casa di mugliera

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"Casa di mugliera, casa di galera" Identità, residenza e parentela in un paese del Sannio Author(s): Berardino Palumbo Reviewed work(s): Source: La Ricerca Folklorica, No. 25, Forme di famiglia Ricerche per un Atlante italiano. Parte prima (Apr., 1992), pp. 7-24 Published by: Grafo s.p.a. Stable URL: http://www.jstor.org/stable/1479688 . Accessed: 09/04/2012 08:49 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. Grafo s.p.a. is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to La Ricerca Folklorica. http://www.jstor.org

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"Casa di mugliera, casa di galera" Identità, residenza e parentela in un paese del SannioAuthor(s): Berardino PalumboReviewed work(s):Source: La Ricerca Folklorica, No. 25, Forme di famiglia Ricerche per un Atlante italiano.Parte prima (Apr., 1992), pp. 7-24Published by: Grafo s.p.a.Stable URL: http://www.jstor.org/stable/1479688 .Accessed: 09/04/2012 08:49

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*<Casa di mugliera, casa di galera%>

Identiti, residenza e parentela in un paese del Sannio'

Berardino Palumbo

Premessa

<<Caratteristica curiosa degli studi sulla parentela del Mediterraneo e che non hanno raggiunto la profondita di analisi e la sottigliezza che hanno invece raggiunto altro- ve?. Cosi, nell'edizione italiana del suo People of the Mediterranean (1980:206; ed. or. 1977) John Davis intro- duceva il paragrafo dedicato ai sistemi di parentela. Piu tardi David Kertzer (1981: 157) lamentava ancora l'esiguo numero di ricerche empiriche in grado di ricostruire i legami di parentela al di fuori delle unita domestiche. Nel caso italiano questo limite degli studi, curioso all'interno di una prospettiva antropologica, appariva gia in quegli anni paradossale a causa delle notizie che provenivano dal fronte degli storici. Proprio sul finire degli anni '70, infatti, un numero sempre piu consistente di lavori andava mostrando in Italia la centralita sociale, economica e politica di un esteso set di relazioni parentali ed iniziava, attraverso tali materiali, una graduale ed attenta revisione di quelle prospettive evolutive o tipologiche che avevano caratterizzato gli studi su famiglia e parentela nei decenni precedenti2. Tra questi numerosi lavori due mi sembrano emblematici nel tentativo di costituire un fondamentale raccordo tra prospettive antropologiche e storiche. Nel 1985 Gerard Delille e Giovanni Levi proponevano due analisi di societa italiane d'epoca moderna . In entrambe si coglie un identico interesse per la comprensione, da punti di vista piu aderenti ai valori ed agli ideali dei diretti attori sociali, della trama dei rapporti familiari e di parentela. Tanto nel borgo di Santena, apparentemente caratterizzato dal prevalere di unita domestiche coniugali, quanto nei paesi dell'Appennino campano, dominati invece dalle frereches contadine e dalla presenza di lignaggi e di quartieri di lignaggio, l'intera esistenza sociale appare organizzata dalla complessa trama delle parentele. Nucleo centrale di entrambi gli studi e l'analisi della famiglia e dei vincoli di parentela e, soprattutto, il superamento di una visione olistica (per quanto dinamica) e tipologica della struttura domestica in favore di pro- spettive capaci di cogliere il <reticolo relazionale esterno in cui la famiglia e immersa, da cui e condizionata e da cui assume significato?> (Levi 1985: 80, n. 11). Proprio la capacita di ricostruire la trama di tale significati, di mostrare il continuo intrecciarsi di scelte quotidiane, strategie materiali e continuita "immateriali" mi paiono

consentire a lavori che rimangono comunque storici un decisivo salto di qualita.

In parte influenzati dal positivo effetto difeedback tra metodologie etnologiche ed interessi storiografici, ma soprattutto ispirati da processi interni alla stessa tradizione antropologica4, gli studi dedicati da antropologi ad ana- loghi problemi nell'Italia rurale contemporanea in questi ultimi anni hanno iniziato a mettere a fuoco i fondamentali rapporti tra strutture domestiche e strategie ereditarie o matrimoniali, tra "famiglie", da un lato, ed ideologia e prassi della parentela dall'altro5. All'interno di un pano- rama ormai articolato, nel quale comunque non mancano problemi irrisolti o punti ancora poco chiari, questo studio intende analizzare alcuni materiali provenienti da un comune del Sannio beneventano attraverso i quali sembra possibile seguire, per un arco di tempo piuttosto lungo, l'evolversi dei rapporti tra forme d'insediamento, tipi di unita domestica, stratificazione sociale, ideologia dell'agnazione e pratiche della parentela.

1. San Marco: la Terra ed iPaesi Secondo il Catasto Onciario del 1741 la popolazione

della Terra di Santo Marco de' Cavoti - Universita del Principato Ultra, posta ad 800 metri di altezza nel cuore del Sannio beneventano - era di quasi 3.000 anime e si concentrava per intero nelle vie dell'antico oppidum medioevale6. Degli oltre 450 fuochi censiti dal Catasto il 60% aveva come capofamiglia un bracciale, contadino di solito non proprietario, il 20% un massaro, contadino piu ricco, legato in maniera stabile alla terra coltivata e proprietario di animali7, il 5% un garzone o lavoratore, meno del 10% un artigiano, solo il 5% un notabile. Una societa quasi totalmente agricola, chiaramente divisa da gerarchie interne, della quale, in ogni caso, l'analisi dei singoli fuochi e la percezione delle differenze professionali non sembra in grado di cogliere l'organizzazione piu intima. E possibile, ad esempio, attraverso i dati contenuti nel Catasto, avere un quadro sincronico dei tipi di unita domestica8 e vedere a quali forme familiari corrispondes- sero i fuochi (Tav. 1).

Constatato l'elevato numero di unita mononucleari (marito, moglie e figli), pur in presenza di una significativa tendenza all'aggregazione in polinuclei a base virilocale, possiamo rapportare tali valori alle varie categorie pro- fessionali. Troviamo in questo modo conferma di quella

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Palumbo

MONO POLINUCLEARI SENZA NUCLEO TOTALE

NUCLEARI ORIZZONTALI VERTICALI SOLO ALTRI

fraterne sororali patrilocali matrilocali

INTERO 295 49 5 91 12 22 474

PERCENTUALE 62% 10% 1% 19% 3% 5% 100%

Tav. 1. Unita domestiche nel 1741 (Catasto Onciario)

associazione tra massari, e contadini piu ricchi, e strutture familiari congiunte (convivenza di piu fratelli sposati) che studi recenti hanno ormai ben evidenziato . D'altro canto se tra i massari 3 fuochi su 10 vedono la convivenza di piui fratelli sposati, tra i piu poveri bracciali dove solo 1 famiglia su 20 e di questo tipo, troviamo la piu alta incidenza di unita coniugali (7 fuochi su 10). Questi dati, ed i numerosi altri ricavabili dallo studio sistematico del Catasto, sono certamente utili nel caratterizzare la societa locale e nel controllare alcune ipotesi ricorrenti sull'evo- luzione delle forme domestiche. Mi sembra, pero, ed in cio concordo con le critiche recentemente espresse da Delille (1988 b: 545-550), che limitandosi a questo tipo di osservazioni, in una realta come quella sanmarchese del Settecento, si rimanga ai margini del mondo sociale. Non soltanto i valori, il lessico, le categorizzazioni, l'ideologia della parentela ed il senso delle sue logiche restano fuori quadro, ma le stesse strategie sociali, economiche e patrimoniali, che pure dovrebbero trovare una loro chiarificazione attraverso simili studi, sembrano sfuggire all'analisi. II quadro sociale inizia a ricomporsi quando si comprende che il singolo fuoco non costituisce unita d'analisi del tutto significativa. La maggior parte dei fuochi e infatti circondata da altri i cui capifamiglia hanno il medesimo cognome ed i cui membri maschili sono tra loro imparentati in linea agnatica. I1 cognome Cocca e il piu diffuso in paese e comprende 36 fuochi. Questi fuochi occupano uno spazio compatto ed omoge- neo all'interno del centro abitato. II Catasto ci mostra 12 fuochi dei Cocca al Toppo, 2 nell'adiacente zona di Porta Grande, 6 nella sottostante area dei Pontili e 5, infine, sulla Piazza. I Riccio (21 fuochi) sono divisi tra il Toppo ed i Pontili. Solo in casi particolari il Catasto consente di stabilire i precisi vincoli di parentela tra tali fuochi ma

ogni qual volta, attraverso una sua attenta, analisi o

grazie ad altre fonti, questo e possibile scopriamo l'esi- stenza di quegli elementi che Delille (1988 a.: 83-122) reputa basilari nella costituzione dei "quartieri di lignag- gio". Ai Pontili si concentrano 8 fuochi dei Riccio, massari e bracciali. Come in ogni altro caso il Catasto consente di appurare che tali contadini, oltre a risiedere in una medesima zona del paese, coltivavano in una stessa area rurale terreni tra loro confinanti. Per quattro di

questi fuochi e pero possibile ricostruire i reali legami di

parentela. Andrea Riccio, anziano bracciale, vedovo, vive con il figlio Giacomo, la moglie e gli 8 figli di costui. Nella costruzione adiacente, in fuochi che il Catasto considera separati, vivono Lorenzo Riccio, massaro, con la moglie ed i 5 figli, e Giovanni Riccio, sposato con due bambini. Poco oltre troviamo invece Gabrielo Riccio, ricco massaro, marito di Caterina Riccio, i suoi tre figli maschi, le mogli dei primi due ed i figli del primogenito. Lo schema illustra i rapporti tra tali fuochi.

MARCO

1736

Fig. 1. I Riccio ai Pontili (Catasto Onciario 1741)

I fuochi considerati rappresentano un caso emblemati- co. I figli di un uomo rimangono, anche dopo il matrimo- nio, nella casa paterna, che viene divisa o accresciuta di nuovi corpi a seconda delle esigenze e delle disponibilita di spazio. I fratelli convivono sotto un medesimo tetto e mantengono "comuni et indivisi" (come annotano gli atti notarili) i beni ereditati dal padre. Intorno a tali gruppi di fratelli, che la documentazione per fuochi non sempre lascia trasparire, vivono altri parenti agnatici, collaterali pii anziani o coetanei, le cui case sono adiacenti, ed i cui

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<Casa di mugliera, casa di galera>

MONO POLINUCLEARI SENZA NUCLEO TOTALE

NUCLEARI ORIZZONTALI VERTICALI SOLO ALTRI

fraterne sororali patrilocali matrilocali

INTERO 495 66 10 188 46 89 18 911

PERCENTUALE 54% 7% 1% 21% 5% 10% 2% 100%

Tav. 2. Unita domestiche nel 1981 (Anagrafe Comunale)

campi confinano. Le sorelle, ricevuta una dote in "panna- menti e roba di rame all'uso della Terra" che le esclude dall'eredita, paterna, abbandonano al momento del ma- trimonio questo spazio parentale, agnatico ed esteso, per andare a vivere presso il marito, mentre le mogli dei fratelli giungono ad insediarsi in esso. Non e mia inten- zione affrontare uno studio dettagliato della societa del Catasto Onciario ma, ai fini di questo scritto, va sottoli- neato come tanto sul piano economico, quanto su quello sociale e nella vita rituale0l il singolo fuoco abbia un'au- tonomia decisamente ridotta ed appaia quasi completa- mente inserito in piu ampie e significative aggregazioni agnatiche.

Nel 198111 la popolazione di San Marco era di quasi 3800 abitanti divisi, secondo i dati dell'anagrafe comunale, tra poco piu di 900 famiglie. 1160% dei capifamiglia attivi nel mondo del lavoro erano contadini, che i censimenti ISTAT indicano come lavoratori autonomi, il 15% circa era composto da artigiani e commercianti, il 10% da impiegati e professionisti, mentre il restante 15% era costituito da uomini, ed in minor misura donne, che lavoravano come manovalanza operaia in settori diversi. Piu di un terzo delle unita domestiche, pero, era gestito da uomini e donne anziani, ormai pensionati, quasi sempre antichi contadini ritiratisi dal lavoro nei campi. I dati contenuti nell'anagrafe comunale, analizzati con 1'ausilio di informatori locali, consentono di avere un quadro dettagliato delle forme di organizzazione domestica agli inizi degli anni Ottanta (Tav. 2).

A guardare questi dati, e limitandosi, per assurdo ad essi, poco sembrerebbe cambiato dai tempi del Catasto onciario. Una societa ancora prevalentemente agricola, certo molto piu diversificata e complessa, ma in fondo imperniata sull'insieme di rapporti che legano una massa contadina ad un significativo artigianato e commercio locale. Una societa in cui si nota una certa frequenza di individui, sempre anziani e ritirati dal lavoro, che sem- brano vivere isolati, ma nella quale l'insieme delle forme domestiche appare immutato: chiara centralita delle unita mononucleari (coniugali), notevole incidenza dei polinu- clei a base (patri) viri-locale con presenza costante, 10%, di quelli che prevedono la convivenza di due o piu fratelli sposati.

Cosa indica, se pure indica qualcosa, a quali elementi profondi della societa locale e legata una simile apparente immobilita delle forme di organizzazione domestica? E, in secondo luogo, che fine hanno fatto quelle fondamentali aggregazioni parentali agnatiche che, ancora a meta Settecento, costituivano unita sociali, economiche, poli- tiche essenziali nel mondo locale?

Se cerchiamo, attraverso i dati dell'anagrafe comunale di cogliere, tra le vie dell'antico oppidum medievale, le concentrazioni di cognomi e le basilari aggregazioni di fratelli, cugini ed altri collaterali agnatici, il nostro tenta- tivo si rivela, a prima vista, infruttuoso. In realta l'intero modello di insediamento della popolazione nello spazio appare profondamente mutato. I1 centro storico e ormai spopolato e, rispetto al Settecento, nuove addizioni urbane si sono affiancate ad esso. A partire dalla seconda meta dell'Ottocento, intorno ad una serie di palazzi fatti costruire dalle famiglie di notabili, le antiche strade di accesso al centro fortificato si sono riempite di costruzioni e, dall'inizio del nuovo secolo, il centro del paese si e gradualmente spostato su tali assi urbani. Anche in questa nuova parte, pero, i dati dell'anagrafe civile non lasciano intravedere alcuna traccia di "lignaggi".

Nel 1985 Giovanni Levi ipotizzava che i reali fenomeni di mutamento non vadano cercati (<nella struttura interna della famiglia, estesa o nucleare, formalmente uguale anche nel corso dei secoli> ma, piuttosto, <<nel campo meno omogeneo e istituzionalizzato delle relazioni esterne fra nuclei comunque strutturali> (1985: 52-53). I dati sanmarchesi sembrerebbero confermare la sua ipotesi: ad una struttura della famiglia che rimane immobile fa riscontro un sistema di complesse relazioni agnatiche tra unita che sembra scomparso nel nulla. Concludendo il suo libro (1985: 200-201), Levi sembra voler ricondurre il proprio discorso al di fuori della comunita, e ricordare l'importanza dell'azione esterna dello stato sabaudo nel determinare quelle cesure ideologiche che causano i reali, i pitu profondi, mutamenti all'interno di un mondo locale. II caso sanmarchese, di due secoli fa o attuale, per il quale cesure analoghe a quelle di cui parla Levi non sembrano essersi mai completamente realizzate, si rivela ben piu complesso di quanto non appaia dagli elementari dati finora riportati. Immergendoci piu a fondo nella realta sociale ne avremo una immediata conferma.

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Palumbo

MONO POLINUCLEARI SENZA NUCLEO TOTALE

NUCLEARI ORIZZONTALI VERTICALI SOLO ALTRI

fraterne sororali patrilocali matrilocali

INTERO 624 400 19 467 34 56 43 1643

PERCENTUALE 38% 24% 1% 28% 2% 3% 3% 100%

Tav. 3. Unita domestiche nel 1930 (Stato delle Anime)

La popolazione di San Marco, cresciuta ininterrotta- mente dopo la peste di meta Seicento, aveva raggiunto il suo massimo storico nel 1936 quando 5.800 persone si concentravano nelle strade dell'antico centro medioevale e nelle parti nuove del paese. Dal 1930 in poi, come in tutto il meridione, la popolazione inizia a diminuire, disperdendosi, in una prima fase, nelle Americhe o in Australia e, tra il 1950 ed il 1970, nelle aree urbane del Nord Europa. Insieme a tali flussi emigratori, che porta- rono 3 sanmarchesi su 10 fuori dal mondo locale, altri movimenti cambiarono l'intero insediamento. A partire dagli ultimi decenni del XIX secolo si assiste ad un progressivo stabilizzarsi dei contadini sanmarchesi sui propri campi. Tale processo di ruralizzazione, che si conclude sul finire degli anni Sessanta con il definitivo e stabile insediamento nelle contrade, interessa quei massari e bracciali che il Catasto Onciario ci mostra risiedere nella vie del centro, raggruppati in "quartieri di lignaggio". Le case che questi contadini possiedono nel centro si spopolano, vengono chiuse e sono riaperte solo nei giorni festivi, quando la famiglia ritorna "alla Terra". A volte vengono vendute e, dove nel Settecento abitavano conta- dini, dai primi del secolo troviamo quegli artigiani che ancora oggi vi risiedono.

Di questo processo rimangono tracce in un importante documento, lo "Stato delle Anime", conservato nella parrocchia di San Marco e redatto proprio negli anni Trenta. Nei suoi mille fogli, sui quali sono riportate altrettante "famiglie", e indicata la residenza di ogni unita domestica. Per le "famiglie" contadine, nel corso degli anni, il parroco annota continui cambi di residenza o, piu precisamente, segnala piui residenze contemporanee. Al- cune famiglie di massari Cocca, ad esempio, ancora nel 1935 risiedono contemporaneamente al Toppo e nella contrada Franzese, altri massari Ricci sono segnalati alla Ripa e nella contrada Paolella. I contadini piui anziani confermano questo dato: <stavamo aupaese ma tenevamo le case alla Terra)>, dice Diodoro (Cocca) Ntunelli (vive- vamo in campagna - u paese - ma avevamo le case anche nel paese - la Terra).

Le case del centro erano abitate stabilmente solo da qualche donna, dagli uomini che non erano occupati nei campi, dai bambini non ancora attivi, mentre in campagna risiedeva la forza lavoro dell'unita. Una residenza che per

un certo periodo dovette essere elastica, bipolarizzata, capace di fluttuare a seconda dei ritmi del ciclo lavorativo e del tempo festivo. La domenica i contadini ritornavano alla Terra, si cambiavano d'abito e partecipavano ai rituali religiosi e sociali che scandivano il tempo di festa. Lo "Stato delle Anime" consente di fissare anche in questo caso il quadro delle forme di residenza (Tav. 3).

II modello sembra diverso. La percentuale di unita polinucleari supera quella delle unita domestiche e le "famiglie" composte da piiu fratelli sposati raggiungono il 25% del totale. Tra i contadini, ed in particolare nello strato piu ricco del mondo contadino, i massari, l'inci- denza dei polinuclei sale notevolmente ma anche tra gli artigiani e tra i notabili l'unita composta da piu nuclei coniugali e chiaramente importante. La fonte in questione, lo "Stato delle Anime", e indubbiamente molto piu vicina alla realta sociale di quanto non lo fosse il Catasto Onciario o non lo sia la stessa Anagrafe Comunale. E quindi possibile che fuochi considerati separati dal Catasto sarebbero stati unificati in un foglio nello Stato delle Anime. L'analisi dei dati impone comunque commenti e cautele.

E possibile considerare unita domestiche quelle "fami- glie" contadine che sembrano dividersi tra contrade e case di paese e ricomporsi in particolari occasioni? Sono "vere famiglie" o aggregati di tipo piu ampio cui i fogli dello Stato delle Anime sembrano conferire una illusoria unita?

Nel momento in cui veniva stilato lo "Stato delle Anime", il paese si trovava al culmine di una fase di fortissima espansione demografica. Quasi seimila persone si accalcavano nelle case del centro storico e questo non puo non aver influito sulla composizione delle unita domestiche. D'altro canto la costruzione di abitazioni rurali migliori ed una maggiore sicurezza andavano da alcuni decenni migliorando le condizioni di vita nelle campagne e determinavano un processo di stabilizzazione dei massari nelle contrade.

Nel mostrarci queste grosse famiglie contadine (com- poste in genere di 15-20 persone) dividersi tra case in paese ed abitazioni rurali, il documento coglie la societa locale nel momento conclusivo della transizione da un mondo totalmente imperniato sul centro abitato ad una realta bipolare, che alla "Terra" vedra contrapposte le contrade. Al termine di questo processo lo spazio nel

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<Casa di mugliera, casa di galera>

quale le unita domestiche si distribuiscono appare diverso da quello che emergeva nel Settecento.

Ad una societa nella quale i fuochi si raggruppavano in strade o rioni popolati da parenti agnatici, che fossero massari, artigiani o notabili, sembra sostituirsi un mondo che ruota intorno a due poli. Da un lato il centro abitato, "la Terra", ormai abbandonato (dal 1960 in poi in maniera definitiva) dai contadini proprietari di terre o titolari di contratti di affitto, abitato solo dai signori, gli antichi notabili e dagli artisti, gli artigiani (per un totale di 1700 individui, secondo il censimento del 1981). Dal- l'altro una serie numerosa di contrade rurali, nelle quali i contadini possiedono le terre, "i paesi" ed in cui conducono un'esistenza separata. Mondo "di dentro" e mondo "di fuori", come sostengono oggi i piu anziani dei miei informatori, che interagiscono ed insieme si contrappon- gono; "usi di paese" ed "usi di contrada" che definiscono due aree di identita ormai nettamente distinte. All'interno di questo modello ideale dell'insediamento e della strati- ficazione sociale non sembra esservi spazio per quei raggruppamenti parentali che nel 1700 costituivano il reale perno della societa sanmarchese.

L'adozione di una prospettiva piu dichiaratamente antropologica mostrera invece che proprio analoghe aggregazioni di parenti e le complesse famiglie dello "Stato delle Anime" che in esse erano inserite furono le piu dirette protagoniste di simili mutamenti. Al di la delle domande e delle ipotesi, resta comunque il dato che per il parroco i fogli e tutte le persone in essi contenute costituivano delle unita familiari.

Si trattava, come vedremo, di un sacerdote ben infor- mato sulla vita dei suoi parrocchiani. I diretti discendenti delle persone presenti nello "Stato delle Anime", del resto, non sembrano aver mai avuto dubbi sul fatto che, pur avendo case in paese ed in campagna, pur potendo risiedere a volta nelle contrade rurali, altre nelle strade della Terra, i propri genitori <?vivessero in famiglia>>.

2. "Vivere infamiglia, "vivere in paese"

Dal 1964 al 1975 Diodoro Cocca ed il fratello Lucio, entrambi massari della contrada Franzese <<erano vissuti in famiglia?. Avevano coabitato nella medesima lunga casa in cui erano cresciuti con i genitori e le sorelle, coltivando in comune le terre ereditate dal padre. Quando, nel 1975, cinque anni dopo la morte del padre, a Diodoro nacque la quarta ed ultima figlia, i due fratelli decisero di separarsi. A poca distanza dall'antica casa paterna, ed a qualche metro l'una dall'altra, costruirono due nuove abitazioni. Qui, dopo aver <(spartito le proprieta>>, ovvero dopo aver diviso le terre e gli altri beni comuni, si insediarono ognuno con il proprio nucleo coniugale.

Dieci anni piu tardi Diodoro Ntunelli, mio informatore, parlava ancora con una certa nostalgia del tempo in cui <vivere infamigliay>. Questa espressione, "vivere in fami- glia", e tipica del dialetto locale ed indica il risiedere in una unita domestica ben piu ampia della semplice unita

coniugale: Diodoro, che oggi vive con la moglie e le figlie, pur considerando queste persone componenti della pro- pria "famiglia", non affermerebbe mai di "vivere in famiglia".

Tale espressione dialettale, usata quasi esclusivamente dai contadini delle contrade rurali, rinvia alla coresidenza, in una costruzione unica o in un insieme di abitazioni raccolte intorno ad un cortile interno, di piu nuclei coniugali i cui maschi sono legati da vincoli di parentela agnatica.

"In famiglia" nel 1983 vivevano ancora i figli di Giovanni Soriano. Questa unita sembra presentare tutti i caratteri che, nel sistema di valori diffuso nelle contrade, connotano il "vivere in famiglia". In due costruzioni adiacenti, anche se in appartamenti separati e comuni- canti, convivono due fratelli sposati (Giuseppe ed Angelo), con le rispettive mogli, i figli ed una sorella nubile, i loro genitori ed il nonno paterno.

a in nero i coresidenti nel 1986. ANTONIO SORIANO

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L GIAN PIERO I 982

Fig. 2. La famiglia di Giovanni Soriano

I1 dato essenziale e tipico di tale unita e la convivenza di due fratelli sposati. Giuseppe ed Angelo Crusci coltivano insieme le terre, allevano gli animali che il padre Giovanni ha ereditato dal proprio genitore quando l'anziano Giu-

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I i

I

A

Palumbo

MONO POLINUCLEARI SENZA NUCLEO TOTALE

NUCLEARI ORIZZONTALI VERTICALI SOLO ALTRI

fraterne sororali patrilocali matrilocali

CAMPAGNA int. 127 54 10 111 16 317

perc. 40% 17% 3% 35% 5% 100%

PAESE int. 368 12 77 30 89 18 594

perc. 62% 2% 13% 5% 15% 3% 100%

Tav. 4. Unita domestiche in campagna ed in paese (Anagrafe Comunale 1981)

seppe decise di ritirarsi dal lavoro attivo e, almeno nelle intenzioni, dichiarano di voler mantenere "comuni ed indivisi" i beni di famiglia anche dopo la morte del padre. L'esperienza del "vivere in famiglia" si realizza a pieno laddove si abbia un'unita domestica di tipo polinucleare, a base patrilocale, estesa tanto in senso verticale quanto, soprattutto, in direzione orizzontale.

I dati elaborati dall'analisi dell'anagrafe civile (tav. 1) non avrebbero lasciato supporre, nel mondo contadino attuale, la centralita di simili ideali familiari che sembrano invece trovare una maggiore corrispondenza nei dati del 1930 (tav. 3). Se pero, in considerazione del processo di ruralizzazione contadina descritto in precedenza, provia- mo a disaggregare i dati dell'anagrafe in rapporto al contesto di contrada od a quello di paese, il quadro assume un aspetto decisamente piui coerente (Tav. 4).

Nel mondo delle contrade, anche agli inizi degli anni Ottanta, la coresidenza di piui nuclei (genitori ed un figlio maschio sposato, piu fratelli sposati, con o senza i genitori) costituisce un momento importante e socialmente apprezzato dell'esistenza delle "famiglie contadine". Ogni 10 unita 6 sono di tipo polinucleare e, tra queste, due sono costituite dalla convivenza di fratelli sposati.

Se poi, pur non potendo, per ragioni di spazio, analiz- zarlo a fondo, consideriamo per un solo momento il ciclo di sviluppo di queste famiglie contadine, la centralita delle forme complesse si fa ancora piu evidente. Le frereches contadine raggiungono sistematicamente il loro punto critico quando i figli maschi dei fratelli conviventi si avvicinano all'eta del matrimonio. Poco prima che uno di questi cugini si sposi, i padri, i fratelli si dividono e danno vita, ma solo per periodi brevissimi, ad unita coniugali. Con il matrimonio della generazione dei cugini si formano famiglie polinucleari verticali che, a seconda della situazione demografica della famiglia (il numero dei figli maschi di un uomo) e delle strategie adottate potranno ricompattarsi in una nuova frereche. Fino agli anni Cinquanta, prima della grande emigrazione, il passaggio da una situazione di frereche ad una successiva sembra essere stato molto rapido e, almeno tra i contadini che

avevano un rapporto stabile con la terra, quasi meccanico. Diodoro e Lucio Cocca, vissuti insieme dal 1964 al 1975, fino a meta degli anni Cinquanta avevano fatto parte della grande "famiglia" che il padre Pasquale e suo fratello Giovanni avevano formato agli inizi degli anni Venti, dopo aver sposato due sorelle. Con il matrimonio del primo figlio di Pasquale Cocca la "famiglia" iniziale e ormai divisa ma, pochi anni dopo, troviamo in contrada

FRANCA 1975

divisi dal i:971f

Fig. 3. II ciclo di sviluppo dei Cocca al Franzese

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sia la nuavaftereche costituita da Diodoro e dal fratello sia, a qualche metro di distanza, quella formata da Orazio e Mario, figli di Giovanni, loro cugini che del resto sposano le proprie cugine patrilaterali, Libera e Colomba, sorelle di Diodoro e Lucio.

Questo esempio mette in evidenza una serie di aspetti tipici delle "famiglie" contadine sanmarchesi - la stretta interazione tra strategie matrimoniali e ciclo di sviluppo, l'importanza di comportamenti demografici quali, ad esempio, l'elevato celibato maschile - che non posso qui analizzare.

Piu in generale, pero, esso esprime chiaramente alcune tendenze che sembrano connotare l'esistenza e la storia di tali unita domestiche. In primo luogo l'esigenza di inserirsi in un ciclo a lenta dissolvenza, nel quale il mutamento, certo presente, sembra quasi irrigidito da alcuni mecca- nismi strutturali. Processo che potremmo quasi immagi- nare immobile e che del resto conferma quella tendenza "a mostrarsi piu stabile, o meglio piu insensibile allo svolgersi del ciclo domestico" che secondo Andre Bur- guiere (1988:56) caratterizza la "famiglia comunitaria". In realta i fratelli si dividono, i cugini (paralleli patrilate- rali) convivono solo durante l'adolescenza, i beni "sono spartiti". Tali mutamenti, comunque, non causano una dispersione dei discendenti patrilineari di piu fratelli: Diodoro e Lucio si separano, ma risiedono a pochi metri l'uno dall'altro, i loro cugini-cognati sono emigrati ma, fin quando rimasero in contrada, vivevano a pochi passi. Tutt'intorno, al Franzese, vivono altri fratelli di Pasquale e Giovanni Cocca, con i loro figli e, con questi, i discendenti, in linea maschile di un fratello del padre del padre di Diodoro e Lucio. La"famiglia", oltre ad inserirsi in un ciclo a lenta dissolvenza si colloca al centro di uno spazio residenziale ben piu ampio, esteso, e connotato genealogicamente. Le contrade rurali, nelle quali le unita polinucleari sono preponderanti, presentano un impres- sionante grado di concentrazione di parenti agnatici, raggruppati nelle costruzioni che ne costituiscono il cuore e proprietari delle terre che le circondano. Ritroviamo, nel mondo rurale contemporaneo, costituitosi nel corso dell'ultimo secolo a causa dello spostamento definitivo dei contadini dal centro abitato alle contrade, quelle compatte aggregazioni agnatiche delle quali, nel mondo di paese, si erano perse le tracce due secoli fa. Un soprannome collettivo ed ereditario indica ciascuna di questa concentrazioni agnatiche: gli Ntunelli (l'insieme dei cugini Cocca) del Franzese, i Crusci (il gruppo dei Soriano, 4 famiglie) di Santa Maria, i Nutari di Paolella ... E all'interno di questo spazio residenziale esteso e di un simile tempo genealogico rallentato che gli attori sociali, contadini e non, percepiscono l'esistenza delle unita domestiche. E dunque a questi raggruppamenti di parenti che l'antropologo deve rivolger la propria attenzione.

La tavola 4 presenta, in paese, una situazione molto diversa. Qui la famiglia coniugale appare dominante mentre scompaiono quasi del tutto le unita composte da

c<Casa di mugliera, casa di galera>>

fratelli sposati e, pur rimanendo importante una certa tendenza alla (patri) viri-localita, i polinuclei in genere cedono il passo a forme domestiche meno articolate. Queste ultime sono di fatto l'unica soluzione residenziale presente tra gli strati piu poveri della popolazione "urbana": gli antichi braccianti, ormai pensionati, la non numerosa manovalanza agricola ed operaia, concentrata in due particolari rioni del centro, vivono in nuclei coniugali o, con una certa frequenza, da soli. In tali strati anche le valutazioni ideali e normative sembrano frammentarsi. Queste persone, che negli anni dell'emigrazione videro la maggior parte dei propri coniugi e parenti disperdersi per il mondo, conoscono quell'insieme di valori e di valutazioni che, nello spazio rurale, conferiscono centralita ideologica alla coresidenza di fratelli e di parenti agnatici. L'estrema precarieta dell'esistenza quotidiana, e la durezza delle vicende affrontate nei decenni trascorsi, non consentono pero a tale complesso di idee e credenze di organizzarsi in un coerente, e funzionale, sistema di valori.

Le famiglie coniugali sono centrali anche tra le fasce pitu scolarizzate dellla popolazione. Impiegati, liberi pro- fessionisti, quasi sempre giovani, a volte di origine fore- stiera, piu spesso sanmarchesi di origine contadina o artigiana, non particolarmente legati alla vita del paese, non attribuiscono alcun significato positivo ne al "vivere in famiglia" ne tantomeno all'insieme di rapporti che avvolgono tale unita. Per costoro i comportamenti ed i codici che nella comunita sono alla base dell'essenziale discorso sull'identita, la parentela e la famiglia, appaiono ormai del tutto privi di senso. Sono, come disse un giovane professore, seccato perche avevo rivelato di conoscere il soprannome ereditario che lo vincolava a quel mondo nel quale lui non voleva pitu identificarsi, <<usi di paese, che non hanno piu senso>.

Dove invece tale grammatica ideologica continua ad avere un valore essenziale e all'interno del ceto artigiano- commerciale. Anche se in forme significativamente diffe- renti da quelle rurali, per questa famiglie di agiati com- mercianti, radicate alla storia ed alle vicende del paese, insediate nel centro urbano da almeno due secoli e da trenta anni protagoniste della vita economica e politica'2, le logiche messe in luce nel mondo contadino sono pienamente comprensibili e dotate di significato.

Le dodici famiglie di paese in cui convivono piu fratelli sposati sono tutte "artigiane" e, oltre a ricordare il tempo in cui anche loro vivevano uniti, i membri di questo ceto ribadiscono di continuo la centralita ideologica della patripropinquita e degli stessi valori dell'agnazione. D'al- tro canto, in paese come in campagna, e non solo tra i piu "tradizionalisti" artigiani, un individuo viene identificato, connotato e qualificato, attraverso quel soprannome ereditario e collettivo che lo inserisce immediatamente all'interno di una precisa aggregazione di parenti. Al di la della preponderanza delle forme domestiche di tipo coniugale, e della loro dispersione nello spazio "urbano", l'appartenenza a tali raggruppamenti costituisce l'ele- mento base, spesso unico, della identita sociale di tali

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persone e rappresenta il perno delle loro strategie econo- miche e politiche.

Agli inizi degli anni Ottanta Diodoro (Colarusso) Tontina aveva la suaputega (officina) di fabbro in Piazza Mercato e, nella casa adiacente, che fu del padre Giovanni Tontina, fabbro anche lui, viveva con la moglie ed i figli. II fratello maggiore, Raffaele Tontina viveva invece in un'elegante villa costruita nella parte alta del paese. Nella centrale via Roma abitava Leonilda Tontina, loro anziana sorella che gestiva il negozio di generi alimentari apparte- nuto alla madre ed ancor prima alla nonna paterna. Con Leonilda dormiva Pina Tontina, figlia di Lucia Tontina, ultimogenita di Giovanni e portalettere del paese, che viveva a qualche decina di metri dalla sorella con il marito, un uomo non sanmarchese, ed un'altra figlia. Ad uno sguardo iniziale l'insieme delle famiglie dei Tontina appare poco strutturato e comunque composto da alcune unita domestiche coniugali, autonome e scarsamente interdipendenti. Pur tralasciando, un primo evidente elemento aggregante (il soprannome comune "Tontina"), anche da questi semplici cenni emergono tratti che rinvia- no ad una situazione piu complessa.

In questi ultimissimi mesi Leonilda Tontina ha lasciato l'abitazione dove, per oltre venti anni, aveva gestito il negozio ed in cui era vissuta, prima con la madre, quindi da sola ed infine con la figlia della sorella. Una malattia l'ha costretta ad abbandonare il commercio ed a trasferirsi in Piazza Mercato, in una casa posta di fronte 1'officina e 1'abitazione del fratello. Si tratta, come lei stessa dichiara, di un ritorno al passato. La casa in cui ora vive era appartenuta al padre che, nell'immediato dopoguerra, l'aveva comprata per far fronte all'ampliarsi della fami- glia. Nel 1949 con il matrimonio del primogenito Raffaele, lo spazio dell'originaria abitazione di famiglia si era fatto troppo angusto. Mentre Raffaele e la moglie si stabilivano nella vecchia casa; Giovanni, il padre, Immacolata, sua moglie, ed i rimanenti quattro figli si spostavano di fronte nella nuova abitazione. Qui, dopo la morte del padre, la madre, prima, e la stessa Leonilda, in seguito, avevano gestito il negozio di generi alimentari. Fino ai primi anni Sessanta quell'angolo di Piazza Mercato era stato identi- ficato, da tutto il paese, con i Tontina: vi erano la loro putega di fabbro, presso la quale i massari portavano le proprie bestie, ed il negozio nel quale i medesimi contadini si rifornivano di beni di consumo. Questo spazio, insieme fisico e parentale, fu incrinato dal matrimonio di Diodoro e dalla successiva decisione di Raffaele di costruire una nuova moderna abitazione.

Durante i primi anni Sessanta Diodoro, il solo a continuare l'attivita paterna, si stabilisce definitivamente nella casa di famiglia, Raffaele si sposta nella nuova villa, Leonilda decide di trasferire il negozio e 1' anziana madre, ormai malata, nella piu centrale via Roma, Lucia si sposa e va a vivere non lontano dalla sorella. Nonostante tale dispersione poco sembra cambiare nei rapporti tra i Tontina e nel modo in cui la comunita guarda a questo insieme di persone. Gli stessi massari che erano clienti del

padre, continuano a servirsi da Diodoro, nellaputega dei Tontina, e nel negozio di Leonalida continuano a fare le loro compere. Queste due attivita (il lavoro di fabbro e la gestione di un negozio) sembrano costituire i perni intorno ai quali ruota l'esistenza di tutti i nuclei, coniugali e non, di cui stiamo parlando. Certo Diodoro e il titolare dell'attivita artigianale, cosi come Leonilda lo e di quella commerciale, ma tanto per l'uno quanto per l'altra, allo stesso modo che per l'intera comunita, l'officina di fabbro del primo rimane sempre la "putega dei Tontina, quella nella quale Giovanni, e prima di lui il padre, Raffaele, "di Donatella", ed ancora prima il nonno, Nicola Cunocchio, erano stati fabbri; ed il negozio di Leonilda continua ad essere quello fondato dalla nonna paterna, Antonia dei Pacchetelle, detta Tontina, e gestito, prima di lei, dalla madre. Intorno a queste attivita si struttura una identita che coinvolge ogni singolo nucleo domestico indicato dal soprannome collettivo "i Tontina", che si perpetua a prescindere dalle forme di aggregazione residenziale delle singole unita coniugali e che sembra anzi uno degli elementi centrali nel determinare gli spostamenti di tali unita nello spazio.

Non e, ad esempio, un caso che nell'antica abitazione di famiglia viva oggi Diodoro, il solo discendente che perpetui l'attivita tipica dei Tontina o, parallelamente, che Leonilda, dopo aver lasciato la casa paterna per portare il negozio in una zona piu centrale, appena abbandonata l'attivita, torni a Piazza Mercato. Parlando con lei, solo qualche mese fa, era facile percepire nelle sue parole un senso di stanchezza e di rassegnazione. Vivere in quella casa voleva dire essere tornata indietro nel tempo ma la sua esistenza, specie negli ultimissimi anni, aveva reso tale ritorno particolarmente amaro.

La malattia 1' aveva costretta da abbandonare il negozio ed a rinunciare ad un' attivita che la teneva legata all'intera comunita. In quel negozio, nel quale da ormai tre genera- zioni tutto il paese sapeva di trovare una donna dei Tontina, era stata, per i suoi compaesani, Leonilda Tontina. Questo la faceva sentire partecipe e protagonista attiva di un'identita e di "un'eredita immateriale" che ancorava se stessa e l'intero suo gruppo di parenti alle vicende del mondo locale. Con la sua malattia e la conseguente chiusura del negozio, un elemento cardine di tale identita, un frammento della storia dei Tontina e della vita del paese, erano scomparsi per sempre, insieme agli anni della sua gioventu. Quella casa in cui era tornata si era dunque popolata di ricordi cui solo i rumori provenienti dall'officina di fabbro del fratello sembravano conferire, in una quotidianita ormai ritmata da immobilita ed assenze, una qualche speranza di continuita.

4. La razza e la parentela

I quattro volumi dello "Stato delle Anime", redatti agli inizi degli anni Trenta dal parroco Don Virgilio Parisi, costituiscono un documento per molti versi eccezionale. La sua importanza non e tanto nella massa, pure impres-

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sionante, di dati contenuti, ma piuttosto nei criteri che il parroco adopera per organizzarli. Innanzitutto i fogli dei registri si succedono seguendo un ordine alfabetico di cognome: tutti i capifamiglia con un medesimo cognome sono elencati insieme, uno dopo l'altro. All'interno di ciascun cognome si segue, di solito, l'ordine alfabetico, applicato questa volta ai nomi propri dei capifamiglia ma, in tal caso, vediamo quasi sempre intervenire un diverso principio di classificazione. Don Virgilio usava scrivere in rosso, al fianco di ciascun foglio, un particolare nome. Quasi trenta fogli del IV volume, ad esempio, sono occupati da unita il cui capofamiglia ha il cognome Soriano. Questo insieme di "famiglie" e a sua volta suddiviso in piui piccoli aggruppamenti: 8 unita sono indicate come Suriani, 2 sono invece contrassegnate dal nome Ciccopauli, altre dal nome Puttanelli, altre ancora compaiono come Jazeppa.

Le ultime 5 famiglie comprese nel gruppo dei Soriano sono tutte indicate da un termine che invece conosciamo: si tratta delle cinque unita dei Crusci che gia in quegli anni si trovavano nella contrada di Santa Maria di Macchia. Nelle pagine dello "Stato d'Anime" scopriamo con facilita gli altri protagonisti di questo scritto: gli Ntunelli (Cocca) del Franzese, i Tontina a Piazza Mercato. Il nome in rosso che aiuta il parroco ad organizzare il complesso insieme delle unita domestiche aventi un medesimo co- gnome e dunque il medesimo soprannome ereditario con

I- --)~~~~ ~ANTODrELLO pL -~~~~ ~c- -O- - COCCHI i

r<Casa di mugliera, casa di galera>

il quale, ancora oggi, a San Marco, si indica un gruppo di famiglie tra loro imparentate.

L'intera struttura dei fogli dello "Stato delle Anime" sembra ricalcare, in realta, le categorie che un'analisi antropologica mostra essere alla base dell'universo pa- rentale locale. La stessa scelta del cognome come prima, ampia, categoria aggregante non e neutra. Un termine dialettale, casata, indica l'insieme delle persone che hanno un medesimo cognome. Tutti coloro che si chiamano Cocca sono della casata dei Cocchi, <<fanno - secondo un'espressione tipica - la stessa casata>.

Al giorno d'oggi non esiste alcun particolare legame tra coloro che hanno un medesimo cognome e la casata non puo certo essere considerata un gruppo sociale. In ogni caso i miei informatori hanno esplicitamente am- messo che, un tempo, i membri di una casata dovevano essere tutti "parenti per parte di padre": (ma, u sapiti, lu ramo di parentela si allarga epoifinisce che non si e piuz niente>>. Il generico spazio sociale della casata e suddiviso in un numero variabile di linee agnatiche, connotate da un diverso termine. Tutti coloro che, all'interno di una medesima casata, sono indicati da uno stesso soprannome collettivo ed ereditario, costituiscono una razza: i Crusci, gli Ntunelli, i Tontina sono razze, ovvero insieme di uomini e donne, imparentati tra loro in linea agnatica. Per un sanmarchese i fogli dello "Stato delle Anime" presentano un'organizzazione del tutto familiare: casate

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Fig. 4. La razza Ntunelli nella contrada Franzese

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che si suddividono in razze, razze che comprendono piu famiglie.

In campagna, da un secolo a questa parte, la razza e sempre localizzata in una, a volte due, adiacenti contrade che, in alcuni casi, da questa unita parentale prendono il nome. Al Franzese, ad esempio, la contrada piu grande e piu lontana dal paese, troviamo oggi le razze dei Cardilli, degli Ntunelli e dei Mastromicheli. Ogni razza si concentra in un compatto aggregato di case, raccolte intorno ad un'antica costruzione, spesso adibita a stalla.

La storia di una razza contadina inizia di solito 5 o 6 generazioni prima (rispetto a quella piu giovane vivente) con il racconto delle vicende fantastiche che condussero alcuni fratelli a dividersi e a dare origine ognuno ad una razza, legata alle altre ma distinta. Da ciascun fratello fondatore sono discesi, in linea esclusivamente agnatica, tutti gli uomini e tutte le donne che costituiscono la razza e che si raggruppano nellefamiglie i cui capifamiglia sono indicati da un medesimo soprannome ereditario . Spesso queste storie di fondazione narrano le vicende del popola- mento della contrada. Indicano le modalita attraverso le quali una determinata linea agnatica si fisso in quell'area del mondo rurale e fondano precise asimmetrie sociali tra razze piu antiche e razze piu recenti. Al Franzese <i veri nascimenti daa cuntrada [la linea piu antica, quella originaria della contrada] sono i Cardilli che venno tutti da Carlo Cardilli, detto u Barone>> (che discendono tutti da Carlo Cardilli, detto il Barone). ?(Dopo i Cardilli - narrava Antonio Cardilli, il piu anziano massaro di quella razza - venette sta casata dei Cocca [vennero i Cocca] quando Ntunello dei Cocchi sposo na donna dei Cardilli e venette su parte di donna)>. <?Gli Ntunelli, - ribadisce Diodoro Ntunelli -, non sono nascimenti del Franzese ma venno dai Cocchi di Montedoro [discendono dai Cocca di Montedoro, una lontana contrada] e come gli altri Cocchi tenno tutti le case au Toppo [hanno le proprie abitazioni al Toppo]. Ntunello dei Cocchi venette al Franzese suparte di donna [sposo una donna erede] dei Cardilli e da Ntunello venimo noi Ntunelli>. Solo piu tardi giunsero tutti gli altri. I racconti "mitici", che da un lato scandiscono la memoria genealogica, organizzando in precise e compatte linee agnatiche lo spazio indifferen- ziato della casata, fondano, dall'altro, uno spazio resi- denziale ampio, quello della contrada, nel quale si raccor- dano le vicende dell'insediamento contadino, la storia genealogica di ogni razza e l'identita di un insieme di parenti patrilineari. Al di la delle importanti funzioni che la singola unita domestica svolge in alcuni ambiti del mondo contadino, e della stessa importanza che i conta- dini attribuiscono al "vivere in famiglia", in numerosi altri contesti sociali e necessario inserire questa singola realta nel piu ampio insieme di rapporti che la vincolano ad un esteso tessuto parentale agnatico. Ho mostrato come la residenza delle singole unita domestiche contadine vada posizionata in uno spazio residenziale ampio, quello della contrada, dove, secondo le parole di Rosina Zicheli, anziana contadina del Franzese, <<i vicini sono chissi

[questi], sono i parenti>>. Ho sottolineato, poi, come l'uso di un unico soprannome ereditario, trasmesso in linea agnatica, identifichi una ed una sola patrilinea, e definisca, all'interno della memoria comunitaria, una precisa iden- tita sociale. E il partecipare di questa identita genealogica, o l'essere considerati parte di una simile identita di lunga durata, e non certo l'appartenere ad una famiglia, che conferisce al singolo individuo il diritto di essere protago- nista a pieno titolo delle vicende del mondo locale. Restano ora da esaminare piu da vicino le modalita che vincolano l'unita domestica alla linea agnatica e gli ambiti in cui tali legami appaiono piu stretti.

Circondata a pochi metri di distanza da altre unita domestiche alle quali la legano una comune identita ed una medesima e consapevole storia genealogica, la fami- glia contadina appare legata alla razza anche da interessi economici, strategie patrimoniali e matrimoniali, da mo- tivazioni materiali e, per dirla con Levi, "immateriali". Cio che, dal punto di vista degli stessi attori sociali, aggrega una razza e la condivisione e la perpetuazione nel tempo di un comune patrimonio materiale, simbolico e fisiologico, trasmesso patrilinearmente: <cavere la stessa terra, avere lo stesso nome ed avere lo stesso sangue?>, questo crea una razza14. Nelle contrade rurali ed in particolare per quelle razze di massari che da meta Settecento appaiono proprietarie delle terre, i campi coltivati sono tutt'intorno all'area abitata. IL titolare dei diritti di proprieta sulla terra rimane il singolo capofami- glia, o i fratelli che convivono "in famiglia", ma anche in questo caso il grado di autonomia dell'unita domestica appare relativo. I1 patrimonio fondiario a disposizione, ad esempio, di Lucio e Diodoro Ntunelli e oggi ben differenziato, ma entrambi sanno che esso e frutto della divisione di una ricchezza un tempo comune, mantenuta indivisa per un certo periodo. Questa terra, ora divisa tra fratelli maschi, era appartenuta al padre il quale a sua volta 1' aveva mantenuta in comune con suo fratello, dopo averla ereditata dal proprio genitore ed aver escluso dalla divisione, attraverso la dote, tutte le proprie sorelle. In ultima istanza Diodoro e Lucio reputano le loro proprieta parte integrante del piu ampio patrimonio che i primi figli di Ntunello dei Cocchi seppero mettere insieme. Questa consapevolezza patrimoniale e alla base di un particolare modo di definire i membri maschi di una razza contadina: essi sono i reri, gli eredi, coloro che, anche dopo la divisione formale di una proprieta, e di solito per quattro- cinque generazioni, si ritengono accomunati dal possedere una terra un tempo parte di una medesima eredita. L'essere reri crea particolari obblighi reciproci: tra membri di una razza ci si aiuta nel lavoro sui campi e nella cura degli animali e, soprattutto, ci si ritiene vincolati in caso di vendita dei terreni. Le terre appartenenti alla razza non dovrebbero mai finire in mani estranee e, se e necessario venderle, e obbligo preciso cercare un acquirente all'in- terno della linea agnatica. La stretta associazione tra una linea agnatica ed una proprieta fondiaria sembra essere alla base delle scelte matrimoniali e delle strategie patri-

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<<Casa di mugliera, casa di galera>

moniali dei singoli membri di una razza. Non e possibile, in queste pagine, affrontare lo studio di simili essenziali meccanismi ma, dagli stessi esempi riportati, appare evidente che, in alcuni casi, la singola unita domestica e un semplice anello all'interno di una "politica economica" di piu ampio respiro, gestita a livello di linea agnatica. Ii matrimonio di Diodoro e Lucio Ntunelli con le proprie cugine incrociate matrilaterali non puo essere compreso, ad esempio, se non all'interno del circuito di scambi che, da tre generazioni, lega Ntunelli e Cardilli in quella che e la replica dell'iniziale unione tra Antonello dei Cocchi ed una donna Cardilli5.

La centralitai della razza e evidente anche nella scena politica locale. Innanzitutto chiunque voglia partecipare attivamente alla gestione della vita politica del paese deve appartenere alla comunita. Questo vuol dire essere maschi inseriti in una linea agnatica conosciuta, nota, identificata ed immediatamente qualificata da un soprannome eredi- tario; essere vincolati ad un insieme di individui, vivi e defunti, sui quali l'intera comunita e in possesso di informazioni "tradizionali". In una simile scena, dominata dalla esibizione e dalla dichiarazione di identita che i membri di ogni linea agnatica mettono continuamente in atto, si comprende come il singolo capofamiglia abbia margini di autonomia particolarmente ristretti. II voto, nelle elezioni amministrative, infatti, e sempre voto di "razza", deciso collettivamente e contrattato con gli esponenti delle fazioni del paese nel corso di riunioni16 cui partecipano tutti gli uomini della linea agnatica. Espres- sione di una strategia comune, il voto sancisce un rapporto di clientelismo politico tra l'intera razza e le famiglie artigiane del paese che oggi controllano la scena politica locale. Vincolo clientelare saldo e spesso duraturo che si fonda, del resto, su un altrettanto solido clientelismo commerciale. Le singole famiglie della razza contadina si servono, infatti, nelle botteghe e nelle officine gestite dagli esponenti dello stesso insieme di famiglie "artigiane" che compongono il cuore della fazione politica cui la razza contadina ha aderito. Sul piano "immateriale" la significativa compenetrazione tra unita domestica e rag- gruppamento agnatico appare, se possibile, ancora piu evidente. Oltre al soprannome ereditario, che imprime alla linea un'etichetta stabile e capace di connotarne l'identita nel tempo, altri elementi antroponimici contri- buiscono a conferire una precisa fisionomia alla razza. L'attribuzione del nome proprio ai neonati spetta ai genitori e, al di la di un certo margine di liberta, si seguono regole ben precise che rivelano una rigida logica di linea. Non si tratta, come in buona parte dei sistemi di denominazione europei17, solo di attribuire ai bambini i nomi dei loro nonni, rispettando magari un'alternanza tra lato paterno e lato materno. Occorre invece <(mettere il nome degli antenati, perche se no si perde la razzam>. Gli antenati in questione, nelle campagne sanmarchesi, sono quelli del padre e la scelta del nome ubbidisce ad una generale regola di conservazione e trasmissione di un comune e ristretto patrimonio onomastico agnatico.

Oltre alla trasmissione del nome dei nonni paterni ai nipotini, occorre evitare che i nomi della razza vadano persi ed infatti i nomi dei membri morti da poco, o quelli che rischiano di non trasmettersi, vengono sistematica- mente perpetuati. Si crea in tal modo uno spazio onoma- stico omogeneo e rigidamente scandito: individui indicati da un medesimo cognome, da uno stesso soprannome di linea e da nomi propri ripetuti sistematicamente si succe- dono all'interno di uno spazio genealogico nel quale, per un arco di 5-7 generazioni, ogni elemento di novita sembra dover essere neutralizzato. In questo ambito alcuni meccanismi devono comunque intervenire per individuare con maggiore precisione ogni persona. Tra questi il pitu importante e quello del soprannome indivi- duale, che sembra in grado di caratterizzare individual- mente ogni singolo membro della razza. Anche in questo caso, pero, la logica di linea continua ad operare. Quando all'interno di una razza, ed in una stessa contrada, vivono piui cugini (figli maschi di fratelli) che hanno uno stesso nome, un medesimo soprannome ereditario, ed ovvia- mente un unico cognome, l'attribuzione di un soprannome individuale segue ritmi strutturali. I1 cugino che appartiene alla linea piui anziana sara immancabilmente "u grosso", il grande (Carlo Cardilli u Grosso), mentre colui che discende dal fratello piui giovane sara "u piccolo", il piccolo (Carlo Cardilli u Piccolo, ad esempio). L'insieme di tali pratiche antroponimiche evidenzia una consapevole strategia di definizione dell'identita di linea ed una minuta organizzazione dei rapporti tra tale identita collettiva e la presenza delle singole unita domestiche. Identita agnatica che trova la sua piu completa espressione ideologica nel linguaggio mistico della comunanza di sangue. "Avere uno stesso sangue", trasmetterlo nel tempo in linea maschile, consente la perpetuazione di un insieme di qualita fisiche, psichiche e morali. Tutti i Pagliacci avranno un'innata capacita di scherzare e di dare spettacolo, i Citari (acetari) una predisposizione alla litigiosita ed il comune sangue dei Pinti fara in modo che i membri di tale razza abbiano spesso, oggi come in passato, le lentiggini.

Nelle strade del centro abitato le piu ampie aggregazioni parentali, da almeno 100 anni, sono definitivamente disperse ma le famiglie che compongono una razza artigiana sono legate da vincoli saldi e di estrema impor- tanza. Peppino Carrubini, ad esempio, benestante com- merciante del paese, vive dagli anni '50 con la moglie ed i figli in una casa di proprieta dei genitori della moglie. Tutti i Carrubini, pero, erano insieme in una stessa via del centro abitato dove, ancora oggi, vivono, in una delle pochefrereches di paese, due suoi cugini. Con costoro, ed alcuni loro affini, Peppino costituisce il nucleo centrale di una di quelle aggregazioni politico-commerciali che con- trollano gran parte della clientela contadina. Ogni dome- nica, nelle antiche case dei Carrubini, alla via e coppa (la strada di sopra), gli uomini e le donne della razza si incontrano <?per discutere gli affari di famiglia}>. Se il cuore della razza e costituito dai tre cugini, la composi-

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zione di questo aggregato di parenti e comunque piu elastica e fluttuante. Spesso infatti ad essi si associano alcune persone legate da vincoli di affinita, membri di famiglie dalle quali i Carrubini hanno preso moglie.

"attirare" di un altro, la riservatezza di un terzo sono qualita che oggi connotano i loro discendenti e che si ritiene qualifichino i comportamenti di ogni componente la razza artigiana. Su un piano materiale, infine, alcuni mestieri ed alcune botteghe sono associati nel tempo all'esistenza di un intero insieme di parenti. I Foci, gli stessi Tontina, nella memoria dei paesani, sono sempre stati fabbri, gli Ambrosiani carpentieri e falegnami, i Carrubini trasportatori e commercianti. Le razze artigia- ne, per quanto fondate su un sistema ideologico analogo a quello rurale, presentano alcuni significativi elementi di diversita. La loro ampiezza, l'organizzazione interna, la loro stessa struttura differiscono da quelle tipiche nelle campagne. Spesso originate da un'antenata patrilineare, le razze artigiane sono caratterizzate, rispetto a quelle contadine, da una minore profondita genealogica e da una piu ristretta estensione collaterale. Si ricordano antenati che precedono il fondatore della linea, posto di norma nella generazione dei "nonni" rispetto ad un "ego" adulto e sposato, ma non si e in grado di connettere tali persone ad altre linee di parentela. Anche ai livelli piu bassi, quelli di "ego" e dei suoi genitori, le genealogie artigiane non sembrano interessate a mettere a fuoco un insieme compatto di linee collaterali ma si limitano a ricostruire i discendenti dei "siblings" di "ego" e, salvo casi particolari, quelli dei fratelli (maschi) del padre di "ego". Il quadro generale di riferimento genealogico rimane, in paese come in campagna, la casata patrilineare.

Fig. 5. I Carrubini

I Cecca, in particolare, ed i De Antonellis, sembrano costituire insieme ai Carrubini un compatto ed esteso aggregato parentale, che agisce in maniera unitaria in numerosi contesti sociali. Anche un simile insieme di famiglie, secondo "gli usi di paese" puo costituire una razza e, del resto, i compaesani, quando ci si trova in contesti legati all'agire politico ed a quello economico, non fanno alcuna distinzione tra Cecca e Carrubini, adoperando indifferentemente l'uno o l'altro soprannome per indicare i membri di tali gruppi. Una simile apertura verso legami cognatici, o di affinita, caratterizza certo la situazione di paese ma non e d'altro canto possibile dimenticare che ancora negli anni Venti e Trenta, come dimostrano i volumi dello Stato delle Anime, le "famiglie" artigiane legate da vincoli agnatici potevano concentrarsi in una medesima strada. Se i Carrubini erano insieme a Via Umberto, ed i Tontina a Piazza Mercato, i Romualdi erano tutti a Via Roma ed i Foci a Piazza del Carmine. In paese come in campagna la razza rappresenta l'ambito privilegiato nel quale si stabilisce l'identita di un individuo e di un'unita domestica. Come nel caso dei Tontina, alcune qualita psichiche e morali sono connaturate al condividere un medesimo sangue: la forza polemica di un certo mastro, la simpatia, la socievolezza, la capacita di Fig. 6. Una razza artigiana, i Tontina

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All'interno di questo spazio agnatico, che la memoria contadina riesce a segmentare in settori profondi dalle 5 alle 8 generazioni, gli artigiani ritagliano uno spazio pifu ristretto, profondo solo 3-4 generazioni e poco esteso collateralmente. Ogni segmento, ogni singola razza, ap- pare isolato, non vincolato ad altri rami paralleli e ad ogni generazione, per ogni fratello, si crea la possibilita di un'ulteriore divaricazione. Spesso, come detto, il punto di origine di una certa linea e una donna, la moglie di un uomo inserito in una casata dal cui nome, o soprannome individuale, nasce il soprannome collettivo che indichera la linea agnatica. I Tontina discendono da Tontina dei Pacchetelle, moglie di un fabbro della casata dei Colarusso (vedi Fig. n. 6); i Maria Consigli sono i discendenti di Antonio Giovannimattei, ricco massaro, e Maria Consi- glio Vergilio, figlia di un oste di un vicino paese, che a fine Ottocento aprono una nuova locanda al centro di San Marco.

La presenza di figure di donna all'apice di genealogie agnatiche artigiane e legata alla maggiore importanza dei ruoli femminili nel ceto artigiano-commerciale. Non e possibile qui esaminare a fondo tale aspetto ma credo si possa affermare che, all'interno di una comune ideologia agnatica, il sistema di campagna e quello di paese si differenzino, a riguardo, per il diverso ruolo svolto dalla donna nella costituzione del patrimonio della famiglia e della razza. In breve, "il sangue, il nome e la terra", nelle contrade, si trasmettono, salvo casi particolari, dal padre ai figli maschi. Le donne, le figlie, sono indicate dallo stesso soprannome paterno, ma non possono trasmetterlo ai propri figli; possiedono lo stesso sangue della razza del padre, ma finiranno per mischiarlo con un sangue estra- neo; ricevono una dote in corredo, raramente in denaro, ma di norma non partecipano alla divisione dei beni fondiari, <non guastano - secondo un pregnante modo di dire dialettale - le cose ai maschi>18. Una simile esclusione delle figlie si riflette immediatamente nelle genealogie delle razze contadine, dove le linee originate dalle donne della razza e talvolta le donne stesse non sono nemmeno nominate. Una figlia non perpetua la razza, una cognata non e della razza. In paese, se dal punto di vista ideologico la collocazione della donna non sembra discostarsi molto da quella tipica del mondo rurale, la partecipazione reale delle madri, delle mogli e delle sorelle alla conservazione ed alla perpetuazione dei patrimoni di una razza e sempre molto importante e l'apporto femminile alla costituzione di ogni nuova unita domestica puo essere notevole. La dote delle donne artigiane - ed e questo il punto - e sempre formata da denaro e da corredo e, pur legittimando la loro esclusione dall'eredita paterna, appare in grado di salvaguardare, per il valore intrinseco e per l'uso che ne viene fatto, la posizione della moglie presso i parenti del marito. E uso dipaese che la parte in denaro della dote sia ipotecata su un bene immobile, una casa, un terreno, il capitale iniziale di un'attivita commerciale. Di questo bene ipotecato la donna rimane la sola intestataria ed a lei sola spetta l'ultima decisione sulla sua trasmissionel9.

c<Casa di mugliera, casa di galera>

Non e quindi un caso che le donne artigiane intervengano da protagoniste nella gestione di quelle attivita commer- ciali che i loro mariti spesso costituiscono con i denari delle loro doti. Le donne dei Tontina conducono per tre generazioni un negozio di generi alimentari che ricevono in consegna dai propri mariti o, nel caso di Leonilda, dal padre; la moglie di uno dei Carrubini, Barbara di Cecca, gestisce per anni uno dei negozi che faranno la ricchezza della razza. Non stupisce pertanto che spesso queste razze artigiane, pur strutturandosi patrilinearmente, abbiano origine da una donna e che talvolta il soprannome ereditario e 1'appartenenza alla razza possano trasmettersi - eventualita impensabile in campagna - dalla figlia di un uomo ai figli di questa donna, modificando in tal modo il carattere patrilineare della stessa genealogia. Un simile dato mette in evidenza, tra le aggregazioni parentali artigiane, un diverso modo di organizzare la memoria e l'identita genealogica. Nel mondo contadino il generico spazio parentale patrilineare della casata si organizza in articolazioni socialmente significative dal momento in cui un gruppo di fratelli maschi, che i racconti mostrano uniti ed insieme iniziatori di linee autonome, vengono assunti come fondatori di razze. Da questo momento, e per un tempo genealogico di 5-7 generazioni, lo spazio parentale, rigidamente agnatico, grazie a precise regole di trasmissione dei patrimoni e di perpetuazione dell'identita, sembra potersi conservare inalterato. Tra gli artigiani il momento di fondazione di una linea non e costituito da una serie di fratelli, ma dalla formazione di una nuova coppia coniugale. Mentre nelle contrade la divisione dei fratelli, postulata come atto di fondazione, viene esorciz- zata per un tempo genealogico piuttosto lungo, in paese, ad ogni generazione, ad ogni matrimonio, un uomo puo assumere un'identita, sociale e patrimoniale, autonoma e differente da quella dei suoi parenti patrilineari. La costituzione di una nuova unita coniugale, supportata dall'apporto patrimoniale femminile, pone inevitabil- mente in primo piano anche la moglie. Nel caso in cui la donna provenga da una linea molto piu importante, o la sua personalita sia predominante, o la sua attivita com- merciale divenga punto di riferimento per l'intera comu- nita, o semplicemente nel caso in cui sopravviva a lungo al marito, sara proprio la moglie a costituire l'elemento cardine, il momento di fondazione di una nuova linea. Linea che riprendera i binari della patrilinearita e che nel caso di alcune razze artigiane particolarmente importanti e ricche potra anche assumere profondita e caratteri contadini. Di norma, pero, l'aggregarsi delle singole famiglie intorno a quelle trasmissioni patrimoniali che costituiscono il cemento, concreto ed ideologico, dell'i- dentita agnatica, sara breve, non superera le 3 generazioni ed apparira meno rigidamente patrilineare.

"Mondo di dentro e mondo di fuori", paese e campagna, accomunati dalla presenza di un sistema parentale fondato sui valori e sulle logiche dell'agnazione, sembrano diffe- renziarsi per la qualita dei processi attraverso i quali si costituisce l'identita parentale che aggrega piu unita

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domestiche. I dati presentati nelle pagine precedenti consentono di ipotizzare, all'interno di un medesimo sistema sociale e nel corso dei suoi ultimi due secoli di storia, la contemporanea presenza di due differenti mo- dalita di percepire ed organizzare i rapporti di parentela. Un modello "meccanico", quello "contadino", che prefe- risce la convivenza dei fratelli e le forme residenziali polinucleari; che inserisce l'individuo e la singola famiglia in uno spazio residenziale esteso ed in una memoria genealogica a dissolvenza lenta, ritmata e centrata su ascendenti agnatici; che stabilisce modalita rigide e rego- lari di conservazione e di trasmissione di un patrimonio materiale ed immateriale; che fonda identita "ideologica- mente corporate" (Herzfeld 1985: 283-284) e che sembra talvolta conferire alle aggregazioni parentali la consape- volezza, la forza e la durata che, fuori dall'Europa, caratterizzano i gruppi di parentela. Un modello "perfor- mativo"20, quello di paese, nel quale, al contrario, ogni forma di continuita sembra assumere dimensioni contrat- te. Lo spazio residenziale si frammenta, fino a coincidere di fatto con quello della semplice unita domestica, la memoria genealogica si riduce, mettendo a fuoco l'insieme dei discendenti patrilineari di un nonno, e si struttura, a volte, a partire da antenati femminili. Le strategie di perpetuazione e di conservazione dei patrimoni paiono acquisire maggiore dinamicita ed inserirsi in un gioco piu rapido ed immediato. Pur mantenendo una base patrili- neare, la razza artigiana si apre agli apporti delle linee femminili. Il patrimonio onomastico della linea materna non viene ignorato, i vincoli di parentela "per parte di madre", riconosciuti in campagna, ma reputati labili e facilmente deperibili (<<i parenti per parte di madre escono prima dalla parentela>) acquistano peso notevole, il soprannome ereditario segue, talvolta, ascendenze ma- terne, l'apporto dotale della moglie, ad ogni matrimonio, rinvigorisce il patrimonio materiale e pone particolari problemi ad una sua messa in comune. In paese le famiglie che compongono una razza costituiscono certo un raggruppamento sociale significativo che puo, in alcuni contesti, agire in maniera "corporata". Questa unita, pero, abbandonata la profondita genealogica e la durata delle razze rurali, apertasi, anche se in maniera non sistematica, alla bilateralita, non piu strutturata sulla base della comune discendenza da antenati patrilineari ma piuttosto centrata sul singolo individuo, perde quel- l'insieme di caratteri che sembravano avvicinarla ad un gruppo di parentela per ricordare un parentando egocen- trato a forte venatura patrilaterale. All'interno della profonda continuita ideologica che da almeno tre secoli conferisce alla comunita un preciso senso di identita, legando la realta moderna a quella storica, proprio la contrapposizione tra un sistema "meccanico" di organiz- zare la parentela e la residenza, tipico del mondo contadi- no, ed un modello "performativo", artigiano ed urbano, mi pare costituire il principale elemento di novita. E difficile stabilire se la compresenza di simili modelli caratterizzasse il mondo locale gia ai tempi del Catasto

Onciario o se, invece, la contrapposizione tra realta contadina, organizzata da una logica della discendenza, e contesti artigiani, in cui sembra prevalere la presenza di piu elastici parentadi, non sia risultato degli eventi del- l'ultimo secolo. Certo e, comunque, che questi due modelli conferiscono alla vita di contrada ed a quella di paese ritmi e caratteri differenti, inscrivendo l'una nel discorso della memoria, della lenta dissolvenza, della continuita e nella struttura del "lignaggio", l'altra in quello della dinamicita, della ristrutturazione delle gerar- chie, del ridefinirsi continuo delle identita e nella trama delle "parentele".

5. Epilogo: (<Casa di mugliera, casa di galera?

Quando un contadino sposa una donna e va a risiedere nella contrada dove si concentra la razza della moglie, si dice: <(e andato su parte di donna>. Una simile scelta, che puo certo rivelarsi vantaggiosa, specie se la donna e l'unica erede di un uomo, non e comunque valutata positivamente. L'uomo che <<va su terra di donna)> e si stabilisce nella contrada di lei e considerato una sorta di prigioniero, poco piui che un dipendente al servizio dei suoi affini. ?<Casa di mugliera, casa di galera) e il proverbio che sempre si cita per stigmatizzare tale scelta. Andando dai parenti della moglie, un uomo rinuncia a quei legami agnatici che lo vincolano alla propria razza. Non e piu sulla terra dei suoi reri, non vive nella contrada dove si concentrano coloro che, come lui, discendono da comuni antenati patrilineari. Perde immediatamente quel so- prannome che qualifica la propria identita inserendolo in una linea agnatica, per assumerne uno nuovo che ricordera sempre la sua dipendenza dal suocero e dai membri della razza della moglie2l. Insieme al soprannome mutano altri elementi che, normalmente, fissano l'identita di una razza. Mentre la trasmissione dei nomi propri in linea paterna costituisce un meccanismo essenziale nella perpe- tuazione di una patrilinea, quando un uomo <(va su parte di donna)> i nomi che egli dara ai propri figli saranno quelli del padre e degli altri parenti della moglie. Questi stessi figli, che in una situazione normale avrebbero costituito gli elementi attraverso i quali la razza paterna avrebbe potuto perpetuare le proprie strategie matrimo- niali, sposano a volte donne appartenenti alla razza della madre. La rinuncia alla "patrilocalita" per una residenza "patri-uxorilocale" non rappresenta una semplice opzione residenziale. La scarsa frequenza di famiglie a base uxorilocale potra essere segnalata, insieme alla forte incidenza della patri-propinquita, dalle varie fonti ed analizzata in termini numerici, e tali analisi potranno rivelarci aspetti essenziali della societa locale. Quello che non potranno mai dirci, pero, e appunto il significato, il valore culturale, simbolico, esistenziale di questa scelta. Non potremo comprendere che rinunciare a vivere presso i propri parenti patrilineari equivale a rinunciare a quello spazio residenziale esteso ed all'ancoramento ad un tempo genealogico lungo che, nel mondo rurale del

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Sannio, creano e perpetuano l'identita sociale di ogni individuo. Andare <osu parte di donna>>, finire <(in casa di mugliera>> significa, per un contadino di San Marco, rinunciare alla propria identita.

Michele De Corso, anziano contadino che tutto il paese conosce come Michele Pagliacci, viveva nella con- trada Toppo di Chiesa, a pochi chilometri dal centro abitato, insieme a suo figlio Donato, alla moglie di costui, ai loro quattro figli, ed alla consuocera. Piu volte Michele ebbe modo di esprimere la propria soddisfazione e la serenita che caratterizzavano quegli ultimi anni della sua vita. Aveva un figlio che coltivava terra di sua proprieta, una casa nuova ed ospitale, dei nipoti, dei Pagliacci anche loro, alcuni dei quali si sarebbero presto sposati, una nuora buona e laboriosa, che si dava da fare nei campi e mandava avanti la casa. Non sempre era andato cosi bene. Solo venti anni prima, Michele era in ben altra situazione. Tutti i suoi figli maschi erano andati via dal paese, lavoravano all'estero. Possedeva appena un piccolo orto, che non bastava certo a mantenere lui e la moglie ed era costretto a lavorare su terra altrui. Era solo, la sua famiglia troppo piccola, nessun figlio maschio, e nessun altro Pagliacci che potesse aiutarlo. Fu in quegli anni che si trasferi presso i genitori della moglie, qualche centinaio di metri piu in la, in un'altra contrada. La moglie era una Stopparelli e con i genitori ed i fratelli di lei dovette convivere a lungo. Non fu facile: era in casa di altri uomini, lavorava la loro terra, lavorava <<su parte di donna?. Non aveva alcuna autoritat e del resto non aveva alcun diritto di esercitarla: quella non era la sua terra, non vi erano i suoi figli ne tantomeno vi erano vissuti i suoi genitori e gli <(antichi per parte di padre>>. Viveva in casa di sua moglie e con i parenti della moglie fini per essere identificato. Quasi nessuno piu lo indicava come Michele Pagliacci: era ormai divenuto Michele Stopparelli. <<Casa di mugliera, casa di galera>>. Con questo proverbio, quasi a voler esorcizzare il ricordo di quegli anni, Michele usava terminare il racconto della sua vita. Poteva a questo punto tornare al presente, alla sua famiglia ricom- posta, alle terre del figlio, ai nipoti, tranquillo nel suo essere nuovamente un Pagliacci.

Ringraziamenti

Ringrazio il Dott. Luigi Piccioni, perfezionando in Storia presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, ed amico, per gli aiuti ed i suggerimenti. Un particolare ringraziamento a Maria Minicuci, per i continui e preziosi suggerimenti e per aver voluto confrontare, in un dialogo per me fondamentale, le sue esperienze di lavoro e di studio con questa mia ricerca. Ringrazio inoltre Italo Signorini direttore della ricerca nel Sannio Beneventano, per la costante attenzione prestata al mio lavoro; ed il gruppo di studio "Per un Atlante delle famiglie in Italia", coordinato da Pier Giorgio Solinas, per avermi consentito di partecipare alle loro riunioni e di beneficiare dell'importante bagaglio teorico da loro elaborato nel corso degli anni. Ringrazio infine tutti quei Sanmarchesi che, con la loro ospitalita e cordialita, hanno reso possibile il mio lavoro. In particolare Paolo Costanzo, collega ed amico, Don Michele Marinella, il Parroco, per aver

<<Casa di mugliera, casa di galera>>

messo a mia disposizione le fonti dell'archivio parrocchiale, e tutti i componenti delle razze degli Ntunelli, dei Crusci, dei Carrubini e dei Tontina. E uso consolidato, nella scrittura antropologica, modificare i nomi di persone e luoghi per proteggerne l'anonimato. In queste pagine ho preferito conser- vare ai protagonisti la loro reale identita: tutti coloro che mi hanno aiutato nel lavoro sapevano che avrei scritto sul loro mondo e, proprio perche parlassi di San Marco e della sua gente, accettarono di farlo. La storia del paese, l'identita sociale e le vicende di ogni razza erano narrate sempre con orgoglio ed esibite in quanto parti essenziali del gioco che conferisce senso e vitalita alla realta ed ai suoi attori. Non parlarne, o farlo in maniera camuffata, avrebbe forse costituito mancanza piu grave.

Questo scritto e stato portato a termine nei primi mesi del 1989, epoca cui fa riferimento la bibliografia.

Note

I lavoro sul campo a San Marco dei Cavoti si e svolto nei mesi di Settembre-Novembre 1983, in quelli di Gennaio-Febbraio 1985, nel Maggio 1986 e, attraverso altri soggiorni, e proseguito fino allo scorso anno. Esso e stato effettuato all'interno della Missione Etnologica in Sannio del Dipartimento di Studi Glottoantropologici dell'Universita "La Sapienza" di Roma, diretta dal Professor Italo Signorini. 2 Per un quadro sintetico ed accurato di questi ormai classici approcci allo studio delle famiglie europee si vedano P. Laslett, 1972, Goody, J., Thirsk, J & E.P. Thompson, J.L. Flandrin, 1979, e, piui recente, A. Burguiere e F. Lebrun, 1988. Gli studi storici riguardanti le forme di parentela in Italia sono ormai numerosissimi. Tra gli altri, di particolare importanza quelli condotti a Genova, per il Basso Medioevo, da Owen Hughes (1979, ed. or. 1975); nei Comuni medioevali dell'Italia del Nord (Duby e Le Goff 1981, ed. or. 1977); nella Firenze rinascimentale (Klapish 1976; Herlihy e Klapish-Zuber 1978); nel Salernitano tra XVI e XVII secolo (Delille 1976); nella diocesi di Como in epoca d'Ancien Regime (Merzario 1981). 3 Se il primo esamina la struttura sociale delle aree appenniniche e costiere del Regno di Napoli tra 1400 e 1900, il secondo, attraverso il pretesto di ricostruire la carriera di un particolare curato di campagna, vissuto nel torinese sul finire del Seicento, intende portare alla luce la trama dei legami sociali di un piccolo borgo rurale. Delille, 1988, ed. or. 1985; Levi, 1985. 4 Tra le numerose e complesse motivazioni di un simile fiorire di lavori si possono ricordare 1' accresciuto interesse per 1' analisi delle strategie matrimoniali all'interno della piui ampia proble- matica delle strutture complesse di alleanza e lo studio dei sistemi di denominazione e dei modelli di devoluzione della proprieta. Su un piano piu generale, mi sembra chiaro che l'irrompere delle moderne prospettive dell'antropologia d'ol- tralpe al fianco di quelle della prima antropologia mediterranea, britannica e statunitense, e dei tradizionali approcci demologici non sia estraneo alla produzione antropologica italiana (su simili argomenti) di questi ultimi anni. 5 Conosciamo gli stretti legami tra parentela ed emigrazione (Piselli 1981; Bianco 1983), la forza e l'organizzazione delle famiglie e delle genealogie mezzadrili (Solinas e Clemente, 1983; Papa 1983 e 1985; Solinas 1987). Sono state formulate ipotesi sui rapporti tra precise unita agnatiche (le razze ed i ceppi) e definizione dell'area matrimoniale in una comunita

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mezzadrile umbra (Arioti 1988). Si sono indagate le relazioni tra discendenza, residenza e strategie matrimoniali in alcune comu- nita alpine connotate da un'ideologia patrilineare (lo stam e l'hof dei Mocheni, Sellan 1983 a, b; le discendenze, la casa e la rua nelle Alpi Marittime, Destro 1984). Si e affrontato, in una prospettiva attenta sia all'organizzazione del nucleo residenziale che alla rete delle parentele, il complesso problema delle strutture della parentela e dei rapporti tra queste e l'intero corpo dei valori e dei sentimenti che organizzano una comunita (le famiglie zaccanopolesi, calabresi ed argentine, studiate da Minicuci, 1989). Si e posto, infine, il tema della terminologia e del lessico della parentela (Cardona 1988 e, da una prospettiva teorica generale, Cirese 1978). Gli studi qui ricordati non vogliono costituire un elenco esaustivo dei numerosissimi lavori che, negli ultimi due decenni, hanno affrontato il problema delle strutture familiari italiane. Rappresentano semplicemente punti di riferi- mento significativi, agli occhi di chi scrive, per la loro capacita di indagare i rapporti tra struttura familiare e sistema della parentela. Per un panorama ed un'analisi attenta dei lavori sulla famiglia, e sulla parentela, italiana: Kertzer e Barrel, 1987, G. Delille, "Famiglie contadine in Italia", in Storia Universale della Famiglia, 1988 b, II, cit. pp. 535-570; Melograni, 1988. 6 I dati relativi al Catasto Onciario sono nell'Archivio di Stato di Napoli: Catasto Onciario di San Marco dei Cavoti, Fascicoli 4865-4869, anni 1741-1746. Altri materiali relativi alla societa dell'epoca sono, nello stesso Archivio, in Sezione Diplomatica, Cappellano Maggiore, Statuti di Corporazioni, etc. Fogli 1188, fasc. 79 e 1190, fasc. 55, anni 1751-1752. 7 Lo studio di una fonte complessa come il Catasto Onciario pone molteplici problemi (Villani, 1974, cap. III). Tra questi, centrali sono i problemi connessi con la definizione delle categorie professionali, quali ad esempio bracciale e massaro. Non e possibile stabilire con precisione in cosa si differenziassero queste due ambiti del mondo contadino, ne affermare che i primi fossero sempre, ed in assoluto, piui poveri dei secondi. Allo stesso modo se e in qualche misura lecito associare i massari meridionali ai mezzadri (ad esempio Delille, 1988, b) e ritenerli affittuari stabili di terreni altrui, non si puo escludere che in alcuni casi - e San Marco sembra uno di questi - i massari rappresentassero uno strato non assimilabile a semplici affittuari (Delille, ibid., p. 546) e molto piu vicino ad una reale proprieta contadina. 8 In questo lavoro adotto la tipologia delle unita domestiche proposta ed adoperata da C. Klapish-Zuber e D. Herlihy nel loro studio sul catasto fiorentino del 1427. Per ragioni di brevita ho raggruppato sotto una medesima voce le categorie 1 e 2 (isolati e senza famiglia coniugale) e 3 e 4 (unita a semplice famiglia coniugale ed unita a famiglia coniugale allargata) che gli stessi autori spesso considerano insieme. D. Herlihy e C. Klapish-Zuber, 1978, in particolare la tav. 77, p. 482. 9 Oltre all'analisi storica di Klapish-Zuber e D. Herlihy, 1978, pp. 469-551, si vedano Delille, 1988 b, pp. 535-563, e Manoukian, 1988. 10 Un'analisi piui dettagliata e contenuta in un mio lavoro, di prossima pubblicazione, dedicato ai rapporti tra sistema rituale, ideologia e storia del sistema parentale a San Marco. Da questa indagine sembra emergere una precisa organizzazione del lavoro all'interno del gruppo di fuochi accomunati da uno stesso cognome e dalla residenza in un medesimo quartiere. Nelle casate di media grandezza, 15-7 fuochi, si trova che, regolar- mente, mentre il grosso dei capifuoco svolge una identica professione (bracciale, massaro, pastore), uno solo, due al

massimo, lavorano in un settore diverso: dei 9 fuochi dei Costanzo, concentrati al Casale, 7 sono bracciali, 1 e massaro, 1 e pastore. Coerenza di comportamenti queste aggregazioni agnatiche sembrano presentarla anche in altri contesti. L'affi- liazione alle Confraternite, ad esempio, era determinata dal- l'appartenere ad una linea agnatica. I Barricello erano nella Confraternita del S.S. Sacramento, mentre tutti i Tomasello ed i Fragola erano in quella del Carmine. 1 I dati provengono dal XII Censimento generale dellapopola- zione, 25 Ottobre 1981, Vol. II, Tomo I, Fascicolo 62, Roma: I.S.T.A.T. 1984; dal III Censimento generale dell'agricoltura, 24 Ottobre 1982, Vol. II, Tomo I, Fascicolo 62, Roma: I.S.T.A.T. 1984; e dall'Anagrafe Comunale del Comune di San Marco dei Cavoti. Colgo l'occasione per ringraziare il Prof. Diodoro Cocca, Sindaco di San Marco durante la mia ricerca per aver consentito la consultazione dell'Anagrafe ed il preziosissimo Giovanni Cocca, ufficiale anagrafico, per avermi guidato nel- l'analisi di questi materiali. 12 A partire dagli anni '50 il ceto artigiano si e sostituito all'antico strato notabile-signorile ai vertici economici e politici del mondo locale, occupando ruoli e posizioni centrali nella gestione del processo che ha inserito la comunita nei circuiti politici ed economici dello Stato nazionale. Un'analisi dettagliata dei modi in cui questo processo, comune a tutto il Mezzogiorno (Gribaudi 1980), si sia articolato nel contesto sanmarchese, e in Costanzo, 1985, e in Palumbo 1987. 13 Ho analizzato questi racconti di fondazione in uno scritto precedente: Palumbo s.d. Riporto qui uno di questi racconti, narratomi da Donato Celuni (Cocca), contadino, nel febbraio del 1985: <I Celuni sono nascimenti di Montedoro, della contrada nnomata [chiamata] a ddi [dai] Cocchi, dove tenevano le terre e le case. Sono di una stessa rera [linea di eredi] con le altre razze della casata dei Cocca. I nonni contavano che un antenato, Cocca Vincenzo, aveva tante terre nella contrada e aveva costruito molte case in campagna ed in paese, sotto la Nraziunella [la chiesa della Madonna delle Grazie] au Toppo dove stavano le case dei Cocchi. Vincenzo teneva cinque figli maschi e da questi venno [discendono] cinque razze dei Cocchi: da Pasquale i Celuni, da Diodoro i Capiluongo, da Francesco i Rotoli, da Antonio i Preuti, da Giuseppe i Cenzarelli. Dopo che nascettero sti figli, Vincenzo facette altre case nella contrada e stanco per la fatica si ripusava su nu muro de na casa. Passava di la una donna che u vedette stanco e gli chiese: <<Eh, che faciti, vi ripusate?N. Vincenzo rispose: <Stongo accussi no perche songo stanco ma perche penso>. Pensava ai figli che erano tanti, nu poco sciarriosi [litigiosi], sfaticati, ed erano grossi [ricchi], tenevano le spalle potenti e se le appoggiavano ai muri delle case le avrebbero scarruppate [abbattute] tutte>>. 14 I1 padre trasmette il proprio soprannome ai figli ma solo i maschi potranno perpetuare questo soprannome ereditario. 11 sangue passa dal padre a tutti i propri figli ma, mentre le donne, sposandosi, andranno a "mischiare" il sangue paterno con quello dei propri mariti, causando cosi una sua rapida disper- sione, i figli maschi, pur con l'ausilio necessario del "sangue straniero", quello delle mogli, potranno trasmettere nel tempo l'originario sangue della propria razza. I1 patrimonio fondiario segue linee altrettanto rigidamente maschili. E uso tradizionale dei contadini dividere le terre in parti uguali tra tutti i figli maschi di un uomo. Le deviazioni a tale pratica possono essere importanti (il figlio che si prende direttamente cura del genitore anziano, ad esempio, potra ricevere una parte piu cospicua; il fratello che e a capo di una complessa frerbche potra, al

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momento della divisione definitiva, vedersi compensato per l'opera svolta) ma molto raramente, e solo nel caso in cui sia la sola erede, accade che una figlia riceva della terra. La norma ideale, espressa dal proverbio: <Amo a parte sana, femmina a quartilia?> prevede l'applicazione del ben noto sistema della legittima (i maschi si dividono in parti uguali una meta del patrimonio), le donne ed i maschi dividono tra loro la seconda meta. Di fatto numerosi meccanismi portavano all'esclusione delle donne dall'accesso alla terra. La dote, che in campagna consiste sempre in corredo e mobili, e raramente, anche nei casi di maggiore ricchezza, in denaro, "quieta" qualsiasi pretesa della donna sui beni del padre. Anche quando capita che una figlia riceva piccoli appezzamenti di terra, e norma che li venda ai fratelli, in maniera tale da ?non guastare le cose ai maschi>. 15 La replica di una unione matrimoniale che lega un uomo andato "su parte di donna" alla razza della moglie e una costante nel mondo rurale. Sempre, in questi casi, almeno un figlio di questa iniziale unione sposa una donna della linea paterna della madre. Altro elemento costante nelle genealogie contadine, dalla meta del secolo scorso ad oggi, e la chiusura consanguinea all' interno della razza attraverso il matrimonio di un uomo con una cugina parallela patrilaterale. Nei casi qui riportati si possono notare quello dei Crusci (figura 2) e quello degli Ntunelli (figura 6). 16 Nel febbraio del 1985 ho assistito ad una di queste riunioni. Nel complesso di costruzioni in cui, nella contrada Paolella, si concentra la razza dei Nutari, si trovarono a discutere di politica, da un lato, tutti i maschi adulti delle razze imparentate (secondo quanto sostenuto da un racconto di fondazione) dei Nutari, dei Minichelli e dei Minicoricci, e dall'altro gli esponenti di una fazione di paese, tra i quali primeggiavano alcune persone delle razze artigiane, imparentate per via di donna, dei Carrubini, dei Cerritelli e dei Cecca. 17 Per lo studio dei sistemi antroponimici in Europa: <?L'Hom- me?, 1980; <<L'Uomo>, 1983. 18 "Guastare" e infatti il verbo che si usa per indicare l'azione stregonica. Una strega agisce "guastando il sangue" delle sue vittime. A riguardo rinvio ad un mio lavoro di prossima pubblicazione. Per un'analisi attenta di alcuni aspetti dell'iden- tita femminile si veda Pandolfi 1988, 1989. 19 Un interessante accenno ad analoghe pratiche e fatto da Diana Vincenzi Amato all'interno di un ampia riflessione sugli usi giuridici relativi alla famiglia italiana, precedenti e successivi le codificazioni napoleoniche (Vincenzi Amato, 1988, p. 630). Lo studio dei meccanismi di costituzione della dote e delle complesse pratiche ad essi legate e appena agli inizi, per cui non e possibile compiere alcuna affermazione significativa. Fin da un primo sguardo ai materiali emerge, per6, che, in paese, i beni sui quali veniva costituita un'ipoteca dotale tornavano ai genitori della sposa, in caso di sua morte senza prole, mentre rimanevano ai figli nel caso la madre morisse dopo averli procreati. La dote immobilizzata in un bene, rimanendo in vita la donna, non poteva essere trasmessa ai figli senza l'esplicito assenso materno e, dato piu incerto, la sua divisione sembra non implicasse alcuna discriminazione tra figli e figlie. 20 La contrapposizione tra modello "meccanico" e "performati- vo" richiama, ovviamente, quella proposta, sulla scia della ormai classica diade levistraussiana "meccanico-statistico", da Marshall Sahlins nel volume Isole di Storia, 1986. 21 Un contadino della razza dei Vuccacci spos6, agli inizi del secolo, una donna dei Longhi, antica razza contadina, divenuta

c<Casa di mugliera, casa di galera>>

con il tempo particolarmente ricca. Da questa unione, replicata altre due volte nella generazione successiva, e discesa una nuova linea, quella del Longarelli. Anche in questo caso l'uso del soprannome svela una precisa logica strutturale. I Longhi si dividono, da tre generazioni, in due rami, dal differente peso economico: i Longhi grossi, piui ricchi, ed i Longhipiccoli, non altrettanto facoltosi. Ad essi, spesso in tono scherzoso, sono associati i Longarelli, razza piu povera che deriva dal matrimonio di una loro donna con un contadino.

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