟idea universale,

intesa come testimonianza identitaria di un popolo, come eredità da consegnare ai

posteri e sempre più spesso motivo di grande “interesse” soprattutto per i paesi

emergenti che mirano a dotarsi di cultural hub in grado di rendere il patrimonio

un prodotto al servizio di cluster sociali e dei nuclei geografici di conseguenza più

vivibili, dinamici e maggiormente attrattivi per futuri investimenti economici.

Sempre secondo Florida, insieme alla creatività, la cultura è prerogativa di una

classe sociale emergente, la creative class, abitante delle città 3.0, capace di

innovare tutti i campi produttivi ed alimentare quello economico. Un dinamismo,

quello della creative classe atavico nell‟ambito culturale, ma che nel secolo

presente più che mai, concorre al progresso e all‟innovazione dell‟idea di

patrimonio culturale e dei beni che lo compongono.

Nell‟attuale situazione di crisi – ormai non più solo finanziaria – con il Pil mondiale

in calo e con il ripensamento dei modelli di sviluppo e dei profili di welfare, appare

necessario anche nell‟ambito dei beni culturali un passo evolutivo, urgenza

necessaria perché questo continui ad essere capace di produrre effetti

moltiplicativi e rigeneranti per lo sviluppo individuale e sociale. L‟evoluzione,

operata dalla creative classe, permette alla cultura di essere la principale

generatrice di nuovi agglomerati, cioè cluster, urbani, sociali ed economici.

Pertanto Il patrimonio culturale e i beni che lo compongono non possono più

essere motivo di retorica dialettica, ne essere intesi passiva categoria di cose

interpretata da storici e studiosi dell‟arte (prima generazione) o da legislatori ed

economisti (seconda generazione). Il progresso chiama all‟azione la terza di

8

generazione, la creative classe, detentori della capacità creativa, decisori e

progettisti innovativi, perché solo gli individui e quindi le società che

affronteranno creativamente il global change riusciranno ad assicurare una

trasmissione del cultural heritage e di conseguenza un sviluppo eterogeneo della

nazione ed il benessere sociale delle comunità. Il rinnovamento del concetto e

delle metodologie d‟approccio ai beni culturali nell‟loro insieme, è un impegno

indifferibile per giovani governanti, pianificatori e progettisti, promotori e

comunicatori, imprenditori ed investitori, perché questo è legato alla necessità di

ripensare alla eredità culturale, al retaggio da consegnare ai posteri. Non è solo il

cosa, cioè i beni culturali, ed il chi, ovvero i cluster creativi, ad interessare il

dibattito intrapreso in questo documento, ma soprattutto il perché, cioè quali

sono le motivazione che hanno condotto a questo processo evolutivo, ed il come,

cioè quali sono metodologie messe in campo dai cluster creativi per i beni

culturali. Concorrendo a trattare in modo esaustivo l‟argomento, questa tesi si

prefigge l‟obiettivo di illustrare tramite un percorso organico il nuovo scenario che

concerne i beni culturali ed i suoi attori. Al fine di comprendere quali sono le

dinamiche di mutamento, quali sono gli approcci della società contemporanea a

questi ultimi ma soprattutto quali sono i “nuovi agenti creativi” dei beni culturali e

le iniziative messe in campo da questa particolare categoria generazionale, è

possibile intraprendere la lettura di tale tesi. Quel che segue è una panoramica, il

più possibile ampia e lontana dalla retorica, del processo di rinnovamento vissuto

dal patrimonio culturale nel nostro secolo e nello specifico nel nostro paese. Il

testo si articolerà in tre macro fasi, con l‟ausilio di materiale di tipo antropologico

e legislativo per la prima parte del documento, si approfondirà il concetto di

patrimonio e bene culturali, procedendo con una breve panoramica di quali sono

gli attori tradizionali che concorrono alla gestione e le principali azioni di tutela e

valorizzazione, per concludere con un approfondimento circa nel criticità

sistematiche emerse nell‟analisi del sistema gestionale del patrimonio culturale.

Nella seconda fase, invece, tramite articoli esteri e materiale attuale si tratteranno

quelli che sono i nuovi attori dei beni culturali, cioè i cluster creativi prodotto della

creative class e della teorizzazione dell‟economista statunitense Florida. Infine nel

terzo capitolo sarà analizzata una modalità di partecipazione dei cluster creativi al

processo d‟innovazione del patrimonio culturale innovativa e che recentemente si

9

fa largo nel nostro Paese, il crowdfunding. Al fine di illustrare al meglio il

fenomeno, sarà proposto un progetto di crowdfunding per i lavori di restauro

della Chiesa della Immacolata Concezione, sita nella città di Maddaloni in

Campania provincia di Caserta.

10

Capitolo 1

I BENI CULTURALI

1.1 Il Patrimonio ed i Beni Culturali, definizione e classificazione

“Le patrimoine est une part de nos reves et meme temps la marque d‟ un passè,

parfois rejetè”

Audrerie Dominique, “La notion e la protection du patrimoine”, Paris, 1997.

I beni culturali sono un complesso indivisibile di “cose”, presenti in un luogo, in

una città, sparse su un territorio o distribuite in un intera nazione, avente valore di

civiltà. Sono la testimonianza tangibile della cultura, intesa come quell‟insieme di

tratti - storia, tradizioni, lingua ecc. - che distinguono un popolo da un altro. Il loro

insieme costituisce il patrimonio culturale cioè l‟identità, il retaggio, il lascito dei

padri ai propri figli perché questi ultimi lo tutelino e a loro volta lo trasmettono

alle generazioni future. La medesima etimologia della parola patrimonium, dal

latino proprietà del pater e della famiglia, rievoca il senso di appartenenza ad un

ceppo, parla di un insieme di ricchezze come un‟eredità familiare ed impartisce la

fondamentale lezione del rispetto e salvaguardia per la storia. Perché la Storia è

quello che siamo.

Secondo lo storico francese Audreirie Dominique, il concetto moderno di

patrimonio culturale1 è una consuetudine occidentale, una definizione ambigua e

paradossale risultato di un evoluzione storia discendente dalla Rivoluzione

Francese. In effetti in diritto romano, base giuridica della cultura occidentale, il

patrimonio è un insieme di beni di proprietà della famiglia, essi però non sono

1 ”Il Patrimonio è una parte dei nostri sogni e nello stesso tempo il segno di un passato, a volte respinto”.

Audrerie Dominique, La notion et la protection du patrimonie, Paris,1997.

11

materiali, bensì intesi come rivendicazione identitaria, discendenza. Di

conseguenza l‟erede non è il proprietario del bene, ma il depositario del sapere. In

un articolo, Jean Pierre Babelon e Andrè Chastel2, affermano che la formazione di

un patrimonio risale al culto dei morti, e di conseguenza alla memoria, che diventa

in tale senso una dimensione fondamentale del concetto di patrimonio. La visione

storica del patrimonio si può quindi ripartire in sei momenti: quello religioso,

monastico, familiare, nazionale, amministrativo e scientifico. All‟origine della

formazione del concetto di patrimonio i due autori collocano il momento

religioso, perché il primo esempio di bene patrimoniale è la santa reliquia, la cui

funzione espositiva e votiva, ha influenzato la costruzione delle architetture e tutta

l‟arte occidentale3 in genere.

Dopo la Rivoluzione Francese, dal momento familiare si passa a quello della

nazione, cresce così nella coscienza collettiva l‟idea secondo cui i patrimonio è un

bene che non appartiene solo ad un gruppo ristretto di persone, ad una famiglia

ma è un bene comune e quindi proprietà della nazione. Possiamo quindi affermare

con certezza che il patrimonio culturale è il DNA di una nazione e del suo popolo,

mentre i beni culturali i suoi cromosomi, delle “cose” che in quanto fatte di

materia sono deperibili ma certamente inimitabili. Il loro valore è trasversalmente

percepito dalla moltitudine, perché per taluni come per altri il patrimonio culturale

è Res-pubblica, il “luogo comune” a cui tutti posso accedere liberamente, secondo

il principio di pubblica fruibilità e nei confronti del quale tutti adempiono agli

stessi doveri, secondo il principio di tutela. Un concetto, quello di patrimonio

culturale strettamente legato ad altri come, il senso di appartenenza e

d‟identificazione dei membri di una società nei medesimi valori. Nel corso del

tempo questo concetto si è ampliato, si è legato alle vicende della storia umana e

si è succeduto nei provvedimenti burocratici fino ad oggi. Nell‟era della

globalizzazione e della multimedialità l‟argomento sembra non aver ancora

esaurito la dialettica, le domande più frequenti riguardano la rilevanza che esso ha

per la società, l‟utilizzo che ne facciamo e soprattutto la sua funzione. Il ruolo del

nostro patrimonio e delle unità che lo compongono, beni culturali e paesaggistici,

oggi più che mai sono messe in discussione e sottoposto alle “quote di mercato”, 2 Babelo J.P. Chastel A.” La notion de patrimonie”, Reveu de l’Art.,1980, n.49, pag.5-32.

3 Recht.R “Penser le patrimonie. Mise en scene et mise on ordre de l’art”, Hazan pag.6, Paris, 1998.

12

oscillano tra l‟essere considerati un deposito della memoria storico-artistica e

culturale, uno stimolo creativo per marketing contemporanei e una forza motrice

per i progetti futuri. Altri due sono gli aspetti, sempre più spesso al centro di

discorsi ed interventi politico-economici, la proprietà, che come abbiamo detto è

utopicamente pubblica, e il valore monetario. La proprietà in questa disciplina,

come in molte altre, la sfera pubblica e quella privata coesistere, avvicendarci e

intrecciarsi a campi come la storia, l‟etica ed il diritto. Il secondo aspetto

probabilmente è collegato alla maggior parte della locuzioni utilizzate per

intendere le unità che compongono il nostro patrimonio culturale. In francese si

usa il termine “patrimoine”, mentre nei testi tradotti in lingua inglese si usa in

modo equivalente “propriety” e “heritage”, è necessario sottolineare che anche in

lingua francese si usa il termine “hèritage” ma quest‟ultimo acquista una

connotazione diversa. Infatti si intende per “hèritage”, solo quei beni ricevuti in

eredità e non anche a quelli aggiunti in seguito dalla persona, secondo Desvallèesy

ciò comporta duplice: verticale e orizzontale. La visione verticale è quella ereditaria

perché si riferisce solo alle cose trasmette, mentre la visione orizzontale è quella

patrimoniale perché si riferisce ad una visione collettiva, ampia tanto da includere

altro oltre a ciò che è stato ereditato. Nella lingua italiana bene, cose e patrimonio

sono tutte parole utilizzate in modo equivalente e spesso legate al valore venale, è

forse qui che si nascondono molti degli equivoci relativi all‟idea che esso sia una

sorta di “tesoretto”. Non a caso il primo termine adoperato in riferimento a alla

definizione di beni culturali è stato “cose”. Nonostante questa terminologia oggi

risulti alquanto obsoleta, diremmo superata, si continua a considerare, spesso con

grande leggerezza, i beni culturali come quel che abbiamo, e non quel che siamo.

Una società evoluta avverte il proprio patrimonio come parte di se stessa, in

quanto esso concorre alla qualità nostra vita, alla dignità della popolazione e al

senso di responsabilità sociale. Da tali considerazioni si può evincere che tanto più

sarà diffusa nella società la consapevolezza che: il patrimonio culturale è fonte di

ricchezza inestimabile in cui riversare tutta la creatività, le risorse e non una

miniera d‟oro da sfruttare, tanto più essa agirà come elemento di coesione civica,

sarà fabbrica di tolleranza e cooperazione.

13

Escludendo la Carta di Atene del 19314, che enuncia il concetto d patrimonio e di

tutela senza definirlo con certezza, è possibile ripercorrere il cammino intrapreso

dal cultural heritage mondiale cominciando da quei momenti di forte difficoltà che

caratterizzarono la storia dell‟uomo; forse perché è nelle situazioni d‟emergenza

che emerge la coesione sociale e la sensibilità della nazioni verso temi

fondamentali. La Seconda guerra mondiale era appena terminata, ma sull‟Europa

spiravano ancora venti d‟orrore e distruzione, e la fase di ricostruzione rivelo tra le

ferite più gravi anche quella inferta al patrimonio artistico-culturale. In ambito

internazionale La Convenzione internazionale per la protezione dei beni culturali in

caso di conflitto5 armato firmata all‟Aja il 14 maggio 1954 formulo norme, in

ambito di diritto internazionale, per la protezione del patrimonio in caso di guerra,

e utilizzo per la prima volta la locuzione di Bene culturale. Nel medesimo anno la

Convenzione Culturale Europea di Parigi, riprende le tematiche della Convenzione

Dell‟Aja, insistendo sull‟importanza del patrimonio culturale quale strumento di

conoscenza reciproca tra i popoli. Dagli anni 50 in poi, è possibile riscontrare un

incremento dell‟attenzioni, tipologiche e tangibili, preposte nei confronti del

patrimonio culturale e nello specifico dei beni che lo compongono. Nel 1964 la

Carta Internazionale di Venezia, si occupò di temi come la conservazione dei

monumenti e i dei siti enunciando una primordiale definizione di patrimonio:” (...)

recanti messaggio spirituale del passato, rappresentano, nella vita attuale, la viva

testimonianza delle loro tradizioni secolari. L‟umanità che ogni giorno prende atto

dei valori umani, la considera patrimonio comune, riconoscendosi responsabile

della salvaguardia di fronte alla generazioni future. Essa si sente in dovere di

trasmetterle nella loro completa autenticità”. In questo documenti si tenta di

stabilire secondo quali criteri di valutazione un bene può essere considerato tale, e

cosa s‟intende per valore storico, artistico e culturale. La locuzione, beni culturali,

verrà citata nelle Raccomandazioni dell‟UNESCO, come ad esempio quella del

1962, e nella Convenzione di Parigi del 14 novembre 1970. Le preoccupazioni

4 In questo documento inizialmente si parla di conservazione del patrimonio artistico e archeologico,

successivamente di opere d’arte e monumenti, ma senza definire a monte il concetto di patrimonio culturale. 5 Nella convenzione scritta dalle Nazioni Unite al termine della Seconda guerra mondiale, nell’articolo 1 si

specificava la categoria di beni che la comunit internazionale si impegnava a proteggere, a prescindere dalla loro origine e dalla loro proprietà.” beni mobili e immobili di grande importanza per il patrimonio culturale dei popoli, come (..) le collezioni scientifiche, gli archivi, i centri comprendenti un numero considerevole di beni culturali”

14

espresse durante questi incontri e nei documenti che ne derivavano, erano

soprattutto riferiti alla necessità di salvaguardia di alcuni beni culturali fino a quel

momento mai catalogati nella loro specificità. Parliamo dei beni paesaggistici o

ambientali, cioè creati dall‟uomo che avevano un valore estetico, culturale o

d‟insieme. Un punto di svolta per l‟intera disciplina, visto che ciò introdusse in

primo luogo il concetto di proprietà pubblica6 e in secondo luogo la necessità di

ampliare e specificarle categorie di beni, al fine di salvaguardare il diritto

universale, la fruibilità. In Italia la prima legge in cui chiaramente si evince un

interesse per il patrimonio artistico fu quella del 1976, con essa si sancivano le

norme per la redazione del primo censimento del patrimonio nazionale, un

inventario di tutte “le cose mobili ed immobili che erano d‟interesse storico,

artistico ecc.”. La casistica si allargo con la prima legge7 dedicata alla tutela del

patrimonio artistico Italiano, in cui però si parlava ancora di cose di interesse

storico-artistico-nazionale-archeologico” e non di beni. Attendiamo per una svolta

significativa la Commissione Franceschini istituita nel 1963 dal Parlamento per

svolgere un‟indagine sulle condizioni del patrimonio, allora definito artistico

ambientale, e proporre riforme amministrative circa l‟antichità e le belle arti.

La relazione redatta dalla commissione, dal titolo “Per la salvezza dei Beni Culturali

in Italia”, fu stampata a Roma nel 1968, ed affermava per la prima volta che

sottoposti ad iniziative di salvaguardia dovevano essere non sono le “cose” avente

valore d‟unicità ma” i beni avente valore di civiltà”. Due anni dopo nacque l‟Ufficio

Centrale per Catalogo dei Beni a cui afferì Il Ministero per i Beni Culturali8 e

ambientali scorporato dal Ministero per l‟Istruzione, mentre ufficialmente il D.L. del

1974 fu il primo documento legislativo ad utilizzare la parola Bene Culturale.

Furono questi i primi passi mossi verso la considerazione che attualmente

abbiamo del patrimonio culturale Italiano, un caso eccezionale ed unico nel suo

genere, soprattutto per la morfologia geo-politica del territorio. L‟alta percentuale

di beni presenti su una superfice alquanto ridotta, la stratificazione etneo-

antropologica, le vicende storiche e soprattutto artistiche che ha visto la maggior

6 Commissione parlamentare istituita con la l.310/1964, cui fu affidato il compito di svolgere un lavoro

d’indagine sugli organi dell’amministrazione, oltre al censimento del patrimonio italiano. 7 D.L. del 14 dicembre 1974 n.657, convertito in legge nel 1975.

8 Decreto legislativo 657/1974, convertito in dpi 805/1975 che istituiva l’allora Ministero per i beni culturali

e ambientali.

15

parte degli artisti lavorare in modo diffuso tra le strade, nelle città, nei piccoli

centri abitativi delle regioni del nostro Paese sono solo alcuni dei motivi che ci

fanno essere cittadini del nostro patrimonio. Un vero e proprio museo naturale9,

condizione singolare che quindi necessità di azioni di tutela e valorizzazione

specifiche. Secondo l‟articolo 9 della Costituzione: “La Repubblica tutela e valorizza

il patrimonio culturale” mentre Il comma 2 del primo articolo, del Codice dei beni

culturali e del paesaggio enuncia:” la tutela e la valorizzazione del patrimonio

culturale concorrono a preservare la memoria della comunità locale e del suo

territorio”. Una lettura unica dei due corpi legislativi, socchiude tra le proprie righe

il significato profondo di patrimonio culturale, cioè quello di essere cultura a tout

court, ricchezza comune, memoria individuale e collettiva mediata dagli oggetti

(patrimonio culturale materiale) e dalle espressioni umane (patrimonio culturale

immateriale). Considerare il patrimonio culturale ripartito in differenti unità, beni

culturali e paesaggistici, materiali e immateriali, concorre a determinare una più

ampia e globale nozione di cultura e del prodotto culturale che, per sua natura,

tende a superare la connotazione di diversità ed indirizzarsi verso quella di

universalità. Sono queste riflessioni che inducono ad affermare che il patrimonio

culturale comprende anche aspetti intangibili, cioè quell‟insieme di espressioni,

conoscenze, pratiche, rappresentazioni umane che hanno valore di civiltà per ogni

cultura. Sono parte di tale patrimonio: il linguaggio, le tradizioni orali,

consuetudini sociali, le arti dello spettacolo e l‟artigianato locale. Il non sussistere

di per sé rende questi beni più fragili, perché un manufatto sopravvive al suo

autore ma quando un popolo si disperde o muta velocemente le consuetudini di

vita, le tradizioni il folklore si dissolvono. A cogliere, prima di altri, questo

particolare aspetto del patrimonio culturale fu l‟UNESCO, organizzazione delle

Nazioni Unite posta a salvaguardia della Pace. Essa intraprese questo percorso nel 9 Possono essere consultati a riguardo di Bruno Toscani e Andrea Emiliano (1974 A.pp207-208). ” La realtà Italiana è quella di un immenso territorio culturale di oltre 300 mila chilometri quadrati (...) con una sedimentazione storica capillare, una stratificata culturale fittissima e una cultura, che si voglia o non si voglia, profondamente innestata in questa stratificazione.” CHASTEL (1980):” l’Italia, che non ha conosciuto né le Riforme, né le violenze rivoluzionarie di cui ha sofferto, per esempio, il patrimonio francese”. Ha potuto preservare:” in una maniera generale e notevole(...) qualche cosa di essenziale della soluzione del passato”. Non essendo stato qui” pregiudicato radicalmente, come altrove, codesto curioso privilegio storico di continuità (...) si deve considerare la penisola come il logo per eccellenza del museo naturale”.” L’Italia si è trovata cosi disseminata di luoghi, originali e densi, come se la storia avesse distribuito nello spazio i suoi contrassegni maggiori(...) è questo un privilegio di cui è normale stancarsi, ma questa attitudine a integrare l’arte alla cultura e la cultura al quotidiano, offre ai vicini d’Occidente un esempio semplice e meraviglioso al quale è utile pensare quando si percorrono i musei d’Italia.

16

1972 con la Convenzione sulla protezione del patrimonio mondiale culturale e

naturale, passando per la Raccomandazione alla salvaguardia della tradizione e del

folklore come del 1989, fino alla Convenzione per la salvaguardia del patrimonio

culturale intangibile del 17 ottobre 2003. In quest‟ultima occasione furono redatte

diverse liste, in cui vi erano elencati i patrimoni immateriali, quelli minacciati dal

rischio di estinzione ed infine l‟insieme di programmi, progetti ed attività

patrocinati dalla ONG. Al 2012 l‟elenco dei patrimoni culturali immateriali

dell‟umanità arrivò a contare 257 unità, di cui 31 rientrano nella lista dei patrimoni

culturali immateriali a rischio di estinzione e 10 figuravano tra le attività di

patrocinio.

Nonostante da quel giorno Parigino siano trascorsi diversi anni, il percorso appare

ancora lungo e tortuoso dato che non ci sono strumenti di salvaguardia unilaterali,

non esiste una normativa internazionale univoca in materia di beni culturali e la

compatibilità tra dettami teorici, la materia giuridica e diritti umani è spesso

incongruente.

Questa breve introduzione al patrimonio culturale, espone implicitamente le

caratteristiche fondamentali dei beni che lo costituiscono, i criteri che ne

determinano l‟inclusione o l‟esclusione e la loro catalogazione. La dicitura “bene

culturale”10 è un‟endiadi scomponibile in due diverse polarità, rappresentate dalle

parole che la compongono e dai rispettivi campi semantici.

Bene: Secondo la definizione, valida anche per l‟ambito pubblicistico del nostro

ordinamento11, “sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”12. I beni

culturali, proprio in quanto beni, anche se ne costituiscono una tipologia peculiare,

non sono oggetto di un tipo di proprietà diversa da quella ordinaria11. Affinché

assumano rilevanza sotto il profilo giuridico, devono essere riconosciuti come tali

dall‟ordinamento, distinguendo però i beni appartenenti a soggetti pubblici, a

persone giuridiche private senza fine di lucro o a soggetti privati13.

Infine, allo stato attuale del diritto, sono beni necessariamente materiali.

10 L’endiadi è una figura retorica che esprime con due termini coordinati un unico concetto. 11

FALCON, G., Lineamenti di diritto pubblico, Padova, 2008, pp. 68-69. 12

Art. 810 Codice Civile. 13

Gli artt. 10 e 11 d.lgs. 42/04 indicano, rispettivamente, ciò che è bene culturale e ciò che è cosa oggetto di specifica disposizione di tutela.

17

Culturale: È evidente che, data la polisemia 14 del termine “bene”, spetta

all‟attributo “culturale” la determinazione della caratterizzazione topologica.

L‟antropologo Britannico Edward Burnet Tylor nel 1871 affermava che:” La cultura,

o civiltà, intesa nel suo senso etnografico più ampio, è quell'insieme complesso

che include le conoscenze, le credenze, l'arte, la morale, il diritto, il costume e

qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall'uomo in quanto membro della

società». Aldilà di tale definizione e superando la retorica, è possibile individuare il

senso del termine “culturale” chiedendosi cosa ha condotto all‟individuazione di

una tale categoria di beni. Coglierne l‟utilità e cioè la funzione di testimonianza,

tangibile dei tutto ciò che concerne l‟ingegno umano e la civiltà di cui è parte. Il

valore culturale di un bene, testimonia i valori propri di un collettività e catalizza la

memoria di un patrimonio comune, permette all‟individuo un costante confronto

con se stesso e ciò alimenta il proprio desiderio di conoscenza15.

In conclusione l‟attributo “culturale” del bene, espresso dal Codice nelle parole: “la

tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la

memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo

della cultura”, è una connotazione particolare che rende determinati beni,

necessariamente, d‟interesse pubblico o di interesse per il pubblico. Procedendo

con l‟analisi topologica dei bene culturale, è possibile, in primo luogo, individuare

delle caratteristiche comuni a tutte le categorie di beni culturali e paesaggistici,

mobili e immobili, materiali ed immateriali. Sono esse il tempo e significatività. Il

tempo è propriamente inteso come lo scorrere di un lasso temporale significativo

per sottoporre all‟attenzione della comunità il valore culturale del bene, la

significatività, invece, si divide in unicità e valore documentale. Questa peculiarità,

è ulteriormente declinabile in tre livelli, dal più basso, il valore d‟insieme, al più

alto, il valore l‟unicità.

14

Polisemia in semantica indica la proprietà che una parola ha di esprimere più significati. 15

Si veda, per incisività, MERRYMAN, J. H., The public interest in cultural property, in California Law Review, vol. 77, 1989, pp. 353.

18

Al vertice della significatività troviamo l‟unicità, cioè l‟irripetibilità del manufatto e

l‟inestimabile contributo volto miglioramento del patrimonio culturale

dell‟umanità. Occupa il secondo livello il valore documentale, cioè la rarità di un

bene che non eccelle dal punto di vista artistico ma è fortemente rappresentativo

di un‟epoca storica. Infine, alla base della piramide si posiziona il valore d‟insieme,

tipico di quei beni più comuni il cui valore risiede nell‟insieme di cui fanno parte.

Una prima macro classificazione dei beni culturali è quella che li vedi ripartiti in

beni mobili ed immobili. Questa locuzione è utilizzata per distinguere quei

manufatti trasportabili da quelli non trasportabili, tale dicitura compare già nella

prima legge di tutela16 al fine di sottoporre alla disciplina un numero maggiore di

soggetti. Convenzionalmente, per beni mobili si intendono i dipinti, i suppellettili e

qualsiasi altro manufatto artistico dislocabile dal luogo in cui è locato, mentre si

inscrivono nell‟elenco dei nei beni immobili gli edifici, i monumenti, le fontane, i

paesaggi ecc. Il patrimonio culturale è quindi costituito da beni culturali e beni

paesaggistici, mobili ed immobili, circoscrivibili in tale ambito tramite i criteri di:

unicità, valore documentale e valore d‟insieme. La catalogazione dei beni culturali

e paesaggistici è disseminata all‟interno del recente corpo legislativo, Il Codice dei

beni culturali e paesaggistici del 2006, è quindi possibile consultare il seguente

testo per avere un immediato ed esaustivo inventario delle principali categorie di

beni analizzati secondo i criteri di tempo e significatività.

16 Legge 185 del 12 giugno 1902

Valore d'insime

Valore documentale

Unicità

19

Beni storico-artistici: La categoria include tutte le opere mobili ed immobili che

abbiano un interesse dal punto di vista artistico. Tra le opere mobili bisogna

annoverare le opere d‟arte figurate come: i dipinti, gli affreschi, le tavole, le

incisioni (con relative matrici), i disegni, i suppellettili (porcellane, argenti,

maioliche), sculture, arredi (arazzi, monili e corredi). Tra le opere immobili

rientrano le dimore storiche, le ville, i parchi, i giardini, le piazze, le opere

d‟architettura contemporanea avente particolare valore artistico. Dal punto di vista

del tempo, sono escluse tutte le opere degli autori viventi o la cui esecuzione

risalga ad oltre cinquant‟anni.

Beni storici: In questa categoria prevale l‟aspetto documentale, si tratta infatti di

documentazione materiale che testimonia, illustra e talvolta celebra gli eventi

rilevanti per la storia politica, militare, della letteratura, dell‟arte e della cultura.

S‟includono in tale categoria le vestigie ed i cimeli della Prima guerra mondiale e

gli studi d‟artista, mentre per la Seconda guerra mondiale e la Storia più

contemporanea è possibile prendere in considerazione il materiale fotografico, gli

audio e le opere filmiche. Soprattutto per queste ultime il limite temporale

necessario è di almeno venticinque anni.

Beni etnografici: Rientrano in questa categoria le testimonianze materiale che

permetto una ricostruzione delle tradizioni e delle culture umane che nel tempo si

sono avvicendate sul territorio. Ne fanno parte i reperti materiali come gli

strumenti agricoli e gli utensili, il materiale fotografico, audio e i filmati ma anche i

siti minerari, le architetture di tipo rurale, le navi e i galleggianti. Anche in questa

categoria di beni, come per quella precedente, il limite temporale necessario è di

venticinque anni, soprattutto per le opere audio, fotografiche e filmografiche.

Beni archeologici: Fanno parte di tale categoria tutti i beni mobili ed immobili -siti

archeologici compresi- della preistoria, dell‟antichità e dell‟epoca Medioevale

riportati alla luce tramite scavi o individuati in un dato luogo, ma non ancora

rinvenuti. Il patrimonio archeologico costituisce una delle fonti documentarie

storiche più ricche di notizie riguardanti le tradizioni dei popoli che hanno abitato

il territorio nazionale. In questo caso non sono specificati termini temporali.

Beni librari: Rientrano nella categoria tutte le opere librarie conservate nelle

biblioteche di Stato, degli altri enti pubblici, morali e di particolare pregio anche

20

nel caso siano di privati cittadini. Sono beni librari: i manoscritti, i libri, le stampe,

le incisioni rare e di pregio, le carte geografiche, gli spartiti musicali rilevanti per

rarità o pregio artistico. Non sono specificati limiti temporali per tale categoria di

beni culturali.

Beni Archivistici: Tale categoria di beni include i documenti d‟archivio, le raccolte

pubbliche destinate alla conservazione degli atti e i documenti sia pubblici che

privati. Questa tipologia di beni chiarisce il concetto di proprietà. Come si è

precedentemente detto i beni culturali ed il patrimonio tutto è di pubblica

proprietà e al contempo privata. Nonostante il diritto di proprietà dei soggetti

privati, essi sono tenuti a garantire la conservazione dei beni, e nel caso specifico

dei beni archivistici, ritenuti di particolare interesse storico, essi sono comunque di

competenza statale.

Beni d‟interesse per la storia della scienza e della tecnica: In questa categoria

rientrano tutti i beni raccolti nei musei e spazi espositivi, che illustrano il percorso

evolutivo della scienza e della tecnica. Sono quindi gli strumenti usati per condurre

esperimenti, macchine, i messi di trasporto e dispositivi; il limite temporale per i

mezzi di trasporto è di settantacinque anni, per i beni d‟interesse pe la scienza e la

tecnica invece cinquanta.

Beni architettonici: Tale categoria di beni comprende tutti gli edifici, le opere

architettoniche, gli agglomerati urbani, i monumenti di cui è riconosciuto il valore

documentario e d‟insieme. Non ci sono specifici termini temporali per questa

tipologia di beni.

Centri Storici: Questa categoria di beni è sottoposta a tutela, soprattutto in

riferimento a quei nuclei urbani dalla rilevanza storica, che nel corso del tempo

potrebbero essere modificati e quindi dissipati a causa dell‟intervento umano. Il

dibattito circa la conservazione di tale tipologia di beni sembra lontano

dall‟esaurirsi, fino ad oggi si sono seguite due direzioni: una che prevede la

protezione incondizionata di questi luoghi, l‟altra che invece realizza interventi di

restauro, o in specifico caso, di risanamento dei edifici e dell‟impianto urbano.

Beni paesaggistici: Tale tipologia di beni tradizionalmente è considerata come

quell‟insieme di beni immobili, parte del nostro patrimonio culturale, secondo

21

giudiz estetici condivisi come la bellezza naturale, la rarità geologica ed il valore

documentale circa le tradizioni di un popolo. Le bellezze naturali, i paesaggi, le

vedute panoramiche, i belvedere accessibili al pubblico sono alcuni esempi dei

beni paesaggistici.

Quest‟ultima categoria di beni è strettamente collegata alla particolarità

morfologia del territorio Nazionale, alla sua bellezza ed unicità. Abitare il proprio

patrimonio, camminare in un Museo all‟aperto ha spinto la comunità a maturare, in

modo naturale, il concetto secondo cui il paesaggio è “una manifestazione

identitaria percettibile” della propria cultura. L‟articolo 9, comma 2 della

Costituzione del 1948, sancisce tra i principi fondamentali “la tutela del paesaggio

e dei beni...” perché la tutela del paesaggio non è, cioè, fine a se stessa, ma diretta

allo sviluppo culturale e quindi imprescindibile condizione della evolutiva della

società civile.

In materia legislativa il percorso dei beni paesaggistici attraversa tutto il secolo

scorso, dapprima la legge n.778 del 1922 in cui le bellezze naturali avevano un

significativo valore estetico, poi la legge n.1497 del 1939 in cui è più forte la

volontà di salvaguardare i beni paesaggistici non solo per il loro valore estetico,

ma soprattutto per il valore d‟unicità e documentazione scientifici. Negli anni

sessanta in Italia i beni ambientali furono oggetto d‟attenzione della Commissione

Franceschini, che s‟impegno, in primo luogo, a distinguere il concetto di ambiente

e da quello di paesaggio. Quest‟ultimo è inteso come l‟intervento dell‟uomo

sull‟ambiente naturale, e quindi testimonianza tangibile di civiltà, stratificazione

culturale significativa per la comunità di quel determinato territorio. Il Testo unico

delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali17 stabiliva che

fossero principalmente due le tipologie di beni paesaggistici:” le bellezze

individue” cioè quei paesaggi che aventi valore d‟unicità e le “bellezze d‟insieme”

cioè quei paesaggi che aventi valore in quanto parte di un contesto unitario.

Il Codice legislativo18 vigente specifica che per paesaggio s‟intende” le parti di

territorio in cui caratteri distintivi derivano dalla natura, dalla storia umana e dalle

reciproche interrelazioni e dichiara che” sono beni paesaggistici gli immobili e le 17

ART.131, comma I.

18 ART.138-165, titolo III

22

aree(...)costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed

estetici del territorio(...)”. Tali corpi legislativi stabiliscono quindi che i beni

paesaggistici sono: le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza

naturale o di singolarità geologica, le ville, i giardini e i parchi che si distinguono

per la loro non comune bellezza, i complessi di cose immobili che compongono

un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, le bellezze

panoramiche considerate come quadri e così pure quei punti di vista o di

belvedere, accessibili al pubblico dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.

Come per i beni culturali, cosi per i beni paesaggistici è possibile individuare due

macro tipologie, le bellezze individue e d‟insieme. Nel primo caso parliamo del

valore di unicità, della pregevolezza intrinseca ed irripetibile del bene, nel secondo

caso, invece, ci si riferisce ad un bene avente valore d‟insieme cioè tale perché

parte di un tutto. Sono inoltre sottoposti a tutela: territori costieri e i terreni elevati

sul mare, i territori contermini ed elevati sui laghi, i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua,

le montagne, i ghiacciai e i circhi glaciali, i parchi e le riserve nazionali o regionali, i

territori coperti da foreste e da boschi, le zone umide e i vulcani. A quest‟ultima

categoria appartengono i beni considerati demaniali19, beni culturali di proprietà

pubblica, ossia appartenenti al patrimonio della comunità” fino a prova

contraria” 20 . Sottoposti a vincolo 21 e tutela come i beni culturali e i beni

paesaggistici, beneficiano di un corpus legislativo più ampio e ad un‟maggior

numero di organi competenti. Si può evincere dagli atti giuridici sopracitati che il

paesaggio ed i beni paesaggistici sono sottoposti a tutela dello Stato e del MIBAC,

ma l‟articolo 117 della Costituzione, sancisce che il “territorio” deve essere

regolamentato e pianificato non dallo Stato centrale ma dalle Regioni e dai

Comuni, mentre “ambiente” è competenza dello Stato centrale e di un Ministero

denominato proprio dell‟Ambiente. Questo dovrebbe significare per la categoria,

19

Il demanio è un insieme di beni comuni destinati all’uso diretto dei cittadini oppure ad una fruizione pubblica. Codice Civile ART.822-824.” Appartengono allo stato e fanno parte del demanio pubblico, il mare, la spiaggia(...)”.” Fanno parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato (...) gli immobili ritenuti d’interesso storico, archeologico e artistico(...). 20

Ossia fino a quando un piano paesaggistico non dica altrimenti. Il piano paesaggistico come controllo dello sviluppo territoriale è un aspetto trattato nell’ART.134 del Codice. Responsabilità di tale mansione è sottoposto all’attenzione Regioni e non dello Stato. 21

Per vincolo s’intende la “dichiarazione dell'interesse culturale” ART. 10 del Codice. Al termine della procedura, effettuata dalla Soprintendenza, per i beni vincolati è previsto l’obbligo di conservazione, il divieto di demolizione, di modifica o di uso non compatibile con il loro carattere storico od artistico.

23

maggiori attenzioni ed azioni di salvaguardia, invece sempre più spesso si traduce

in conflitti di competenze ed enormi svantaggi di cui la principale vittima è l‟intero

patrimonio culturale nazionale.

24

1.1.1 Atti ed attori tradizionali dei Beni Culturali

“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.

Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione “.

Articolo 9 della Costituzione della Repubblica Italiana.

Dalla fine del secolo XX il patrimonio culturale ha accresciuto il suo valore

multidimensionale e multifunzionale, cioè la capacità appartenere a diverse

dimensioni (sociale, economia, cultura), ed acquisire differenti significati e

funzionalità. Sia in ambito nazionale che internazionale la letteratura ne sottolinea

il ruolo di bene comune, di portatore di valori universali, attributo di sovranità

popolare, strumento di libertà, ingrediente di democrazia, mezzo di promozione di

solidarietà sociale e di dignità individuale. La funzione civile del patrimonio e dei

beni che lo compongono è quindi divenuta sempre più un aspetto essenziale della

vita sociale come della crescita individuale. Hanno contribuito all‟accrescimento di

tale aspetto, il progresso tecnologico e la crescita economica, perché direttamente

proporzionali alla circolazione del patrimonio culturale e alla sua fruibilità. La

crescita d‟interesse di fasce sempre più ampie di popolazione nei suoi confronti ha

seguito un aumento della domanda e un conseguente incremento di beni, servizi e

prodotti culturali; non è quindi possibile discernere la funzione civile e culturale

del patrimonio, da quella di risorsa economica.

Aspetti, quelli trattati dalla letteratura che concerne la disciplina, tutti saldamente

ancorati alla sua conoscenza. Studiare, educare e favorire la circolazione del

patrimonio e del suo valore civile, vuol dire renderlo fruibile e anche

salvaguardarlo. La consapevolezza della identità culturale concorre realmente alla

conoscenza, alla partecipazione attiva e quindi al rispetto, alla tutela e alla

valorizzazione. La fruibilità, cioè la possibilità di “usare” e quindi di godere dei

beni, siano culturali o paesaggistici, materiali o immateriali, mobili o immobili, è

strettamente collegata al concetto di proprietà. Il patrimonio culturale e i beni che

25

lo compongono sono “spiritualmente pubblici”, cioè su di essi la comunità tutta

esercita il diritto di libera godibilità. Nonostante ciò quando si parla di cosa o di

bene ci si riferisce al regime di proprietà, vale a dire alla eventualità che esso

appartenga allo Stato e agli enti pubblici o a privati.

Una utopica concezione di Res-pubblica, quindi, che attraversa la materia

legislativa prefiggendosi gli obiettivi di tutela e valorizzazione e legiferando su

tutte le unità che lo compongono, senza dimenticare il diritto di proprietà privata

sancito dal Codice Civile.22

Un dibattito controverso affrontato in due diversi articoli del Codice dei beni

culturali e paesaggistici. Il comma 1 dell‟articolo 10 dice, sono beni culturali: “le

cose mobili ed immobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici

territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico persone giuridiche

private senza fine di lucro (...)”. In altre parole, i beni culturali sono di pubblica

proprietà, fino a prova contraria. Quest‟ultimo concetto è ribadito nell‟articolo 11

di Codice, che circoscrive anche i beni non vincolati in una categoria oggetto di

specifiche disposizioni di tutela. Questa particolare condizione, la presunzione

d‟interesse culturale, permette ai beni di essere parzialmente tutelati anche in

mancanza di una certezza burocratica di rilevanza culturale, che potrebbe

sopraggiungere in un secondo momento. Al fine di chiarire le ambiguità scaturite

nel tentativo di analizzare il concetto, è possibile prendere in prestito le parole

dello giurista Giannini23: “(...) Il bene culturale sarebbe quindi un bene immateriale

la cui caratteristica più significativa è di essere un bene fruibile collettivamente. La

responsabilità giuridica di questa situazione ricade sullo Stato che detiene il

potere necessario per proteggere questo interesse collettivo. Esso può essere

perfettamente separato dalla cosa che pure costituisce un bene patrimoniale, e

che in base al diritto di proprietà, può avere un altro titolare o un numero infinito

di titolari. Il bene culturale è pubblico non in ragione della proprietà. Una

proprietà privata e un bene fruibile (in base alla proprietà collettiva) hanno il

medesimo supporto fisico ma una differente tutela giuridica e una diversa

appartenenza, che nel primo caso è attribuita ad un proprietario e nel secondo allo

Stato.” Dunque aldilà della proprietà, nel caso specifico dei beni culturali, la sfera 22

Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico [Cost. 42, 43, 44]. 23

Giannini M.S., “I Beni Culturali”, Rivista trimestrale di diritto pubblico, n.1 pag.25, 1963.

26

pubblica e quella privata coesistono nell‟interesse della salvaguardia fisica del

bene e della pubblica fruibilità del patrimonio storico-artistico, senza dimenticarne

la diffusione ed il controllo, soprattutto della circolazione di questo. Il dibattito

affrontato circa la proprietà, permette una prima macro distinzione tipologica,

pubblico o privata, degli attori che si adoperano per l‟adempimento ottimale delle

principali funzioni relative al patrimonio culturale e dei suoi prodotti. Sono essi lo

Stato, le Regioni e gli enti pubblici territoriali, la Santa Sede e le organizzazioni

Sovranazionali, in cui è possibile distinguere una pluralità di individui, di istituzioni

e di organizzazioni senza scopo di lucro.

1.1.2 Ministero ed enti territoriali, le Regioni.

L‟articolo 9 della Costituzione rimette alla competenza del Ministero per i beni e le

attività culturali24 la disciplina della tutela, mentre l‟articolo 177 ripartisce tra Stato

centrale e Regioni la disciplina della valorizzazione, promozione ed organizzazione

di attività culturali. Una competenza quella in materia di beni culturali, riservata

allo Stato, poiché è necessaria una regolamentazione unitaria e attinente alla

condizione giuridica del bene, alla sua fruizione e conservazione in quanto

patrimonio culturale nazionale. Nel caso specifico della giurisdizione Italiana,

come precedentemente detto, l‟azione principale svolta nei confronti del

patrimonio culturale, ovvero la tutela, è compito asserito dallo Stato. L‟organo

chiamato a garantire la corretta esecuzione dell‟articolo 9 della Costituzione è il

Ministero, i cui principali presupposti d‟esistenza sono:

La salvaguardia della memoria. Nel duplice significato di tutela intesa come

integrità fisica delle cose aventi testimonianza di civiltà, e di valorizzazione

ossia assicurare ed impedire eventuali ostacoli alla libera godibilità.

Garanzia della promozione. Questo secondo presupposto è correlato alla

competenza del Ministero in materia di attività culturali quali il cinema, il

teatro, la musica, la danza e lo sport. Esso svolge la funzione di garante” del 24

Dicitura corretta, rispetto a “Ministero della cultura”. In ciò si manifesta il timore che a un governo della cultura possa conseguire come di fatto avvenne col Minculpop,” Ministero della cultura popolare”, istituito dal regime fascista nel settembre 1937, divenne un poderoso organo di propaganda durante il periodo bellico

27

pluralismo ed equilibrato sviluppo in relazione alle diverse aree territoriali e ai

diversi settori”.25

Nella storia d‟Italia in materia di patrimonio culturali, primo organo deputato alla

salvaguardia del patrimonio fu quello del Ministro Bonghi nel 1875, con il nome di

Direzione generale degli scavi e dei monumenti, tardi denominata Direzione

generale delle antichità e delle belle arti ed ancora nel 1926 affidata alla Direzione

generale delle accademia e biblioteche per la diffusione della cultura. Tutte le

Direzioni citate facevano capo al Ministero per L‟Istruzione Pubblica, che per più

di un secolo ebbe competenze in materia di tutela del patrimonio storico artistico

e naturalistico della nazione, ad eccezione degli scavi archeologici di cui, invece, si

occupava il Ministero degli Interni. Erano gli anni Sessanta e in pieno boom

economico la svolta arrivò con le Commissioni Franceschini, di cui si già discorso,

e Papaldo, chiamate ad intervenire in materia di Beni culturali data l‟urgenza di un

intervento coordinato e tempestivo circa la definizione d misure programmatiche

nei confronti del nostro patrimonio. L‟intervento partì dalla riunione delle

competenze, fino a quel momento sparse tra Direzioni, Commisioni e Ministeri, si

prosegui negli anni Settanta, precisamente negli anni 1973 e 1974, alla istituzione

delle Regioni a statuto ordinario e alla attribuzione della governance dei Beni

culturali a tre Ministri senza portafoglio26. I primi a ricoprire questa carica furono

Ripamonti, Lupis e Spadolini, quest‟ultimo nel 1975 assume la direzione del neo

Ministero dei beni culturali e ambientali, nel medesimo atto costitutivo furono

precisate anche le strutture amministrative interne del Ministero: i tre Uffici

centrali (per i beni ambientali, architettonici artistici e storici; ed archivistici; per i

beni librari e gli istituti culturali), una Direzione generale per gli affari

amministrativi e del personale, ed infine gli organi di riferimento territoriale, le

Soprintendenze.

Il decreto legge 368/1998 e le successive modifiche avvenute con il d.lgs. 3/2004,

enunciano i principi costitutivi del Ministero, ma anche le specifiche competenze e

l‟organizzazione. Come precedentemente detto, i principi costitutivi del Ministero

sono l‟amministrazione, la gestione e l‟esecuzione di disposizioni dettate dal

25

Decreto Legislativo 368|98, articolo 1. 26

Ministro senza immediate responsabilità amministrative, che svolge funzioni delegate dal Presidente del Consiglio. Fa dunque parte del Consiglio dei Ministri, ma non è titolare di un Ministero, in senso stretto.

28

governo, che nel caso specifico dei Beni culturali sono la tutela e la valorizzazione

del patrimonio nazionale. Le competenze del Ministero comprendono i beni

architettonici, archeologici, storico e artistici, paesaggistici, librari ma anche le

attività e le istituzioni dall‟elevato valore culturale, come lo spettacolo, la musica,

la danza e lo sport. Specificati questi aspetti possiamo discorrere circa

l‟organizzazione ministeriale, principalmente ripartita in modo binario, ossia divisa

in organi centrali e territoriali. Sono organi centrali le Segreterie, le Direzioni

generali e gli Istituti centrali, mentre sono organi territoriali le Direzioni territoriali,

le Soprintendenze ordinarie e speciali entrambe preposte alle diverse categorie di

beni culturale, gli Archivi di Stato, le biblioteche e i Poli museali dotati di

autonomia. L‟organizzazione istituzionale, nel caso specifico dei beni culturali, è

strettamente legata al processo di decentramento avviato dalla pubblica

amministrazione e avvenuto nel nostro Paese negli anni Novanta. Al fine di

rispondere più efficacemente ai bisogni della cittadinanza ed evitare interventi

burocratizzanti della pubblica amministrazione, che poco hanno a che vedere con

risultati effettivamente conseguiti, si è proceduti con una progressiva ripartizione

di competenze, ovvero al un riconoscimento del ruolo decisionale ricoperto dagli

organi periferici o territoriali.

In considerazione di ciò il compito degli organi centrali è quello di supervisionare

e garantire supporto tecnico ed organizzativo agli enti territoriali, mentre a questi

ultimi spetta l‟esecuzione di tutto ciò che in materia è deciso dallo stato centrale.

Stabilendo standard operativi, fornendo flussi documentali e sistemi informativi

automatizzati, provvedendo alla gestione delle risorse umane, curando i rapporti

istituzionale come ad esempio quelli con gli altri Ministeri, gli organi centrali

assicurano le condizioni necessarie affinché il lavoro sul territorio possa

concentrarsi solo su questioni di stretta competenze e generale gestione del

patrimonio. Gli organi territoriali, sono quindi gli indiscussi protagonisti

dell‟immane lavoro di management del patrimonio culturale, effettivi assicuratori

della conservazione di un prezioso retaggio, alle generazioni future. Il compito più

ampio spetta alle Soprintendenze, che ricoprono un duplice incarico garantista

per la comunità e per lo Stato centrale, entrambi mediante l‟osservanza di ciò che

è previsto nel Codice. Suddivise in Soprintendenze Regionali, Speciali ed Archivi di

Stato, si occupano di vincolare e catalogare i beni, vegliano sui proprietari e gli

29

obblighi imposti loro per legge, autorizzano gli interventi sui beni culturali,

l‟acceso ai monumenti, ai musei e alle gallerie, autorizzano la rimozione di opere

d‟arte, controllano le esportazioni e molto altro ancora. In sintesi essi vigilano

direttamente o indirettamente su tutto ciò che concorre a trasmettere

materialmente l‟eredità culturale e a goderne in modo legittimo. In apparenza, a

questo punto, potrebbe sembrare evidente che questi apparati periferici

possiedano maggiore rilevanza rispetto agli organi centrali, in realtà essi sono

imprescindibili gli uni dagli altri, perché la loro coordinazione e cooperazione è

necessaria al fine di concretizzare le misure preposte in materia di Beni culturali.

Le soprintendenze sono simili ad una magistratura, intervengono in modo più

evidente nella vita della cittadinanza e nella gestione del patrimonio, instaurano

spesso un proficuo dialogo con la società, sono questi aspetti a rendere il loro

contributo maggiormente riconosciuto e criticato dall‟opinione pubblica.

Rientrano nell‟entourage degli enti territoriali o enti pubblici, che concorrono alle

azioni concernenti i beni culturali, le Regioni, amministrazioni il cui esordio

ufficiale risale agli anni Settanta, nonostante fossero già presenti nelle

articolazione essenziali della Repubblica già nell‟lontano 1948. La loro tardiva

istituzione è ricollegabile al processo di decentramento, temuto in un primo

momento dalla giovane repubblica perché avrebbe potuto porre tendenze “in

contrasto con l‟interesse nazionale”27. Al principio, nell‟ambito dei beni culturali,

solo due furono competenze affidate alle Regioni, quelle riguardanti i musei e le

biblioteche degli enti pubblici e l‟urbanistica. Il controllo e l‟attenzione preposta

nei confronti dell‟urbanista, affidato agli enti regionali, non fu una bizzarria ma la

necessità di arginare uno scempio perpetuato ai danni delle bellezze e delle

tradizioni locali del nostro Paese, rase al suolo dalla speculazione edilizia, davvero

celere nei due decenni post-bellici. Discende da questo peculiare aspetto, la

competenza delle Regioni in materia di una particolare categoria di beni culturali,

quelli paesaggistici. A ridosso del Secondo conflitto mondiale la riforma Bottai,

superava la stretta concezione d‟impostazione estetica della legge 778/1922 e

aggiungeva al criterio di bellezza naturale quello di rilevanza scientifica28; mentre

27

Articolo 117 della Costituzione della Repubblica Italiana 28

L’approccio scientifico stenta ad imporsi nella normativa italiana, eppure osserva è Pio Baldi nel suo libro “Uno Paese spaesato.”: “Il significato del termine paesaggio, e quindi di ciò che è oggetto di tutela, è andato rapidamente modificandosi dall’epoca delle prime leggi (1992,1939) ad oggi. Da una concezione puro-

30

nel 1939 i beni paesaggistici furono riportati in due principali categorie: le

bellezze individue e le bellezze d‟insieme 29 . Le prime sottoposte a vincolo

attraverso la dichiarazione di notevole interesse pubblico, le seconde tutelate

dalla Soprintendenze attraverso i piani territoriali paesaggistici. Questa eredità

pre-repubblicana, è la punta di un iceberg legislativo che dagli anni Settanta in

poi ha cercato di definire le competenze degli enti regionali in materia di beni

culturali. Il ripetersi nel corso del tempo di interventi di tipo giuridico-

amministrativo e la fabbricazione di disposizioni spesso inadeguate a fronteggiare

in modo attuativo la disciplina, ha reso nella maggior parte dei casi complicate o

inattuate la mansioni di tale tipologie di enti pubblici nei confronti del nostro

patrimonio culturale. Al fine di comprendere meglio il ruolo che le Regioni

ricoprono, le funzioni che esse ottemperano nei confronti dei beni culturali, è

bene proporre un breve ma significativo riassunto del percorso normativo che ha

contribuito a creare il corpus leggi attuale e a definire le competenze degli enti

locali in materia. Come si è detto precedentemente, sono gli anni Settanta il

periodo in cui vengono preformate le Regioni, quale ente territoriale volto

all‟esecutivo dei provvedimenti governativi. Nell‟ambito giuridico dei beni

culturali, gli enti territoriali acquisiscono competenze tramite un‟estensione dei

poteri dello Stato centrale prevista nel Decreto del Presidente della Repubblica

616/1977, in esso si enuncia:” Il trasferimento delle funzioni amministrative in

ordine alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio storico-artistico, librario,

archeologico (...)”. Provvedimento disatteso visto che nel 1979 fu emanata una

legge per regolamentare l‟attuazione di quella precedente e decidere il da farsi in

merito alla salvaguardia dei beni culturali. Nei medesimi anni alle Regioni viene

conferita la gestione dell‟urbanistica, fino a quel momento esercitata dallo Stato

centrale, il Governo emana in tempi brevi una serie di decreti legislativi volti a

conferire alle Regioni e gli enti locali “le funzioni ed i compiti relativi alla cura

visibilità ed estetizzante, attraverso un passaggio eco-ambientalista, si sta approdando a significati più complessi che, senza rinnegare le componenti concettuali precedenti, le integrano con ulteriori contenuti di carattere urbanistico, gestionale, economico e sociale. 29

Nella legge 1497/1939 sono definite bellezze individue:” le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità geologica. Le ville, i giardini, e i parchi che non contemplati dalle leggi di tutela delle cose d’interesso storico artistico, si distinguono per la loro non comune bellezza.” Sono bellezze d’insieme: “i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico, tradizionale. Le bellezze panoramiche considerate dei quadri naturali e così pure quei punti di vista o di belvedere accessibili al pubblico, da cui si goda lo spettacolo di quelle bellezze.” (Ibidem)

31

degli interessi della promozione dello sviluppo delle rispettive comunità”,

ribadendo però che ciò non concerne il patrimonio culturale.

Sono gli anni Novanta a dettare il cambio di passo. La svolta sopraggiunge con

un cambio di panorama politico-istituzionale, precisamente fu la legge Bassanini30

del 1997 ad assumersi il compito di disciplinare il conferimento alle Regioni e agli

enti locali le funzioni e i compiti amministrativi in tema di urbanistica e territorio,

protezione della natura e dell‟ambiente, gestione e valorizzazione dei beni e delle

attività culturali, delegando molte delle funzioni fino a quel momento possedute

dallo Stato. Solo un anno dopo, si giunge ad una nuova definizione delle

competenze dello Stato e delle Regioni per quanto riguarda la salvaguardia del

retaggio culturale nazionale, distinguendo la nozione di tutela da quella di

gestione, di valorizzazione da quella di promozione, si cerca così di individuare e

ripartire vecchie competenze tra nuovi enti pubblici territoriali. In questo modo si

giunge a definire che è lo Stato a doversi occupare della tutela, del

riconoscimento, della conservazione e protezione del patrimonio; mentre le

Regioni e gli enti locali spetta il controllo della fruizione o pubblica godibilità.

Nonostante questi emendamenti stabiliscano nettamente le competenze in

materia di salvaguardia e valorizzazione, gli enti locali e le Regioni concorrono

effettivamente ad entrambi, soprattutto alla tutela di un particolare tipologia di

Beni, dettata dall‟art. 154 del Decreto. Nella formulazione di proposte ed

apposizioni di vincolo, nell‟espropriazione e nell‟esercizio di prelazione, nella

definizione di metodologie comuni per le attività di catalogazione e restauro, le

Regioni intervengono mediante organi istituzionali Commissioni Regionali per i

beni e le attività culturali. Esse perseguono lo scopo armonizzare e pianificare “(..)

le iniziative dello stato e delle regioni, degli enti locali ed altri possibili soggetti

pubblici o privati” per la valorizzazione dei beni culturali e la promozione delle

30

La legge Bassanini all’ art.148 precisa che si intendono per beni culturali:” a) quelli che compongono il patrimonio storico artistico, monumentale, demoetnoatropologico, archeologico, archivistico, librario, ed altri che costituiscono testimonianza avente valore di civiltà cosi individuati in base alla legge. b) beni ambientali, individuati in base alla legge quale testimonianza significativa dell’ambiente nei suoi valori naturali o culturali. c) la tutela è ogni attività diretta a riconoscere, conservare e proteggere i beni culturali e ambientali. d) la gestione è ogni attività diretta mediante l’organizzazione di risorse umane e materiali, ad assicurare la fruizione dei beni culturali e ambientali concorrendo al proseguimento delle finalità di tutela e valorizzazione. e) la valorizzazione è ogni attività diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e conservazione dei beni culturali e ambientali e ad incrementarne la fruizione. f) attività culturali sono quelle rivolte a formare e a diffondere espressioni della cultura e dell’arte. g) promozione è ogni attività diretta a suscitare e a sostenere le attività culturali.

32

relative attività. L‟ultimo atto di riforma istituzionale volto alla definizione delle

funzioni e delle competenze di questi organici nei confronti del patrimonio,

sancito dalla II parte, titolo V, del Codice dei beni culturali e del paesaggio è la

pertinenza alle Regioni della tutela dei beni paesaggistici.

1.1.3 La Santa Sede

In una disamina intorno agli attori principali e le politiche di tutela e

valorizzazione in Italia, non è possibile omettere il ruolo della Santa Sede, Stato

sovrano di un piccolo territorio le cui sorti sono strettamente connesse a quelle

della nostra nazione. Indispensabile è chiarire, quando si parla di beni culturali

ecclesiastici in genere si fa riferimento a tre categorie:

Le aree e gli immobili sottoposti a diretta giurisdizione della Santa sede

I beni di proprietà degli enti ecclesiastici italiani, in quanto persone giuridiche

private senza fini di lucro.

I beni, a chiunque appratenti, di interesse culturale e religioso.

Non è tutt‟oggi possibile definire quanti sono i beni culturali ecclesiastici in Italia,

dal momento che l‟inventario è in corso e per ora è limitato ai beni mobili, quei

beni cioè soggetti ad un rischio maggiore di sottrazioni illecite. Le ultime due

categorie di beni sopracitati, ossia quelli appartenenti ad enti ecclesiastici e quelli

d‟interesse religioso, sono sottoposti all‟ordinamento di tutela dello Stato

Italiano, in base a ciò che è previsto nel Codice. Esso considera la questione da

un duplice punto di vista, sia sul versante del regime proprietario31, sia su quello

dell‟interesse attribuito alle cose:” quali testimonianza dell‟identità e della storia

delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose.32 La duplice natura culturale e

religiosa dei beni ecclesiastici conseguono problemi gestionali di non poco

conto, non è infrequente entrare in un luogo sacro e scorgere, allo stesso tempo,

31

“Sono beni culturali le cose mobili e immobili appartenenti(..) a persone giuridiche private senza scopi di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.” 32

Idibem, comma 3.

33

persone raccolte in preghiera ed altre che passeggiano ammirando pregiati

manufatti artistici. Questo concorre alla retorica incongruenza tra l‟esercizio

devozionale e la fruizione laica dei beni, che a propria volta non può prevalere

sulla originaria destinazione culturale dei beni. Ancor più greve risulta la

questione della salvaguardia del patrimonio ecclesiale, il livello di sicurezza,

manutenzione e custodia spesso non è adeguato e inoltre va considerato che

tutt‟ora non è possibile consultare un capillare censimento dei beni.

Nonostante le divergenze di tipo amministrativo, legislativo e quindi gestionale

del patrimonio culturale verificatesi tra organi dell‟uno e dell‟altro Stato, questi

sembrano aver trovato una particolare intesa. Negli ultimi anni si possono

vantare segnali di nuovo corso, nei lavori di catalogazione mediante le

convenzioni sottoscritte dal Ministero e Cei, nella nuova pianificazione degli

organi ecclesiali preposti alla gestione del patrimonio, nella disponibilità di

maggiori fondi ed infine nell‟opportunità di formare figure specializzate in

materia. Prima di procedere con l‟analisi delle funzioni e delle competenze degli

organi ecclesiastici preposti alla salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio,

come è avvenuto per lo Stato Italiano, è possibile scorrere brevemente la storia

normativa di questo Stato in materia. La Santa Sede prima di ogni altro Stato

pre-unitario ha elaborato il senso antropologico, materiale e sociale del

patrimonio culturale, anche se sin dal secolo Quattrocento apparendo più come

simbolo di potere e privilegio si sono offuscati gli alti valori universali quali sono,

invece, i principi essenziali del patrimonio culturale. La storia, gioca un ruolo più

che cruciale in quelle fondamentali vicende dibattute tra Stato Italiano e

Pontificio in materia di beni culturali, nell‟ Italia posto-unitaria il Regno Sabaudo

prosegue con un‟iniziativa che fu definita la “legislazione eversiva dell‟asse

ecclesiastico”. Con le leggi Siccardi e Cavour-Rattazzi si giunge ad una quasi

completa soppressione degli istituti ed ordini religiosi e alla confisca dei loro

beni, le proprietà confiscate vengono affidate al Fondo per il culto33, a cui

compete la mansione di mantenimento del clero, salvaguardia degli edifici

ecclesiastici e spirituali. Naturalmente tra questi si celano gli innumerevoli beni

culturali di proprietà fino a quel momento ecclesiale. Nel 1861, Roma, viene

proclamata capitale del Regno d‟Italia, assediata dalla truppe italiane lo diviene a

33

Fa capo dapprima al Ministero della giustizia e dei culti, dal 1932 al Ministero dell’interno.

34

pieno titolo nel 1870, è allora che si stabilisce con un atto unilaterale quali sono

le azioni e i limiti concessi allo Stato Pontificio. Ha inizio cosi la “questione

romana”, che si conclude dopo sessant‟anni con la firma dei Patti Lateranensi,

avvenuta l‟11 febbraio del 1929 e sottoscritta da Benito Mussolini e il Cardinale

Gasparri segretario di Stato di Papa Pio XI. Il documento è fondamentale perché

regola i rapporti tra Stato e Chiesa, anche per quando riguarda il patrimonio

culturale ecclesiastico, prima di tale importante provvedimento bisogna ricordare

che ci furono altre novità di rilievo in tema di patrimonio. Nel 1918 fu emanato il

Codice di diritto canonico, che contiene una disciplina generale circa gli archivi

ecclesiastici, la conservazione di arredi, la costruzione ed il restauro di

monumenti ecclesiali, la distinzione tra beni sacri e preziosi e molto altro ancora;

altra novità in materia fu quella della istituzione, nel 1924, della Commissione

Pontificia per l‟arte sacra Italiana. Tenendo conto del processo di trasformazione

politica e sociale verificatosi in Italia negli anni Ottanta, e degli sviluppi promossi

nella Chiesa dal Concilio Vaticano II, fu redatto un nuovo testo 34 quale

aggiornamento reale del Concordato lateranense del 1929. Nel 1985, a pochi

mesi dalla ratifica dell‟accordo, un‟intesa stipulata in materia di beni ecclesiastici

e sostentamento del clero cattolico, fino a quel momento assicurata dallo Stato,

trasforma il Fondo per il culto in Fondo edifici per il culto. Esso gode ancora di

piena autonomia nell‟ambito del Ministero degli interni, ma ad oggi si occupa

solo della tutela e della valorizzazione degli edifici sacri, che restano comunque

proprietà dello Stato Italiano. Tracciando a grandi linee il quadro storico ed i

provvedimenti normativi, che hanno caratterizzato il percorso dello Stato

Pontificio in materia di salvaguardia del patrimonio culturale, è semplice

discernere quali sono gli organismi ecclesiastici preposti alla sua gestione.

Innanzitutto la Pontificia commissione per la conservazione del patrimonio

storico artistico della Chiesa, prevista dalla Costituzione apostolica del 1988,

organico a cui, dal 1993 in poi, fu affidato il compito di coordinare tutte le

diocesi del mondo, con una particolare priorità ad intraprendere azioni in materia

di patrimonio ecclesiastico. I compiti di questo organo sono: “enucleare le 34

Art.12 “La Santa Sede e la Repubblica Italiana, nel rispettivo ordine, collaborano per la tutela del patrimonio storico e artistico. Al fine di armonizzare l’applicazione della legge italiana con le esigenze di carattere religioso, gli organi competenti delle due parti concorderanno opportune disposizioni per la salvaguardia, la valorizzazione ed il godimento dei beni culturali, d’interesse religioso appartenenti a enti e istituzioni ecclesiastiche (...)”

35

principali attività circa tali beni, individuandole nell‟impegno di restaurali,

custodirli, catalogarli e difenderli” deve dare impulso a una “valorizzazione che

ne favorisca una conoscenza e un adeguato utilizzazione nella catechesi quanto

nella liturgia”; infine deve incoraggiare, in vista di nuove committenze ”una

rinnovata alleanza fra artisti e Chiesa”, intesa a sostenere la creatività dei primi

con “stimolanti contenuti teologici, liturgici e iconografici”.35 Le funzioni sono

quelle di un vero e proprio Ministero della cultura, alla Commissione è attribuita

la responsabilità dell‟organizzazione generale dei beni culturali della Chiesa, con

particolare attenzione a temi come la salvaguardia e soprattutto la valorizzazione

il cui fine prioritario è quello di dare risalto alla irrinunciabile ed originaria ragion

d‟essere del patrimonio ecclesiale, ovvero la sua funzione pastorale e liturgica.

Esattamente come un Ministero, gli organi ecclesiasti competenti sono divisi in

centrali e locali, su scala nazionale ed internazionale. La Commissione Pontificia

per i beni culturali è l‟organo centrale, mentre i suoi indirizzi sono attuati, su

suolo nazionale, dalle Conferenze Episcopali. In Italia la Cei (Conferenza

Episcopale Italiana) il referente diretto dello Stato Italiano in materia di

salvaguardia, ovvero tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. Nel 1989,

essa istituisce la Consulta nazionale per i beni culturali ecclesiastici e procede alla

revisione di un testo del 1974 concernente Norme per la tutela e la

conservazione del patrimonio storico artistico della Chiesa in Italia; un

provvedimento inevitabile vista l‟ampia atmosfera di cambiamento dettata da

eventi come: le Regioni che diventano il fondamentale attore nella gestione del

territorio, l‟attività del Ministero per i beni culturali (1975) e l‟entrata in vigore del

Codice di diritto Canonico (1983). Si susseguono una serie di documenti che

fanno da sfondo alle intese con lo Stato Italiano, ad esempio “I beni culturali

della Chiesa in Italia. Orientamenti a integrazione del documento del 1974”

(1992), “Orientamenti per la costruzione di nuove chiese” (1993),” Orientamenti

per l‟adeguamento liturgico delle chiese esistenti “(1996). In quest‟ultimo anno, il

1996, la Cei sottoscrive la prima intesa ufficiale con il Ministero, il testo stabilisce

regole essenziali per l‟avvio di una collaborazione, su piano centrale e periferico,

tra lo Stato e la Santa Sede. A livello centrale fu prevista una diretta

35

Giovanni Paolo II, “L’importanza del patrimonio artistico nell’espressione della fede e nel dialogo con l’umanità”, “Osservatore Romano”, 1993.

36

interlocuzione tra ministro, direttori generali ed il presidente della Cei durante

apposite riunioni di programmazione. A garanzia dei rapporti tra i due Stati, è

tutt‟oggi assegnato all‟Osservatorio centrale per i beni religiosi di proprietà

ecclesiastica, il compito di verifica dell‟attuazione delle forme di collaborazione

proposte durante le riunioni di programmazione. A livello periferico, i

rappresentati legali dei beni ecclesiastici sono i diretti responsabili di questi, si

attribuisce ai vescovi delle diocesi il compito di rispondere dal punto di vista

giuridico e gestionale ed interloquire con le Soprintendenze. Agli ordinari

diocesani, invece, è affidato il compito di supervisionare direttamente sugli

interventi e le attività preposte in materia di beni culturali. Altro organo locale,

dell‟apparato istituzionale ecclesiale competente in materia è la Commissione

episcopale regionale, apparsa sulla scena in concomitanza con riassestamento

federale operato dallo Stato Italiano negli anni Novanta, evento che porto alla

nascita delle Regioni. Le funzioni di quest‟organo, precisate anni dopo la sua

fondazione, è quella di essere membro delle Commissioni regionali per i beni e le

attività culturali in previsione di armonizzare e coordinare “le iniziative dello

Stato, delle regioni, degli enti locali e altri possibili soggetti pubblici o privati”36.

Similmente alla competenza e alla relativa giurisdizione delle Regioni in materia

di quella particolare categoria di beni culturali, quali sono i beni paesaggistici, la

Santa Sede affronta con il Ministero la questione del patrimonio archivistico e

bibliografico della Chiesa, precisamente negli anni 2000 con un‟intesa.37 L‟intento

era quello di garantire, ove possibile, il mantenimento delle sedi originali degli

istituti, conservarne l‟inventariazione e la catalogazione secondo criteri omogenei

ed originali, estendere la fruizione, uniformare i regolamenti per la consultazione

e disporre adeguati canali di finanziamento. Nella medesima casistica dei beni

ecclesiastici citati precedentemente, anche i beni che compongono il patrimonio

archivistico e bibliografico della Chiesa, prevedono l‟intervento di organi a livello

centrale e periferico. Nel primo, quello centrale, opera L‟Ufficio nazionale per i

beni culturali ecclesiastici il cui compito è quello di inventariare l‟elenco delle

biblioteche e gli archivi di particolare interesse storico, decidere i finanziamenti da

destinare ed intrattenere rapporti periodici d‟aggiornamento con il Ministero. Nel

36

Ibidem, art 155. 37

Decreto del Presidente della Repubblica 189/2000.

37

secondo livello, quello periferico, l‟attuazione dei comuni obiettivi sanciti

nell‟Intesa spetta alle dirette autorità delle biblioteche e degli archivi, con la

supervisione delle diocesi. A questo punto è facile intuire che il corretto

funzionamento dipende molto della capacità organizzativa e gestionale delle

diocesi, a tal proposito nel 2001 con una circolare l‟Ufficio nazionale per i beni

culturali ecclesiastici, si sottopongono all‟attenzione dei vescovi delle diocesi

alcuni suggerimenti. Ad esempio l‟istituzione di un Ufficio ed una Commissione

diocesana per i beni e l‟arte sacra, che sovraintendano anche archivi e biblioteche,

l‟individuazione di poli territoriali in cui locare biblioteche ed archivi diocesani ed

infine l‟assegnazione a persone qualificate della direzione di questi luoghi. Sono

questi gli enti periferici a cui l‟organo centrale ecclesiastico, ovvero la Cei, si affida

per la gestione il più possibile ottimale del patrimonio culturale ecclesiastico; dal

canto sul il Ministero assicura supporto tecnico e finanziario mediante le

Soprintendenze che s‟impegnano ad assistere, coordinare e supervisionare gli

organi dello Stato Pontificio preposti alla salvaguardia del patrimonio.

1.1.4 Organizzazioni Internazionali: Unione Europea ed UNESCO

Sin ora si è proceduto con la disamina delle principali istituzioni preposte alla

salvaguardia del patrimonio culturale, le istituzioni Italiane e il loro principale

interlocutore in materia, lo Stato Pontificio. In questa era di globalizzazione e del

progresso in cui ci accingiamo a vivere, agevolati nelle relazioni dall‟azzeramento

delle barriere, è più che doveroso trattare il ruolo che le comunità internazionali e

gli organi preposti alla trasmissione del patrimonio culturale universale. Le sorti

del nostro Paese sono sempre più legate a quelle di altri paesi Europei e comunità

intercontinentali, tramite la globalizzazione delle politiche economiche e sociali.

Indubbiamente tra queste, il tema della salvaguardia del patrimonio, inteso come

tutela e valorizzazione, ritaglia per se un posto di non poco rilievo, in

38

considerazione di ciò nella trattazione che segue ci occupa di quali sono gli attori

internazionali e in che modo questi intervengono nella disciplina.

Le dinamiche della produzione e del consumo, sostenute dall‟innovazione

tecnologica hanno contribuiscono a trattare “i luoghi” come un tutt‟uno unico,

mentre la possibilità di una maggiore e facilitata mobilità ha giovato

all‟ampliamento degli orizzonti e alla eliminazione delle diversità tra identità

culturali ed interessi. Non è più possibile circoscrivere i tesori interiori, l‟attitudine

allo share ha assottigliato i confini, ed ogni qualvolta ci si appresta alla loro soglia

si è più propensi al chiedersi quali sono le cose che ci accomunano piuttosto che

quelle che ci rendono differenti. Questi aspetti della contemporaneità e l‟idea di

bene universale, portatore di un‟età che non è più e nonostante ciò in continuo

pantrarei, insita nel precetto antropologico di patrimonio culturale, hanno

partecipato alla nascita del retaggio universale. Un nuovo insieme di “cose”, in cui

anche la natura e l‟intangibile contribuiscono al retaggio di tutta l‟umanità.

Coinvolti nell‟lavoro di salvaguardia del patrimonio culturale internazionale sono

organi quali L‟Unione Europea e L‟UNESCO, che concorrono con azioni a tout

court alla capacità delle culture di trarre beneficio e di partecipare attivamente

alla trasmissione di un retaggio, quale matrice di un futuro comune. Nonostante

ciò la definizione di bene, già difficilmente circoscrivibile, si complica e divine più

instabile al difuori del confine nazionale, e dedurne le conseguenti categorie, sia

esso mobile o immobile, artistico o storico, è complicato e ha ben poco a che

vedere con la teoria. Aldilà dell‟aspetto materiale, è necessario constatare che le

categorie di beni culturali sono in primo luogo aspetti sociali e “limiti di

tolleranza”, e in quanto tali potenzialmente sottoposti a tutela. Questi aspetti

immateriali del patrimonio variano in modo spesso notevole da un Paese all‟altro

per ragioni sociali, economiche ed etiche, per cui ciò che in un determinato

contesto nazionale è accettabile per l‟altro non è tollerabile e viceversa.

Oltrepassare un confine può trasformare il patrimonio, ossia quel bene, in

qualcosa che ad un tratto distingue e non accomuna. Molte delle difficoltà

d‟intervento internazionali nella disciplina del patrimonio culturale, dipendono

dalla mancanza di una definizione di bene condivisa e dalla mancanza di un

corpus legislativo altrettanto concorde. Una circostanza che dal Secondo

dopoguerra ad oggi vede un intensivo impegno dei Paesi Europei e di alcune

39

comunità internazionali, al fine di riconoscere che la salvezza dei tesori nazionali

dipende certo dall‟impegno istituzionale ma soprattutto dal intervento attivo delle

culture, ossia la capacità di avvertire i benefici della eredità ricevuta

nell‟immanente. Tutto ciò è possibile se ogni cultura riconosce le proprie

differenze, e al contempo, la pari dignità delle altre, impegnandosi nel dialogo e

nell‟apertura; in altre parole il patrimonio cultura, non ha futuro se non crediamo

più che ciò sia possibile.

Discorrendo di atti ed attori dei beni culturali in ambito internazionale, è

interessante partire dalla fondazione di uno degli esponenti maggiormente

impegnati, L‟Unione Europea. Il 5 maggio 1949 dieci nazioni sottoscrivono a

Londra il Trattato istitutivo della Commissione Europea, il cui l‟articolo I prevede

che il Consiglio elabori accordi tra gli Stati membri in materia economica, sociale,

amministrativa e culturale. Riguardo quest‟ultima gli Stati membri sottoscrivono,

la Convenzione culturale Europea38, in cui si concorda che ogni Paese si appropri

di misure dirette al bene comune del patrimonio culturale Europeo. Il senso di tale

compartecipazione, non traversa la definizione di bene, di “testimonianza avente

valore di civiltà” o di “cosa”, bensì predilige aspetti culturali quali la lingua, la

storia e la cultura. Ossia, sembrava vi fosse già in un primo momento, la

consapevolezza di un percorso di sviluppo comune, fondato su istanze fortemente

identitarie come quelle rappresentate dai differenti patrimoni immateriali

nazionali. Al fine di costruire un plurale intesa, gli Stati della Unione Europea

anzitutto aderiscono ai valori generali di democrazia, libertà e diritti umani, e in

seguito si occupano d‟intese economiche, sancite nel 1957 con il Trattato di

Roma, atto d‟istituizione della Comunità economica europea o Cee. L‟intento

principale del Trattato era quello di costituire un mercato comune in cui le merci

potessero circolare liberamente, ovvero si proponeva l‟abbattimento delle barriere

doganali. Il patrimonio culturale rientra in questa ultima categoria d‟interventi, ma

inibito nella libera circolazione perché inteso come risorsa condivisa sottoposta a

tutela nell‟ambito specifico “della protezione del patrimonio artistico, storico e

archeologico nazionale”. Inoltre nel medesimo documento si sancisce la

38

19 dicembre 1954, La Convenzione culturale Europea è un Consiglio Europeo da distinguere da altri organismi dell’Unione, essa elabora accordi tra i membri ma anche fra Stati terzi.

40

compatibilità del libero mercato comunitario con “gli aiuti destinati a promuovere

la cultura e la conservazione del patrimonio”. 39

Significative novità circa le politiche culturali europee sono riconducibili al Titolo

XII del Trattato di Roma, che afferma: “La Comunità contribuisce al pieno sviluppo

delle culture degli Stati membri nel rispetto delle loro diversità nazionali e

regionali evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune” ed ancora

“L‟azione della Comunità è intesa ad incoraggiare la cooperazione tra Stati

membri e, se necessario, ad appoggiare e ad integrare l‟azione di questi ultimi

(...)40”. Negli anni Sessanta e Settanta il processo di formazione della Unione si

concentra soprattutto su aspetti economici ed amministrativi, con la fondazione

degli organi istituzionali, quali i Consigli, le Comunità ed il Parlamento, per

l‟integrazione di competenze settoriali di ogni nazione. Non mancano, però, le

iniziative dedicate al settore culturale, nel 1964 le Convenzioni europee per la

tutela del patrimonio archeologico ed appelli del Parlamento europeo, nel 1974,

sollecitano gli Stati membri ad un comune impegno per la conservazione del

patrimonio. Come per tutti gli altri ambiti d‟interesse comunitario quali la

giustizia, l‟istruzione, gli affari interni, la cultura attende la nascita ufficiale della

UE, sancita dal Trattato di Maastricht il 17 febbraio 1992. Provvedimenti come

l‟Accordo di Schengen41, i Trattati di Amsterdam e Nizza42, la moneta unica ed

infine l‟ammissione, negli anni Duemila, di 12 nuovi Stati membri, sono tutti

aspetti che hanno contribuito a svelare il volto dell‟Europa che tutti noi oggi

conosciamo.

Conclusa la fase costitutiva dell‟Unione la comunità s‟impegna nell‟arduo compito

di plasmare una coscienza comune, senso di cittadinanza ed appartenenza ad un

luogo, una cultura, fondamentale per la sussistenza di una nazione e del proprio

popolo. Un concetto quest‟ultimo che rimanda, in modo chiaro e diretto, al

patrimonio culturale che si ripropone come uno dei massimi simboli identitari di

comunità locali e nazionali. Un insieme di beni, il patrimonio di singoli Paesi la cui 39

A patto che questi “non alterino le condizioni di scambio e concorrenza nella Comunità, in misura contraria all’interesse comune.” Art 92, comma II. 40

Nei seguenti campi: miglioramento della conoscenza e della diffusione della cultura e della storia dei popoli europei; conservazione e salvaguardia del patrimonio culturale di importanza europea; scambi culturali non commerciali; creazione artistica letterati compreso il settore audiovisivo. 41

Accordo circa la libera circolazione delle persone entro i confini dell’Unione Europea. 42

Trattati che modificano ed integrano documenti costitutivi europei.

41

frammentarietà sembrerebbe, al tempo stesso, punto di forza e debolezza della

costruzione di una integrazione identitaria comune. A suggerire un‟interessante

panoramica dell‟argomento è Settis, che dibatte circa la straordinaria possibilità

che l‟Unione Europea ha di costruire una forte identità nazionale comune, proprio

tramite il patrimonio culturale ed i beni che lo compongono. Evitando di

cancellare le singole identità nazionali, di enunciare principi teorici e generici c, di

seguire una politica esclusiva e non inclusiva, e infine di puntare su una politica

eurocentrica e non europea, afferma Setti, è il giusto percorso da intraprendere

per conseguire l‟obiettivo prefisso dalla UE. Quest‟ultimo infatti, per natura, è un

“luogo di sedimentazioni di processi secolari di osmosi e di interscambio tra

culture”, di conseguenza non è ragione di conflitto anzi motivo di interrelazione.

Esso ci insegna che le culture non si delineano considerando i singoli elementi

che le compongono, ma sottolineando quelli ibridi e condivisi con altre culture. In

altre parole l‟identità culturale è un insieme unico e scomponibile, le cui

dissomiglianze in realtà sono punti di forza, motivo di coesione.

Nell‟ultimo decennio il patrimonio culturale internazionale, si libera sempre più

delle attribuzioni ordinarie e teoriche, si allontana dall‟essere considerato causa di

esclusione o impedimento economico, per trasformarsi in rispetto per le diversità,

impegno comune, risorsa e prospettiva per le generazione future. Un ribaltamento

confutabile nelle iniziative culturali della Unione Europea come ad esempio la

Convezione sul valore del patrimonio culturale per la società, elaborato nel 2005

dal Consiglio Europeo. In esso, sono enunciate le posizioni ed i planning della

Unione in materia di patrimonio, inteso come: strumento di promozione, risorsa

per lo sviluppo, input per il progresso tecnologico. In primo luogo, il patrimonio è

la cultura, quindi la sua diffusione in Europa è necessaria al fine di veicolare civiltà,

l‟integrazione e la consapevolezza individuale e collettiva. In secondo luogo, il

patrimonio è matrice dello sviluppo sociale ed economico. Nell‟era postindustriale

le peculiarità locali possono essere motivo di sana competizione e la “tradizione”,

se adeguatamente valorizzata, un marchio di qualità, una risorsa dei mercati

internazionali. Infine, il patrimonio è motivo di sviluppo tecnologico, l‟ingerenza

del campo informatico e l‟impiego di nuove tecnologie ne facilitano la fruizione,

concorrendo al conseguimento del principio più importante del patrimonio

culturale, la libera accessibilità. Il patrimonio quindi è veicolo di un‟messaggio di

42

civiltà che deve perdurare nel tempo, perché risultato cangiante di un lungo

processo sociale e non mero accumulo di semplice materia. A tal proposito, ci

apprestiamo a concludere la trattazione del presente paragrafo, introducendo

l‟organo internazionale ad auspicare e operare per il riconoscimento e quindi la

salvaguardia di un particolare aspetto del patrimonio culturale, immaterialità.

Vicino all‟operato del Vecchio Continente, in materia di beni culturali

internazionali, poniamo l‟UNESCO organizzazione culturale, scientifica ed

educativa delle Nazioni Unite. A pochi mesi dalla conclusione del conflitto

mondiale 37 nazioni a Londra cercano di arginare, con l‟impegno civile ed

istituzionale, il delirio di potenza delle Nazioni che barbarizzò il mondo intero. Lo

statuto di questa Organizzazione, che nel 1950 diventerà agenzia dell‟ONU,

ragiona tra i suoi articoli di rispetto universale, di diritti umani e libertà

fondamentali; concorrendo attivamente alla pace e alla sicurezza nel mondo

tramite iniziative in settori come l‟educazione la scienza e la cultura, oltre

all‟impegno concreto “nella conservazione dell‟eredità mondiale di libri, opere

d‟arte e monumenti della storia e della scienza”.

La funzione dell‟Organizzazione è quella di patrocinio e garanzia, al fine di

estendere oltre i confini dei singoli Paesi il diritto di libera godibilità di un bene

universale, evitando un intervento diretto nelle giurisdizioni nazionali. Il

patrimonio culturale, quindi, amplia i propri orizzonti fino ad essere un insieme di

beni, di “cose d‟interesse universale” che necessitano di preservazioni dagli abusi

della guerra e dai caotici arbitri politico-sociali.

Il dato storico, come spesso accade, gioca un ruolo fondamentale nella nascita e

nella definizione delle competenze di un organo. L‟UNESCO vive con la

popolazione mondiale, l‟irreversibilità del danno provocato dalla guerra e la

consapevolezza che nessun tipo d‟impegno potesse riportare indietro le lancette

di un orologio guastato. Possibile, invece, fu lavorare ad una nuova nozione di

responsabilità mediante nuove regole, da concordare in tempi di pace. In questo

contesto s‟inserisce il primo intervento dell‟UNESCO in materia di patrimonio

culturale, la Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto

armato del 1954 auspica concordati sovrannazionali al fine di tutelare il

patrimonio culturale mondiale poiché:” il danno alle cultural properties

43

appartenenti a qualunque popolo equivale al danno del cultural heritage di tutto

il genere umano, dal momento che ogni popolo contribuisce alla cultura del

mondo”. Nonostante la conquista di rinnovata responsabilità, l‟ambivalente

impegno della locuzione cultural properties, in italiano beni culturali, rinvia al

concetto di proprietà e possesso di cui ampiamente si è dibattuto

precedentemente. Una situazione di conflitto internazionale, collegata soprattutto

alla problematica dei traffici illeciti, in cui l‟UNESCO ha cercato di intervenire

tramite una Convenzione. In primo luogo si è proceduti con la sostituzione della

locuzione cultural properties con cultural objects, successivamente suggerendo

politiche gestionali circa la cessione e la circolazione di beni culturali in ambito

internazionale. Inoltre sono d‟attribuire a tale Organizzazione, l‟attenzione per

particolari questioni o categorie di beni culturali, come ad esempio quelli

immateriali o ad alto rischio come quelli naturalistici. Apprestandosi alla

conclusione, è necessario chiarire quali sono le funzioni e le metodologie

dell‟UNESCO in materia di patrimonio culturale. L‟organizzazione funge da fronte

di sostegno interno per gli Stati membri, includendo su richiesta di questi, un

bene nel patrimonio mondiale assicurandone così la protezione comunitaria. A tal

proposito è operativo un Fondo per la protezione del patrimonio culturale e

naturale di valore universale43, un Comitato del patrimonio mondiale44 composto

da rappresentati dell‟ICCROM45, ICOMS46 e IUNC.47 Spetta al Comitato il compito

di stabilire criteri d‟inserimento dei siti d‟interesse culturale o naturale, proposti

dagli stati aderenti, in due distinte liste: World Heritage List, Lista del Patrimonio

Mondiale, o List of World Heritage in Danger, Lista del Patrimonio Mondiale a

rischio. Fase iniziale di un processo, guidato dal Comitato, finalizzato a decretare

43

World Heritage Found, che raccoglie donazioni volontarie ed obbligatorie dei Stati aderenti. 44

World Heritage Committee, comitato intergovernativo per la protezione del patrimonio cultura e naturale di valore universale. 45

L’ICCROM ovvero centro internazionale per lo studio, la conservazione e il restauro di beni culturali, è un organizzazione internazionale fondata dall’UNESCO nel 1959 per promuovere la salvaguardia nel mondo di ogni tipologia di bene culturale. Persegue i propri fini istituzionali con iniziative di formazione, informazione, ricerca e comunicazione. Oggi conta l'adesione ‘di 110 Stati, ha sede a Roma. 46

ICOMOS, Istituto per la conservazione dei monumenti e dei siti, fu fondato a Varsavia nel 1965 per diffondere i principi enunciati nella Carta Internazionale di Venezia nel 1964, circa il restauro e la conservazioni di monumenti e siti storici. Impegnata nella conservazione, protezione e ripristino di monumenti, gruppi di edifici, siti storici a livello internazionale e nazionale. Ha sede a Parigi e consegue i propri obiettivi tramite elaborazione di nuovi standard e tecniche, diffondendo informazioni su innovativi principi di conservazione, su tecniche e politiche in materia e offrendo supporto ad istituzione e centri specializzati di documentazione. 47

International Union for Conservation of Nature and Natural Resources.

44

le misure e le modalità con cui le organizzazioni governative e non, nazionali ed

internazionali, assistono i beni culturali. Tale procedimento non ricopre solo un

ruolo burocratico e teorico, esso si propone come passo irrinunciabile per ogni

Nazione che riconosce nella diversità del proprio patrimonio, una ricchezza

d‟inestimabile valore. Simile nei dettami e nella metodologia è l‟intervento messo

in campo dall‟UNESCO per quella particolare categoria di beni patrimoniali, gli

immateriali. I Paesi aderenti, anche in questo caso, sono tenuti a sottoporre al

Comitato delle testimonianze redatte in due liste: la Lista del patrimonio culturale

intangibile dell‟umanità e la Lista del patrimonio culturale intangibile che

necessita di urgente salvaguardia. In base a tali elenchi si stabiliscono,

programmatici interventi e stanziamenti di fondi, dando priorità ai paesi in via di

sviluppo. In queste ultime righe, è più che mai chiaro che il concetto di

patrimonio culturale, introdotto al principio del presente capitolo, è eredità,

retaggio e ricchezza comune che procede verso quello che superficialmente può

apparire un paradosso, ovvero il futuro. Dalla sopravvivenza delle identità, i beni

culturali, e dall‟loro insieme, il patrimonio, dipende la prospettiva di sviluppo

dell‟umanità. Questa è una certezza.

1.2 Le criticità del sistema

L‟approfondimento circa le competenze ed i protagonisti, operanti nel settore del

patrimonio culturale universale, ha certamente sottolineato quanto l‟argomento

beni culturali e cultural heritage, sia stata ed è di fondamentale importanza per

l‟umanità e la sua Storia. Nonostante sia chiaro che l‟impegno economico,

gestionale e burocratico di organi Istituzionali e non, nazionali ed internazionali,

pubblici e privati perpetuato nel corso dei secoli fino ai giorni nostri abbia:

concorso alla salvaguardia del patrimonio culturale, mediante programmatici

interventi di tutela e valorizzazione, garantito “la libera godibilità”, promosso la

conoscenza, l‟educazione e la consapevolezza al fine di assicurarne una corretta

trasmissione alle future generazioni; è più che mai chiaro che il patrimonio

culturale vive un momento di profonda crisi. Un parossismo la cui esacerbazione,

45

che affonda le proprie ragion d‟essere in aspetti economici, finanziari e gestionali,

finora non ha lasciato spazio a segnali di evidente ripresa. Eludendo lo spettro di

un‟discorso sterile e retorico, si propone un‟analisi sintetica e bifida, ovvero

nazionale ed internazionale, delle circostanze che hanno indotto le criticità del

sistema culturale.

1.2.1 Sovrapposizione di competenze e crisi economica

Profondi cambiamenti strutturali del sistema finanziario, hanno contribuito a

partire dagli anni 80 alla profonda crisi economica, palesatasi nel 2008. Il

fenomeno conosce almeno due fasi principali, la prima legata al fallimento della

banca d‟affari statunitense Lehman Brother nel 2008, la seconda derivante dalla

crisi del debito sovrano in Europa nel 2011. La crescente liquidità disponibile per

investimenti, la liberalizzazione della circolazione dei capitali e l‟allentamento dei

vincoli posti dagli Stati in materia sono solo alcuni degli eventi che hanno gettato

le basi quella instabilità interconnessa del sistema internazionale. In America la

Federal Reserve ha incoraggiato l‟acquisto di abitazioni da parte di soggetti con

ridotte capacità finanziarie, inducendo cosi le banche a concedere numerosi muti.

Un comportamento patologico degli istituti finanziari condannò lo scoppio di una

bolla speculativa, il tracollo di diverse istituzioni finanziarie Statunitensi e

l‟indebolimento del patrimonio finanziario Europeo. L‟impatto fu tale da esigere

politiche strutturali finalizzate a mitigare una recessione mentre i Paesi come

l‟Italia, la Spagna e la Grecia, economicamente deboli, con crescita lenta e scarsa

competitività cominciarono a mostrare tutte le loro fragilità. In Italia la pubblica

amministrazione, principale responsabile gestionale del patrimonio culturale

nazionale ha proceduto con pesanti tagli delle risorse destinate ai beni culturali ed

un blocco del turnover di personale qualificato in materia. Figura tra le criticità

citate anche una sorta di “accanimento terapeutico”, sovraffollamento di leggi

dalla difficile osservanza, la cui sedimentazione approssimativa e spesso

incoerente contribuisce a conflitti di competenze, soprattutto tra Stato centrale e

46

regioni in materia di beni paesaggistici.48 Nonostante spetti al nostro Paese il

prestigio di esser stato pioniere in materia, di aver plasmato l‟ammirato” Modello

Italia” e seguito almeno fino allo scorso decennio, un percorso in “crescendo” è

necessario sottolineare, senza mezzi termini, che questo complesso sistema oggi

funzioni sempre meno bene.

1.2.2 Frammentazione del corpo normativo

Sin dal primo grido d‟allarme circa il rischio di estinzione dei patrimoni nazionali,

in seguito a processi come la globalizzazione e la post-produttività, si è sollevato il

contagioso intervento di organizzazioni internazionali in materia di salvaguardia

del patrimonio culturale universale. Unione Europea, UNESCO e Stati membri

ispirati anzitutto dal rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, hanno

contribuito alla politiche nazionali spesso incomplete in ragione delle insufficienti

risorse economiche, tecniche e scientifiche. Il richiamo delle comunità

internazionali ad un impegno comune, necessario data l‟esistenza di beni culturali

e naturali il cui inestimabile valore non è ristretto ai singoli confini nazionali,

implica un‟estensione del concetto di patrimonio che in quanto proprietà

mantiene di fatto l‟appartenenza al proprio contesto nazionale e al contempo, in

via di principio utopico, appartiene alla umanità intera. De facto l‟ingerenza diretta

di tali organizzazioni negli affari nazionali non è reale, data la mancanza di una

definizione universalmente riconosciuta di bene culturale, aldilà dei singolo

significato etimologici e linguistici, si è risolta in una inefficiente attività di

patrocinio.

48

Vedi paragrafo 1.1.1

47

Capitolo 2

I CLUSTER CREATIVI

2.1 L‟Atmosfera creativa

“La creatività si esprime nell‟abilità e nell‟attitudine ad intuire in modo immediato

possibili relazioni formali, prima ancora di saperle dimostrare in un orizzonte logico»

J.BRUNER, “La mente a più dimensioni”, Roma, 1988.

Un fenomeno congenito ad ogni grande fase di sviluppo di una società nel tempo

e nello spazio, l‟atmosfera creativa è frutto di un‟intensa circolazione di idee circa

prodotti, stili, espressioni artistiche, bisogni dei consumatori, innovazioni

tecnologiche, modelli di business e ricerca di qualità industriale. L‟atmosfera

creativa è quindi segnale d‟esistenza di una massa critica intellettuale prodotta

dalla combinazione di diversi fattori ed intuita per la prima volta in attente

osservazioni circa cluster creativi territoriali, ovvero le città. Peter Hall, H.Taine e

G.Tornqvist sottolineano tutti e in diverse epoche storiche il fattore di

coagulazione di questi luoghi. Taine lo chiama “l‟artistic milieau”, mentre secondo

Tornqvist ci si riferisce al “cultural mileau” ovvero l‟ambiente creativo manifesto

tramite quattro componenti fondamentali: l‟intenso scambio interpersonale,

l‟accumulazione di conoscenze, l‟acquisizione di competenze, il know-how in

specifiche attività ed infine la capacità creativa degli individui e delle

organizzazioni nell‟utilizzare le tre sopracitate risorse. La preformazione e

l‟addensamento dell‟atmosfera creativa è un processo cumulativo che richiede

tempo a causa della necessità degli attori coinvolti di sviluppare competenze,

conoscenze e propensione alla sperimentazione. Quando il “sistema delle idee”

raggiunge una massa critica, l‟atmosfera creativa diventa operativa e visibile

48

, dacché ogni cultura ha una propria storia evolutiva e su di essa si fondano i

fenomeni di path dependency, 49 condizionati, a loro volta, dalla capacità di

trasmettere alle generazioni successive elevati tassi di creatività sociale. In grado di

autoalimentarsi mediante la produzione di esternalità positive, l‟attrazione dei

talenti esterni al territorio ed ai vantaggi competitivi che offre alle comunità locali,

l‟atmosfera creativa si addensa in una circolazione continua accresciuta da nuove

idee e frequenti relazioni umane. Ciò fino a raggiungere una sostenibilità della

massa critica che, per rimanere nella metafora, si agglomera in forme sociali ed

istituzionali che regolano la vita, la produzione ed il consumo al proprio interno.

Esse possono essere di tipo giuridico, di tipo economico, connesse alla

salvaguardia del patrimonio, alla circolazione di nuove idee, alla innovazione

tecnologica, all‟interesse per il patrimonio immateriale al funzionamento dei

mercati, all‟esito di un percorso artistico-estetico. Sono queste forme che di fatto

accolgono e sviluppano il contributo di nuovi talenti e che rendono visibili i fattori

competitivi di un luogo a livello internazionale. L‟atmosfera creativa è il prodotto

dinamico di relazioni pubblico e priva di attori impegnati in sistemi locali di

produzione culturale interdipendenti da fattori di natura economico-sociale. In

conclusione, non è possibile determinare un‟atmosfera creativa ex-ante, perché

essa dipende dalla combinazione e dalla qualità delle relazioni, delle idee, delle

strutture gestionali, essa si rivela, come in seguito esplicitato, soltanto ex-post,

ovvero quando le energie creative sono diventate proprietà endogena del sistema

post-produttivo. Nondimeno può essere ricercata favorendo lo sviluppo dei suoi

elementi costitutivi, certamente un aspetto importante sono le trasformazioni

sociali in atto e il fattore d‟incertezza, inteso nell‟accezione positiva come

generatore di nuove opportunità e predisposizione alla sperimentazione. Tale

approccio è immanente nel divenire moderno favorisce una innovativa visione di

retaggio culturale.

49

La path-dependence è la concezione secondo la quale («dipendenza dal percorso») piccoli eventi passati, anche se non più rilevanti, possono avere conseguenze significative in tempi successivi, che l’azione economica può modificare in maniera limitata. Tale idea non è circoscritta al campo economico. Fonte Enciclopedia Treccani on-line.

49

2.2 Cambia l‟approccio ed evolve il modello

L‟idea di patrimonio culturale, inteso nella sua visione globale ed integrata a

processi sociali ed economici, è sempre più riconosciuta come fenomeno

realmente condizionante dell‟agire umano contemporaneo. Questo moderno

approccio, è naturalmente frutto di un processo evolutivo di tipo storico, in cui il

concetto antropologico di cultura, patrimonio culturale ed unità che lo

compongono, ovvero i beni culturali, si è evoluto a “passo d‟uomo”. La trattazione

conclusasi nel capitolo precedente, circa il patrimonio culturale ed i suoi principali

attori, è propedeutica alla chiarificazione di un nuovo approccio alla materia, una

innovativa ipotesi secondo cui l‟uomo non può far altro che correre verso il

progresso e portare con se i prodotti materiali ed immateriali del proprio ingegno,

che un giorno saranno essi stessi riconosciuti come medesimo patrimonio. Nodo

dei nostri tempi è quindi il paradosso di un‟eredità futura, occasione in cui la

vitalità delle culture, ovvero la capacità residua di ciascuna di esse di attingere

nuove energie, di affrontare e rinnovare l‟omologazione del presente, finisce per

trasformare gli ostacoli in nuove opportunità. Vera potenza generatrice

dell‟intelletto umano, la creatività.

La creatività è un processo di scoperta che richiede capacità cognitive e ricettive

degli stimoli esterni, intuizione e propensione al “problem solving”, poiché grazie

ad essa si generano nuove idee, processi, tecnologie, prodotti e servizi che

possono trasformarsi in innovazioni, se incontrano bisogni e preferenze dei

fruitori. In questo nuovo approccio, la cultura e la creatività stanno diventando due

fattori fondamentali per comprendere l‟identità e lo sviluppo delle società. In

senso funzionale, esse sono da sempre servite per generare beni e idee che nella

storia hanno prodotto valore simbolico, estetico, economico e sociale, ma solo

negli ultimi anni si è iniziato ad enfatizzarne il ruolo quali fattori intangibili per lo

sviluppo economico e sociale. Da un lato, è cresciuta la consapevolezza del valore

economico generato dalle industrie rivolte alla produzione di beni e servizi

culturali e del loro potenziale in termini di crescita rispetto ad altri settori

50

dell‟economia (Scott, 200050; Howkins, 200151). Dall‟altro, si riconosce come il

capitale culturale e la concentrazione di talenti creativi possa generare nuove

opportunità di sviluppo, dove la crescita economica si coniuga con la qualità

sociale e la produzione di valore culturale (Throsby, 200152; Florida, 2002). Il

panorama impone quindi all‟attenzione, la cultura e la creatività come nuovi fattori

di crescita e sviluppo, per motivi disparati. In primo luogo, è in atto un‟espansione

della sfera culturale nell‟economia, intesa come produzione e consumo di simboli

e significati; nella nuova fase del capitalismo post-fordista, il valore d‟uso e la

funzione dei beni diventa secondario rispetto al loro valore simbolico. Le industrie

e i beni culturali diventano quindi importanti non solo per il loro peso economico,

ma anche per il loro contributo a diffondere il capitale simbolico, l‟immagine di

una comunità. In secondo luogo si procede sempre più verso la considerazione e

lo studio del ruolo della creatività come pre-condizione dell‟innovazione. In altre

parole, cultura e creatività sono due elementi estremamente interconnessi che

pongono l‟uomo al centro della nozione di sviluppo. La creatività serve a produrre

cultura, ma anche la cultura può essere un attivatore sistematico di creatività ed

innovazione, poiché contribuendo ad incrementare la propensione delle persone

ad investire nelle loro capacità e nelle competenze cognitive si concorre

all‟accrescimento del patrimonio culturale universale. Infine, incorporare questi

due fattori in un modello unico significa rispettare la sostenibilità, ossia lavorare

pensando alle generazioni future non solo in termini di infrastrutture e risorse

culturali che saranno loro trasmesse, ma anche in termini di equità e difesa della

diversità culturale. A dispetto dell‟ampia attenzione tesa a queste intangibili

risorse, è difficoltoso provare con modelli teorici e soddisfacenti, l‟evidenza

empirica causa della relazione che intercorre tra cultura e creatività. In letteratura è

possibile identificare due gruppi di studi che hanno provato a misurare l‟impatto

della cultura e delle attività culturali sullo sviluppo locale, il primo è riferito alle

conseguenze delle attività culturali sulla economia mentre il secondo si basa sulla

costruzione di indicatori creativi per misurare l‟outcome della creatività in processi

sociali. L‟economico impatto su studi d‟arte e cultura rappresentano oggi

l‟estensione di un corpo letterario della disciplina economica in corso fino dagli 50

Scott Allen J. (2000), the Cultural Economy of Cities, Sage Publications, London: UK. 51

Howkins, John. 2001. The Creative Economy: How People Make Money from Ideas. London: Allen Lane. 52

Throsby D. 2010The Economics of Cultural Policy, Cambridge University Press, Cambridge.

51

anni Settanta. Utilizzando diverse metodologie si è riusciti a valutare l‟impatto

finanziario generato in un‟area da differenti attività culturali come ad esempio: i

nuovi investimenti in progetti culturali, le attività delle istituzioni culturali, i festival

egli eventi al servizio della valorizzazione del patrimonio. Vi sono quattro criteri

per definire il potenziale sviluppo delle attività culturali: la permanenza, la

partecipazione della popolazione locale in aggiunta ai turisti, l‟interrelazione tra

differenti attività culturali ed infine la capacità del territorio di produrre benefici e

servizi. Questa ultima condizione suggerisce che gli effetti delle attività culturali

sono migliori in territori con ampi spazi e una maggiore densità di popolazione.

2.3 Dal Distretto Culturale al Cluster Creativo

Nuove forme d‟approccio alla disciplina, quelle trattate nel precedente paragrafo,

che non potrebbero sussistere senza la fondamentale presenza della comunità. Il

verificarsi di una evoluzione filosofia e performativa del modello di cultural

heritage, presuppone un insieme di individui profondamente radicati nel loro

contesto territoriale, nei confronti del quale hanno maturato senso di

appartenenza ed identificazione. Aspetti convenzionalmente considerati “capitale

marshalliano” dall‟economista Alfred Marshall padre del modello distrettualistico

industriale53, punto di partenza per la definizione del distretto culturale. Il capitale

sociale e umano fondamentali alla sussistenza del distretto, sia esso industriale o

culturale, contribuiscono a creare nuovo capitale, non solo economico, assumendo

la capacità di autogovernarsi e di evolvere autonomamente, il tutto grazie alle

relazioni di fiducia e collaborazione che vengono ad instaurarsi tra gli individui. ll

distretto culturale è in sintesi un modello ricavato da organizzazioni industriali ed

applicato, nelle ultime decadi, al management dei beni culturali, naturalmente non

53

La teoria di distretto industriale esposta nelle sue opere The Economics of Industry (1879) e Principles of Economics (1890) delinea le caratteristiche fondamentali di tale modello, sostenendo che i vantaggi della produzione a larga scala possono essere conseguiti sia raggruppando in uno stesso distretto un gran numero di piccoli produttori, sia costruendo poche grandi imprese.

52

è possibile ridurre il distretto culturale ad un logico passaggio semantico, poiché il

carattere distintivo del distretto industriale è la creazione del valore economico,

mentre nell'altro caso è la cultura il fondamento del processo. Geneticamente

definibile come una rete di relazioni tra organizzazioni pubblico-private che

concentrate in un area geografica fondano la propria collaborazione su

connessioni storiche, culturali e socio-economiche. I contributi teorici che hanno

concorso alla evoluzione del concetto di distretto culturale sono molteplici, ad

esempio i sistemi ibridi e trasversali esemplificati da Valentino (2003)54, cosi come i

distretti Museali ed Istituzionali calati nella realtà Italiana da Santagata (2002)55 ed

i modelli dinamici basati sul processo di “distrettualizzazione” della Lazzeretti

(2009) 56 . Nonostante la vasta letteratura a riguardo alimenti complessità, è

possibile implementare aspetti differenti ma comuni, al fine di comprendere il più

possibile a tout-court l‟argomento. In primo luogo il distretto culturale è un

sistema indissolubilmente legato al territorio, che necessità soprattutto in Italia, di

una maggiore flessibilità, tale da poter superare i semplici concetti di

conservazione e fruizione del patrimonio. Luogo d‟integrazione tra processi di

valorizzazione culturale, sia essa materiale che immateriale, infrastrutture e settori

produttivi, il cui obiettivo è quello di rendere più efficiente ed efficace la

produzione di una cultura basata sulla conoscenza. Fattori necessari al palesarsi di

un distretto culturale sono: l‟esistenza di una base imprenditoriale sensibile alla

valorizzazione culturale, un crescente orientamento all‟innovazione, la conoscenza

del proprio patrimonio ed infine la capacità di creare network di realtà culturali

territoriali. Questo modello di sviluppo deve essere necessariamente supportato

da strategie gestionali che interessino più stakeholder57 come ad esempio: le

istituzioni, le forze politiche, quelle imprenditoriali e sociali, al fine di giungere ad

una “massa critica” che consenta ai medesimi di identificarsi con i luoghi in cui si

insediano e di attrarre maggior pubblico, con conseguenti ricadute positive sulla

54

Valentino P., Le trame del territorio, Politiche di sviluppo dei sistemi territoriali e distretti culturali, Sperling & Kupfer, Milano, 2003. 55

Santagata S., I distretti culturali museali. Le collezioni sabaude di Torino, Ebla Center Wp, n. 8, Torino, 2002. 56

Lazzeretti L., (2009), “The creative capacity of culture and the New Creative Milieu”, forthcoming in Becattini G., Bellandi M, De Propris L. (eds), The Handbook of Industrial Districts, Cheltenham (UK), Edward Elgar. 57

Il termine stakeholder significa letteralmente “portatore d’interesse e individua in tutti i soggetti o categorie che sono nella posizione di rivendicare un diritto nei confronti di dato, in quanto hanno un interesse rilevante in gioco alla conduzione di quest’ultimo. .

53

economia reale. Indefinitiva, il distretto culturale è legato in simbiosi ad un luogo,

abitato da una comunità in cui il sistema d‟informazione favorisce la

trasformazione della creatività in cultura e quest‟ultima in prodotti e servizi aventi

valore economico e sociale. Il crescente interesse di teorie economiche nei

confronti di fattori quali la cultura e la creatività, hanno favorito il passaggio dal

modello di Distretto Culturale e quello di Cluster Creativo.

2.3.1 Il Distretto culturale evoluto. Un Cluster Creativo per i beni

culturali

La cultura, come ribadito più volte in precedenza, si propone come privilegiata

artefice dell‟innovazione, tale è il frutto di un ampliamento della competenze

concernenti la disciplina del patrimonio culturale. Quest‟ultima non è più intesa

solo come quell‟insieme di politiche di salvaguardia dedicate a “cose d‟interesse

storico artistico”, al “paesaggio”, oppure a “qualsiasi prodotto dell‟ingegno umano

con carattere di eccezionalità (..)”. Un‟accezione estemporanea e più ampia

considera la cultura al pari di aspetti intangibili come: la libertà, la tolleranza, la

creatività dell‟individuo e la qualità della vita, quali fattori realmente concorrenti

allo sviluppo delle economie post-industriali di alcuni Paesi. Invero, gli aspetti

tangibili della cultura non sono i soli a concorrere allo sviluppo economico e

sociale della comunità, sono tali le supposizioni che hanno traghettato l‟ultimo

step evolutivo del distretto culturale ovvero il Distretto Culturale Evoluto, verso la

teorizzazione del Cluster Creativo. Parimenti a ciò che accadde con la teorizzazione

del distretto culturale, scaturito dal concetto di distretto industriale operato

dall‟economista Marshall, il modello di cluster culturale scaturisce da osservazioni

di tipo macro-economiche. Difatti la letteratura recente sottolinea che la tipologia

di Distretto Culturale Evoluto è declinabile in tre visioni di sviluppo:

Il livello della qualità della vita, la serendipity, fattore strettamente dipeso

dalla localizzazione di talent-worker in cluster, membri della creative class

teorizzata da Richard Florida.

54

L‟orientamento all‟innovazione, la competitività, intesa dall‟economista

M.Poter sia come elemento abilitante della crescita economica di un Paese

che come attivatore del miglioramento dello standard di vita sociale.

La capacitazione motivazionale, ovvero la liberta di realizzare la sostanziale

scelta del “cosa fare e chi essere”, intesa dall‟economista Indiano Amartya

Sen come motore dello sviluppo di un Paese, poiché quest‟ultimo è

direttamente proporzionale alla espansione delle libertà reali di cui godono

i cittadini.

Il primo canale d‟articolazione del distretto culturale evoluto, ha subito negli ultimi

decenni un‟interessante approfondimento, che solo recentemente ha condotto alla

teorizzazione del Cluster Creativo per i beni culturali. Il termine d‟origine inglese

cluster klḁ′stë <s. ingl. (propr. «grappolo»; pl. clusters ‹klḁ′stë∫> 58 , significa

grappolo, ammasso, gruppo. In diversi settori, come ad esempio quello scientifico

o informatico, per clusters si intendono agglomerati di unità vicine per posizione o

composizione. In materia economica si chiamano clusters quei agglomerati di

persone, clienti o imprese segmentati in relazione ad un criterio. L‟economista

statunitense Richard Florida ne parla per la prima volta, innescando non pochi e

accesi dibattiti, riferendosi ad una innovativa costante economica della cluster

analysis: la creatività. In particolari casi di patrimonio culturale come quello del

Modello Italia, la letteratura ha cercato di calare nel dato reale la trattazione

teorica con conseguente parcellazione e costruzione ad hoc di modelli di distretti

culturali. Contrariamente a ciò, il C.C. non è settoriale e predilige un approccio

antropologico rispetto al fenomeno, trova e stabilisce relazioni inattese tra

ambienti e fenomeni apparentemente distinti, abilità influenzata positivamente

della prossimità geografica o cognitiva delle unità che lo compongono. Si

verificano processi di cross-fertilisation tra diverse abilità professionali all‟interno

del medesimo cluster, relazioni che trovano nel network moderno una

opportunità, talora inaspettata, di contaminazione tra differenti competenze dal

punto di vista produttivo e sociale. Tre macro fattori guidano il processo di auto-

determinazione del fenomeno: 1) Esercitare attrazione verso l‟esterno. 2) Produrre

innovazione. 3) Rio-rientare il livello di attenzione degli individui verso attività ad

58

VOCALOBARIO TRECANI ONLINE.

55

alto contenuto esperienziale, che permettano una strutturazione della personalità

individuale e collettiva. Il capitale umano ricopre, quindi, un ruolo fondamentale

nella determinazione del Cluster Creativo, poiche le congetture e le conseguenti

attività sono dirette ad un incremento del reddito quanto al miglioramento della

qualità della vita. Quel che fu ostacolo all‟evoluzione del distretto culturale, ovvero

la diversità, si propone come elemento cardine per l‟avvento della competitività e

quindi della crescita del Cluster Creativo. Quest‟ultimo ambisce a superare i confini

generati dalla semplice attenzione alla fruizione del patrimonio culturale, ed

intende muoversi verso uno sviluppo complessivo in grado di combinare

management integrato con aspetti produttivi e di innovazione. La diversità, in tal

senso, viene recepita con le sue applicazioni- cambiamento ed assunzione del

rischio- come attivatore di processi basati su tolleranza e apertura, tradotti in

trasparenza, equità e partecipazione, affiche l‟avversità si trasformi in risorsa.

Nell‟ambiente del C.C. la connessione tra diversità, creatività e sviluppo, opinione

attualmente supportata da studi teorici ed empirici, accresce la capacità di creare

network relazionali, di incrementare il capitale culturale e favorire competenze bi-

culturali. Tutti aspetti peculiari, quelli sopracitati, di una classe sociale ovvero la

Creative Classe ipotizzata da Richard Florida.

2.3.2 Richard Florida e la Creative Class.

In questa era di grandi trasformazioni il be creative è sempre più una prerogativa

necessaria, un aspetto cardine dell‟agire umano posto al servizio di svariati campi

quali ad esempio: l‟economia, la scienza, la tecnica, l‟educazione e l‟arte. Inteso

come propulsore d‟idee, input per l‟innovazione, motivo di crescita economica e

culturale, il fattore creativo, concorre ad una significazione univoca in cui gli

aspetti tangibili e intangibili che lo caratterizzano contribuiscono realmente al

miglioramento della vita individuale e sociale. Una caratterizzazione analitica,

questa, di difficile trattazione che sempre più spesso cede alla sterile retorica.

Nonostante ciò, nell‟ultimo decennio la creatività è sempre più oggetto d‟interesse

56

di ambiti come le industrie creative, l‟economia creativa e la creative class,

contribuendo così ad alimentare letteratura di genere, articoli accademici, dibattiti

tra organizzazioni internazionali ed agende politico-istituzionali. Considerata per

la prima volta da discipline tecniche come fattore realmente concorrente al

processo evolutivo, si è recentemente declinata in due distinti modelli: la creatività

per l‟innovazione e la creatività per la qualità sociale. Il primo modello considera la

creatività in relazione alla sua capacità di generare innovazione, quale spinta per la

produzione di cultura che trova la sua applicazione più naturale nei mercati, nel

business e nella commercializzazione di prodotti e servizi ad alto contenuto

intellettuale. Il secondo modello, al contrario, considera la creatività per la qualità

sociale che ha un riscontro sul piano del vivere individuale e comunitario tramite

gli effetti che le manifestazioni culturali hanno sulla vita reale. Questi modelli

tendono ad escludersi vicendevolmente, generando: impatti economici;

innovazione di prodotti e processi, impatti sociali; rafforzamento dell‟identità

comunitaria e del capitale socio-culturale; impatti simbolici, rafforzamento

dell‟immagine e dell‟attrazione internazionale del territorio. Diversamente

dall‟approccio tecnico economico, la letteratura della creatività indica,

recentemente, che non è facile stabilire la relazione la creatività e l‟impatto reale

che questa ha sullo sviluppo economico e socio-culturale di un Paese. Gli

indicatori di creatività rischiano di misurare un fenomeno in assenza di robuste

teorie, che necessariamente devono essere chiarite prima di procedere verso un

emergere dinamico della materia di studio. Un primo esempio della una chiave di

lettura empirica ed un usufrutto di aspetti intangibili come le idee, le relazioni ed i

fenomeni sociali, per la trattazione di argomentazioni tecnico-scientifiche sono gli

studi di Richard Florida.

Nel 2002 l‟economista Statunitense, Richard Florida, pubblica The Rise of Creative

Class, un‟opera sperimentale che guarda alla creatività come ad fattore di sviluppo

altamente concorrente alla crescita economica, oltre che sociale e culturale, di una

nazione. Innovazione, conoscenza ed informazione sono gli strumenti che la

creatività utilizza per donare valore aggiunto al business, creando di conseguenza

un fenomeno detto economia creativa, medesimo frutto di un processo sociale

verificatosi in Paesi di capitalismo avanzato, ovvero l‟ascesa della creative class. Un

processo multidimensionale e sperimentale, quello della economia creativa,

57

favorito da menti che si sono arricchite con esperienze e stimoli diversi, che sono

vicine al multiculturalismo e alla trasversalità linguistica, culturale e sociale

contemporanea. Una teoria scaturita dalla osservazione dello human behavoir

creativo, visibile secondo Florida ad ogni passaggio epocale della storia umana,

poiché proprio quest‟ultimo è determinato dalla capacità creativa dell‟individuo

che non sintetizza ma sovverte il tradizionale processo della gestalt. Gli individui

capaci di ciò sono membri della Creative Class, una classe sociale in grado di

manipolare idee e simboli, caratterizzata da individui “independent-minded”

capaci di creare “meaningful new forms”, scambiando volentieri la sicurezza dei

vecchi modi di lavorare e produrre per la “self-expression”. In passato fu teorizzata

da altri, con denominazioni differenti e caratteristiche piuttosto affini, ovvero

Robert Reich e la “symbolic analysts”, Fuessel e gli “X people”, entrambe

inevitabilmente associabili alla “X Generation” dello scrittore Douglas Coupland. A

seconda del processo creativo posto alla base dell‟loro agire è possibile dividere

tale classe sociale in due macro gruppi:

Il nucleo super-creativo: Sono essi figure del mondo culturale capaci di

lavorare ad un livello creativo superiore, caratterizzato dalla produzione di

nuove forme o soluzioni facilmente riproducibili e largamente utilizzate.

I professionisti creativi: Sono essi personalità ad alto impiego di

conoscenza, chiamati a produrre soluzioni nuove con approcci classici, a

perfezionare tecniche esistenti o realizzarne di autonome.

Le analisi di Florida circa il grado di creatività calcolato per ogni regione

geografica Statunitense, ebbero inizio negli anni Duemila con l‟individuazione

della classe creativa e la misurazione dell‟indice del capitale creativo. Confutando

la tesi della New Economy che annunciava “la morte della geografia”, l‟autore

rivendica l‟importanza dell‟luogo geografico e in particolare della città, scelto dalla

classe sociale creativa come spazio organizzato fondamentale per l‟avvento del

clustering culturale. La scelta di un determinato luogo geografico, da parte di tale

classe sociale, non è determinato dalla offerta di servizi o infrastrutture, bensì

dall‟alta qualità delle esperienze e delle opportunità realmente concorrenti alla

58

crescita culturale individuale e collettiva. Florida quindi procede con la

realizzazione di un modello statistico, in cui si propone di validare il rapporto tra la

creative class e un determinato luogo geografico tramite tre valori chiamati

ThreeTs ovvero: Tecnologia, Tolleranza e Talento. S‟intende per Tecnologia l‟alto

tasso d‟imprese hi-tech, di brevetti robotici, software prodotti ed investimenti

destinati alla ricerca; per Talento, invece, s‟intende la presenza di un numero

elevato di persone con un livello d‟istruzione alto ed infine per Tolleranza ovvero

la capacità di una società d essere cosmopolita, aperta e tollerante verso le

minoranze. Entrambi, ovvero Il contesto urbano e la classe creativa sono in

possesso di questi tre fattori, ognuno dei quali è necessario all‟altro ed

insufficiente nella propria singolarità. Le TheerTs sono valori utilizzati per la prima

volta come indice statistico da Florida, ma già in passato furono oggetto

d‟interesse di altri esperti come ad esempio il reporter Pascal Zaghary del Wall

Street Journal e del Global Me in cui suppose che l‟immigrazione e l‟aspetto

cosmopolita della società Statunitense fossero i principali motivi della crescita

economica del Paese, mentre ,nell‟lontano 1990, l‟Istituto Gary Gates ed alcuni

economisti come Dan Black e Lowell Taylor identificarono nella presenza di

individui con un orientamento sessuale differente un vantaggio per la crescita

cultura ed economica di alcune città. Nel momento in cui la teorizzazione di

Florida diveniva sempre più concreta, cresceva la curiosità e la necessità di

espandere tale approccio analitico a realtà differenti da quella Statunitense.

Evitando termini di paragone e concentrandosi sempre più sulla localizzazione del

clustering creativo, Florida realizza lavori come Europe in Creative Age, in cui si

confrontano 14 Paesi del Vecchio Continente e The Global Creativity index,

un‟analisi che coinvolge 45 Paesi di tutto il mondo e che viene presentata nel

nuovo libro dell‟economista, The Flight of Creative Class. In questo ultimo lavoro,

l‟autore e la sua equipe di esperti comparano i valori delle ThreeTs con il GCI

(Global Creativity Index), stabilendo non solo che quest‟ultimo dato è utile alla

misurazione della competitività economia globale ma che grazie ad esso è

possibile misurare l‟indice di soddisfazione della popolazione, ovvero la felicità. La

teoria della economia creativa muove un‟ulteriore passo avanti, Richard Florida

dimostra con indici e calcoli statistici non solo che la crescita economica di un

Paese dipende è sono direttamente proporzionale all‟alto livello di Serendipity tra

59

la popolazione ma che entrambi questi fattori sono determinati dalla capacità

creativa di individui coagulati in una nuova classe sociale, la creative class. In

conclusione Florida afferma che in qualsiasi ambito organizzato attorno ad una

progettualità culturale, le persone nate all‟interno di un contesto post-produttivo

tenderanno a mettere in discussione sistemi di attribuzione del valore, ad operare

un sovvertimento intellettuale facendo così emergere delle problematiche che

verranno affrontate con strumenti concettuali nuovi.

2.3.3 Il Crowdfunding per i beni culturali

Il fenomeno del Cluster Creativo, come precedentemente affermato, deve al

capitale umano la principale ragion d‟essere. Nonostante risulti un accadimento

contemporaneo, in divenire e analizzabile solo ex-post, è possibile individuare lo

strumento, messo in campo dalla classe creativa per il compimento del Cluster

Creativo. Il progresso della tecnologia Web 2.0, ha rappresentato un terreno

fertile per la nascita del Crowdfunding, termine, che letteralmente indica

“finanziamento dalla folla”, definendo lo sforzo comune di un gruppo di

individui, facenti parte di una comunità virtuale, di sostenere e rendere

realizzabili, con piccoli ma preziosi contributi, progetti e/o iniziative di persone e

di organizzazioni. Laddove il concetto di colletta non è di certo nuovo, ciò che

rende il Crowdfunding una vera innovazione è la sua ineguagliabile forza di

aggregare, non solo idee, ma soprattutto persone. Dunque, il crowdfunding non

è esclusivamente una raccolta fondi, sottende forti implicazioni sociali e

antropologiche che si sviluppano on-line, trovando esplicazioni in una serie di

processi che potrebbero innovare il modo stesso in cui classicamente intendiamo

la relazione tra ideazioni, produzione e consumo. S‟inserisce allorquando i

tradizionali sistemi di finanziamento e gestione del patrimonio culturale non

sono più in grado di accogliere o recepire il valore di un‟iniziativa, ponendosi

come effettiva modalità di raccolta di capitali preziosi e partecipazione della

collettività.

60

La folla (crowd) è l‟anima del processo di Crowdfunding come del Cluster

Creativo, un‟aggregazione spontanea di individui, normalmente su piattaforme on-

line dedicate, che si identifica in un‟iniziativa o in un progetto, o semplicemente ne

sposa la filosofia, decidendo di contribuire alla realizzazione dello stesso.

Applicazioni interattive, piattaforme di condivisione dei media e social media sono

gli habitat naturali della folla, luoghi virtuali dove i processi di aggregazione di

idee e di fondi si realizzano in tempo reale, permettendo un scambio diretto ed

immediato di contenuti ed informazioni relativo a progetti, attività commerciali,

eventi sociali e culturali. Pertanto il fenomeno del crowdfunding ha guadagnato

nel tempo un luogo virtuale dedicato, le piattaforme, ove chiunque, persona fisica

o associazione, può presentare la propria iniziativa. Le piattaforme di

crowdfunding sono siti web che facilitano l‟incontro tra la domanda di

finanziamenti da parte di chi promuove dei progetti e l‟offerta di denaro da parte

degli utenti. In tali siti ogni iniziativa è presentata con un format descrittivo degli

scopi, dei temi di raccolta, delle eventuali ricompense e del relativo budget. Ogni

proponente può pubblicare la propria idea, arricchendo la stessa di contenuti

multimediali quali immagini, video o “pitch” di presentazione del team.

La pratica del crowdfunding e le sue evoluzioni costanti hanno portato

all‟individuazione, generalmente accettata, di quattro categorie di modelli :

Donation-based: Nel modello Donation-based le iniziative proposte fanno

riferimento soprattutto al terzo settore, organizzazioni no-profit, enti a

scopo sociale e associazioni, che si rivolgono alla massa affinché questa

aderisca e contribuisca ad una causa sociale o etica. Il donatore in tal caso è

spinto sostanzialmente da un movente caritatevole, egli non ottiene nessun

vantaggio economico dal finanziamento dalla causa.

Reward-based: La formula del reward crowdfunding è largamente utilizzata

grazie alla sua capacità di remunerare, seppure simbolicamente, i

crowdfunders senza disperdere risorse utili al progetto. Le ricompense non

61

sono mai costituite da somme di danaro, ciò nonostante suscitano nella

folla un interesse notevole grazie al valore che la stessa attribuisce a piccoli

gesti di ringraziamento quali mail, citazioni personali e Vip ticket.

Lending-based: Il lending crowdfunding è un modello attraverso il quale si

realizza il prestito tra privati, senza dunque il ricorso ad intermediari

specializzati. Le piattaforme di tipo lending pongono in contatto coloro che

hanno necessità di raccogliere denaro con coloro che sono potenzialmente

interessati a prestarlo.

Equity-based: Il modello equity rappresenta sicuramente la più recente

evoluzione della pratica del crowdfunding, nonché quella maggiormente

discussa, in quanto eleva il finanziamento della folla a modalità di acquisto

di quote di capitale sociale in start-up. Attraverso le piattaforme equity,

progetti ad alto valore innovativo e contraddistinti da buone capacità di

crescita possono accedere ad un mercato parallelo per la raccolta di

capitale. Si tratta del modello di crowdfunding maggiormente strutturato,

soprattutto rispetto alle relazione intercorrenti tra gli attori. Quest‟ultimi,

infatti, non si configurano più come semplici sostenitori che liberamente

scelgono di ricorrere al finanziamento della folla, ma si assiste alla

qualificazione di soggetti privati come investitori. Indubbia, quindi, è la

necessità di opportune normative e regolamentazioni che disciplinino

compiutamente il fenomeno, normative che in Italia non sono tardate ad

arrivare.

62

Capitolo 3

OGGETTO DI STUDIO E PROGETTO CROWDFUNDING

3.1 Chiesa della Congregazione ”Immacolata Concezione”, sita nella città di Maddaloni (CE).

Nel corso dei secoli la città di Maddaloni è stata luogo geo-politico strategico,

rilevante crocevia economiche e florido bacino culturale la cui dedizione al culto

religioso è radica in profondità. Non a caso la cittadina presenta un gran numero

di Chiese, congreghe e confraternite a testimonianza del legame popolare con il

sacro. Le confraternite nacquero come associazioni laiche dedicate al bene

comune e al fine di fornire assistenza spirituale e materiale alle persone poste ai

margini della società. Laiche perché i membri di tali libere associazioni non

prendevano voti e non vivevano in comunità, e non adempivano ai sacramenti.

Stabilire con esattezza quali sono le origini delle confraternite, non è semplice,

possiamo però rintracciarne primordiali esempi all‟interno delle prime comunità

cristiane vicine al culto di Cristo e della dottrina evangelica. Bisogna attendere il

Medioevo, per incontrare gruppi di persone propriamente detti confraternite, cosi

come lo intendiamo noi oggi. Nel corso dei sec. XI e XII impellente fu il bisogno

della popolazione di riunirsi in gruppi di aiuto sociale, perché eventi come

epidemie, guerre carestie colpivano insistentemente la popolazione, soprattutto

quella più indigente. Le origini storiche, dunque, illustrano i compiti annoverati da

queste aggregazioni che inizialmente si limitavano all‟ assistenza spirituale e al

suffragio per le anime dei defunti appartenenti a famiglie povere. Col tempo poi

questi gruppi cominciarono ad occuparsi anche di compiti più “terreni”, come

63

l‟assistenza ai ammalati, alle fanciulle in età di matrimonio e ai condannati;

naturalmente queste ultime iniziative necessitavano di un sostegno economico

che si ricavavano dalle offerte dei devoti, dai lasciti testamentari ottenuti dai

defunti e dai redditi sui beni immobili di proprietà.

L‟impegno di queste associazioni divenne gradualmente un sostegno reale per la

popolazione locale contribuendo ad attenuare il divario sociale, ciò accrebbe il

numero di fedeli sino alla sostanziale trasformazione di tali associazioni in

Congreghe. Le Congreghe ottennero, in accordo con gli organi ecclesiastici, sedi in

cui incontrarsi, celebrare gli uffici, pregare e fare orazioni. Solitamente questi

luoghi erano le Cappelle locate nelle principali Chiese della città, ognuna di esse

era dedicata ad un Santo o un Sacramento “guida” della Confraternita. Nella città

di Maddaloni la maggior parte delle Confraternite sono dedicate alla Madonna,

culto fortemente radicato nella tradizione popolare di queste terre, nelle diverse

denominazioni come: la Madonna del Soccorso, del Carmine, del Rosario e della

Immacolata Concezione. Altre sono dedicate ai Santi come S.Giovanni o

L‟Arcangelo S.Michele, patrono della città, oppure sono offerte al SS. Sacramento e

alla Carità. Ogni congrega aveva uno statuto ed un organo collegiale, in esso i

rapporti di supremazia e subordinazione erano regolati da un ben precisa

gerarchia con al vertice il Priore rappresentante di tutta la Confraternita, i

Consiglieri che rivestivano ruoli differenti come l‟Economo, il Cassiere o l‟addetto

alla cura degli infermi e così via. Tale organizzazione gerarchica permetteva un

buon funzionamento dell‟organico, che per la guida spirituale si affidava ad un

sacerdote, che però non interferiva nella gestione materiale della confraternita. Le

regole ferree stabilite e seguite dai membri non erano uguali per tutte le

confraternite, perché ognuna di esse viveva in autonomia e svolgeva un„ attività

differente. Nonostante ciò vi erano dei compiti asseriti da tutte le congreghe

cittadine come ad esempio presenziare alle manifestazione pubbliche, come le

processioni che in antichi tempi venivano fatte per placare “l‟Ira di Dio” oppure

ravvivare il sentire comune nei confronti del culto sacro. Durante questi eventi la

posizione assegnata a ciascuna confraternita ne determinava il prestigio,

l‟importanza che rivestivano per la comunità e i meriti acquisiti nel corso del

tempo. La celebrazione e la necessità di distinguere una confraternita dall‟altra,

soprattutto durante gli eventi pubblici, passavano attraverso l‟abito indossata dai

64

membri dell‟ordine di fratellanza. Per eliminare differenze di qualsiasi tipo, i

membri indossavano un cappuccio che copriva il volto, mentre anonimato e umiltà

erano rappresentati dall‟indosso del saio. Sin dai tempi antichi questo indumento

era realizzato con sacchi di juta ricoperti con uno strato di calce, che garantiva

un‟azione disinfettante permettendo così ai confratelli di assistere i malati,

specialmente durante le epidemie. Lo scorrere del tempo non fece che donare

lustro alle confraternite e senso di appartenenza ad un gruppo, entrambe le cose

passarono attraverso una miglioria dell‟abito indossato dagli ordini religiosi. Fu

così che al saio, realizzato il tessuto rozzo e di scarso valore, si sostituì con la

cappa o sacco, indumento ispirato alla veste indossata da Cristo durante i

momenti della Passione. Questo indumento benedetto e donato al confratello

durante la vestizione, momento che sanciva l‟entrata del nuovo membro

nell‟ordine di fratellanza, era uguale per tutti e d‟uso esclusivamente personale sia

in vita che in morte. Infatti la cappa era indossata dai membri delle confraternite

durante le celebrazioni liturgiche, le manifestazioni di pietà popolare come le

processioni e i pellegrinaggi ma soprattutto nell‟ultimo saluto alla vita. Il cambio

d‟abito comportò l‟aggiunta di accessori come: il copricapo, la mantellina, il

cordone e lo stemma distintivo di ogni confraternita. L‟abbigliamento aveva una

funzione pratica e distintiva, di fatti, il cordone cingeva la vita mentre il copricapo

era segno d‟umiltà e garante dell‟anonimato. La mantellina e la sua cromia erano

rappresentanza dei valori su cui si fondava la confraternita, ad esempio il colore

rosso simbolo del sangue di Cristo e della Passione, l‟azzurro colore della Vergine

Maria simbolo celeste, il nero colore della terra, il verde o il bianco simboli di

speranza e rinascita. Infine il “signum”, stemma e il sigillo dell‟ordine religioso

solitamente apposto sul cuore, raffigurava le effige del Santo o del Mistero a cui

era dedicata la Confraternita. Soleva avere la forma di medaglione o di croce, ed

era segno di prestigio per membri che la indossavano e la popolazione che

identificava l‟appartenenza ad una càsàtìà o casaccia.59

59

Antico modo in uso nell’linguaggio parlato locale, per intendere Congregazioni o Confraternite.

65

3.1.1 La Congrega della Immacolata Concezione.

La storia di questo monumento, La Chiesa della Concezione, e dei suoi custodi, i

confratelli della Congrega della Immacolata Concezione, ha radici profonde ed

antiche che corrono lungo secoli addietro ed arrivano fino al periodo delle lotte

reali che si consumarono in Italia Meridionale nel primo trentennio del 1300, tra

Gli Angioini e gli Aragonesi. Il definitivo insediamento a Napoli, della reale casata

Aragonese influì sulla situazione politica e culturale della Terra di Lavoro60, in

particolare del feudo di Maddaloni donato da Alfonso d‟Aragona alla famiglia

Carafa che nel 1465.

Iniziò così una dinastia che e guidò per circa trecentocinquanta anni la

popolazione di questi luoghi; la città di Maddaloni era già un centro

dall‟importanza strategica soprattutto grazie alla posizione geografica ”a controllo

della viabilità che attraverso le valli Caudina e Telesina conducevano fino in Puglia

e Molise”61; ma con l‟insediamento dei Carafa beneficiò di una re-configurazione

dei luoghi e degli interessi politico-economici che contribuirono soprattutto ad

innalzare il livello qualitativo culturale. I Carafa, divenuti prima Conti e poi Duchi di

Maddaloni con il diploma reale del 6 Aprile 1558, erano legati alla Chiesa di Roma

tanto da avere nella loro stirpe un Papa, Pio IV, Cardinali, Vescovi oltre che religiosi

e valenti condottieri. Il primo conte Diomede, economista di prestigio e rilevante

personaggio politico della corte Reale sommo i suoi precedenti feudi a quello

Maddalonese tra il 1465 e il 148362 , si impegno nell‟accogliere nuovi ordini

religiosi come ad esempio quello dei Carmelitani nella Chiesa della SS. Annunziata

(7 Aprile 1498) e a rivitalizzare culti religiosi dismessi come ad quello di S. Barbara.

Nella prima metà del Quattrocento si diedero inizio ai lavori per la costruzione del

palazzo feudatario a confine tra i due antichi borghi cittadini La Pescaria e

l‟Oliveto. Notizie circa il palazzo e gli interventi architettonici, le dependance, i

giardini, i lavori a pavimentazione e la costruzione di una fontana nel 1558 ci sono

pervenuti solo attraverso documenti 63 , dato che i successivi interventi di

60

P.VUOLO, “Maddaloni nella Storia di Terra di Lavoro”, Maddaloni, 2005 61

R.Carafa, “Gli interventi nel centro urbano (..)” cit. pg49. 62

IDEM, pg50(Formicola, Pontelatone, Sasso, Guardia Sanframonti, S. Lorenzo, Cerreto, Pietrastornina, Massalubrense, Vico Equense). 63

L.GIORGI, Caserta e gli Acquaviva-Storia di una Corte dal 1509 al 1634, Caserta2004,” Quaderni storici della città di Caserta”, p.28.

66

soppressione feudale avvenuti nel 1806 cancellarono definitivamente quasi tutto.

Unica testimonianza pervenutaci è il “palazzotto”, una dependance dallo stile

architettonico civile tardo cinquecentesco ricco, sulla volta a padiglione, di

affreschi e decorazioni a stucco di gusto manierista64. Lo spirito paternalista fu una

costante di questa dinastia durante tutta il periodo di reggenza, ma è soprattutto

durante il sec. XV, epoca storica in cui anche nel resto d‟Italia le grandi famiglie

patrizie si impegnavano nell‟ abbellimento delle città, che investì le strade della

città di Maddaloni. In questo medesimo periodo i lasciti testamentari, le donazioni

ed il crescente peso politico della Ecclesia incrementarono a dismisura le

committenze d‟arte. Maestranze territoriali e non furono chiamate a decorare le

strade cittadine, le chiese ed palazzi nobiliari quale pubblica glorificazione di una

potenza privata.

Alle soglie dell‟età contemporanea il ceto gentilizio e quello ecclesiastico,

emergenti classi sociali legate da interessi economici e culturali, stipularono un

tacito accordo creando in ogni chiesa Maddalonese un “capitolo di donazione”

ovvero somme ingenti di denaro perlopiù impegnate in prestito, spesso secondo

criteri di favoritismo e future opportunità. Al proposito di arginare tale

speculazione su capitoli ecclesiastici sfuggiti all‟amministrazione statale, tra il 1769

e il 1771, fu emessa una serie di dispacci che vanno sotto il nome di legge”

dell‟Ammortazione”; con lo scopo di impedire l‟accumulo di nuovi capitali

ecclesiastici apparentemente amministrati dalle chiese ma in effetti gestiti dalle

famiglie gentilizie. Sigillo di questi contratti non furono solo” i monti di

beneficenza” ma anche blasoni, nuovi portali, pozzi, balconi6 e le edicole ancora

oggi visibili sulle mura esterne di antichi palazzi cittadini. Questi interventi sono le

ultime testimonianze della tradizione Maddalonese della lavorazione artigianale

della creta e della maiolica, viva e radicata sul tettorio da tempi interminati, ma

certamente alimentata nel sec. XIII. La fama dei cretaioli “delli Pignatari”65 giunse

all‟orecchio di Carlo III, tanto da far associare queste maestranze locali alla Real

Fabbrica S. Carlo di Caserta ed impiegarle nella costruzione della Reggia.

Nonostante ciò gli artigiani locali non riuscirono mai ad organizzarsi in

64

G.SARNELLA PALMESE, La pittura manierista a Maddaloni, horatio de carluccio –pompeo landolfo pittore, Maddaloni 1998, pp. 8-9. 65

A.M.ANDREUCCI, Caratteristiche tipologiche ed architettoniche di Maddaloni, in: Maddaloni, il centro storico...cit., pp.49-59.

67

corporazioni, cosi nel sec. VIII mentre l‟agricoltura diventava a Maddaloni l‟attività

principale le botteghe d‟arte cadevano in crisi antiche le forme artigianali

intraprendevano la lunga strada dell‟estinzione. Gli eventi storico-politici del

tempo si intrecciarono, come di consuetudine, con quelli di matrice artistico-

culturale. Nei primi anni del sec. XVII il feudo Maddalonese governato dalla

famiglia Carafa fu scosso da eventi sismici devastanti, dopo l‟ultimo verificatosi nel

173266 cominciò una riorganizzazione urbana ed architettonica dell‟intera città. Il

vivace rinnovamento impregnò il programma stilistico di stucchi, opere

pittoriche67, sculture e manufatti d‟artigianato locale votato all‟ unisono ad un

nuovo senso armonico. Furono rigenerati i complessi conventuali più rilevanti

come quello francescano e domenicano, entrambi risalenti al secolo Cinquecento,

ed impreziosite con nuovi interventi artistici alcune delle più importanti chiese

cittadine come ad esempio quella della SS. Annunziata. Le cinque antiche

“Congreghe Laiche” costruiscono e si trasferiscono nelle loro sedi autonome,

parliamo delle chiese: di S.M dei Raccomandatis, Della Concezione, Del Soccorso,

di S.Giovanni e del SS. Corpo di Cristo decorate con manufatti artistici di pregio

come: gli stalli lignei scolpiti e dorati, prerogativa delle sedi di congregazione, le

pitture parietali e gli altari marmorei, i ricchi corredi ricamanti, i candelabri ed i

preziosi corredi in argento.

Tra le suddette chiese e le corrispettive congreghe, poniamo particolare attenzione

alla Congrega della Concezione e all‟omonima chiesa. La fondazione di

quest‟ordine di fratellanza non ha ancora datazione certa, mentre è certo che

prima del 1709 tale Congrega avesse sede nella Chiesa di S. Antonio parte del

complesso conventuale di S. Francesco68, soppresso con le leggi napoleoniche del

30 maggio 1807 e oggi Convitto Nazionale” G.Bruno”. Dai documenti notarili del

1558 conservati tutt‟oggi nell‟Archivio di Stato si evince che questo complesso

conventuale fu sede di due differenti Congreghe quella di S. Giovanni e della

Concezione fino al primo decennio del secolo Settecento; in particolare pare che

66

Per la storia della fabbrica di maiolica di Maddaloni cfr. M.R.RIENZO-G.SARNELLA, De antiquitatibus urbis Magdaloni-La fabbrica settecentesca delle maioliche in Maddaloni: le fornaci e i mulinelli, in: MADDALONI ARCHEOLOGIA...cit., pp. 245-266. 67

G.MERCALLI, Storia speciale di alcuni terremoti Italiani, in: G.FLORES, Il terremoto, Milano 1981, pp.119 e seg. 68

Per una conoscenza sommaria delle opere pittoriche settecentesche cif.CC PALMA, Presenze pittori a Maddaloni-Studi preliminari, in: Maddaloni Archeologia (..) cit.p.161.

68

quest‟ultima officiasse nella Cappella S. Michele della chiesa di S. Antonio e che

avesse diritto di congregazione in una sala situata nei pressi al campanile della

medesima. Le radici comuni di queste due istituzioni ecclesiastiche e dei loro

ordini religiosi, parliamo del complesso conventuale di S. Francesco e la Chiesa

della Congregazione, spiegano le affinità artistiche dei monumenti e del prestigio

culturale che esercitavano sulla comunità locale. Il Convento francescano la cui

data e motivo della fondazione alimentano un dibattito tutt‟oggi acceso, secondo

alcuni è attribuibile al Concilio di Trento del 1545-63 secondo altri è molto più

antica dato che il convento risulta in costruzione già nel 1536 mentre la chiesa

nuova (S. Antonio) risulta già funzionate nel 1533. Non vi sono invece dubbi circa

l‟evidenza che fu centro di prestigio per la comunità locale, non solo per la

gestione di ingenti risorse finanziarie ma anche e soprattutto per il valore culturale

acquisito durante i secoli. Per volere dei frati francescani del convento nell‟anno

175669, mentre a Caserta i lavori della Reggia precedevano a pieno regime, fu

chiamato il pittore Giovanni Funaro per predisporre la pittura di una grande tela

destinata al soffitto del Salone Principale. L‟opera incarna i dettami della religione

cattolica riformata e celebra il dogma dell‟immacolata concezione, tradizione

popolare fortemente radicata nel substrato culturale di questa area geografica.

Pittore ornamentista, il Giovanni Funari, formatosi nella sfera della pittura

illusionista, decorativa e scenografica ricca di quadrature e prospettive dal timbro

emiliano. Nativo di S. Maria Capua Vetere, residente a Napoli e domiciliato a

Maddaloni in Piazza Grande70, della sua attività professionale sappiamo poco ma

certa è la sua qualifica specifica registrata al catasto del 1754 conservata presso la

Biblioteca di Maddaloni71. Alla data del contratto l‟artista aveva 44 anni, e nelle

documentazione relativa ai pagamenti conservati nell‟Archivio della Diocesi di

Caserta, appariva come il coordinatore di diverse personalità e iniziative artistiche

69

G.SARNELLA – E.SCOGNAMIGLIO, “Storia dell’evoluzione costruttiva del complesso conventuale di S. Francesco in Maddaloni” in: Architettura e Religione del Convento di S. Francesco oggi Convitto Nazionale “Giordano Bruno”, Maddaloni, 2003, pp10-13. 70

Appalto e quietatio dell’opera, Archivio di Stato di Caserta(A.S.C.), notaio Vincenzo Quintavalle, atto dell’anno 1756.Trascizione documento riportata in appendice A e B.

71 Il Funaro sposava la maddalonese Angela Rispoli con dote in corredo principesco di tele ricamate anche

con “pizzilli”, gioielli, 500 ducati e una casa con diversi membri superiori ed inferiori con ampio cortile e giardino murato sito al Trivice S.Andrea. (Cfr.A.S.C., capitoli matrimoniali del 30 maggio 1735 per notaio Aniello de Roberta di Maddaloni).

69

che per un intero anno alimenteranno il processo di rinnovamento del Convento

di S. Francesco.

Parliamo della Grande Tela dipinta sul soffitto dell‟antico corridoio settentrionale

(fig.1-2 AppendiceB), delle opere affrescate nei tre nicchioni (fig.3) e dei 12 ritratti

di Papi e Cardinali posti al disopra delle porte che si aprono sul Salone Principale

(fig.4-4a). Tra queste maestranze fu ufficialmente impegnato il fratello di Giovanni,

Giuseppe Funari72 oggi noto agli studiosi del settecento napoletano per lavori di

pittura di un certo rilievo; infatti nel 1751 Giuseppe realizzava ornamenti di pittura

in diversi palazzi partenopei come quello del Duca di Castelvecchio73e di Giovanni

de Martiis74. Dopo circa 16 anni dai lavori Maddalonesi, l‟artista lavoro insieme a

Giovanni Aveta e Giacinto Diana agli affreschi della volta della sala dell‟Udienza di

Palazzo Ricca75, divenuta poi sede del Sacro Monte e Banco dei Poveri, oggi sala di

studio dell‟archivio del Banco di Napoli. Studi recenti sul settecento napoletano

mettono in evidenza il nome di certo Giacomo Funaro, figlio di Giovanni 76

operante dopo il 1780 nel Palazzo Reale di Caserta, nel Palazzo Doria d‟Angri77 e

villa di Posillipo del Marchese Ottavio Costa. Giacomo Funaro raccolse l‟eredità

artistica di famiglia di chiara derivazione solimanesca, oltre che chiaramente

inspirata alle inquadrature architettoniche di Pozzo e del tardo Seicento Romano.

Nonostante la mancanza di attenzione, e quindi di documentazione, degli storici

per questa storia dell‟arte è possibile avanzare ipotesi circa l‟inquadramento della

personalità di Giovanni Funari. Gli affreschi ornamentali della Cappella Carafa, sita

nella Chiesa della SS.Annunziata di Maddaloni realizzati nel 1751 sono collegabili

per contenuti formali e segno pittorico alle opere del convento di S.Francesco,

mentre un documento catastale78 ci testimonia la presenza a Maddaloni di un

pittore forestiero ricco possidente e residente a Napoli. Ultimati i lavori nel 72

Biblioteca Comunale di Maddaloni, Primo foglio del Catasto della città di Maddaloni fatto per ordine della Maestrà del Re e nostro Signore che Dio.... Luglio1754, foglio 1127 73

A.S.C., vedi nota 11, foglio 26 “si obbliga il suddetto Sig.Giovanni di fatigare con suo fratello Sig.Giuseppe Funaro in tuta l’opra sintanto che sarà perfezionata(..)”. 74

V.RIZZO, Notizie su artisti e artefici dei giornali copia poizze degli antichi banchi napoletani, in AA.VV.” Arti figurative del Settecento”, Napoli1979, pag.236, doc. 66. 75

G.FIEGO, Documenti per la storia dell’Architettura e l’Urbanistica napoletana del Settecento, Napoli 1977, pag. 63. 76

E.NAPPI, Il palazzo e la cappella del Sacro Monte e Banco dei Poveri, in AA.VV. “Le arti figurative a Napoli nel Settecento”, pag.176, doc.n.100. 77

A.S.C, Atto testamentale di Giovanni Funaro del 19 gennaio 1786 e successivo codicillo dell’anno 1790 per notar Andrea de Roberto di Maddaloni. I figli menzionati nel testamento sono Giacomo, Felice, Tommaso, Gennaro, Domenico e Francesca. 78

G.GARZYA, Interni neoclassici a Napoli, Napoli 1978, pag.155.

70

Convento Francescano il Funari si stabilisce definitivamente a Maddaloni, fatto

documentabile fino al 1790, di conseguenza i lavori successivi possono solo essere

ipotizzati; ci si riferisce ad esempio al soffitto della biblioteca del Convento dei

Cappuccini (oggi O.M.I), alla volta a botte lunettata e al presbiterio della Chiesa

della Concezione (che riportano data 1758) ed infine alla Chiesa privata della

Madonna del Carmine le cui pitture ad affresco potrebbero essere datate 1773.

Agli interventi di committenza ecclesiastica realizzati dall‟artista si aggiungono

anche altri due incarichi laici, parliamo di dipinti parietali a soggetto religioso

realizzati su volte a vela di cappelle di case private, site rispettivamente in Via della

Concezione e S. Antonio79.

3.1.2 Analisi storico-artistica della Chiesa della Concezione

La città di Maddaloni sorge alle pendici del Monte S. Michele, ultima altura della

catena Tifatina e sommità da cui primeggiano sulla città: il Santuario di San

Michele Arcangelo, che i documenti ricordano a partire dal sec. VII d.C., la torre di

epoca Longobarda, il castello Normanno e la seconda torre Angioina. Il complesso

delle fortificazioni cittadine ci suggeriscono l‟importanza militare che ebbe questo

luogo, posto tra due vie di comunicazione geo-politica: L‟Appia e la Sannitica.

Aldilà della cinta muraria del castello si sviluppano a semicerchio lungo le falde

del monte, i nuclei abitativi più antichi, conosciuti con i toponimi dell‟Oliveto e la

Pescara, una situazione urbana determinata probabilmente della presenza in

pianura di una strada, quale antico collegamento commerciale tra diversi siti

Campani. L‟Oliveto è la zona urbana d‟espansione più recente, caratterizzata da

ville e palazzi sette-ottocenteschi, una cortina di case di tipo rurale e

un‟interessante casa a corte. Questo tipo di abitazione, la casa a corte, presenta

spesso un androne dal soffitto dipinto e uno spazio dedicato alla vita all‟aperto.

Un‟ edificio architettonico, di tipo plurifamiliare, che muta se guardiamo alla

79

La casa potrebbe identificarsi con quella del Mag.D.Fisico Francesco Andrea dello Monaco (cfr. B.C.M. Catasto Onciario fol.284). 79

Cfr. B.C.M. Catasto onciario fol.127.

71

Maddaloni Superiore, nel rione antico infatti il confine tra la casa a corte e la strada

è determinato da un alto muro entro il quale le case si sviluppano con un

andamento a C.

Nella zona dell‟Oliveto il confine tra la parte alta e bassa coincide con le pendici

del monte, dove sorge un portale d‟epoca catalana con arco a tutto sesto e una

cornice a ferro di cavallo, incontro tra lo stile iberico e la costruzione classica ad‟

opera di anonime maestranze locali. Il rione della Pescara, invece, presenta più che

altrove il senso della nobiltà e di potere, ne sono testimonianza l‟opulenza

architettonica del palazzotto Carafa, del palazzo seicentesco in via AltoMare, che

evoca suggestioni spagnole, e il complesso del Convitto Nazionale. Il toponimo

Pescara deriva molto probabilmente dalle peschiere, vasche d‟acqua piovana che

incanalata dalla montagna alimentava la cultura ittica. Dediti alla cura di queste

peschiere erano i Templari, ordine religioso che si adoperò soprattutto alla cura

degli infermi proprio in questa area cittadina, anche se l‟ubicazione esatta della

Chiesa Templare risulta tutt‟oggi sconosciuta. Questo episodio suggerisce

chiaramente che l‟evoluzione urbana della città è ricostruibile tramite le

testimonianze storico-artistiche ecclesiali e le stratificazioni abitative. Le fondazioni

religiose Benedettine e Verginiane come le Chiese di San Pietro, di Sant‟Aniello e

di San Martino erano al servizio dei due nuclei urbani collegati da una strada

pedemontana che scendeva fino a valle, dove le terre coltivate e la via Appia erano

utili ai commerci. Dopo la decadenza di Calatia, è stato ipotizzato un

accrescimento dei nuclei abitativi preesistenti e la formazione di nuovi, è pertanto

probabile che questi si siano congiunti formando un unico sito urbano.

Conseguente fu l‟esigenza dare vita a nuove fondazioni ecclesiali, che secondo il

“Privilegio di riconoscimenti della Diocesi Casertana rilasciata dall‟Arcivescovo di

Capua Sennete al Vescono Rainulfo” nel 1113 raggiungevano il numero di 25. Nel

corso del tempo alcune di queste scompaiono ma li loro toponimi restano sul

territorio, ed è il tempo in cui i nuovi edifici religiosi saranno costruiti con

materiale di spoglio di edifici pagani, alcuni dei quali ancora incassati nelle mura

di Chiese come S. Benedetto, il Monastero di S. Maria dei Raccomandatis e nel

campanile di S. Martino.

Camminando tra le lastricate strade del centro storico è consuetudine scorrere lo

sguardo su chiese, campanili e cappelle la cui stratificazione artistico-culturale

72

stupisce già al solo colpo d‟occhio. A confine tra questi due antichi rioni cittadini,

immersa in un‟atmosfera insolitamente silenziosa e posta leggermente in disparte,

sorge nell‟ omonima strada la Chiesa della Concezione. E‟ il 1719 e D. Giacomo

Stravino entra a far parte della Confraternita della Concezione donandole due

casette e mezzo moggio d‟orto per atto del notaio Giulio Quintavalle, Stravino

acquisisce così il diritto di attendere agli esercizi di pietà e congregazione ma al

diritto veto, presso la Cappella San Michele o de Persici nella Chiesa di S. Antonio.

La donazione forni la possibilità all‟ordine religioso di spostare la congrega in una

sede del tutto autonoma anche se a pochissima distanza da quella precedente.

Nonostante le notizie circa la nuova architettura ospitante ed il conseguente

spostamento sono tutte riferite ai primi decenni del Settecento, le informazioni

relative alla Congrega della Concezione sembrano risalire a tempi più antichi. Fin

dal 1634 la confraternita della Concezione guidata del patrono e rettore

Giovannangelo Persico ufficiava nella vicina Chiesa di S. Antonio parte del

complesso conventuale Francescano; da un atto del notaio Ovidio Quintavalle nel

1528 si evince che la confraternita occupava una cappella dedicata a S. Michele ed

una stanzetta nei pressi del campanile. Come le altre fratellanze presenti sul

territorio della città di Maddaloni sin dal Medioevo, anche questa della Concezione

era composta da un proprio organico: i confratelli, un padre spirituale che soleva

essere un canonico e un cappellano che per istituzione del 1749 era il sacerdote

più vecchio fra i confratelli. Secondo uno statuto i membri indossavano il sacco ed

una cappa di colore celeste sulla spalla sinistra con un insegna d‟argento e

occupavano il secondo posto, dopo il clero, nelle pubbliche processioni. Il compito

principale di quest‟ordine religioso era quello di amministrare le donazioni ed i

lasciti testamentari dei cittadini di Maddaloni alla chiesa, in particolare quelli che

confluivano nel Monte dei Morti delle Sorelle e dei Fratelli. Il rilievo politico e

culturale di questa confraternita, certamente legato al compito amministrativo che

svolgeva, non è immediatamente visibile nello stile semplice della struttura

architettonica e della facciata esterna della chiesetta. La pianta longitudinale

centralizzata ha una dimensione di 72 palmi per 23cm 80e si presenta come un

ambiente unico, interamente dedicato alla celebrazione del culto mariano, raccolto

in un atmosfera ricca di suggestione e misticismo anche nelle ore più luminose del

80

Ibidem.

73

giorno. I racconti della tradizione popolare tessono la tela di ricordi e racconti

inquietanti legati a questo luogo e ad uno strano effetto acustico dell‟organo

suonato, durante messe notturne celebrate dai fratelli congregati. L‟effetto ottico

generale dell‟edificio è quello di una dinamica spinta dell‟interno verso l‟esterno,

mitigata dalla facciata convessa che non riflette lo spazio absidale interiore,

dolcemente accennato da due pilastri, da alcune lesene e uno scalino. La facciata

(fig.1 Appendice A) in stile barocco e le caratteristiche architettoniche della chiesa

palesano il particolare rapporto che, in molte architetture Settecentesche, si

instaura tra lo spazio interno e ed esterno della struttura. Le piante quadrate,

rettangolari o comunque regolari sono in realtà elaborazioni di altre figure d‟

intersezione come: triangoli, cerchi, ellissi ecc. Pertanto l‟irregolarità di questi

perimetri spinge ad un‟antitesi degli spazi e ad una deformazione dell‟involucro

verso l‟esterno, che tende cosi a collegarsi con quello che c‟è aldilà dell‟edificio

medesimo, cioè lo spazio urbano.

Occorre considerare che gli architetti d‟epoca barocca ricercavano una nuova

modulazione spaziale, che, soprattutto nel caso delle Chiese, prevedeva la

modifica delle piante e delle facciate, considerandole non più come terminazione

diretta dell‟ambiente intimo ma sito passaggio e congiunzione tra due luoghi.

Talvolta, solo apparentemente, in questi edifici viene a mancare la corrispondenza

tra l‟invaso81 e l‟involucro, perché gli spazi interni appaiono chiusi in se stessi

mentre la forma aperta è prerogativa degli spazi esterni. Nel sec. VIII muta

l‟approccio tecnico al contesto urbano, le architetture si inseriscono al proprio

interno senza cercare di risolvere l‟irregolarità morfologica del territorio ma anzi

considerandola in modo organico, il risultato sono scorci più suggestivi e spazi

urbani più ricchi. Nel caso specifico della Chiesa della Concezione, il visitatore è

accolto da un frontespizio lineare, dove gli elementi architettonici come: l

bassorilievi in pietra, l‟arco a tutto sesto, le paraste e le lesene svolgono più una

funzione decorativa che strutturale. Il tratto verticale percorre l‟intera facciata fino

ad infrangersi contro il frontone triangolare con modanatura a listello, il cui

vertice sancisce la sommità dell‟edificio, e l‟oculo che incornicia un affresco

raffigurante la Madre Immacolata (fig.2). Purtroppo i segni del tempo e

81

In architettura è il volume spaziale di un ambiente chiuso, soprattutto se di notevoli dimensioni o di importanza monumentale. Vocabolario TRECCANI.

74

l‟esposizione dell‟opera alle intemperie e agli ad agenti inquinanti non ne

permettono chiara leggibilità, è infatti solo possibile intravedere la figura della

Madonna rappresentata secondo l‟iconografia dell‟Immacolata Concezione quindi

circondata da angeli e nuvole. Lo schema compositivo, che vede superfici concave

e convesse rincorrersi ritmicamente lungo tutta la superfice del frontespizio, si

ripete ancora una volta nelle decorazioni dell‟arco a tutto sesto posto al di sopra

del cancello e nell‟oculo sopracitato. Tali connotazioni sono possibili grazie alla

spessa struttura muraria che circonda e sostiene l‟architettura, essa permette di

passare da una forma all‟altra e di sostenere le parti superiori fino alla copertura

senza l‟ausilio di elementi architettonici portanti. Seguendo una logica che tende

a “togliere” e “scavare”, il monumento propone un modellato scenografico in cui

colonne, lesene e pilastri sono presenti ma come elementi decorativi e non di

sostegno al fabbricato. Sulla soglia della Chiesa un cancello di ferro ornato con il

Signum (fig.4), monogramma Mariano simbolo della Congrega della Immacolata

Concezione, introduce il visitatore ad un piccolo atrio a portico (fig.3) nel quale tre

tondi affrescati ornano le principali pareti. A destra San Gregorio Papa (fig.5) con

un libro in mano, un pastorale con il triregno e lo sguardo rivolto al cielo, sulla

parete sinistra invece San Lorenzo (fig.6) riconoscibile dalla graticola di ferro

posta nella mano sinistra e dall‟libro nella mano destra ed in fine sulla parete

centrale San Michele Arcangelo (fig.7) raffigurato a mezzo busto e con la spada in

mano. Il vestibolo offre tre ingressi, quello principale anticipato da pochi scalini e

due minori un tempo utilizzati dai confratelli come punto d‟accesso alla cantoria.

Approfondendo l‟analisi architettonica dell‟edificio, sovviene una spontanea

considerazione: la Chiesa della Concezione non presenta, rispetto ad edifici

similari, alcune caratteristiche strutturali determinanti di un monumento

ecclesiastico. La mancanza del campanile, di uno spazio absidale pronunciato e di

conseguenza una cupola suggeriscono che la Confraternita fosse più dedita a

mansioni di tipo amministrativo che sacramentali. Varcato l‟ingresso principale si

è istantaneamente colpiti dall‟opulenza della navata (fig.9), coperta da un soffitto

a cannucce, con volta ribassata, interamente affrescato e dieci rappresentazioni

incorniciate da quattro archi, in cui, a coppie di due, gli angeli sorreggono simboli

mariani: il sole (fig.10), la stella (fig.11), la fonte d‟acqua (fig.12) e l‟ostensorio

(fig.13).

75

Partendo dalla sezione centrale possiamo vedere la raffigurazione dell‟Arcangelo

San Michele (fig.14) impegnato nella cacciata degli angeli ribelli, simbolo del male

confinato all‟inferno rappresentato con questi ultimi a testa in giù e con in mano

un serpente. Il Santo sostenuto da piccoli angeli brandisce la spada in una mano e

lo scudo e nell‟altra, e presenta sotto di esso un‟iscrizione che recita:” QUIS UT

DEUS”. Nella parte centrale dell‟abside, l‟affresco rappresenta Dio Padre (fig.15)

con un triangolo sul capo, simbolo di trinità, avvolto da un turbinio di candida

luce, angeli e colombe. Procedendo verso sinistra, la seconda raffigurazione più

piccola e racchiusa in una cornice quadri-lobata rappresenta l‟Annunciazione

(fig.16): l‟Arcangelo Gabriele arriva su delle nuvole celesti ad annuncia a Maria,

posta seduta di lato in ginocchio su uno scanno, la nascita di Gesù. Alle spalle

della Vergine si intravede una colonna mentre tutta la composizione è

supervisionata da un gruppo di angeli ed una colomba, simbolo di Dio Padre. Se

invece procediamo verso destra, in una cornice altrettanto minore e quadri-lobata

è rappresentato il transito di S. Giuseppe (fig.17), quest‟ultimo è seduto in

meditazione quando un angelo sopraggiunge ad annunciargli che il momento del

trapasso è giunto. Procedendo sempre verso la soglia d‟entrata della chiesa,

incontriamo altre tre rappresentazioni rispettivamente incorniciate: S. Domenico

(fig.18) circondato da alcuni angeli che sorregge un ostensorio, un Vescovo (fig.19)

che impugna un pastorale ed infine l‟ultimo degli affreschi impossibile da decifrare

perché posto sulla cantoria e quindi totalmente coperto dall‟organo.

Sorge al centro dell‟abside della Chiesa della Concezione l‟altare maggiore (fig.20)

commissionato al mastro marmoraro Vincenzo Adamo82 nel 1769 e consacrato il

16 luglio del 1777 (fig.21). Non ci sono documenti che certificano la presenza di

corporazioni artigiane che si occupassero di tale attività, dunque tutti gli altari

marmorei conservati nelle chiese di Maddaloni sono tutti opera di maestranze

napoletane. Fino ai primi decenni del sec. VIII gli altari ecclesiali venivano ancora

realizzati in legno (fig.8 Appendice B) oppure in muratura, per poi essere ricoperti

di stucchi o maioliche. Il primo altare marmoreo della cittadina fu quello della

Chiesa della A.G.P o Annunziata, commissionato nel 1711 al maestro marmoraro

82

A.S.C, notaio M.A. Iorio, atto del 13 febbraio 1769. Per il “quietatio” vedere dello stesso notaio l’atto del 2 sett.1770.

76

toscano Fontana83, con bottega a Napoli. Da quel momento diversi furono gli altari

marmorei realizzati per le chiese locali, un esempio è quello Vanvitelliano del

1762, locato nella Chiesa del S. Corpo di Cristo. Tutte queste opere d‟arte rientrano

nella “Petra autem erat Christus” settecentesca tendenza al preziosismo, che

preferiva l‟impiego del materiale pregiato all‟unità compositiva. Si discosta da

questa “ricca creatività” l‟altare maggiore della Concezione, che invece presenta

una composizione rigida e un disegno lineare scandito da marmi policromi chiari e

scuri. Proprio in riferimento alle cromie, una clausola presente nel contratto

richiama ad altari già eseguiti dicendo:” (..) che tutto il verde sia verde antico come

quello della V.le Chiesa del SS. Corpo di Cristo di questa città”. La semplicità

dell‟altare è esaltata dall‟ornato baroccheggiante del paliotto e dalle sculture

(fig.22), anch‟esse marmoree, per opera dell‟artista Napoletano Giuseppe

Sammartino84. Egli permeo di puro realismo tutta la sua produzione, è infatti

conosciuto ai molti come l‟autore del Cristo velato, una scultura commissionata

dal Principe di Sangro di San Severo per Cappella Napoletana di Santa Maria della

Pietà o “Pietatella”. L‟eccezionalità dell‟arte scultorea di Sammartino risiede nella

capacità di plasmare i volumi e di proporzionare gli effetti luminosi fino alla

rappresentazione della realtà, sublimata e “perfettissima”.

Nel caso specifico della Concezione, gli inserti scultorei principali sono una

colomba, posta sul Tabernacolo (fig.23) quale simbolo dello Spirito Santo e due

angeli capo-altare, che non ci sono pervenuti perché trafugati da ignoti. Gli altri

fregi si inseriscono perfettamente nello stile Barocco dell‟ambiente creando un

tutt‟uno con le decorazioni presenti sugli stalli lignei, gli affreschi ed altri arredi

sacri. Primeggia sull‟altare marmoreo una un dipinto su di una pala lignea

raffigurante l‟immacolata Concezione (fig.24) e firmata dall‟artista Decio

Tramontano, come si può leggere lungo il serpeggiante cartiglio al bordo della

fontana. Di questo artista napoletano, tutt‟oggi quasi sconosciuto alle cronache

artistiche, ci è dato sapere che fu d‟origine campana e che lavorò certamente tra il

1556 e il 1599 tramite polizze bancarie risalenti all‟anno 157385. Queste polize,

tratte da un giornale conservato nell'Archivio di Stato di Napoli, sono riferite ad un

83

A.S.C, notaio F.A. De Roberto, atto dell’11 luglio 1711. 84

Elio Catello, Giuseppe Sanmartino (1720-1793), Napoli, Electa, 2004, ISBN 88-510-0225-8. 85

Fondo Banchieri antichi, voI. 52,1573-1 erroneamente riferito nell'inventario al Banco De Meli e da restituire invece al Banco Ravaschieri e Spinola

77

pagamento fatto da Cesare Miroballo all‟artista Decio Tramontano per la

realizzazione di una serie di opere nella sua abitazione, in un periodo compreso tra

il 02 Gennaio e il 21 Marzo. Purtroppo in questi documenti non sono citati soggetti

i delle opere, ne sono riportate informazioni di rilevanza artistica.

Nonostante le scarse notizie è possibile collocare con certezza Decio Tramontano

e la sua produzione nel contesto culturale Manierista, che vide in Italia

Meridionale, Napoli come uno dei centri di maggior rilievo. La diffusione del

Raffaellismo e del Michelangiolismo, le influenze lombarde, toscane, venete,

siciliane e i dettami scaturiti dalla controriforma religiosa napoletana plasmarono

“la nuova maniera”; particolarmente apprezzata dalla committenza religiosa

maddalonese. Queste riflessioni ci offrono un‟interessante spunto per una breve

digressione circa le vicende storiche ed il clima artistico della Terra di Lavoro

durante il sec. XV; La famiglia Carafa (fig.6 Appendice B) governo queste terre per

circa 350 anni durante i quali furono alimentatori di due grandi rivoluzione

culturali. La prima, di cui si è già dibattuto, avvenne nel secolo Settecento, la

seconda di cui ci apprestiamo a discutere è riferita al Secolo Cinquecento. In

concomitanza con la morte di Diomede III, primo duca di Maddaloni, avvenuta nel

1516, sopraggiunge per la Famiglia Carafa un cambio di discendenza

genealogica86e la perdita di alcune proprietà, come ad esempio il Palazzo in S.

Biagio dei Librai a Napoli. Nell‟attesa che giungessero al termine i lavori per la

nuova residenza napoletana, i Duchi, confinati nel piccolo feudo, diedero inizio ad

una serie di opere necessarie per rendere confortevole la permanenza. Gli

interventi urbanistico-architettonici87 ampliarono il Palazzo ducale e abbellirono lo

spazio esterno ed il giardino di “...pavimentazione a regiole” realizzata dai maestri

intagliatori e “(..)i parapetti con parasti e pilastelli intagliati con quattro arme di

casa carrafa (..)” dei mastri scalpellini Lombardi De Corona e Demalite. Nuove

cappelle di famiglia furono realizzate nelle principali chiese della città (fig.7

Appendice B), come ad esempio quelle nella Chiese dell‟A.G.P e della SS.

Annunziata, quest‟ultima medesima locazione del primo lavoro marmoreo di

86

Nel testamento Diomede Carafa stabiliva che l’eredità dovesse essere trasmessa per linea di primogenitura maschile al ramo dei conti di Maddaloni. Nel caso si fosse estinta quest’ultima sarebbe passata al primogenito del ramo collaterale. Diomede III suo successore, mori senza figli, e l’eredità passo al ramo cadetto fino al 1623. PALMESE, Palazzi Carafa a Napoli, Tesi di Laurea Uni. Orientale relatore Prof Abbate, 1990\91, p.47-48. 87

A.S.C., atto notaio De Liguori Nicola Antonio, vol932, 15 giugno 1572.

78

Giuliano Cioli. Mentre le chiese parrocchiali più antiche conservavano ancora

affreschi di età Tardo-Angioina, le nuove chiese conventuali si riempivano di

tribune88 e Icone89celebrando così il nuove valore d‟arredo rivestito dal quadro sul

finire del sec. Cinquecento. Particolare attenzione fu rivolta dalla famiglia Carafa

agli ordini religiosi e alle loro sedi ecclesiali, grazie al patrocinio economico-

culturale il monastero domenicano dell‟A.G.P e quello francescano di S. Francesco

si trasformano in veri e propri cantieri in cui maestranze locali ma anche

napoletane, toscane e romane contribuirono ad un rinnovamento della città;

trasformando così il feudo maddalonese in una cittadina dal prestigio culturale

notevole. Alla famiglia Carafa di devono anche committenze a noti artisti come il

fiorentino Balducci che realizzo i pannelli lignei inseriti nel cassettonato intagliato

e dipinto d‟oro zecchino della Chiesa della SS. Annunziata (fig.5 Appendice B) e la

tavola lignea della Madonna del Rosario, La Madonna delle Anime purganti per la

Chiesa del SS. Corpo di Cristo ed infine L‟Assunzione della Vergine nella Chiesa di

S. Francesco.

Tornando alla tavola lignea realizzata da D. Tramontano per la Congrega della SS.

Concezione di Maddaloni, si può esordire costatando che l‟opera dalle notevoli

dimensioni presenta la firma dell‟artista90e una datazione di non chiara leggibilità,

l‟anno potrebbe essere il 1534 o 158491. Originariamente la tavola era locata nella

Cappella S. Michele92 adiacente al pulpito della Chiesa di S. Francesco che, come si

è detto precedentemente, fu sede della Congrega della Concezione fino ai primi

decenni del secolo Settecento. Queste notizie ci sono pervenute grazie ad un

lungo elenco di atti notarili, che regolavano i benefici per la costruzione delle

cappelle gentilizie come ad esempio quello di Fabio Papa93corrispondente a 21

ducati, e ad acquisizioni che documentano una serie di beni legati alle diverse

cappelle sedi di differenti Congregazioni come ad esempio quella di S. Giovanni,

Della Concetione e di S. Maria de lo rito. Come si può evincere dal titolo il

88

“...una tribuna à lambia sopra la tribuna grande vecchia del’altar maggiore...”, la tribuna della chiesa A.G.P viene rinnovata ad opera dei mastri fabbricatori locali De Lucca, Mastroianne e De Rita. 89

Pur non conoscendo i singoli artisti è possibile dedurre dalla visita pastorale del 1627 che il numero di dipinti su legno, detto Icone, nelle chiese del luogo erano in totale una dozzina. A.D.C Visita pastorale di Mons. Giuseppe della Cornea, 1626-33, foll.90 e segg. 90

” (...)” posta sulla pergamena intorno alla fonte battesimale. 91

Non 1574 come proposto da Leone de Castris in “La Pittura del Cinquecento a Napoli dal 1540, p.297.

92 A.S.C., notaio De Simone Cesare, vol.778, atto del 14 aprile 1582.

93 A.S.C., notaio De Roberto Giovanni Vincenzo, vol.778, atto del 16 giugno 1574.

79

soggetto dell‟opera è la Vergine, che sospesa su una mezza luna si colloca in uno

spazio a metà tra cielo e la terra, costruzione compositiva ideale priva di atmosfera

e movimento. La fisionomia fanciullesca, la lunga e dorata capigliatura sciolta al

vento, la posizione delle mani giunte in preghiera, il colore rosso del abito e il blu

del velo sono solo alcune delle caratteristiche che collegano l‟iconografia di

quest‟opera d‟arte ai dettami approvati durante la quinta sessione del Concilio di

Trento nel “Decretum de peccato originali” (1546)94 e contenuti nel libro “El Arte

de la Pintura” di Francesco Pacheco del Riò (1544-1644), pubblicato postumo nel

1649. Lo sfondo di colore giallo illumina il paesaggio che si tramuta nell‟Orto

Sacro, Hortus Conclusus , nel quale crescono fiori di campo rossi e bianchi, Flos

campi , i cedri, Cedrus exaltata in Libano, la palma, Palma exaltata in Cades, il

cipresso, Cypressus in monte Sion, gli ulivi, Oliva Speciosa e dove si ergono la

Torre di Davide, Turris David, il pozzo delle acque vive, Puteus aquarum viventium

e la fonte della grazia o dell‟orto, Fons hortorum . Seguendo dal basso verso l‟alto

gli elementi compositivi, completano il quadro ulteriori attributi mariani: la Porta

del Cielo, Porta coeli, il Tempio dello Spirito Santo, Templum Spiritus sancti e lo

Specchio senza macchia, Speculum sine Macula.

L‟ultimo oggetto caratterizzante della simbologia dell‟Immacolata Concezione è la

corona (fig.25) , che posta sul capo di Maria, in questo eccezionale caso si presenta

come un‟aggiunta in metallo che sporge in modo tridimensionale dalla pala

lignea. La tavola doppiamente incorniciata dalla prima, quella che racchiude la

“Cona”95, è una cornice lignea color oro stondata negli angoli superiori, mentre la

seconda contorna quest‟ultima di affreschi parietali. Nonostante questa scelta

compositiva crei un chiaro sovraffollamento di linguaggi artistici, quello Manierista

del quadro e quello Barocco degli affreschi, il risultato crea un equilibrio armonico

singolare. Il quadro fulcro dell‟intero bene architettonico, è catalizzatore quasi

esclusivo dell‟attenzione di chi varca la soglia della piccola Chiesa della

Immacolata Concezione. La scelta di posizionarlo sulla parete principale e

circondarlo con una serie di elementi decorativi non una scelta che è stata

94

Dogma cattolico nella sua articolazione di peccato originale originante e peccato originale originato, che riprende le decisioni del sinodo di Cartagine del 1418 e di quello di Orange del 1529. 95

F. PISCITELLI, Dissertazioni per illustrare alcuni punti della storia di Maddaloni, Dissertazione VII, Maddaloni, 1885.

80

effettuata soltanto perché l‟opera è chiaro mezzo celebrativo della figura a cui è

dedicata la chiesa o la Congrega. L‟obiettivo, concordato dall‟ordine di fratellanza

e dalle maestranze impegnate nei lavori, fu quello di creare un ambiente riservato

in cui l‟atmosfera di raccoglimento donasse al visitatore la sensazione di essere

accolto e soprattutto ascoltato. Ai lati dell‟opera gli affreschi (fig.26) , attraverso lo

strumento pittorico del trompe-oil, amplificano lo spazio reale costruendo

ambienti fittizi rischiarati da una luce mattutina filtrata da una serie di finestroni; la

prospettiva dal sotto in su lascia intravedere un ligneo soffitto a cassettoni

ricoperto da foglie in lamina d‟oro (fig.27).

Quest‟ultimo elemento architettonico, indubbia citazione del medesimo intervento

realizzato nella Chiesa della SS. Annunziata, ci permette di attribuire quasi

certamente le decorazioni parietali a Giovanni Funari, che come abbiamo

precedentemente illustrato poté osservare il cassettonato durante i suoi interventi

nella Cappella Carafa. La prospettiva dal basso verso l‟alto, gli elementi

architettonici come le colonne, i capitelli in stile corinzio e gli archi a tutto sesto

guidano lo sguardo dello spettatore verso l‟alto dove la composizione si conclude

con una serie di pitture parietali raffiguranti un drappo e una corona sorretta da

due putti alati. La tradizione Barocca dell‟horror vacui è perfettamente ripresa negli

elementi che affollano la composizione come: gli stucchi bianchi e dorati, i finti

marmi, le linee curve e spiraleggianti delle decorazioni, i fiori stilizzati in gesso e la

testa di leone che funge da passpartout nella ripetizioni degli archi. Nonostante la

visione d‟insieme proposta dall‟autore, Giovanni Funari, ogni elemento è mostrato

in tutta la propria autonomia e curato in ogni minimo particolare, tali sono le

prerogative che contribuiscono alla realizzazione di un‟amabile ed armonioso

equilibrio compositivo. Le peculiarità dell‟intera opera si inseriscono certamente,

per cronologia forma e stile, nei dettami del gusto Barocco che si sviluppa a

Napoli dalla metà sec. VI ad oltre la metà del secolo successivo. Le colonne, in

questo particolare caso, svolgono una doppia funzione in quanto elemento

decorativo e modulo architettonico di costruzione volumetrica e spaziale; la loro

presenza edifica ai alti dell‟altare delle piccole cappelle custodi delle statue lignee.

Le nicchie ricavate da una rientranza nel muro, al confine tra un effetto

scenografico e la realtà, sono decorate da frontoni dorati dai motivi barocchi e

angeli avvolti in spiraleggianti drappi di colore azzurro e rosa.

81

Sulle pareti laterali sporgono tridimensionalmente due cornici in gesso color oro al

cui interno trovano locazione due dipinti su tela; quello a destra rappresenta

L‟Arcangelo San Michele (fig.29) o forse S. Giorgio che scaccia sotto i suoi piedi il

maligno raffigurato sotto forma di drago, quello a sinistra raffigura Sant‟Anna

(fig.30) seduta su una sedia camerale con in braccio la Madonna bambina mentre

entrambe rivolgono lo sguardo al cielo. Entrambe i dipinti versano in cattive

condizioni, le tele risultano danneggiate e una delle cornici ha perso

completamente la smaltatura dorata; le caratteristiche stilistiche e formali

concomitanti suggeriscono un‟unica committenza artistica, tutt‟oggi ignota.

Ulteriori manufatti artistici presenti nella chiesa della Immacolata Concezione sono

le statue lignee quale testimonianza tangibile di una tradizione, quella dell‟arte

sacra, fortemente radicata nella città di Maddaloni. La scultura lignea spesso ed

erroneamente considerata “arte popolare “, genere autonomo realizzato da

artigiani non specializzati, costituisce in realtà una delle varie attività di un artista

che lavorando su specifiche committenze era quindi “maestro di pietra e di

legname” 96 . La differenza tra l‟impiego dei riversi materiali era dettata

esclusivamente dalla funzione, infatti i marmi e le pietre venivano utilizzati per la

realizzazione per sculture o complessi sepolcrali mentre il legno era usato per

realizzare suppellettili, decorazione d‟arredi e immagini sacre. Queste ultime, in

particolare, destinante a esposizioni temporanee e scopi liturgici dovevano

possedere due requisiti fondamentali e complementari: leggerezza e quindi facilità

nella dislocazione. Casi esemplificativi di queste caratteristiche sono le statue

lignee delle Madonne Addolorare presenti nelle Chiese maddalonesi di S.

Francesco d‟Assisi e S. Maria dei Commendatis, le cui braccia articolate donano

una postura più naturale alla scultura. Questa tradizione artistica fortemente

radicata nella città Maddalonese e nei rituali liturgici territoriali trova tutt‟oggi

testimonianze all‟interno delle principali chiese come quella dell‟Annunziata, del

SS. Corpo di Cristo, dell‟Immacolata e di S. Francesco d‟Assisi ma anche nelle

minori come S. Benedetto, nelle Congregazioni di S. Giovanni, di S. Maria dei

Commentadis e dell‟Immacolata Concezione. Prima di approfondire quali sono le

peculiarità artistiche e i cenni storici riguardanti le statue lignee della Chiesa della

Immacolata Concezione, al fine di comprendere meglio il pregio di questo genere

96

Una delle arti minori, parte delle corporazioni delle arti e dei mestieri di Firenze.

82

d‟arte è necessario illustrare le fasi principali della manifattura di una scultura

lignea. Da fonti documentarie è possibile evincere che la realizzazione di una

scultura lignea dipinta era frutto di una collaborazione tra tre figure: lo scultore, il

raspinatore e l‟indoratore. Allo sculture spettavano le fasi più delicate quella

iniziale e finale cioè l‟intaglio e la policromia, infatti una volta completato l‟intaglio

la scultura veniva ricoperta da uno strato di gesso variabile e necessario per la

stesura del colore.

Spesso prima della stesura del gesso sulla statua veniva incollata, solo per le

suture, una tela, questa aveva la funzione di attenuare la differenza di elasticità

materica che si presentava tra il legno ed il gesso e spesso era la causa di

screpolature e cadute di colore. I colori utilizzati erano ad olio e se nella maggior

parte dei casi la policromia era compito dello sculture, spesso questa delicata fase

era affidata a specifici artigiani. Occasionalmente le statue presentavano

peculiarità singolari come una vano per le reliquie oppure ornate con pregiati

suppellettili come drappi di stoffa e gioielli, ne sono un esempio le statue delle

Madonne Addolorate conservate nelle Chiese di S. Francesco e Maria dei

Commendatis. Il numero ridotto di documenti che accertino l‟operosità di artigiani

locali o certifichino la presenza di maestri scultori napoletani non permette una

valida ricostruzione del percorso compiuto da questa attività artistica nella città di

Maddaloni. Alcuni incartamenti riportano date come il 1516, 1730 e il 1753, la

prima datazione è riferita alla commissione di tre figure di legno per un Presepe

da parte della Confraternita del Sacro Soccorso ad un certo Francesco Moccia o

Mozzia; All‟anno 1753 invece è riferita la commissione di alcune sculture, ancora

individuate, allo statuaro napoletano Saverio Donato Fortunato. Nel medesimo

contesto cronologico è possibile collocare due delle quattro sculture contenute

all‟interno Chiesa della Concezione, parliamo della statua lignea raffigurante

l‟Immacolata Concezione (fig.31) e di quella rappresentante la Sant‟Anna. La

Vergine anche in questo caso poggia i piedi su una mezzaluna sorretta da quattro

cherubini, ha le mani giunte, la chioma dorata e lo sguardo leggermente rivolto

verso il basso e una corona sul capo. Le medesime caratteristiche iconografiche

della pala lignea posta a capo altare alla quale quasi certamente l‟autore, tutt‟oggi

ignoto, si ispirò. Racconti tramandati di generazione in generazione narrano che

durante lo spostamento della Congrega della immacolata Concezione dalla

83

Cappella S. Michele alla sede ecclesiale attuale, due furono i manufatti che

viaggiarono insieme all‟ordine di fratellanza: il quadro dell‟Immacolata Concezione

e la scultura con il medesimo nome. Le variazione proposte al tema

controriformista dell‟Immacolata Concezione sono minime, la datazione del

manufatto artistico è collocabile nel primo ventennio del sec. XVII anche se per

modifiche successive acquisisce caratteristiche tipiche della statuaria

Settecentesca. Alta 150 cm. e ricavata da un unico blocco di legno presenta una

tecnica d‟intagli di gusto “roccaille”97, il panneggio delle vesti riproduce una

pregiata stoffa serica napoletana98 finemente decorata con fregi dorati che elargiti

sull‟abito e il manto della Madonna donano slancio e magnificenza all‟intera opera.

Durante un intervento di restauro avvenuto nel 1977, rivelò che le mani della

Madonna non sono quelle originali e che in origine la scultura fosse

completamente dorata. L‟altra statua lignea è quella di S. Anna anticamente

chiamata del Castello, perché probabilmente proveniva da una chiesa che

anticamente si trovava all‟interno del Castello Angioino. Quella che oggi è

possibile ammirare, in una teca murata nella parete sinistra dell‟altare, non è

l‟originale ma una copia del sec. XIX d‟autore ignoto. Alta 160 cm la scultura

raffigura S. Anna che con braccio sinistro sorregge Maria bambina, entrambe sono

abbigliate in modo semplice secondo uno schema iconografico tipicamente

settecentesco.

La Santa indossa un abito di colore verde vescica decorato con fiori neri, un

mantello bianco che le cinge il capo e dei sandali marroni. La Madonna bambina

invece indossa una tunichetta bianca, una camicia rosa con dei risvolti verdi e un

mantello azzurro. Entrambe hanno le mani giunte e lo sguardo rivolto al cielo, le

medesime caratteristiche formali che possiamo rintracciare nella tela incorniciata

esposta sulla stessa parete esattamente sopra la teca della scultura lignee.

Nonostante siano andata perse le dita della manina di Maria bambina e la vesta di

S. Anna presenti dei sollevamenti e buchi di colore, l‟opera si presenta nel

complesso in buone condizione, non ha mai beneficiato di interventi di restauro.

Le restanti statue due presenti nella Chiesa della Concezione, non sono sculture

lignee ma manifattura d‟artigianato locale non bene rifinito e quindi con scarso 97

Parola francese, che significa conchiglia o guscio, da cui deriva il nome dello stile ornamentale del sec. VIII, il Rococò. 98

Tessuto proveniente dall'Antico Opificio Serico di San Leucio.

84

valore artistico. Raffigurano S. Giuseppe con Gesù bambino in braccio ed il Sacro

Cuore di Gesù, di entrambe non si è a conoscenza ne dell‟autore né della

datazione, reale o presunta.

Avviandoci verso il termine dell‟illustrazione dei manufatti artistici presenti nella

Chiesa della Concezione ci apprestiamo ad affrontare l‟analisi degli stalli lignei,

distribuiti longitudinalmente lungo il perimetro rettangolare della chiesa, del

pulpito in noce e dell‟organo locato nella cantoria sopraelevata posta alla soglia

d‟entrata. Tutti questi manufatti artistici rientrano nella categoria delle arti

applicate e della lavorazione del legno, tradizione artigiana che nella città di

Maddaloni ebbe un forte sviluppo. Nel sec. VIII è possibile rintracciare la

produzione più significativa, di committenza ecclesiale, che raggiunse un livello

formale di prestigio e per questo inclusa in una più ampia produzione

napoletana99. Le opere lignee settecentesche che ancora oggi arredano le chiese

della città come gli armadi da sacrestia, i cori, i pulpiti, i balconi d‟organo, i

confessionali, i soffitti e via discorrendo sono tutte attribuibili alla corporazioni

artigiane Maddalonesi. Un particolare prodotto di quest‟arte è la realizzazione

degli stalli che insieme formavano i cori lignei tradizionalmente collocati nelle

zone presbiteriali, zona retrostante all‟altare. Le principali chiese cittadine, come

quella della SS. Annunziata (fig.9-10-11 Appendice B) e del Corpo di Cristo,

conservano le testimonianze più di maggior valore sia per la pregevole

manifattura che per l‟articolata composizione. Bisogna purtroppo dire che questi

manufatti artistici proprio per le loro peculiarità tecniche, ci riferiamo alla piuttosto

semplice possibilità di dislocazione, sono state oggetto di ladrocinio perpetuato.

Caso funesto fu quello verificatosi durante il secolo scorso nella chiesa del Corpo

di Cristo, dove il coro commissionato nel 1756 ai maestri falegnami maddalonesi

Giocacchino Mazzarella e Nicola Grauso, sede dell‟altare realizzato da Vanvitelli nel

1763, fu sistematicamente smembrato, venduto e mai più ricollocato.

Alle opere sopracitate sono affini, gli stalli lignei (fig.32-33) poste lungo le mura

delle chiese adibite a Congreghe e che per tale specifica funzione presentavano

sedili in cui presidiavano i confratelli. Proprio la Chiesa della Immacolata

Concezione ne conserva tutt‟oggi un esempio interessante, per la considerevole

99

La produzione napoletana ebbe il supporto della categoria artigiani, preparare e organizzata in corporazioni. Ad eccezione degli Intagliatori che avevano una posizione indipendente.

85

manifattura ma soprattutto per l‟unità spaziale che questo arredo ligneo regala

all‟ambiente architettonico. Anche in questo caso, il coro è stato soggetto a

sottrazioni che hanno interessato soprattutto i sedili, dove i confratelli solevano

accomodarsi durante celebrazioni, vestizioni e riunioni. Gli stalli ricoprono le pareti

lungo tutto il perimetro principale, e le membrature intagliate si alternano con

ritmo a lisci pannelli longitudinali. Foglie d‟oro e lesene (fig.34-35-36) decorano gli

spazi tra l‟uno e l‟altro, secondo il gusto settecentesco che prediligeva decorazioni

preziose e lavori ad intaglio. Altri riferimenti stilistici del medesimo tipo sono

rintracciabili nella Congrega di S. Giovanni dove l‟opera risalente al 1750-54, è

certamente attribuita a maestri falegnami maddalonesi Giovanni e Nicola Grauso( i

medesimi della chiesa del S. Corpo di Cristo).

Alzando leggermente lo sguardo e volgendolo verso destra è possibile ammirare,

addossato alla parte, un pulpito (fig.37) in legno di noce con le medesime

caratteristiche stilistiche e formali degli stalli lignei. Il ballatoio presenta una

struttura rettangolare con angoli stondati e dei pannelli lisci con sporgenti cornici

quadrilobate, modanature e decorazioni stilizzate color oro. La parte superiore del

pulpito invece propone una forma a baldacchino, il cui drappo sorretto da due

angeli (fig.38) si stende lungo la parete, lasciando cadere gli angoli con nappa

verso il basso. Il colore azzurro, le decorazioni dorate ed il bordo d‟orato sono una

chiara citazione del manto celeste indossato dalla Vergine Maria, protettrice e

ispiratrice della Congrega. Nel medesimo stile è il ballatoio, che posto sulla porta

d‟ingresso della chiesa, ospita la cantoria e l‟organo a canne (fig.39). Il virtuosismo

di quest‟ultimo, ma non meno importante, esempio d‟arte applicata, è al

contempo motivo di grande meraviglia e riassunto del dell‟intero repertorio

artistico custodito all‟interno della Chiesa della Immacolata Concezione. Se

osserviamo con attenzione la parete della cantoria è possibile notare

immediatamente che quest‟ultima è un‟evidente continuazione dell‟opera parietale

che decora il solaio della chiesetta. Infatti, come accennato precedentemente, lo

strumento musicale copre l‟ultimo dipinto del ciclo di affreschi, lasciando

intravedere solo qualche piccola sezione pittorica. I motivi barocchi dalle

sfumature dorate, partono dalle pareti per poi espandersi verso le modanature

lignee dei pannelli e delle lesene del ballatoio. Quest‟ultimo è ritmicamente

percorso da spazi bi e tridimensionali, da superfici reali e illusorie le cui differenti

86

volumetrie modulano la luce proveniente dalla porta d‟ingresso e dalle finestre

poste rispettivamente sul lato destro e sinistro della struttura architettonica. Anche

in quest‟opera come in tutte le altre manifatture artistiche ed interventi

architettonici della Chiesa della Concezione, lo schema compositivo è denso ma

equilibrato, una magistrale riproposizione dello stile Barocco.

3.2 Progetto crowdfunding per i lavori di restauro della Chiesa della

Concezione

La Chiesa della Congrega della Concezione, locata nella omonima strada del

centro storico della cittadina Campana di Maddaloni(CE), è un monumento

architettonico, un prezioso gioiello Barocco ma soprattutto un bene comune a

lungo semi-abbandonato alla deturpazione del tempo e dell‟incuria. Nel corso

della sua lunga storia questo bene, dalla rilevanza storica e culturale strategica per

il territorio, ed i manufatti in esso custoditi non hanno mai beneficiato di interventi

di ordinaria manutenzione o di restauro. Interrotta nell‟esercizio della propria

funzione culturale e civile, oggi, la Chiesa della Congrega della Concezione rischia

sempre più di restare muta pietra, assopita tra il caotico landscape urbano, in

bilico tra la noncuranza e l‟inconsapevolezza della collettività.

Tuttavia, qualcosa sta per cambiare.

87

3.2.1 ” Abbi Cultura di Te”

Ricevere denaro da istituzioni tradizionali si configura spesso come un puro

processo di trasferimento di denaro, impersonale e privo di coinvolgimento

emozionale, dimostratosi nella maggior parte dei casi inconcludente. La mancanza

del network è il principale motivo del disinteresse e quindi dell‟abbandono

operato ai danni patrimonio culturale, soprattutto locale. Una lezione, questa,

chiaramente assimilata dalla Creative Classe contemporanea costantemente

impegnata nella elaborazione di nuove modalità d‟intervento più efficaci, più

dirette e soprattutto più social.

Estendere oltre la trattazione finanziaria intessendo con la folla una serie di

relazioni, concorre alla creazione di una comunità che ruota attorno alla vicenda,

consentendo ai proponenti di coltivare nel medio lungo termine un network

relazionale che gratifica anche il consumatore, il quale essendo coinvolto in un

pieno scambio collaborativo si appresta a divenire un supporter della vision

piuttosto che mero fruitore.

In considerazione di ciò, il Comitato per il restauro della Chiesa della Concezione

progetta il lancio di “Abbi Cultura di Te” campagna Crowdfunding per la Chiesa

della Concezione. Una iniziativa, anzitutto finalizzata alla raccolta di fondi per i

lavori di rifacimento del tetto ed il planning degli interventi di restauro delle tele

adagiate sulle pareti est ed ovest della chiesa. Al contempo, un‟occasione per

richiamare l‟intera collettività a riappropriarsi della propria storia e del proprio

patrimonio culturale, partecipando attivamente alla vita della città.

L‟obiettivo prefisso è raccogliere 10.000€ tramite donazioni, sponsorizzazioni ed

altre iniziative scegliendo un modello crowdfunding reward, l‟innovativa tipologia

di raccolta fondi sul web (ma non solo!) che permette a tutti di contribuire

attivamente a un progetto in base alle proprie possibilità e di ricevere in cambio

una gradita ricompensa. Il Tutor della campagna, in questo caso il Comitato

appositamente fondato per i lavori di restauro della Chiesa della Concezione,

definirà i livelli delle donazioni e le corrispettive ricompense, affidando al tempo

stesso il progetto alla piattaforma web più adatta alla tipologia e agli obiettivi

della iniziativa. Ad esempio sarà possibile partire da un livello di donazione

minimo pari all‟importo di €10, offrendo come ricompensa una cartolina

elettronica della Chiesa della Concezione ed il ringraziamento digitale menzionato

88

in una sezione del sito-web, a loro dedicata, fino ad arrivare ad un importo

massimo di €1000, ricompensato con la disponibilità ad usufruire della Chiesa

come location per attività o iniziative a scopo culturale.

La campagna di durata giorni 45 opterà per la tipologia take it all, modello di

raccolta non vincolato al raggiungimento totale del budget e la piattaforma

Produzioni dal Basso. Una scelta determinata dal tasso di successo delle iniziative

dedicate alla categoria Arte&Cultura pari al 40% e da una percentuale di 2,179€ di

finanziamenti per ciascun progetto, inoltre la natura generalista e l‟elevato numero

di follower che raggiunge la piattaforma permetterà ad “Abbi Cultura di Te” di

avere una maggiore visibilità, tripartita su livello:

i. Locale: A livello locale la campagna ambirà alla creazione di un cultural

network territoriale, offrendo collaborazioni e possibilità d‟interazione tra

attori socio-culturali operanti sul territorio come fondazioni ed associazioni,

soprattutto giovanili. Lo sharing d‟idee, progetti e risorse permetterà un

aumento delle probabilità di successo dei corrispettivi progetti, un

coinvolgimento trasversale della comunità ed una maggiore comprensione

dei benefici che tali attività esplicano sul territorio e sulla comunità di

riferimento.

ii. Regionale: A livello regionale la campagna si occuperà della divulgazione

del progetto al fine di raccogliere consenso ed eventuali proposte di

supporter, come patrocinio e sponsorizzazioni. Tramite canali istituzionali e

non, come ad esempio enti locali e istituti scolastici, sarà possibile

assimilare un numero sempre maggiore di stakeholder, siano questi

direttamente o indirettamente interessati all‟iniziativa.

iii. Nazionale: A livello nazionale la campagna lavorerà al conseguimento,

anzitutto, di un obiettivo di tipo promozionale, virando su una piattaforma

con un ampio bacino d‟utenza e attivando canali di comunicazione di massa

quali appunto i social network. La esposizione mediatica dei contenuti

aumenta in maniera esponenziale le possibilità di divulgazione presso la

folla, attirando così, soprattutto nei mercati di nicchia, sostenitori e

89

supporter altrimenti non raggiungibili causa la mancata affermazione del

progetto, che per l‟appunto è in fase di lancio.

I traguardi della campagna saranno, quindi, principalmente di tipo economico e

culturale, giacché il crowdfunding è essenzialmente una raccolta fondi tramite la

folla e al tempo stesso una modalità di contribuzione particolarmente appagante,

democratica e aperta. Un‟ ambivalenza, che la trasforma in uno dei fattori

maggiormente favorevoli alla nascita di un‟atmosfera creativa e di conseguenza di

Cluster Creativi, poiché tra i principali effetti positivi dispiegati dalla pratica del

crowdfunding vi è sicuramente la centralità della persona e della sua identità, che

indissolubilmente si lega all‟appartenenza ad una comunità.

Le comunità che si aggregano sulle piattaforme, i crowdfunders, le interazioni e

l‟osservazione delle reciproche azioni in spazi virtuali condivisi genera una

dinamica comportamentale collettiva. Un comportamento di massa non

istituzionalizzato e completamente spontaneo per cui ogni individuo,

inconsapevolmente, reagisce ad uno stesso stimolo, che in tale caso specifico è la

instaurazione di una relazione di finanziamento a supporto di un progetto.

Altro aspetto delle campagne crowdfunding realmente concorrente alla creazione

di Cluster Creativi e il palesarsi della intelligenza collettiva. Termine che indica la

capacità di una comunità, attraverso la collaborazione, di evolvere verso una

capacità superiore a quella individuale circa la risoluzione di problemi e/o la

definizione di azioni da intraprendere. Il ruolo del consumatore nel processo di

ideazione e sviluppo di un prodotto e/o servizio è sempre più accentuato,

soprattutto nelle campagne di crowdfunding. Nell‟ambito di tali campagne i

sostenitori possono essere invitati a condividere le loro capacità creative e

conoscenze tecniche, il coinvolgimento è tale che il finanziatore veste anche il

ruolo di consumatore, pre-ordinando il bene o il servizio cui egli stesso ha

contributo. Si tratta indubbiamente di un effetto indiretto che si spiega sulla folla

che ruota attorno alle piattaforme, le quali attratte dal successo intravedono nuove

90

possibilità di espressione di se stessi e delle proprie idee, sono così incoraggiate a

intraprendere nuovi percorsi di vita e sperimentazione.

“From any standpoint, my goal is to be a part of this community of creatives.”100

100

Gerber E.M, Hui J.S, Kuo P.Y., “Crowdfunding: why people are motivated to post and fund projects on crowdfunding platforms”, Northwestern University Creative Action Lab, Sheridan Drive, Evanston, 2011.

91

Conclusioni

La trattazione svolta fin qui sottolinea come, nell‟era della grande globalizzazione

e della diffusa multimedialità, è sempre più chiaro che nelle economie post-

industriali la cultura può contribuire realmente a migliorare la sostenibilità e

l‟innovatività dei modelli di sviluppo sociali, economici e culturali.

Il progresso umano, inarrestabile panta-rei, coinvolge, nonostante l‟universalità e

la complessità del concetto, la tradizionale concezione di patrimonio culturale e

delle unità che lo compongono, i beni culturali, oggi proiezione agglomerata di

relazioni intessute da un‟emergente classe sociale, la creative class.

Attraverso una molteplicità di percorsi -la percettibilità della atmosfera creativa,

l‟avvento dei cluster creativi, l‟apporto della creatività e della cultura a disparati

settori dell‟agire umano, la consapevolezza dell‟identità singola e collettiva e la

coesione sociale- queste personalità hanno contribuito alla realizzazione di

network, reali o virtuali, esito di quel cambio di filosofia, approccio e quindi

modello che ha interessato la disciplina dei Beni Culturali.

La ricerca esperienziale, le modalità partecipative e la propensione al

cambiamento sono bisogni e preferenze espressi nella domanda della Classe

Creativa contemporanea, sempre più spesso non soddisfatta dalla offerta del

sistema gestionale e burocratico dei Beni Culturali, soprattutto Italiano.

Nonostante l‟invidiato “Modello Italia”, tutt‟oggi, risulti il più rispettoso e completo

approccio alle necessarie azioni di salvaguardia, ovvero tutela e valorizzazione,

dedicate all‟inestimabile “bene comune”, questo soffre, sempre più spesso

d‟incuria e svalutazione. La ripetizione delle motivazioni delle criticità di un

sistema, amaramente analizzato anche da massimi esponenti del settore come ad

esempio lo storico dell‟arte ed archeologo Salvatore Settis, creerebbero equivoci e

tramuterebbero la qui presente trattazione in quel metaforicamente si dipinge

come: “un cane che morde la coda”. Inoltre l‟applicazione del modello di Cluster

Creativo alla particolare condizione del patrimonio culturale Italiano, museo

diffuso, mito del “il 50% del patrimonio culturale mondiale è Italiano”, solleva non

pochi dubbi e quesiti tecnico-burocratici, dalla non semplice risposta. Tuttavia, la

92

chiave di volta dell‟intera vicenda si nasconde tra i palustri e difficili confini di una

feroce critica e di un punto di vista erroneamente troppo tecnico, circa

l‟argomento. Il cittadino, aldilà dei confini geografici, etno-antropologici e culturali

opera un sovvertimento, in Italia come nel resto del mondo, della classica

relazione domanda-offerta; poiché non è più l‟offerta a proporre, ovvero le

Istituzioni tradizionali, ma la domanda a chiedere, cioè i membri della creative

class. Secondo la teoria del Long Tail, il consumatori complesso è un individuo

consapevole, che non si accontenta più di ciò che gli viene offerto ma contribuisce

a creare ciò che vuole, egli ascolta, interagisce, partecipa e condivide, vive,

produce e quindi crea. Arte.

Auspicabile, data l‟importanza dell‟integrazione tra le filiere che contribuiscono alla

comunicazione e conservazione del patrimonio culturale universale, pensare a

nuove forme di equilibrio e collaborazione operanti nel settore, inaugurando

prassi e metodi gestionali non più appartenenti né alla logica pubblicistica tipica

della delega gestionale allo Stato, né a quella privatistica strettamente orientata

alla congrua remunerazione del capitale investi. Svincolarsi e lasciarsi contaminare

dalla Cultura dei Cluster Creativi, poiché il progresso è inarrestabile.

Fortunatamente.

93

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97

Ringraziamenti

Desidero ringraziare la Prof.ssa Federica De Rosa, anzitutto, per avermi

appassionato alla Storia dell‟Arte e al tema dei Beni Culturali, nonchè per la

costante cortesia e disponibilità sempre mostrata nei miei confronti.

Un ringraziamento particolare al Prof.re Luigi Affuso per il supporto tecnico e per

l‟interesse sincero e costante fornitomi durante questo lungo percorso.

Il più importante e sincero ringraziamento è rivolto alle persone senza le quali non

sarei qui oggi, pronta ad un traguardo cosi importante. La mia famiglia.

A loro devo molto più di quello che le parole riescono ad esprimere.

Ringrazio i miei genitori, poichè sono per me il più semplice e prezioso esempio di

amore e temerarietà.

Ringrazio mio padre Luigi per i molti e pazienti insegnamenti, per aver nutrito, fin

dalla tenera età, i miei occhi ed il mio cuore con l‟inestimabile bellezza delle arti e

mia madre Marianna per l‟impagabile dedizione, l‟operosità ed i leali confronti,

lezioni di vita, ricche di rispetto e libertà.

I miei fratelli Olindo e Lucia, perchè confronto, sostegno ed affetto sono da

sempre gli ingredienti fondamentali per la riuscita di questa perfetta ricetta di

famiglia.

Rivolgo un pensiero speciale a mia sorella Lucia. La sua presenza, la certezza del

suo supporto, qualsiasi sia la sua natura, l‟ammirazione e l‟orgoglio che nutro per

lei sono essenza dei miei giorni.

Nella vita non avrei potuto chiedere di meglio. Grazie Sorella.

Infine, vorrei ringraziare colui che reputo molto più che il mio fidanzato. Giuseppe.

A te, caro compagno di questo pezzo di vita che ci vede camminare fianco a

fianco, dico grazie per il sostegno materiale ed affettivo che mai mi è mancato,

sopratutto durante l‟elaborazione del presente lavoro.

La beltà d‟animo nutre il cuore d‟amore profondo e d‟altri tempi.

Quel medesimo sentimento che fù rinosciuto da occhi sconosciuti e carichi di anni.