analisi di stabilità dei versanti con grass-gis: un metodo preliminare
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Atti IX Meeting degli Utenti Italiani di GRASS GFOSS (Perugia, 2122 febbraio 2008)
Analisi di stabilità dei versanti con GRASS GIS: un metodo preliminare
CORRADO CENCETTI*, PIERLUIGI DE ROSA*, ANDREA FREDDUZZI* & IVAN MARCHESINI*
* Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Università di Perugia – Via G. Duranti, 93 – 06125 Perugia. Email: [email protected], [email protected], [email protected], [email protected]
RIASSUNTO
I metodi all'equilibrio limite sono i più utilizzati per la valutazione della stabilità dei versanti. Normalmente, per scivolamenti di tipo rotazionale, si procede ad individuare la superficie critica, assunta cilindrica e posizionata al di sotto del profilo del versante, per la quale risulta minimo il fattore di sicurezza (o stabilità) definito dal rapporto tra forze (o momenti) resistenti e forze (o momenti) destabilizzanti, agenti sulla superficie di scorrimento.
Nel lavoro si presentano una serie di scripts, realizzati in ambiente di shell che, combinando le potenzialità del GIS GRASS e del pacchetto statistico R, eseguono una verifica di stabilità del versante ipotizzando superfici di scivolamento ellissoidiche.
I codici si avvalgono del metodo di Janbu semplificato e restituiscono all'utente il valore del fattore di sicurezza minimo ed il volume di terreno coinvolto associati ad una determinata superficie di scorrimento.
PAROLE CHIAVE: frane, analisi di stabilità dei versanti, GRASSGIS.
ABSTRACT
The equilibrium limit methods are the most used for the analysis of the slope stability. Usually the safety factor, i.e. the ratio between total resisting forces to total driving forces acting along a certain cylindrical surface, is minimised to find the critical sliding surface.
In this work we present a set of shell scripts that, combining some GRASS GIS and R features, performs the slope stability analysis assuming ellipsoidical sliding surfaces.
The scripts use the modified Janbu method and calculate the minimum safety factor and the involved slope volume corresponding to a well defined sliding surface.
KEY WORDS: Landslides, slope stability analysis, GRASSGIS.
1. APPROCCIO GIS ALL'ANALISI 3D DI STABILITÀ DEI VERSANTI
Individuare la superficie di scivolamento di un movimento franoso non è semplice e richiede spesso lunghe e costose indagini geotecniche.
L'analisi di stabilità di un versante viene affrontata utilizzando differenti approcci. La maggior parte di questi si basa sulla modellazione del versante
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attraverso i metodi dell'equilibrio limite. Il fattore di sicurezza viene calcolato utilizzando una rappresentazione 2D del versante e della superficie di scivolamento in sezione longitudinale.
I risultati ottenuti da un analisi “cilindrica” di questo tipo sono a favore della sicurezza rispetto a un approccio, che potremmo definire 3D, che invece prende in considerazione la morfologia del versante e cerca di individuare una vera e propria superficie di scivolamento. Il vantaggio di quest'ultimo approccio è, tuttavia, quello di consentire una stima maggiormente realistica sia del fattore di sicurezza reale, sia del volume di materiale coinvolto nell'eventuale frana.
I sistemi informativi geografici, che hanno la capacità di archiviare e gestire (anche attraverso complesse analisi spaziali) grandi quantità di dati geografici, possono essere utilizzati per implementare modelli di stabilità dei versanti.
Gran parte dei software utilizzati per questo tipo di analisi, sebbene rendano possibile eseguire i calcoli utilizzando algoritmi molto diversi, non sono poi in grado di ubicare la superficie di scivolamento all'interno di un sistema di riferimento geografico. L'approccio GIS alla valutazione della stabilità di un pendio consente quindi di migliorare l'analisi e la fruibilità dei risultati ottenuti.
Con la presente nota ci si propone di illustrare il risultato di un lavoro finalizzato a creare uno strumento GIS utile per una analisi 3D della stabilità di un versante.
Tale strumento è stato realizzato utilizzando due Software Liberi ed Open Source, il GIS GRASS (GRASS DEVELOPMENT TEAM, 2008; NETELER & MITASOVA, 2008) e il pacchetto statistico R (R DEVELOPMENT CORE TEAM, 2008) su un sistema operativo GNULinux (Debian Lenny). L'interoperabilità tra i tre elementi suddetti è garantita dalla Shell (Bash). Il codice è disponibile, nei termini della licenza GNUGPL al sito: http://www.unipg.it/~ivanm/scripts/.
2. LA PROCEDURA
La procedura fa uso di quattro scripts di shell. Il principale richiede all'utente di (fig. 1):
● indicare una mappa vettoriale, contenente la linea (domain line) che definisce la direzione lungo la quale va eseguita l'analisi di stabilità;
● definire il numero di centri (equispaziati) da considerare lungo la “domain line” (rappresentati in figura dai puntini verdi);
● indicare la mappa raster del modello digitale del terreno (DEM);● definire il fattore di anisotropia, cioè il rapporto tra semiasse minore (b) e
semiasse maggiore (a) dell'ellisse che rappresenta in pianta l'area interessata dalla verifica di stabilità;
● definire i valori dei parametri geotecnici medi del terreno (angolo di attrito interno, coesione, peso di volume); a talproposito, c'è da considerare che il
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modello assume condizioni di completa saturazione del terreno;● indicare un valore di tolleranza che il modello utilizza per far convergere
l'algoritmo per l'individuazione della profondità della superficie di scivolamento;
● indicare un valore iniziale per il semiasse a (opzionale).Attraverso questi parametri il modello inizia a costruire superfici
ellissoidiche, tali che l'asse maggiore sia sempre orientato lungo il versante e la superficie dell'emisfero inferiore dell'ellissoide rappresenti l'ipotetica superficie di scivolamento. In figura 1 è riportato uno schema dell'algoritmo. Per ogni ciclo sono riportati i parametri e le variabili che vengono calcolate o entrano in gioco all'interno del ciclo stesso.
Figura 1: Procedura utilizzata.Used procedure.
Il modello posiziona l'ellissoide progressivamente sui diversi centri definiti
dall'utente (“Cycle 1” in figura 1) e assegna dei valori di partenza per il semiasse a (il 10% della lunghezza della “domain line”, se non diversamente specificato nel corrispondente parametro di input) e per il semiasse b; quest'ultimo viene calcolato in base al valore dell'anisotropia (b = a * anisotropia) – “Cycle 2” in figura 1.
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F evaluation
“c” axis “a” axis length
“b” axis length
average DEM slope
DEM
ellipsoid map
- “Centers” number- Anisotropy value (b/a)
- Tolerance- Starting “a” semiaxis value
“Domain line” map
Cycle 1 (Center cycle): “for each center do:”
Cycle 3 (“c” semiaxis iteration cycle) : “increase 'c' until F is minimum”
Cycle 4 (ellipsoid creation cycle):“evaluate F using simpl. Janbu method”
Input maps
Maps Variables and parameters
Input geotechnical parameters
Mean values of geothecnical parameters for the geologically homogeneous area considered (cohesion, friction angle, unit weight)
Legend
a
b
c
Ellipsoid
Other input parameters
Cycle 2 (“a” semiaxis cycle): “increase 'a' value ”
Domain line
Coord. landslide centroid
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Il terzo semiasse (c) viene progressivamente incrementato al fine di costruire superfici di scivolamento sempre più profonde. L'approfondimento si interrompe quando si ottiene il valore minimo per il coefficiente di stabilità F (che viene appositamente calcolato per ogni superficie di scivolamento) o quando il semiasse c diventa uguale al semiasse b (“Cycle 3” in figura 1).
Il coefficiente di stabilità F viene ottenuto applicando il metodo semplificato di Janbu all'equilibrio limite, la cui risoluzione richiede l'impiego di una procedura iterativa (JANBU, 1973). La procedura si ferma quando la differenza tra il valore assunto e calcolato di F risulta minore di 0.001 (“Cycle 4” in figura 1). È all'interno di questo ciclo che viene generato l'ellissoide su cui si basano i calcoli del coefficiente F.
Una volta ottenuto il valore di c per cui risulta minimo F (o una volta che c è diventato uguale a b) il modello raddoppia il valore di a e inizia nuovamente ad aumentare il valore di c. Il fattore di sicurezza calcolato per il nuovo valore di a è poi raffrontato con quello ottenuto in precedenza: se il nuovo F risulta minore del precedente, il valore di a viene ulteriormente raddoppiato e si procede ad un altro ciclo del tipo “Cycle 2”, altrimenti la procedura si ferma, vengono scritti su un file di testo i valori di a e c per cui si è ottenuto il valore minimo di F e si passa ad analizzare il centro successivo lungo la domain line.
Il modello quindi produce in output un file di testo contenente, per ogni centro analizzato, i valori di a, b e c per cui si è ottenuto il valore minimo di F, il valore di F e il volume di materiale compreso tra l'ipotetica superficie di scivolamento (superficie critica) e quella definita dal modello digitale del terreno.
Il file consente quindi all'utente di individuare la superficie di scivolamento che determina il valore più basso di F, cioè quella che potrebbe, con maggiore probabilità, essere attivata.
Inoltre, viene generata una mappa vettoriale contenente i centri di analisi. A ciascun centro sono associati, come attributi tabellari, i parametri a, b, c e F, corrispondenti alla superficie critica relativa.
3. CREAZIONE DELL'ELLISSOIDE E SUA ORIENTAZIONE
Pur non entrando nel dettaglio del codice, risulta utile analizzare alcuni passaggi importanti per chiarire come opera il modello.
Uno dei punti critici è quello relativo alla creazione dell'ellissoide e alla sua orientazione nello spazio.
L'equazione che descrive un ellissoide nel sistema di riferimento locale (cioè centrato sull'ellissoide stesso) è la seguente:
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Equazione 1: Equazione dell'ellissoide.Ellipsoid equation.
Dal momento che i dati territoriali vengono spesso trattati in termini di coordinate piane (come GaussBoaga o UTM) si pone il problema di scrivere la stessa equazione in sistemi di riferimento differenti (sistemi di riferimento globali), come quelli che si utilizzano normalmente all'interno dei GIS.
Figura 2: Sistemi di riferimento.Reference systems.
Questo problema è stato affrontato e risolto (XIE et alii, 2003), con una equazione che consente di esprimere le tre coordinate (x1, y1, z1) di un punto in un sistema di riferimento attraverso le coordinate dello stesso punto (x, y, z) espresse in un altro sistema di riferimento.
Equazione 2: Equazione di trasformazione delle coordinate.Coordinates tranformation equation.
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[x1y1z1
]=[a11 a12 a13a21 a22 a23a31 a32 a33
] x [x−x0y−y0z−z0
]
x12
a2
y12
b2
z12
c2=1
b
ca
Z
Y
X
X1
Y1
Z1
Local reference system
Global reference system
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Nell'equazione, quindi, x0, y0, z0 sono le coordinate note del centro dell'ellisoide (uno qualsiasi dei centri di analisi lungo la domain line) e a11, a12,..... ,a33 sono costanti che possono essere facilmente calcolate (XIE et alii, 2003) e che dipendono dalla direzione e inclinazione del semiasse a dell'ellissoide.
Poiché x e y sono note (sono le coppie di coordinate che descrivono il centro di ogni cella tra quelle contenute entro l'area circoscritta dal perimetro dell'ellisse definita dai semiassi a e b) è semplice, sviluppando il prodotto tra matrici dell'equazione 2, esprimere, con tre diverse equazioni, x1, y1, e z1 in funzione di z:
x 1= f z y 1= f zz1= f z
Sostituendo queste tre equazioni nell'equazione dell'ellissoide (equazione 1), si ottiene una equazione di secondo grado in z. La soluzione più piccola di questa equazione, per ciascuna coppia di valori x e y fornita, rappresenta l'elevazione z dell'emisfero inferiore dell'ellissoide orientato lungo il versante.
4. CALCOLO DEL COEFFICIENTE DI STABILITÀ (F)
Il metodo semplificato di Janbu è stato applicato sulla base della discretizzazione, in n elementi prismatici, di una superficie ellissoidica di scivolamento.
Figura 3: Forze agenti su un elemento prismatico.Stress acting on a prismatic element.
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L'area di ogni prisma è funzione della risoluzione del modello digitale del terreno. Infatti, il modello reinterpola inizialmente il DEM, per il primo valore di a utilizzato, a una risoluzione pari a un decimo di quella originaria e le dimensioni della cella così ottenuta rappresentano le dimensioni della base dei prismi. Il ricampionamento del DEM viene eseguito per garantire una rappresentazione più dettagliata e “liscia” del territorio analizzato. Successivamente, per non rallentare eccessivamente i tempi di calcolo, le dimensioni delle celle vengono raddoppiate man mano che raddoppia il valore del semiasse a. L'orientazione e l'inclinazione di ogni cella che rappresenta la superficie di scivolamento sono facilmente calcolabili tramite gli strumenti di analisi del GIS GRASS (ad esempio tramite il modulo r.slope.aspect).
Per valutare il contributo di ciascun prisma all'instabilità della massa compresa tra la superficie di scivolamento e il DEM, è necessario calcolare sia la componente della forza agente che di quella resistente alla base di ogni prisma.
Dal metodo di Janbu semplificato, che si tralascia di descrivere nel dettaglio per ragioni di spazio, ma di cui si trovano semplici descrizioni anche online (GRASS DEVELOPMENT TEAM, 2008), si ottiene un'equazione non lineare che determina il coefficiente di stabilità in forma implicita, cioè F = f (F).
Per ottenere il valore di F è quindi necessario utilizzare un algoritmo iterativo che è stato implementato con R. Il processo iterativo si ferma, come già ricordato, quando la differenza tra il valore assunto e calcolato di F risulta minore di 0.001.
5. INDIVIDUAZIONE DEL VALORE DEL SEMIASSE CRITICO “C”
In questa sede viene definito “semiasse critico c” il valore di c per cui è minimo il valore di F. A tale valore corrisponderà una superficie ellissoidica che rappresenta il piano di scivolamento per cui sono più sfavorevoli le condizioni di stabilità del versante.
Il metodo adottato per definire questo valore prevede che, a partire dal valore di tolleranza inizialmente indicato dall'utente, siano assegnati valori progressivamente raddoppiati al semiasse c. Per ogni valore così assegnato vengono calcolati la superficie ellissoidica ed il relativo coefficiente di stabilità F.
Quando l'ennesimo valore ottenuto di Fcn (corrispondente alla lunghezza del semiasse cn) risulta maggiore del precedente F(cn 1), l'algoritmo torna ad assumere il valore cn1 a cui viene sommato il valore di tolleranza (toll). Se il valore calcolato per F(cn1+toll) è maggiore di F(cn1), il modello assume il valore cn1
come “semiasse critico c”; altrimenti il processo continua per valori di c progressivamente crescenti, ottenuti sommando il doppio del valore di toll al valore di cn1.
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Un esempio è mostrato in figura 4, dove sono riportati i valori di F contro i valori di c.
Figura 4: Valori di F contro valori di c.F values vs c values.
Un concetto simile a quello sopra esposto viene utilizzato anche per la procedura che incrementa il semiasse a.
6. ANALISI DEI RISULTATI SU PENDII REGOLARI
Al fine di valutare la qualità dei risultati del modello, sono stati svolti alcuni tests su pendii regolari riprodotti virtualmente in formato raster in GRASS (fig. 5).
La pendenza media di questi pendii virtuali è stata assunta pari a 10°, 20° e 35° e sono stati considerati i seguenti valori dei parametri geotecnici: angolo di attrito interno = 20°; coesione = 40 kN/m2; peso di volume =18.5 kN/m3.
Inoltre, con lo scopo di verificare le differenze in termini di valore del
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coefficiente di stabilità F, tra gli approcci con rappresentazione bidimensionale e tridimensionale, si è provveduto, con una lieve modifica del codice, ad imporre al modello anche il calcolo del fattore di stabilità solo lungo l'allineamento della domain line. In questo modo viene effettuato un calcolo molto simile a quello usualmente utilizzato per superfici circolari su 2 dimensioni.
Nella figura 6 si mostrano, per un pendio sintetico inclinato di 20°, i valori del coefficiente di stabilità F al variare del semiasse c e con un valore fisso del semiasse a pari a 42 metri (cioè un'estensione complessiva lungo il versante della zona soggetta a verifica di stabilità pari a 84 metri).
Figura 5: Pendio virtuale e superficie di scivolamento.Syntetic slope and sliding surface.
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Figura 6: Valori di F contro valori di c per un pendio virtuale inclinato di 20°.F values vs c values for a virtual slope 20° tilted.
0 5 10 15 20 25 30 350.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1
Ellissoide (0.7 anisotropia)Ellissoide (1.5 anisotropia)Superf. 2D
"c" values (m)
"F"
valu
es
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Si osserva chiaramente che, sia per la superficie bidimensionale sia per le superfici ellissoidiche, il valore del coefficiente di stabilità ha un andamento parabolico al variare di c. I valori minimi raggiunti sono tra loro compatibili, sebbene corrispondano a valori di c molto diversi (9 metri circa per la superficie 2D e 15 metri per quella ellissoidica). Questo significa che, sebbene ai fini della valutazione della stabilità del pendio entrambi i metodi definiscono condizioni di pericolosità, la superficie ellissoidica prevede, su 84 metri di lunghezza dell'ipotetica zona in frana, una profondità massima della superficie di scivolamento pari a 15 metri, mentre quella bidimensionale la posiziona a 9 metri.
Sebbene si parli di metodi approssimati, è utile notare che una simile differenza comporterebbe, ai fini della bonifica del versante, notevoli implicazioni sia nella determinazione dei volumi coinvolti, sia nella valutazione della massima profondità alla quale spingere eventuali opere di stabilizzazione (es. drenaggi).
Dal grafico si osserva inoltre che, per piccoli valori di profondità, il modello 2D fornisce valori minori di quelli del modello ellissoidico. Questo è in linea con quanto riportato in letteratura in merito al fatto che il modello bidimensionale fornisce comunque risultati più cautelativi (DUNCAN, 1996).
Si osserva, inoltre, che l'anisotropia non sembra essere particolarmente significativa sui valori di F.
I risultati ottenuti per il versante a 10° e lunghezza del semiasse a pari a 20 metri sono assolutamente simili (fig. 7), anche se si osserva che i valori di F raggiungono il minimo valore solo per valori di c = b.
Figura 7: Valori di F contro valori di c per un pendio virtuale inclinato di 10°.F values vs c values for a virtual slope 10° tilted.
Interessante è anche il caso di un piano inclinato di 35°. La verifica di stabilità effettuata sulla base di un semiasse di 48 metri ha portato ai risultati illustrati in figura 8.
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0 2 4 6 8 10 12 141
10
100
1000
Ellissoide (0.6 anisotropia)Superf. 2D
"c" values
"F" v
alues
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Figura 8: Valori di F contro valori di c per un pendio virtuale inclinato di 35°F values vs c values for a virtual slope 35° tilted.
Ancora una volta si osserva che il valore di F calcolato su basi bidimensionali risulta, già per piccoli valori di profondità, nettamente inferiore a quello tridimensionale e inoltre cresce, anche se leggermente, all'aumentare di c.
7. CONCLUSIONI
Il modulo presentato in questo lavoro si propone di fornire uno strumento che, almeno in prima analisi, può essere utilizzato per valutare la stabilità di un versante omogeneo dal punto di vista geotecnico.Il modulo utilizza un approccio 3D (o 2D1/2), in quanto assimila la superficie di scivolamento all'emisfero inferiore di un ellissoide orientato lungo il versante. Il metodo di Janbu semplificato è utilizzato per il calcolo del fattore di stabilità “F”.
L'applicazione del metodo a pendii virtuali sembra fornire risultati attendibili. Si osserva, inoltre, che il valore di F diminuisce, all'aumentare della profondità della superficie di scivolamento, per poi tornare a crescere. Tale comportamento è compatibile con quanto ci si attende a livello concettuale.
È ancora da indagare, non escludendo errori di natura concettuale, la differenza nei valori di F ottenuti dai modelli bidimensionale e tridimensionale.
Un altro problema è rappresentato dai tempi di calcolo, che dipendono sia dalla risoluzione del DEM di partenza (in quanto questo questo viene reinterpolato a risoluzione minore, al fine di creare un profilo topografico più realistico), ma anche dalle continue “chiamate” del modulo alle librerie spaziali di R (che per caricarsi impiegano anche 1 o 2 secondi). Ne consegue che una verifica di stabilità
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0 5 10 15 20 25 30 350.1
1
10
100
1000
Ell issoide (0.6 anisotropia)Superf. 2D
"c" values
"F"
valu
es
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eseguita su un DEM avente risoluzione pari a 4 metri su una domain line di circa 200 metri e su un solo centro di analisi (il centro della linea) richiede, su un notebook di medie caratteristiche, circa 11 minuti per essere portata a termine. In questo tempo vengono calcolati circa 50 ellissoidi e per ognuno di essi si eseguono in media circa 10 iterazioni per il calcolo di F.
È utile notare che lo script relativo al metodo di calcolo (Janbu semplificato) è separato dagli altri e questo rende relativamente semplice pensare di introdurre altri metodi di verifica di stabilità.
Il modulo di compone di 4 scripts. Il principale (stability.sh) deve risiedere nella directory “script” di GRASS, mentre gli altri si trovano in una cartella (“stability”) che deve essere posizionata nella stessa directory.
Si puntualizza infine che, mentre gli algoritmi per la soluzione del metodo di Janbu e per la rotazione dell'ellissoide sono tratti dalla letteratura, la minimizzazione di F (in base al valore di c) e la struttura generale del metodo sono stati creati exnovo dagli autori.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
DUNCAN J.M. (1996) State of the art limit equilibrium and finiteelement analysis of slopes. Journ. of Geotechn. and Geoenviron. Eng., 122, 7, 577596.
GRASS DEVELOPMENT TEAM (2008) Geographic Resources Analysis Support System (GRASS) Software, Version 6.3.0 http://grass.osgeo.org
JANBU N. (1973) Slope stability computations. In: Hirschfeld R.C. and Poulos S.J. (Eds) “Embankmentdam engineering: Casagrande volume”, Wiley, 4786.
NETELER M. & MITASOVA H. (2008) Open Source GIS: A GRASS GIS Approach. Third Edition, Springer, 419 pp.
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XIE M., ESAKI T., ZHOU G. & MITANI Y. (2003) Geographic information systemsbased threedimensional critical slope stability analysis and landslide hazard assessment. Journ. of Geotechn. and Geoenviron. Eng., 129, 12, 11091118.
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